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Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana
Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale
Centro competenze tributarie
Novità fiscali
L’attualità del diritto tributario svizzero
e internazionale
N° 7–8
luglio–agosto 2016
Politica fiscale
Riduzione del valore locativo per i casi di rigore3
Diritto tributario svizzero
Una lista pubblica degli enti esenti da imposte: quale utilità?
Diritto tributario italiano
Le principali novità fiscali della Legge di stabilità 2016
per le persone fisiche
La tassazione delle rendite AVS e LPP in Italia
Diritto tributario internazionale e dell'UE
Domande raggruppate fra la Svizzera e l’Olanda
L’ammissibilità delle domande raggruppate in applicazione
delle CDI sul modello dell’OCSE
Lo scambio spontaneo di informazioni sui ruling fiscali
Ultima chance per la regolarizzazione
dei capitali non dichiarati al fisco brasiliano
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17
24
30
41
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero
La nozione di verosimile rilevanza
nella domanda di assistenza amministrativa44
Dovere di collaborazione vs. Attestazioni di terzi
Offerta formativa
Tutto pronto per la seconda edizione del corso
Fiscalità e diritto finanziario Seminari e corsi di diritto tributario
55
61
62
Introduzione
Novità fiscali
7–8/2016
Redazione
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Giordano Macchi
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Samuele Vorpe
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Un tema che ci occuperà sempre più è lo scambio di
informazioni. Perfino l’allestimento della lista degli
enti esenti in Ticino, che ha tutta un’altra storia politica e procedurale, rientra in questa macro-tendenza:
maggiore trasparenza in ambito fiscale. Ma è sicuramente la trasparenza fiscale internazionale a farla da
padrone, con due articoli sulla decisione del Tribunale
amministrativo federale di affossare una richiesta raggruppata olandese e un approfondimento sul futuro
scambio spontaneo di ruling fiscali. Anche la regolarizzazione dei capitali non dichiarati in Brasile ha un
legame con il TIEA Svizzera/Brasile del 23 novembre
2015. La richiesta raggruppata olandese vede l’AFC
soccombente nell’interpretare in modo accomodante
ogni richiesta estera di informazioni. Un confronto tra
il desiderio di essere i primi della classe e il senso letterale delle norme approvate dai Parlamenti. Per ora ha
vinto il senso letterale, ma se ci fosse da scommettere
tra la fine delle richieste raggruppate o la necessità di
cambiare basi legali per ripristinare le richieste raggruppate ed essere conformi agli standard internazionali,
meglio puntare sulla seconda variante. Le cosiddette
fishing expedition non vengono comunque affrontate
direttamente nel merito; mi permetto di segnalare un
criterio da matematico: una possibile definizione di
fishing expedition potrebbe essere un tipo di richiesta
che metterebbe nella rete pesci innocenti. Lo scambio
spontaneo, in arrivo, al contrario dello scambio automatico con le banche in prima linea operativamente,
è un nuovo compito per le amministrazioni cantonali
delle contribuzioni. Abbiamo ora una disamina sistematica del recepimento svizzero dell’azione 5 del BEPS
in italiano. Se pensiamo alla vivacità del primo nato
“scambio su richiesta”, (ottimo esempio nella rassegna di
giurisprudenza Svizzera, con il Tribunale federale che
sconfessa il Tribunale amministrativo federale), comprese le raggruppate, e sappiamo che automatico e
spontaneo devono ancora partire, possiamo solo
costatare: siamo solo all’inizio...
Giordano Macchi
Politica fiscale
Riduzione del valore locativo per i casi di rigore
Samuele Vorpe
Responsabile del Centro di competenze
tributarie della SUPSI
In attesa di riforme federali ad ampio respiro, alcuni
Cantoni dispongono di una base legale per attenuare il
valore locativo di un’abitazione primaria quando il rapporto tra il valore locativo lordo e le entrate in contanti
supera una determinata soglia percentuale
L’imponibilità o meno del valore locativo di un immobile è stata
al centro delle discussioni politiche degli ultimi anni. I diversi
tentativi, davanti alle Camere federali o al Popolo, volti ad
abrogare l’imposizione del valore locativo non sono andati a
buon fine. Il Consiglio federale ha nuovamente preso posizione
sul tema lo scorso mese di giugno e ha deciso di rinunciare,
almeno per il momento, a proporre di propria iniziativa un
cambiamento del sistema di imposizione del valore locativo.
Il sistema fiscale vigente prevede un’imposizione attenuata del
valore locativo dell’abitazione primaria, di regola pari al 65%
del valore di mercato, per tenere conto del principio costituzionale dell’accesso alla proprietà. Quale contropartita alla
tassazione del valore locativo, il proprietario di un immobile
può dedurre le spese di manutenzione (effettive o forfettarie
di anno in anno) e gli interessi passivi.
Tuttavia, come tra l’altro più volte sollevato dai detrattori del
valore locativo, questa forma di imposizione può portare a
problemi di liquidità (si ricorda infatti che il valore locativo è
un reddito in natura per l’uso proprio dell’immobile) se il suo
importo è elevato in rapporto alle entrate finanziarie del
proprietario dell’immobile. Il problema tocca in particolare
le persone al beneficio di una rendita, che vivono in grandi
case proprie (ad esempio perché la casa, dopo la partenza dei
figli, è divenuta troppo grande) e che, in proporzione dispongono soltanto di modeste rendite e altre entrate in contanti.
In questi casi particolari, che purtroppo succedono nella vita
quotidiana, i proprietari sono obbligati ad indebitarsi per far
fronte al pagamento delle imposte oppure devono vendere
l’immobile. Si tratta di casi di rigore (Härtefallregelung) che
necessitano di una riduzione del valore locativo.
Alcuni Cantoni dispongono nella propria legge di una disposizione che permette di frenare l’imposta sul reddito dovuta
Articolo pubblicato il 05.07.2016
sul Giornale del Popolo
al valore locativo. Questi sono Zurigo, Grigioni, Lucerna,
Ginevra, Vaud e prossimamente Sciaffusa. Secondo l’articolo
22 della Legge sulle imposte del Canton Grigioni, in combinato
disposto con l’articolo 10 della relativa ordinanza di applicazione, i casi di rigore che impongono d’ufficio una riduzione
dell’importo del valore locativo sono quelli in cui tale importo
supera il 30% delle entrate in contanti del proprietario di
un’abitazione primaria (non vale per le abitazioni secondarie).
Le entrate in contanti sono costituite dai redditi del lavoro, dalle
rendite delle assicurazioni sociali e di altro genere, dai contributi di mantenimento e dai proventi della sostanza mobiliare e
immobiliare (valore locativo escluso). Per il calcolo si deve considerare il valore locativo lordo, ovvero prima della deduzione
delle spese di manutenzione e degli interessi passivi.
Il Canton Grigioni disciplina i casi di rigore quando il valore
locativo è considerevole rispetto al reddito complessivo e il
pagamento delle imposte sul reddito comporta delle difficoltà
finanziarie poiché mancano mezzi finanziari. Per questa
ragione, qualora il contribuente avesse una sostanza imponibile superiore ai 600’000 franchi (criterio scelto dal legislatore
grigionese), non è più possibile ritenere che al contribuente
manchino mezzi finanziari per il pagamento delle imposte
sul reddito. Per cui, ad esempio, se le entrate in contanti di un
contribuente sono pari a 100’000 franchi e il valore locativo
lordo è pari a 15’000 franchi non siamo in presenza di un caso
di rigore (sempre che la sostanza sia inferiore ai 600’000 franchi). Infatti, il valore locativo costituisce il 15% delle entrate in
contanti e viene meno quindi la riduzione. Se invece i redditi
in contanti sono pari a 40’000 franchi, allora il valore locativo
costituisce il 37.5% delle entrate, per cui deve essere ridotto al
30% (valore massimo, fermo restando, anche in questo caso,
che la sostanza sia inferiore ai 600’000 franchi). Il contribuente
dichiarerà un valore locativo di 12’000 franchi.
Questo sistema può senz’altro costituire, in attesa di riforme
federali, una valida alternativa all’abrogazione del valore locativo.
3
4
Diritto tributario svizzero
Una lista pubblica degli enti esenti da imposte:
quale utilità?
Alain Bianchi
Avvocato presso l’Ufficio Giuridico
della Divisione delle Contribuzioni
Una lista, accessibile al pubblico, delle persone giuridiche al beneficio dell’esenzione fiscale in virtù del loro
scopo pubblico o di utilità pubblica (articoli 65 lettera f
LT e 56 lettera g LIFD)
1.
Introduzione
Con messaggio n. 6933 del 15 aprile 2014, il Consiglio di Stato
ha deciso di dare seguito alla mozione Delcò Petralli-Maggi
“Per sapere chi sono le persone giuridiche che non pagano imposte”
del 18 dicembre 2013.
Ispirandosi alla decisione del Gran Consiglio di aumentare
al 20% la deduzione fiscale per le prestazioni volontarie in
contanti o in altri beni a favore di persone giuridiche con sede
in Svizzera che sono esentate dalle imposte in virtù del loro
scopo pubblico o di utilità pubblica, i deputati del gruppo dei
Verdi domandavano la pubblicazione (nonché l’aggiornamento annuale) di una lista delle persone giuridiche esonerate
per scopo pubblico o per pubblica utilità (articoli 65 lettera f
della Legge tributaria ticinese [di seguito LT] e 56 lettera g della
Legge federale sull’imposta federale diretta [di seguito LIFD]).
scopi pubblici o di pubblica utilità, nonché alla richiesta di
consenso, presso le persone giuridiche interessate, alla pubblicazione dei nominativi in una lista pubblica.
2.
Il mandato della Divisione delle Contribuzioni
Su mandato del Consiglio di Stato, la Divisione delle
Contribuzioni e per essa l’Ufficio Giuridico ha quindi riesaminato le condizioni d’esonero di circa 1’500 enti, già posti al
beneficio dell’esenzione fiscale. In ossequio ai disposti legali
di cui agli articoli 183 LT e 110 LIFD, lo stesso Ufficio ha poi
formalmente richiesto il consenso allo svincolo dal segreto
fiscale (ex articoli 187 LT e 114 LIFD) per la pubblicazione dei
nominativi degli enti al beneficio dell’esenzione fiscale. Una
lettera standard di consenso allo svincolo è stata allegata alla
dichiarazione fiscale 2015 (modulo C) e tale possibilità è stata
pure resa nota mediante pubblicazione sul Foglio Ufficiale
16/2016 del 26 febbraio 2016.
Grazie anche ad un comunicato stampa apparso sui quotidiani
locali, si informavano altresì i contribuenti (siano essi persone
fisiche o persone giuridiche) sul fatto che un’eventuale liberalità, ad un ente figurante nella suddetta lista pubblica, sarebbe
stata deducibile fiscalmente ai sensi degli articoli 32c LT e 33a
LIFD (per le persone fisiche), rispettivamente 68 LT e 59 LIFD
(per le persone giuridiche).
La lettera di consenso allo svincolo, sottoscritta da persone
legittimate a rappresentare la persona giuridica esente ed
inviata all’Ufficio, avrebbe inoltre permesso la sola pubblicazione del nominativo nella lista. Il mancato consenso
comporta unicamente la non iscrizione nella lista pubblica
degli enti esenti.
Il Consiglio di Stato, nel proprio rapporto del 15 aprile 2014
ha accolto positivamente la proposta della mozione, incaricando la Divisione delle Contribuzioni (segnatamente l’Ufficio
Giuridico e l’Ufficio di tassazione delle persone giuridiche) di
procedere all’aggiornamento della lista degli enti esenti per
3.
Una lista non esaustiva
L’Ufficio Giuridico ha attualmente ricevuto circa 470 dichiarazioni di svincolo e sta celermente procedendo all’allestimento
della lista pubblica che sarà ben presto accessibile a tutti.
Ritenuto che i nominativi delle persone giuridiche saranno
pubblicati soltanto previo consenso esplicito dell’ente, tale
lista non potrà rivelarsi esaustiva e completa.
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
Una lista non esaustiva è comunque utile? Nell’ambito fiscale
si parla spesso di “liste”; quale funzionalità può concretamente
rivestire una lista pubblica degli enti esenti? Essa rappresenta
uno strumento efficace nelle mani del contribuente, il quale
potrà dedurre le prestazioni volontarie versate alla persona
giuridica fino al 20% dei proventi imponibili. Alla stregua di altri
Cantoni (quali ad esempio Zurigo o San Gallo), anche il contribuente ticinese potrà così scegliere con cognizione di causa a chi
elargire parte delle proprie liberalità. Un mezzo per incrementare le devoluzioni in favore delle persone giuridiche il cui ruolo
è prezioso per la società? L’intento è certamente anche quello.
La lista degli enti esenti sarà pubblicata sul sito web del
Cantone Ticino (www.ti.ch/DFE/DC), non appena sarà implementata un’area specifica, dedicata all’esenzione fiscale.
Per maggiori informazioni:
Consiglio di Stato, Messaggio n. 6933 del 15 aprile 2014, Rapporto del
Consiglio di Stato sulla mozione 18 dicembre 2013 presentata da Michela
Delcò Petralli e Francesco Maggi per il Gruppo dei Verdi “Per sapere chi sono
le persone giuridiche che non pagano imposte”, in: http://www4.ti.ch/fileadmin/POTERI/GC/allegati/odg-mes/pdf/M6933.pdf [02.08.2016]
Elenco delle fonti fotografiche:
ht tp://w w w.rsi.ch/news/svizzera/Stabile-anche-il-Ticino-6524752.
html/ALTERNATES/L ANDSCAPE_357/Stabile%20anche%20il%20Ticino
[02.08.2016]
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6
Diritto tributario italiano
Le principali novità fiscali della Legge
di stabilità 2016 per le persone fisiche
Giovanna Costa
Dottore Commercialista
Studio Marino e Associati, Milano
Un quadro di sintesi delle disposizioni più rilevanti che
incidono sulla determinazione dell’IRPEF
1.
Introduzione
Dopo essere stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
30 dicembre 2015, il 1. gennaio 2016 è entrata in vigore la
Legge n. 208/2015, cosiddetta “Legge di stabilità 2016” (di
seguito Legge di stabilità). Essa consta di un solo articolo,
l’articolo 1, formato a sua volta da 999 commi, e la sua
approvazione definitiva è avvenuta in Senato il 22 dicembre
2015, unitamente al bilancio di previsione dello Stato per
l’anno finanziario 2016 ed al bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 (Legge n. 209/2015).
Nelle intenzioni del Legislatore, questi atti normativi contribuiranno a ricondurre l’economia italiana su un sentiero di
crescita stabile e strutturale nel prossimo futuro, favorendo
l’occupazione e riducendo gradualmente il carico fiscale
generale. In particolare, gli interventi fiscali sono indirizzati
verso lo stimolo dell’offerta di lavoro, gli investimenti di capitale, e, non ultimo, il sostegno ai consumi[1].
Per quanto riguarda le misure fiscali di carattere generale,
si ritiene opportuno segnalare, tra le altre, la rimozione dei
previsti aumenti dell’imposta sul valore aggiunto (di seguito
IVA) e delle accise che sarebbero dovuti scattare all’inizio
del 2016 (cosiddette “clausole di salvaguardia”), l’abolizione
della Tasi sugli immobili residenziali adibiti ad abitazione
principale, l’azzeramento dell’imposta regionale sulle attività
produttive (di seguito IRAP) per i settori dell’agricoltura e
della pesca, e, soprattutto, la prosecuzione del percorso di
alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese attraverso la riduzione delle aliquote dell’imposta sul reddito delle
società (IRES).
Il 18 maggio 2016 l’Agenzia delle Entrate ha emanato la
Circolare n. 20/E che contiene i primi chiarimenti sulle novità
fiscali introdotte dalla Legge di stabilità. In particolare, sono
stati ivi esaminati gli interventi in materia di imposte sui
redditi, IVA, IRAP, agevolazioni fiscali e sanzioni.
Tra le misure fiscali della Legge di stabilità molte riguardano
le persone fisiche (alcune prevedono proroghe o estensioni
di disposizioni agevolative già esistenti[2] , altre consistono in
vere e proprie novità), e proprio tali disposizioni sono oggetto
di questa rassegna, alla luce dei chiarimenti ministeriali.
2.
Norme di determinazione del reddito da lavoro dipendente (articolo 51 TUIR)
Innanzitutto sono stati riscritti alcuni commi dell’articolo 51 del
Decreto del Presidente della Repubblica (di seguito D.P.R.) n.
917/1986 (di seguito TUIR [Testo Unico delle Imposte sui Redditi]),
che regola la determinazione dei redditi da lavoro dipendente.
Il fine di queste modifiche, contenute nei commi da 182 a 190
della Legge di stabilità, è di incentivare il cosiddetto “welfare
aziendale”, così da ampliare la varietà di beni e servizi offerti
dall’impresa ai dipendenti ed ai loro familiari.
Per quanto riguarda il testo dell’articolo 51 TUIR, la Legge di
stabilità ne ha modificato il comma 2, che fornisce un elenco
degli elementi che non concorrono a formare il reddito da
lavoro dipendente, e, più precisamente, ha riformato le lettere f)[3] ed f-bis)[4], ed introdotto ex novo la lettera f-ter)[5].
In aggiunta, ha introdotto il nuovo comma 3-bis[6], ed ha abolito
il comma 4-bis, che riguardava la cosiddetta “tassa sui procuratori”.
Di seguito il dettaglio delle novità.
2.1.
Oneri di utilità sociale a beneficio dei dipendenti
Nella sua formulazione precedente la Legge di stabilità,
l’articolo 51, comma 2, lettera f) TUIR prevedeva che non
concorressero a formare il reddito di lavoro dipendente
“[l]’utilizzazione delle opere e dei servizi di cui al comma 1 dell’articolo 100 da parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell’articolo
12 [i familiari, ndr.]”, laddove il successivo articolo 100, comma
1 così dispone: “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili
dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione,
ricreazione, assistenza sociale o culto, sono deducibili [dal reddito di
impresa, ndr.], per un ammontare complessivo non superiore al 5 per
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente
risultante dalla dichiarazione dei redditi”.
Sicché, nel sistema previgente, si assisteva ad una correlazione
tra la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro
dipendente, come spiegata dall’articolo 51 TUIR, e le previsioni dell’articolo 100, sopra riportate. Conseguentemente, il
regime di favore in capo al lavoratore trovava applicazione al
ricorrere di tutte le seguenti condizioni[7]:
◆◆ le opere ed i servizi sono messi a disposizione della generalità o di categorie di dipendenti e;
◆◆ le opere ed i servizi perseguono le sopra elencate finalità
sociali e;
◆◆ il sostenimento di detti oneri da parte del datore di lavoro
avviene volontariamente e non invece in virtù di un vincolo
contrattuale.
Tanto premesso, la nuova lettera f) riformulata dal comma 190
della Legge di stabilità, nel prevedere che “l’utilizzazione delle
opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente
o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di
dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al
comma 1 dell’articolo 100”, non impone che il beneficio in capo
al dipendente sia correlato alle sopra dettagliate disposizioni
dell’articolo 100 TUIR. Detta norma è stata solo richiamata
per invocarne le finalità sociali.
Ne discende che, ai fini dell’operatività del più mite regime,
per la determinazione del reddito da lavoro dipendente, non
è più richiesto che le spese in oggetto siano sostenute volontariamente, essendo sufficiente che l’erogazione del datore
di lavoro sia deliberata in conformità delle regole contrattuali
ed anche a seguito di accordo o regolamento aziendale
(aprendosi così di fatto la strada al coinvolgimento delle
rappresentanze sindacali[8]). Nulla, invece, cambia in ordine
al requisito soggettivo giacché le erogazioni dovranno ancora
essere destinate alla generalità o a categorie di dipendenti e ai
loro familiari[9].
2.2.
Spese di istruzione a vantaggio dei familiari del dipendente
Le modifiche apportate dal comma 190 alla lettera f-bis)
dell’articolo 51, comma 2 TUIR vanno nella direzione di una
maggiore chiarezza applicativa per quanto concerne l’esclusione dalla formazione del reddito da lavoro dipendente delle
somme, dei servizi e delle prestazioni erogate dal datore a
vantaggio dei familiari del dipendente stesso.
In particolare, la previgente formulazione prevedeva che tale
beneficio fosse applicabile a: “le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a
categorie di dipendenti per la frequenza degli asili nido e di colonie
climatiche da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, nonché per
borse di studio a favore dei medesimi familiari”; mentre in base al
testo riformato sarà applicabile a: “le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a
categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati
nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età
prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi,
nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per
borse di studio a favore dei medesimi familiari”.
Ciò conferma, in primo luogo, che la possibilità di esenzione è
applicabile tanto ai servizi messi a disposizione direttamente
dal datore, quanto alle somme di denaro elargite a sostegno
di qualsivoglia attività educativa, sotto forma, ad esempio, di
sussidi o rimborsi spese[10].
In secondo luogo, tale agevolazione diventa applicabile senza
alcun dubbio sia agli asili nido, che alla scuola dell’infanzia (o
“scuola materna”), superando così la restrizione che aveva colpito
la precedente versione del comma in seguito ad una pronuncia
della Corte Costituzionale[11] con cui i giudici interpretavano in
maniera restrittiva proprio la dicitura “asili nido”[12].
Inoltre, l’ambito oggettivo della norma ricomprende espressamente tutti i servizi relativi all’educazione ed all’istruzione, ivi
compresi i servizi connessi come le mense.
Rispetto alla formulazione precedente, poi, il riferimento alle
“colonie climatiche” è stato sostituito con quello, più al passo
con i tempi, di “centri estivi ed invernali”.
2.3.
Assistenza dei familiari anziani o non autosufficienti
Il comma f-ter), introdotto ex novo dalla Legge di stabilità
(comma 190), concede al dipendente la possibilità di avvalersi
dell’esclusione dalla formazione del reddito imponibile degli
oneri sostenuti per l’assistenza di familiari anziani o non autosufficienti, anche nel caso in cui l’erogazione di questi servizi,
ovvero il loro rimborso, sia effettuato dal datore di lavoro.
2.4.
L’utilizzo dei voucher
Il comma 3-bis, anch’esso inserito ex novo nell’articolo 51
TUIR dal comma 190 della Legge di stabilità, dispone che, ai
fini dell’applicazione dei commi 2 e 3 del medesimo articolo
51 TUIR, e quindi anche ai fini delle disposizioni appena analizzate, “l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del
datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione,
in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”. In
pratica, è stato chiarito che i datori di lavoro possano offrire i
descritti servizi in regime di esenzione, anche facendo ricorso
a strutture esterne all’azienda, mediante lo strumento del
voucher[13].
In detta prospettiva, si segnala che in data 25 marzo 2016 è
stato emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
uno dei decreti interministeriali attuativi della Legge di stabilità,
pubblicato poi sulla Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2016, il
cui articolo 6 fornisce ulteriori dettagli per l’applicazione di queste disposizioni. In particolare, si pone un vincolo di utilizzabilità
dei voucher da parte del solo dipendente a vantaggio del quale
sono stati emessi (o del suo familiare), vietandone esplicitamente la cessione a terzi e la monetizzazione. Inoltre, è stabilito
che tali buoni debbano dare diritto ad “un solo bene, prestazione,
opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico
del titolare”, con l’evidente intento che essi non possano essere
7
8
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
“snaturati” rispetto alla loro funzione di strumento del welfare
aziendale, diventando di fatto una somma aggiuntiva di denaro
contante nelle mani del dipendente.
2.5.
Abolizione della cosiddetta “tassa sui procuratori”
Infine, a conclusione della rassegna sulle modifiche all’articolo
51 TUIR, si segnala che la Legge di stabilità è intervenuta anche
sulla disciplina relativa alla determinazione del reddito degli
sportivi professionisti, disponendo il comma 8 della Legge,
l’abrogazione della cosiddetta “tassa sui procuratori”, i.e. quella
previsione, inserita dalla Manovra 2014 nell’articolo 51 TUIR
ai sensi della quale “ai fini della determinazione dei valori di cui al
comma 1, per gli atleti professionisti si considera altresì il costo dell’attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche
nell’ambito delle trattative aventi ad oggetto le prestazioni sportive
degli atleti professionisti medesimi, nella misura del 15 per cento, al
netto delle somme versate dall’atleta professionista ai propri agenti per
l’attività di assistenza nelle medesime trattative”.
La farraginosa disposizione era stata prevista per porre rimedio
legislativo alle annose vertenze tra società sportive e Fisco sul
trattamento delle somme versate ai procuratori. Ed invero non
era infrequente che i verificatori contestassero che il 50% delle
somme pagate ai procuratori fosse in realtà un fringe benefit, da
computarsi ai fini della determinazione del reddito dell’atleta
oppure che la società (che per prassi si accolla tutte le spese
dell’intermediazione) potesse dedurre solo il 50% della somma
pagata. Nel 2013 era stato così previsto un prelievo “automatico”
presumendosi che il 15% dei compensi versati dai club agli agenti
degli atleti non fosse altro che parte dei compensi di questi ultimi e
quindi dovesse concorrere alla formazione del reddito[14].
3.
Detassazione dei “premi di produttività”
Dopo essere stata sospesa nel 2015, è stata ripristinata la
detassazione dei cosiddetti “premi di produttività” per i dipendenti del settore privato, ossia di quegli emolumenti e forme
di partecipazione al reddito d’impresa legati agli incrementi di
efficienza ed ai risultati del lavoratore[15]. Le regole operative
per l’applicazione di questa misura sono contenute nel suddetto
decreto interministeriale del 25 marzo 2016[16].
In particolare, ai sensi del comma 182 della Legge di stabilità i
premi di produttività saranno soggetti ad un'imposta sostitutiva
dell'IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%,
entro il limite di importo complessivo di 2’000 euro.
Al comma 186 è precisato che queste nuove disposizioni
sui premi di produttività si applicano solo ai titolari di redditi
da lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno
precedente quello di percezione, a 50’000 euro. Inoltre, da
un punto di vista più strettamente procedurale, il comma
in questione precisa che, se il sostituto d’imposta tenuto ad
applicare l’imposta sostitutiva non è lo stesso che ha rilasciato
la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, il
beneficiario deve attestare per iscritto l’importo del reddito di
lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno. Il successivo comma 189 stabilisce che il limite dei 2’000 euro possa
essere innalzato a 2’500 euro per le aziende che coinvolgono
pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
Il comma 184 della Legge di stabilità dà al dipendente la possibilità di “sostituire” i premi produttività con “beni e servizi” erogati dal
datore, sottraendoli così anche all’imposta sostitutiva del 10%,
e facendoli rientrare nel regime di esclusione dall’imposizione,
descritto sub paragrafo 2.1., di cui all’articolo 51, comma 2 TUIR.
4.
Novità in materia di credito d’imposta
La Legge di stabilità rende strutturali alcune tipologie di
credito d’imposta, che non saranno quindi più “a tempo”: il
credito d’imposta per le spese sostenute nei procedimenti di
negoziazione assistita ed il cosiddetto “art bonus”. Inoltre, il
comma 231, lettera a) posticipa di un anno l’entrata in vigore
del credito d’imposta scuola, cosiddetto “school bonus”, istituito
dall’articolo 1, commi 145-150 della Legge n. 107/2015.
Il credito d’imposta per le spese sostenute nei procedimenti
di negoziazione assistita spetta, fino a 250 euro, a favore dei
contribuenti che abbiano corrisposto compensi ad avvocati
ed arbitri per negoziazioni assistite ed arbitrati. In particolare,
il comma 618 della Legge di stabilità trasforma in strutturale,
a partire dal 2016, una misura inizialmente prevista per il solo
anno 2015, ossia la possibilità, per le parti che corrispondono
un compenso agli avvocati per l’assistenza in un procedimento
di negoziazione assistita che ha esito positivo, ovvero agli arbitri in caso di conclusione di un lodo, di usufruire di un credito
d’imposta commisurato al compenso fino a concorrenza di 250
euro (nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui[17]).
L’“art bonus”, inizialmente previsto per il triennio 2014-2016,
è invece un incentivo fiscale basato sulla concessione di un
credito d’imposta detraibile in tre anni, indirizzata ai privati,
enti o società, che decidono di impegnare risorse in forme di
mecenatismo culturale. Per il primo periodo di attuazione, tale
credito d’imposta era pari al 65% dell’erogazione liberale, ma
tale percentuale sarebbe dovuta progressivamente scendere a
partire da quest’anno.
La Legge di stabilità, come risultato di questa misura, attribuisce il credito d’imposta del 65% a favore di chi effettua
interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni
culturali pubblici, sostiene gli istituti ed i luoghi della cultura di
appartenenza pubblica, le fondazioni lirico sinfoniche, i teatri di
tradizione, realizza nuove strutture, ovvero restaura e potenzia
quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo
di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
A seguito della posticipazione dell’entrata in vigore dello “school
bonus”, invece, spetterà un credito d’imposta del 65% per gli
anni 2016-2017, e del 50% per il 2018, a favore dei soggetti
che effettuano erogazioni liberali in denaro per la realizzazione di nuove scuole, la manutenzione e il potenziamento
di quelle esistenti, e sostengono interventi per l’occupazione
degli studenti.
5.
Il bonus strumenti musicali
Il comma 984 della Legge di stabilità introduce, per il solo
anno 2016, una particolare agevolazione per gli studenti dei
conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati,
che potranno beneficiare di un contributo una tantum, fino
a un massimo di 1’000 euro, per l’acquisto di uno strumento
musicale nuovo. Il bonus si traduce in uno sconto immediato
del prezzo dello strumento, in quanto al venditore/produttore
è riconosciuto un credito d’imposta da richiedersi all’atto
della vendita del bene secondo le procedure previste dal
Provvedimento direttoriale dell’8 marzo 2016.
ogni anno stabilirà la misura massima detraibile per ciascuna
facoltà, tenendo conto in modo particolare degli importi
medi delle tasse e dei contributi pagati dagli studenti delle
università pubbliche[19].
7.
Aumento detrazioni per i redditi da pensione
Il comma 290 apporta alcune modifiche all’ammontare
delle detrazioni dall’imposta lorda IRPEF per i redditi
derivanti da pensione. In particolare, per effetto di queste modifiche si realizza un aumento di 250 euro della
cosiddetta “no tax area”. Per effetto di questa disposizione,
sono stati modificati i commi 3 e 4 dell’articolo 13 TUIR.
In sostanza, per effetto delle modifiche in esame:
◆◆ la no tax area aumenta da 7’500 a 7’750 euro, per i pensionati aventi meno di 75 anni, e da 7’750 a 8’000 euro,
per i pensionati aventi più di 75 anni;
◆◆ aumenta, inoltre, la detrazione spettante ai pensionati
aventi meno di 75 anni e reddito complessivo compreso
fra 7’751 e 15’000 euro e ai pensionati aventi più di 75
anni e reddito complessivo compreso fra 8’001 e 15’000
euro; ciò a causa dell’incremento del coefficiente di moltiplicazione del rapporto reddituale e della contestuale
riduzione del denominatore di detto rapporto [20].
8.
Le misure in supporto dei lavoratori autonomi
La Legge di stabilità introduce alcune importanti misure
rivolte agli esercenti arti e professioni i quali sono, quest’anno,
destinatari di importanti disposizioni di favore nel quadro
generale della fiscalità alla luce degli ultimi interventi[21][22].
6.
Agevolazioni per borse di studio e spese universitarie
I commi da 50 a 52 della Legge in esame hanno previsto
l’esenzione ai fini dell’IRPEF per le borse di studio erogate
a studenti universitari che partecipano al programma
“Erasmus Plus”, oltre che per le borse di studio erogate agli
studenti che partecipano a dottorati di ricerca, frequentano corsi di perfezionamento e scuole di specializzazione,
svolgono attività di ricerca post-doc, e corsi di perfezionamento all’estero.
La citata Circolare n. 20/E, dopo aver ricordato le norme di
riferimento ai fini del trattamento previdenziale, ha specificato che [18] “[l]a norma non prevede un analogo trattamento di
esenzione per le erogazioni in favore di studenti di grado non universitario. Deve tuttavia ritenersi che tale omissione non risponda
alla finalità di ricondurre a tassazione le somme utilizzate per la
mobilità degli studenti delle scuole nell’ambito dell’Erasmus Plus,
anche in considerazione della unitarietà del programma comunitario, ma sia piuttosto dovuta alla considerazione che tali erogazioni
sono comunque prive di requisiti reddituali”.
Inoltre, si segnala che per quanto riguarda le spese universitarie sostenute dagli studenti immatricolati in atenei privati,
un decreto interministeriale emesso entro il 31 dicembre di
In primo luogo, i commi da 91 a 94 della Legge di stabilità
“potenziano” l’ammortamento sull’acquisto o locazione finanziaria di beni strumentali nuovi, portando così fino al 140%
del costo effettivamente sostenuto la loro deducibilità “extracontabile”. Questa misura è nota come “super ammortamento”,
ed è accessibile oltre che dai titolari di reddito d’impresa,
anche dai soggetti esercenti arti e professioni[23].
La misura su cui si è diffusa l’Agenzia delle Entrate con la
recente Circolare 26 maggio 2016, n. 23/E, interessa i beni
strumentali nuovi, acquisiti anche in locazione finanziaria, dal
15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016. Per detti beni, opera
una maggiorazione del 40% del valore ammesso in deduzione
dalla base imponibile IRPEF del professionista, consentendo
l’imputazione, in ciascun periodo di imposta, di quote di
ammortamento o canoni di locazione finanziaria, più alti.
Come chiarito dalla Circolare, la maggiorazione del 40% si
concretizza in una deduzione, che opera extra-contabilmente,
che va fruita:
◆◆ per quanto riguarda l’ammortamento dei beni di cui agli
articoli 102 e 54 del TUIR, in base ai coefficienti stabiliti
dal Decreto ministeriale del 31 dicembre 1988, ridotti alla
metà per il primo esercizio per i soggetti titolari di reddito
d’impresa ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del TUIR;
9
10
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
◆◆ per quanto riguarda il leasing, in un periodo “non inferiore
alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al
coefficiente stabilito” dal già menzionato Decreto ministeriale del 31 dicembre 1988.
La disposizione sui “super ammortamenti” si applica altresì ai
mezzi di trasporto secondo peculiari modalità che discendono dalla specifica disciplina fiscale relativa a detti beni
(vedasi articolo 164 TUIR).
Venendo ad un’altra misura rilevante per il comparto autonomi, si deve menzionare la modifica apportata dalla Legge
di stabilità al cosiddetto regime forfetario introdotto dalla
Legge n. 190/2014.
Il regime forfetario prevede rilevanti semplificazioni ai fini
IVA e ai fini contabili, e consente, altresì, la determinazione
forfetaria del reddito da assoggettare ad un’unica imposta
in sostituzione di quelle ordinariamente previste, nonché di
accedere ad un regime contributivo opzionale per le imprese.
Possono accedere al regime forfetario i soggetti già in attività e/o i soggetti che iniziano un’attività di impresa, arte o
professione, purché nell’anno precedente:
◆◆ abbiano conseguito ricavi o percepito compensi non
superiori a determinati limiti (ragguagliati all’anno nel caso
di attività iniziata in corso di anno), diversificati in base al
codice ATECO, che contraddistingue l’attività esercitata;
◆◆ abbiano sostenuto spese complessivamente non superiori a 5’000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro
dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, anche
assunti per l’esecuzione di specifici progetti;
◆◆ il costo complessivo dei beni strumentali, al lordo degli
ammortamenti, non superi, alla data di chiusura dell’esercizio, i 20’000 euro. Non concorrono alla formazione di
detto limite i beni immobili, comunque acquisiti, e anche
se detenuti in locazione, utilizzati per l’esercizio dell’impresa, arte o professione.
La Legge di stabilità ha abrogato la disposizione secondo cui
potevano accedere al regime forfetario i soli contribuenti
che avevano conseguito redditi nell’attività d’impresa, arte o
professione in misura prevalente rispetto ai redditi di lavoro
dipendente o assimilati eventualmente percepiti.
Non possono avvalersi del regime forfetario:
◆◆ i soggetti che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di
regimi forfetari di determinazione del reddito;
◆◆ i soggetti non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione europea, o in
uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico
europeo, che assicuri un adeguato scambio di informazioni, e producono in Italia almeno il 75% del reddito
complessivamente prodotto;
◆◆ i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente,
operazioni di cessione di fabbricati e relative porzioni o
di terreni edificabili ovvero cessioni intracomunitarie di
mezzi di trasporto nuovi;
◆◆ i soggetti che partecipano a società di persone, ad associazioni professionali, di cui all’articolo 5 TUIR, o a società
a responsabilità limitata aventi ristretta base proprietaria
che hanno optato per la trasparenza fiscale;
◆◆ i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito
redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo
superiore a 30’000 euro, tranne nel caso in cui il rapporto
di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato [24].
I soggetti che aderiscono al regime determinano il reddito
imponibile applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi
percepiti il coefficiente di redditività diversificato a seconda
del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata.
Una volta determinato il reddito imponibile, il contribuente
forfetario applica un’unica imposta, nella misura del 15%,
sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali
e comunali e dell’IRAP.
Con l’intento di favorire ulteriormente le nuove iniziative
economiche, il Legislatore ha inoltre stabilito che, a decorrere
dal 2016, il reddito determinato con i criteri sopra illustrati, sia
assoggettato ad un’imposta sostitutiva del 5%, per i primi 5
anni di attività. È stata altresì prevista, anche per i soggetti
che nel 2015 hanno iniziato una nuova attività, l’applicazione,
per il quadriennio che residua al compimento del quinquennio,
dell’imposta sostitutiva nella misura del 5%.
Per poter beneficiare degli ulteriori vantaggi è necessario che:
◆◆ il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti
l’inizio dell’attività, attività artistica, professionale ovvero
d’impresa, anche in forma associata o familiare;
◆◆ l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo,
mera prosecuzione di altra attività precedentemente
svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo,
escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio
di arti o professioni;
◆◆ qualora sia proseguita un’attività svolta in precedenza da
altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi,
realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio, non sia superiore ai limiti che, a
seconda dell’attività, consentono l’accesso al regime.
9.
Leasing immobiliare ad uso abitativo
I commi da 76 a 84 hanno introdotto una nuova disciplina sia
civilistica che fiscale riguardante la locazione finanziaria degli
immobili adibiti ad uso abitativo. Le disposizioni si occupano,
in primis, della disciplina civilistica del contratto, per poi introdurre interessanti agevolazioni fiscali[25].
Sono previste in primo luogo agevolazioni IRPEF per le persone fisiche private che stipulano contratti di leasing aventi
per oggetto immobili abitativi, anche da costruire, da adibire ad abitazione principale entro un anno dalla consegna.
Per i contratti stipulati dal 1. gennaio 2016 al 31 dicembre
2020 spetta, infatti, la detrazione del 19% sull’importo:
dei canoni, e relativi accessori, fino a 8’000 euro, nonché
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
del costo di riscatto, fino a 20’000 euro, per giovani di età
inferiore a 35 anni con un reddito complessivo non superiore a 55’000 euro; delle medesime somme, ma con limiti
dimezzati, per soggetti di età non inferiore a 35 anni con un
reddito complessivo non superiore a 55’000 euro. Sia l’età
anagrafica che il rispetto del limite reddituale vanno verificati solo al momento della stipula del contratto di leasing,
a nulla rilevando se, successivamente, il contraente supera
i 35 anni o dichiara un reddito complessivo superiore al
limite indicato.
Sul versante delle imposte indirette la normativa concede
un’agevolazione in capo al concedente (con effetti sull’utilizzatore) per le imposte relative all’acquisto dell’immobile nel
caso in cui l’utilizzatore presenti i requisiti per usufruire delle
agevolazioni “prima casa”.
In tale caso le imposte d’atto sull’acquisto dell’immobile da
parte della società di leasing concedente sono:
◆◆ in caso di acquisto da privato o da impresa ma con vendita
esente da IVA: imposta di registro pari all’1.5% e ipo-catastali fisse (50 euro per ciascuna imposta);
◆◆ in caso di acquisto da impresa con vendita soggetta a IVA:
IVA al 4%, registro e ipo-catastali fisse (200 euro per ciascuna imposta).
La base imponibile su cui calcolare l’imposta è sempre il prezzo,
perché alle compravendite di immobili abitativi effettuate nei
confronti di società di leasing non è possibile estendere il meccanismo del prezzo-valore.
In definitiva, viene messo a disposizione di una vasta platea
di persone fisiche che non sono in grado di fornire le garanzie
solitamente richieste per l’erogazione di un mutuo uno strumento idoneo ad acquistare un immobile ad uso abitativo.
[1]Si veda il focus del Ministero dell’Economia
“Legge di Stabilità 2016”, pubblicato sul sito ufficiale
www.mef.gov.it in data 8 gennaio 2016.
[2]Vedasi, inter alia, la proroga delle detrazioni spettanti per interventi di riqualificazione energetica di
cui al comma 74 dell’articolo 1 Legge di stabilità.
[3]“L’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti
dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a
disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento
aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12
per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100”.
[4]“Le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di
dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione
anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di
mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a
favore dei medesimi familiari”.
[5]“Le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti
per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o
non autosufficienti indicati nell’articolo 12”.
[6]“Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazio-
Per l’istituto di credito il leasing dovrebbe risultare più conveniente rispetto ad un contratto di mutuo, dal momento che
l’immobile rimane ad esso intestato, riducendo così al minimo
i rischi legati all’inadempienza del locatario; mentre per il
locatario si avrebbe un duplice vantaggio: (i) essendo ridotti
i rischi legati all’inadempienza, l’istituto di credito dovrebbe
essere incentivato ad erogare più facilmente la somma necessaria all’acquisto dell’immobile, ed in percentuale del costo
di acquisto maggiore; (ii) dal punto di vista fiscale, invece, il
leasing consente la detrazione dei canoni comprensivi di interessi e quota capitale, mentre un mutuo dà diritto alla sola
detrazione degli interessi passivi.
Inoltre, contrariamente al mutuo – per il quale è prevista
un’imposizione sostitutiva sull’importo mutuato – nel leasing
non v’è una simile forma di tassazione.
10.
Le nuove detrazioni IRPEF del 50% dell’IVA pagate
al costruttore
Il comma 56 della Legge di stabilità prevede una nuova detrazione ai fini IRPEF per l’acquisto di unità abitative direttamente
dal costruttore imponibili ai fini IVA.
Nello specifico, il soggetto privato che acquisterà nel corso del
2016 unità immobiliari di classe energetica A o B direttamente
dal costruttore potrà detrarre dall’IRPEF una parte del costo
di acquisto, costituito dal 50% dell’IVA applicata sul prezzo
dell’immobile. Tale detrazione potrà avvenire non in un’unica
soluzione, ma in dieci quote costanti di pari importo.
Elenco delle fonti fotografiche:
http://i1.wp.com/flpdifesa.org/wp-content/uploads/2015/11/Immaginelegge-stabilit%C3%A0-291x300.jpg?resize=350%2C200 [02.08.2016]
https://media.licdn.com/mpr/mpr/AAEAAQAAAAAAAAZrAAAAJDQ2MWFkMGFjLTIyYjktNDgwNS05MjYyLTllMDE2NmNlY2EwZg.jpg [02.08.2016]
ne di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore
di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un
valore nominale”.
[7] Vedasi Risoluzione del 10 marzo 2004, n. 34/E.
[8]Come rileva Marianetti Giuseppe, Nuovo
impulso al Welfare aziendale, in: il fisco, n. 5/2016,
pagine 429 e seguenti.
[9]Per categorie di dipendenti si intende, a titolo esemplificativo, quella degli impiegati, degli
operai, dei dipendenti appartenenti ad una determinata qualifica (dirigenti, quadri, eccetera) o ancora, a
quelli che prestano la loro opera secondo particolari
modalità (nella Circolare 16 luglio 1998, n. 188/E,
l’Agenzia delle Entrate ha identificato negli “operai
del turno di notte”, un'autonoma categoria così come,
più recentemente, essa è stata individuata – trattasi
della Risoluzione del 17 dicembre 2007, n. 378/E –
nei dipendenti expatriates).
[10] Sul punto erano già intervenute la Circolare del
22 dicembre 2000, n. 238/E e la Risoluzione del 17
dicembre 2000, n. 378/E.
[11] Cfr. Corte Costituzionale, Ordinanza del 23 ottobre 2008, n. 344. Per un commento si veda Petrucci
Franco, Un critico intervento della consulta sul rimborso
della retta delle scuole materne, in: Corriere Tributario, n.
15/2009, pagine 1232 e seguenti.
[12] I Giudici avevano sostenuto, in particolare, che
un diverso trattamento fiscale delle somme erogate
dal datore per scuole materne ed asili nido era giustificabile in forza degli aspetti differenziali di questi
due tipi di struttura.
[13]Ed invero su tale possibilità la prassi ha
manifestato orientamenti discordanti, vedasi la
Risoluzione del 5 maggio 2007, n. 126/E sui cosiddetti ticket trasporto, per i quali è stata chiarita la
non concorrenza alla formazione del reddito di
lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma
3, ultimo periodo. In senso contrario, la Risoluzione del 29 marzo 2010, n. 26/E in cui è stato
affermato che “le prestazioni sostitutive di mensa
aziendale erogate sotto forma di ticket restaurant,
l’articolo 51, comma 2, del Tuir, stabilisce che le stesse
fino a 5,29 euro sono escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente dei lavoratori assegnatari,
verificando tale limite rispetto al loro valore nominale.
L’evidenziazione del valore nominale porta, quindi, a
ritenere che i ticket restaurant non costituiscano erogazioni in natura. L’importo del loro valore nominale che
eccede il limite di 5,29 euro non può, pertanto, essere
11
12
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
considerato assorbibile dalla franchigia di esenzione
prevista dal comma 3 dell’articolo 51 e, quindi, concorre
alla formazione del reddito di lavoro dipendente”.
[14]Vedasi Bellinazzo Marco, Un calcio alla tassa
sui procuratori, in: Il Sole 24 Ore, 17 dicembre 2015.
[15] La definizione utilizzata nel comma 182, articolo 1 Legge di stabilità è la seguente: “[…] i premi
di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione
sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili
sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma
188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”.
[16]Nel citato decreto interministeriale sono stati definiti i criteri di misurazione degli incrementi di
produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del
10 per cento in luogo dell’ordinaria aliquota dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (di seguito
IRPEF) e delle relative addizionali.
[17] Recita il comma in questione: “[a]lle parti che
corrispondono o che hanno corrisposto il compenso agli
avvocati abilitati ad assisterli nel procedimento di negoziazione assistita ai sensi del capo II del decreto-legge
12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché
alle parti che corrispondono o che hanno corrisposto il
compenso agli arbitri nel procedimento di cui al capo I
del medesimo decreto, è riconosciuto, in caso di successo
della negoziazione, ovvero di conclusione dell’arbitrato
con lodo, un credito di imposta commisurato al compenso fino a concorrenza di 250 euro, nel limite di spesa di 5
milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016”.
[18] Vedasi la Circolare n. 20/E del 2016, pagina 6.
[19] Cfr. comma 954, articolo 1 Legge di stabilità.
[20] Per una esemplificazione, si veda la citata Circolare n. 20/E del 2016, pagina 9.
[21]Anche se non ha carattere fiscale, per la sua
portata merita segnalare la norma di interpretazione autentica contenuta nella Legge di stabilità in
base alla quale è previsto l’accesso ai fondi europei
anche ai liberi professionisti. Ed invero, questi ultimi
sono stati equiparati “alle piccole e medie imprese come
esercenti attività economica, a prescindere dalla forma
giuridica rivestita”, sicché i liberi professionisti pos-
sono, a partire dal 1. gennaio 2016, data di entrata
in vigore della Legge, accedere ai fondi strutturali
europei 2014/2020. Il nostro ordinamento si rende conforme alle disposizioni europee, evitando un
procedimento di infrazione da parte della Commissione per mancato recepimento del Regolamento
(UE) n. 1303 del Parlamento europeo del 17 dicembre 2013. Con questa manovra si mira anche a
uniformare le pratiche regionali: d’ora innanzi tutte
le Regioni saranno obbligate ad adeguare i propri
bandi consentendo l’accesso anche ai liberi professionisti. Sul punto sia consentito rinviare a Costa
Giovanna, Estensione dei finanziamenti europei ai
professionisti ed agli studi professionali, in: Patrimoni finanza ed internazionalizzazione, 2/2016, pagine
52 e seguenti.
[22] Per completezza, sia consentito rilevare che,
sempre in tema di lavoro autonomo e professioni, è stato presentato in Parlamento il cosiddetto
“Jobs Act del lavoro autonomo” (disegno di legge Atto
Senato 2233 presentato in data 8 febbraio 2016
dal Governo, “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire
l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro
subordinato”), un disegno di legge “Collegato alla legge di bilancio 2016” che nelle intenzioni del Governo
è dedicato alla tutela di chi opera in questo settore. La portata di questo schema di legge è molto
ampia e, almeno nel progetto depositato in Senato, comprende misure come la riforma di alcune
tipologie contrattuali, tutele specifiche contro i
ritardi nel pagamento dei compensi, una maggiorazione della tutela della proprietà intellettuale,
l’istituzione di sportelli dedicati presso i centri per
l’impiego, riforma delle normative riguardanti i
periodi di malattia ed i congedi. Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, l’articolo 5 della bozza di Jobs
act del lavoro autonomo modificherebbe l’attuale regime di deducibilità dalla base imponibile
IRPEF di alcune spese inerenti la formazione professionale, che diventerebbero così interamente
deducibili. Nello specifico, si prevede la modifica
dell’articolo 54, comma 5, TUIR, che nella sua versione attuale limita al 50% la deducibilità delle
spese sostenute per la partecipazione a convegni,
congressi e corsi di aggiornamento professionale.
Nella nuova versione, invece, esse diventerebbero interamente deducibili entro il limite massimo
di 10’000 euro annui. Inoltre, è prevista una deducibilità integrale, nel limite dei 5’000 euro, delle
“spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno
all’auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali
effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle
condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi
accreditati ai sensi della disciplina vigente”.
[23] Si veda Albano Giacomo, La disciplina del superammortamento trova spazio in UNICO, in: Corriere
tributario, n. 21/2016, pagine 1619 e seguenti.
[24]Causa di esclusione introdotta dalla Legge
di stabilità per il 2016, la quale contemporaneamente ha abrogato la disposizione che prevedeva,
quale requisito per l’applicazione del regime forfetario, che nell’anno precedente il reddito dell’attività
d’impresa, arte o professione esercitata fosse prevalente rispetto al reddito di lavoro dipendente o
assimilato eventualmente percepito. Pertanto, è
opportuno precisare che la disposizione abrogata
continua ad avere effetto solo nei confronti dei contribuenti, che hanno adottato il regime forfetario
nel corso del 2015. Invece, coloro che intendono
applicare il regime di favore nel 2016 devono rispettare la nuova condizione (non devono, cioè, aver
percepito nel 2015 un reddito di lavoro dipendente
o assimilato superiore a 30’000 euro).
[25] Si vedano i primi commenti di Borgoglio Alessandro, Le agevolazioni IRPEF per il “leasing” abitativo, in:
Corriere tributario, n. 17/2016, pagine 1333 e seguenti e Busani Angelo, L’agevolazione “prima casa” per
l’acquisto conseguente a un contratto di “leasing”, in:
Corriere tributario, n. 14/2016, pagine 1065 e seguenti. Sui profili interpretativi sono intervenuti il Notariato
(Studio n. 4-2016/T e 38-2016/C) e Assilea (Circolare
26 gennaio 2016, serie fiscale n. 2/2016). Detti lavori
hanno costituito la base per la realizzazione di una
Guida “Il leasing immobiliare abitativo”, pubblicata
in: www.mef.gov.it [02.08.2016]. Tale guida contiene anche una esemplificazione (nell’Appendice 1) sul
risparmio fiscale che si può conseguire con un’operazione di leasing abitativo.
Diritto tributario italiano
La tassazione delle rendite AVS e LPP in Italia
Guido Beltrame
Dottore Commercialista in Milano
Revisore Legale in Italia,
Perito Revisore – ASR
[email protected]
Evoluzione di una normativa foriera di molte incertezze
applicative
L’utilizzo della leva fiscale al fine di perseguire con efficienza
ed efficacia specifiche politiche industriali e di sviluppo economico è prassi comune nella maggior parte dei moderni Stati
democratici. Nell’esperienza giuridica della Repubblica Italiana
del secondo dopoguerra, tale impiego della leva fiscale è
stato frequente, sebbene non sempre scientemente calibrato.
Tra gli esempi più noti possono essere menzionati la disciplina
degli ammortamenti anticipati, la cosiddetta tecno-Tremonti,
la Dual Income Tax e, più recentemente, il regime di “Aiuto alla
Crescita Economica” ed il rinnovato credito di imposta a supporto della ricerca e sviluppo.
L’Italia continua a essere ben distante dal riuscire a creare
un chiaro dettato normativo ed interpretativo che agevoli
il corretto adempimento spontaneo degli obblighi fiscali
(cosiddetta tax compliance) da parte dei contribuenti. Se da un
lato è abbastanza insito nel contribuente italiano il tentativo
di trovare qualsiasi escamotage per ridurre il proprio carico
fiscale (che ricordiamolo è tra i più elevati d’Europa), dall’altro
il legislatore e il soggetto preposto al controllo del corretto
adempimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti
(prima il Ministero delle Finanze e poi l’Agenzia delle Entrate),
continuano a non avviare quel cambio di passo indispensabile
ad infondere fiducia nei contribuenti. Se una sana tax compliance si fonda, essenzialmente, su azioni di deterrenza e su
regole chiare, comunicate con largo anticipo e, se necessario,
spiegate tempestivamente, l’azione legislativa non dovrebbe
essere rivolta esclusivamente al tentativo di “fare cassa” ad
ogni costo, né l’azione interpretativa piegata a tale fine:
questo modo di agire, inevitabilmente, porta il contribuente a
diffidare del sistema di regole e prassi che governano la materia fiscale, a sentirsi vittima di un sistema ingiusto e ciò avrà,
come conseguenza, la “disaffezione fiscale” e cioè il tentativo di
non pagare quanto dovuto all’erario.
Un chiaro esempio di come possa crearsi una siffatta situazione è fornita dalla querelle legislativa ed interpretativa che
ha riguardato la tassazione delle rendite AVS (assicurazione
vecchiaia e superstiti) e LPP (previdenza professionale), la cui
disciplina normativa è stata da ultimo interpretata da una
Circolare dell’Agenzia delle Entrate nel corso della procedura
di Voluntary Disclosure e poi modificata da un Decreto Legge (di
seguito D.L.) successivo (in un qualche modo, come si vedrà,
sollecitato dalla stessa Agenzia delle Entrate).
Per comprendere appieno la portata del problema è necessario fare un salto indietro di 25 anni e tornare al 30 dicembre
1991 quando, con la Legge finanziaria per il 1992 (di seguito
L. n. 413/1991), sotto la voce “Disposizioni per ampliare le basi
imponibili” venne stabilito, al titolo VIII, articolo 76, che:
“[l]e rendite corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS), maturata sulla base anche
di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, sono assoggettate a ritenuta unica del 5 per cento da parte degli istituti italiani,
quali sostituti d’imposta, per il cui tramite l’AVS Svizzera le eroga ai
beneficiari in Italia. Le rendite, giusta l’accordo tra Italia e Svizzera del
3 ottobre 1974, di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 386 non formano
più oggetto di denuncia fiscale in Italia […]”. Si evidenziano i due
passaggi fondamentali della norma: il primo, limita il campo di
applicazione alle (sole) rendite corrisposte in Italia; il secondo,
individua negli istituti italiani i soggetti obbligati a trattenere
l’imposta del 5%.
La norma lasciava dinanzi a sé numerosi dubbi. Essa si
incastonava in un quadro legislativo generale per il quale le
persone fisiche, fiscalmente residenti in Italia, devono calcolare e liquidare l’imposta sul reddito con riferimento ai redditi
ovunque realizzati e tali redditi, ove non soggetti ad imposte
13
14
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
sostitutive o a ritenute alla fonte, concorrono a formare il
reddito complessivo del contribuente (articolo 3 del Decreto
del Presidente della Repubblica [di seguito D.P.R.] n. 917/1986).
In siffatta cornice legislativa non era chiaro se il legislatore
della L. n. 413/1991 avesse voluto: (i) sottrarre al concorso alla
formazione del reddito complessivo le sole rendite corrisposte
in Italia quando percepite per il tramite di sostituti d’imposta
italiani, i quali (redditi), per effetto dell’intervento legislativo,
avrebbero dovuto essere assoggettati ad un’imposta sostitutiva del 5%; oppure (ii) assoggettare ad imposta sul reddito
solo le rendite corrisposte in Italia per il tramite di sostituti
d’imposta italiani, lasciando esenti da imposizione quelle
rendite percepite senza l’intervento di intermediari italiani. In
entrambi i casi, il dettato normativo era palesemente iniquo
poiché faceva dipendere l’ammontare dell’imposta dalle
modalità di corresponsione del reddito. Infatti, nel caso in cui
la volontà del legislatore fosse stata quella rappresentata alla
cifra (i), le rendite, se corrisposte attraverso sostituti d’imposta italiani, sarebbero state soggette ad imposta sostitutiva
del 5% ove, se corrisposte senza il loro intervento, avrebbero
concorso alla formazione del reddito complessivo con una
tassazione non inferiore al 23% (primo scaglione dell’imposta
sul reddito delle persone fisiche). Se, viceversa, la volontà del
legislatore fosse stata quella rappresentata alla cifra (ii) (come
una lettura puntuale della norma potrebbe far ritenere) le
rendite, se corrisposte attraverso sostituti d’imposta italiani,
sarebbero state soggette ad imposta sostitutiva del 5% ove,
se percepite senza il loro intervento, sarebbero state esenti da
ogni imposizione in Italia.
Non più chiara del legislatore fu l’interpretazione prospettata
della norma dall’allora Ministero delle Finanze il quale, con
la Circolare dell’8 giugno 1993 N. 6 (protocollo n. 12/108),
affermò che: “[c]on l’articolo 76 della L. 30 dicembre 1991, n.
413 è stato profondamente innovato il trattamento fiscale delle
rendite corrisposte in Italia da parte dell’Assicurazione svizzera per
la vecchiaia e per i superstiti (AVS)", lasciando quasi propendere – alla luce della “profonda innovazione” (parafrasando la
Circolare) legislativa – per l’interpretazione per cui l’oggetto
della trattenuta del 5% riguardava esclusivamente le rendite
corrisposte in Italia e quelle non corrisposte avrebbero dovuto
essere esenti da ogni imposizione.
Poche righe dopo, tuttavia, lo stesso Ministero precisava che
“[l]a nuova disciplina introdotta con l’articolo 76 della L. 413/1991
non poteva ignorare l’esistenza del citato Accordo del 1974 [si tratta
dell’accordo Italia-Svizzera sulla tassazione dei lavoratori frontalieri,
ndr.] ed il richiamo ad esso ha la sola funzione di chiarire l’inclusione
specifica delle pensioni percepite dai frontalieri nella più vasta area
delle pensioni di fonte svizzera. E proprio per dare risalto a questa
circostanza si è reso, cioè, necessario operare uno specifico richiamo,
nell’articolo 76 della L. 413/1991, all’Accordo del 1974, atteso che il
riferimento all’Accordo di che trattasi doveva più propriamente essere
inserito nella prima parte dell’articolo dopo le parole «anche sulla base
di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera» invece che
nella seconda parte del citato articolo 76 […]. Resta inteso che, in forza
dell’articolo 25, paragrafo 1 della Convenzione per evitare le doppie
imposizioni tra l’Italia e la Svizzera, ratificata con L. 23 dicembre
1978, n. 943, il regime fiscale sopra descritto va applicato anche ai
percettori di rendite AVS, di nazionalità svizzera, residenti in Italia”.
Al di là dell’atteggiamento del Ministero che si permette di censurare la formulazione delle norme così come predisposta dal
legislatore, la precisazione da ultimo enunciata aggiungeva ulteriore incertezza, svelando ulteriori dubbi su chi dovessero essere i
soggetti destinatari dell’intervento legislativo. Infatti, in un primo
passaggio, la Circolare sottolinea come il dettato normativo
voglia porre il focus sui lavoratori frontalieri salvo poi, proprio in
conclusione e senza fornire maggiori elementi al ragionamento,
includere anche i cittadini svizzeri residenti in Italia.
Dal 1993 al 2015, se si escludono gli interventi interpretativi di seguito riportati, nessuna ulteriore interpretazione
è stata prodotta dagli organi preposti al controllo della
corretta applicazione delle norme tributarie: una Circolare
della Direzione Regionale della Lombardia dell’Agenzia delle
Entrate (Circolare protocollo n. 2004/66566 del 22 dicembre
2004) aveva precisato che l’imposta sostitutiva del 5% era
dovuta esclusivamente sugli interessi maturati dalle rendite
pensionistiche svizzere, escludendo l’applicazione della stessa
sull’intero capitale risparmiato; la Direzione Regionale del
Piemonte dell’Agenzia delle Entrate, nel 2007, con l’interpello
n. 954-56/2007, aveva ritenuto questo tipo di rendita del
tutto assimilabile al reddito di lavoro subordinato e, come tale,
imponibile in Italia.
Non si riscontrano ulteriori e significative prese di posizione
sul tema, né da parte del legislatore né da parte del Ministero
(divenuto nel frattempo Ministero dell’Economia e delle
Finanze): il quadro interpretativo sembrava, così, essersi consolidato, non senza le incertezze più sopra evidenziate.
Con la Circolare dell’Agenzia delle Entrate dell’11 agosto
2015 n. 30/E, emanata in occasione della Voluntary Disclosure,
l’Agenzia (nel frattempo preposta, in luogo del Ministero, al
controllo della corretta applicazione delle norme tributarie)
ha riaffrontato il tema, dedicando ad esso una specifica
sezione (redatta sul formato domanda-risposta) intitolata
“Trattamento fiscale applicabile alle rendite di tipo AVS”. Più precisamente, nella risposta viene affermato che: “[…] ogniqualvolta
l’accredito dell’AVS svizzera non venga canalizzato in Italia, come
nei casi prospettati nel quesito, si possono porre dubbi in merito al
trattamento fiscale da applicare alle rendite incassate. In tal caso,
infatti, in assenza di un sostituto residente in Italia che operi la
ritenuta a titolo d’imposta, la disposizione di cui alla legge n. 413 del
1991 non può trovare applicazione. La citata legge n. 413 del 1991,
peraltro, non disciplina in modo espresso l’ipotesi in cui il percettore
che abbia ricevuto l’accredito all’estero possa autoliquidare in dichiarazione l’imposta dovuta assoggettando le rendite ad un’imposizione
sostitutiva dell’IRPEF con la medesima aliquota del 5 per cento che
le stesse avrebbero scontato canalizzandone la riscossione in Italia”.
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
L’Agenzia, quindi, prende atto della lacunosità del dettato
normativo di cui all’articolo 76 della Legge n. 413/1991 per
precisare che, ove non trattenuta dal sostituto d’imposta (come
previsto dal legislatore), l’imposta è (comunque) liquidata direttamente dal contribuente in dichiarazione. Ora, se non può
dubitarsi – per il vero – della correttezza dell’interpretazione
fornita dall’Agenzia, non può tuttavia sottacersi che essa non
tiene conto del comportamento di quei contribuenti che, dalla
lettura del testo normativo e dall’assenza di ogni precisazione
interpretativa fornita prima dal Ministero e poi dall’Agenzia,
potevano (forse erroneamente ma senz’altro in buona fede)
ritenere che nessuna imposizione avrebbe dovuto gravare sulle
somme incassate senza l’intervento di un sostituto d’imposta.
Parimenti discutibili sono, poi, le indicazioni fornite dalla stessa
Agenzia circa le modalità di indicazione di tali redditi in dichiarazione (quando cioè l’imposta non è riscossa per il tramite di
un intermediario residente in Italia). L’Agenzia delle Entrate,
infatti, arriva ad affermare che: “[p]er l’indicazione di tale reddito
può essere utilizzata, con riferimento all’anno d’imposta 2014, la
sezione V del quadro RM del modello Unico Persone Fisiche 2015,
riportando la causale residuale «I» ed indicando il codice della Svizzera
(071)[…]”. Ora, per chi non fosse avvezzo al modello Unico per
la dichiarazione dei redditi italiana, si segnala che nel quadro
RM devono essere ricompresi i “Redditi soggetti a tassazione
separata e ad imposta sostitutiva” le cui istruzioni stabiliscono che:
“[i]n questo quadro devono essere indicati i redditi soggetti a tassazione separata indicati nell’articolo 7, comma 3, articolo 15, comma
1, lettera f), e articolo 17 del TUIR, nonché alcuni redditi di capitale
percepiti all’estero, ai quali si applica la disposizione dell’articolo 18
del TUIR e i redditi di capitale di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 1. aprile
1996, n. 239, sui quali non è stata applicata l’imposta sostitutiva”.
Come spesso accade le istruzioni del modello Unico non sono
proprio un esempio di chiarezza per i non addetti ai lavori, ma
è comunque evidente che nessuno dei redditi indicati ricomprende le rendite AVS che, secondo l’Agenzia delle Entrate, si
sarebbero dovute indicare in questo modello.
Ancora più discutibile è, poi, il richiamo – da parte della stessa
Agenzia – a ricomprendere le rendite in questione nella
sezione V del modello. In tale sezione, infatti, devono essere
indicati i “Redditi di capitale soggetti ad imposizione sostitutiva” le
cui istruzioni prevedono che: “[n]ella Sezione V vanno indicati i
redditi di capitale di fonte estera, diversi da quelli che concorrono a
formare il reddito complessivo del contribuente (che vanno dichiarati
nel quadro RL, sez. I), percepiti direttamente dal contribuente senza
l’intervento di intermediari residenti”. Ora, è di tutta evidenza che
una rendita AVS non può essere assimilata a un reddito di
capitale di fonte estera (peraltro, come più sopra si è evidenziato, era stato lo stesso Ministero a precisarlo); il cercare di
farlo rientrare in tale categoria reddituale è palesemente una
forzatura, uno stravolgere le regole del gioco.
A complicare ulteriormente il quadro è intervenuto, buon
ultimo, il legislatore con il D.L. del 30 settembre 2015 che è
stato emanato (all’ultimo giorno possibile) per disciplinare il
rinvio della procedura di Voluntary Disclosure dal 30 settembre
2015 al 31 dicembre 2015. In tale Decreto, avente l’esclusivo
fine del rinvio della scadenza, è stata forzatamente inserita,
all’articolo 2, la lettera b) che recita: "l’ammontare di tutte le
prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità Svizzera (LPP), in qualunque forma
erogate, sono assoggettate, ai fini delle imposte dirette, su istanza
del contribuente, all’aliquota del 5 per cento”.
L’ultimo intervento legislativo – evidentemente sollecitato
dall’ultima presa di posizione dell’Agenzia – è giuridicamente
censurabile sotto numerosi profili.
In primo luogo, esso trova collocazione in un provvedimento
normativo (il D.L. del 30 settembre 2015) totalmente ad esso
slegato, peraltro cambiando le regole del gioco della procedura di
Voluntary Disclosure quasi allo scadere della procedura medesima.
Tutto ciò con buona pace dei princìpi codificati nello Statuto dei
diritti del contribuente che imporrebbero al legislatore ordine e
chiarezza nella produzione legislativa, nonché il rispetto della
buona fede e del principio dell’affidamento. Tali princìpi sono
ancor di più violati, ove solo si consideri che, per espressa previsione, l’intervento legislativo vale anche per il passato.
Peraltro, l’intervento legislativo adombra nuove incertezze,
perché mentre la Circolare dell’Agenzia faceva espresso riferimento alle rendite AVS, il Decreto pone il focus sulle rendite
LPP a dimostrazione, quantomeno, di una confusione generale
sul tema da parte delle autorità legislative ed amministrative
italiane. Alla confusione generale contribuisce anche la giurisprudenza: in questo contesto è giusto ricordare la sentenza
n. 2746 del 22 giugno 2015 (udienza del 5 giugno 2015) della
Commissione Tributaria Regionale di Milano (Sez. L – Pres. Carlo
Pizzo – Rel. Guido Chiametti), con la quale è stato stabilito che
i risparmi di lavoro detenuti su di un conto corrente svizzero da
parte di un lavoratore frontaliero, non devono essere oggetto
di monitoraggio fiscale ai sensi del D.L. n. 167/1990 in quanto
non si tratta di attività illecitamente detenute all’estero e non si
riferiscono a investimenti di natura finanziaria. Ora, chi conosce
il diritto tributario italiano ben sa che, in quell’ordinamento, i
redditi da pensione sono assimilati a quelli da lavoro dipendente, quindi, per analogia, se le disponibilità estere derivanti
dai risparmi di lavoro detenuti su di un conto corrente svizzero non devono essere riportati nel quadro RW, nemmeno i
risparmi derivanti da pensioni percepite dai lavoratori frontalieri
dovrebbero essere oggetto di monitoraggio.
Da ultimo, è discutibile (e forse incostituzionale) anche la
scelta del legislatore del D.L. del 30 settembre 2015 di rimettere l’ammontare dell’imposta da pagare alla scelta volitiva
15
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Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
del contribuente: il contribuente deve il 5% su sua istanza, in
mancanza della quale, la rendita concorrerebbe a formare il
reddito complessivo del contribuente. Quindi l’ammontare
dell’imposta non è parametrata – come imporrebbe la
Costituzione – all’indice di capacità contributiva (il reddito)
ma ad una scelta di opportunità del contribuente, come se
il tributo non fosse un dovere basato su princìpi solidaristici
ma una scelta liberale (che il contribuente può o non può fare)
rimessa al buon cuore dei contribuenti.
È inutile continuare a invocare la tax compliance da parte dei
contribuenti se, per primo, il legislatore (e, talvolta, la stessa
Agenzia delle Entrate) non produce una disciplina positiva
chiara, razionale e coerente. Il caso della tassazione delle
rendite AVS e LPP dimostra che le fondamenta di una sana tax
compliance (azioni di deterrenza, regole chiare e comunicate in
anticipo) continuano ad essere disattese.
Elenco delle fonti fotografiche:
ht tp://w w w.convivum.it /wp-content /uploads/2015/08/Geld_5.jpg
[02.08.2016]
http://www.leggioggi.it/wp-content/uploads/2013/05/agenzia-entrate.jpg
[02.08.2016]
http://www.swissinfo.ch/image/41220178/3x2/640/426/68fe57540bd576f
cdf5be25a7c6fcad/HC/235245480-jpg.jpg [02.08.2016]
Diritto tributario internazionale e dell’UE
Domande raggruppate fra la Svizzera e l’Olanda
Paolo Bernasconi
Prof. Dr. h.c.
Avvocato, Studio legale Bernasconi
Martinelli Alippi & Partners, Lugano
Ricadute per analogia in base alla sentenza del TAF del
21 marzo 2016
Introduzione
1.
Ormai da rottamare il sistema delle rogatorie internazionali
in materia fiscale? È quindi da rottamare anche il neonato
strumento delle rogatorie raggruppate? Niente affatto, dal
momento che, dopo le recenti votazioni delle Camere federali, anche l’ordinamento giuridico svizzero si avvia verso un
regime di coabitazione di tre sistemi diversi di cooperazione
internazionale in materia fiscale: lo scambio automatico,
la comunicazione spontanea e il sistema storico e tuttora
vigente, ossia quello della cooperazione su domanda, cui
appartengono anche le cosiddette “domande raggruppate”.
particolare dall’Italia, che rappresenta e continuerà a rappresentare il bacino di utenza di gran lunga più importante
della piazza bancaria e finanziaria ticinese. Infatti, la DTAF
affronta tutte le questioni legali in modo sistematico, così
da poter costituire un modello di ragionamento, malgrado
contro la medesima sentenza sia già stato presentato ricorso
al Tribunale federale svizzero da parte dell’Amministrazione
federale delle contribuzioni (di seguito AFC).
Prima parte: Sintesi della procedura precedente l’emanazione della DTAF del 21 marzo 2016
2.
La DTAF è stata pronunciata sulla base di un ricorso presentato
il 24 dicembre 2015 da un contribuente al TAF chiedendo
che venisse annullata la decisione datata 25 novembre 2015,
mediante la quale l’AFC aveva deciso di accogliere e di eseguire
la domanda di assistenza datata 23 luglio 2015 che era stata
presentata dal Servizio centrale dell’Amministrazione fiscale
olandese.
3.
La domanda di assistenza olandese richiese all’AFC la trasmissione delle seguenti informazioni riguardanti persone che
fossero titolari di uno o più conti presso UBS Switzerland AG
(precedentemente UBS AG).
Il Fisco olandese richiedeva la comunicazione del nome e
cognome, recapito postale, data di nascita, numero del conto
bancario o dei conti bancari, nonché del saldo esistente sui
conti suddetti al 1. febbraio 2013, al 1. gennaio 2014 e al 31
dicembre 2014.
Non avete clienti olandesi? Ciò malgrado, la sentenza del
Tribunale amministrativo federale (di seguito TAF) pronunciata
in data 21 marzo 2016 (di seguito DTAF) vi può interessare.
Infatti, si tratta della prima sentenza riguardante domande
raggruppate non provenienti dagli Stati Uniti d’America bensì
da un Paese membro dell’Unione europea (di seguito UE).
Ci serve per esaminare quali princìpi e criteri possono essere
di utilità per la giurisprudenza riguardante future domande
raggruppate[1] provenienti da altri Paesi membri dell’UE, in
4.
Nella domanda di assistenza olandese non venivano indicate
con il proprio nome persone fisiche né persone giuridiche. Si
richiedeva invece di fornire le informazioni suddette riguardo
a tutte le persone che fossero state destinatarie della lettera
inviata da UBS a tutte le persone con recapito in Olanda.
Mediante questa lettera UBS procedeva alla verifica della conformità fiscale dei depositi intrattenuti presso UBS medesima
dalle persone con recapito in Olanda.
17
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Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
5.
In esecuzione della suddetta domanda olandese, l’AFC,
mediante Ordinanza datata 3 agosto 2015, richiese a UBS di
identificare tutte le persone che rientravano nel modello di
comportamento descritto nella domanda medesima e di trasmettere all’AFC tutte le informazioni richieste nella domanda
olandese. Nel contempo, l’AFC richiedeva a UBS di informare
riguardo al procedimento di assistenza tutte le persone con
domicilio fuori dalla Svizzera, trasmettendo alle stesse una
comunicazione dell’AFC che quest’ultima aveva allegato alla
sua Ordinanza.
6.
Il ricorrente rientrava tra le persone di cui UBS trasmise ad
AFC il nome e le informazioni richieste dal Fisco olandese.
Il ricorrente era stato informato da parte di UBS in conformità di quanto previsto dall’Ordinanza dell’AFC datata 3
agosto 2015.
Seconda parte: Motivi di rifiuto della domanda di assistenza olandese
I.
Diritto applicabile (consid. 2 della DTAF datata 21 marzo
2016)
10.
La domanda olandese venne presentata fondandosi sulla
Convenzione per evitare la doppia imposizione (di seguito
CDI) del 26 febbraio 2010 fra la Confederazione Svizzera ed il
Regno dei Paesi Bassi (di seguito CDI-NL).
11.
Le modalità di cooperazione fra le autorità fiscali svizzere e
olandesi sono attualmente disciplinate, oltre che dall’articolo
26 CDI-NL, anche dalle norme contenute nei testi seguenti:
a) Protocollo concernente la CDI-NL del 26 febbraio 2010, entrato
in vigore il 9 novembre 2011 (in particolare la cifra XVI lettera b);
b) Accordo amichevole di interpretazione della CDI-NL del 31
ottobre 2011;
c) Decreto federale che approva la CDI-NL datato 17 giugno
2011 (di seguito Decreto federale CDI-NL);
d)LAAF[2] , in particolare l’articolo 14a;
e) Ordinanza di esecuzione della legge federale sull’assistenza amministrativa in materia fiscale (di seguito OAAF),
del 20 agosto 2014, entrata in vigore con effetto retroattivo il 1. agosto 2014[3] , in particolare l’articolo 2.
12.
La procedura davanti al TAF è disciplinata dalla Legge federale
sulla procedura amministrativa (di seguito PA), nella misura in
cui la medesima non preveda diversamente (articolo 37 PA).
7.
Il 22 settembre 2015, l’AFC fece pubblicare nel Foglio federale
(cfr. Foglio federale 2015, pagine 5679 e seguenti) una comunicazione riguardante la suddetta domanda di assistenza
olandese. Si tratta della modalità di comunicazione prevista
dall’articolo 14a capoverso 4 della Legge federale sull’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (di
seguito LAAF). Mediante la comunicazione si rendeva noto che
le persone residenti all’estero dovevano comunicare un recapito in Svizzera. Inoltre, veniva notificata, appunto mediante la
pubblicazione sul Foglio federale, la decisione finale di ammissione di esecuzione della rogatoria olandese, nei confronti di
quelle persone che non avessero consentito per iscritto alla
trasmissione facilitata delle informazioni richieste dal Fisco
olandese, in conformità dell’articolo 16 LAAF.
8.
Mediante comunicazione datata 22 ottobre 2015 l’AFC
informò il ricorrente, il quale nel frattempo aveva comunicato
il nome del proprio patrocinatore in Svizzera, quali informazioni intendeva trasmettere al Fisco olandese.
9.
A seguito del ricorso, le Parti trasmisero al TAF le rispettive prese
di posizione scritte. In particolare, l’AFC trasmise la sentenza
del Tribunale federale n. 2C_54/2014 datata 2 giugno 2014.
13.
Le CDI rappresentano degli accordi di diritto internazionale
pubblico, ai sensi dell’articolo 2 capoverso 1 lettera a della
Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (di seguito CV)[4].
Di conseguenza, anche l’interpretazione delle CDI avviene
secondo le regole della Convenzione di Vienna, con riserva di
regolamentazioni speciali[5].
14.
Poiché la Convenzione di Vienna ha codificato regole del
diritto internazionale pubblico, le stesse possono essere
applicate anche da parte di Stati che non abbiano ratificato la
Convenzione di Vienna[6].
15.
Qualora nell’ambito di una CDI siano state riprese regole
contenute nel Modello dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (di seguito OCSE) per
evitare le doppie imposizioni (di seguito M-OCSE), secondo
giurisprudenza e dottrina svizzera devono essere utilizzati
il M-OCSE nonché il relativo Commentario dell’OCSE per
l’interpretazione delle CDI ratificate dalla Svizzera. Si tratta
comunque di strumenti sussidiari di interpretazione ai sensi
dell’articolo 32 CV [7].
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
Possono essere utilizzate come strumenti interpretativi
anche le regole del relativo Commentario dell’OCSE che
fossero state emanate successivamente all’entrata in
vigore di una determinata CDI, a condizione che la modifica non abbia cambiato la regola preesistente bensì si sia
limitata a precisarla[8].
II.
Diritto intertemporale: periodo oggetto di una domanda
raggruppata (consid. 4.1.1 della DTAF del 21 marzo 2016)
16.
La clausola che disciplina la cooperazione fra l’autorità
fiscale svizzera e quella olandese enunciata all’articolo 26
CDI-NL e la relativa cifra XVI del Protocollo della CDI-NL,
sono applicabili così come previsto all’articolo 29 capoverso
2 CDI-NL: “a quelle domande che sono state presentate dopo la
data dell’entrata in vigore della CDI-NL e che riguardano informazioni riferite al periodo che inizia o che è successivo al 1. marzo
dopo la firma dell’Accordo”.
19.
La domanda olandese ha fornito, come criterio per l’identificazione delle persone oggetto della domanda olandese
medesima, un modello di comportamento (“Verhaltensmuster”)
messo in atto in modo identico da ciascuna delle persone in
questione. Si conclude pertanto trattarsi di una domanda
raggruppata, secondo la definizione prevista dall’articolo 3
lettera c LAAF (“eine Gruppenanfrage bzw. ein Gruppenersuchen
ohne Namensnennung”).
20.
L’articolo 3 lettera c LAAF definisce una domanda raggruppata come segue: “[u]na domanda di assistenza amministrativa
con la quale si richiedono informazioni su più persone che hanno
agito secondo lo stesso modello di comportamento e sono identificabili in base a indicazioni precise. Quali siano le indicazioni che
devono essere contenute in una domanda raggruppata viene elencato
dall’articolo 2 della OAAF”.
Pertanto, poiché la domanda olandese venne presentata dopo
l’entrata in vigore della CDI-NL, la stessa può riferirsi esclusivamente alle informazioni che riguardano le condotte messe
in atto a partire dal 1. marzo 2010.
È applicabile alla domanda olandese anche l’Accordo amichevole di interpretazione del 31 ottobre 2011, dal momento
che quest’ultimo è applicabile a partire dalla sua entrata in
vigore, e ciò in conformità dell’articolo 4 dell’Accordo amichevole medesimo.
17.
Promemoria: si rammenta che le domande raggruppate
secondo l’articolo 3 lettera c LAAF sono autorizzate per informazioni su fattispecie avvenute dal 1. febbraio 2013, essendo
fatte salve le disposizioni derogatorie della CDI applicabile nel
singolo caso (cfr. articolo 1 OAAF).
III.
Definizione di domanda raggruppata (consid. 5 della DTAF
del 21 marzo 2016)
18.
La domanda olandese del 23 luglio 2015 non contiene il nome
di persone determinate, riguardo alle quali vengono richieste
informazioni. Per contro, la domanda olandese si riferisce ad
un gruppo di persone fisiche che soddisfano i criteri seguenti:
a) disponevano almeno di un conto presso UBS Switzerland
AG nel periodo dal 1. febbraio 2013 sino al 31 dicembre
2014;
b) disponevano di un recapito in Olanda;
c) non avevano fornito ad UBS Switzerland AG la prova
riguardo alla cosiddetta conformità fiscale dei propri depositi presso la banca medesima, benché UBS
avesse inviato loro una lettera annunciando che
avrebbe disdetto la relazione di affari nel caso di
omissione di un documento che comprovasse la conformità fiscale.
IV.
Inammissibilità delle domande raggruppate da parte
dell’Olanda (consid. 6 della DTAF del 21 marzo 2016)
21.
Tutti i testi che disciplinano la cooperazione in materia
fiscale fra la Svizzera e l’Olanda non menzionano in modo
esplicito le domande raggruppate. Si deve quindi procedere
per via di interpretazione per stabilire se, ciò malgrado, le
domande raggruppate siano ammissibili[9].
22.
L’articolo 26 CDI-NL non contiene un elenco dettagliato
delle indicazioni che devono essere fornite in una domanda
di assistenza. Pertanto, è applicabile la cifra XVI del
Protocollo di applicazione della CDI-NL, secondo cui: “[r]esta
inteso che le autorità fiscali dello Stato richiedente forniscono
le seguenti informazioni alle autorità fiscali dello Stato richiesto, quando presentano una richiesta di informazioni secondo
l’articolo 26 della Convenzione: (I) le informazioni sufficienti
per l’identificazione della persona e delle persone oggetto del
controllo o dell’inchiesta, in particolare il nome e, se disponibile,
l’indirizzo, il conto bancario e qualsiasi altro elemento che faciliti
l’identificazione della persona o delle persone, come la data di
nascita, lo stato civile o il codice fiscale […]; (V) il nome e, nella
misura in cui sia disponibile, l’indirizzo delle persone in possesso
delle informazioni richieste”.
19
20
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
23.
Secondo l’Accordo amichevole del 31 ottobre 2011, “i requisiti
suddetti contenuti nel Protocollo sono da interpretare in modo tale
che sia possibile rispondere ad una richiesta di assistenza amministrativa se lo Stato richiedente, oltre alle informazioni da fornire
secondo i sottoparagrafi (II)-(IV) della lettera b) del n. XVI del
Protocollo, fornisce anche le seguenti informazioni:
straniere anche se il contribuente coinvolto rispettivamente
i detentori di informazioni fossero identificabili in altro modo
che non attraverso l’indicazione del nome e dell’indirizzo[13].
Poiché il testo riveduto della CDI-NL era già stato firmato e
si trovava già in uno stadio avanzato delle deliberazioni parlamentari, si decise di inserire questa “regola interpretativa” nel
Decreto federale CDI-NL nonché nell’Accordo amichevole[14].
a) identifica la persona oggetto del controllo dell’inchiesta, fermo
restando che questa identificazione può essere effettuata anche
in altro modo che indicandone il nome e l’indirizzo e
b) indica, sempre che le siano noti, il nome e l’indirizzo della persona
per cui vi è motivo di ritenere che fu in possesso delle informazioni
richieste; a condizione che non si tratti di una fishing expedition”.
Ecco pertanto che nel Decreto federale CDI-NL, l’articolo
1 capoverso 3 prevede che l’identificazione della persona
del contribuente rispettivamente della persona del detentore di informazioni, può avvenire anche “in altro modo”.
Si potrebbe pertanto concludere, sulla base dei testi suddetti, che la versione emendata della CDI con l’Olanda possa
essere interpretata nel senso che sono ammesse anche le
domande raggruppate.
Sulla base del testo chiaro e univoco, anche in tutte le altre
lingue (consid. 6.3 della DTAF del 21 marzo 2016) delle norme
suddette, si deve concludere che nella cooperazione fra le
autorità svizzere e olandesi viene richiesta in modo imperativo e vincolante l’indicazione del nome della persona o delle
persone che sono coinvolte in una verifica o in un'inchiesta
nello Stato richiedente. Concorre a questa conclusione anche
la constatazione secondo cui la circonlocuzione “nella misura
in cui disponibile” non viene formulata riguardo al requisito
dell’indicazione del nome della persona, e ciò a differenza
di altri requisiti riguardanti l’identificazione. Di fronte ad un
testo così chiaro non vi è spazio per un'interpretazione che
renda ammissibile domande raggruppate[10].
24.
Secondo la cifra XVI lettera c, seconda frase del Protocollo della
CDI-NL, malgrado la lettera b del medesimo articolo XV del
Protocollo preveda “importanti requisiti procedurali volti ad impedire
la «fishing expedition», i numeri (I)-(V) non devono essere interpretati
in modo da ostacolare uno scambio effettivo di informazioni”.
Secondo la dottrina[11], questa norma deve essere interpretata nel senso che le domande raggruppate devono essere
ammesse nell’ambito della cooperazione prevista da tutte
quelle convenzioni per evitare la doppia imposizione, che
contengano un riferimento specifico all’obiettivo generale che
consiste nel garantire la cooperazione più ampia possibile.
25.
Si pone pertanto la questione di sapere se la cifra XVI lettera
c, seconda riga, del Protocollo ammetta un’interpretazione
restrittiva riguardo al requisito dell’indicazione del nome
previsto dalla cifra XVI lettera b, sotto capoverso (I) del
Protocollo. La dichiarazione esplicativa formulata dal Capo
del Dipartimento federale delle finanze (di seguito DFF) in
occasione delle deliberazioni parlamentari, sembrerebbe
avallare questa ipotesi[12]. Questa dichiarazione esplicativa
tiene conto della constatazione da parte del Global Forum on
Transparency and Exchange Information for Tax Purposes, in occasione dell’ultima Peer Review, secondo cui i suddetti requisiti
riguardanti l’identificazione del contribuente fossero troppo
restrittivi e pertanto costituissero un ostacolo per una cooperazione internazionale efficace. Il Consiglio federale dichiarò
di condividere questa constatazione, annunciando quindi
che sarebbe stata concessa l’assistenza alle autorità fiscali
Secondo la DTAF del 21 marzo 2016 questa interpretazione è
inammissibile, poiché contrasta con il chiaro testo della cifra
XVI lettera b, sotto capoverso (I) del Protocollo[15]. In effetti,
gli Accordi amichevoli di questa natura possono essere di
rilevanza per l’interpretazione di una CDI, ma ciò esclusivamente nella misura in cui l’interpretazione non conduca ad
un risultato che sia contrario al testo della CDI medesima[16].
26.
Anche le suddette dichiarazioni esplicative del Capo del
DFF ed il fatto che l’Assemblea federale abbia accettato la
revisione della CDI-NL prendendo atto di queste dichiarazioni, potrebbero essere al massimo prese in considerazione
nell’ambito dell’interpretazione così come ammessa da parte
dell’articolo 32 CV, tenendo comunque conto del fatto che
ciò avvenne senza partecipazione dell’altra Parte coinvolta,
ossia dell’Olanda. Sulla base delle considerazioni suddette, il
TAF è pervenuto pertanto alla conclusione che le domande
raggruppate sono da considerare escluse nell’ambito della
cooperazione in materia fiscale con l’Olanda.
V.
Portata giuridica del M-OCSE e del relativo Commentario
M-OCSE (consid. 6.3.2 della DTAF del 21 marzo 2016)
27.
Il 17 luglio 2012, l’OCSE ha promulgato un aggiornamento
riferito all’articolo 26 M-OCSE e del suo Commentario
che prevedeva esplicitamente la regolamentazione delle
domande raggruppate (group requests), dichiarando ammissibile per principio questo tipo di domande[17].
28.
Nella DTAF del 21 marzo 2016 ci si limita a constatare che il
Commentario M-OCSE costituisce soltanto uno strumento
interpretativo sussidiario, nel senso dell’articolo 32 CV, che pertanto può essere utilizzato esclusivamente nella misura in cui il
risultato della sua applicazione non conduca ad un risultato che
contrasta con il testo della CDI.
Pertanto, la DTAF del 21 marzo 2016 lascia aperte due
questioni ampiamente dibattute nella dottrina elencata nel
consid. 6.3.2 a pagina 22, laddove si discute se:
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
a) la novità rappresentata dalle domande raggruppate costituisca soltanto semplicemente una mera chiarificazione
(“blosse Klarstellung”);
b) nell’ambito di un'interpretazione dinamica quale strumento
interpretativo sussidiario, l’aggiornamento suddetto debba
essere considerato una novità e quindi utilizzato a favore
dell’ammissibilità delle domande raggruppate.
nemmeno riguardo a quei Paesi nei confronti dei quali la
CDI ratificata dalla Svizzera lasci aperta la possibilità delle
domande raggruppate (pagina 26). Contro l’ammissibilità delle
domande raggruppate in base alla LAAF e alla OAAF, viene
fatto inoltre valere anche il fatto che la LAAF rappresenta
soltanto una legge di esecuzione delle CDI (consid. 8.2.4).
32.
In ogni caso, la DTAF del 21 marzo 2016 ritiene che la cifra XVI
lettera b sotto capoverso (I) del Protocollo della CDI-NL, proibisca l’ammissione di domande raggruppate senza indicazione
di nomi. Pertanto, le norme nazionali svizzere riguardanti simili
domande, non possono prevalere riguardo alle norme previste da
una determinata convenzione per evitare la doppia imposizione.
VI.
Applicabilità del diritto nazionale svizzero (consid. 7 e 8
della DTAF del 21 marzo 2016)
29.
La DTAF del 21 marzo 2016 ha concluso che la CDI con
l’Olanda esclude le domande raggruppate. Pertanto, viene
lasciata aperta la questione a sapere se il diritto interno svizzero possa ammettere domande raggruppate anche quando
non sussista nessuna base di diritto internazionale pubblico. Al
massimo, il legislatore svizzero potrebbe dichiarare, in applicazione della cosiddetta “Schubert-Praxis” [18] , l’ammissibilità
delle domande raggruppate anche quando ciò venga escluso
dal diritto internazionale pubblico, soltanto nel caso in cui
dichiari espressamente di accettare delle norme in violazione
del diritto internazionale pubblico[19].
30.
Il Decreto federale CDI-NL datato 17 giugno 2011 ovviamente
non prevale rispetto al contenuto della CDI-NL che esclude le
domande raggruppate. Non è infatti applicabile la suddetta
“Schubert-Praxis” poiché il Decreto federale non costituisce una
legge federale, bensì soltanto un decreto sottoposto a referendum facoltativo. Per questo motivo, pur lasciando aperta
la questione a sapere se l’articolo 3 capoverso 3 del Decreto
federale preveda o meno le domande raggruppate, in ogni
caso, questa norma non può prevalere rispetto al contenuto
della CDI.
31.
La DTAF del 21 marzo 2016 esclude anche che la LAAF e la
OAAF possano costituire base legale sufficiente per l’ammissione delle domande raggruppate da parte dell’Olanda
(consid. 8.2 della DTAF del 21 marzo 2016).
Secondo la dottrina dominante menzionata nel consid. 8.2.3
della suddetta DTAF, le norme della LAAF e della OAAF che
ammettono le domande raggruppate non costituiscono
una base legale sufficiente per ammettere queste domande
33.
Inoltre, sia l’articolo 1 capoverso 2 LAAF che l’articolo 1 capoverso 2 OAAF dispongono testualmente quanto segue: “[s]ono
fatte salve le disposizioni derogatorie della convenzione applicabile nel
singolo caso”, dove per “convenzione” manifestamente si intende
quelle “convenzioni per evitare doppie imposizioni”, che sono menzionate nel capoverso precedente di entrambe le norme suddette.
Secondo la DTAF del 21 marzo 2016, la CDI-NL esclude le
domande raggruppate, ciò che costituisce appunto “disposizioni derogatorie” ai sensi del capoverso 2 delle due suddette
norme (consid. 8.2.5, pagina 28).
34.
Evidentemente, non è applicabile, nel rapporto fra diritto
internazionale e diritto nazionale, la regola “lex posterior
derogat legi priori” (consid. 8.2.5, pagina 29). In questo senso
depone anche la dichiarazione formulata dal Capo del DFF, in
data 12 settembre 2012, secondo cui allo scopo di garantire
l’ammissibilità delle domande raggruppate, avrebbero dovuto
essere modificate tutte le CDI che escludessero espressamente questa forma di cooperazione internazionale[20].
VII.
Commento critico
35.
Dottrina e giurisprudenza[21] riconoscono che sia applicabile
anche alla cooperazione internazionale in materia fiscale la
regola del “favor rogatoriae” (“Günstigkeitsregel”)[22]. Questa
posizione dottrinale viene respinta nella DTAF (consid. 8.2.4,
pagina 28), rammentando che, in ogni caso, la LAAF non può
essere applicabile a causa del suo carattere di legge di esecuzione. In effetti, l’articolo 1 LAAF prevede esplicitamente
quanto segue:
“[l]a presente legge disciplina l’esecuzione dell’assistenza amministrativa:
a) secondo le convenzioni per evitare le doppie imposizioni;
b) secondo altri accordi internazionali che prevedono uno scambio di
informazioni in materia fiscale”.
Rimane da vedere, inoltre, se il legislatore adotterà la volontà
uniformatrice espressa finora solamente da parte del Consiglio
21
22
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
federale proponendo la Legge federale concernente l’applicazione unilaterale dello standard OCSE sullo scambio di
informazioni (LASSI). Se ciò dovesse avvenire, il Tribunale federale potrebbe tenerne conto, nell’ambito dell'applicazione della
“clausola della nazione più favorita”, unanimemente riconosciuta
nel diritto internazionale pubblico.
36.
Altrettanto vale per la Svizzera, le cui autorità fiscali avrebbero parimenti interesse ad ottenere che la cooperazione
internazionale non sia limitata soltanto a quelle domande
che indicano il nome del contribuente coinvolto nell’inchiesta,
bensì anche alle domande raggruppate. Inoltre, il legislatore
svizzero riguardo alle domande raggruppate ha già manifestato la sua chiara volontà, approvando la modifica introdotta
dalla Legge federale del 21 marzo 2014, in vigore dal 1. agosto
2014 che appunto ha inserito nel catalogo degli strumenti
di cooperazione internazionale in materia fiscale anche le
domande raggruppate.
Terza Parte: Conseguenze indirette della DTAF del 21
marzo 2016
37.
La DTAF del 21 marzo 2016 si applica nei confronti di tutti quei
Paesi riguardo ai quali la cooperazione internazionale è disciplinata da CDI o simili alla CDI-NL e che siano accompagnate
dalle norme collaterali identiche a quelle che accompagnano la
CDI-NL (elencate supra alla cifra 11).
Per quanto riguarda la CDI con l’Italia, la stessa contiene
tutti gli elementi interpretativi necessari nel Protocollo
relativo, mentre per il testo della CDI-NL si è cercato di
correggere questa mancanza tramite l’interpretazione
definita nella Dichiarazione di intenti, ciò che appunto il
TAF ha reputato insufficiente.
Infatti, l’articolo II del Protocollo della CDI con l’Italia fa
riferimento esplicito “all’identità della persona oggetto del
controllo o dell’inchiesta” (cfr. lettera ebis [II]), riprendendo poi
lo stesso termine di “identificazione” alla cifra 3, in fine, per
quanto concerne l’interpretazione del criterio della rilevanza verosimile.
38.
Tenendo in considerazione la DTAF del 21 marzo 2016,
non è escluso che nel rapporto riguardante la prossima Peer
Review condotta dal Global Forum on Transparency and Exchange
Information for Tax Purposes, venga constatata nuovamente
questa lacuna nelle norme svizzere riguardanti la cooperazione
internazionale in materia fiscale, ritenendo che questa contrasti con l’aggiornamento approvato dall’OCSE il 17 luglio 2012.
Di conseguenza, anche la CDI-NL e le analoghe CDI con altri
Paesi dovranno essere modificate dal Parlamento svizzero.
Probabilmente, queste revisioni potrebbero comportare deliberazioni parlamentari della durata di qualche anno. Entrerebbero
pertanto in vigore quando già probabilmente potrebbe essere
in vigore l’Accordo tra la Svizzera e l’UE riguardo allo scambio
automatico di informazioni.
39.
Continuerebbe ciò malgrado a permanere l’interesse da parte
del Fisco olandese e di quello dei Paesi con i quali la Svizzera ha
ratificato una CDI simile a quella olandese, allo scopo di reperire
quei contribuenti che fossero riusciti ad abbandonare il sistema
bancario svizzero prima dell’entrata in vigore dell’Accordo tra la
Svizzera e l’UE sullo scambio automatico di informazioni.
40.
Ci sarà semmai da chiedersi, a quel momento, se l’Olanda
potrà ripresentare una domanda raggruppata che preveda lo
stesso modello di comportamento descritto e analizzato nella
DTAF del 21 marzo 2016.
Di principio, ogni domanda può essere ripresentata, poiché
le decisioni sulla cooperazione internazionale non acquistano
portata di crescita in giudicato[23].
41.
Inoltre, essendo stato approvato dalle Camere federali, il 17 giugno 2016, il Protocollo concluso il 27 maggio 2015 di modifica
dell’Accordo con l’UE sull’euroritenuta, l’Olanda, come ogni altro
Stato membro dell’UE, potrà scegliere la base legale che più gli
conviene e persino “qualora l’AFC respinga una domanda […] inoltrare
la stessa domanda con riferimento ad un’altra base legale”[24].
Elenco delle fonti fotografiche:
http://www.handelszeitung.ch/sites/handelszeitung.ch/files/lead_image/
st-gallen-bundesver waltungsgericht-amtshilf-schweiz-frankreich.jpg
[02.08.2016]
https://www.cross.ch/freundschaftspins/fahne-schweiz/Fahnen-PinsSchweiz-Niederlande.jpg [02.08.2016]
http://www.srfcdn.ch/asset/image/audio/d8be4e15-f 799-428c-bccd18ee9c96fe20/EPISODE_IMAGE/1404334218000.png [02.08.2016]
http://www.lessentiel.lu/dyim/1f5cef/B.M600,1000/images/content/1/6/1/16157076/3/topelement.jpg [02.08.2016]
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
[1]Per le questioni di carattere generale e più in
dettaglio cfr.: Bernasconi Paolo/Schürch Simone,
Fishing Expedition e rogatorie di gruppo nella cooperazione internazionale con la Svizzera in materia
fiscale. Norme e prassi recenti ed imminenti, in: Rivista di diritto tributario, Fasc. 6/2015, Milano, pagine
109-187.
[2] La LAAF è entrata in vigore il 1. febbraio 2013,
mentre il 1. agosto 2014 è entrata in vigore la revisione del 21 marzo 2014 (cfr. articolo 24a LAAF).
[3] Questa Ordinanza ha abrogato l’Ordinanza del 16
gennaio 2013 riguardante la cooperazione internazionale in materia fiscale mediante rogatorie raggruppate
(e ciò in applicazione dell’articolo 3 OAAF).
[4] La Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati è
entrata in vigore per la Svizzera il 6 giugno 1990.
[5]Cfr. la giurisprudenza federale elencata sub
consid. 2.1.1.
[6] DTAF n. A_4414/2014 dell’8 dicembre 2014 ed
altre menzionate nella DTAF datata 21 marzo 2016
al consid. 2.1.1.
[7]Cfr. la giurisprudenza federale citata al consid.
2.2 nella DTAF datata 21 marzo 2016.
[8]Cfr. la giurisprudenza federale citata al consid.
2.2.2 della DTAF datata 21 marzo 2016.
[9]Opel Andrea, Neuausrichtung der Schweizerischen Abkommenspolitik in Steuersachen, Basilea
2015, pagina 260 (cit.: Abkommenspolitik).
[10] Opel Andrea, Fischen in trüben Gewässern –
Rechtsstaatlich fragwürdige Gruppenauskünfte
an die Niederlande, in: Jusletter vom 15. Februar
2016, nm. 20 e 36; tendenzialmente diversa la
posizione espressa da Holenstein Daniel, in: Zweifel Martin/Beusch Michael/Matteotti René (a cura
di), Internationales Steuerrecht, Basilea 2015, N
197 e seguenti e N 201 ad Art. 26 M-OCSE.
[11]Schoder Charlotte, Praxiskommentar zum
Bundesgesetz über die internationale Amtshilfe in
Steuersachen, Zurigo 2014, n. 38.
[12]Seduta del Consiglio Nazionale del 13 aprile
2011, in: Bollettino ufficiale CN 2011, nm. 713.
[13] Cfr. Comunicato DFF del 15 febbraio 2011, in:
www.efd.admin.ch [02.08.2016].
[14] Frantisek Safarik, Das neue Doppelbesteuerungsabkommen Schweiz-Niederlande, in: ASA
79, (2010/2011), pagina 937 e seguenti, pagina
976 e seguenti.
[15] In questo senso Waldburger Robert, Sind die
Gruppenersuchen an die Schweiz rechtlich zulässig?,
in: FStR 2013, pagina 117 e seguenti e pagina 120.
[16]Cfr. la giurisprudenza elencata nella DTAF del
21 marzo 2016 al consid. 6.3.1.4 a pagina 19.
[17] Cfr. www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information [02.08.2016], Update To Article 26, in particolare
la cifra 5.2; cfr. anche Holenstein Daniel, op. cit., N
186 e seguente ad Art. 26 M-OCSE; Opel Andrea,
Abkommenspolitik, pagina 257; Schoder Charlotte,
op. cit., nm. 67.
[18]Secondo questa regola, un tribunale svizzero
è vincolato ad una legge federale che contenga una
norma contraria a quella contenuta in un Accordo
internazionale previgente, esclusivamente nel caso in
cui il legislatore svizzero abbia preso in considerazione coscientemente l’esistenza di questo conflitto, ciò
che può essere comprovato soltanto mediante una
dichiarazione manifesta in occasione delle deliberazioni parlamentari anche riguardo alle conseguenze
di un conflitto di leggi (cfr. la giurisprudenza elencata
al consid. 3.4 della DTAF del 21 marzo 2016).
[19] Cfr. i riferimenti alla giurisprudenza e alla dottrina menzionati al consid. 7 pagina 23.
[20]Cfr. Bollettino ufficiale CN 2012 nm. 1350 e
seguenti; cfr. consid. 8.2.6 a pagina 29.
[21] Schoder Charlotte, op. cit., nm. 15.
[22]“Selon le principe de faveur l’existence d’un traité ne
prive pas la Suisse de la faculté d’accorder sa coopération
selon les dispositions éventuellement plus larges de son
droit interne” (cfr. la giurisprudenza federale citata da
Zimmermann Robert, in: La coopération judiciaire
internationale en matière pénale, 4. edizione, Berna
2014, nm. 229, pagina 236).
[23] Cfr. DTF 139 II 404 consid. 8.
[24]Cfr. Messaggio concernente l’approvazione e
l’attuazione del Protocollo che modifica l’Accordo
sulla fiscalità del risparmio tra la Svizzera e l’UE, n.
15.081, del 25 novembre 2015, in: Foglio federale
2015 7585, capitolo 1.4.2, pagina 7595.
23
24
Diritto tributario internazionale e dell’UE
L’ammissibilità delle domande raggruppate in
applicazione delle CDI sul modello dell’OCSE
Giovanni Molo
Dottore in giurisprudenza, avvocato, LL.M.
Socio Studio Bolla Bonzanigo & Associati,
Lugano
Un aggiornamento alla luce della sentenza del TAF del
21 marzo 2016 sul caso della domanda olandese
1.
Introduzione
Le domande raggruppate – che sono state inventate con
la domanda di assistenza amministrativa americana nei
confronti della Svizzera datata 16 luglio 2008 e relativa ai
clienti americani di UBS, che si erano serviti, con la partecipazione di tale istituto (cosiddetta “conspiracy”), di società
off-shore per eludere la ritenuta fiscale sugli investimenti di
fonte americana nel sistema qualified intermediary (di seguito
QI), e che ha dato seguito alla decisione del 5 marzo 2009
del Tribunale amministrativo federale (di seguito TAF) [1] –
sono giunte, a quasi sette anni di distanza, concretamente
anche in Europa. Ne sono testimonianza la domanda di
assistenza amministrativa olandese del 23 luglio 2015[2]
e i casi di collaborazione contenuti nella Roadmap sottoscritta tra Svizzera e Italia contestualmente alla firma, nel
febbraio 2015, di una nuova convenzione contro le doppie
imposizioni [3]. Dopo che il 17 luglio 2012, il Consiglio
dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (di seguito OCSE) aveva approvato all’unanimità,
con il consenso anche dei rappresentanti della Svizzera, un
aggiornamento dell’articolo 26 del Modello di Convenzione
fiscale dell’OCSE (di seguito M-OCSE) e del suo commentario che introduceva esplicitamente la possibilità delle
domande raggruppate, ne è seguito, nella dottrina, un
vivace dibattito [4]. La questione dell’ammissibilità delle
domande raggruppate, e, in subordine della delimitazione
tra una domanda raggruppata ammissibile, ed una invece
inammissibile, deve oggi essere nuovamente affrontata, alla
luce in particolare della sentenza del 21 marzo 2016 del TAF
che ha dichiarato inammissibile una domanda raggruppata
olandese, e dei contenuti della Roadmap.
La questione si suddivide in due quesiti ben distinti, il primo
di natura formale, e il secondo di natura materiale. Il primo
aspetto si indirizza, con riferimento ad una domanda raggruppata proveniente da un determinato Paese, all’esistenza
di un sufficiente fondamento da un profilo giuridico in senso
Jana J. Drzalic
MLaw UZH
Dottoranda e collaboratrice scientifica alla
facoltà di diritto dell’Università di Zurigo
formale, di diritto internazionale o di diritto interno. Il quesito
è quindi se una domanda, che non specifica e non identifica
individualmente il/i contribuente/i a cui si indirizza, è sorretta
nei rapporti tra la Svizzera e lo Stato che l’ha formulata da
una sufficiente base legale in senso formale. Il secondo quesito è di natura materiale. È volto ad approfondire se i criteri
di identificazione generali atti a selezionare le persone toccate da una domanda raggruppata (cosiddetti “search criteria”)
sono compatibili con le esigenze che discendono dal divieto
delle fishing expedition e della ricerca indiscriminata di prove[5].
2.
Prima premessa: Cosa sono le domande raggruppate?
Contrariamente alle domande ordinarie, che individuano
nominalmente la persona toccata (tipicamente un contribuente) e che sono finalizzate a reperire informazioni presso
un detentore delle stesse situato in Svizzera con riferimento
a determinati averi (ad esempio: conti bancari), le domande
raggruppate si indirizzano a una cerchia di soggetti che non
sono identificati individualmente, ma soltanto sulla base
di determinati criteri. Contrariamente quindi alle domande
ordinarie, per le quali l’individualizzazione dei contribuenti
toccati avviene ex ante a opera dello Stato richiedente, nel
caso delle domande raggruppate, tale individualizzazione
è effettuata ex post nello Stato richiesto. In pratica, è quindi
soltanto l’istituto finanziario detentore delle informazioni cui
si rivolge l’Amministrazione federale delle contribuzioni (di
seguito AFC) a selezionare, tra l’insieme delle proprie relazioni
commerciali, quelle che corrispondono ai criteri di ricerca
indicati dallo Stato richiedente. Sarà quindi egli a dare, per
la prima volta, un nome e un cognome alle persone toccate
dalla domanda raggruppata.
Quali criteri di ricerca, la specificità delle domande indirizzate
dagli USA era quella di imperniarsi su un comportamento
attivo e colpevole dell’istituto finanziario svizzero (conspiracy)
nell’assistere clienti americani a frodare il fisco. Così, nella
prima richiesta del 16 luglio 2008 dell’Internal Revenue Service
(di seguito IRS) veniva evidenziato come contribuenti americani, in collaborazione con UBS, e in vista dell’attuazione
della procedura di QI a partire dal 1. gennaio 2011, avrebbero
costituito delle società off-shore, le quali avrebbero dichiarato
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
nell’ambito dei formulari previsti da tali procedure (e in particolare per mezzo del formulario W-8BEN) che erano esse stesse
i beneficiari dei conti allorché nei formulari A (che indicano gli
aventi diritto economico in applicazione del diritto svizzero
sulla prevenzione contro il riciclaggio) quali beneficiari effettivi
non venivano indicati tali società, ma invece le persone fisiche
americane. Questa situazione di fatto (cosiddetti “Tax fraud
schemes”) avrebbe giustificato secondo l’IRS un’assistenza
amministrativa in materia fiscale basata non sulla fornitura di
criteri individuali da parte dello Stato richiedente, ma, invece,
su un determinato modus operandi, che stabiliva una certa
tipologia di azione conseguita con un contributo attivo e
determinante di UBS[6].
La Roadmap tra Italia e Svizzera ipotizza invece dei modelli
comportamentali (cosiddetti “Pattern of behavior”) che non
presuppongono un contributo attivo dell’istituto finanziario
svizzero, ma che si fondano invece esclusivamente sull’azione
dei clienti. Così, un primo modello comportamentale si riferisce
ai clienti che hanno chiuso i loro conti bancari presso istituti
svizzeri dopo la data della sottoscrizione della nuova convenzione, o che, dopo tale data, senza chiudere le relazioni,
le hanno sostanzialmente svuotate[7]. Un secondo modello
comportamentale è determinato dalle situazioni di fatto in
cui istituti finanziari svizzeri hanno chiesto ai clienti di indicare
se i propri averi fossero regolarmente tassati, e questi hanno
risposto in maniera negativa, o hanno rifiutato di rispondere[8].
Questo criterio di ricerca si ritrova nella domanda di assistenza
dei Paesi Bassi del 23 luglio 2015 di cui dà atto la comunicazione
dell’AFC del 22 settembre 2015. Quindi le persone fisiche che,
nel periodo dal 1. febbraio 2013 al 31 dicembre 2014, hanno
soddisfatto tutti i seguenti requisiti: (i) sono stati titolari di relazioni bancarie c/o UBS, (ii) avevano domicilio nei Paesi Bassi, (iii)
sono stati invitati da UBS a dimostrare di avere regolarizzato i
propri averi in Olanda e (iv) non vi hanno dato seguito.
3.
Seconda premessa: L’inclusione delle domande raggruppate da parte dell’aggiornamento dello standard OCSE e la
sua implementazione in Svizzera
Il 17 luglio 2012, il Consiglio dell’OCSE ha approvato all’unanimità, incluso il rappresentante della Svizzera, l’aggiornamento
dell’articolo 26 M-OCSE e del suo commentario, mediante il
quale sono esplicitamente incluse nello standard OCSE anche le
domande raggruppate[9]. L’articolo 26 M-OCSE non costituisce, in quanto tale, una norma internazionale vincolante, così
come devono essere disconosciuti effetti giuridici diretti al suo
commentario[10]. Si tratta di una categoria con importanza
crescente nell’ambito della regolamentazione dei mercati finanziari: quella della soft law. Il carattere debole dello standard OCSE
su un carattere strettamente giuridico si accompagna tuttavia
con una sua portata vincolante su un piano politico. Utilizziamo
quindi il termine di soft hard law per definire lo standard OCSE:
soft sul piano giuridico, ma estremamente hard su quello politico.
Secondo il DFF gli Stati membri dell’OCSE, a seguito della revisione dello standard, devono recepire le modifiche nella loro
legislazione nazionale[11]. Torneremo sugli strumenti di diritto
interno con cui la Svizzera ha concretamente recepito l’aggiornamento dello standard OCSE più avanti. Per il momento è
opportuno sottolineare che è in questo quadro, in particolare
a livello di Legge federale sull’assistenza amministrativa in
materia fiscale (di seguito LAAF) e non delle Convenzioni per
evitare le doppie imposizioni (di seguito CDI), che secondo il
DFF deve essere recepito il nuovo standard[12].
4.
Criterio formale di esame di una domanda raggruppata
Il punto di partenza per un esame relativo all’ammissibilità di
una domanda raggruppata è l’esistenza di una base convenzionale adeguata. Infatti, contrariamente ai disposti in materia di
rogatorie penali disciplinati dalla Legge federale sull’assistenza
internazionale in materia penale (AIMP), la LAAF, non esplica
effetti erga omnes in maniera uniforme, ma è articolata in funzione del contenuto della clausola di assistenza amministrativa
prevista con la CDI da cui proviene la domanda di assistenza.
L’articolo 1 LAAF prevede infatti che il diritto interno disciplina
l’esecuzione dell’assistenza amministrativa secondo le CDI.
L’articolo 7 lettera b LAAF prevede inoltre che non si entra
nel merito della domanda se vengono richieste informazioni
che non sono contemplate dalle disposizioni sull’assistenza
amministrativa della CDI applicabile. Ne consegue quindi che,
affinché una domanda raggruppata sia configurabile, occorre
che sia in vigore, con lo Stato che ha formulato la domanda,
una clausola di assistenza di nuova generazione, cioè post 2009,
che possa avere, secondo l’articolo 26 M-OCSE, quale oggetto
anche l’accertamento relativo ad una corretta applicazione
del diritto fiscale dello Stato richiedente, e non solo la verifica
sull’invocazione corretta, nel caso concreto, da parte del contribuente, di una fattispecie di doppia imposizione. Peraltro,
anche l’articolo 8 capoverso 2 LAAF prevede, in merito ai mezzi
coercitivi che possono essere concretamente messi in atto per
ottenere un’informazione, che, laddove le informazioni sono in
possesso di una banca o di un’altra istituzione finanziaria, esse
possono essere richieste soltanto laddove la CDI applicabile ne
preveda la trasmissione. Anche in virtù di questa disposizione,
ne consegue quindi che una domanda raggruppata nei confronti di un istituto finanziario è ipotizzabile soltanto laddove
sussista, tra la Svizzera e lo Stato richiedente, una CDI di nuova
generazione articolata secondo l’articolo 26 M-OCSE, e che
consenta quindi una deroga al segreto bancario.
Se la necessità di questo primo oggetto per l’esame dell’ammissibilità di una domanda raggruppata alla luce della base
convenzionale esistente con lo Stato richiedente appare come
incontrovertibile, vi è poi, in proposito, un secondo possibile
25
26
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
punto d’indagine. Il quale, come vedremo, acquisirà un’importanza cruciale nella decisione del 21 marzo 2016 del TAF. Il punto
è, quindi, a sapere se la possibilità delle domande raggruppate
deve essere esplicitamente prevista dalla base convenzionale
esistente con lo Stato richiesto, o, quantomeno, deve poter
essere valutata come compatibile con il suo contenuto.
Prima di chinarci sulla questione, possiamo passare in rassegna
alcune disposizioni convenzionali. Limitando la nostra analisi a
quella in vigore con i Paesi Bassi, con la Francia, e al Protocollo
aggiuntivo sottoscritto con l’Italia il 23 febbraio 2015 entrato
in vigore il 13 luglio 2016, rileviamo che le disposizioni convenzionali hanno contenuti diversi. L’articolo 26 della CDI con
i Paesi Bassi (di seguito CDI-NL), modulato secondo l’articolo
26 M-OCSE, non contiene i criteri relativi all’identificazione
delle persone oggetto di scambio delle informazioni. Previsto
è esclusivamente il criterio della pertinenza verosimile delle
informazioni scambiate[13] , da cui, come meglio vedremo
nel capitolo che segue, discende in particolare il divieto della
ricerca indiscriminata di prove (divieto delle fishing expedition).
Più dettagliato è in proposito il Protocollo di applicazione della
CDI-NL, modulato secondo il Modello OCSE di accordo sullo
scambio delle informazioni (TIEA, Tax Information Exchange
Agreement), il quale prevede che lo Stato richiedente deve
fornire “informazioni sufficienti per l’identificazione della persona
o delle persone oggetto del controllo, in particolare, il nome e, se
disponibile, ulteriori informazioni che facilitino l’identificazione”. Per
definizione, il requisito di identificare nominalmente le persone oggetto di una domanda di assistenza amministrativa
esclude la possibilità di una domanda raggruppata. L’accordo
amichevole concluso il 31 ottobre 2011 tra Svizzera e Paesi
Bassi, deroga a questa condizione, poiché prevede che la persona toccata da una domanda di assistenza amministrativa
può essere identificata anche altrimenti che con il nome.
Posto come l’accordo amichevole possa essere applicabile
soltanto laddove risulti essere compatibile con la CDI e non
può invece derogare a quest’ultima essendo uno strumento
giuridico ausiliare rispetto alla CDI, ne discende come – così
come stabilito dal TAF – la CDI-NL non ammette domande
raggruppate senza l’indicazione del nome dei soggetti toccati
da uno scambio delle informazioni[14].
Veniamo ora alla CDI tra Svizzera e Francia (di seguito CDI-FRA).
Anche in questo caso, determinante, più che la clausola convenzionale in senso stretto, è il Protocollo aggiuntivo. Quest’ultimo,
con riferimento alla persona oggetto della domanda di assistenza amministrativa, all’articolo XI prevede che l’autorità
richiedente deve fornire informazioni relative all’identità della
persona facente l’oggetto di un controllo, fermo restando che
tale informazione può risultare dalla fornitura del nome o di
ogni altro elemento atto a consentirne l’identificazione. Di per
sé i criteri posti dalla CDI-FRA ammettono quindi domande
di assistenza amministrativa che non forniscano indicazioni
sul nome della persona oggetto della stessa. Da qui, non può
tuttavia ancora discenderne che siano in quanto tali ammesse
domande raggruppate. Questo consegue da due considerazioni. In primo luogo, il Protocollo aggiuntivo fa riferimento a
una singola persona oggetto di controllo, ciò che per definizione
esclude la possibilità che possa essere toccata una pluralità di
soggetti. In secondo luogo, l’identificazione a cui fa riferimento
la clausola con la Francia è stabilita ex ante, e non invece ex post
sulla base di determinati criteri di ricerca, così come è il caso
per una domanda raggruppata[15]. Anche la CDI-FRA esclude
quindi l’ammissibilità delle domande raggruppate.
Anche il Protocollo di modifica della Convenzione con l’Italia
(di seguito CDI-ITA), entrato in vigore il 13 luglio 2016, riferisce, all’articolo II, delle indicazioni, da fornirsi da parte dello
Stato richiedente, relative all’identità della persona oggetto
del controllo. Ciò che potrebbe, sulla base di considerazioni
analoghe a quelle espresse con riferimento alla CDI-FRA,
indurre ad escludere l’ammissibilità delle domande raggruppate. Il capoverso 3 dell’articolo II specifica tuttavia che la
condizione della verosimile pertinenza delle informazioni
richieste, criterio questo stabilito dall’articolo 27 CDI-ITA, può
essere soddisfatta sia in casi relativi a un singolo contribuente
(identificato con il nome oppure altrimenti) sia in casi relativi ad una pluralità di contribuenti (identificati con il nome
oppure altrimenti)[16]. Tale precisazione sembra riprendere
l’aggiornamento del commentario OCSE che ha introdotto
le domande raggruppate[17]. La CDI-ITA ha quindi, rispetto a
quella con i Paesi Bassi e quella con la Francia, un contenuto
maggiormente compatibile con la possibilità per lo Stato
richiedente di formulare domande raggruppate.
Il diritto interno svizzero, attraverso la LAAF, ha introdotto
la possibilità delle domande raggruppate. Tale possibilità è
stata introdotta dapprima in maniera implicita laddove è
stata stralciata nella versione finale della LAAF, entrata in
vigore nel febbraio 2013, la versione provvisoria di restringere l’assistenza amministrativa a casi singoli (“Einzelfälle”).
In seguito, con la modifica di legge del 21 marzo 2014, entrata
in vigore il 1. agosto 2014, le domande raggruppate sono
state introdotte esplicitamente, definendosi secondo l’articolo
3 lettera c LAAF come domande di assistenza amministrativa
con le quali si richiedono informazioni su più persone che
hanno agito secondo lo stesso modello di comportamento e
sono identificabili in base ad indicazioni precise. Torneremo,
da un profilo materiale, su questa definizione. L’articolo 14a
LAAF ha introdotto l’iter di informazione delle persone interessate in caso di domande raggruppate e, il 20 agosto 2014, è
stata introdotta l’Ordinanza sull’assistenza amministrativa in
materia fiscale (di seguito OAAF) che disciplina nel dettaglio il
contenuto delle domande raggruppate.
Il quesito cruciale diventa quindi se il diritto convenzionale,
laddove non è compatibile con le domande raggruppate, prevale su quello interno, che invece le disciplina esplicitamente,
oppure se quest’ultimo permette di derogarvi. Tale quesito ci
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spinge a interrogarci sui rapporti, nell’ambito della assistenza
amministrativa, tra norma convenzionale e diritto interno.
anche laddove queste non siano contemplate dal diritto
convenzionale applicabile. È quindi da un profilo materiale che
dovrà esaminarsi l’ammissibilità di una domanda raggruppata.
Così come sintetizzato nel Rapporto del Consiglio federale
del 5 marzo 2010, il conflitto tra diritto internazionale e leggi
federali è di principio affrontato nell’ordinamento svizzero
secondo la cosiddetta "prassi Schubert" in base alla quale di
regola prevale il diritto internazionale, tranne nel caso in cui
il legislatore vi deroghi consapevolmente[18]. A tale prassi si
rifà in ambito di assistenza amministrativa il TAF[19] , riallacciandosi ad una solida dottrina in proposito[20]. Ciò che lo
conduce a scartare in toto domande raggruppate di provenienza olandese[21].
Questo esito interpretativo non appare in realtà del tutto
convincente: non tanto poiché, come rappresentato altrove,
debba applicarsi il diritto interno in qualità di diritto posteriore
sulla base del principio lex posterior [22] , o perché debba, ispirandosi alle rogatorie penali, applicarsi un principio secondo
cui in generale in dubbio va in ogni caso fornita collaborazione
(principio favor rogatoriae, “Günstigkeitsregel”)[23] , ma poiché
parte da una premessa fuorviante nei rapporti tra diritto
internazionale e diritto interno in ambito di assistenza amministrativa. In questa materia, infatti, la base convenzionale
fissa un’obbligazione internazionale per lo Stato richiesto a
fornire collaborazione, stabilendo dei motivi di rifiuto in presenza dei quali tale obbligazione si estingue.
Tuttavia, nulla impedisce a uno Stato, nell’ambito di tale
impegno, di offrire all’altra parte contrattuale una più ampia
cooperazione. In altre parole, anche nel caso in cui esistesse
un diritto di rifiuto di cooperazione a livello internazionale
e non vi fosse quindi obbligo di collaborazione, lo Stato in
questione potrebbe comunque scegliere la strada della
cooperazione, rientrando tale possibilità nel suo potere di
apprezzamento discrezionale[24]. In una sentenza del 2 luglio
2013, la Corte costituzionale del Liechtenstein ha osservato
che il diritto interno non può rendere più difficile l’attuazione
dell’assistenza e che il principio “pacta sunt servanda”, invece,
non impedisce al legislatore di facilitarla. Tuttavia, una tale
agevolazione unilaterale resta delicata quando tocca la
posizione giuridica di singoli soggetti, dal momento che un
trattato potrebbe conferire loro diritti soggettivi in virtù del
principio del legittimo affidamento[25]. Con riferimento a tale
giurisprudenza si deduce che l’assistenza può essere estesa
rispetto alle disposizioni di un trattato a condizione che tale
estensione non risulti essere la mera conseguenza di una
decisione discrezionale, ma si fondi su una base giuridica.
Nel caso delle domande raggruppate, queste sono state
recepite per mezzo del diritto interno, ed in particolare della
LAAF e dell’OAAF, in maniera conforme alla volontà espressa
del Governo di implementare così, anziché per mezzo delle
clausole convenzionali, l’aggiornamento dello standard OCSE
del 2012 che le ha espressamente previste. Tale base legale
interna è sufficiente dal profilo del princìpio della legalità e
rispetta, secondo i princìpi della buona fede e dell’affidamento
nei rapporti tra Stato ed amministrati, le legittime aspettative
soggettive. Ne consegue che la base legale fornita dal diritto
interno alle domande raggruppate è da ritenersi sufficiente,
5.
Criterio materiale di esame di una domanda raggruppata
Dal profilo materiale, particolarmente delicato risulterà
essere l’esame di una domanda raggruppata in applicazione
del divieto delle fishing expedition, con riferimento al quale
dovranno essere poste, ad una domanda che non nomina
le persone toccate, condizioni particolarmente stringenti. Il
divieto delle fishing expedition ha un doppio fondamento: da un
lato è in connessione con il principio della verosimile pertinenza
delle informazioni richieste sancito dalla clausola di assistenza
convenzionale, e viene definito, in applicazione dei materiali
dell’OCSE, con riferimento a richieste di cooperazione basate
su semplici speculazioni e sprovviste di una connessione
visibile con inchieste e procedimenti di accertamento aperti,
dall’altro, costituisce una emanazione del principio della
proporzionalità[26] , posto come la trasmissione di dati all’estero costituisce un'ingerenza nella personalità della persona
toccata e deve quindi essere proporzionale secondo criteri
costituzionali universalmente riconosciuti (vedi ad esempio
l’articolo 36 della Costituzione federale [Cost.] e l’articolo 8
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo [CEDU]). La
demarcazione tra domande raggruppate contrarie al divieto
delle fishing expedition e quindi inammissibili, e le domande
raggruppate compatibili con tale divieto, è prevista tanto
dagli stessi materiali relativi all’aggiornamento del parametro
OCSE del 2012 che ha precisato la portata delle domande
raggruppate[27] , quanto dal diritto interno. Secondo la
definizione della nozione di domanda raggruppata prevista
dall’articolo 3 lettera c LAAF non è sufficiente che una pluralità di contribuenti siano identificati sulla base di elementi
precisi, è altresì richiesto che essi abbiano agito secondo un
modello di comportamento identico[28]. Così viene proposto
un criterio di demarcazione dalle fishing expedition che sarebbe
non solo formale (“fornitura di indicazioni precise da parte dello
Stato richiedente”), ma anche materiale (“modello di comportamento identico”)[29].
Ne consegue che dovrà essere considerata una ricerca
raggruppata costituente una fishing expedition una domanda
di assistenza che non consenta di delimitare il gruppo di
contribuenti colpito secondo delle caratteristiche sufficientemente precise e sulla base di un modello comportamentale
comune. In particolare, una domanda relativa a tutti i titolari
di un conto presso una determinata banca situata nello Stato
27
28
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richiesto ed assoggettati alle imposte nello Stato richiedente
sarà considerata inammissibile[30]. Al fine di soddisfare tale
requisito, posto come non sarà possibile per lo Stato richiedente fare riferimento ad una procedura in corso relativa ad
un determinato contribuente, il commentario OCSE specifica
come sarà fatto, nella domanda, abitualmente riferimento ad
un terzo che ha contribuito attivamente all’infrazione fiscale
commessa dai contribuenti appartenenti al gruppo oggetto
della domanda[31]. La partecipazione del detentore delle
informazioni e/o di un terzo ad un modello comportamentale
sospetto attuato da una pluralità non ancora conosciuta
di contribuenti, per quanto non costituisca un elemento
obbligatoriamente costitutivo di una domanda raggruppata
ammissibile, ne è senz’altro un elemento tipico. In applicazione del principio della proporzionalità, la connessione tra le
fattispecie che la domanda di assistenza mira a svelare e gli
atti del detentore delle informazioni e/o di un altro soggetto
in Svizzera dovrà essere concreto e diretto. Come visto sulla
base della ampia prassi stabilita in materia di collaborazione
con gli USA, infatti, una domanda di assistenza volta a tutti i
contribuenti di un istituto bancario svizzero di un certo Paese
basata sulla sola indicazione secondo cui un consulente di
questo istituto avrebbe contribuito attivamente ad occultare
redditi e/o averi patrimoniali di contribuenti dello Stato richiedente sarebbe eccessivamente estesa[32]. Proporzionata
sarebbe per contro una richiesta indirizzata esclusivamente
ai contribuenti seguiti da tale consulente interno e, in maniera
analoga, da un professionista esterno (secondo la prassi con
gli USA, il cosiddetto “third party advisor”) colpito da un simile
procedimento per reati di partecipazione nel Paese di residenza dei contribuenti[33].
Da un profilo materiale, i due criteri di ricerca previsti dalla
Roadmap e dalla domanda olandese, imperniati, con riferimento a propri contribuenti titolari o beneficiari di conti
presso una determinata banca direttamente toccata dalla
richiesta, sulle chiusure (o movimentazioni rilevanti in uscita)
successive ad una certa data, rispettivamente sul fatto di non
aver fornito, su richiesta della banca, prova di aver dichiarato
i propri averi, non concretizzano in maniera sufficiente un
modello comportamentale sospetto. Tale modello, infatti,
deve riferirsi a fatti volti essi stessi a determinare situazioni
di non conformità fiscale, e non a episodi successivi, peraltro
non direttamente rivelatori di infrazioni fiscali, posto come,
in ossequio ai princìpi (sul piano istituzionale e macroeconomico) della libera circolazione dei capitali e (sul piano
privatistico e microeconomico) della libertà contrattuale nei
rapporti tra banca e cliente, quest’ultimo è di principio libero
di movimentare i suoi averi senza che alla banca incomba un
onere di verifica sulla sua conformità fiscale (ed al cliente un
dovere speculare di dare seguito a simili verifiche). Peraltro,
l’applicazione di simili criteri condurrebbe a calpestare in
maniera insopportabile in uno Stato di diritto il principio
dell’uguaglianza giuridica, poiché ne sarebbero colpiti i clienti
di un determinato istituto, ma non quelli di un altro. Infine,
come giustamente rilevato dalla dottrina, l’identificazione di
una cerchia di contribuenti per mezzo di comunicazioni di un
istituto bancario pone una base assolutamente aleatoria per
la loro individualizzazione conferita in ultima analisi al solo
discrimine dell’istituto in questione[34].
Un ultimo quesito può porsi sulla portata della Roadmap, cioè
se occorrerà tenere conto dei suoi contenuti, nell’interpretazione del Protocollo di modifica della CDI-ITA, così da ampliare
i requisiti di ammissibilità di una domanda raggruppata. La
risposta è negativa. Si tratta, infatti, come dice la parola, di
una Roadmap, quindi di un piano programmatico per il futuro,
e non invece di un accordo di interpretazione sulla rivista
CDI-ITA. Quindi, la Roadmap non dovrebbe giocare alcun ruolo
nell’interpretazione della nuova CDI-ITA.
6.
Conclusione
Con l’entrata in vigore il 1. febbraio 2013 della LAAF si è creata
una base legale di diritto interno sufficiente per introdurre
nell’ordinamento svizzero le domande raggruppate. Posto che
sia in vigore con lo Stato richiedente una clausola di assistenza
amministrativa di nuova generazione sulla base dell’articolo
26 M-OCSE e che la domanda raggruppata si applichi a
periodi successivi, cumulativamente, a quelli a partire dai quali
si applicherà tale clausola ed al 1. febbraio 2013, e che non
vada invece, in contrasto con il principio della sussidiarietà,
a orientarsi verso informazioni che riguardano periodi fiscali
con riferimento ai quali una dichiarazione da parte del contribuente è ancora possibile[35] , la stessa sarà, ancorché non
contemplata dal testo convenzionale, di principio ricevibile.
Essa dovrà tuttavia essere soggetta ad un rigoroso esame
dal profilo dei suoi contenuti, alla luce dei princìpi del divieto
della ricerca indiscriminata di mezzi di prova e della proporzionalità. Tale strumento di collaborazione internazionale
resta infatti ancorato al modello dell’assistenza su domanda
e non può invece costituire uno stratagemma per dotare di
effetto retroattivo lo scambio automatico delle informazioni,
che disconosce tali princìpi basandosi infatti su un flusso preventivo e sistematico di dati, e non già su una ricerca mirata.
Pertanto, quand’anche potrebbe aprirsi davanti al Tribunale
federale, rispetto alla sentenza del TAF, un varco giuridico per
le domande raggruppate, resterebbe comunque da tracciarne
l’ammissibilità da un profilo materiale. Posto come i criteri di
ricerca proposta dalla Roadmap e dalla domanda olandese non
rientrano più nei parametri dell’assistenza su domanda, ma li
snaturano completamente, essi formano in realtà una forma
camuffata (e inammissibile) di scambio automatico[36].
Elenco delle fonti fotografiche:
http://www.swissinfo.ch/blob/191876/c70621940994815291b2faff290f
73d3/reuters-20090813-11071560-2-data.jpg [02.08.2016]
http://www.italiaoggi.it/upload/img/ITALIAOGGI/201509282028547929/
img693806.jpg [02.08.2016]
http://www.isfol.it/repository-immagini/Luoghi%20e%20istituzioni/logooecd/image_mini [02.08.2016]
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
[1] Sentenze TAF del 5 marzo 2009, n. A-7342/2008
e n. A-7426/2008.
[2] Per la differenza con gli Stati Uniti d’America (di
seguito USA) si veda Opel Andrea, Fischen in trüben
Gewässern – Rechtsstaatlich fragwürdige Gruppenauskünfte an die Niederlande, in: Jusletter 15.
Februar 2016, nm. 33, pagina 15; Oberson Xavier,
L’admissibilité des demandes dites groupées dans
le cadre des CDI conclues après le 13 mars 2009, in:
ASA 82, pagina 445.
[3] Vedi, riguardo alla domanda raggruppata del
“Belastingdienst” olandese del 23 luglio 2015, il
Comunicato stampa del TAF del 21 marzo 2016 in
riferimento alla sentenza TAF n. A-8400/2015 del
21 marzo 2016: “Keine Amtshilfe bei Gruppenanfragen
der Niederlande”, in: http://www.bvger.ch/medien/
medienmitteilungen/00817/index.html?lang=de
[02.08.2016] e il Protocollo che modifica la Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica
Italiana così come la Roadmap per la prosecuzione
del dialogo sulle questioni finanziarie e fiscali tra l’Italia e la Svizzera del 23 febbraio 2015, in: http://
www.news.admin.ch/NSBSubscriber/message/
attachments/38400.pdf [02.08.2016].
[4] Vedi Rohner Tobias F., Amtshilfe nach den OECDkonformen Doppelbesteuerungsabkommen – ein
Überblick, in: EIZ Band/Nr. 141, Vermögensverwaltung, Zurigo 2013, pagine 103-108; Oberson Xavier,
op. cit., pagine 433 e seguenti; Hinny Pascal, Gruppenanfragen und Fishing Expeditions, Fragen zur
Zulässigkeit und gegenseitigen Abgrenzung im
Rahmen der internationalen Amtshilfe in Steuersachen – BVGer A-737/2012 (5.4.2012)/“CS-Urteil”
(DBA-US), in: FStR 2012/3, punto 2.3.1.
[5] Per la domanda raggruppata olandese vedi Opel
Andrea, op. cit., nm. 45 e seguenti, pagina 18.
[6] Vedi sentenze TAF del 5 marzo 2009, n.
A-7342/2008 e n. A-7426/2008, parte A.
[7] Roadmap tra Svizzera e Italia del 23 febbraio
2015, n. 2.3.2.
[8] Roadmap tra Svizzera e Italia del 23 febbraio
2015, n. 2.3.3.
[9] OCSE, Comunicato stampa del 18 luglio 2012,
Aggiornamento dell’articolo 26 M-OCSE per estendere le indagini a gruppi di contribuenti, in: https://
www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/Article%2026_QA.pdf [02.08.2016]; OCSE,
Aggiornamento dell’articolo 26 M-OCSE e relativo commentario del 17 luglio 2012, in: https://
www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/120718_Article%2026-ENG_no%20
cover%20(2).pdf [02.08.2016]; Dipartimento federale delle finanze (di seguito DFF), Standard OCSE
per l’assistenza amministrativa in materia fiscale: la Svizzera approva le domande raggruppate,
Comunicato stampa del 18 luglio 2012, in: https://
www.sif.admin.ch/sif/it/home/dokumentation/
medienmitteilungen/medienmitteilungen.msgid-45405.html [02.08.2016]. Vedi inoltre Oberson
Xavier, op. cit., pagina 446 e seguenti.
[10] In proposito, abbiamo già avuto modo di salutare positivamente, in termini di certezza del diritto,
la giurisprudenza del TAF, che ha chiarito che né il
M-OCSE né il suo commentario non costituiscono una regolamentazione internazionale in senso
proprio, ma rappresentano al più un mezzo complementare di interpretazione secondo l’articolo 32
della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati
(si veda Molo Giovanni, Prassi svizzera in materia di
assistenza amministrativa in ambito fiscale: novità
giurisprudenziali e legislative, in: RtiD II-2014, pagine 661 e seguenti; in proposito vedi anche Oberson
Xavier, op. cit., pagina 439; Oesterhelt Stefan, Die
Bedeutung des OECD-Kommentars für die Auslegung von Doppelbesteuerungsabkommen, in: ASA
80, pagina 373 e seguenti).
[11] DFF, Comunicato stampa del 18 luglio 2012,
op.cit.
[12] DFF, Comunicato stampa del 18 luglio 2012,
op.cit.
[13] Più ampi riferimenti in proposito: Oberson
Xavier, op. cit., pagina 441 e seguente.
[14] Vedi in proposito sentenza TAF del 21 marzo
2016, n. A-8400/2015, consid. 6.4; Opel Andrea, op.
cit., nm. 20-21, pagina 9 e seguente.
[15] Vedi in proposito già Waldburger Robert, Sind
Gruppenersuchen an die Schweiz rechtlich zulässig?, Analyse zur Rechtslage in der internationalen
Amtshilfe in Steuersachen, in: FStR 2013/2, pagine
115 e seguenti.
[16] Protocollo che modifica la Convenzione tra la
Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana,
Articolo II capoverso 3.
[17] Vedi OCSE, Aggiornamento dell’articolo 26
M-OCSE e relativo commentario del 17 luglio 2012,
op. cit., nm. 5.
[18] Rapporto del Consiglio federale del 5 marzo 2010, La relazione tra il diritto internazionale e
il diritto nazionale in adempimento dei postulati
07.3764 della Commissione degli affari giuridici del
Consiglio degli Stati del 16 ottobre 2007 e 08.3765
della Commissione delle istituzioni politiche del
Consiglio nazionale del 20 novembre 2008, in:
Foglio federale 2010 2015, pagine 2061-2065.
[19] Vedi in proposito sentenza TAF del 21 marzo
2016, n. A-8400/2015, consid. 8.
[20] Opel Andrea, op. cit., nm. 25, pagina 11; Waldburger Robert, op. cit., pagina 123.
[21] Vedi in proposito sentenza TAF del 21 marzo
2016, n. A-8400/2015, consid. 9; Opel Andrea, op.
cit., nm. 39, pagina 17.
[22]
Oesterhelt Stefan, Steuerrechtliche Entwicklungen (insbesondere im Jahr 2012), in: SZW
1/2013, pagina 92.
[23] Schoder Charlotte, Praxiskommentar zum
Bundesgesetz über die internationale Amtshilfe in
Steuersachen (Steueramtshilfegesetz, StAhiG), Zurigo 2014, N 15 ad Art. 1 LAAF.
[24]
Pistone
Pasquale/Gruber
Martina,
Die
Möglichkeiten der Verweigerung des Informationsaustausches nach Art. 26 OECD-MA, in: Lang
Michael/Schuch Josef/Staringer Claus (a cura di),
Internationale Amtshilfe in Steuersachen, Vienna
2011, pagina 80.
[25] Sentenza Corte costituzionale del Liechtenstein
del 2 luglio 2013, StGH 2013/011, consid. 3.2.
[26] Vedi sentenza TAF del 13 marzo 2013, n.
A-6011/2012, consid. 7.a.1; sentenza TAF dell'11
febbraio 2014, n. A-6600/2013, consid. 5.2; Opel
Andrea, op. cit., nm. 54, pagina 21.
[27] Vedi in proposito Vorpe Samuele/Macchi Giordano/Molo Giovanni, Il nuovo standard OCSE in
materia di assistenza amministrativa ammette le
domande raggruppate, in: RtiD II-2012, pagina 727;
vedi anche OCSE, Aggiornamento dell’articolo 26
M-OCSE e relativo commentario del 17 luglio 2012,
op. cit., nm. 5 e 5.1.
[28] Vedi Bollettino ufficiale 2013, n. 2185-2186.
[29] Vedi dichiarazione del consigliere nazionale Pelli
Fulvio, Bollettino ufficiale 2013, n. 2185-2186.
[30] Commentario M-OCSE, par. 8.1, lettera a).
[31] Vedi in proposito Vorpe Samuele/Macchi
Giordano/Molo Giovanni, op. cit., pagina 734; Commentario M-OCSE, nm. 5.2.
[32] Opel Andrea, op. cit., nm. 50, pagina 20.
[33] Più ampi riferimenti in proposito: Molo Giovanni, op. cit., pagina 670.
[34] Vedi in particolare Opel Andrea, op. cit., nm. 51,
pagina 20.
[35] Più ampi riferimenti in proposito: Molo Giovanni, op. cit., pagine 667 e seguenti.
[36] Così anche Opel Andrea, op. cit., nm. 57-58,
pagina 22.
29
30
Diritto tributario internazionale e dell’UE
Lo scambio spontaneo di informazioni
sui ruling fiscali
Samuele Vorpe
Responsabile del Centro di competenze
tributarie della SUPSI
Con l’adesione da parte della Svizzera alla Convenzione
sull’assistenza amministrativa e con la revisione della
LAAF e dell’OAAF, la Svizzera si prepara allo scambio
spontaneo di informazioni concernenti diversi tipi
di ruling (tra i quali quelli riguardanti le società a tassazione speciale e le principal). I ruling antecedenti al 1.
gennaio 2010 sono esclusi dallo scambio spontaneo di
informazioni. In questo modo la Svizzera si adegua ai
nuovi standard previsti dal Piano di azione 5 del BEPS
1.
Introduzione
Nel 2013, i Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione
e lo sviluppo economico (di seguito OCSE) e del G20 hanno
adottato il Piano di azione Base Erosion and Profit Shifting (di
seguito BEPS) con lo scopo di combattere l’erosione della base
imponibile e il trasferimento degli utili delle imprese verso altri
Stati[1]. Il Piano di azione BEPS mira in particolare a far coincidere il luogo di imposizione degli utili con il luogo di esercizio
delle attività economiche che generano tali utili e la creazione
di valore[2]. Le 15 misure identificate con il progetto BEPS
ruotano attorno a tre pilastri: (i) armonizzare le regole fiscali
nazionali che hanno un influsso sulle attività transfrontaliere,
(ii) rafforzare gli standard internazionali esistenti, (iii) migliorare
la trasparenza e la certezza del diritto[3]. I rapporti finali sono
stati pubblicati dall’OCSE il 5 ottobre 2015[4].
Il Piano di azione 5 del BEPS, oggetto d’approfondimento di
questo lavoro, si pone l’obiettivo di continuare con i lavori
del Forum sulle pratiche fiscali dannose (Forum on Harmful
Tax Practices [di seguito FHTP]), già esaminate in un rapporto dell’OCSE nel 1998[5] , volti a contrastare le pratiche
fiscali dannose e a migliorare la trasparenza fiscale, ovvero
l’assistenza amministrativa tra le autorità fiscali riferita alla
tassazione delle imprese multinazionali[6]. Questa misura
contribuisce a raggiungere l’obiettivo prefissato dal terzo
pilastro del BEPS[7].
Nel Rapporto finale 2015 relativo al Piano di azione 5 del BEPS,
l’OCSE ha individuato sei tipologie di ruling tra autorità fiscale
e contribuente, per le quali si rende necessario uno scambio
Sacha Cattelan
Bachelor of Science SUPSI
in Economia aziendale
Assistente SUPSI
spontaneo obbligatorio di informazioni[8]. I ruling individuati
riguardano[9]:
◆◆ i regimi fiscali preferenziali;
◆◆ gli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (Advance
pricing arrangements [di seguito APAs]) pattuiti tra contribuente e autorità fiscale (cosiddetti APAs unilaterali);
◆◆ un aggiustamento verso il basso degli utili imponibili nelle
situazioni transfrontaliere;
◆◆ gli stabilimenti di impresa;
◆◆ le società veicolo (conduit);
◆◆ altre casistiche definite dal FHTP che, in assenza di uno
scambio spontaneo di informazioni, potrebbero dar luogo
a una pratica fiscale dannosa.
L’OCSE ritiene che queste tipologie di ruling non debbano
essere considerate dalle autorità fiscali sistematicamente
come instauranti delle pratiche fiscali dannose. Infatti, lo scopo
dello scambio spontaneo obbligatorio di informazioni sui
ruling è quello di evitare casi di distorsione fiscale o di doppia
non imposizione internazionale[10]. In questo modo gli Stati
che riceveranno le informazioni spontaneamente potranno
verificare se un ruling ha un legame con il trattamento fiscale
da applicare ai loro contribuenti[11].
Le raccomandazioni del progetto BEPS, edito dall’OCSE e dal
G20, pur non essendo obbligatorie dal punto di vista giuridico (cosiddetta soft law), hanno finito per imporsi sul piano
internazionale[12]. Anche la Svizzera, quale Stato membro
dell’OCSE, è chiamata a implementare i nuovi standard internazionali per garantire uno scambio spontaneo obbligatorio
di informazioni conforme ai princìpi elaborati dal progetto
BEPS. Il 5 ottobre 2015, il Dipartimento federale delle finanze
(di seguito DFF), preso atto dei risultati del BEPS, con un
comunicato stampa, ha dichiarato che “per quanto riguarda lo
scambio di informazioni concernenti le cosiddette procedure di ruling,
la Svizzera creerà la necessaria base legale con l’approvazione della
Convenzione multilaterale dell’OCSE e del Consiglio d’Europa sulla
reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale” [13]. Dal
canto suo, l’Unione europea (di seguito UE) ha raggiunto il 6
ottobre 2015 un’intesa politica per modificare la Direttiva n.
2011/16/UE sulla cooperazione amministrativa nel settore
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
fiscale, in modo da introdurre tra gli Stati membri UE l’obbligo
dello scambio automatico delle informazioni sui ruling rilasciati
dalle autorità fiscali. Gli Stati membri avranno tempo sino al 31
dicembre 2016 per implementare le nuove disposizioni della
Direttiva, in quanto lo scambio automatico di informazioni sui
ruling avverrà dal 1. gennaio 2017[14].
2.
Le tipologie di ruling
2.1.
Secondo il progetto BEPS
2.1.1.
Definizione generale di ruling
Secondo il progetto BEPS un ruling è costituito da “qualsiasi
consiglio, informazione o promessa fornita dall’autorità fiscale a uno
specifico contribuente o a gruppi di contribuenti concernenti la loro
situazione fiscale e sulle quali essi possono fare affidamento” [15].
Si tratta di una definizione ampia di ruling che include sia le
informazioni aventi un carattere generale sia quelle di natura
specifica[16]. L’OCSE ha tuttavia stabilito che lo scambio
spontaneo obbligatorio di informazioni debba estendersi
soltanto ai ruling che concernono uno specifico contribuente
(taxpayer-specific ruling)[17] e sui quali il contribuente può
fare affidamento[18]. Simili ruling possono essere rilasciati
dall’autorità fiscale prima o dopo il compimento di una
determinata operazione[19] , sempre che abbia a che vedere
con una domanda specifica riguardante un contribuente
individuato[20]. Non sono invece considerati dei ruling, quelle
decisioni o quegli accordi ottenuti dal contribuente a seguito
di un accertamento fiscale che si è aperto dopo l’invio della
dichiarazione fiscale[21]. Rientrano a ogni modo nella definizione di ruling, quelle decisioni o quegli accordi successivi
a un accertamento fiscale e riguardanti il trattamento degli
utili futuri, sempre che il ruling ricada in una delle sei categorie
definite dall’OCSE[22].
2.1.2.
I ruling riguardanti uno specifico contribuente
In base al progetto BEPS lo scambio spontaneo di informazioni
si applica soltanto per quei ruling che riguardano uno specifico
contribuente[23]. Ne fanno parte (i) gli accordi fiscali preventivi
(Advance tax ruling, di seguito ATRs) e (ii) gli APAs[24]. Gli ATRs
rappresentano degli accordi specifici tra autorità fiscale e un
singolo contribuente ed indicano le conseguenze fiscali di una
determinata operazione presentata dal contribuente stesso.
Se accettati dall’autorità fiscale, il contribuente ha diritto di
farvi affidamento[25]. Queste particolari tipologie di ruling
permettono di determinare se, e in che modo, delle disposizioni di legge oppure delle prassi amministrative si applicano a
una situazione concreta; parimenti permettono di chiarire se,
e in che modo, un ruling generale si applica a una situazione
specifica presentata dal contribuente all’autorità fiscale[26].
Nel caso degli APAs, si tratta invece di seguire i princìpi previsti
dalle Linee Guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le
imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali[27]. Un APA
è definito come “un accordo che fissa, prima della realizzazione
delle transazioni da controllare, una determinata serie di criteri (ad
esempio: metodo, elementi comparabili e relative rettifiche appropriate, ipotesi di base sugli sviluppi futuri) per la determinazione
dei prezzi di trasferimento applicati a quelle transazioni nel corso di
un determinato periodo di tempo” [28]. Gli APAs garantiscono al
contribuente la certezza su come le regole in materia di prezzi
di trasferimento infragruppo si applicheranno alle future
transazioni. L’OCSE rileva che “l’APA differisce dalla procedura di
ruling tradizionale in quanto necessita di un esame dettagliato e, ove
opportuno, di una verifica delle ipotesi di fatto sulle quali si basa la
determinazione delle conseguenze legali prima che tale determinazione possa avere luogo” [29]. Gli APAs possono essere unilaterali,
bilaterali o multilaterali. Quelli unilaterali sono conclusi con
una sola autorità fiscale, mentre quelli bilaterali e/o multilaterali lo sono con più autorità fiscali e sono pattuiti facendo
ricorso all’istituto della procedura amichevole prevista dalle
convenzioni fiscali applicabili tra gli Stati[30].
2.1.3.
I ruling aventi un carattere generale
L’OCSE esclude espressamente dallo scambio spontaneo
obbligatorio di informazioni i ruling aventi un carattere generale, i quali si applicano a gruppi o categorie di contribuenti
o di attività e non a un contribuente specifico[31]. Queste
tipologie di ruling forniscono generalmente delle indicazioni
sulla posizione dell’autorità fiscale in merito a questioni quali
l’interpretazione della legislazione o di una prassi amministrativa[32] , e circa l’applicazione ai contribuenti in generale o a
una categoria specifica di contribuenti o di attività. Le indicazioni si applicano, di regola, a tutti i contribuenti che esercitano
delle attività o realizzano delle operazioni che rientrano nel
campo di applicazione dei ruling. Queste prese di posizione
sono sovente rese pubbliche e possono essere seguite dai
contribuenti in relazione alle loro attività o transazioni, senza
che però essi siano tenuti a presentare una specifica domanda
all’autorità fiscale[33].
2.2.
Secondo il diritto svizzero
2.2.1.
Definizione generale di ruling
Il ruling, benché trovi un’ampia diffusione nella pratica quotidiana, non è disciplinato dalla legislazione svizzera[34]. Per
assicurarsi un’adeguata certezza del diritto, la persona che
stipula un certo contratto o compie una determinata operazione economica, si rivolge all’autorità fiscale con l’intento di
essere preventivamente informata sulle conseguenze fiscali di
quella determinata operazione[35].
Secondo il Tribunale federale, un ruling fiscale rappresenta
un’informazione fornita da un’autorità fiscale su una fattispecie precisa e non assimilabile a una decisione[36]. Infatti, i ruling
conclusi tra autorità fiscale e contribuente, che non poggiano
su di una base legale in senso formale, non assumono carattere vincolante e non possono quindi essere impugnati come
una decisione di tassazione ordinaria[37]. Il contribuente ha
però il diritto di richiedere all’autorità fiscale delle informazioni
preliminari, le quali, come detto, non assumono il carattere
delle decisioni e non possono di conseguenza essere impugnate come le decisioni di accertamento. Secondo la dottrina
31
32
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
si tratta di un cosiddetto “atto materiale” (Realakt), poiché si
tratta di un giudizio che concerne una situazione futura[38].
Ad ogni modo, le informazioni rilasciate dall’autorità fiscale
producono delle conseguenze giuridiche nei confronti del
contribuente, sulla base dei princìpi generali della buona
fede e della tutela dell’affidamento (articoli 5 capoverso 3
e 9 della Costituzione federale svizzera [di seguito Cost.])
[39]. Affinché il contribuente possa pretendere il rilascio di
un ruling, egli deve tuttavia dimostrare un interesse degno
di protezione[40]. Secondo la giurisprudenza dell’Alta Corte,
l’autorità fiscale è vincolata alle informazioni e promesse,
anche inesatte[41] , che essa ha rilasciato a una persona, soltanto quando sono cumulativamente adempiute le seguenti
cinque condizioni[42]:
1) l’autorità ha agito in un caso concreto nei confronti di una
determinata persona;
2) l’autorità era o poteva essere ritenuta competente per
rilasciare l’informazione;
3)la persona non poteva rendersi conto dell’inesattezza
dell’informazione ricevuta;
4) la persona ha compiuto atti di disposizione, la cui revoca gli
causerebbe un pregiudizio;
5) nel frattempo non è intervenuta una modifica di legge.
Nel caso in cui l’autorità fiscale non risponda a una domanda
di ruling presentata dal contribuente e, a fortiori, su un punto
preciso della domanda, quest’ultimo non potrà considerare
il silenzio dell’autorità fiscale quale accettazione della sua
domanda[43]. Le condizioni qui sopra enunciate, per essere
vincolanti, devono essere adempiute in maniera chiara e senza
equivoci[44]. In particolare, devono essere rispettati i seguenti
requisiti: (i) l’informazione deve essere data a una singola
persona (individualità), (ii) l’informazione deve riferirsi a una
fattispecie concreta (specialità)[45]. Ruling anonimi firmati
dall’autorità fiscale non sono protetti dal principio della buona
fede, poiché non poggiano su un caso concreto[46].
fiscale cantonale, ha statuito che l’Amministrazione federale
delle contribuzioni (di seguito AFC) deve essere coinvolta nel
rilascio di un ruling in materia di imposta federale diretta[48].
Con due recenti sentenze del 24 agosto 2015, il Tribunale
federale si è nuovamente chinato sulla competenza dell’AFC
nel rilascio di ruling ai fini dell’imposta federale diretta. Dopo
le incertezze create con la sentenza del 5 ottobre 2012, l’Alta
Corte ha confermato che solo le autorità cantonali di tassazione dispongono delle competenze necessarie per rilasciare
dei ruling in materia di imposta federale diretta[49].
2.3.
Considerazioni sulla definizione di ruling tra BEPS e diritto svizzero
Esistono delle similitudini tra la definizione di ruling prevista
dal Piano di azione 5 del BEPS e quella prevista dal diritto
svizzero. In entrambi i casi, le informazioni rilasciate dall’autorità fiscale, per essere vincolanti, devono riguardare un
caso concreto ed applicarsi a uno specifico contribuente e
su un’operazione determinata[50]. La forma con la quale le
informazioni vengono rilasciate (scritta oppure orale) non è
decisiva né dal punto di vista del progetto BEPS, né da quello
del diritto svizzero[51].
I ruling generali previsti dal progetto BEPS possono essere
assimilati, secondo il diritto svizzero, a ordinanze amministrative (direttive, istruzioni, regolamenti di servizio,
circolari, lettere-circolari, notizie e altre direttive rilasciate
dalle autorità fiscali), nella misura in cui riflettono la prassi
amministrativa applicabile a un numero indeterminato di
contribuenti in una moltitudine di casi[52].
Nel caso in cui il ruling non dovesse vincolare le autorità fiscali
sulla base dei princìpi della buona fede e dell’affidamento
(ruling informale), più precisamente quando una delle cinque
condizioni cumulative non viene rispettata, l’autorità fiscale
dello Stato che ha rilasciato il ruling non sarà tenuta a inviare
spontaneamente le informazioni all’altro Stato interessato.
Infatti, la definizione di ruling prevista dal Piano di azione 5
del BEPS presuppone che il contribuente sia in grado di fare
affidamento nella decisione dell’autorità fiscale (“on which
the particular taxpayer is entitled to rely”), affinché quest’ultima
debba dar seguito allo scambio spontaneo di informazioni[53].
La nozione di ruling prevista dal diritto svizzero si allinea
quindi con quella statuita dal progetto BEPS[54].
3.
Le categorie di ruling oggetto dello scambio spontaneo
obbligatorio di informazioni
2.2.2.
L’autorità competente a rilasciare le informazioni
Per quanto riguarda le imposte cantonali e comunali, il
Tribunale federale ha avuto modo di confermare che le
autorità fiscali del Cantone interessato rappresentano le sole
competenti per pronunciarsi su una richiesta di ruling. Per
quanto riguarda l’imposta federale diretta, il Tribunale federale ha considerato le autorità fiscali cantonali, in virtù della
loro competenza di tassazione, le sole autorizzate a rilasciare
dei ruling[47]. In una sentenza del 5 ottobre 2012, l’Alta Corte,
senza però rimettere in causa la competenza dell’autorità
3.1.
I ruling riguardanti i regimi fiscali preferenziali
3.1.1.
I criteri elaborati dal FHTP
L’obbligo dello scambio spontaneo di informazioni tra autorità fiscali relativo ai regimi fiscali preferenziali si basa su quei
regimi che (i) rientrano nello scopo del lavoro del FHTP; (ii)
sono preferenziali; e (iii) permettono di ottenere un basso
o nullo livello di tassazione[55]. Si tratta concretamente
di applicare una tecnica di filtraggio, la quale permette di
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
individuare la nascita dell’obbligo allo scambio spontaneo di
informazioni. Questo sistema a tre “filtri” ha infatti lo scopo di
evitare che un’autorità fiscale decida in maniera arbitraria se,
e quali, informazioni scambiare con gli altri Stati[56]. L’obbligo
di scambiare spontaneamente le informazioni si presenta per
i ruling rilasciati dall’autorità fiscale che riguardano qualsiasi
tipo di regime preferenziale. Ciò significa che il regime non
deve essere stato necessariamente esaminato oppure non
deve risultare potenzialmente o effettivamente dannoso sulla
base delle indicazioni del Rapporto del FHTP del 1998. Di
conseguenza, l’obbligo allo scambio spontaneo di informazioni
vale per qualsiasi ruling in rapporto ai regimi preferenziali,
anche se non sono ancora stati oggetto d’esame da parte del
FHTP oppure lo sono stati, ma non sono risultati potenzialmente o effettivamente dannosi e sono stati di conseguenza
approvati[57]. Gli Stati che si contraddistinguono per dei regimi
preferenziali, che non sono stati ancora oggetto d’esame da
parte del FHTP, sono tenuti ad autovalutarsi al fine di accertare
se adempiono o meno le condizioni sopra enunciate (cosiddetti
“filtri”) per uno scambio spontaneo obbligatorio di informazioni.
In caso di dubbio sull’applicabilità dei filtri, l’OCSE raccomanda
comunque lo scambio spontaneo di informazioni[58].
3.1.2.
Filtro 1: I regimi rientranti nello scopo del lavoro del FHTP
I regimi preferenziali, orientati alla fiscalità delle imprese[59] ,
devono in primo luogo riferirsi all’imposizione dei redditi
derivanti da attività geograficamente mobili, quali le attività
finanziarie e le altre prestazioni di servizi, comprese le forniture di beni immateriali[60].
3.1.3.
Filtro 2: I regimi considerati preferenziali dal FHTP
Un regime viene definito preferenziale quando si scosta
dai princìpi generali della fiscalità del Paese interessato
e non invece dai princìpi applicati dagli altri Paesi[61].
Il confronto, per definire se un regime fiscale è ordinario
oppure preferenziale, deve avvenire all’interno dello Stato
medesimo e non con gli altri Stati[62]. Le condizioni più
favorevoli di un regime fiscale per rapporto agli altri Stati
sono irrilevanti; gli elementi di comparazione restano
appunto i princìpi applicabili all’interno dello Stato[63].
Un regime preferenziale può assumere diverse forme, come per
esempio la riduzione dell’aliquota oppure della base imponibile
oppure ancora prevedere delle condizioni facilitate per il pagamento o il rimborso delle imposte. Ancorché il privilegio possa
apparire poco importante, lo stesso, secondo l’OCSE, dovrà
comunque essere qualificato come regime preferenziale[64].
3.1.4.
Filtro 2: I regimi preferenziali in Svizzera
Nel Rapporto finale 2015 del Piano di azione 5 del BEPS figurano
43 regimi preferenziali individuati dal FHTP[65]. Nell’ambito della
Riforma III dell’imposizione delle imprese, il Consiglio federale
ha proposto al Parlamento di sopprimere i regimi preferenziali
individuati dal FHTP[66], in particolare:
◆◆ gli statuti fiscali cantonali previsti per le società holding
(articolo 28 capoverso 2 della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni [di
seguito LAID]), le società di domicilio (articolo 28 capoverso
3 LAID) e le società miste (articolo 28 capoverso 4 LAID)[67];
◆◆ la prassi pubblicata dall’AFC concernente l’imposizione delle
società principali[68];
◆◆ la prassi non pubblicata dell’AFC e delle amministrazioni
fiscali cantonali concernente l’imposizione delle Swiss
Finance Branch[69].
Anche il Canton Nidvaldo è chiamato a sopprimere il suo
Lizenzbox (articolo 85 capoverso 3 della Legge tributaria
del Canton Nidvaldo [di seguito LT-NW])[70] per allinearsi
al nuovo patent box contenuto nella Riforma III (progetti di
articoli 8 e 24a LAID), che risulta compatibile con gli standard
internazionali indicati dal Piano di azione 5 del BEPS[71].
Non sono invece considerati dei regimi preferenziali, e non
devono pertanto sottostare allo scambio spontaneo obbligatorio di informazioni, gli sgravi fiscali accordati nel quadro
della politica regionale, di cui possono beneficiare le imprese
che si occupano di attività che si contraddistinguono per un
alto livello di innovazione e il relativo valore aggiunto è da
considerarsi elevato[72]. Si tratta in particolare delle agevolazioni fiscali previste a livello cantonale dagli articoli 5 e
23 capoverso 3 LAID e a livello federale dalla Nuova Politica
Regionale (NPR), il cui campo di applicazione è definito dalla
Legge federale del 6 ottobre 2006 sulla politica regionale e
dalla relativa ordinanza di applicazione[73].
3.1.5.
Filtro 3: I regimi con un livello di tassazione basso o nullo
secondo il FHTP
Affinché un regime sia ritenuto potenzialmente dannoso,
il primo fattore chiave da considerare è il livello di tassazione
effettivo nullo o poco elevato, in rapporto al livello di imposizione complessivo, che deve considerare le imposte nazionali e
infra-nazionali (per la Svizzera le imposte federale, cantonali e
comunali)[74]. Il Piano di azione 5 del BEPS non stabilisce una
soglia minima o un rapporto per indicare quando una tassazione
debba essere considerata bassa. L’OCSE osserva tuttavia che i
singoli Stati hanno la possibilità, attraverso il loro diritto interno,
di introdurre delle misure difensive per combattere gli effetti
di un regime fiscale dannoso (di regola si tratta delle norme
concernenti le Controlled Foreign Companies [di seguito CFC])[75].
3.2.
Gli APAs unilaterali e i ruling analoghi riguardanti specifiche
situazioni internazionali sui prezzi di trasferimento infragruppo (ATRs)
Gli APAs unilaterali rappresentano un accordo tra l’autorità
fiscale e il contribuente di un medesimo Stato. Oggetto dello
scambio spontaneo di informazioni sono soltanto gli APAs
unilaterali; sono esclusi gli APAs bilaterali o multilaterali, in
quanto si parte dal presupposto che le autorità fiscali interessate siano già in possesso delle informazioni necessarie[76].
I ruling analoghi agli APAs vertono pure su delle questioni
riguardanti i prezzi di trasferimento infragruppo. Rispetto agli
APAs, essi si basano soltanto su un’operazione particolare
presentata dal contribuente (ATR) e non disciplinano diverse
transazioni, diversi tipi di transazioni su base continuativa,
33
34
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
o tutte le transazioni internazionali del contribuente per un
determinato periodo di tempo[77].
Gli APAs unilaterali, così come gli altri ruling unilaterali
analoghi agli APAs, rientrano nel perimetro dello scambio
spontaneo di informazioni, non già perché costituiscono dei
regimi preferenziali, ma perché, in assenza di un effettivo
scambio di informazioni, si potrebbero creare delle distorsioni fiscali nelle basi impositive tra gli Stati coinvolti [78].
Infatti, qualora questi ruling non fossero conosciuti dalle
autorità fiscali degli altri Stati, vi sarebbe il rischio che
un’operazione o una serie di operazioni, oggetto di un ruling
in uno Stato, possa essere tassata in maniera insufficiente
o inadeguata nell’altro Stato, contravvenendo ai princìpi
generali del BEPS [79].
3.5.
I ruling concernenti le società veicolo (conduit)
Questa categoria di ruling copre gli accordi nei quali dei flussi
internazionali di tesoreria transitano attraverso delle entità
residenti nello Stato che accorda il ruling, dalle quali questi fondi
o redditi sono direttamente o indirettamente (attraverso un’altra
entità domiciliata nello stesso Stato) riversati in un altro Stato[84].
I proventi di natura mobiliare (passive income) versati da una
società residente nello Stato della fonte a una società intercalata, sono immediatamente riversati da quest’ultima a una
società residente in uno Stato terzo[85].
Le società veicolo (conduit) non hanno altra funzione che quella
di usufruire dei vantaggi delle reti convenzionali di cui dispone lo
Stato in cui risiede. Il potere reale su queste società veicolo è esercitato in un altro Stato, cioè quello del beneficiario effettivo[86].
3.6.
Altri tipi di ruling
Attraverso una clausola residuale, il FHTP si conserva un margine di apprezzamento per definire ruling futuri che potrebbero
rientrare nello scambio spontaneo di informazioni e che, allo
stato attuale, non sono ancora stati individuati dal FHTP[87].
4.
I destinatari dello scambio spontaneo
3.3.
I ruling che prevedono un aggiustamento verso il basso degli
utili imponibili nelle situazioni transfrontaliere
Si tratta del caso in cui lo Stato, nel quale è stato sottoscritto
il ruling, consenta al contribuente l’effettuazione di variazioni
fiscali in diminuzione (senza quindi che venga realizzata
alcuna scrittura contabile di rettifica) per conformarsi alla
remunerazione at arm’s length concordata in un APA o in un
ATR unilaterale. Tali aggiustamenti fiscali, che non trovano
riscontro nelle scritture contabili, potrebbero dar luogo a delle
distorsioni fiscali se non intervenisse un simmetrico aggiustamento volontario in aumento dell’utile imponibile nello Stato
della società associata all’estero[80].
3.4.
I ruling concernenti gli stabilimenti d’impresa
Ricadono nello scambio spontaneo di informazioni i ruling
concernenti l’esistenza o meno di uno stabilimento d’impresa[81] (sia all’interno che all’esterno del Paese che concede
il ruling) oppure qualsiasi altro tipo di ruling volto ad attribuire
maggiori utili allo stabilimento d’impresa rispetto alla società
a cui fa capo[82].
Per quanto concerne la Svizzera, nei casi di ripartizione intercantonale, se l’importanza della sede principale di un’impresa,
che dispone di stabilimenti d’impresa in altri Cantoni, non
è sufficientemente tenuta in considerazione attraverso la
determinazione delle quote di ripartizione dell’utile, ad essa
viene riconosciuta un’assegnazione in via preliminare (precipuo) sull’utile. Tale precipuo oscilla di regola tra il 10 e il 20%
dell’utile complessivo e viene assegnato anche in presenza di
una perdita complessiva[83].
4.1.
Le società coinvolte
Quale regola generale, lo scambio spontaneo di informazioni
sui ruling riguardanti le sei categorie deve essere effettuato:
(i) dagli Stati di residenza di tutte le società collegate con cui
il contribuente (società) effettua un’operazione per la quale
viene concesso un ruling o la quale genera dei redditi provenienti da società collegate che beneficiano di un trattamento
fiscale preferenziale (questa regola si applica anche in un contesto di stabilimento d’impresa); con (ii) lo Stato di residenza
della società controllante e della società capogruppo[88].
4.2.
La soglia minima di detenzione in una società
La soglia di partecipazione minima a partire dalla quale due
società possono considerarsi collegate è stata stabilita al 25%;
tuttavia il FHTP si è riservato la facoltà di poter rivedere in
futuro questa percentuale[89].
Due società sono considerate collegate, se la prima società
(società madre) detiene un investimento di almeno il 25% nella
seconda società (società figlia) oppure vi è una terza persona
(persona fisica o giuridica) che detiene un investimento di
almeno il 25% in entrambe le società (società collegate).
L’investimento può essere detenuto, direttamente o indirettamente (attraverso un’altra società) e può consistere in una
detenzione dei diritti di voto o di capitale[90].
4.3.
I casi di stabile organizzazione
In presenza di un ruling accordato a una stabile organizzazione,
gli Stati che si scambiano spontaneamente le informazioni
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
sono: (i) lo Stato di residenza della sede o dello stabilimento
d’impresa e, a seconda dei casi, (ii) lo Stato di residenza della
capogruppo (società capogruppo) e della società controllante
diretta (società madre)[91].
4.4.
I casi di società veicolo
In presenza di un ruling accordato a una società veicolo, gli Stati
che si scambiano spontaneamente le informazioni sono: (i) lo
Stato di residenza di tutte le società collegate che procedono
a delle distribuzioni a una società veicolo (direttamente o
indirettamente), (ii) lo Stato di residenza del beneficiario economico finale (che nella maggior parte dei casi sarà la società
capogruppo) delle distribuzioni fatte alla società veicolo, e (iii)
lo Stato di residenza della società capogruppo e della società
madre diretta (controllante), a condizione che lo Stato sia
diverso da quello indicato nella cifra (ii)[92].
5.
Le basi legali necessarie per attuare lo scambio spontaneo
di informazioni
5.1.
Il quadro giuridico in Svizzera
La Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’OCSE sulla
reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale (di
seguito Convenzione sull’assistenza amministrativa)[93] e le
modifiche apportate alla Legge federale sull’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (di seguito LAAF)
con l’approvazione dei testi da parte dell’Assemblea federale, il
18 dicembre 2015[94] , contengono le basi giuridiche necessarie per lo scambio spontaneo di informazioni[95]. L’attuazione
degli standard internazionali per lo scambio spontaneo di
informazioni sui ruling sarà poi da disciplinare ulteriormente
nell’Ordinanza sull’assistenza amministrativa internazionale
in materia fiscale (di seguito OAAF) (cfr. infra cap. 9)[96].
5.2.
Lo scambio spontaneo di informazioni secondo la Convenzione
sull’assistenza amministrativa
L’articolo 7 paragrafo 1 lettere a-e Convenzione sull’assistenza
amministrativa racchiude le basi di diritto materiale per lo
scambio spontaneo di informazioni[97]. Le basi legali di diritto
procedurale per l’attuazione della Convenzione sull’assistenza
amministrativa devono invece essere inserite nella LAAF[98].
È solo attraverso queste disposizioni che la Svizzera potrà dar
seguito alle richieste dell’OCSE riguardanti lo scambio spontaneo di informazioni sui ruling fiscali[99].
5.3.
Le modifiche della LAAF del 18 dicembre 2015
L’articolo 4 capoverso 1 LAAF che limitava l’assistenza amministrativa esclusivamente su domanda è stato stralciato. Lo
scambio spontaneo di informazioni trova ora collocazione nel
Capitolo 3 LAAF (articoli 22a-22e LAAF).
5.3.1.
La necessità di un’ordinanza del Consiglio federale
L’articolo 22a capoverso 1 LAAF recita quanto segue: “[i]l Consiglio
federale disciplina in dettaglio gli obblighi connessi allo scambio spontaneo di informazioni. A tal fine si basa sugli standard internazionali e
sulla prassi di altri Stati”. Il capoverso 1 ha uno stretto legame con
l’obbligo dello scambio spontaneo previsto dal Piano di azione
5 del BEPS. Infatti, i dettagli contenuti nel Rapporto finale 2015
dovranno essere recepiti in un’ordinanza del Consiglio federale.
Sarà quindi da adeguare l’attuale OAAF agli standard minimi
internazionali previsti dal BEPS in materia di scambio spontaneo
obbligatorio sui ruling. L’AFC rappresenta l’autorità competente
per lo scambio spontaneo di informazioni (articolo 2 in relazione
con articolo 22a capoverso 4 LAAF).
5.3.2.
Il diritto di essere sentiti e di ricorrere a un’autorità giudiziaria
L’informazione della persona interessata e di altre persone
legittimate a ricorrere nonché la procedura per lo scambio
spontaneo di informazioni si basano sugli stessi princìpi dello
scambio di informazioni su domanda[100]. La LAAF è stata
completata al fine di prevedere una notifica alla persona
interessata e alle altre persone legittimate a ricorrere, anche
nell’ambito dello scambio spontaneo di informazioni (articolo
22b LAAF)[101]. L’interessato ha diritto di ricorrere secondo
l’articolo 48 della Legge federale sulla procedura amministrativa (PA) (articolo 22b capoverso 1 LAAF). Eccezionalmente,
l’AFC informa tali persone dello scambio spontaneo di
informazioni soltanto dopo che questo è avvenuto, qualora
l’informazione preliminare vanificherebbe lo scopo dell’assistenza amministrativa e il buon esito dell’inchiesta (articolo
22b capoverso 2 LAAF)[102]. Qualora la persona legittimata a
ricorrere non potesse essere contattata, l’AFC la informa sulla
prevista trasmissione di informazioni mediante una pubblicazione nel Foglio federale (articolo 22b capoverso 3 LAAF). Alla
persona interessata viene garantito il diritto di partecipazione
e di esame degli atti delle persone legittimate a ricorrere (articolo 22c in relazione con articolo 15 LAAF).
5.3.3.
L’utilizzo delle informazioni estere per l’applicazione del
diritto svizzero
La Convenzione sull’assistenza amministrativa si basa sul
principio di reciprocità. Non offre alcuna possibilità di rinunciare unilateralmente a fornire assistenza amministrativa.
La Svizzera riceverà informazioni dall’estero senza richiesta
preliminare [103].
In base all’articolo 22e capoverso 1 LAAF, l’AFC è tenuta a
inoltrare, ai fini dell’applicazione e dell’esecuzione del diritto
tributario svizzero, alle autorità fiscali cantonali interessate,
le informazioni che le sono state trasmesse spontaneamente dagli altri Stati. All’AFC incombe inoltre l’obbligo di
35
36
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
segnalare a tali autorità le restrizioni inerenti all’impiego
delle informazioni trasmesse e l’obbligo di mantenere il
segreto secondo le disposizioni in materia di assistenza
amministrativa della CDI applicabile. Vi è pertanto la possibilità per le autorità fiscali svizzere di ottenere, nel rispetto
dei limiti dell’articolo 22 Convenzione sull’assistenza amministrativa, le informazioni riguardanti le diverse tipologie di
ruling previste dal BEPS.
6.
Gli aspetti temporali
6.1.
Secondo il progetto BEPS
6.1.1.
In generale
Il Piano di azione 5 del BEPS dispone che lo scambio spontaneo obbligatorio di informazioni sia da applicarsi non soltanto
ai ruling futuri, ma anche a quelli passati, che sono stati
concessi negli anni precedenti la pubblicazione del Rapporto
finale 2015. L’OCSE osserva che gli Stati, che ancora non
dispongono delle basi legali necessarie nel loro diritto interno,
dovranno adattare la loro legislazione al fine di potersi scambiare spontaneamente le informazioni concernenti i ruling. In
tal caso, i termini entro i quali adattare il diritto interno alle
raccomandazioni dell’OCSE dipendono dal processo legislativo di ciascuno Stato[104].
6.1.2.
Ruling passati e futuri
I ruling passati sono quelli rilasciati dall’autorità fiscale il o
dopo il 1. gennaio 2010 e che esplicano ancora effetto a
partire dal 1. gennaio 2014[105]. La trasmissione delle informazioni in relazione a questi ruling dovrà avvenire entro il 31
dicembre 2016 per gli Stati che già dispongono della base
legale necessaria[106].
I ruling futuri sono invece quelli rilasciati il o dopo il 1. aprile
2016[107]. In questo caso lo scambio spontaneo obbligatorio
di informazioni con gli Stati interessati deve avvenire il prima
possibile e, in ogni caso, entro tre mesi da quando il ruling è
stato rilasciato[108]. Se, tuttavia, a causa di ostacoli giuridici
(per esempio ricorso del contribuente contro la decisione dello
scambio spontaneo di informazioni, cfr. articolo 22b LAAF), il
termine di tre mesi non può essere rispettato, lo stesso potrà
essere prolungato sino a quando l’ostacolo giuridico non abbia
cessato di esistere[109]. Non rappresenta invece un ostacolo
giuridico, una decisione di tassazione non ancora definitiva e
concernente una fattispecie oggetto di un ruling[110].
6.2.
Secondo il diritto svizzero
Lo scambio di informazioni spontaneo si basa sulla
Convenzione sull’assistenza amministrativa. Gli aspetti temporali riguardanti l’assistenza amministrativa sono disciplinati
all’articolo 28 paragrafo 6.
Considerando che questo trattato entrerà in vigore il 1. gennaio 2017, lo scambio spontaneo di informazioni si applicherà
dal periodo fiscale successivo, ovvero dal 1. gennaio 2018[111],
a meno che due o più Parti decidano di anticipare lo scambio
spontaneo al 1. gennaio 2017. Secondo il Consiglio federale “sebbene la Convenzione sull’assistenza amministrativa sia
multilaterale, occorre stabilire per ciascuna relazione bilaterale il
periodo durante il quale è consentita l’assistenza amministrativa. La
Convenzione deve essere applicabile per entrambe le Parti. La data
pertinente a tal fine corrisponde quindi alla data più in là nel tempo
tra l’entrata in vigore in Svizzera e l’applicabilità presso l’altra Parte
della Convenzione sull’assistenza amministrativa. Due o più Parti
possono convenire che l’assistenza amministrativa sia ammessa
anche per periodi fiscali o obblighi fiscali anteriori” [112]. L’articolo
4 del Decreto federale che approva e traspone nel diritto
svizzero la Convenzione sull’assistenza amministrativa, stabilisce che “il Consiglio federale può convenire con una o più Parti
che la Convenzione sull’assistenza amministrativa abbia effetto per
quel che concerne l’assistenza amministrativa relativa a periodi di
imposizione o a obblighi fiscali a partire dall’entrata in vigore per la
Svizzera di tale Convenzione”. Il Consiglio federale potrà quindi
decidere bilateralmente se applicare l’assistenza amministrativa relativa allo scambio spontaneo dal 1. gennaio 2017.
In assenza di una decisione bilaterale, automaticamente lo
scambio avverrà a partire dal 1. gennaio 2018.
6.2.1.
Il primo invio delle informazioni dell’AFC agli Stati esteri
Nella migliore delle ipotesi le basi legali per lo scambio spontaneo di informazioni entreranno in vigore il 1. gennaio 2017
e il primo invio effettivo potrà avvenire a partire dal 1. gennaio
2018[113]. Le informazioni sui ruling passati, per essere trasmesse, dovranno riguardare un ruling rilasciato dall’autorità
fiscale il o dopo il 1. gennaio 2010 ed esplicare ancora effetto
al 31 dicembre 2017 (o eventualmente al 31 dicembre 2016)
[114]. Per contro, le informazioni sui ruling futuri, dovranno
riguardare i ruling rilasciati il o dopo il 1. gennaio 2018 (o eventualmente il 1. gennaio 2017)[115].
7.
Le informazioni oggetto dello scambio spontaneo
L’autorità fiscale è tenuta a trasmettere una sintesi, rispettivamente alcune informazioni di base, riferite ai ruling. Ciò avviene
utilizzando il modello indicato all’Allegato C del Rapporto
finale 2015 del Piano di azione 5 del BEPS[116]. Secondo
l’OCSE, l’utilizzo di uno standard comune velocizza e semplifica
il processo. Le informazioni standard da comunicare attraverso
lo scambio spontaneo sono le seguenti[117]:
1) il numero di riferimento del ruling (se esistente);
2) l’identificazione del contribuente interessato (nome, indirizzo, ragione sociale) e, se del caso, del gruppo societario
internazionale al quale appartiene;
3) la data del rilascio del ruling;
4) i periodi fiscali coperti dal ruling;
5) le categorie di ruling interessate;
6) ulteriori informazioni riguardanti il ruling e il contribuente
(opzionali), quali l’ammontare della transazione, la cifra
d’affari annuale o l’utile conseguito dal contribuente;
7) una breve descrizione della tematica coperta dal ruling in
una lingua ufficiale dell’OCSE o in un’altra lingua bilateralmente convenuta;
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
8) i motivi per lo scambio delle informazioni con lo Stato ricevente (società capogruppo, controllante diretta, società
sorelle, eccetera);
9)i dettagli delle entità domiciliate nello Stato ricevente
(nome, indirizzo e numero di identificazione del contribuente, se disponibile).
farà uso dell’articolo 26 CDI o dell’articolo 5 AfisR, poiché gli
permetteranno di ottenere informazioni per l’applicazione del
suo diritto interno riferito a tutte le imposte dirette e a quelle
indirette; esso potrà quindi ottenere il documento originale
oggetto del ruling tra fisco e contribuente, i conti annuali, ma
anche rendiconti IVA, eccetera.
Lo scambio spontaneo obbligatorio di informazioni costituisce
una sorta di “apripista” per lo Stato che riceve tali informazioni. L’autorità fiscale di questo Stato può infatti in seguito
avviare un’indagine per richiedere ulteriori informazioni, più
dettagliate e/o specifiche, allo Stato che ha inviato spontaneamente le informazioni, mediante lo strumento dello scambio
su domanda[118].
9.
La revisione dell’OAAF e la consultazione del Consiglio
federale
Il 20 aprile 2016, il Consiglio federale ha avviato la consultazione
concernente la revisione totale dell’OAAF. La revisione definisce
il quadro generale e la procedura necessaria per lo scambio
spontaneo di informazioni, compresi quelli applicabili allo scambio di informazioni su decisioni anticipate (ruling)[121].
8.
Le imposte coperte dallo scambio di informazioni sui ruling
8.1.
In generale
Il Rapporto finale 2015 si occupa sostanzialmente di considerare, nell’ambito dei ruling che sono oggetto di uno scambio
spontaneo obbligatorio di informazioni, soltanto le imposte
societarie (in casu l’imposta sull’utile delle persone giuridiche)
e quelle concernenti i redditi derivanti da attività geograficamente mobili, quali le attività finanziarie e le altre prestazioni
di servizi, ivi comprese le forniture di attivi immateriali[119].
Sempre nel citato Rapporto, si esclude a priori di considerare i
ruling concernenti le imposte sul consumo (per esempio l’imposta sul valore aggiunto [di seguito IVA]). Il Rapporto finale
2015, conformemente all’Allegato C, prevede però l’invio
spontaneo di alcune informazioni aventi un carattere generale che serviranno allo Stato ricevente per decidere se dar
seguito o meno a uno scambio su domanda, così da ottenere
maggiori informazioni sul contribuente che ha beneficiato
del ruling. Lo Stato richiedente potrà quindi formulare una
domanda sulla base: (i) dell’articolo 5 Convenzione sull’assistenza amministrativa; (ii) dell’articolo 26 CDI (di regola)
conclusa con la Svizzera, conforme all’articolo 26 M-OCSE;
(iii) dell’articolo 5 dell’Accordo tra la Confederazione Svizzera
e la Comunità europea che stabilisce misure equivalenti a
quelle definite nella Direttiva 2003/48/CE del Consiglio in
materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di
pagamenti di interessi (di seguito AfisR); (iv) dell’accordo sullo
scambio di informazioni in materia fiscale (Tax Information
Exchange Agreement [TIEA]) pattuito con la Svizzera. In questi
casi, lo scambio di informazioni potrà di conseguenza avere
un campo di applicazione molto più esteso di quello indicato
nel Rapporto finale 2015.
8.2.
La scelta dello strumento di assistenza amministrativa su
domanda
Per quanto riguarda l’obbligo di accordare assistenza amministrativa su domanda, in linea di principio questi strumenti sono
equivalenti, perché si basano sugli standard OCSE. Possono
invece esserci differenze per quanto riguarda l’applicabilità temporale e le imposte considerate dallo strumento di assistenza
utilizzato dallo Stato richiedente[120]. Considerando il campo
di applicazione esteso, è plausibile che lo Stato richiedente
10.
Conclusione
Il 5 ottobre 2015 sono stati presentati dall’OCSE e dal G20
le 15 misure previste dal Piano BEPS. Con il Piano BEPS si
vogliono far coincidere il luogo di imposizione degli utili con
il luogo di esercizio delle attività economiche che generano
tali utili e la creazione di valore. La misura 5 del BEPS, oltre a
occuparsi degli standard legati al patent box, si pone l’obiettivo
di continuare con i lavori dell’OCSE, già oggetto di un rapporto
dell’OCSE nel 1998, volti a contrastare le pratiche fiscali dannose e a migliorare la trasparenza fiscale, ovvero l’assistenza
amministrativa tra le autorità fiscali riferita alla tassazione delle
imprese multinazionali. In particolare, la misura 5 del progetto
BEPS prevede l’introduzione di uno scambio spontaneo obbligatorio di informazioni sui ruling riguardanti i regimi fiscali
preferenziali e gli accordi in materia di prezzi di trasferimento
tra società consociate. Per la Svizzera si tratta di trasmettere
i ruling rilasciati dalle autorità fiscali cantonali riguardanti gli
statuti fiscali cantonali previsti per le società holding, le società
di domicilio e le società miste. Anche i ruling concernenti il
Lizenzbox del Canton Nidvaldo, così come le tassazioni basate
sulla prassi pubblicata dall’AFC concernente l’imposizione delle
società principali e sulla prassi non pubblicata dell’AFC e delle
amministrazioni fiscali cantonali concernente l’imposizione
delle Swiss Finance Branch, rientrano nel campo di applicazione
dello scambio spontaneo di informazioni.
Oltre a questi ruling, anche gli accordi presi dal fisco con le
imprese in ambito di prezzi di trasferimento infragruppo (APAs,
ATRs) dovranno essere inviati, così come i ruling che concernono gli stabilimenti d’impresa e le società conduit. Il Consiglio
federale si è detto pronto a scambiare le informazioni sui ruling
a partire, con buona probabilità, dal 1. gennaio 2018 (oppure
eventualmente dal 1. gennaio 2017), ovvero dall’anno successivo all’entrata in vigore della Convenzione sull’assistenza
amministrativa. Dal profilo temporale, vi rientrano i ruling
rilasciati dal fisco dopo il 1. gennaio 2010 e che sono ancora
in vigore il 31 dicembre 2017 (oppure eventualmente il 31
dicembre 2016). In tal caso, l’AFC invierà le informazioni riferite
ai ruling agli Stati interessati sulla base di un formulario standard,
che contiene solo alcune informazioni, elaborato dall’OCSE. Gli
Stati esteri potranno poi, a loro volta, inoltrare una domanda
di assistenza amministrativa richiedendo all’AFC tutti i documenti di cui necessitano per applicare il loro diritto interno
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(contratti, ruling esistenti, bilancio e conto economico, rendiconti, eccetera) o sulla base della Convenzione sull’assistenza
amministrativa oppure sull’articolo 5 AfisR, oppure ancora in
base all’articolo 26 CDI tra la Svizzera e lo Stato interessato.
Al contrario, i ruling rilasciati prima del 1. gennaio 2010 oppure
dopo questa data, ma non più validi alla fine del 2017 (oppure
eventualmente alla fine del 2016), non saranno oggetto di
uno scambio spontaneo di informazioni da parte delle autorità
fiscali svizzere. Secondo il progetto BEPS, le società si considerano collegate, se una società detiene un investimento del 25%
o più in un’altra società oppure se una terza persona detiene un
investimento del 25% o più in entrambe le società. In futuro, i
ruling concertati tra società e autorità fiscale saranno quindi, in
molti casi, inviati alle autorità estere spontaneamente.
[1]Cfr. OCSE, Plan d’action concernant l’érosion
de la base d’imposition et le transfert de bénéfices,
Parigi 2013 (citato: Piano di azione BEPS 2013).
[2] OCSE, Countering Harmful Tax Practices More
Effectively, Taking into Account Transparency and
Substance, Action 5 – 2015 Final Report, OECD/
G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, Parigi 2015, pagina 3 (citato: Rapporto finale 2015);
OCSE, Lutter plus efficacement contre les pratiques
fiscales dommageables, en prenant en compte la
transparence et la substance, Projet OCDE/G20 sur
l’érosion de la base d’imposition et le transfert de
bénéfices, Parigi 2014, pagina 3 (citato: Rapporto
intermedio 2014).
[3]OCSE, Rapporto finale 2015, pagina 3; cfr.
anche OCSE, Piano di azione BEPS 2013, pagina 15 e
seguenti, pagina 19 e seguenti, pagina 22 e seguenti, dove le 15 misure previste dal BEPS vengono
suddivise per pilastro.
[4]Si veda OCSE, L’OCDE présente les mesures
issues du Projet BEPS OCDE/G20 qui seront examinées lors de la réunion des ministres des Finances
du G20, Comunicato stampa, Parigi, 5 ottobre 2015,
in: http://www.oecd.org/fr/ctp/beps/ [02.08.2016].
[5]OCSE, Concurrence fiscale dommageable: un
problème mondial, Parigi 1998 (citato: Rapporto
concorrenza dannosa 1998).
[6] Il Piano di azione 5 del BEPS si occupa inoltre di
definire gli standard internazionali applicabili agli
Stati che vogliono dotarsi, o che si sono dotati, di un
patent box. Su questo tema cfr. Vorpe Samuele, Le
misure di promozione fiscale in favore delle attività
di ricerca e sviluppo, in: RtiD II-2015, pagina 715 e
seguenti (citato: Attività R&S).
[7]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 89; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 35.
[8]Si considera che il termine “obbligatorio” (compulsory) introduca un obbligo di scambio spontaneo
di informazioni quando le condizioni poste dall’OCSE sono riunite. Il termine “scambio spontaneo di
informazioni” si riferisce a una situazione nella quale uno Stato è a conoscenza di informazioni che
potrebbero essere pertinenti per un altro Stato,
senza che quest’ultimo abbia richiesto all’altro Stato delle specifiche informazioni (OCSE, Rapporto
intermedio 2014, pagina 36).
[9]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 91; Iglesias
Nelly, Échange spontané de ruling entre États, in: EF
1-2/2016, pagina 33.
[10]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 91; Iglesias
Disclaimer:
Il presente articolo è un riassunto di quello più esteso pubblicato sulla RtiD
II-2016, pagine 529-574, da Samuele Vorpe, dal titolo: Lo scambio spontaneo
di informazioni sui ruling fiscali – Analisi del Piano di azione 5 del BEPS ed effetti per la Svizzera, estratto dalla Rivista ticinese di diritto.
Elenco delle fonti fotografiche:
http://www.choosehenry.com/Henry/media/Henry/Secondary%20Pages/
Downloads/handshake.jpg [02.08.2016]
http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/imagecache/small_img_
pagina_interna/immagini/tax2_41.jpg [02.08.2016]
http://www.oecd.org/media/oecdorg/directorates/centrefortaxpolicyandadministration/BEPS-blue-background-2015-330x219.png [02.08.2016]
Nelly, op. cit., pagina 33.
[11] OCSE, Rapporto intermedio 2014, pagina 37.
[12]Il progetto BEPS è costituito da una serie di
rapporti che riflettono gli accordi presi tra Stati membri dell’OCSE e i governi del G20 nel 2013.
L’OCSE si aspetta che queste raccomandazioni vengano recepite dagli Stati interessati. In un secondo
momento, attraverso un processo di verifica, gli Stati verranno esaminati da un organo internazionale
per verificare se le raccomandazioni saranno state
correttamente implementate (cfr. OCSE, Myths
and Facts about BEPS, Parigi 2015, in: http://
w w w.oecd.org/fr/ctp/a-propos-de-beps.htm
[02.08.2016]).
[13]DFF, Nuovi standard internazionali dell’OCSE obbligatori in ambito di imposizione delle
imprese: anche la Svizzera è chiamata ad agire,
Comunicato stampa, Berna, 5 ottobre 2015, in:
https://www.news.admin.ch/message/index.
html?lang=it&msg-id=58972 [02.08.2016].
[14] Per maggiori informazioni cfr. Amaddeo Francesca, Scambio automatico obbligatorio di informazioni
inerenti i ruling preventivi transfrontalieri e gli APA,
in: NF 3/2016, pagina 14 e seguenti; Faggion Mauro,
Ue: intesa raggiunta sullo scambio di informazioni
per i tax ruling, in: FiscoOggi, 28 ottobre 2015, http://
www.fiscooggi.it/dal-mondo/articolo/ue-intesaraggiunta-sullo-scambiodi-informazioni-tax-ruling
[02.08.2016].
[15] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 95 (libera traduzione dall’inglese); OCSE, Rapporto intermedio
2014, pagina 42; OCSE, Note d’application consolidée: Indications pour l’application du Rapport de
1998 aux régimes fiscaux préférentiels, Parigi 2004,
nm. 161 (citato: NAC).
[16]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 96; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 42.
[17]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 96; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 42.
[18]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 97; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 42.
[19]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 97; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 42.
[20] Iglesias Nelly, op. cit., pagina 34.
[21] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 96; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 34.
[22]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 96; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 34.
[23]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 96; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 38.
[24] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 97.
[25] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 98; OCSE, Rapporto intermedio 2014, pagina 42; OCSE, NAC, nm. 163.
[26]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 98; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 42; OCSE, NAC,
nm. 163; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 34.
[27]OCSE, OECD Transfer Pricing Guidelines for
Multinational Enterprises and Tax Administrations
2010, Parigi 2010 (citato: TP Guidelines).
[28] OCSE, NAC, nm. 164; OCSE, TP Guidelines, nm.
4.123.
[29]OCSE, NAC, nm. 164; OCSE, TP Guidelines,
Annex to Chapter IV, nm. 3.
[30]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 101; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 44; OCSE, NAC,
nm. 165. L’articolo 25 paragrafo 3 del Modello di
convenzione fiscale dell’OCSE (di seguito M-OCSE)
dispone che le autorità competenti si adoperano per risolvere in via di amichevole composizione
le difficoltà o i dubbi inerenti all’interpretazione o
all’applicazione della Convenzione. Esse potranno altresì consultarsi al fine di eliminare la doppia
imposizione nei casi non previsti dalla Convenzione.
[31]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 96; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagine 38 e 42; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 34. L’esclusione dallo scambio
spontaneo di informazioni sui ruling generali si giustifica poiché non esiste un legame effettivo tra il
ruling e un contribuente particolare al quale applicare la decisione. Ne consegue una difficoltà oggettiva
nel determinare con quale/i Paese/i le informazioni
dovrebbero essere scambiate, rispettivamente l’onere amministrativo per le autorità fiscali che ne
conseguirebbe sarebbe sproporzionato ed inefficace (OCSE, Rapporto intermedio 2014, pagina 38).
[32] Vi rientrano le disposizioni di legge (comprese
le disposizioni applicabili alle convenzioni), la giurisprudenza, i regolamenti, così come le istruzioni e le
prassi amministrative (OCSE, Rapporto finale 2015,
nm. 102, nota a piè di pagina n. 7; OCSE, Rapporto
intermedio 2014, pagina 42, nota a piè di pagina n.
24; OCSE, NAC, nm. 162).
[33]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 102; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 42.
[34]Massetti Gabriele/Pedroli Andrea, Il ruling nel
diritto tributario svizzero: situazione attuale e prospettive di evoluzione, in: RtiD I-2006, pagina 579
e seguenti, pagina 580; Gani Raphaël, Ruling fiscal:
un contrat de confiance?, in: Meier Philippe/Papaux
Alain (a cura di), Risque(s) et droit, Zurigo 2010,
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
pagina 123 e seguenti, pagina 125.
[35] Massetti Gabriele/Pedroli Andrea, op. cit., pagina 580.
[36]Sentenza Tribunale federale n. 2C_529/2014,
del 24 agosto 2015, consid. 2.1; DTF 141 I 161, consid. 3.1, pagina 164; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 34.
[37] Sentenza Tribunale federale n. 2C_664/2013,
del 28 aprile 2014, consid. 4.2; sentenza Tribunale federale n. 2C_842/2013, del 18 febbraio 2014,
consid. 7.1; DTF 121 II 473, consid. 2c, pagina 479;
Bürgisser Jérôme, Du ruling fiscal, in: RDAF 2014 II,
pagina 404; Gani Raphaël, op. cit., pagina 137.
[38]Locher Peter, Steuerruling: ein problematisches Modewort, in: ZStP 4/2015, pagina 259 con
dottrina citata (citato: Steuerruling).
[39]Sentenza Tribunale federale n. 2C_664/2013,
del 28 aprile 2014, consid. 4.2; DTF 126 II 514 = RDAF
2002 II pagina 108 = StE 2001 B 93.1 n. 6, consid. 3e;
cfr. anche Locher Peter, Steuerruling, pagina 258.
[40] Cfr. Bürgisser Jérôme, op. cit., pagina 404.
[41] DTF 131 II 627, consid. 6.1, pagina 636 e seguente.
[42]Sentenze Tribunale federale n. 2C_603/2012
e n. 2C_604/2012, del 10 dicembre 2012, consid. 4
con giurisprudenza citata; DTF 131 II 627, consid.
6.1, pagina 636 e seguente; DTF 121 II 473, consid.
2c, pagina 479; Gani Raphaël, op. cit., pagina 139.
[43]Sentenza Tribunale federale n. 2A.454/2002,
del 20 marzo 2003, consid. 2.2; Bürgisser Jérôme,
op. cit., pagina 404; cfr. anche Baumgartner Ivo P.,
Möglichkeiten und Grenzen von Steuer-Rulings, in:
Mäusli-Allenspach Peter/Beusch Michael (a cura
di), Steuern und Recht – Steuerrecht, Festschrift für
Martin Zweifel, Basilea 2013, pagine 197 e seguenti,
pagina 205.
[44] Sentenze Tribunale federale n. 2C_603/2012 e
n. 2C_604/2012, del 10 dicembre 2012, consid. 4.
[45]Massetti Gabriele/Pedroli Andrea, op. cit.,
pagina 596.
[46]Bürgisser Jérôme, op. cit., pagina 409; Gani
Raphaël, op. cit., pagina 139.
[47]Sentenza Tribunale federale n. 2A.46/2000,
del 1. novembre 2000 = RDAF 2001 II pagina 328,
consid. 3a; DTF 116 Ib 185, consid. 3c, pagina 187;
Bürgisser Jérôme, op. cit., pagina 417.
[48]Sentenza Tribunale federale n. 2C_708/2011,
del 5 ottobre 2012, consid. 4.3.2 = RDAF 2013 II
pagina 445, ma non pubblicata in DTF 139 II 78.
[49]Danon Robert J./Bürgisser Jérôme, Clarification jurisprudentielle de questions relatives au
ruling fiscal, in: Jusletter 12. Oktober 2015, nm. 18,
con riferimento alle sentenze Tribunale federale
n. 2C_529/2014 e n. 2C_807/2014, del 24 agosto 2015; Saner Hanspeter/Kobierski Marlene,
Bindungswirkung von Steuerruling, in: Jusletter del
2 novembre 2015, nm. 12 e 30.
[50] Cfr. Iglesias Nelly, op. cit., pagina 34.
[51] Iglesias Nelly, op. cit., pagina 34.
[52] Cfr. DTF 121 II 473 = StE 1996 B 93.1 n. 2 = StR 1996
pagina 542, consid. 2b; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 34.
[53] Iglesias Nelly, op. cit., pagina 34, con riferimento a OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 97.
[54] Iglesias Nelly, op. cit., pagina 35.
[55]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 103 e 17;
OCSE, Rapporto intermedio 2014, pagina 40.
[56] OCSE, Rapporto intermedio 2014, pagina 40.
[57]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 104; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 40.
[58]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 105; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 40.
[59]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 12; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagine 21 e 41.
[60]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 11; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 21.
[61]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 13; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 22.
[62]Per esempio se l’aliquota applicabile agli utili
delle persone giuridiche è pari al 10%, la tassazione
degli utili da attività mobili all’aliquota del 10% non è
preferenziale, sebbene questa aliquota sia inferiore
a quella applicata dagli altri Stati (OCSE, Rapporto
finale 2015, nm. 13; OCSE, Rapporto intermedio
2014, pagina 22).
[63] Iglesias Nelly, op. cit., pagina 36.
[64]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 13; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 22; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 36.
[65] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 147.
[66]Messaggio del Consiglio federale a sostegno
della legge sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese, n. 15.049, del 5 giugno 2015, in: Foglio
federale 2015 4133, pagina 4149 e seguente (citato:
Messaggio Riforma III); cfr. OCSE, Rapporto finale 2015, n. 39-42 della Tabella 6.2 Non-IP regimes,
pagina 64; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 37.
[67] Per il Canton Ticino si tratta delle disposizioni
previste agli articoli 91 (società holding), 92 (società di amministrazione) e 93 (società ausiliarie) della
Legge tributaria del Canton Ticino (di seguito LT-TI).
[68]Cfr. la Circolare n. 8 dell’AFC del 18 dicembre 2001, Ripartizione fiscale internazionale delle
società principali.
[69] In questo caso alla società finanziaria con sede
all’estero viene concesso un indennizzo d’uso per
il capitale messo a disposizione degli stabilimenti
d’impresa in Svizzera. Questo trattamento si fonda
su una prassi non pubblicata dell’AFC e delle autorità fiscali cantonali e determina un’imposizione
effettiva dell’utile del 2–3% circa (Messaggio Riforma III, pagina 4149 e seguente; cfr. anche Vorpe
Samuele, Attività R&S, pagina 719).
[70]Per una definizione del Lizenzbox nidvaldese
si veda Vorpe Samuele, Attività R&S, pagina 723 e
seguenti.
[71] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 23 e seguenti. Per una definizione del patent box proposto dal
Consiglio federale si veda Vorpe Samuele, Attività
R&S, pagina 728 e seguenti.
[72] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 150; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 37.
[73] Ordinanza sulla determinazione delle zone di
applicazione in materia di agevolazioni fiscali, del 28
novembre 2007.
[74]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 12 e 17;
OCSE, Rapporto intermedio 2014, pagine 21, 23 e
41; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 37.
[75]OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 22; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 24.
[76] OCSE, Rapporto intermedio 2014, pagina 45;
Iglesias Nelly, op. cit., pagina 38.
[77] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 108.
[78] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 109.
[79] Iglesias Nelly, op. cit., pagina 38.
[80]Denaro Alessandro, Tax ruling: la trasparenza fiscale passa per lo scambio informazioni, in:
FiscoOggi, 31 agosto 2015, http://www.fiscooggi.it/
dal-mondo/articolo/tax-ruling-trasparenza-fiscalepassa-scambio-informazioni [02.08.2016]; cfr. OCSE,
Rapporto finale 2015, nm. 113 e seguenti; OCSE,
NAC, nm. 152 e seguenti.
[81]Per la definizione di stabilimento d’impresa
si rimanda ai criteri di individuazione stabiliti nelle
convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni
(di seguito CDI) e, in loro assenza, ai criteri previsti
dal diritto interno dello Stato che concede il ruling
(cfr. Iglesias Nelly, op. cit., pagina 38). Per il diritto svizzero, si tratta in particolare degli articoli 4
capoverso 2 e 51 capoverso 2 della Legge federale
sull’imposta federale diretta (di seguito LIFD) e, per
l’imposta cantonale, la medesima definizione della
LIFD ripresa nel diritto cantonale (cfr. per esempio
articoli 3 capoverso 2 e 61 capoverso 3 LT-TI).
[82] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 117.
[83]Locher Peter, Introduzione al diritto fiscale
intercantonale, 3. edizione, Berna 2015, pagina 106.
[84] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 118.
[85] Per società che esercitano un’attività commerciale o industriale in Svizzera, la Circolare AFC del
1999 relativa al Decreto del Consiglio federale del
1962 concernente i provvedimenti contro l’uso senza causa legittima delle convenzioni conchiuse dalla
Confederazione per evitare le doppie imposizioni (di
seguito DCF 1962) prevede che queste possono utilizzare più del 50% dei redditi privilegiati da una
convenzione per soddisfare gli impegni di persone
che non hanno diritto ai vantaggi della convenzione, a condizione che questi oneri siano giustificati
dall’uso commerciale e possano essere provati (cfr.
articolo 2 capoverso 2 lettera a DCF 1962). Se invece
la prova dell’esercizio di un’attività non può essere
dimostrata, al massimo il 50% dei redditi privilegiati
convenzionalmente può essere adoperato per soddisfare gli impegni di persone che non hanno diritto
ai vantaggi della CDI (AFC, Provvedimenti contro
l’uso senza causa legittima delle convenzioni conchiuse dalla Confederazione per evitare le doppie
imposizioni [DCF 1962/circolare 1999], 17 dicembre 1998, pagina 2).
[86] de Vries Reilingh Daniel, Manuel de droit fiscal
international, 2. edizione, Berna 2014, nm. 189 e
seguenti.
[87] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 120.
[88] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 121.
[89] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 122; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 39.
[90] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 122; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 39.
[91] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 124; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 39.
[92] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 124; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 39.
[93] Questa Convenzione costituisce un ampio strumento di cooperazione multilaterale che consente
alle parti contraenti di scambiarsi le informazioni in
ambito fiscale. La Convenzione sull’assistenza amministrativa prevede inoltre altre forme di assistenza
(per esempio il recupero delle imposte). Cfr. Messaggio del Consiglio federale concernente l’approvazione
della Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’OCSE
sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale e la sua attuazione (modifica della legge
sull’assistenza amministrativa fiscale), n. 15.047, del
5 giugno 2015, in: Foglio federale 2015 4613, pagina
4618 (citato: Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza amministrativa).
[94] Si osserva che il termine di referendum è scaduto infruttuosamente il 9 aprile 2016 (cfr. Decreto
federale che approva e traspone nel diritto svizzero la
Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’OCSE sulla
reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale,
del 18 dicembre 2015, in: Foglio federale 2015 7949).
[95] Cfr. anche Messaggio Riforma III, pagina 4258.
[96]
Bericht über internationale Finanz- und
Steuerfragen, Rapporto del Consiglio federale,
Berna, febbraio 2016, pagina 44; Messaggio sulla
Convenzione sull’assistenza amministrativa, pagine
4635 e 4654.
[97]Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
amministrativa, pagina 4634.
[98]Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
amministrativa, pagina 4620.
[99] Per una visione di esempi concreti che portano a uno scambio spontaneo di informazioni, cfr.
Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza amministrativa, pagina 4655.
[100] Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
39
40
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
amministrativa, pagina 4634.
[101] Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
amministrativa, pagina 4631. Nei casi di uno scambio spontaneo di informazioni, l’autorità fiscale si
trova in possesso delle informazioni da scambiare,
così che non è necessaria alcuna inchiesta. Per questa ragione, il contribuente interessato deve essere
informato sullo scambio spontaneo delle sue informazioni e, di conseguenza, deve poter richiedere di
essere sentito, così come poter inoltrare un ricorso
(Opel Andrea, Neuausrichtung der schweizerischen
Abkommenspolitik in Steuersachen: Amtshilfe nach
dem OECD-Standard, Berna 2015, pagina 529).
[102]
Questo
capoverso,
che
corrisponde sostanzialmente all’articolo 21a capoverso 1
LAAF, è stato introdotto nel 2014 per garantire la
conformità del diritto svizzero con lo standard internazionale. Secondo questo standard, lo scambio effettivo di
informazioni non deve essere impedito o ritardato indebitamente dalla necessità di notifica (Messaggio sulla
Convenzione sull’assistenza amministrativa, pagina
4655). Critica, a ragione, su questa disposizione Opel
Andrea, Spontane Amtshilfe unter der Lupe, in: StR
5/2016, pagine 380-393, pagina 390. Lo scambio
spontaneo non dipende da una richiesta dell’altro
Stato contraente e pertanto non esiste una procedura aperta in tale Stato contro un contribuente.
Ne consegue che è impossibile vanificare lo scopo
dell’assistenza e il buon esito dell’inchiesta nello Stato ricevente. Lo scambio spontaneo poggia le sue
basi su una semplice presunzione dello Stato che
dispone delle informazioni, che queste possano poi
rivelarsi pertinenti per l’altro Stato. Non compromettendo alcun tipo di inchiesta nell’altro Stato, vietare
al contribuente interessato la possibilità di prendere
posizione sull’invio delle informazioni è da considerarsi eccessivo e non compatibile con le regole di uno
Stato di diritto.
[103] Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
amministrativa, pagina 4655.
[104] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 135, con
particolare riferimento alle note a piè di pagina n. 11
e 13; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 39.
[105] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 126; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 39. Vi rientrano pure i ruling che sono
stati modificati (OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 135).
[106] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 129; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 39.
[107] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 133; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 49; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 39.
[108] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 133; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 39.
[109] Di altra opinione Iglesias Nelly, op. cit., pagina 40.
[110] Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
amministrativa, pagina 4647.
[111] Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
amministrativa, pagina 4646.
[112] Messaggio sulla Convenzione sull’assistenza
amministrativa, pagina 4646.
[113] Esempio: in data 4 luglio 2012 il fiduciario X.
ha sottoposto all’autorità fiscale ticinese, in nome
e per conto della neocostituita Pinco SA, un ruling
prospettando un’attività di trading internazionale
e chiedendo l’accordo del fisco ticinese per essere imposta in base all’articolo 92 LT-TI. Dopo pochi
giorni il fiduciario riceve copia del suo scritto, firmato dal Capoufficio dell’Ufficio di tassazione delle
persone giuridiche, con l’apposizione del timbro
“d’accordo con quanto sopra”. Il ruling rilasciato dal
fisco è temporalmente illimitato. In questo caso il
ruling è oggetto di uno scambio spontaneo obbligatorio di informazioni. L’autorità fiscale ticinese deve
quindi trasmettere le informazioni all’AFC, affinché
questa le trasmetta al fisco estero sulla base del
modello indicato nell’allegato C del Rapporto finale
2015 (cfr. Macchi Giordano, Lo scambio spontaneo
di informazioni fiscali e l’azione 5 BEPS: effetti per i
ruling delle società in Svizzera, Seminario SUPSI,
Lugano, 29 febbraio 2016, pagina 20).
[114] Cfr. anche Macchi Giordano, op. cit., pagina
16; Oesterhelt Stefan/Hössli Bernhard, Action 5:
Schädliche Steuerpraktiken, IFF Seminar, San Gallo,
9-10 febbraio 2016, pagina 23.
[115] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 130.
[116] OCSE, Rapporto finale 2015, Annex C.
[117]Cfr. Vorpe Samuele/Molo Giovanni, Lo
scambio automatico d’informazioni fiscali, in: RtiD
II-2015, pagina 625 e seguenti, pagina 631.
[118] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 11; OCSE,
Rapporto intermedio 2014, pagina 21; Iglesias Nelly, op. cit., pagina 35.
[119] OCSE, Rapporto finale 2015, nm. 12; Iglesias
Nelly, op. cit., pagina 36.
[120] Secondo un articolo apparso su NZZ-Online,
le società interessate potrebbero anche decidere di
annullare i ruling prima della fine del 2016 (o del 2017)
prendendo contatto con le preposte autorità fiscali.
Rinunciare ai vantaggi e alla sicurezza giuridica offerta dai ruling, significa però lasciare alle autorità fiscali
cantonali un ampio margine di apprezzamento nel
definire la base imponibile per esempio conformemente alle disposizioni dell’articolo 28 capoversi 2-4
LAID (cfr. Gratwohl Natalie, Die Steuerruling kommen ins Rollen, in: NZZ-Online, 2 ottobre 2015,
http://w w w.nzz.ch/wir tschaft/die-steuerruling-kommen-ins-rollen-1.18623005 [02.08.2016]).
[121]DFF, Scambio spontaneo di informazioni:
avviata la procedura di consultazione concernente
la revisione dell’ordinanza sull’assistenza amministrativa fiscale, Comunicato stampa, Berna, 20
aprile 2016, in: https://www.news.admin.ch/
message/index.html?lang=it&msg-id=61431
[02.08.2016].
Diritto tributario internazionale e dell’UE
Ultima chance per la regolarizzazione
dei capitali non dichiarati al fisco brasiliano
Carlo Lorusso
Avvocato, Specializzato in diritto
tributario internazionale
Iscritto come avvocato straniero presso
l’Ordine degli Avvocati brasiliani
[email protected]
[email protected]
La regolarizzazione fiscale costituisce un’opportunità
unica e probabilmente irripetibile per poter tornare a disporre del proprio patrimonio direttamente,
legalmente e ad amministrarlo in base alle proprie
necessità. La Circolare dell’Amministrazione finanziaria brasiliana n. 1627 dell’11 marzo 2016 fornisce alcuni
chiarimenti, ma lascia anche molti dubbi interpretativi
1.
Premessa
In data 11 marzo 2016, l’Amministrazione finanziaria brasiliana (Receita Federal) ha emanato la Circolare amministrativa
(Instrução Normativa) n. 1627 (di seguito Circolare) per implementare il regime speciale di regolarizzazione cambiaria e
tributaria (di seguito RERCT) disciplinato dalla Legge n. 13.254
del 13 gennaio 2016.
Sorprendentemente molti dei suggerimenti proposti dagli
avvocati, dai contabili, dalle associazioni di categoria, dal
sistema bancario e dagli operatori del settore attraverso
la preventiva consultazione pubblica (“Consulta Pubblica” n.
04/2016), non sono stati in alcun modo presi in considerazione nel documento emanato, lasciando così evidenti lacune
normative che, purtroppo, non hanno contribuito al miglioramento di quella che da molti è stata definita una normativa
caratterizzata da incertezza giuridica.
insicurezza giuridica relativamente alla procedura da adottare
per la regolarizzazione, dall’altro, lasciano spazio all’interpretazione e creano margini di difesa in fase giudiziale, posta
l’assenza di specifiche previsioni normative da applicarsi.
2.
Il quadro normativo
Passando all’analisi del provvedimento in esame, il primo punto
da evidenziare riguarda la conferma dei beni e diritti che possono essere regolarizzati attraverso l’adesione al programma.
Resta esclusa la possibilità di regolarizzare gli oggetti preziosi,
le opere d’arte, gli animali di particolare pregio e il materiale
genetico per la produzione animale. Tale esclusione sarebbe
giustificata dalla difficoltà di comprovare nello specifico la
titolarità ed il valore di mercato di tali beni e di evitare, quindi,
la regolarizzazione di patrimoni di origine illecita. Se da un lato
tale esclusione limita la possibilità di eludere la legge, dall’altro
disincentiva l’adesione di quei contribuenti che desiderano
regolarizzare tutto il patrimonio ma che hanno parte dei loro
attivi non coperti dal programma.
Questo potrebbe essere il caso di quei contribuenti con attivi
distribuiti in oro, fondi, azioni e immobili. Anche volendo, in
tale situazione, gli stessi non potrebbero regolarizzare l’intero
patrimonio. Nel caso in cui optassero per una regolarizzazione
parziale (regolarizzando solo i fondi, le azioni e gli immobili),
sarebbero comunque sottoposti a sanzioni in relazione agli attivi
non regolarizzati. Sembra evidente che tale impedimento sia
contradditorio rispetto all’obiettivo posto dalla legge.
La disposizione legislativa, inoltre, genera incertezza relativamente alla possibilità di regolarizzare investimenti in
metalli preziosi come, ad esempio, certificati di deposito in
oro detenuti presso istituzioni finanziarie che sono soggette
alla regolamentazione sul riciclaggio di denaro e che sono
in grado di fornire documentazione relativa al valore ed alla
titolarità dell'investimento.
Evidentemente, la volontà del Governo brasiliano di “fare cassa”
in questa particolare contingenza economica e politica è stata
più forte della necessità di fornire uno strumento legislativo adeguato, efficace e affidabile per i contribuenti e per il fisco stesso.
Se da un lato, infatti, le lacune legislative possono creare
Nel caso appena citato, le informazioni necessarie a determinare l’origine di tali beni sarebbe pienamente disponibile. Per
questo motivo, si ritiene che tale tipo di investimento debba
rientrare nell’ambito del programma di regolarizzazione.
41
42
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
Altro punto controverso che non è stato chiarito dalla
Circolare riguarda la possibilità di regolarizzare il denaro contante, eventualmente detenuto in una cassetta di sicurezza
all’estero. Permane, pertanto, un'incertezza con riferimento ai
beni coperti dal programma.
È importante sottolineare che tutti i beni e i diritti da regolarizzare devono essere dichiarati al valore di mercato al 31
dicembre 2014. La Circolare non ha chiarito, tuttavia, come
devono essere valutati gli immobili e i beni intangibili all’estero.
Chi sarebbero i soggetti legittimati a periziare e valutare tali
beni al fine di identificare il valore da inserire nella dichiarazione di adesione al programma (di seguito DERCAT)?
di aderire al programma al fine di evitare una tassazione ordinaria ed incorrere poi in una sanzione penale.
Tuttavia, tale nuova previsione normativa non essendo inserita
nella legge quale criterio di esclusione dalla RERCT, lascia forti
dubbi interpretativi, estende la fascia di contribuenti esclusi
dalla procedura e potrebbe essere oggetto di futuri contenziosi.
La Circolare, poi, conferma l'impossibilità di aderire alla regolarizzazione per quei contribuenti che al 13 gennaio 2016
ricoprivano incarichi pubblici e/o politici nonché i loro congiunti fino al secondo grado. Anche quest’ultima restrizione
appare criticabile posto il contrasto con quanto contenuto
nella Costituzione brasiliana. In base a quest’ultima, infatti,
nessun diritto può essere limitato in maniera discriminatoria
per una classe di persone.
È palese l’intenzione del legislatore di voler limitare i benefici
derivanti dall’amnistia a quelle attività legate a collusione e
corruzione: tuttavia, tale limitazione è già presente nella norma
attraverso la dichiarazione e, quindi, dimostrazione dell’origine
lecita del denaro. Pertanto, presumibilmente, funzionari pubblici
e politici i cui proventi siano derivati da reati coperti dall’amnistia potrebbero invocare l’incostituzionalità di tale norma.
Il provvedimento si limita a specificare che tali soggetti
devono essere degli specialisti, senza, tuttavia, fornire alcun
orientamento sulla qualificazione di tali soggetti, nonché sul
procedimento formale da rispettare per la valutazione.
Ad avviso di chi scrive, il procedimento più razionale da seguire
sarebbe quello di ricorrere alla normativa del Paese ove gli immobili
sono locati o i beni intangibili sono registrati al fine di identificare
chi sono gli specialisti abilitati ad effettuare una valutazione di tali
beni in ossequio alle previsioni della legislazione interna.
Un ulteriore dubbio interpretativo emerge rispetto ai soggetti
esclusi dalla possibilità di adesione al programma. La Circolare,
infatti, esplicita la definizione di dichiarazione volontaria come
un atto che deve informare su fatti nuovi, ovverosia, non
conosciuti dal fisco e che non siano stati oggetto di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria limitando,
così, la partecipazione anche per quei soggetti che abbiano
già ricevuto la notifica di accertamento seppur ancora non
condannati per i fatti contestati.
Dal punto di vista operativo, sarà possibile realizzare l’adesione
al programma fino al 31 ottobre 2016. Il sistema dichiarativo
è stato implementato il 4 aprile 2016 e sarà necessario possedere un certificato digitale. La dichiarazione si perfezionerà
con il pagamento integrale dell’imposta e della multa (30% del
valore del patrimonio al 31 dicembre 2014).
Va rilevato che permangono anche in tale sede attuativa
forti criticità, in particolare con riferimento alle modalità di
pagamento nel caso in cui il contribuente non abbia in Brasile
la liquidità necessaria al fine di assolvere il pagamento delle
imposte. Infatti, non è scontato che in particolari casi di
regolarizzazione, le istituzioni finanziare brasiliane accettino di effettuare il cambio e rimpatriare somme di denaro
non ancora regolarizzate. Sembrerebbe che i contribuenti
dovranno cercare cammini alternativi (come per esempio
l’ottenimento di un finanziamento) al fine di aderire al RERCT
ed essere in grado di effettuare il pagamento.
Tale previsione, introdotta con la Consultazione, si pone in
evidente contrasto con l’articolo contenuto nella legge che
prevede quale unico criterio di esclusione la condanna, anche
solo in primo grado, per aver commesso uno dei crimini amnistiati dal RERCT.
La Circolare ha confermato che i patrimoni da regolarizzare
quando espressi in moneta straniera, dovranno essere
convertiti in dollari statunitensi e successivamente in Reais
usando la quotazione di vendita pubblicata dalla Banca
Centrale Brasiliana il 31 dicembre 2014, la quale sarà uguale a
R$ 2.66. Pertanto, con riferimento alle somme che dovranno
essere rimpatriate o per mera scelta del contribuente, ovvero
per effettuare il pagamento delle imposte nel caso di regolarizzazione, potrebbe realizzarsi un exchange gain e quindi
un’imposizione del 15% sul plusvalore realizzato sul cambio.
Si rileva che l’introduzione di questo nuovo articolo è in linea
con quanto già previsto in altri programmi di adesione volontaria (come ad esempio per l’Italia) e giustificabile per il fatto
che in caso di accertamento verrebbe meno la volontarietà
della dichiarazione e prevarrebbe, piuttosto, la mera necessità
Tuttavia, né la legge, né tantomeno la Circolare, chiariscono
quale debba essere il valore da prendere come riferimento.
Probabilmente, il valore più ragionevole a cui riferirsi potrebbe
essere la quotazione del dollaro al 31 dicembre 2014 della
Banca Centrale Brasiliana (i.e. 2.66).
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
Al contrario di quanto stabilito per legge (210 giorni a partire
dall’emissione della regolamentazione da parte del fisco), i
tempi della regolarizzazione per aderire al RERCT vengono
estesi dalla Circolare fino al 31 ottobre 2016.
3.
Conclusioni
È importante evidenziare che tutte le dichiarazioni rese nella
DERCAT dovranno essere comprovate da documentazione di
supporto al fine di limitare al minimo i rischi di un'eventuale
contestazione del fisco. Si ricorda, infatti, che tale dichiarazione
è spontanea e pertanto la buona fede del contribuente sarà
elemento di valutazione rilevante per l’Amministrazione fiscale.
Come è facilmente desumibile dalle considerazioni summenzionate, l’insicurezza giuridica permane e potrebbe restringere
la platea di contribuenti interessati, aprendo una breccia
pericolosa a supporto di quei contribuenti e tecnici che non
ripongono fiducia nel sistema legislativo brasiliano.
Ulteriore criticità (di cui si è discusso nella consultazione pubblica ma che non ha trovato risposta nella Circolare) riguarda
i beni che non sono più presenti nella sfera patrimoniale del
contribuente al 31 dicembre 2014 perché trasferiti ad altro
soggetto (come per esempio a trust e fondazioni) o semplicemente non più esistenti.
Anche in tali casi la RERCT concede al contribuente la possibilità di effettuare la dichiarazione, tuttavia, non è chiaro come
identificare il valore da inserire nella DERCAT.
Sebbene gli addetti ai lavori si aspettassero maggiori
chiarimenti da parte dell’amministrazione a seguito della
consultazione pubblica, questa iniziativa governamentale
costituisce un’opportunità unica e probabilmente irripetibile,
perlomeno alle stesse condizioni economiche, per poter
tornare a disporre del proprio patrimonio direttamente, legalmente e ad amministrarlo in base alle proprie necessità.
Chiaramente, in una situazione di incertezza giuridica, il
ruolo dei consulenti esperti in tale materia diventa ancora più
rilevante in quanto l’elemento di prova sarà determinante al
fine di evitare un’eventuale rifiuto della DERCAT ovvero un
potenziale contenzioso con l’amministrazione finanziaria.
Per alcuni beni sarebbe possibile una valutazione alla data di
cessione (come per esempio per gli immobili) ma per altri, come
ad esempio i depositi bancari, non è chiaro quale possa essere
il valore che sarebbe accettato dal fisco. La Circolare, infatti, si
è limitata a sostituire la parola “valor apontado” con “valor presumido” lasciando un’ampia scelta sulla determinazione del valore.
Nonostante permangano ancora molti dubbi, alcuni chiarimenti
sono stati forniti con riferimento alle informazioni necessarie
da fornire all’amministrazione finanziaria nel caso in cui i patrimoni siano stati conferiti in trust, off-shore o fondazioni.
Per quanto riguarda i trust e le fondazioni è stato chiarito che
il soggetto legittimato a rendere la dichiarazione sarà il beneficiario. Tale chiarimento, ciò nonostante, non sembra essere il
più esaustivo posto che non necessariamente il beneficiario del
trust sia a conoscenza di tale condizione. Lo stesso, infatti, viene
nominato dal settlor del trust o dal fondatore (colui che è legalmente proprietario dei beni prima del trasferimento legale al
trust) nel momento della costituzione dello stesso e sottoposto
al verificarsi di una condizione. Inoltre, la letter of wishes, con la
quale viene nominato il beneficiario, è un documento riservato
e detenuto dal trustee o dal gestore della fondazione.
Sempre a tal proposito, si rileva che l’istruzione normativa
prevede che anche il settlor possa presentare la dichiarazione
volontaria. In tal caso, si assisterebbe ad una doppia imposizione economica (stessi beni di due soggetti giuridici differenti
assoggettati due volte al pagamento di imposta e multa), in
quanto il valore che dovrà essere dichiarato dal settlor sarà già
stato dichiarato dal beneficiario.
Per i contribuenti interessati alla regolarizzazione è consigliabile,
pertanto, premunirsi di tutta la documentazione a supporto,
comprovare la dichiarazione inoltrata all’Amministrazione
finanziaria al fine di prepararsi adeguatamente ad eventuali
contestazioni della stessa e conservare i documenti per cinque
anni, periodo durante il quale l’Amministrazione finanziaria
potrà esaminare la pratica e convalidare o meno l’amnistia.
Elenco delle fonti fotografiche:
http://www.greenbiz.it/images/brasile.jpg [02.08.2016]
http://i2.res.24o.it/images2010/Migrazione/IlSole24Ore-Web/_Immagini/
F i n a n z a% 20 e% 20 M e r c a t i/2010/0 9/r e a l-b r a s i l e-af p258 x 258.
jpg?uuid=305fde0a-cc0c-11df-9f46-d8f9f3ddc70f [02.08.2016]
http://thefielder.net/wp-content/uploads/2014/05/934425-britain-.jpg
[02.08.2016]
http://www.aboutbrasil.com/modules/images/1039.jpg [02.08.2016]
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44
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero
La nozione di verosimile rilevanza
nella domanda di assistenza amministrativa
Samuele Vorpe
Responsabile del Centro di competenze
tributarie della SUPSI
Sentenza del Tribunale federale, del 24 settembre 2015, n.
2C_1174/2014
Articolo 28 CDI-F; Articolo 4 LAAF; secondo il Commentario
OCSE la nozione di “verosimile rilevanza” che si ritrova nelle
CDI ha lo scopo di garantire uno scambio di informazioni il più
ampio possibile, senza tuttavia consentire agli Stati contraenti di intraprendere una ricerca generalizzata e indiscriminata
di informazioni (“fishing expedition”) o di domandare informazioni verosimilmente poco rilevanti per il chiarimento della
situazione fiscale di un determinato contribuente; la condizione di “verosimile rilevanza” è considerata come soddisfatta
se, al momento dell’inoltro della domanda, sussiste una possibilità ragionevole che le informazioni richieste si rivelino
pertinenti; ciò che permette allo Stato richiesto di valutare
la condizione di “verosimile rilevanza” è il contenuto della
domanda; il principio della buona fede implica che uno Stato è
sempre presunto agire in buona fede; lo Stato richiedente deve
poter formulare una domanda di assistenza amministrativa
in caso di conflitto di residenza (assoggettamento illimitato in Svizzera); se lo Stato richiedente fa valere un criterio
di assoggettamento illimitato all’imposta che si ritrova nella
CDI-F, di per sé l’imposizione che ne deriva in detto Stato non
è contraria alla Convenzione, quand’anche la Svizzera consideri la persona interessata anche come un suo contribuente;
l’articolo 28 paragrafo 5, seconda frase CDI-F è direttamente
applicabile (“self executing”); ciò ha per conseguenza non solo
che il segreto bancario non può più essere invocato da una
banca svizzera, ma anche che l’AFC dispone dei poteri procedurali necessari all’ottenimento delle informazioni richieste
verosimilmente rilevanti; il carattere direttamente applicabile dell’articolo 28 paragrafo 5, seconda frase CDI-F concerne
anche i terzi; se le informazioni richieste riguardano non solo le
persone interessate ai sensi dell’articolo 4 capoverso 3 LAAF,
ma anche i terzi non interessati, spetta all’autorità presso la
quale è pendente la domanda procedere alla ponderazione
degli interessi; l’articolo 4 capoverso 3 LAAF non può essere
inteso come prescrivente all’autorità svizzera la soppressione
delle indicazioni concernenti i terzi non interessati, nel caso
in cui la loro soppressione vanificherebbe la domanda di assistenza amministrativa
1.
Le autorità francesi chiedono informazioni all’AFC su dei
coniugi di nazionalità francese con domicilio fiscale in
Svizzera
Cittadini francesi, i coniugi X, che precedentemente abitavano
a Parigi, risiedono a Ginevra dal mese di marzo del 2010, luogo
in cui sono tassati in funzione del loro dispendio e, successivamente, su base ordinaria a partire dal periodo fiscale 2013.
Il 26 luglio 2013, le autorità fiscali francesi hanno indirizzato
all’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito
AFC) una domanda di assistenza amministrativa relativa alla
situazione fiscale in Svizzera dei coniugi X durante i periodi
fiscali 2010, 2011 e 2012. L’AFC è entrata in materia e ha
trasmesso una parte delle informazioni richieste alle autorità
fiscali francesi.
2.
Non soddisfatte, le autorità fiscali francesi presentano
una seconda domanda all’AFC poiché ritengono che il loro
domicilio fiscale sia in Francia
Il 18 dicembre 2013, le autorità francesi hanno presentato
una seconda domanda per gli anni 2010-2013. Esse hanno
menzionato che i coniugi X sono stati oggetto di un controllo
fiscale e, secondo le indicazioni dei servizi fiscali, degli elementi permettevano di considerare che il domicilio dei coniugi
X fosse in Francia, luogo in cui si trova la loro abitazione, dove
vi soggiornano principalmente e dove vi esercitano la loro
attività professionale.
Inoltre, è stato scoperto dalle autorità fiscali francesi che
i coniugi X detengono dei conti bancari aperti in Svizzera
presso la banca Y (di seguito Banca). Secondo la legislazione
francese, i residenti fiscali hanno, in particolare, l’obbligo di
dichiarare i conti bancari aperti all’estero e i relativi redditi
di fonte francese ed estera. Nonostante le diverse domande
poste dall’amministrazione francese, i coniugi X non hanno
dichiarato né questi conti né gli averi che vi figurano, così
come i relativi redditi prodotti.
Le autorità fiscali francesi hanno pertanto richiesto informazioni concernenti i conti, l’ammontare della sostanza al
1. gennaio 2010, 2011, 2012 e 2013, gli estratti conto che
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
indicano la natura e l’importo dei redditi (interessi, dividendi,
plusvalenze), l’elenco delle transazioni (trasferimenti, depositi,
prelievi) per il periodo dal 1. gennaio 2010 al 31 dicembre
2011, una copia del formulario A, nonché i riferimenti e le
informazioni su tutti gli altri conti bancari detenuti presso la
Banca di cui i coniugi X sono i titolari, i beneficiari economici
oppure quelli per i quali è prevista una procura.
3.
L’AFC, dopo uno scambio di corrispondenza con le autorità
fiscali francesi, accorda l’assistenza amministrativa
In seguito alla richiesta da parte dell’AFC, la Banca ha trasmesso le informazioni in data 28 gennaio 2014. Il 30 gennaio
2014, i rappresentanti dei coniugi X hanno fatto uso dei loro
poteri nei confronti dell’AFC. Tra l’AFC e le autorità fiscali
francesi sono intercorsi diversi scambi di corrispondenza per
comprendere le ragioni alla base del rifiuto da parte francese
di considerare il domicilio fiscale in Svizzera dei coniugi X.
Dopo aver dato l’opportunità ai coniugi X di pronunciarsi sul
dossier e sulle informazioni che contava di trasmettere alle
autorità fiscali francesi, l’AFC ha deciso, il 19 maggio 2014, di
accordare alle autorità fiscali francesi assistenza amministrativa e di trasmettere loro le informazioni e la documentazione
ottenuta dal detentore delle informazioni. Concretamente,
i documenti forniti dalla Banca concernono tre conti, di cui i
coniugi X erano direttamente titolari, come pure beneficiari
economici. I documenti sono costituiti dal formulario A,
dall’ammontare della sostanza detenuta al 1. gennaio 2010,
2011 e 2012, e dagli estratti concernenti la movimentazione
di questi conti per il periodo che va dal 1. gennaio 2010 al 31
dicembre 2011. Le informazioni relative a terze persone non
oggetto della domanda sono state infine rimosse.
4.
I coniugi oggetto della domanda non sono d’accordo e si
rivolgono al TAF, che accoglie il ricorso
Con sentenza dell’8 dicembre 2014, il Tribunale amministrativo
federale (di seguito TAF) ha accolto il ricorso interposto dai
coniugi X e ha annullato la decisione dell’AFC del 19 maggio
2014. In sostanza, esso ha ritenuto che le informazioni richieste dalle autorità fiscali francesi non rispettassero il requisito
della verosimile rilevanza, dato che la Francia aveva fornito
solo qualche indicazione sommaria sui motivi in base ai quali
presumeva che i ricorrenti fossero domiciliati sul suo suolo. La
domanda di assistenza doveva dunque essere completamente
respinta per questa ragione.
I giudici hanno inoltre ritenuto che l’assistenza non sarebbe
stata in ogni caso concessa in relazione ai conti detenuti indirettamente, cosicché la decisione impugnata sarebbe già dovuta
essere annullata su questo punto, anche qualora non ci fossero
state delle conseguenze concrete per i contribuenti, ritenuto
che i coniugi X erano i titolari diretti dei conti interessati.
Infine, secondo la decisione impugnata, i documenti bancari
che l’AFC voleva inviare alla Francia non si sarebbero potuti
ottenere secondo il diritto svizzero, ciò che avrebbe parimenti
escluso la loro trasmissione alla Francia in caso di ammissione
della domanda di assistenza francese.
5.
L’AFC decide di adire il TF con un ricorso in materia di
diritto pubblico
Contro la decisione del TAF dell’8 dicembre 2014, l’AFC ha
interposto un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale
federale (di seguito TF) chiedendo di ammettere il ricorso e di
annullare la sentenza impugnata, subordinatamente di rinviare
la causa al TAF per un ulteriore giudizio. Nella loro risposta, i
coniugi X chiedono invece la conferma della decisione del TAF.
Il TF ha deliberato sul presente ricorso in una seduta pubblica,
il 24 settembre 2015.
La sentenza impugnata è una decisione finale (articolo 90
della Legge federale sul Tribunale federale [di seguito LTF]),
pronunciata in una causa di diritto pubblico (articolo 82 lettera
a LTF) ed emanata dal TAF (articolo 86 capoverso 1 lettera a
LTF). Solo un ricorso in materia di diritto pubblico è dunque
ammissibile (cfr. articolo 113 LTF, e contrario).
6.
Soltanto i ricorsi concernenti questioni di importanza
fondamentale possono essere ammessi
Secondo l’articolo 83 lettera h LTF, un tale ricorso è irricevibile
contro le decisioni in materia di assistenza amministrativa
internazionale, ad eccezione dell’assistenza amministrativa
in materia fiscale. L’articolo 84a LTF stabilisce che, in questo
ambito, il ricorso è ammissibile soltanto se concerne una
questione di diritto di importanza fondamentale o se si tratta
per altri motivi di un caso particolarmente importante ai sensi
dell’articolo 84 capoverso 2 LTF. Spetta al ricorrente dimostrare in maniera sufficiente come queste condizioni siano
riunite (articolo 42 capoverso 2 LTF)[1] , a meno che questo sia
manifestamente il caso[2].
La presenza di una questione giuridica di principio presuppone,
quanto ad essa, che la decisione in causa sia importante per la
prassi: questa condizione si realizza in particolare nei casi in
cui le istanze inferiori devono trattare numerosi casi analoghi
o quando è necessario dirimere una questione giuridica che si
pone per la prima volta e che può dar luogo ad un’incertezza
caratteristica, che richiede in maniera urgente un chiarimento
da parte del TF.
Delle questioni giuridiche di principio possono sorgere
parimenti in seguito all’adozione di nuove norme di diritto
materiale o procedurale[3]. Ad ogni buon conto deve trattarsi
di una questione giuridica di una certa portata per la prassi[4].
45
46
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
L’AFC osserva che la sentenza impugnata solleva due questioni
giuridiche di principio. La prima riguarda la portata degli
obblighi di verifica dello Stato richiesto riguardanti la verosimile rilevanza della domanda, con particolare riferimento alla
residenza all’estero dei contribuenti interessati. Come rileva la
ricorrente, non è affatto raro che delle procedure di assistenza
amministrativa si possano occupare di aspetti che riguardano
un conflitto di residenza. È quindi importante per l’AFC sapere
quali informazioni sia tenuta a fornire allo Stato richiedente e in
che misura essa debba procedere a dei controlli al fine di assicurare che i documenti richiesti siano verosimilmente rilevanti.
Questa problematica è indubbiamente importante e non
è ancora stata affrontata dal TF. Essa soddisfa pertanto i
requisiti di cui all’articolo 84a LTF, sufficienti per ammettere la
ricevibilità del ricorso[5].
Questo vale anche per il secondo punto sollevato dalla ricorrente, che affronta la questione fino a quale punto il diritto
interno (in questo caso l’articolo 127 della Legge federale
sull’imposta federale diretta [di seguito LIFD] e l’articolo 4
capoverso 3 della Legge federale sull’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale [di seguito LAAF]) possa
vietare la trasmissione dei documenti bancari nel quadro
dell’assistenza amministrativa internazionale.
7.
La validità del ricorso al TF
Il ricorso è stato interposto dall’AFC, la quale rappresenta
l’autorità competente per l’esecuzione dell’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale (cfr. articolo 2 LAAF).
Si tratta di un’unità amministrativa del Dipartimento federale
delle finanze (di seguito DFF) che è abilitata a ricorrere davanti
al TF nelle sue aree di competenza conformemente agli articoli
4 capoversi 1 e 12 e seguente dell’Ordinanza sull’organizzazione del DFF. Di conseguenza, questa autorità adempie, per
quanto riguarda le questioni di cui all’articolo 84a LTF, le condizioni previste dall’articolo 89 capoverso 2 lettera a LTF[6]. La
qualifica di ricorrente deve essere quindi riconosciuta all’AFC.
Inoltre il ricorso è stato presentato in tempo utile (articolo 100
capoverso 2 lettera b LTF) e nella forma prevista (articolo 42
LTF). Il ricorso è pertanto ricevibile.
8.
L’oggetto della controversia
La controversia riguarda una domanda di assistenza amministrativa presentata il 18 dicembre 2013 dalle autorità fiscali
francesi e verte sugli anni dal 2010 al 2013. La domanda è
disciplinata dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra la Svizzera e la Francia (di seguito CDI-F), la quale
viene completata dal suo Accordo aggiuntivo, nella versione
modificata il 27 agosto 2009 ed entrato in vigore il 4 novembre 2010. Sul piano procedurale, la LAAF è entrata in vigore il
1. febbraio 2013 ed è parimenti applicabile (articolo 24 LAAF;
DTF 139 II 404 consid. 1.1).
La prima questione litigiosa riguarda il requisito della verosimile
rilevanza della domanda. La ricorrente rimprovera al TAF di
aver violato l’articolo 28 paragrafo 1 CDI-F, considerando che i
documenti e le indicazioni fornite dalle autorità fiscali francesi
non fossero sufficienti per determinare la verosimile rilevanza.
9.
Lo scambio di informazioni in materia fiscale tra Svizzera
e Francia e la nozione di verosimile rilevanza
In base all’articolo 28 paragrafo 1, prima frase CDI-F, le autorità
competenti degli Stati contraenti si scambiano le informazioni
verosimilmente rilevanti per l’esecuzione delle disposizioni
della Convenzione oppure per l’applicazione o l’esecuzione
della legislazione interna relativa alle imposte di ogni genere o
denominazione riscosse per conto degli Stati contraenti, delle
loro suddivisioni politiche o enti locali nella misura in cui l’imposizione prevista da detta legislazione non sia contraria alla
Convenzione. Questa disposizione corrisponde allo standard
OCSE in materia di scambio di informazioni, come previsto
dall’articolo 26 paragrafo 1 del Modello OCSE di Convenzione
fiscale (di seguito M-OCSE). Il requisito della verosimile
rilevanza delle informazioni richieste può quindi essere interpretato alla luce del M-OCSE e del suo Commentario[7]. Il
requisito della verosimile rilevanza delle informazioni richieste
figura anche all’articolo 17 capoverso 2 LAAF.
Secondo il Commentario OCSE, la nozione di verosimile
rilevanza “ha lo scopo di assicurare uno scambio di informazioni in
materia fiscale che sia il più ampio possibile, pur vietando la possibilità per gli Stati contraenti di andare a pesca di informazioni o di
domandare informazioni cui è poco probabile la loro rilevanza per
spiegare l’attività di un determinato contribuente” [8].
Il paragrafo 2 cifra XI del Protocollo aggiuntivo alla CDI-F
riprende, parola per parola, questo passaggio del M-OCSE.
Il Protocollo aggiuntivo prevede infatti che “[i]l riferimento alle
informazioni «verosimilmente rilevanti» ha lo scopo di garantire uno
scambio di informazioni in materia fiscale il più ampio possibile, senza
che sia tuttavia consentita la ricerca generalizzata e indiscriminata
di informazioni («fishing expedition») o la richiesta di informazioni
verosimilmente poco rilevanti per il chiarimento degli affari fiscali di
un determinato contribuente”.
La condizione della verosimile rilevanza è ritenuta realizzata
se, nel momento in cui la richiesta viene formulata, vi è una
ragionevole possibilità che le informazioni richieste possano
poi rivelarsi pertinenti. Per contro, poco importa se, una volta
fornite le informazioni richieste, queste non siano in definitiva
rilevanti. Non spetta allo Stato richiesto rifiutare una domanda
o rifiutare di trasmettere le informazioni perché esso sarebbe
dell’avviso che mancherebbe il requisito della verosimile
rilevanza per le indagini o per i controlli sottostanti[9]. Ne
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
consegue che la valutazione del criterio della verosimile
rilevanza delle informazioni richieste è, in primo luogo,
una responsabilità dello Stato richiedente[10]. Il margine di
manovra a disposizione dello Stato richiesto è relativamente
ristretto[11] , poiché esso deve limitarsi a un controllo della
plausibilità[12]. Lo Stato richiesto deve quindi limitarsi a
considerare se i documenti richiesti hanno una relazione con
lo stato dei fatti presentati nella domanda e se questi sono
potenzialmente idonei per essere utilizzati nella procedura
estera[13]. Secondo la dottrina, lo Stato richiesto non può
rifiutarsi di trasmettere le informazioni solo perché presume
che queste non siano rilevanti per lo Stato richiedente[14].
ad eludere i suoi impegni internazionali oppure a non applicare il trattato secondo il suo senso e il suo scopo[23]. Questo
principio implica pure che la buona fede dell’agire di uno Stato
sia da ritenere presunta[24].
Nel contesto dell’assistenza amministrativa in materia fiscale
ciò sta a significare che lo Stato richiesto non potrà, in linea
di principio, mettere in discussione le pretese dello Stato
richiedente[25]. Quindi, se il diritto dello Stato richiesto non
ostacola la verifica che le informazioni richieste siano verosimilmente rilevanti per servire allo scopo fiscale ricercato dallo
Stato richiedente, lo Stato richiesto deve riferirsi, di principio,
alle indicazioni fornite dallo Stato richiedente.
Il requisito della verosimile rilevanza non rappresenta
dunque un grosso ostacolo alla domanda di assistenza amministrativa[15]. Il TF ha recentemente ricordato che questo
significherebbe fraintendere il significato e lo scopo dell’assistenza amministrativa, qualora si esiga da parte dello Stato
richiedente la presentazione di una domanda priva di lacune e
di contraddizioni. Infatti, la domanda di assistenza implica, per
sua natura, degli aspetti oscuri che le informazioni richieste
all’altro Stato dovrebbero in seguito poter chiarire[16].
Questa suddivisione dei ruoli è simile a quella prevista
dalla giurisprudenza del TF che si è sviluppata in materia di
assistenza giudiziaria internazionale penale o di assistenza
amministrativa nel settore borsistico. L’autorità richiesta, in
questi casi, non deve determinare se lo stato dei fatti descritti
nella richiesta corrisponda assolutamente alla realtà, ma deve
esaminare se i documenti richiesti si relazionino bene ai fatti
contenuti nella domanda. Questa autorità può rifiutarsi di
trasmettere soltanto quei documenti che le appaiono con
certezza non determinanti, in modo tale che la richiesta non
si presenti come un pretesto a una ricerca indeterminata dei
mezzi di prova[17]. Il TF ha del resto confermato che questo
approccio è valido anche nell’ambito dell’assistenza amministrativa in materia fiscale[18].
10.
Il rispetto da parte di ciascun Stato dei princìpi contenuti
nella Convenzione di Vienna
Quando una convenzione per evitare le doppie imposizioni (di
seguito CDI) viene messa in discussione, si deve garantire il
rispetto dei princìpi contenuti nella Convenzione di Vienna sul
diritto dei trattati (di seguito CV).
La CV serve per interpretare ed eseguire in particolare le
CDI[19] , anche in assenza di uno specifico riferimento nei testi
convenzionali[20]. Come ogni trattato, le CDI devono essere
interpretate in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e alla luce del
suo oggetto e del suo scopo (cfr. articolo 31 paragrafo 1 CV)
[21]. Il principio della buona fede è legato alla regola dell’effetto utile, anche se non figura esplicitamente all’articolo 31
CV. L’interprete deve dunque scegliere, tra i diversi significati
possibili, quello che gli permette l’applicazione effettiva della
clausola di cui è richiesto il senso, evitando di raggiungere
un significato in contraddizione tra la lettera e lo spirito del
trattato[22]. Ogni Stato contraente deve pertanto vietare
qualsiasi comportamento o interpretazione che porterebbe
11.
L’importanza del contenuto della domanda al fine di valutare il criterio della verosimile rilevanza
Ne discende da questi princìpi che innanzitutto è il contenuto della domanda formulata dallo Stato richiedente che
permetterà allo Stato richiesto di valutare le condizioni della
verosimile rilevanza[26].
Il legislatore svizzero ha stabilito all’articolo 6 capoverso 2
LAAF una lista di informazioni che devono essere presentate nella domanda. Questa lista è però sussidiaria. Infatti,
la CDI-F già contiene a sua volta le indicazioni sul contenuto
della domanda, le quali prevalgono giuridicamente sulla lista
sussidiaria prevista all’articolo 6 capoverso 2 LAAF.
Le indicazioni sono enumerate al paragrafo 3 cifra XI del
Protocollo aggiuntivo e prescrivono allo Stato richiedente di
fornire delle informazioni relative all’identità della persona
oggetto del controllo o dell’inchiesta (lettera a) e il periodo
oggetto della domanda (lettera b). Esso deve inoltre fornire
una descrizione delle informazioni ricercate, in particolare
la loro natura e la forma in cui desidera riceverle (lettera c),
lo scopo fiscale per cui le informazioni sono state richieste
(lettera d) e, nella misura in cui sono noti, il nome e l’indirizzo delle persone per le quali vi è motivo di ritenere che
siano in possesso delle informazioni richieste (lettera e).
L’elenco indicato nella CDI-F (come del resto quello indicato
all’articolo 6 paragrafo 2 LAAF) è concepito in modo che lo
Stato richiedente debba conformarsi scrupolosamente. In
linea di principio esso dovrebbe presentare delle informazioni
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Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
sufficienti a dimostrare la verosimile rilevanza della domanda,
tenendo conto dei requisiti citati precedentemente. Se,
tuttavia, le informazioni fornite non dovessero soddisfare
tali requisiti, la LAAF contiene a sua volta delle norme di
procedura che consentono all’AFC di interpellare l’autorità
richiedente, dandole la possibilità di completare per scritto la
domanda (articolo 6 capoverso 3 LAAF).
L’articolo 7 LAAF prevede inoltre che, in talune situazioni, l’AFC
può rifiutarsi di entrare in materia, se risulta che la domanda è
stata presentata soltanto allo scopo di ricercare prove (lettera
a); se sono state richieste informazioni che non sono contemplate dalle disposizioni sull’assistenza amministrativa della CDI
applicabile (lettera b); o se vìola il principio della buona fede, in
particolare se si fonda su informazioni ottenute mediante reati
secondo il diritto svizzero (lettera c).
Ad eccezione del caso in cui l’inclusione di un fatto notorio
rivela fin dall’inizio che l’informazione è manifestamente
errata[27] oppure lo Stato richiesto presuppone l’esistenza di
una situazione interessata dall’articolo 7 LAAF, le norme di
procedura della LAAF non impongono allo Stato richiesto né
di procedere a delle verifiche né di rimettere in discussione la
validità delle informazioni fornite dallo Stato richiedente[28].
La LAAF prevede anche una procedura che rispetta perfettamente la suddivisione dei ruoli tra Stato richiedente e Stato
richiesto, così come stabilito in seno all’OCSE.
12.
Scambio di informazioni in materia fiscale tra Svizzera
e Francia anche in caso di assoggettamento illimitato
all’imposta nei due Paesi?
Dall’articolo 28 paragrafo 1, ultima frase CDI-F (che corrisponde all’articolo 26 paragrafo 1, ultima frase M-OCSE)
risulta che lo Stato richiesto è tenuto a trasmettere le informazioni nella misura in cui l’imposizione prevista dalla sua
legislazione interna non sia contraria alla CDI.
Secondo Holenstein[29] , ci si potrebbe trovare in questa situazione quando, sia lo Stato richiedente, sia lo Stato richiesto
considerano la persona, oggetto della richiesta di informazioni, un proprio contribuente, illimitatamente assoggettato
all’imposta. Riferendosi all’articolo 4 paragrafo 2 M-OCSE,
egli ricorda che una persona fisica può essere residente
fiscalmente soltanto in uno Stato contraente e che la determinazione dello Stato di residenza fiscale viene effettuata
secondo i criteri applicabili successivamente[30].
Egli ne deduce che se la Svizzera riceve una domanda di assistenza amministrativa riguardante uno dei suoi contribuenti,
assoggettato illimitatamente all’imposta, la quale proviene
da uno Stato che considera a sua volta il medesimo contribuente assoggettato illimitatamente all’imposta, l’AFC deve
risolvere il conflitto attraverso l’ausilio dei successivi criteri
previsti nella CDI applicabile. Essa deve pertanto fornire le
informazioni richieste soltanto se risulta che la persona fisica
sia effettivamente residente fiscale nello Stato richiedente
(e non residente fiscale in Svizzera). In caso contrario, la
Svizzera non sarebbe tenuta a trasmettere le informazioni
allo Stato richiedente.
La posizione di Holenstein, la quale presuppone che un
conflitto di residenza fiscale si avvera nel momento in cui
la Svizzera riceve la domanda di assistenza, non è condivisa
dal TF. Questo non è infatti sempre il caso. Al contribuente
interessato dalla domanda può essere contestata la decisione di assoggettamento illimitato all’imposta nello Stato
richiedente davanti ai tribunali di questo Stato. In una simile
ipotesi, quando lo Stato richiedente formula la sua domanda
di assistenza amministrativa la procedura giudiziaria non
deve necessariamente essere terminata e tanto meno essere
cresciuta in giudicato.
Lo Stato richiedente non è infatti tenuto ad attendere l’esito
della vertenza sul principio della residenza fiscale per formulare la sua domanda di assistenza amministrativa, tanto più
se la domanda può anche perseguire l’obiettivo di consolidare
la posizione riferita alla residenza fiscale del contribuente
interessato. Inoltre, lo Stato richiedente deve essere in grado
di formulare una domanda di assistenza amministrativa anche
in caso di conflitti di residenza effettivi, al fine di ottenere dallo
Stato richiesto dei documenti che gli permettano di sostenere
la sua pretesa concorrente rispetto a quella dell’altro Stato.
Si deve in particolare tenere conto dell’ipotesi secondo la quale
un contribuente assoggettato illimitatamente in Svizzera ha,
in realtà, la sua residenza fiscale nello Stato richiedente, ad
esempio perché vi ha mantenuto, a sua disposizione, un’abitazione permanente.
Pertanto, la questione della conformità alla CDI ai sensi dell’articolo 28 paragrafo 1, ultima frase CDI-F nel contesto specifico
di una domanda riguardante un contribuente considerato, da
entrambi gli Stati, come assoggettato illimitatamente, non
deve essere apprezzata in funzione dell'esistenza o meno di
una doppia residenza fiscale effettiva, ma piuttosto alla luce
dei criteri che lo Stato richiedente utilizza per stabilire se la
persona interessata dalla domanda risulta essere uno dei
suoi contribuenti assoggettati illimitatamente all’imposta.
Ciò significa che se lo Stato richiedente fa valere un criterio
di assoggettamento illimitato all’imposta corrispondente a
quelli che si possono ritrovare nella CDI (per esempio quando
sostiene che il contribuente abbia il centro dei suoi interessi
vitali nel suo Stato), l’imposizione che ne consegue nello Stato
richiedente non è, di per sé, contraria alla CDI (articolo 4 paragrafo 2 lettera a M-OCSE), anche quando la Svizzera qualifichi,
a sua volta, la persona interessata come un suo contribuente.
In altre parole, quando una domanda verte su di un contribuente che entrambi gli Stati contraenti considerano come
uno dei suoi residenti fiscali, il ruolo della Svizzera si limita,
in qualità di Stato richiesto nel quadro dell’assistenza amministrativa, a verificare che il criterio di assoggettamento al
quale lo Stato richiedente ricorre per determinare la residenza
fiscale si possa ritrovare in quelli statuiti dalla CDI applicabile.
La posizione di Holenstein è pertanto problematica a doppio titolo.
Da un lato, egli ignora il fatto che la Svizzera non è, di principio, in grado di risolvere un conflitto nel caso in cui riceva
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
una domanda di assistenza. Se sino ad oggi la Svizzera si è
“limitata” ad imporre la persona interessata, significa che essa
non si è mai dovuta preoccupare del suo luogo di residenza
fiscale a livello internazionale e non dispone quindi di tutti gli
elementi fattuali e delle prove che le consentano di risolvere
un simile conflitto.
D’altro lato, si può almeno dubitare della competenza svizzera
di stabilire d’ufficio una simile problematica. Spetta infatti al
contribuente toccato da una potenziale doppia imposizione
lamentarsi nei confronti delle autorità competenti[31].
e vi esercitavano la loro attività professionale. La domanda
francese adempiva a tutti i requisiti di forma richiesti dall’articolo 28 CDI-F e dalla cifra XI del Protocollo aggiuntivo, in
particolare la condizione della verosimile rilevanza.
Esigere che l’AFC effettui un controllo per verificare che le
affermazioni francesi non siano puramente formali significa
adottare un atteggiamento di diffidenza e rimettere in
discussione il principio della buona fede della Francia[32]. Del
resto, in assenza di prove concrete che possano rimettere in
discussione la presunzione della buona fede dello Stato richiedente, lo Stato richiesto che si comportasse in questo modo
ignorerebbe la Convenzione di Vienna.
Si deve pure constatare che l’AFC avrebbe già potuto dare
seguito favorevole dopo la ricezione della domanda iniziale,
non richiedendo, come ha fatto il 6 febbraio 2014 – senza
tuttavia basare questa richiesta sull’articolo 6 capoverso 3
LAAF – ulteriori precisazioni alle autorità fiscali francesi con
riferimento ai criteri di assoggettamento utilizzati.
13.
La domanda della Francia rispetta effettivamente i requisiti della verosimile rilevanza?
Nel presente caso, la sentenza impugnata considera che la
domanda di assistenza presentata dalla Francia adempia le
condizioni di forma e di contenuto imposte dalla CDI-F e che
nessuna delle limitazioni previste all’articolo 7 LAAF potrebbe
giustificare un rifiuto di entrare in materia. Nonostante ciò,
la domanda dovrebbe essere respinta, qualora la condizione
della verosimile rilevanza non venisse realizzata.
Secondo il TAF, siccome le persone interessate erano domiciliate fiscalmente a Ginevra e imposte in maniera illimitata in
Svizzera nel periodo considerato, le autorità svizzere avrebbero dovuto far prova di un’attenzione particolare quanto agli
argomenti sollevati dalla Francia per giustificare la presenza
di un altro domicilio fiscale principale. Per contro, le autorità
fiscali francesi, alle quali l’AFC aveva richiesto delle precisazioni sulla residenza in Francia dei contribuenti il 6 e 7 febbraio
2014, avevano fornito delle indicazioni insufficienti.
Secondo i giudici precedenti, quando lo Stato richiedente
sostiene di aver condotto un’inchiesta sul suo suolo e che il suo
approccio potrebbe portare a rimettere in discussione le tassazioni già effettuate in Svizzera, dovrebbe essere possibile poter
verificare che tali affermazioni (delle autorità francesi) non siano
superficiali e che gli elementi tali da rimettere in discussione il
domicilio dei contribuenti si basino su dei fatti concreti.
Questa posizione non è conforme con la suddivisione dei
ruoli tra Stato richiedente e Stato richiesto. In questo caso, le
autorità fiscali francesi hanno indicato, nella loro domanda di
assistenza del 18 dicembre 2013, che consideravano i coniugi
X come domiciliati fiscalmente in Francia poiché vi soggiornavano principalmente, vi possedevano la loro abitazione
La risposta delle autorità francesi non ha del resto portato
nuovi elementi in relazione alla domanda iniziale, ciò che non
ha impedito all’AFC di dar seguito favorevole alla domanda.
Inoltre, la domanda di assistenza formulata non poteva
nemmeno essere respinta per il fatto che i coniugi X fossero
residenti fiscalmente in Svizzera oppure perché l’imposta
che ne fosse conseguita in Francia sarebbe stata contraria
alla CDI, poiché la Francia aveva fatto valere due criteri di
assoggettamento che si riscontrano nell’articolo 4 paragrafo
2 lettere a o b CDI-F, ovvero il criterio dell’abitazione permanente e del soggiorno.
Di conseguenza, la sentenza impugnata, secondo la quale
la domanda avrebbe dovuto essere rifiutata dall’AFC, da un
punto di vista della verosimile rilevanza, non è conforme ai
princìpi che disciplinano l’assistenza amministrativa in materia
fiscale. È quindi a ragione che l’AFC ha, di principio, accordato
assistenza amministrativa alla Francia con riferimento ai
coniugi X, anche se questi erano assoggettati illimitatamente
all’imposta in Svizzera.
14.
La trasmissione dei documenti bancari al fisco francese
La sentenza impugnata considera poi che l’assistenza amministrativa non può essere concessa in relazione ai conti detenuti in
maniera indiretta dalla persona interessata. L’AFC non avrebbe
dovuto invitare la Banca ad informarla sui conti di cui i contribuenti erano semplicemente i beneficiari economici, ciò che
avrebbe giustificato ugualmente l’ammissione del ricorso, anche
considerando che non vi siano state delle conseguenze concrete.
Un simile ragionamento non considera che il TAF, come del
resto anche il TF, non deve statuire sulle questioni astratte[33] ,
ma deve unicamente pronunciarsi sugli aspetti della decisione
assunta e che esercitano un’incidenza concreta sulle parti.
In questo caso, i giudici precedenti dovevano chiedersi se la
decisione dell’AFC del 19 maggio 2014 di trasmettere alle
autorità fiscali francesi i documenti bancari relativi ai tre conti,
di cui i contribuenti erano i titolari diretti presso la Banca, era
49
50
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
o meno conforme al diritto. Di conseguenza, il fatto che l’AFC
aveva pure richiesto alla Banca delle informazioni su eventuali
conti detenuti in maniera indiretta, non ha alcuna incidenza
pratica per i coniugi X, i quali non dispongono di tali conti.
Tale motivo non poteva quindi giustificare l’accoglimento del
ricorso presentato dai contribuenti, senza che fosse necessario esaminarne la fondatezza.
Resta da determinare in quale misura sia ammissibile trasmettere l’insieme dei documenti bancari richiesti dalla Francia,
comprendenti dei dettagli delle transazioni che si sono verificate sui conti e sui quali figurano nomi di terze persone. L’AFC
rimprovera al TAF di aver violato l’articolo 28 paragrafi 3 e 5
CDI-F, così come il diritto interno, in particolare l’articolo 8
capoverso 2 LAAF.
15.
Il rapporto tra diritto convenzionale e diritto interno e la
portata del segreto bancario svizzero
Secondo la sentenza impugnata, la documentazione che l’AFC
aveva intenzione di trasmettere alle autorità fiscali francesi
eccedeva quanto stabilito dall’articolo 127 LIFD e dall’articolo
4 capoverso 3 LAAF e, pertanto, anche dell’articolo 28 paragrafo 3 CDI-F. Queste disposizioni, che vietano il rilascio dei
documenti concernenti i terzi, non hanno alcuna relazione
con il segreto bancario. Ciò esclude che lo Stato richiesto trasmetta, fino a quando non si tratta di un grave reato fiscale,
l’integralità dei documenti e delle informazioni in possesso di
una banca e, più in particolare, dei dettagli delle operazioni
legate a un conto bancario. L’AFC può solo chiedere alle
banche delle attestazioni che possano indicare la somma del
conto alla data desiderata, gli interessi maturati e le eventuali
garanzie. Essa può richiedere ulteriormente l’elenco dei valori
che le banche hanno in gestione con le date di acquisto e di
vendita, e dei redditi prodotti, così come le spese e le commissioni addebitate dalla banca.
In questo caso, l’AFC ha deciso di trasmettere tutta la documentazione fornita dalla Banca alle autorità fiscali francesi,
dopo aver rimosso i nomi di terze persone non interessate. Il
TAF considera che la documentazione richiesta nei confronti
della Banca riguarda l’insieme delle relazioni dei contribuenti
e che la documentazione trasmessa è ampia, e che non
è in grado di controllare esattamente quali dati saranno
effettivamente trasmessi alle autorità fiscali francesi, poiché
gli elementi da rendere anonimi non sono stati evidenziati.
Non è compito del TAF indicare all’AFC in quale forma fornire
esattamente le informazioni richieste dagli Stati esteri, ma
egli deve verificare se i limiti del quadro giuridico non vengano
oltrepassati, ciò che però non è possibile sapere.
Questa argomentazione non è chiara. Non è noto se, né
in quale misura, il TAF ammetterebbe la consegna della
documentazione bancaria parzialmente oscurata alle
autorità fiscali francesi. I giudici non si sono pronunciati
definitivamente poiché hanno ritenuto in ogni caso che la
consegna della documentazione bancaria integrale relativa
a un contribuente nel quadro di una domanda di assistenza
amministrativa, come previsto dall’AFC nel caso specifico,
oltrepassa il quadro giuridico.
In primo luogo, si ricorda che in data 13 marzo 2009, il
Consiglio federale ha annunciato un cambiamento nella sua
politica in materia di scambio di informazioni dichiarando di
volersi adeguare alla norma dell’articolo 26 M-OCSE nelle
CDI[34]. La ripresa dello standard OCSE implica in particolare
che lo scambio di informazioni venga accordato, su richiesta,
quando si persegue l’obiettivo di applicare il diritto interno
dello Stato richiedente, anche in caso di semplice contravvenzione fiscale, senza che sia necessario che il caso implichi degli
atti di frode, passibili con la reclusione in entrambi gli Stati[35].
Il diritto interno svizzero, però, non è cambiato dal 13 marzo
2009, cosicché le disposizioni del diritto svizzero che proteggono il segreto bancario sono tuttora in vigore, in particolare
l’articolo 127 capoverso 2 LIFD e l’articolo 47 della Legge federale sulle banche e le casse di risparmio (di seguito LBCR)[36].
La ripresa dello standard dell’articolo 26 M-OCSE richiede però
che il segreto bancario non possa essere invocato per negare
lo scambio di informazioni, anche in un caso di semplice contravvenzione fiscale[37].
Per quanto riguarda la CDI-F, lo standard dell’articolo 26
M-OCSE è stato introdotto dall’articolo 7 dell’Accordo
aggiuntivo, nella versione modificata il 27 agosto 2009, che
ha modificato l’articolo 28 CDI-F. Ne consegue che la Svizzera
è tenuta a fornire alle autorità fiscali francesi le informazioni
per l’applicazione del diritto interno francese, non solo in caso
di frode fiscale, ma anche per la semplice contravvenzione
fiscale secondo il diritto svizzero[38].
16.
Lo scambio di informazioni in materia fiscale tra Svizzera
e Francia e la riserva in favore del diritto interno
L’articolo 28 paragrafo 3 CDI-F, che corrisponde all’articolo 26
paragrafo 3 M-OCSE, prevede che le disposizioni del paragrafo
1 (principio dello scambio delle informazioni verosimilmente
rilevanti) e del paragrafo 2 (limitazioni nella comunicazione e
nell’utilizzo dei documenti ricevuti) “non possono essere interpretati nel senso che facciano obbligo a uno Stato contraente:
a) di eseguire misure amministrative in deroga alla sua legislazione e
alla sua prassi amministrativa o a quelle dell’altro Stato contraente;
b) di fornire informazioni che non possono essere ottenute in virtù
della sua legislazione o nell’ambito della sua prassi amministrativa normale oppure di quelle dell’altro Stato contraente;
c) di fornire informazioni che potrebbero rivelare segreti commerciali o
d’affari, industriali o professionali oppure metodi commerciali o informazioni la cui comunicazione sarebbe contraria all’ordine pubblico”.
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Secondo il Commentario OCSE, sono considerate informazioni, che possono essere ottenute secondo il diritto e la prassi
interna ai sensi di questa disposizione, quelle a disposizione
delle autorità fiscali o che quest’ultime sono in grado di ottenere in applicazione della procedura normale di accertamento
delle imposte[39].
In Svizzera, la dottrina ritiene che le riserve convenzionali in
favore del diritto interno sulla base dell’articolo 28 paragrafo 3
CDI-F (articolo 26 paragrafo 3 M-OCSE) rinviano, per quanto
riguarda l’ottenimento delle informazioni nei confronti di una
persona in Svizzera, alla LIFD. In questa legge sono previste le
disposizioni concernenti gli obblighi procedurali che spettano al
contribuente e ai terzi, ovvero gli articoli da 123 a 129 LIFD[40].
Il paragrafo 3 deve tuttavia essere letto in combinazione con
il paragrafo 5 dell’articolo 28 CDI-F (la cui prima frase corrisponde al paragrafo 5 dell’articolo 26 M-OCSE), che recita[41]:
“[i]n nessun caso le disposizioni del paragrafo 3 devono essere
interpretate nel senso che permettono a uno Stato contraente di
rifiutare di comunicare informazioni unicamente perché queste sono
detenute da una banca, un altro istituto finanziario, un mandatario o
una persona operante come agente o fiduciario o perché dette informazioni si rifanno ai diritti di proprietà di una persona. Nonostante
le disposizioni del paragrafo 3 o le disposizioni contrarie del diritto
interno, le autorità fiscali dello Stato richiesto sono autorizzate a
divulgare le informazioni menzionate in questo paragrafo”. Il paragrafo 5 vuole garantire che “le limitazioni del paragrafo 3 non
possono essere utilizzate per impedire lo scambio delle informazioni
detenute da banche, altre istituzioni finanziarie, mandatari, agenti e
amministratori, così come le informazioni riguardanti la proprietà”.
La seconda frase del paragrafo 5 dell’articolo 28 CDI-F non
appare nel M-OCSE ed è, di regola, prevista in tutte le CDI concluse dalla Svizzera dopo il 13 marzo 2009. Questa seconda
frase ha lo scopo di permettere alla Svizzera di implementare
lo standard OCSE con riferimento agli istituti svizzeri interessati dal segreto bancario[44] , in quanto nel diritto interno, il
segreto bancario impedisce all’autorità fiscale, ad eccezione
dei casi di grave infrazione fiscale, di richiedere le informazioni
direttamente a una banca.
17.
Il carattere self-executing dell’articolo 28 paragrafo 5,
seconda frase CDI-F
Il TAF riconosce che il segreto bancario non può essere
opposto dalla Svizzera nel caso di una domanda di assistenza
amministrativa in materia fiscale. I giudici precedenti intendono tuttavia limitare il dovere di informazione delle banche
alla sola produzione di attestazioni conformemente a quanto
previsto dall’articolo 127 capoverso 1 LIFD. Questa disposizione “ridiventerebbe” in effetti applicabile secondo l’istanza
inferiore[45] dopo la revoca del segreto bancario. Il TAF lascia
inoltre intendere che solo in caso di gravi infrazioni fiscali
(frode) una banca svizzera sarebbe tenuta a fornire tutte le
informazioni pertinenti di cui dispone, indipendentemente
dall’articolo 127 capoverso 1 LIFD[46].
La ricorrente contesta tale interpretazione. Essa sostiene che
in sostanza l’articolo 28 paragrafo 5 CDI-F è una disposizione
self-executing che esclude il paragrafo 3. L’idea alla base di questa disposizione consiste più precisamente nell’aggirare i limiti
posti dal diritto interno svizzero, in particolare dall’articolo
127 LIFD. Una banca sarebbe quindi tenuta a fornire tutte le
informazioni verosimilmente rilevanti, in suo possesso o sotto
il suo controllo, ai sensi dell’articolo 28 paragrafo 5, seconda
frase CDI-F (in combinazione con l’articolo 8 capoverso 2
LAAF), indipendentemente da qualsiasi disposizione di diritto
interno che restringe un tale obbligo. Ne risulta che il paragrafo 3 dell’articolo 28 CDI-F non è pertanto applicabile.
Secondo la giurisprudenza, una norma di diritto internazionale è direttamente applicabile se il suo contenuto è
sufficientemente definito e chiaro per costituire, per ogni caso
particolare, il fondamento di una decisione. La regola deve, di
conseguenza, prestarsi ad un controllo giudiziario; essa deve
dunque delimitare i diritti e gli obblighi dell’individuo e il suo
destinatario è costituito dall’autorità esecutiva[47].
Con riferimento al segreto bancario, il paragrafo 5, prima frase,
prevale sul paragrafo 3, nella misura in cui la sua applicazione
permetta allo Stato richiesto di rifiutarsi di fornire informazioni per dei motivi riguardanti il segreto bancario[42]. In altre
parole, se lo Stato contraente prevede l’istituto del segreto
bancario nel suo diritto interno, questo non può essere invocato in base al paragrafo 5 per rifiutarsi di fornire informazioni
detenute da una banca.
Per contro, lo Stato contraente può ancora invocare il paragrafo 3 per rifiutare di divulgare tali informazioni, a condizione
che tale rifiuto sia riferito a dei motivi indipendenti dallo statuto
della banca[43].
La questione di sapere se l’articolo 28 paragrafo 5, seconda frase
CDI-F sia sufficientemente preciso per essere definito self-executing e costituire una base legale, è controversa in dottrina[48].
L’articolo 28 paragrafo 5, seconda frase CDI-F esclude, con una
doppia formulazione (i.e. “[n]onostante le disposizioni del paragrafo
3 o le disposizioni contrarie del diritto interno”), che il diritto interno
possa opporsi alla trasmissione delle informazioni toccate dal
paragrafo 5. Il contenuto di questa regola è chiara in quanto
permette all’autorità competente di fondare una decisione e al
suo destinatario di stabilire diritti e obblighi. La regola può dunque sottostare ad un controllo giudiziario, senza la necessità di
concretizzarsi nel diritto interno. Essa adempie quindi i criteri di
una norma internazionale direttamente applicabile.
51
52
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
Le dichiarazioni del Consiglio federale del 13 marzo 2009 sono
pure in favore di un’applicabilità diretta dell’articolo 28 paragrafo 5, seconda frase CDI-F, dello stesso avviso il messaggio
complementare del 27 novembre 2009 al messaggio del 6
marzo 2009 sull’approvazione della modifica della CDI-F, dove
il Consiglio federale precisa che “[t]ali informazioni [ndr. ovvero
le informazioni riguardanti il paragrafo 5] devono essere scambiate
nonostante le restrizioni del paragrafo 3. Lo Stato richiesto deve poter
ottenere e trasmettere le informazioni richieste anche se queste informazioni non sarebbero disponibili secondo le sue norme legali o la sua
prassi amministrativa. Di conseguenza la Svizzera non può rifiutarsi di
scambiare informazioni invocando il segreto bancario svizzero”[49].
domanda di assistenza amministrativa[54] ma di permettere,
viceversa, uno scambio di informazioni che sia il più ampio
possibile, escludendo però le fishing expedition. Infatti, non bisogna dimenticare che LAAF serve a regolare, sul piano interno,
le competenze, la procedura e i rimedi giuridici, ma non
persegue lo scopo di introdurre degli obblighi materiali volti
a contrastare lo scambio di informazioni in base alle CDI[55]
oppure a restringere la portata dell’assistenza amministrativa
definita da queste CDI[56].
Le autorità svizzere hanno inoltre spiegato alle autorità fiscali
francesi che la richiesta della Svizzera volta a completare la
redazione del paragrafo 5 dell’articolo 26 M-OCSE proveniva
da una sua volontà “di chiarire il rapporto tra i paragrafi 3 e 5 di
questo articolo e di permettere alle autorità svizzere di derogare alle
disposizioni del loro diritto interno che limitano l’accesso da parte
dell’amministrazione fiscale alle informazioni, comprese quelle bancarie, per l’accertamento delle imposte” [50].
Il carattere self-executing di questa norma implica non solo
che il segreto bancario non può essere opposto da una banca
svizzera, ma anche che l’AFC dispone dei poteri di procedura
necessari per ottenere le informazioni verosimilmente rilevanti richieste. L’articolo 28 paragrafo 5, seconda frase CDI-F
non osta per contro all’applicazione del paragrafo 3 poiché
protegge i segreti professionali non coperti dal paragrafo 5,
quali, ad esempio, il segreto professionale dell’avvocato[51].
Ne consegue da quanto precede che l’AFC dispone, secondo
l’articolo 28 paragrafo 5, seconda frase CDI-F, dei poteri di
procedura necessari per esigere dalle banche la trasmissione
dell’insieme dei documenti richiesti che soddisfano la condizione della verosimile rilevanza, senza che queste possano
opporsi invocando l’articolo 47 LBCR o qualsiasi altra disposizione prevista dal diritto interno.
In tali circostanze, non è necessario esaminare, come sostiene
il TAF, se la disposizione di procedura interna prevista dall’articolo 127 capoverso 1 LIFD “ridiviene applicabile” in caso di
revoca del segreto bancario, poiché, anche se tale disposizione
fosse applicabile nel diritto interno in circostanze analoghe,
essa viene neutralizzata dall’articolo 28 paragrafo 5 CDI-F.
18.
La rimozione dei nomi delle persone non interessate
dalla domanda
L’articolo 4 capoverso 3 LAAF, parimenti citato dai giudici
precedenti per limitare la consegna della documentazione
bancaria nel suo insieme, esclude la trasmissione delle informazioni delle persone non interessate dalla domanda.
La nozione di “persone che non sono interessate dalla domanda”,
secondo l’articolo 4 capoverso 3 LAAF, deve essere esaminata alla luce della finalità dello standard OCSE e del criterio
convenzionale delle informazioni verosimilmente rilevanti[52].
Questa disposizione deve essere interpretata in maniera
restrittiva[53] , in modo da non svuotare la portata della
Il carattere direttamente applicabile dell’articolo 28 paragrafo
5, seconda frase CDI-F concerne anche le terze persone.
Quando l’informazione richiesta non riguarda solamente le
persone interessate ai sensi dell’articolo 4 capoverso 3 LAAF,
ma anche terze persone non coinvolte, spetta all’autorità
preposta procedere a una ponderazione degli interessi (articolo 5 capoverso 2 della Costituzione federale [Cost.])[57].
Ciò significa che lo Stato richiesto deve rimuovere le indicazioni riguardanti i terzi non interessati, quando essi non hanno
alcuna incidenza sulla domanda (ad esempio il nome dei
dipendenti della banca che non hanno nulla a che vedere con
la questione fiscale alla base della richiesta).
Per contro, l’articolo 4 capoverso 3 LAAF non può essere
inteso come un obbligo in capo alle autorità svizzere volto
a rimuovere le indicazioni riguardanti i terzi non interessati
(che figurano ad esempio nella lista delle transazioni relative
a un conto bancario), in quanto la loro rimozione vanificherebbe l’assistenza amministrativa[58]. I terzi, i cui nomi
appaiono su tali documenti sono protetti. Infatti, al termine
del procedimento, l’autorità richiesta deve ricordare all’autorità richiedente le restrizioni all’utilizzo delle informazioni
trasmesse e l’obbligo di mantenere il segreto (articolo 20
capoverso 2 LAAF).
Nel caso in specie, i documenti bancari oggetto della domanda
di assistenza amministrativa e, in particolare, la lista delle
transazioni sui conti bancari di cui i contribuenti sono titolari,
soddisfa il requisito della verosimile rilevanza. Tali documenti
rivelano gli apporti e i prelievi registrati, gli utili prodotti, così
come l’importo e la natura dei redditi percepiti (versamenti di
dividendi, reddito d’attività, plusvalenze, eccetera) e consentono di fatto all’autorità fiscale francese di completare la base
imponibile sul reddito dei contribuenti in Francia.
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
Per quanto riguarda la questione di sapere se il luogo di soggiorno effettivo dei contribuenti sia stato in Francia nel periodo
considerato, è pure plausibile che le transazioni su questi conti
possano aiutare a fornire la prova di un tale soggiorno (viceversa: escluderlo), sempre che questi documenti contengano
degli indizi (luogo e oggetto delle spese), in modo che possa
essere individuato il centro dei loro interessi vitali[59]. Tuttavia,
rimuovendo tutti i nomi delle persone non interessate che
figurano sulla lista delle transazioni, si svuoterebbe il senso
della domanda di assistenza amministrativa. Per quanto
riguarda gli altri nomi, in particolare quelli dei dipendenti della
banca, che potrebbero altresì figurare su questi conti e la cui
consegna potrebbe essere contraria all’articolo 4 capoverso 3
LAAF, in quanto senza legame con la domanda di assistenza,
l’AFC ha indicato al TAF, senza per altro essere contraddetta,
che i nomi erano stati rimossi.
Elenco delle fonti fotografiche:
19.
Le informazioni dei coniugi devono essere trasmesse al
fisco francese
In sintesi, è a torto che la sentenza impugnata si è opposta alla
trasmissione delle informazioni alle autorità fiscali francesi,
come inizialmente previsto dall’AFC. Di conseguenza, il ricorso
di quest’ultima deve essere accolto, la decisione impugnata
annullata e la decisione del 19 maggio 2014 con la quale l’AFC
ha accordato assistenza amministrativa alle autorità competenti francesi confermata.
http://w w w.f inews.ch/images/stories/news/2014/September_2014/
[1] DTF 139 II 404 consid. 1.3.
[2]Sentenza TF n. 2C_511/2013 del 27 agosto
2013 consid. 1.3 non pubblicata in DTF 139 II 451,
ma in Pra 2014/12 pagina 83.
[3]DTF 139 II 404 consid. 1.3; Sentenza TF n.
2C_511/2013 citata consid. 1.3.
[4] Cfr. Sentenza TF n. 2C_54/2014 del 2 giugno
2014 consid. 1.1 = StE 2014 A 31.4. Nr. 20.
[5] Cfr. DTF 139 II 451 consid. 1.3 in fine non pubblicato.
[6] DTF 140 II 539 consid. 4.2.
[7]DTF 102 Ib 264 consid. 3c; Sentenza TF
n. 2C_750/2013 del 9 ottobre 2014 consid. 2.2.4 =
StE 2015 A 42 Nr. 4 = RDAF 2015 II 136.
[8]Commentario OCSE, versione del 17 luglio
2012, N 5 ad Art. 26 M-OCSE; cfr. anche Simonek
Madeleine, Fishing expeditions in Steuersachen,
http://cdn2.www.greenstyle.it/wp-content/uploads/2013/01/francia-luce.
jpg [02.08.2016]
h t t p://im a ge s . n z z . ch/e o s/v2/im a ge/v i e w/6 0 0/-/t e x t /in s e t /2d28 f
28b/1.17261022/1443121120/estv.jpg [02.08.2016]
http://img.nzz.ch/C=W1024,H576,X0,Y0/S=W540/O=75/http://s3-euwest-1.amazonaws.com/nzz-img/2016/03/28/1.18719585.1459194576.jpg
[02.08.2016]
http://static.a-z.ch/__ip/F6P4PiNw4W4Qv2DEP7DUv25ugm8/eaf77b255cb
fdbda0d0a72cdb2151f7787e830ea/n-wide-16x9 [02.08.2016]
http://www.vorsorgeexper ten.ch/uploads/pics/bundeshaus_2_10.jpg
[02.08.2016]
UBS_Pelikan_500.jpg [02.08.2016]
h t t p : // i m a g e s . n z z . c h /e o s / v2 / i m a g e / v i e w/6 0 0/-/ t e x t / i n s e t /8 f e
efa50/1.18641232/1447667366/paradeplatz-zuerich.jpg [02.08.2016]
in: Festschrift für Andreas Donatsch, 2014, pagina 901 e seguente; Oberson Xavier, in: Modèle de
Convention fiscale OECD concernant le revenue
et la fortune, Commentaire, 2014, N 35 ad Art. 26
M-OCSE (citato: M-OCSE); Holenstein Daniel, in:
Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht,
Internationales Steuerrecht, 2015, N 93 ad Art. 26
M-OCSE.
[9]Commentario OCSE, op. cit., N 5 ad Art. 26
M-OCSE.
[10] DTF 139 II 404 consid. 7.2.2; Schoder Charlotte, Praxiskommentar zum Bundesgesetz über die
internationale Amtshilfe in Steuersachen, 2014, N
227 ad Art. 17 LAAF.
[11]Rappo Aurélia/Tille Aurélie, Les conditions
d’assistance administrative internationale en
matière fiscale selon la LAAF = RDAF 2013 II 1,
pagina 16.
[12] Holenstein Daniel, op. cit., N 94 ad Art. 26
M-OCSE.
[13] DTF 139 II 404 consid. 7.2.2; Schoder Charlotte, op. cit., N 227 ad Art. 17 LAAF.
[14] Holenstein Daniel, op. cit., N 146 ad Art. 26
M-OCSE; Schoder Charlotte, op. cit., N 227 ad
Art. 17 LAAF.
[15]
Donatsch Andreas/Heimgartner Stefan/
Meyer Frank/Simonek Madeleine, Internationale Rechtshilfe, unter Einbezug der Amtshilfe im
Steuerrecht, 2. edizione, 2015, pagina 233.
[16] DTF 139 II 404 consid. 7.2.2.
[17] DTF 136 IV 82 consid. 4.1; DTF 129 II 484 consid. 4.1; DTF 122 II 367 consid. 2c.
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Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
[18] DTF 139 II 404 consid. 7.2.2.
[19] DTF 139 II 404 consid. 7.2.1; Sentenza TF n.
2C_498/2013 del 29 aprile 2014 consid. 5.1 = StE
2014 A 32 Nr. 22 = RDAF 2015 II 74; Sentenza TF n.
2C_436/2011 del 13 dicembre 2011 consid. 3.2 =
StR 67/2012, pagina 172.
[20] Sentenza TF n. 2A.416/2005 del 4 aprile 2006
consid. 3.1; cfr. Locher Peter, Einführung in das
internationale Steuerrecht der Schweiz, 3. edizione, 2005, pagine 167 e seguenti.
[21] DTF 139 II 404 consid. 7.2.1; DTF 131 III 227
consid. 3.1.
[22]Sentenza TF n. 4A_34/2015 del 6 ottobre
2015 consid. 3.5.1; Sentenza TF n. 4A_736/2011
dell’11 aprile 2012 consid. 3.3.4.
[23]Sentenza TF (citata) n. 2C_498/2013 consid. 5.1; Matteotti René/Krenger Nicole Elisa, in:
Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht,
Internationales Steuerrecht, N 109, 129 e seguenti ad Einleitung e riferimenti citati.
[24]Sorel Jean-Marcel, in: Les Conventions de
Vienne sur le droit des traités, Commentaire article par article, 2006, N 57 ad Art. 31 CV; cfr. DTF
107 Ib 264 consid. 4b.
[25] Rappo Aurélia/Tille Aurélie, op. cit., pagina 16.
[26] Cfr. Schoder Charlotte, op. cit., N 63 ad Art. 6
LAAF.
[27] Cfr. Sentenza TF n. 2C_252/2015 del 4 aprile
2015 consid. 5.1.
[28] Schoder Charlotte, op. cit., N 62 ad Art. 7 LAAF.
[29] Holenstein Daniel, op. cit., N 235-237 ad Art.
26 M-OCSE.
[30]Cfr. su questo punto Martinez Natassia, in:
Modèle de Convention fiscale OECD concernant le
revenue et la fortune, Commentaire, 2014, N 57 e
seguente ad Art. 4 M-OCSE; Zweifel Martin/Hunziker Silvia, in: Kommentar zum Schweizerischen
Steuerrecht, Internationales Steuerrecht, 2015, N
26 ad Art. 4 M-OCSE.
[31] Cfr. la formulazione dell’articolo 27 paragrafo
1 CDI-F corrispondente all’articolo 25 paragrafo
1 M-OCSE, secondo la quale se una persona ritiene che le misure adottate da uno o da entrambi gli
Stati contraenti comportano o comporteranno
per lei un’imposizione non conforme a tale CDI,
una persona può, indipendentemente dai rimedi giuridici previsti dalla legislazione nazionale di
detti Stati, sottoporre il suo caso all’autorità competente dello Stato contraente.
[32]Su questo modo di procedere, cfr. Sentenza
TF n. 2C_252/2015 del 4 aprile 2015 consid. 5.3.
[33] Cfr. Sentenza TF n. 2C_565/2013 del 6 dicembre 2013 consid. 4.3.2.
[34]Oberson Xavier, Précis de droit fiscal international, 4. edizione, 2014, pagina 349 e seguente
(citato: Précis); Holenstein Daniel, op. cit., N 42 ad
Art. 26 M-OCSE; Behnisch Urs, Neue Entwicklungen der Internationalen Amtshilfe im Bereich der
Steuern direkten, in: EC 2010/1-2 pagina 67.
[35]Waldburger Robert, Entwicklungen in der
Schweizerischen Amtshilfepolitik in Steuersachen – Ein Überblick, in: IFF Forum für Steuerrecht
2010 pagina 88; Bonvin Mary, L’échange des reinsegnements suivants les nouvelles Conventions
franco-suisse et américano-suisse: le changement
que ces Conventions représentent du point de vue
suisse, in: Not@lex 4/2010, pagina 115; Maraia JeanFrédéric/Sansonetti Pietro, in: Cahiers IFA de droit
fiscal international, 2013, volume 98b, Exchange of
information and cross-border cooperation between tax authorities, Rapport Suisse, pagine 740 e
742; Oberson Xavier, International Exchange of
informations in Tax Matters, 2015, pagina 20.
[36] Oberson Xavier, Précis, pagina 351.
[37]
Waldburger Robert, Aktuelle Entwicklungen in der Schweizerischen Amtshilfe im
Steuerbereich, in: RSDA 2009 pagina 489 (citato:
Amtshilfe); Bonvin Mary, op. cit., pagina 137; Behnisch Urs, op. cit., pagina 67.
[38] Bonvin Mary, op. cit., pagine 118 e 120.
[39] Commentario OCSE, op. cit., N 16 ad Art. 26
M-OCSE.
[40]Cfr. Oberson Xavier, M-OCSE, N 115 e
seguente ad Art. 26 M-OCSE; Holenstein Daniel,
op. cit., N 285, 287 e 290 ad Art. 26 M-OCSE;
Donatsch Andreas/Heimgartner Stefan/Meyer
Frank/Simonek Madeleine, op. cit., pagina 250 e
seguente.
[41] Commentario OCSE, op. cit., N 19.10 ad Art.
26 M-OCSE.
[42] Commentario OCSE, op. cit., N 19.11 ad Art.
26 M-OCSE.
[43]Oberson Xavier, M-OCSE, N 135 ad Art. 26
M-OCSE, Holenstein Daniel, op. cit., N 278 ad Art.
26 M-OCSE.
[44]Holenstein Daniel, op. cit., N 316 ad Art. 26
M-OCSE; Donatsch Andreas/Heimgartner Stefan/Meyer Frank/Simonek Madeleine, op. cit.,
pagina 249; Oberson Xavier, M-OCSE, N 148 e
seguente ad Art. 26 M-OCSE; Waldburger Robert,
Amtshilfe, pagina 487 e seguente.
[45] Cfr. sentenza impugnata, consid. 3.3.4.
[46] Cfr. sentenza impugnata, consid. 2.4.4.
[47] DTF 140 II 185 consid. 4.2 e riferimenti citati.
[48]Sono dell’avviso che ciò sia il caso: Oberson
Xavier, M-OCSE, N 5 e 149 ad Art. 26 M-OCSE,
il quale rileva che lo scopo e lo spirito di questa
regola sono sufficientemente chiari, tenuto conto delle dichiarazioni del Consiglio federale del 13
marzo 2009, e Bonvin Mary, op. cit., pagina 138;
dell’avviso contrario: Behnisch Urs, Amtshilfe in der
Schweiz in Steuer[straf]sachen, in: ASA 77 pagina
747; dubbioso sul carattere self-executing Waldburger Robert, Amtshilfe, pagina 488; non lo esclude
Holenstein Daniel, op. cit., N 317 ad Art. 26 M-OCSE.
[49] Foglio federale 2010 1371, pagina 1377.
[50]Cfr. Progetto di legge che autorizza l’approvazione della modifica della CDI-F, in: http://
www.assemblee-nationale.fr/13/projets/pl2338ei.asp [02.08.2016].
[51]Cfr. Commentario OCSE, op. cit., N 19.3 ad
Art. 26 M-OCSE; Oberson Xavier, M-OCSE, N 139
ad Art. 26 M-OCSE; Holenstein Daniel, op. cit., N
296 ad Art. 26 M-OCSE.
[52] Sentenza TF n. 2C_963/2014 del 24 settembre
2015 consid. 4, che procede a una interpretazione
dettagliata dell’articolo 4 capoverso 3 LAAF.
[53] Cfr. Rappo Aurélia/Tille Aurélie, op. cit., pagina 14.
[54] Cfr. Schoder Charlotte, op. cit., N 49 ad Art. 4 LAAF.
[55] Rappo Aurélia/Tille Aurélie, op. cit., pagina 4.
[56] Foglio federale 2011 5587, pagina 5590.
[57]Cfr. sull’applicabilità di questa disposizione
in materia di assistenza amministrativa, Rohner
Tobias F., Amtshilfe nach den OECD-konformen
Doppelbesteuerungsabkommen ein Überblick,
in: Vermögensverwaltung IV, 2013, pagina 88;
cfr. anche Beusch Michael/Spörri Ursula, in:
Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht,
Internationales Steuerrecht, 2015, N 334 ad Art. 26
M-OCSE.
[58]Cfr. Foglio federale 2011 5587, pagina 5599
e Beusch Michael/Spörri Ursula, op. cit., N 334 ad
Art. 26 M-OCSE.
[59]Cfr. Sentenza TF n. 2C_1139/2014 del 20
luglio 2015 consid. 5.2.2.
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero
Dovere di collaborazione vs. Attestazioni di terzi
Samuele Vorpe
Responsabile del Centro di competenze
tributarie della SUPSI
Sentenza del Tribunale federale, del 1. marzo 2016, n.
2C_594/2015
Articolo 28 CDI-F; articoli 126 e seguenti LIFD; articoli 2 e
6 vOACDI; sapere se una società deve essere qualificata di
persona interessata o di semplice detentore delle informazioni
costituisce una questione di diritto; le informazioni che concernono le attività di una società, il numero di impiegati e i
suoi locali, soddisfano il criterio di verosimilmente rilevante,
qualora l’autorità richiedente desideri perlomeno determinare
se la società in questione dispone o meno di un’esistenza reale;
per sapere qual è l’ampiezza del dovere di collaborazione di un
contribuente, allorquando è in gioco l’imposizione di un altro
contribuente, bisogna stabilire se le informazioni a lui richieste
sono suscettibili o meno di influire sulla sua propria tassazione
2.
La società svizzera si oppone ad alcune richieste dell’autorità francese!
L’AFC ha ottenuto alcune delle informazioni richieste dall’Amministrazione cantonale delle contribuzioni del Canton Ginevra
(di seguito ACC) e altre dalla Società. Il 18 settembre 2014, l’AFC
ha deciso di trasmettere le informazioni alle autorità fiscali
francesi. La Società ha inoltrato ricorso contro tale decisione al
Tribunale amministrativo federale (di seguito TAF). La Società
non si opponeva di principio all’assistenza amministrativa,
tuttavia a suo dire soltanto le informazioni concernenti l’assoggettamento in Svizzera e le informazioni in base alla quale
non aveva proceduto ad alcun versamento in favore di B nel
2010 potevano essere comunicate alle autorità fiscali francesi,
accompagnate da un estratto del Registro di commercio.
1.
Le autorità francesi chiedono informazioni all’AFC su una
società svizzera con azionista unico francese
Il 14 marzo 2012, le autorità fiscali francesi hanno inviato
all’Amministrazione federale delle contribuzioni (di seguito
AFC) una domanda di assistenza amministrativa in materia fiscale relativa al soggetto B, al fine di ottenere delle
informazioni sulla società ginevrina A Sagl (di seguito
Società), di cui B sarebbe l’azionista unico. Nella domanda,
le autorità fiscali francesi indicavano che B percepiva dei
canoni da una società francese in cambio del diritto di
utilizzare questi marchi che appartenevano a B.
Dal 2009, B non dichiarava più questi canoni avendo trasferito la proprietà di questi marchi alla Società. Le autorità
fiscali francesi chiedono di ottenere delle informazioni
concernenti l’assoggettamento della Società, l’aliquota
d’imposta che le è stata applicata nel 2010 e l’importo
delle imposte pagate, l’attività che la Società esercita realmente, i suoi mezzi materiali e umani in termini di locali, di
numero di impiegati e di attivi, così come gli importi delle
remunerazioni, dei dividendi e dei gettoni di presenza che
sono stati versati a B. Le autorità fiscali francesi hanno
richiesto anche la produzione del bilancio e del conto economico del 2010 della Società.
3.
Il TAF ha ammesso parzialmente il ricorso
Con decisione del 17 giugno 2015, il TAF ha innanzitutto stabilito che la domanda di assistenza amministrativa rispettava
le condizioni formali richieste e che tutte le informazioni sollecitate rispettavano l’esigenza della verosimile rilevanza, ad
eccezione dell’aliquota e dell’importo pagato dalla Società
in Svizzera. Questi ultimi due elementi non dovevano dunque essere trasmessi alle autorità fiscali francesi. Il TAF ha
in seguito esaminato se la trasmissione alla Francia delle
informazioni verosimilmente rilevanti rispettavano le regole
e i limiti del diritto interno svizzero. I giudici hanno concluso
55
56
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
che ciò era il caso per le informazioni ottenute dall’ACC.
In merito alle informazioni ottenute dalla Società stessa il
TAF ha per contro ritenuto che l’AFC fosse tenuta a comunicare soltanto le informazioni relative alle prestazioni che
essa aveva effettuato in favore di B, alle quali del resto B non
si opponeva. Pertanto le informazioni concernenti la propria situazione (ovvero la sua attività, il numero di impiegati
e dei suoi locali) non potevano essere ottenute in virtù del
diritto interno svizzero e non dovevano essere oggetto
di trasmissione. Il TAF ha di conseguenza parzialmente
ammesso il ricorso.
4.
L’AFC decide di adire il TF con un ricorso in materia di
diritto pubblico
L’AFC ha interposto un ricorso in materia di diritto pubblico al
Tribunale federale (di seguito TF) contro la decisione del TAF del
17 giugno 2015. Essa chiede che il suo ricorso venga accolto e
la decisione del TAF annullata.
La sentenza impugnata è una decisione finale (articolo 90
della Legge federale sul Tribunale federale [di seguito LTF]),
pronunciata in una causa di diritto pubblico (articolo 82 lettera
a LTF) ed emanata dal TAF (articolo 86 capoverso 1 lettera a
LTF). Solo un ricorso in materia di diritto pubblico è dunque
ammissibile (cfr. articolo 113 LTF, e contrario).
5.
Soltanto i ricorsi concernenti questioni di importanza
fondamentale possono essere ammessi
Secondo l’articolo 83 lettera h LTF, un tale ricorso è irricevibile
contro le decisioni in materia di assistenza amministrativa
internazionale, ad eccezione dell’assistenza amministrativa
in materia fiscale. L’articolo 84a LTF stabilisce che, in questo
ambito, il ricorso è ammissibile soltanto se concerne una
questione di diritto di importanza fondamentale o se si tratta
per altri motivi di un caso particolarmente importante ai sensi
dell’articolo 84 capoverso 2 LTF. Spetta al ricorrente dimostrare in maniera sufficiente come queste condizioni siano
riunite (articolo 42 capoverso 2 LTF)[1] a meno che questo sia
manifestamente il caso[2].
Dalla formulazione dell’articolo 84 capoverso 2 LTF si
desume pertanto che la legge contiene unicamente una lista
esemplificativa dei casi suscettibili di essere qualificati come
particolarmente importanti. La presenza di una questione
giuridica di principio presuppone che la decisione in causa sia
importante per la prassi: questo è in particolare vero quando
le istanze inferiori devono trattare numerosi casi analoghi o
quando è necessario dirimere una questione giuridica che si
pone per la prima volta e che dà luogo a un’incertezza caratteristica e che richiede in maniera pressante un chiarimento
da parte del TF[3]. In ogni caso deve trattarsi di una questione
giuridica di una certa portata per la prassi[4].
Secondo l’AFC capita frequentemente che le domande di assistenza amministrativa mirino all’ottenimento di informazioni
che concernono la situazione delle società svizzere che sono,
de facto, legate al contribuente oggetto di una procedura
nello Stato richiedente e che dispongono delle informazioni
necessarie alla tassazione di questo contribuente. È dunque
importante sapere in che misura il diritto interno svizzero
permette la trasmissione di questi documenti. Tale questione
è indubbiamente importante e non è ancora stata affrontata
dal Tribunale federale. Le esigenze dell’articolo 84a LTF sono
pertanto soddisfatte.
6.
Le basi legali per risolvere la controversia
La controversia riguarda una domanda di assistenza amministrativa avanzata il 14 marzo 2012 da parte delle autorità
fiscali francesi e che riguarda l’anno 2010. Essa è dunque disciplinata dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra
Svizzera e Francia (di seguito CDI-F), la quale viene completata dal suo Accordo aggiuntivo, nella versione modificata il
27 agosto 2009 ed entrato in vigore il 4 novembre 2010.
Sul piano procedurale, l’assistenza amministrativa in materia
fiscale è attualmente garantita dalla Legge federale sull’assistenza amministrativa in materia fiscale (di seguito LAAF),
entrata in vigore il 1. febbraio 2013. Conformemente alla
disposizione transitoria dell’articolo 24 LAAF, la domanda di
assistenza amministrativa depositata il 14 marzo 2012 dalle
autorità fiscali francesi, sottostà alla previgente Ordinanza
del 1. settembre 2010 relativa all’assistenza amministrativa
secondo le convenzioni per evitare le doppie imposizioni (di
seguito vOACDI).
7.
La validità del ricorso al TF
Il ricorso è stato inoltrato dall’AFC, ovvero dall’autorità
competente per l’esecuzione dell’assistenza amministrativa
internazionale in materia fiscale (articolo 2 vOACDI), la quale
è abilitata a ricorrere dinnanzi al TF nei suoi campi di competenza (cfr. articolo 4 capoverso 1 e articolo 12 e seguente
dell’Ordinanza sull’organizzazione del Dipartimento federale
delle finanze [DFF]). Di conseguenza, questa autorità adempie,
per quanto riguarda la questione basata sull’articolo 84a LTF,
alle condizioni dell’articolo 89 capoverso 2 lettera a LTF[5],
pertanto la qualità per ricorrere deve esserle riconosciuta.
Depositato in tempo utile (articolo 100 capoverso 2 lettera
b LTF) e nella forma prevista (articolo 42 LTF), il ricorso è da
considerarsi ricevibile.
8.
L’oggetto della controversia
Si deve inoltre ancora precisare qual è l’oggetto della controversia. Nelle sue conclusioni, l’AFC ha chiesto di annullare la
decisione del TAF riguardante il mancato invio delle informazioni concernenti l’attività, il numero di impiegati e i locali della
Società. Per contro l’AFC non contesta il mancato invio delle
informazioni relative all’aliquota e all’onere fiscale pagato
dalla Società nel 2010.
9.
Lo scambio di informazioni in materia fiscale tra Svizzera
e Francia e la riserva in favore del diritto interno
Lo scambio di informazioni è previsto dall’articolo 28 CDI-F,
il cui contenuto corrisponde (sotto riserva del paragrafo 5,
seconda frase, specifico alle convenzioni per evitare le doppie
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imposizioni [CDI] concluse dalla Svizzera dopo il 13 marzo
2009) all’articolo 26 del Modello OCSE di Convenzione fiscale
(di seguito M-OCSE).
Secondo l’articolo 28 paragrafo 1, prima frase CDI-F, le
autorità competenti degli Stati contraenti si scambiano le
informazioni verosimilmente rilevanti per l’esecuzione delle
disposizioni della Convenzione oppure per l’applicazione o
l’esecuzione della legislazione interna relativa alle imposte di
ogni genere o denominazione riscosse per conto degli Stati
contraenti, delle loro suddivisioni politiche o enti locali nella
misura in cui l’imposizione prevista da detta legislazione non
sia contraria alla CDI-F.
L’articolo 28 paragrafo 3 CDI-F prevede che le disposizioni
del paragrafo 1 “non possono essere interpretat[e] nel senso che
facciano obbligo a uno Stato contraente: a) […]; b) di fornire informazioni che non possono essere ottenute in virtù della sua legislazione o
nell’ambito della sua prassi amministrativa normale oppure di quelle
dell’altro Stato contraente; c) […]”.
Secondo il Commentario ufficiale del M-OCSE, sono considerate come informazioni che possono essere ottenute secondo
la legislazione e la prassi interna quelle di cui dispongono le
autorità fiscali o che queste possono ottenere in applicazione
della procedura normale di accertamento delle imposte[6].
L’idea che sta alla base di questa riserva in favore del diritto
interno è volta a non esigere che lo Stato richiesto debba
trasmettere delle informazioni che non potrebbe ottenere in
virtù della sua legislazione o della sua prassi interna[7].
10.
Secondo il TAF, l’AFC deve rispettare il diritto interno
(articolo 127 LIFD)
Nella sentenza impugnata, il TAF ha ritenuto che l’AFC era
tenuta a rispettare i limiti del diritto interno svizzero di cui
all’articolo 127 della Legge federale sull’imposta federale
diretta (di seguito LIFD), quando vi è il sospetto che sia stato
commesso un reato fiscale secondo il diritto svizzero. Tale
disposizione consente all’amministrazione fiscale di richiedere
a un terzo il rilascio di attestazioni su prestazioni che esso
ha effettuato in favore di un contribuente (cfr. articolo 127
capoverso 1 lettera e e capoverso 2 LIFD), ma non consente al
terzo di fornire informazioni sulla propria situazione, ovvero la
sua attività, il numero dei suoi impiegati e dei suoi locali.
L’AFC sostiene che la posizione del TAF violi l’articolo 6 vOACDI
(attuale articolo 9 LAAF) e l’articolo 28 paragrafo 3 CDI-F. Essa
è dell’avviso che, nel contesto dell’assistenza amministrativa,
l’articolo 127 LIFD entri in linea di conto soltanto quando l’informazione è detenuta da un “terzo puro”, ma non quando il terzo
intrattiene stretti legami con la persona all’estero, oggetto
della richiesta di assistenza, in quanto deve essere qualificato
come “persona interessata” ai sensi dell’articolo 6 vOACDI.
In una simile situazione, gli obblighi di collaborazione sarebbero
definiti agli articoli da 124 a 126 LIFD. Considerate le diverse
misure previste da queste disposizioni, l’esame delle informazioni da trasmettere dovrebbe unicamente essere effettuato
alla luce del criterio convenzionale della verosimile rilevanza
delle informazioni richieste (cfr. articolo 28 paragrafo 1 CDI-F).
11.
La società svizzera è una persona interessata dalla
domanda oppure una semplice detentrice delle
informazioni?
La Società sostiene che la questione di sapere se essa sia una
persona interessata o una semplice detentrice delle informazioni va desunta dai fatti, per cui il ricorso dell’AFC dovrebbe
essere considerato irricevibile, a meno di porre una questione
giuridica di principio, dato che l’AFC non avrebbe minimamente illustrato per quale motivo la causa costituirebbe un
caso particolarmente importante ai sensi dell’articolo 84a
capoverso 1 LTF.
D’altra parte l’AFC contesta la concezione di “persona interessata” e sostiene che questa nozione non può toccare che il
contribuente a cui la domanda di assistenza amministrativa
è indirizzata. Come già esposto, la domanda di assistenza
amministrativa formulata dalla Francia si indirizza al soggetto
B. Pertanto il TAF ha qualificato la Società quale semplice
detentrice delle informazioni.
12.
Il principio della buona fede durante la procedura
La Società ritiene che l’AFC avrebbe adottato inoltre un comportamento contrario al principio della buona fede (articolo
9 della Costituzione federale [Cost.]) durante la procedura
che è stata condotta, in quanto l’AFC le avrebbe fatto credere
che essa fosse implicata nella domanda di assistenza amministrativa formulata dall’autorità fiscale francese in qualità di
detentrice delle informazioni e non di persona interessata. Le
sue argomentazioni si basano tuttavia su dei fatti non constatati dal TAF, all’occorrenza su degli estratti di uno scambio
di corrispondenza tra la Società e l’AFC. Il TF non è pertanto
entrato in materia su questo punto (cfr. articolo 105 LTF).
13.
Le informazioni verosimilmente rilevanti che la persona
interessata è tenuta a fornire all’AFC
La Svizzera ha adottato le disposizioni di esecuzione della
clausola di scambio di informazioni sulla base dell’articolo
26 M-OCSE, prima per mezzo della vOACDI, applicabile nel
presente caso, e poi, dopo il 1. febbraio 2013, per mezzo della
LAAF. Queste due normative contengono una disposizione
secondo la quale la persona interessata è tenuta a fornire
57
58
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
all’AFC le informazioni richieste (cfr. articolo 6 capoverso 1
vOACDI e articolo 9 capoverso 1 LAAF).
In una causa sottoposta, dal profilo procedurale, alla LAAF, il
TF ha ritenuto che la nozione di “persona interessata” nel suo
senso materiale discende dall’espressione “persone che non
sono interessate dalla domanda” conformemente all’articolo 4
capoverso 3 LAAF e che, l’interpretazione di questa norma,
deve essere effettuata alla luce del criterio convenzionale di
verosimile rilevanza[8]. Pertanto se delle informazioni riguardanti una società possono essere rilevanti per l’imposizione
del contribuente interessato dalla domanda di assistenza
amministrativa, esse costituiscono allora quanto meno delle
informazioni verosimilmente rilevanti.
Tale può essere in particolare il caso in cui il contribuente
toccato dalla domanda domina economicamente la società
detentrice delle informazioni. Il TF è parimenti ricorso al
criterio della verosimile rilevanza per circoscrivere la nozione
di persona interessata quando la domanda è prevista dalla
vOACDI[9]. Conviene poi aggiungere che la questione di
sapere se una società debba essere qualificata come persona
interessata oppure come detentrice delle informazioni costituisce una questione di diritto e non, come sostenuto dalla
Società nelle sue osservazioni al ricorso, un elemento che
rileva dallo stato dei fatti.
14.
La società svizzera deve consegnare tutte le informazioni
verosimilmente rilevanti all’AFC
Dalla decisione impugnata dal soggetto B risulta che,
secondo le indicazioni fornite dallo Stato richiedente, egli
è l’azionista unico della Società, ch’egli ha fondato e alla
quale egli ha ceduto la proprietà dei marchi. La Società,
dominata da B, rappresenta dunque, contrariamente a
quanto essa sostiene, indubbiamente una “persona interessata”
dalla domanda di assistenza che riguarda il contribuente B.
Essa è pertanto tenuta, in base alla CDI-F, e sotto riserva
dell’articolo 28 paragrafo 3 CDI-F, a trasmettere tutte le
informazioni richieste che sono in suo possesso, nella misura
in cui adempiono al criterio della verosimile rilevanza.
A questo riguardo, il carattere verosimilmente rilevante
dell’insieme delle informazioni che sono oggetto della
richiesta, comprese quelle concernenti l’attività, il numero di
impiegati e dei locali, è adempiuto, come hanno riconosciuto
i giudici precedenti, poiché permette di determinare se la
Società dispone oppure no di una esistenza reale.
Resta dunque da determinare se la trasmissione di queste
informazioni sia compatibile con la riserva di diritto interno
prevista dall’articolo 28 paragrafo 3 CDI-F, ciò che ha rifiutato
di ammettere il TAF in applicazione dell’articolo 127 LIFD e
che viene contestato dalla ricorrente, che si prevale invece
dell’articolo 126 LIFD.
15.
Le disposizioni che disciplinano gli obblighi di procedura
secondo la LIFD
È ammesso in maniera generale in dottrina che la riserva
convenzionale in favore del diritto interno, stabilita all’articolo
28 paragrafo 3 CDI-F (articolo 26 paragrafo 3 M-OCSE) rinvia, per quello che concerne l’ottenimento delle informazioni
nei confronti di una persona in Svizzera, alla LIFD[10]. Sono
in questo caso interessate le disposizioni che disciplinano gli
obblighi di procedura che incombono al contribuente e a terze
persone in base agli articoli da 123 a 129 LIFD.
La LIFD opera una distinzione tra, da un lato, il dovere di collaborazione del contribuente (cfr. articoli da 123 a 126 LIFD)
e, dall’altro lato, gli obblighi di collaborazione che incombono
a determinate terze persone (articolo 127 LIFD: “Obbligo dei
terzi di rilasciare attestazioni”; articolo 128 LIFD: “Obbligo dei terzi
d’informare”; articolo 129 LIFD: “Obbligo dei terzi di comunicare”).
16.
Il dovere di collaborazione del contribuente quando è in
discussione l’imposizione di un altro contribuente
Per quanto concerne il dovere di collaborazione del contribuente, l’articolo 123 capoverso 1 LIFD prevede che le autorità
di tassazione determinano le condizioni di fatto e di diritto per
un'imposizione completa ed esatta, in collaborazione con il
contribuente. La procedura di tassazione è così caratterizzata
dalla collaborazione reciproca dell’autorità fiscale e del contribuente (procedura di tassazione mista)[11].
Il contribuente deve fare tutto il necessario per consentire
una tassazione completa ed esatta (articolo 126 capoverso
1 LIFD). A domanda dell’autorità di tassazione, deve segnatamente fornire informazioni orali e scritte e presentare libri
contabili, giustificativi e altri attestati, come anche documenti
concernenti le relazioni d’affari (articolo 126 capoverso 2
LIFD). L’articolo 126 LIFD esprime un obbligo di collaborazione
generale da parte del contribuente, il cui limite discende sia dal
carattere necessario a una tassazione completa ed esatta, sia
dal principio di proporzionalità[12].
Secondo la giurisprudenza resa sotto l’egida dell’articolo 89
capoverso 2, seconda frase del Decreto del Consiglio federale
del 9 dicembre 1940 concernente la riscossione di un’imposta per la difesa nazionale in vigore sino al 31 dicembre
1994 (DIFD), che disciplinava allora la materia, l’obbligo di
collaborare del contribuente si estendeva ugualmente alla
presentazione delle informazioni rilevanti per la tassazione
dei suoi soci in affari, a condizione che l’informazione potesse
essere d’importanza per la sua tassazione e questo anche
quando lo scopo principale della domanda dell’autorità
fiscale concerneva la situazione fiscale dei suoi soci in affari.
Potevano essere escluse soltanto quelle informazioni la cui
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
comunicazione cagionava delle spese non ragionevoli per il
contribuente[13].
Questa giurisprudenza è stata ripresa dopo l’entrata in vigore
della LIFD[14] ed è tuttora d’attualità, considerando anche il
contesto dell’assistenza amministrativa in materia fiscale[15].
I casi di distribuzioni dissimulate di utili[16], più frequenti nella
pratica, nascono da tale configurazione. Infatti, le conseguenze
fiscali che ne discendono (in primo luogo le riprese fiscali)
concernono tanto la persona considerata fiscalmente come
beneficiaria della distribuzione, quanto l’entità che ha proceduto
alla distribuzione. In questo senso i due soggetti sono tenuti a
collaborare e a fornire le informazioni all’autorità fiscale.
Entrano ugualmente in questa categoria i casi di Durchgriff,
nei quali l’autorità fiscale può, eccezionalmente, rifiutarsi di
riconoscere a una persona giuridica la qualifica di soggetto
fiscale indipendente, se la sua esistenza rappresenta una
costruzione abusiva[17]. In simili circostanze, esaminati da
un profilo dell’elusione fiscale, i redditi attribuiti alla persona
giuridica in maniera abusiva sono fiscalmente attribuiti al
suo proprietario economico[18] , mediante un approccio per
trasparenza fiscale.
Questo genere di situazione si può presentare nel contesto
del riparto internazionale, allorquando una costruzione è
utilizzata per conseguire una tassazione del reddito nello
Stato fiscalmente più conveniente, oppure allorquando i due
soggetti di diritto implicati si trovano nella stessa sovranità
fiscale, ma il riparto (abusivo) dei redditi tra di loro ha permesso un risparmio fiscale[19].
La messa in discussione dell’attribuzione di un reddito ad una
persona giuridica può pure verificarsi indipendentemente da
una distribuzione dissimulata di utile o di elusione fiscale: il TF
ha ritenuto che l’autorità fiscale può rimettere in causa l’attribuzione del reddito riguardante la prestazione di consigliere a
una società di cui l’unico azionista è la persona che ha fornito
la prestazione, quando la persona non riesce a dimostrare
che il mandato è stato eseguito, come da essa sostenuto, per
mezzo della società[20].
Nelle situazioni suesposte, la tassazione di tutte le persone ed
entità interessate è influenzata da una “riattribuzione fiscale”
del reddito da parte dell’autorità fiscale. Ne consegue che,
quest’ultima, può prevalersi dell’articolo 126 LIFD per richiedere le informazioni sulla società contribuente, anche quando
il motivo principale della domanda riguarda un’altra persona,
sempre se le informazioni siano suscettibili di influenzare la
propria situazione fiscale.
influenzare o meno la sua tassazione. In caso affermativo, è
l’articolo 126 LIFD ad applicarsi; in caso negativo, il dovere di
collaborazione è retto dagli articoli da 127 a 129 LIFD.
17.
Le informazioni richieste nel caso concreto influenzano
oppure no la tassazione del soggetto B?
Nel caso concreto, secondo le constatazioni dei giudici precedenti, le autorità fiscali francesi sospettano che B, contribuente
e residente in Francia, abbia costituito la Società soltanto per
ragioni fiscali (trasferendo dei canoni di licenza in Svizzera in
modo tale da sfuggire alla tassazione francese), dato che la
Società non esiste realmente.
Il TAF ha rilevato che la Francia desiderava ottenere delle
informazioni per verificare la realtà della struttura messa in
piedi e, se necessario, ignorarla se dovesse essere ritenuta
artificiale. Come esposto precedentemente, si è dedotto,
a giusta ragione, che le informazioni richieste soddisfano
l’esigenza della verosimile rilevanza, poiché la Società appare
come una persona interessata dalla domanda.
Tuttavia, è a torto che i giudici precedenti hanno concluso
che, da un profilo del diritto interno svizzero, l’obbligo di
collaborazione della Società è disciplinato dagli articoli da
127 a 129 LIFD. Al contrario, da un profilo del diritto interno
svizzero, le informazioni richieste alla Società, che riguardano
la sua attività, il numero dei suoi dipendenti e dei suoi locali,
costituiscono degli indici propri a determinare se la Società
è reale o artificiale e se costituisce, ai soli fini fiscali, un caso
di Durchgriff. Tuttavia, come già indicato, se la costruzione
fosse così ritenuta, la tassazione della Società ne sarebbe
ugualmente influenzata, in quanto i redditi che le sono stati
attribuiti artificialmente verrebbero assegnati direttamente al
suo azionista. In base al diritto interno, si dovrebbero comunicare le informazioni secondo l’articolo 126 LIFD.
18.
Le informazioni della società svizzera devono essere trasmesse al fisco francese
Quello che precede conduce a constatare che la sentenza
impugnata viola l’articolo 28 paragrafo 3 CDI-F in quanto essa
ritiene che le informazioni riguardanti la Società, il numero dei
suoi dipendenti e dei suoi locali non potrebbero essere ottenute conformemente al diritto interno svizzero.
Il ricorso dell’AFC è stato pertanto ammesso e la sentenza
impugnata annullata.
Elenco delle fonti fotografiche:
http://www.swissinfo.ch/image/38197878/3x2/305/203/bb4c3c92902035
Per contro, le informazioni detenute da un terzo e che non sono
suscettibili di influenzare la sua tassazione non possono essere
richieste, se non nei limiti degli articoli da 127 a 129 LIFD.
8d4828ad700fb6323a/PU/177607585-38197880.jpg [02.08.2016]
http://cdn-static.boursier.com/illustrations/photos/l_suisse-france.jpg
[02.08.2016]
Ne consegue, da quanto precede, che per conoscere l’estensione del dovere di collaborazione del contribuente quando è
in discussione l’imposizione di un altro contribuente, si deve
determinare se le informazioni richieste sono suscettibili di
http://en.parisinfo.com/var/otcp/sites/images/media/1.-photos/02.-sites-culturels-630-x-405/tour-eiffel-trocadero-630x405-c-thinkstock/37221-1-fre-FR/
Tour-Eiffel-Trocadero-630x405-C-Thinkstock.jpg [02.08.2016]
59
60
Novità fiscali / n.7–8 / luglio–agosto 2016
[1] DTF 139 II 404 consid. 1.3.
[2] Sentenze TF n. 2C_963/2014 del 24 settembre
2015 consid. 1.3; n. 2C_638/2015 del 3 agosto 2015
consid. 1.2; n. 2C_252/2015 del 4 aprile 2015 consid. 3 = RDAF 2015 II 224; n. 2C_511/2013 del 27
agosto 2013 consid. 1.3 non pubblicata in DTF 139 II
451 ma in Pra 2014/12 83.
[3] DTF 139 II 404 consid. 1.3; Sentenze TF (citate) n.
2C_963/2014 consid. 1.3 e n. 2C_638/2015 consid. 1.3.
[4]Sentenze TF (citate) n. 2C_963/2014 consid.
1.3; n. 2C_54/2014 del 2 giugno 2014 consid. 1.1 =
StE 2014 A. 31.4. Nr. 20.
[5] DTF 140 II 539 consid. 4.2.
[6]Commentario OCSE, versione del 17 luglio
2012, N 16 ad Art. 26 M-OCSE.
[7]Oberson Xavier, in: Modèle de Convention
fiscale OECD concernant le revenue et la fortune,
Commentaire, 2014, N 115 ad Art. 26 M-OCSE.
[8] Sentenza TF (citata) n. 2C_963/2014 consid. 3.3
e 4.5.
[9]Sentenza TF n. 2C_216/2015 dell’8 novembre
2015 consid. 3.2 e 4.2.
[10] Oberson Xavier, op. cit., N 115 ad Art. 26 M-OCSE;
Holenstein Daniel, in: Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, Internationales Steuerrecht, N
285, 287 e 289 ad Art. 26 M-OCSE; Donatsch Andreas/Heimgartner
Stefan/Meyer
Frank/Simonek
Madeleine, Internationale Rechtshilfe, unter Einbezug
der Amtshilfe im Steuerrecht, 2. edizione, 2015, pagina
251 e seguente.
[11] Cfr. Sentenze TF n. 2C_66/2014 del 5 novembre 2014 consid. 3.1, riassunta in ASA 83, pagina 410;
n. 2C_986/2013 del 15 settembre 2014 consid. 5.1.1
= StR 69/2014, pagina 893 = RDAF 2014 II 572.
[12]Althaus Houriet Isabelle, in: Commentaire
romand, Impôt fédéral direct, 2008, N 5 ad Art. 126
LIFD; Zweifel Martin, in: Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, Bundesgesetz über die
direkte Bundessteuer (DBG), Art. 83-222, I/2b, N 2 e
4 ad Art. 126 LIFD.
[13] DTF 120 Ib 417 consid. 1a a 1c = RDAF 1996 408;
DTF 107 Ib 213 consid. 2 = RDAF 1983, pagina 27.
[14]Sentenza TF n. 2A.41/1997 del 1. gennaio 1999 consid. 2 = StR 54/1999, pagina 353 = StE
2000 B 92.3 Nr. 10 = ASA 68, 646 = RDAF 2000 II 35;
cfr. anche DTF 133 II 114 consid. 3.3 a 3.5 e Sentenza
TF n. 2C_819/2009 del 28 settembre 2010 consid.
2.2 = RDAF 2010 II 605.
[15] Cfr. i riferimenti all’articolo 126 LIFD e alla DTF
120 Ib 417 citata nella Sentenza TF n. 2C_963/2014
consid. 1.3.1.
[16] Su questa nozione cfr. DTF 140 II 88 consid. 4.1;
DTF 138 II 545 consid. 3.2; DTF 138 II 57 consid. 2.3.
[17]Cfr. DTF 136 I 49 consid. 5.4; Sentenza TF n.
2C_396/2011 del 26 aprile 2012 consid. 4.2.1 = StE
2012 A 24.1 Nr. 7 = RDAF 2012 II 503; Sentenza TF
n. 2A.145/2005 del 30 gennaio 2006 = RF 61/2006,
pagina 523.
[18]Si veda una società sorella, cfr. Sentenza TF
(citata) n. 2A.145/2005.
[19] Per una presentazione dettagliata dei casi di
Durchgriff in materia di imposte dirette, cfr. Cornu
Laurence, Théorie de l’évasion fiscale et interprétation économique, Les limites imposées par les
principes généraux du droit, 2014, pagine 499 e
seguenti.
[20] Sentenza TF n. 2C_95/2013 del 21 agosto 2013
consid. 2.2 e 3.3 = StR 68/2013, pagina 810 = StE 2013
B 22.2 Nr. 28 = RDAF 2014 II 336.
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