Il petrolio e le benzine Crystal Montanaro I.I.S.S Majorana 2014/2015 Il petrolio Il petrolio, anche detto oro nero, è un liquido infiammabile, viscoso, di colore che può andare dal nero al marrone scuro, passando dal verdognolo fino all'arancione, che si trova in alcuni giacimenti all’interno degli strati superiori della crosta terrestre. È detto greggio o grezzo il petrolio così come viene estratto dai giacimenti, cioè prima di subire qualsiasi trattamento volto alla sua trasformazione in prodotti lavorati. È composto da una miscela di vari idrocarburi, sostanze formate solo da idrogeno e carbonio. Il greggio è un liquido viscoso di colore variabile dal giallo chiaro al marrone, la sua densità relativa è inferiore a 1, con un peso specifico minore dell'acqua. Il colore risulta essere più scuro nei greggi che contengono idrocarburi con peso molecolare medio più elevato. Al peso molecolare medio dei componenti sono legate anche la sua densità e la sua viscosità, in quanto più elevato risulta il peso molecolare medio più il greggio risulta denso e viscoso. E’ possibile fare una classificazione dei greggi in base agli idrocarburi che sono maggiormente presenti: PARAFFINICI: 16% normal e iso alcani , Medio Oriente, Libia, USA..; S e densità bassi; bene per oli lubrificanti, benzine a basso N.O. NAFTENICI: 10% cicloalcani; Russia ,Venezuela , USA ...; S alto; per benzine, pochi oli lubrificanti, asfalto. ARENICI: 8% idrocarburi aromatici; Borneo , Iraq, Messico, Russia...; per benzine, solventi. A BASE MISTA: 75%; i più comuni. Gli impianti petroliferi, detti anche raffinerie, forniscono per frazionamento del petrolio dei prodotti che raffinati raggiungono le specifiche necessarie per essere commercializzati. Da ulteriori lavorazioni di questi prodotti, è possibile ottenere particolari sostanze che costituiscono i precursori per la produzione di materie plastiche, fibre sintetiche, gomme, detergenti, prodotti farmaceutici ed altro. Questi processi si definiscono petrolchimici e producono molecole particolari con un grado di purezza molto elevato. I primi trattamenti sul greggio sono: Successivamente, si sottopone la miscela alle seguenti lavorazioni: - Topping: distillazione primaria a P atmosferica; - Stabilizzazione: separazione dei gas e gpl da frazioni leggere; - Splitting: suddivisione delle benzine leggere; - Vacuum: distillazione sotto vuoto del residuo topping; - Reforming: trattamento su benzine per aumento del N.O.; - Cracking: trattamento su oli pesanti; - Isomerizzazione: trattamento per avere benzine ad alto N.O.; - Alchilazione: trattamento su gas per ottenere benzine; - Desolforazione (o raffinazione): trattamenti preliminari alla commercializzazione, o prima di trattamenti catalitici; II petrolio liquido in raffineria viene sottoposto a distillazione a pressione atmosferica, detta topping, dal quale si ottengono diverse frazioni formate da miscele di idrocarburi. Le frazioni ottenute dal topping rappresentano una prima fase delle lavorazioni, perché i vari tagli vengono poi inviati ad altre lavorazioni, volte ad ottenere prodotti commerciali. Queste lavorazioni di dividono in operazioni di conversione: o Il cracking catalitico, o Steam cracking, o Hydrocracking, o Reforming catalitico. E trattamenti speciali: o Alchilazione, o Isomerizzazione, o Hydrocracking. Le benzine Le benzine sono uno dei prodotti più importanti dell’industria petrolifera e coprono circa il 14% della produzione petrolifera totale. Sono costituite da idrocarburi che possiedono da 5 a 10 atomi di carbonio, con una predominanza di C6, C7 e C8. L’intervallo di distillazione va da circa 30°C fino a circa 205°C. I requisiti commerciali delle benzine sono in relazione con il funzionamento del motore a scoppio a Ciclo Otto che funziona secondo un ciclo termodinamico costituito da due adiabatiche e due isocore. E’ costituito da 4 cilindri muniti di valvole di aspirazione e di scarico, in ognuno dei quali un pistone si muove con un moto alternato tra un punto morto superiore (pms) ed un punto morto inferiore (pmi). Il fluido termodinamico è costituito da una miscela aria/benzina, che ad ogni ciclo viene espulsa e sostituita con una nuova miscela e in cui la benzina ha lo scopo di fornire, tramite la combustione, il calore necessario al ciclo termodinamico. 1° Fase (Non fa parte del ciclo termodinamico): Il pistone scende in basso e la valvola di aspirazione è aperta, si ha l’aspirazione della miscela all’interno del cilindro. 2° Fase: A valvole chiuse, il pistone sale comprimendo adiabaticamente la miscela (A -> B). Prima di giungere al punto morto, la candela fa scoccare una scintilla che incendia la benzina e procura calore. 3° Fase: La combustione si completa con il raggiungimento del punto morto superiore (trasformazione isocora B-> C). 4° Fase: E’ la fase di espansione adiabatica (C-> D) in cui i gas, ad elevata pressione, possono compiere il lavoro ed il pistone scende verso il basso con valvole sempre chiuse. 5° Fase: L’apertura della valvola di scarico porta alla caduta di pressione istantanea (D-> A). La caratteristica principale della benzina è il potere antidetonante (capacità di non accendersi per la semplice pressione del pistone), che impedisce la detonazione nei motori a ciclo otto, mentre è alla base dei motori a ciclo diesel. Maggiore è la resistenza alla detonazione, e migliore è il lavoro che il carburante è in grado di effettuare all’interno di un cilindro. Il potere antidetonante si misura con il numero di ottano (N.O.), una scala in cui l'isoottano puro è uguale a 100 (poco detonante) e il n-eptano è uguale a 0 (molto detonante). Il numero di ottano si attribuisce confrontando il comportamento della benzina campione con quello di una miscela n-eptano/ isoottano. Ad esempio, una benzina con numero di ottano 90 detona esattamente come una miscela alo 90% in isoottano ed al 10% in n-eptano. La misura del numero di ottano si può effettuare secondo i due standard, che differiscono per il numero di giri: 1. Reserarch Method (RON) a 600 giri/min; 2. Motor Method (MON) 900 giri/min. Per migliorare le proprietà antidetonanti della benzina, in passato si è fatto ricorso ad additivi costituiti da composti a base di piombo, le cui caratteristiche inquinanti ne hanno decretato la sostituzione con altre sostanze e la nascita della cosiddetta benzina verde, esente da piombo. Produzione: In uno stabilimento petrolifero sono diversi gli impianti che producono benzine: 1. Dal topping provengono benzine in cui predominano gli alcani lineari; 2. Gli impianti di alchilazione, isomerizzazione e cracking catalitico (FCC) producono paraffine ramificate ad alto N.O.; 3. Il reforming converte le benzine pesanti in aromatici. Nella formulazione delle benzine possono entrare anche alcuni composti ossigenati che presentano un elevato numero di ottano. Possiedono queste caratteristiche alcuni alcoli, sopratutto etilico e metilico, ed alcuni composti ossigenati come il metilterz-butiletere (MTBE) e l’etil-terz-butiletere (ETBE) che vengono prodotti nelle raffinerie, grazie alla disponibilità delle materie prime occorrenti. Per raggiungere un RON indicato nella normativa, vengono impiegate le benzine provenienti dai diversi impianti effettuando una miscelazione denominata “Blending”. La miscela o “Blending” si ottiene quindi con i prodotti dei diversi impianti: Cracking a letto fluido (FCC): Nel cracking si ottiene un progressivo frazionamento delle molecole degli idrocarburi degli oli pesanti in molecole via via più leggere, fino a quelle degli idrocarburi a due, tre e quattro atomi di carbonio, gassosi a temperatura ambiente; tuttavia, attraverso un'opportuna scelta dei tempi, delle temperature e delle pressioni si riesce a contenere il processo in modo che esso fornisca principalmente benzina e solo modeste quantità di idrocarburi gassosi: contemporaneamente si ha la formazione di quantità rilevanti di idrogeno e anche di carbonio libero. Alimentazione: Gasoli miscelati con residui di raffineria. Prodotti finali: Frazione gassosa (C3,C4); Frazione liquida; Coke (formazione solida sul catalizzatore). Reforming Catalitico: Nel reforming catalitico si opera su frazioni di distillato primario e si trasformano gli idrocarburi naftenici e paraffinici in aromatici attraverso l'azione combinata di temperatura ( tra 450 e 525°C) e pressione in presenza di catalizzatori, per esempio a base di platino. Alimentazione: Benzina desolforata, corrente di idrogeno. Prodotti: GPL, Pentani e Benzina riformata. Isomerizzazione: Nell'isomerizzazione si opera su pentano ed esano per trasformarli nei rispettivi isomeri ramificati che presentano alto numero di ottano; il prodotto ottenuto è spesso miscelato a quello di reforming. Alimentazione: benzine leggere, provenienti dal topping o dal reforming. Prodotti: Benzine pregiate. Alchilazione: Nell'alchilazione si provoca, mediante catalizzatori quali l'acido fluoridrico liquido, l'acido solforico concentrato o il cloruro di alluminio anidro, la condensazione di idrocarburi paraffinici ed etilenici a tre, quattro e cinque atomi di carbonio e ottenuti per cracking: si ottengono così idrocarburi paraffinici a 7-9 atomi di carbonio e a struttura fortemente ramificata. Alimentazione: Isobutano, Isobutene, olefine leggere. Prodotti: Benzine pregiate. ETBE e MTBE: Sono eteri ottenuti per condensazione tra un alcol (metanolo, etanolo) e un alchene (isobutene, isopenteni). L'ossigeno che contengono procura alla loro struttura un N.O. particolarmente elevato che li rende degli ottimi sostituti degli idrocarburi aromatici e permette di non usare additivi al piombo. Alimentazione: Metanolo, Etanolo, Isobutene Prodotti: ETBE, MTBE. Desolforazione delle Benzine: L'idrodesolforazione è un processo catalitico che riduce il contenuto di zolfo nei derivati petroliferi. Le benzine devono essere praticamente esenti da composti solforati (massima quantità tollerata è lo 0,2%), la cui presenza diminuisce o addirittura annulla l'azione degli additivi antidetonanti e dà luogo a rapide corrosioni nei motori. Una parte dello zolfo viene eliminata nei processi di cracking sotto forma di solfuro di idrogeno. In molti casi, si deve ricorrere a un “addolcimento” delle benzine, ossia a una desolforazione mediante adatti reagenti chimici. L'idrodesolforazione catalitica consiste nel miscelare la frazione petrolifera da desolforare con idrogeno puro. La corrente di idrogeno e della frazione petrolifera da desolforare viene poi scaldata a fiamma diretta alla temperatura di 300-400 °C e mandata al catalizzatore. Lo stato fisico della corrente dipenderà fortemente dalla frazione petrolifera utilizzata. I catalizzatori utilizzati in questo processo sono prevalentemente ossidi di cobalto e molibdeno, posti su un substrato di allumina. Sul catalizzatore avviene quindi la reazione di desolforazione, in cui vengono rotti i legami tra gli atomi di zolfo presenti negli idrocarburi e questo reagisce con l'idrogeno dando acido solfidrico. L'acido solfidrico viene poi separato dalla frazione petrolifera desolforata, sfruttando il fatto che esso rimane gassoso anche a temperatura ambiente. La corrente di acido solfidrico così ottenuta viene poi mandata in ulteriori reattori chimici. Fine