Esame di Stato di Liceo Scientifico
a.s. 2005-2006
Sessione ordinaria
La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e
le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario.
Problema 1.
Un filo metallico di lunghezza viene utilizzato per delimitare il
perimetro di un'aiuola rettangolare.
a)
Quale è l'aiuola di area massima che è possibile delimitare?
Si pensa di tagliare il filo in due parti e di utilizzarle per delimitare
un'aiuola quadrata e un'altra circolare. Come si dovrebbe tagliare il
filo affinché:
b)
la somma delle due aree sia minima?
c)
la somma delle due aree sia massima?
Una aiuola, una volta realizzata, ha la forma di parallelepipedo
rettangolo; una scatola, cioè, colma di terreno. Si discute di
aumentare del 10% ciascuna sua dimensione. Di quanto terreno in
più, in termini percentuali, si ha bisogno?
Problema 2.
Si considerano le funzioni f e g determinate da f (x) = log x
g(x) = a x 2 , essendo a un parametro reale e il logaritmo in base e.
1)
2)
e
Si discuta, al variare di a, l'equazione log x = a x 2 e si dica, in
particolare, per quale valore di a i grafici di f e g sono tra loro
tangenti.
Si calcoli, posto a = 1, l'area della parte di piano delimitata dai
grafici delle funzioni f e g e dalle rette x = 1 e x = 2 .
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3)
Si studi la funzione h( x) = log x a x 2 scegliendo per a un valore
numerico maggiore di 1 e se ne disegni il grafico.
2e
Questionario.
1.
Si narra che l'inventore del gioco degli scacchi chiedesse di
essere compensato con chicchi di grano: un chicco sulla prima
casella, due sulla seconda, quattro sulla terza e così via, sempre
raddoppiando il numero dei chicchi, fino alla 64a casella.
Assumendo che 1000 chicchi pesino circa 38 g, calcola il peso in
tonnellate della quantità di grano pretesa dall'inventore.
2.
I poliedri regolari - noti anche come solidi platonici - sono, a
meno di similitudini, solo cinque: il tetraedro, il cubo,
l'ottaedro, il dodecaedro e l'icosaedro. Sai dimostrarlo?
3.
Un foglio di carta deve contenere un'area di stampa di 50 cm2,
margini superiore e inferiore di 4 cm e margini laterali di 2 cm.
Quali sono le dimensioni del foglio di area minima che si può
utilizzare?
4.
La capacità di un serbatoio è pari a quella del cubo inscritto in
una sfera di un metro di diametro. Quanti sono, approssimativamente, i litri di liquido che può contenere?
5.
Si dimostri che la somma dei coefficienti dello sviluppo di
6.
7.
(a + b)n è uguale a 2 n per ogni n N.
L'equazione risolvente un dato problema è: k cos( 2x) 5 k + 2 = 0
dove k è un parametro reale e x ha le seguenti limitazioni:
15° < x < 45°.
Si discuta per quali valori di k le radici
dell'equazione siano soluzioni del problema.
La funzione f (x) = x 3 2 x 2 soddisfa le condizioni del Teorema
di Lagrange nell'intervallo [0,1] ? Se si, trova il punto che
compare nella formula
8.
f ( b) f ( a )
= f ( ) .
b a
La funzione f (x) = tg x assume valori di segno opposto negli
[4 4 ]
estremi dell'intervallo I = , 3 , eppure non esiste alcun x I
tale che f (x) = 0. È così? Perché?
9.
2
Della funzione f (x) si sa che è derivabile e diversa da zero in
ogni punto del suo dominio e, ancora, che f ( x) = f ( x) e
f (0) = 1. Puoi determinare f (x) ?
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10. La funzione f (x) = asen x + b cos x ha un estremo relativo per
( )
= 1. Si trovino a e b e si dica qual è il periodo
x = 4
ed è f 2
3
3
di f (x) .
Leggiamolo insieme
Problema 1
Il problema verte principalmente su questioni di massimo e minimo
in geometria piana. La risoluzione è piuttosto semplice, sia dal
punto di vista concettuale, sia per quanto riguarda i calcoli.
Occorre un po' di attenzione per la seconda e la terza domanda: per
rispondere correttamente bisogna ricordare di considerare i valori
assunti dalla funzione ottenuta negli estremi dell'intervallo in cui
essa va studiata.
Il problema si conclude con una domanda, non collegata con il resto
del problema, relativa al calcolo di una percentuale.
Si noti che il testo del problema, anziché discutere di figure
geometriche astratte, parla di "aiuole"; questo termine indica nella
prima parte del problema figure piane, mentre nella seconda parte
indica un parallelepipedo; ciò peraltro è dal testo specificato
chiaramente.
Che cosa ripassare?
Le formule per l'area di un rettangolo e di un cerchio, la lunghezza
di una circonferenza e il volume di un parallelepipedo. Risoluzione
di problemi di massimo e minimo con l'ausilio delle derivate.
Calcoli di percentuali.
Problema 2
Il problema propone principalmente questioni di Analisi
Matematica. La prima domanda, la quale richiede la discussione di
un'equazione rispetto ad un parametro, conduce allo studio di una
funzione; segue il calcolo di un'area, da effettuarsi mediante un
integrale; infine un altro studio di funzione.
Che cosa ripassare?
Studio di funzioni; applicazione alla discussione di equazioni
rispetto ad un parametro; retta tangente al grafico di una funzione
in un punto. Il Teorema degli zeri. Calcolo dell'area di una figura
piana mediante l'integrale; integrazione per parti.
3
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Soluzione del problema 1.
Domanda a): L'aiuola di area massima.
Si tratta, in sostanza, di determinare il rettangolo di area massima,
sapendo che il suo perimetro è uguale a .
Prima risoluzione (con uso della derivata). Il semiperimetro di
ciascuno dei rettangoli in esame è uguale a . Indicata con x una
2
delle dimensioni del rettangolo, si ha
l'area è
x x2
A(x) = x x =
2
2
che l'altra è x , e quindi
2
0 < x < (figura 1).
2
Allora A ( x) = 2 2x ; A ( x) = 0 se x = 4 ;
inoltre A ( x) è positiva per x < , negati-
4
va per x > . Dunque x =
è punto di
4
4
x
massimo (assoluto) per A(x) ; il rettangolo di area massima, a perimetro fissato, è il quadrato, perché se x = 4 allora
l x
2
figura 1
anche x = cosicché tutti i lati misurano .
2
4
Lato aiuola di area massima =
4
(aiuola quadrata)
4
Seconda risoluzione (metodo geometrico) Disegniamo il quadrato
ABCD di lato 4 (figura 2). Sia G un punto interno al lato BC;
prolunghiamo AB oltre B di un segmento BE congruente a CG.
C
Costruiamo il rettangolo AEFH, con il
D
lato FH contenente G. Tale rettangoG
H
F
lo ha perimetro uguale a come il
l
quadrato ABCD.
Rettangolo e
4
quadrato hanno in comune il rettangolo ABGH; le parti rimanenti non
sono equivalenti, perché BE = DH ,
E
A
l
B
mentre BG < GH , perché GH è il lato
4
del quadrato e BG ne è una parte
figura 2
propria. Dunque, un rettangolo di
perimetro che non sia un quadrato ha area inferiore al quadrato di
uguale perimetro; quest'ultimo realizza dunque l'area massima.
Questo fatto si può dedurre anche per via algebrica. Indicato
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CG = t , le dimensioni del rettangolo AEFH sono + t e t ; l'area è
4
4
2
2
pertanto + t t = t 2 , in ogni caso non superiore a , ed
4
4
16
( )( )
uguale a
2
16
16
se t = 0 , ossia nel caso del quadrato.
Domande b) e c): cerchio e quadrato.
Se il filo viene tagliato in due parti di lunghezze x e x , per
delimitare rispettivamente un cerchio e un quadrato, le rispettive
aree si calcolano come segue:
Area del cerchio. Per calcolare l'area del cerchio (uguale a r 2 , se r
è il raggio), occorre la misura del raggio. La lunghezza di una
circonferenza di raggio r è 2 r ; da 2 r = x segue r = x e quindi
x
Area cerchio = 2 2
2
=
x2
.
4
Area del quadrato. Il lato del quadrato di perimetro x è x ;
4
quindi l'area è
x
Area quadrato = 4 2
=
( x) 2 .
16
L'area complessiva delle due figure è dunque
x 2 ( x)
(0 x ) .
S(x) =
+
4
16
Calcoliamo la derivata:
x x
4x + x
x( + 4) S( x) =
=
=
.
2
2
8
8
2
, ed il suo segno varia come indicato nel
Questa è nulla se x = +
4
seguente schema, che indica pure dove S(x) è crescente e dove
decrescente.
S( x)
S(x)
------------- +++++++++++++
l
+4
0
l
Si nota che il minimo assoluto per la somma S(x) delle due aree si
realizza quando x = + 4
(circonferenza), e di conseguenza il
perimetro del quadrato è = 4 . Il massimo assoluto di S(x) ,
+4 +4
per 0 x , è raggiunto quando x assume uno dei due valori
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estremi dell'intervallo. Per sapere quale, calcoliamo S(0) e S() , per
confrontare i due risultati:
2
2
; S( ) =
.
16
4
2
È maggiore S() = ; dunque il massimo dell'area complessiva si
4
raggiunge nel caso-limite in cui l'aiuola quadrata scompare (avendo
perimetro e area uguali a zero) e tutto il filo viene utilizzato per
delimitare un'aiuola circolare.
S(0) =
+4
Somma aree massima se: lunghezza circonferenza = Somma aree minima se: lunghezza circonferenza =
Seconda parte del problema: sul volume di un parallelepipedo.
Si faccia attenzione nella lettura del testo. La seconda parte del
problema non ha nulla in comune con la prima, e lo stesso vocabolo,
"aiuola" viene ora usato per denotare una figura solida
(parallelepipedo rettangolo), mentre nella prima parte del problema
si riferiva a figure piane.
Siano a, b, c le dimensioni del parallelepipedo (figura 3). Il suo
volume è allora il prodotto a b c (cfr.2.38)
V1 = a b c
Se ogni dimensione del parallelepic
pedo aumenta del 10%, le nuove dimensioni diventano a + 10 a = 1, 1a ,
100
e allo stesso modo 1, 1b e 1, 1c . Il
b
nuovo volume è
V2 = 1, 1a 1, 1b 1, 1c = 1, 331 a b c
a
figura 3
L'incremento di volume è pari a
0, 331 a b c , cioè 0, 331V1 . Il volume è quindi aumentato del 33,1%.
Incremento percentuale del volume: 33,1 %
Soluzione del problema 2.
Domanda 1): discussione dell'equazione log x = a x 2 .
L'equazione log x = a x 2 equivale a
(1)
log x
x2
= a
perché l'esistenza di log x richiede che sia x > 0 , e quindi la
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divisione per x 2 è lecita, essendo il divisore diverso da zero.
La (1) può essere interpretata come l'equazione risolvente il sistema
log x
y = 2
(2)
x
y = a
il quale rappresenta l'intersezione tra il grafico della funzione
h( x) =
log x
e la retta parallela all'asse y, di equazione y = a .
x2
Svolgiamo dunque lo studio della funzione h indicata sopra,
limitatamente a quanto occorre ai fini del problema: dominio, limiti,
estremanti.
Dominio: D = ]0, +[ .
Limiti: lim
log x
x0 x 2
= (il numeratore ha limite -, il denominatore
ha limite 0 ed è positivo; cfr.5.5);
lim
1
1
H
= = lim x = lim
= 0
x+ 2 x
x+ 2 x 2
log x
x+ x 2
(il simbolo
[ ] indica che numeratore e denominatore hanno limite
infinito, ed abbiamo quindi una "forma indeterminata" di limite; la
H
sigla = ricorda l'applicazione della regola di de l'Hôpital per il
calcolo del limite (cfr.5.22)).
Derivata: h (x) =
1 x 2 log x 2 x
1 2log x
x
.
=
x3
x4
Poiché il denominatore è positivo in tutto il dominio, è
1
1
h (x) > 0 1 2 log x > 0 log x <
x < e2.
2
1
1
1
Perciò h è crescente per 0 < x < e 2 , decrescente per x > e 2 ; x = e 2 è
punto di massimo relativo per h; in questo caso si tratta in effetti di
massimo assoluto. Il valore del massimo è
( )
h
1
e2
( )
(e )2
1
=
log e 2
1
2
=
1
2
e
=
1
.
2e
Per svolgere lo studio della funzione in maniera più esauriente resta
da studiare il segno della funzione ( h( x) > 0 x > 1 ) e il calcolo della
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derivata seconda e studio del suo segno: risulta h (x) =
6 log x5
,e
x4
5
5
h (x) > 0 log x > 56 x > e 6 ; x = e 6 è punto di flesso: h è concava
5
5
per 0 < x < e 6 , convessa per x > e 6 .
( )
5
e6
L'ordinata del flesso è
5
e 3 .
Tutto ciò, lo ripetiamo, è superfluo per quanto attiene
h
= 56
alla domanda in oggetto.
La figura 4 mostra il grafico della funzione.
1
2e
1
e2
figura 4
Dallo studio della funzione risulta che:
• se a 0 , allora l'equazione
log x
= a , equivalente a
x2
log x = a x 2 ha una sola soluzione;
1
• se 0 < a < 2e
allora l'equazione ha due soluzioni, una
1
1
compresa fra 1 e e 2 , l'altra maggiore di e 2 ;
1
• se a = 1 allora l'equazione ha una sola soluzione, x = e 2
2e
log x
• se a > 1 , allora l'equazione 2 = a non ha soluzioni.
2e
x
Il terzo caso ( a = 1 ) appare come caso limite di quello precedente
2e
1
1
( 0 < a < 2e , due soluzioni); per a = 2e
le due curve di equazione
1
y = log x e y = a x 2 sono fra loro tangenti nel punto di ascissa x = e 2 ,
come verificheremo tra poco.
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Verifica della tangenza delle due curve y = log x e y = 1 x 2 .
2e
I calcoli svolti poc'anzi mostrano che i due grafici in oggetto hanno
1
in comune un solo punto, di ascissa x = e 2 e ordinata 1 (l'ordinata si
2
1
calcola sostituendo x = e 2 in una qualsiasi delle due equazioni).
1 Per accertare la tangenza delle due curve nel punto e 2 , 12 1 x2
dobbiamo controllare che le due funzioni f (x) = log x e g(x) = 2e
1
abbiano la stessa derivata nel punto x = e 2 . Si ha
1
1
1
1
1
1
1
1 1
f ( x) = ; f e 2 = 1 = e 2 .
g ( x) = x ; g e 2 = e 2 = e 2 .
x
e
e
e2
( )
( )
Dunque le due curve
y = log x e y = 1 x 2 so2e
no fra loro tangenti nel
1 Esse
punto e 2 , 12 .
sono entrambe tangenti
in tale punto alla retta
di equazione
y = 12 +
ossia
1
e 2
(x ) ,
1
e2
y
y=
1 2
x
2e
y = log x
1
2
x
1
e2
y=e
12
x 21
1
y = e 2 x 12
figura 5
(cfr.5.20). La figura 5
mostra i grafici delle due funzioni e la tangente comune.
Domanda 2): calcolo dell'area.
L'area da calcolare è delimitata dalle rette x = 1, x = 2 come indica il
testo, e dalle curve di equazione y = log x , y = x 2 (figura 6).
Quest'ultima curva si trova al di sopra dell'altra, e quindi l'area
richiesta vale (cfr.5.30)
2
(1)
(
)
Area = x 2 log x dx
1
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y
Il calcolo di una primitiva di
log x si svolge mediante una
integrazione per parti (cfr.5.27):
1
log
x
dx
=
log
x
x
x dx =
x
= log x x 1 dx = xlog x x.
L'integrale (1) vale dunque
y = x2
2
y = logx
0
1
2
x =1
x =2
x
figura 6
(
)
2
x log x dx =
1
x=2
1 3
=.
= x xlog x + x
3
x=1
10
2log 2 .
=
3
Area richiesta:
10
2 log 2
3
Domanda 3): studio della funzione.
La funzione da studiare è, in base al testo, h( x) = log x a x 2 con a
scelto a piacere, purché maggiore di 1 . Scegliamo, per esempio,
2e
a = 1, che soddisfa questa condizione. Studiamo dunque
h( x) = log x x 2
(1)
La funzione esiste per x ]0, +[ ; per quanto riguarda il suo segno,
è possibile affermare fin d'ora che h(x ) < 0 in tutto il dominio. Infatti
(
)
• lim log x x 2 = , e quindi vi sono punti del dominio in cui
x0
h( x) < 0 (Teorema della permanenza del segno).
• Non esiste alcun punto in cui h( x) = 0 . Infatti, nella risoluzione
della domanda 1) abbiamo provato che l'equazione
1 , ed attualmente
log x a x 2 = 0 non ha soluzioni se a > 2e
a = 1.
Il Teorema degli zeri afferma che: se una funzione continua in un
intervallo assume valori di segno opposto in due punti a, b
dell'intervallo, allora essa si annulla almeno una volta fra a e b.
Non ci possono pertanto essere punti del dominio di h in cui
10
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h( x) > 0 , perché in tal caso vi sarebbero anche punti in cui h( x) = 0 , e
ciò, come si è detto, non è possibile.
(
)
Si ha poi lim log x x 2 = . Ciò è immediato, se si ricorre al
x+
fatto che x 2 è un infinito di ordine superiore di log x , per x + .
Se si vuole ottenere il risultato con argomenti più elementari, si può
procedere cosi:
(
x+
lim log x x 2
(2)
)
=
log x lim x 2 1 2 ;
x+
x ora, per la regola di de l'Hôpital,
1
log x H
1
x
lim
=
lim
=
lim
= 0.
x+ x 2
x+ 2 x
x+ 2 x 2
Così l'espressione in parentesi al secondo membro di (2) ha limite
1, e quindi il limite (2) vale –, come avevamo anticipato.
1
1 2x 2
. Il suo segno,
La derivata di h è h (x) =
2x =
x
x
nell'intervallo ]0, + [ , varia come indicato nel seguente schema, il
quale mostra pure gli intervalli in cui h è crescente oppure
decrescente.
+++++++++++++ ------------h (x)
2
0
h( x)
2
x = 2 è punto di massimo relativo (e assoluto) per h; in questo
2
punto il valore della funzione è
2
2 2
=
log
h
2 2 2 2
= 1
1
1
log 2 = (log 2 + 1).
2
2
2
Calcoliamo infine la derivata seconda.
Conviene riferirsi
all'espressione della derivata prima h (x) = 1x 2x ; si ottiene subito
h (x) = 12 2 , manifestamente negativa per ogni x. Dunque h è
x
concava in tutto il dominio. La figura 7 mostra il grafico di h.
11
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y
2
2
x
12 ( log 2 1)
y = log x x 2
figura 7
Questionario
Quesito 1
Il quesito verte, in sostanza, sul calcolo della somma dei termini di una progressione
geometrica. Si deve poi stimare l'ordine di grandezza del risultato.
Il numero di chicchi di grano richiesto dall'inventore è uguale a
(1)
1 + 2 + 4 + 8 + … + 2 63 = 2 0 + 21 + 2 2 + … + 263 =
63
2k .
k=0
Si tratta della somma di 64 termini di una progressione geometrica
di ragione 2, con primo termine 1.
Ricordiamo che la somma di n termini in progressione geometrica
di ragione r, dove il primo termine è uguale ad a, vale (cfr.1.14)
(2)
S =
n1
k=0
1 r
a rk = a
n
1r
Attualmente a = 1, r = 2 , n = 64 . Pertanto la somma in (1) vale
1 2 64
= 2 64 1.
1 2
Adesso dobbiamo valutare l'ordine di grandezza del risultato. La
calcolatrice fornisce come risultato della potenza 264 , il valore
1, 845 10 19 (si può ignorare il « –1 », trascurabile rispetto a 264 ).
Il testo informa che 1000 chicchi di grano pesano circa 38 g. Il peso
di 264 chicchi si stima quindi come segue:
(3)
12
S =
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peso di 1, 845 10 19 chicchi = peso di 1, 845 1016 1000 chicchi 1, 845 1016 38g = 1, 845 1010 38t = 7, 011 10 11 t .
Si tratta di oltre settecento miliardi di tonnellate di grano.
Per rendersi conto di quanto sia grande questa quantità, si pensi che
la produzione mondiale di grano in un anno è stimata in circa 600
milioni di tonnellate, cioè 600 106 t , vale a dire 6 108 t ; dunque
non sono sufficienti 1000 anni per produrre la quantità di grano
richiesta.
Ancora: distribuendo uniformemente una tale quantità di chicchi di
grano sulla superficie terrestre (compresi gli oceani), si avrebbero
circa 3,6 chicchi per centimetro quadrato (cfr. B.D'Amore, Più che 'l
doppiar de li scacchi s'inmilla, Pitagora, Bologna 2000).
Quesito 2
È richiesta la dimostrazione di un importante Teorema di geometria solida.
Ricordiamo che un poliedro si dice regolare se è convesso, le sue
facce sono poligoni regolari congruenti e tutti i diedri (angoli
formati fra i piani contenenti due facce con uno spigolo in comune)
sono fra loro congruenti.
In ciascun vertice V di un poliedro regolare convergono lo stesso
numero di facce (almeno tre); inoltre la somma degli angoli con
vertice V deve essere minore dell'angolo giro (360°). Questa è la
proprietà fondamentale per stabilire quali e quanti sono i possibili
poliedri regolari. Ragioniamo per ciascuna possibile forma delle
facce.
• Se le facce sono triangoli equilateri ciascun angolo misura 60°; per
rispettare la limitazione sulla somma degli angoli < 360° le facce
confluenti in ciascun vertice possono essere tre (somma angoli
= 180° ) oppure quattro (somma angoli = 240° ) oppure cinque
(somma angoli = 300° ). I poliedri con queste caratteristiche sono
rispettivamente il tetraedro (regolare), avente per facce quattro
triangoli equilateri; l'ottaedro (otto triangoli equilateri), l'icosaedro
(venti triangoli equilateri).
• Se le facce sono quadrati ciascun angolo misura 90°; per rispettare la
limitazione sulla somma degli angoli < 360° le facce confluenti in
ciascun vertice non possono che essere tre (somma angoli = 270° );
il poliedro che si ottiene è il cubo o esaedro (sei facce quadrate).
• Se le facce sono pentagoni regolari ciascun angolo misura 108°; per
rispettare la limitazione sulla somma degli angoli < 360° le facce
confluenti in ciascun vertice non possono che essere tre (somma
angoli = 324°); il poliedro che si ottiene è il dodecaedro (dodici
facce pentagonali).
13
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Non è possibile costruire poliedri regolari con facce esagonali: gli
angoli in ciascun vertice di un esagono regolare misurano 120°, e
3 120° = 360°; a più forte ragione non è possibile costruire poliedri
regolari le cui facce siano poligoni regolari con sette o più lati.
Dunque, esistono soltanto i cinque tipi di poliedri regolari su
elencati, come si voleva dimostrare.
Quesito 3
Il quesito propone un semplice problema di minimo in geometria piana.
Per semplicità, omettiamo, nel corso dello svolgimento,
l'indicazione delle unità di misura: cm, per le lunghezze, cm2 per le
aree.
H
G
D
C
x
Indichiamo con x e y le
dimensioni orizzontale e verticale
dell'area di stampa ABCD; sia
EFGH
il
rettan-golo
che
rappresenta il foglio sul quale
viene effettuata la stampa, con le
lettere ordinate come in figura 8.
y
L'area di stampa misura x y ; dai
dati del problema abbiamo
x y = 50 .
L'area del foglio vale invece
EF FG = (x + 4) (y + 8) (si faccia
attenzione che la misura del
A
B
margine laterale di 2 cm va
E
F
addizionata due volte a x, e
figura 8
analogamente la misura del
margine superiore e inferiore di
4 cm va addizionata due volte a y). Dalla relazione x y = 50
ricaviamo y = 50 , cosicché risulta
x
50
x > 0.
Area del foglio = ( x + 4 ) + 8 f (x) ,
x
Per questa funzione dobbiamo determinare il valore di x che la
rende minima. Conviene svolgere il prodotto prima di calcolare la
derivata.
200
50
f (x) = ( x + 4 ) + 8 = 82 +
+ 8x
x
x
e quindi
14
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
f ( x) = (
)
8 x 2 25
200
.
+8 =
x2
x2
Facilmente si calcola che f ( x) è negativa per 0 < x < 5 , positiva per
x > 5 ; perciò il minimo valore di f (x) viene assunto per x = 5 . Il
corrispondente valore di y è 50 = 10 . Le misure del foglio di area
5
minima sono quindi:
EF = (5 + 4) cm = 9cm ;
FG = (10 + 8 ) cm = 18 cm .
Quesito 4
Il quesito propone un problema di geometria solida elementare; infine occorre risolvere
un'equivalenza tra metri cubi e litri.
Per calcolare il volume del cubo in oggetto occorre la misura dello
spigolo; indichiamola con .
Il diametro della sfera circoscritta al
cubo (non rappresentata in figura 9) è
la diagonale del cubo, ossia ciascun D
segmento condotto fra due vertici
O
diametralmente opposti, ossia vertici
non appartenenti ad una stessa faccia; è il caso di C e D nella figura 9.
C
La relazione tra (spigolo del cubo) e
la diagonale si ricava applicando per
A
B
due volte il Teorema di Pitagora.
La diagonale di una faccia del cubo,
figura 9
essendo diagonale di un quadrato di lato , misura 2 ; per
esempio, BD = 2 .
Il triangolo BCD è rettangolo, con l'angolo retto in B; perciò
2
2
CD = BC + BD = 2 + 2 2 = 3 .
Quest'ultima, come abbiamo detto, è la misura del diametro della
sfera circoscritta al cubo; tale misura è uguale a 1 metro (dato
fornito dal testo); perciò
1
3 = 1 metro , e quindi =
metri .
3
Il volume del cubo è
3
1 3
Volume cubo = = m3 =
1
m 3 0,19245 m 3
3
3 3
Poiché un metro cubo equivale a 103 decimetri cubi, ossia a 1000
litri, la capacità in litri del serbatoio di cui parla il testo è
15
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
approssimativamente di 192, 45 litri.
Quesito 5
Si deve dimostrare una proprietà dei coefficienti binomiali.
I coefficienti dello sviluppo di (a + b ) sono i coefficienti binomiali (il
nome si riferisce appunto a questa loro applicazione); essi sono
definiti da
n!
n
=
(cfr.1.20)
k
k ! (n k )!
e si ha
n
(a + b )
n
=
n
nk a nk
k=0
bk
(cfr.1.24)
Tale relazione vale per ogni a , b R , quindi se assegniamo ad a e b il
valore 1, otteniamo
2 n = (1 + 1)
n
=
n
n
nk 1n k 1k = nk .
k=0
k=0
come volevamo dimostrare.
Quesito 6
Il quesito richiede la discussione di un'equazione con parametro, ossia di stabilire per
quali valori del parametro l'equazione ha soluzioni soddisfacenti determinate
limitazioni. Proponiamo due risoluzioni, leggermente differenti fra loro.
Prima risoluzione. Per k = 0 l'equazione diventa 2 = 0 , impossibile.
L'equazione si può quindi scrivere nella forma equivalente
5k 2
cos( 2x) =
(1)
.
k
Sono imposte le limitazioni (qui espresse relativamente alle misure
degli angoli in radianti) < x < . Nell'intervallo , la
12
4
funzione cos( 2x) è decrescente, e risulta 0 < cos( 2x) <
()
()
] 12 4 [
3
, essendo
2
cos 2 = 0 , cos 6 = 3 .
2
L'equazione (1) si può interpretare come equazione risolvente del
sistema
y = cos( 2x)
(2)
5k2
y = k
La prima equazione di (2) ha per grafico la sinusoide y = cos( 2x) ; la
16
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
seconda rappresenta, al variare di k, il fascio improprio di rette
parallele all'asse x (ad eccezione di y = 5 ) (figura 10).
y
3
2
2
y = 5k
k
x
12
4
y = cos( 2x )
figura 10
Perciò esiste una soluzione di (1) (ed una sola) soddisfacente le
3
limitazioni imposte, se e solo se 0 < 5k 2 <
.
k
2
Non resta che
risolvere queste ultime due disequazioni ((3) e (4), di seguito).
5k 2
> 0;
k
la risoluzione di (3) è illustrata nel seguente schema:
5 k 2 --------------------- ++++++++++
(3)
k
---------- ++++++++++ ++++++++++
5k 2
k
++++++++++ ---------- ++++++++++
(4)
Questa si trasforma in
(5)
2
5
0
5k 2
<
k
(10 3
.
2
3) k 4
< 0;
2k
la risoluzione di (5) è illustrata nel seguente schema:
17
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
(10 3) k 4 --------------------- ++++++++++
---------- ++++++++++ ++++++++++
2k
(10 3 ) k4 ++++++++++ ---------- ++++++++++
2k
4 (10+ 3 )
0
(si noti che
97
4 = 4 (10+ 3 )
).
97
10 3
Infine, osservato che
4 (10+ 3 )
0, 48 > 25 , abbiamo
97
(3)
(5)
(3)
Sistema Sistema
(5)
0
2
5
4 (10+ 3 )
97
Concludiamo che l'equazione (1) ha una soluzione se e solo se
4 (10+ 3 )
2
<
k
<
.
5
97
Seconda risoluzione.
Dall'equazione k cos( 2x) 5 k + 2 = 0 ricaviamo k :
k =
(6)
2
5 cos( 2x)
La (6) è un'altra forma dell'equazione data dal testo, ad essa
equivalente (si noti che il denominatore non è mai zero, perché
cos( 2x) non può valere 5, quindi la divisione è lecita senza alcuna
2
restrizione). Studiamo (parzialmente) la funzione f (x) = 5cos
(2x)
[12 4 ]
nell'intervallo , . La derivata di f è
f ( x) =
Nell'intervallo
18
[12 , 4 ]
4 sen( 2x)
(5 cos( 2x )) 2
questa è sempre negativa; dunque f è
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
decrescente in tale intervallo, e allora l'equazione (6) ha una
[
]
()
( )
soluzione in , se e solo se f < k < f . Poiché risulta
4
12
12 4
( )
=
f 12
2
()
5 cos 6
=
2
5 23
=
(
4 10 + 3
97
),
()
f 4 =
2
()
5 cos 2
=
2
5
concludiamo che l'equazione (6) ha una soluzione (ed una sola) se e
4 (10+ 3 )
.
solo se 2 < k <
5
97
4(10+ 3 )
97
y
y=k
2
5
y=
12
2
5 cos( 2x )
x
4
figura 11
Quesito 7
Il quesito riguarda il Teorema del valor medio di Lagrange. Osserviamo che la richiesta
«trova il punto che compare…» è a priori imprecisa, in quanto la tesi del Teorema di
Lagrange afferma che esiste almeno un punto che soddisfa la formula ricordata dal
testo; l'unicità di j può risultare in un caso particolare (come quello di questo
problema), ma non è assicurata in generale.
Il Teorema di Lagrange del valor medio è il seguente:
Ipotesi:
f : [a,b ] R è una funzione continua in [a,b ] e derivabile in ] a,b [ .
Tesi: Esiste almeno un punto ] a,b [ tale che f ( ) =
f (b ) f (a)
.
ba
Attualmente l'intervallo è [a,b ] = [0,1 ]; la funzione è f (x) = x 3 2 x 2 .
Essa è derivabile (perciò anche continua) in tutto R, quindi in
particolare nell'intervallo [0,1] . Sono quindi verificate le ipotesi del
Teorema di Lagrange. Il Teorema assicura allora l'esistenza di
almeno uno ]0,1 [ tale che
(1)
f ( ) =
f (1) f (0)
= 1.
10
Risulta f ( x) = 3 x 2 4 x ; i valori di che soddisfano la (1) si
trovano quindi risolvendo la seguente equazione:
19
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
1
3
1
Soltanto = 1 è accettabile, perché la tesi del Teorema riguarda
3
valori ]0,1 [ , escludendo dunque gli estremi dell'intervallo;
tuttavia, lo ripetiamo, l'unicità di j soddisfacente la (1) non era
inizialmente certa.
3 2 4 = 1;
2±1
=
=
3
3 2 4 + 1 = 0 ;
Quesito 8
Il testo del quesito richiama, senza nominarlo, il Teorema degli zeri, non applicabile in
questo caso perché non sono verificate tutte le sue ipotesi.
La funzione f (x) = tg x in effetti non si annulla in alcun punto
[
]
dell'intervallo , 3 : i punti in cui tg x = 0 sono x = k , con k
4 4
numero intero; nessuno di questi punti appartiene all'intervallo
considerato. È pure vero che la funzione assume valori di segno
= 1 .
opposto negli estremi dell'intervallo: tg 4 = 1 , tg 3
4
Quest'ultima osservazione ricorda il Teorema degli zeri, il quale
afferma che:
Se f : [a,b ] R è una funzione continua in [a,b ] e f (a) , f (b )
hanno valori di segno opposto, allora esiste almeno un punto
c ] a,b [ tale che f (c) = 0 .
Questo Teorema non è applicabile alla funzione
[
]
f (x) = tg x
, perché internamente a questo intervallo si
nell'intervallo 4 , 3
4
trova il punto x = , nel quale la funzione "tangente" non esiste;
2
quindi non è soddisfatta l'ipotesi di avere come dominio di f un
intervallo (in questo caso dovrebbe trattarsi dell'intervallo , 3 ).
4 4
Non c'è quindi alcuna contraddizione con il Teorema degli zeri,
quando si osserva che la funzione f (x) = tg x assume valori di segno
[
[
]
]
opposto negli estremi dell'intervallo , 3 , ma non si annulla in
4 4
alcun punto di tale intervallo.
Osserviamo che sarebbe scorretto affermare che la funzione
f (x) = tg x non è continua in x = 2 . La continuità è un attributo di
una funzione in punti del suo dominio. In ciascun punto del proprio
dominio, una funzione f può essere continua o discontinua; nei
punti non appartenenti al dominio la questione della continuità non
si può porre.
20
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
Quesito 9
Il quesito propone, in pratica, una semplicissima equazione differenziale accompagnata
da condizione iniziale (problema di Cauchy). L'esercizio è del tutto banale per chi
conosce anche soltanto i primi elementi di questo argomento; altrimenti la soluzione si
"indovina" facilmente, ma non si prova che essa è unica.
Non è difficile osservare che la funzione f (x) = e x soddisfa ai
requisiti: infatti f (0) = e 0 = 1 e f ( x) = e x = f ( x) . Abbiamo così
esibito una funzione che soddisfa le richieste. Nulla prova, fino a
qui, che tale funzione sia la sola soddisfacente tali richieste.
L'unicità della soluzione viene provata se riusciamo a ricavare la
soluzione in maniera costruttiva a partire dai dati, anziché
"indovinarla" e verificare a posteriori che essa soddisfa i requisiti.
La precisazione fornita dal testo, che f (x) sia "diversa da zero in
ogni punto del suo dominio" fa pensare che l'ideatore dell'esercizio
avesse in mente la seguente risoluzione:
La relazione f ( x) = f ( x) con f (x) 0 equivale a
f ( x)
= 1.
f (x )
(1)
Il primo membro di (1) è la derivata di ln f (x) . In effetti il valore
assoluto è superfluo, perché f, continua e per ipotesi mai nulla, deve
avere segno costante (sempre positiva o sempre negativa); poiché
f (0) = 1 , dovrà essere f (x) > 0 per ogni x reale. Abbiamo dunque
[
]
stabilito che d ln( f ( x)) = 1 per ogni x R . Da ciò segue che
dx
(2)
ln( f (x )) = 1 dx = x + C (C costante).
Da (2) segue f (x) = e x+C . La condizione f (0) = 1 permette di rica-
vare il valore di C; infatti f (0) = e C ; e C = 1 C = 0 . La soluzione
del quesito è dunque la funzione f (x) = e x , come avevamo già osservato; ora però abbiamo anche la conoscenza del fatto che tale
soluzione è unica, avendola ricavata sulla base delle condizioni
assegnate.
Quesito 10
Si devono ricavare i valori di due parametri nell'espressione di una funzione, in modo
che essa risponda a due requisiti. La risoluzione non presenta particolari difficoltà.
La risposta alla domanda relativa al periodo della funzione può
essere data fin d'ora: poiché asen x + b cos x è combinazione lineare
di funzioni di periodo 2 essa, se non è costante, ha periodo 2.
21
sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali
È
( )
( ) ( ) = 12 (a 3 b)
= 1 dà luogo all'equazione
e quindi la condizione f ( 2
3 )
f 2
3
= a sen 2
+ b cos 2
3
3
a 3 b = 2.
(1)
( )
= 0 . Ciò
Poi, se f ha un estremo relativo per x = 4 , allora è f 4
3
3
in virtù del Teorema di Fermat sugli estremanti, il quale afferma
che:
Se A R, f : A R , x0 è un punto interno ad A in cui f è derivabile,
e x0 è punto di minimo o massimo relativo per f, allora f ( x0 ) = 0 .
La derivata di f è f ( x) = a cos x b sen x ; si ha allora
( ) = acos( 43 ) b sen( 43 ) = 12 (a + b 3 ) .
= 0 dà quindi l'equazione
La condizione f ( 4
3 )
f 4
3
(2)
a + b 3 = 0 .
Adesso ricaviamo a e b risolvendo il sistema di (1) e (2):
a 3 b = 2
;
a
+
b
3
=
0
e quindi la funzione è
f (x) =
22
3b b = 2
;
a
=
b
3
3 sen x + cos x .
b = 1
a = 3
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
Esame di Stato di Liceo Scientifico
a.s. 2005-2006
P.N.I.
Sessione ordinaria
La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e
le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario.
Problema 1.
Un filo metallico di lunghezza viene utilizzato per delimitare il
perimetro di un'aiuola rettangolare.
a)
Quale è l'aiuola di area massima che è possibile delimitare?
Si pensa di tagliare il filo in due parti e di utilizzarle per delimitare
un'aiuola quadrata e un'altra circolare. Come si dovrebbe tagliare il
filo affinché:
b)
la somma delle due aree sia minima?
c)
la somma delle due aree sia massima?
Una aiuola, una volta realizzata, ha la forma di parallelepipedo
rettangolo; una scatola, cioè, colma di terreno. Si discute di
aumentare del 10% ciascuna sua dimensione. Di quanto terreno in
più, in termini percentuali, si ha bisogno?
Problema 2.
Si considerano le funzioni f e g determinate da f (x) = log x
g(x) = a x 2 , essendo a un parametro reale e il logaritmo in base e.
1)
e
Si discuta, al variare di a, l'equazione log x = a x 2 e si dica, in
particolare, per quale valore di a i grafici di f e g sono tra loro
tangenti.
1
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
2)
Si calcoli, posto a = e 2 , l'area della parte di piano delimitata
dai grafici delle funzioni f e g e dalle rette y = 1 e y = 2 .
3)
Si studi la funzione h( x) = log x a x 2 scegliendo per a un valore
numerico maggiore di 1 e se ne disegni il grafico.
2e
Questionario.
1.
Si narra che l'inventore del gioco degli scacchi chiedesse di
essere compensato con chicchi di grano: un chicco sulla prima
casella, due sulla seconda, quattro sulla terza e così via, sempre
raddoppiando il numero dei chicchi, fino alla 64a casella.
Assumendo che 1000 chicchi pesino circa 38 g, calcola il peso in
tonnellate della quantità di grano pretesa dall'inventore.
2.
I poliedri regolari - noti anche come solidi platonici - sono, a
meno di similitudini, solo cinque: il tetraedro, il cubo,
l'ottaedro, il dodecaedro e l'icosaedro. Sai dimostrarlo?
3.
In un piano sono dati una retta r e due punti A e B ad essa
esterni ma situati nel medesimo semipiano di origine r. Si trovi
il più breve cammino che congiunga A con B toccando r.
4.
Si dimostri che l'equazione sen x = x 1 ha una e una sola
radice a e, utilizzando una calcolatrice tascabile, se ne dia una
stima. Si descriva altresì una procedura di calcolo che consenta
di approssimare a con la precisione voluta.
5.
Si dimostri che la somma dei coefficienti dello sviluppo di
6.
(a + b)n è uguale a 2 n per ogni n N.
L'equazione risolvente un dato problema è: k cos( 2x) 5 k + 2 = 0
dove k è un parametro reale e x ha le seguenti limitazioni:
15° < x < 45°.
Si discuta per quali valori di k le radici
dell'equazione siano soluzioni del problema.
7.
Bruno de Finetti (1906-1985), tra i più illustri matematici italiani
del secolo scorso, del quale ricorre quest'anno il centenario
della nascita, alla domanda: "che cos'è la probabilità" era solito
rispondere: "la probabilità non esiste". Quale significato puoi
attribuire a questa risposta? È possibile collegarla ad una delle
diverse definizioni di probabilità che sono state storicamente
proposte?
8.
Un tiratore spara ripetutamente ad un bersaglio; la probabilità
di colpirlo è di 0,3 per ciascun tiro. Quanti tiri deve fare per
avere probabilità 0, 99 di colpirlo almeno una volta?
2
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
9.
Della funzione f (x) si sa che è derivabile e diversa da zero in
ogni punto del suo dominio e, ancora, che f ( x) = f ( x) e
f (0) = 1. Puoi determinare f (x) ?
1
10. Tenuto conto che 4 = dx 2 , calcola un'approssimazione di 0 1+ x
utilizzando uno dei metodi di integrazione numerica studiati.
Leggiamolo insieme
I due problemi coincidono in tutto con quelli assegnati nella
Sessione Ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali, ad eccezione
della domanda 2 del Problema 2; quest'ultima, a sua volta, differisce
dalla corrispondente domanda del Tema tradizionale nei dati
numerici, ma non nella sostanza. Rinviamo quindi ai commenti
relativi a tale Tema.
Soluzione del problema 1.
Il problema coincide in tutto con il problema 1 assegnato nella
Sessione Ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali; rimandiamo
quindi allo svolgimento di tale Tema.
Soluzione del problema 2.
Il problema coincide in tutto, ad eccezione della domanda 2, con il
problema 2 assegnato nella Sessione Ordinaria 2005-2006 per corsi
tradizionali; rimandiamo quindi allo svolgimento di tale Tema.
Riportiamo qui soltanto lo svolgimento della domanda 2, che non si
trova in quella sede.
Domanda 2): calcolo dell'area.
L'area richiesta si determina attraverso il calcolo di uno o più
integrali; la risoluzione può essere impostata in modi diversi: qui ne
presentiamo due.
Prima risoluzione: integrali rispetto alla variabile x.
Occorre determinare l'ascissa del punto d'intersezione fra le due
curve, e stabilire inoltre se tale punto si trova fra le due rette y = 1,
y = 2 oppure esternamente alla striscia.
Poiché non c'è alcuna tecnica di calcolo per risolvere l'equazione
log x = e 2 x 2 , bisogna procedere indirettamente.
Si ha log x = 1 x = e 1 , e 2 x 2 = 1 x 2 = e 2 x = ±e 1 ;
3
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
interessa il valore positivo di x,
cioè x = e 1 . Dunque le due
curve si intersecano sulla retta
y = 1, nel punto e 1, 1
(figura 1).
Allo stesso modo, occorrono le
ascisse dei punti in cui le due
curve intersecano la retta di
equazione y = 2 . Si ha
y
e 2 e 1 2 e 1
x
(
y = 1
–1
)
log x = 2 x = e 2 ,
e 2 x 2 = 2 x 2 = 2 e 2
x = 2 e 1 ,
y = 2
–2
tenendo presente che interessa
la soluzione positiva.
L'area della parte di piano
richiesta si calcola allora come
figura 1
somma di due integrali (cfr.5.30):
e 1
2 e 1
(
)
Area = (log x + 2) dx + e 2 x 2 + 2 dx .
(1)
e 2
e 1
Negli integrali da calcolare, la sola funzione la cui primitiva non è
immediata è log x , per la quale occorre un'integrazione per parti
(cfr.5.27):
1
log
x
dx
=
log
x
x
x x dx = xlog x x .
Calcoliamo ora l'integrale (1).
1
x= 2 e
e2 x 3 Area = [xlog x x + 2 x]x=e 2 + 2 x =
3 1
x=e
e 1
e 1
= e 1 e 1 + 2 e 1 + 2 e 2 + e 2 2 e 2 + 2 2 e 1 2 2 2 e 1 +
=
3
3
2
1
4 2 5 1
= e 2 + e 1 2 2 2 2 + = e 2 +
e
3
3
3
x=e 1
Seconda risoluzione: integrale rispetto alla variabile y.
Il fatto che le limitazioni fornite dal testo siano riferite alla variabile
y anziché alla x può suggerire di calcolare l'area con un integrale
4
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
nell'intervallo [2, 1] di una opportuna funzione della variabile y.
Per questo scopo occorre rappresentare le due curve che delimitano
la parte di piano in oggetto, esprimendo x in funzione di y. Ciò non
è difficile:
• Da y = log x si ricava immediatamente x = e y .
• Da y = e 2 x 2 segue x 2 = y e 2 ; da qui, per y 0 , e tenendo
conto che parte di curva che ci interessa giace nel semipiano
x 0 , si ricava x = e 1 y .
(Alcuni studenti esitano dinanzi all'espressione « y », preoccupati
a causa dell'impossibilità di calcolare la radice quadrata di un
numero negativo. Questa volta l'esitazione è causata da ingenuità:
y non rappresenta la radice quadrata di un numero negativo,
perché è specificato che y 0 ; quindi y 0 e la radice quadrata
non dà problemi).
Abbiamo già verificato (nella prima risoluzione) che le due curve si
intersecano nel punto (e 1 , 1); ne segue che e y e 1 y per
y [2, 1], in quanto e y è crescente, mentre e 1 y è decrescente
in tale intervallo.
L'area richiesta si calcola dunque nel modo seguente:
1
3
2
=
Area = e 1 y e y dy = e 1( y ) 2 e y 2
3
y=2
(
y=1
)
2 1 1 2 1
4 2 5 1
e e + e 2 2 + e 2 =
e + e 2 .
3
3
3
Il risultato, naturalmente, è lo stesso ottenuto nel primo modo.
= Questionario
Quesito 1
Il quesito è identico al Quesito 1 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per
corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede.
Quesito 2
Il quesito è identico al Quesito 2 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per
corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede.
Quesito 3
Il quesito propone un problema di minimo in geometria piana. La risoluzione è
semplice per via sintetica; più laboriosa se svolta mediante il calcolo differenziale.
5
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
Soluzione sintetica. Sia B il simmetrico del punto B rispetto alla
retta r (figura 2).
Sia C un punto sulla retta r. I
A
segmenti BC, B C , tra loro simmetrici rispetto a r, sono isomeB
trici; perciò AC + BC = AC + B C .
Il problema proposto equivale
quindi a rendere minimo
r
AC + B C . La soluzione di queC
D
st'ultimo problema è immediata:
AC + B C è minimo quando C si
trova in D, punto in cui il seB
gmento AB interseca r. Per ogni
figura 2
punto C di r risulta infatti
AC + B C AB ; ma allora è anche
AC + BC = AC + B C AB = AD + B D = AD + BD
e quindi il punto D realizza quanto richiesto nel quesito.
Soluzione mediante calcolo differenziale.
Siano H, K le proiezioni su r di A, B rispettivamente; siano a = AH ,
b = BK le distanze di A e B da r. Supponiamo a b ; ciò non è
restrittivo, in quanto equivale ad indicare con A il punto fra i due
che ha maggiore distanza da r.
Osserviamo
innanzitutto
A
che il punto C di r che rende
B
minima la somma AC + BC
non può essere esterno al
segmento HK. Infatti per un
r
punto C appartenente a r da
parte opposta a K rispet-to
C
H
K
ad H risulta (si veda la
figura 3
figura 3):
• AC AH , in quanto AC è ipotenusa del triangolo rettangolo
ACH, del quale AH è un cateto.
• BC BH , in quanto BC è il lato opposto all'angolo ottuso del
triangolo BHC.
Pertanto AC + BC AH + BH , e quindi C in questa posizione non
può realizzare il minimo richiesto.
Allo stesso modo si vede che il minimo non si può realizzare se C si
trova oltre K.
Supponiamo dunque C tra H e K (figura 4). Sia h = HK . Poniamo
6
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
x = HC , e quindi h x = CK .
Applicando per due volte il Teorema di Pitagora ricaviamo
2
A
B
a
b
2
AC = a + x ;
BC = b 2 + ( h x)
r
2
H x C
h–x
e quindi la funzione da rendere
minima è
f (x) =
h
figura 4
x [0, h].
2
b 2 + (h x) ,
a2 + x2 +
K
La derivata è
x
f ( x) =
2
a +x
2
b + (h x)
2
x b 2 + ( h x) ( h x) a 2 + x 2
2
hx
2
=
2
a +x
2
b + (h x)
2
2
.
Essa è positiva se x b 2 + ( h x) > ( h x) a 2 + x 2 ; possiamo
elevare al quadrato entrambi i membri senza ulteriori verifiche,
perché le limitazioni poste assicurano la positività di entrambi i
membri. Otteniamo
2
[
x 2 b 2 + (h x)
2
] > ( h x) 2 ( a 2 + x 2 ) ;
b 2 x2 + h2 x2 2 h x3 + x4 > h2 a2 + h2 x2 2 a2 h x 2 h x3 + a2 x2 + x4;
(a 2 b 2 ) x 2 2 a 2 h x + h 2 a 2
(1)
< 0.
Abbiamo supposto a b ; il caso a = b va considerato a parte, perché
in tal caso la (1) diventa di primo grado. Se a > b si ha
(
)
a 2 b2 x 2 2 a 2 h x + h 2 a 2 = 0 x =
a2 h ± a4 h 2 a4 h 2 + a2 b 2 h 2
ossia, semplificando
x1 =
a h (a b)
ah
=
;
a+b
a2 b 2
x2 =
a 2 b2
a h (a + b )
ah
.
=
ab
a 2 b2
x1 < x < x2 ; osserviamo altresì che
a < 1 e, tenendo presente che
0 < x1 < h < x2 , perché 0 < a+b
a > b > 0, è
La
(1)
è
verificata
se
a > ab = 1
. Quindi, dei due punti x1 , x2 soltanto il primo si trova
ab ab
fra 0 e h. Il segno di f ( x) varia in [0, h] come indicato nel seguente
schema, dal quale risulta che il minimo di f (x) viene assunto per
7
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
ah
x = x1 = a+b
(si ricordi che la (1) equivale a f ( x) > 0 , cioè risulta
f ( x) > 0 quando il primo membro di (1) è negativo).
f ( x)
f (x)
----------- ++++++++++++
0
ah
x1 = a+b
h
Rimane da discutere il caso in cui a = b . In tal caso la (1) dà
h
2 a2 h x + h2 a2 < 0 ; 2 a2 h x > h2 a2 ; x >
2
e quindi il minimo di f (x) viene assunto per x = h ; questo peraltro è
il valore dell'espressione ah quando a = b .
a+b
2
È utile constatare che la soluzione del problema determinata per via
sintetica coincide con quella trovata per via algebrica. Ebbene,
riprendiamo (figura 5) la costruzione geometrica della figura 2 (D è
l'intersezione del segmento AB con la retta r) e calcoliamo la
lunghezza di HD in funzione di a, b, h definiti come sopra.
Prolunghiamo AH oltre H; conA
duciamo per B la parallela a r;
sia E il punto d'incontro di queB
sta retta con il prolungamento di
a
AH. I triangoli AHD, AEB sono
b
simili. Allora
r
HD : AH = E B : AE
D
H
K
da cui, passando alle misure, si
ricava la misura di HD:
b
b
AH E B ah
E
HD =
=
,
B
h
a+b
AE
figura 5
in accordo con quanto abbiamo
ricavato con il procedimento algebrico.
Quesito 4
Il quesito verte sul Teorema degli zeri e sui metodi iterativi per l'approssimazione della
soluzione di un'equazione.
L'esame dei grafici rappresentati da y = sen x , y = x 1 (figura 6)
lascia intuire che la soluzione dell'equazione sen x = x 1 (ascissa
del punto di intersezione fra i due grafici) esiste ed è unica, ma non
ne fornisce la dimostrazione.
8
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
È più opportuno scrivere
l'equazione nella forma
sen x x + 1 = 0
(1)
e prendere in considerazione la
funzione f (x) = sen x x + 1.
y
y = x 1
y = sen x
x
Poiché f ( x) = cos x 1 è sempre 0 , e vale 0 soltanto nei
figura 6
punti isolati x = 2 k (k Z ) , f è
strettamente decrescente, dunque iniettiva. L'equazione f (x) = 0 , se
ha soluzioni, ne ha una sola.
D'altra parte risulta f (1) = sen(1) > 0 (l'angolo di 1 radiante si trova
nel primo quadrante); f (2) = sen( 2) 1 < 0 , perché sen(2) < 1 .
Questo, insieme al fatto che f è una funzione continua, assicura, per
il Teorema degli zeri, che c'è una soluzione dell'equazione f (x) = 0
nell'intervallo [1, 2]. Per quanto osservato in precedenza, tale
soluzione a è unica in tutto l'asse reale. (Il Teorema degli zeri è
ricordato nella risoluzione della domanda 3, Problema 2, Sessione
ordinaria 2005/2006 per corsi tradizionali).
Per ottenere una stima di a, avendo a disposizione solamente una
"calcolatrice non programmabile" ed accontentandosi di una stima
piuttosto rozza, conviene applicare il metodo di bisezione, la cui
struttura particolarmente semplice ne consente la realizzazione
anche con strumenti poco versatili.
Di seguito mostriamo il calcolo di un'approssimazione di a con il
metodo di bisezione, e poi con il metodo di Newton delle tangenti,
ed infine con il metodo del punto fisso.
Una descrizione dettagliata del metodo di bisezione e di altri
metodi iterativi per l'approssimazione di soluzioni di un'equazione,
è esposta nella risoluzione del Quesito 2, Sessione suppletiva P.N.I.,
a.s. 1999-2000.
Approssimazione di a con il metodo di bisezione.
Applichiamo il metodo di bisezione alla funzione f, scegliendo come
intervallo iniziale [a0 , b0 ] = [1, 2].
Qui presentiamo la tabella con i dati relativi al presente problema.
La scelta di arrestare il procedimento per n = 5 è arbitraria, perché il
testo non indica con quale precisione si deve approssimare la
soluzione.
9
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
n
0
1
2
3
4
5
an
1
1, 5
1, 125
1, 5625
1, 78125
1, 89063
bn
2
2
2
2
2
2
mn
f (a n ) f (bn ) f (m n ) b n an
1, 5
+
+
1
1, 125
+
+
0, 5
1, 5625
+
+
0, 25
1, 78125
+
+
0,125
1, 89063
+
+
0, 0625
1, 94532
+
0, 03125
Ad ogni passaggio si calcola il valore di f nel punto medio mn
dell'intervallo [an , b n ] ; l'intervallo [an+1 , b n+1 ] è, fra i due in cui mn
divide [an , b n ] , quello nel quale f assume valori di segno opposto
nei due estremi. Per il calcolo dei valori della funzione si ricordi di
impostare la calcolatrice nella modalità RAD, altrimenti si otterranno
risultati errati.
Il nostro calcolo mostra che la soluzione a dell'equazione f (x) = 0 si
trova fra a5 = 1, 89063 e m5 = 1, 94532 .
Il valore esatto (nelle prime cinque cifre decimali) di a, ricavato con
l'aiuto di un calcolatore, è = 1, 93456 .
Quanto su esposto risponde anche all'ultima parte del quesito, cioè
descrive una procedura di calcolo atta ad approssimare a con la
precisione voluta: la precisione migliora quanto si desidera,
procedendo con valori di n via via più grandi; ad ogni passo
dimezza la lunghezza dell'intervallo entro il quale resta localizzato
a.
Tuttavia, disponendo di uno strumento di calcolo più adeguato,
conviene applicare un metodo di approssimazione più efficiente,
come ad esempio il metodo di Newton delle tangenti; di seguito
vediamo i risultati forniti da questo metodo nel nostro caso.
Approssimazione di a con il metodo di Newton delle tangenti.
Poiché f è decrescente nell'intervallo [1, 2], ed è concava
( f ( x) = sen x è negativa in [1, 2]), il punto di avvio è x0 = 2
(secondo estremo dell'intervallo); la formula di iterazione
f ( xn )
xn+1 = x n f ( xn )
diventa in questo caso
(2)
xn+1 = x n sen(x n ) x + 1
cos(x n ) 1
Questo metodo fornisce fino dai primi valori risultati di grande
precisione: si ha infatti x1 = 1, 935951 ; x2 = 1, 934563 ; x3 = 1, 934563 ;
10
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
già x2 fornisce 6 cifre decimali esatte di a.
Approssimazione di a con il metodo del punto fisso.
La struttura dell'equazione (1), che può essere scritta nella forma
sen x + 1 = x
(3)
può suggerire, come ulteriore alternativa per l'approssimazione di a,
l'applicazione del metodo del punto fisso. Una soluzione di (3) è
infatti per definizione un punto fisso di g(x) = sen x + 1.
Una esposizione dettagliata del Teorema del punto fisso si trova
nella risoluzione del Quesito 9, Sessione ordinaria P.N.I., Anno
Scolastico 2003-2004; rinviamo a quella sede per ulteriori dettagli.
Abbiamo già stabilito che esiste un punto fisso a di g nell'intervallo
[1, 2]; questo intervallo non è però adatto all'applicazione del
metodo del punto fisso, perché in esso g non è monotona.
Restringiamo l'intervallo a [1, 8 ; 2], che ancora contiene a, e nel
] [
quale g è decrescente, perché [1, 8 ; 2] 2 , , quindi g ( x) = cos x è
sempre < 0 . Inoltre g (x) cos 2 < 1; è quindi soddisfatta la
condizione per l'applicabilità del metodo del punto fisso.
Scelto a piacere x0 [1, 8 ; 2] , la successione definita da
xn+1 = g( xn )
(4)
converge ad a, ed i suoi termini sono alternativamente uno minore
di a, uno maggiore. La semplicità della formula di iterazione (4) la
propone anche per il calcolo mediante la sola calcolatrice non
programmabile (si ricordi, nuovamente, di impostarla nella
modalità RAD). Scelto x0 = 2 , i primi valori della successione (x n )
costruita in base alla (4) sono
n
xn
0
1
2
3
4
5
2 1, 9093 1, 94325 1, 93144 1, 93567 1, 93417
Gli ultimi due valori costituiscono un'approssimazione per eccesso e
una per difetto della soluzione a. La precisione non è altrettanto
elevata quanto con il metodo di Newton ma l'esecuzione, specie se
realizzata manualmente (cioè con la solita "calcolatrice non
programmabile"), è molto più rapida.
Quesito 5
Il quesito è identico al Quesito 5 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per
corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede.
Quesito 6
Il quesito è identico al Quesito 2 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per
11
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede.
Quesito 7
Il quesito richiede in pratica una breve dissertazione sulle diverse definizioni di
probabilità.
L'affermazione di Bruno de Finetti citata nel testo del quesito vuole
significare che la probabilità di un evento non esiste come dato
oggettivo, ma dipende dalle informazioni e dalle opinioni che si
hanno riguardo all'evento. Per esempio, se in mancanza di specifici
riscontri siamo disposti a riconoscere uguali a 12 le probabilità di
"testa" e "croce" come esiti del lancio di una moneta, modificheremo
la nostra opinione se vedremo uscire per 80 volte "testa" in 100 lanci
di quella moneta. Allo stesso modo, le probabilità di vittoria nella
finale di un torneo di tennis non saranno ritenute necessariamente
alla pari, 1 per ciascuno dei due contendenti. La valutazione
2
dipenderà da considerazioni specifiche sulle attitudini e lo stato di
forma dei giocatori, dalla conoscenza dell'esito di precedenti
incontri, ed altro ancora. In sostanza si tratta di una valutazione
niente affatto matematica, bensì affidata all'opinione di qualche
"esperto", non necessariamente condivisa da ogni altro spettatore di
quell'incontro.
Si tratta della concezione soggettiva della probabilità, precisata
proprio da de Finetti nel modo seguente:
“La probabilità di un evento A, secondo l'opinione di un individuo, è il
prezzo p che egli è disposto a pagare (o a ricevere) in cambio dell'impegno a
ricevere (o a pagare) 1 se A si verifica, e nulla se A non si verifica”.
Questa definizione si affianca a quella detta classica e a quella
frequentista.
La definizione classica caratterizza la probabilità di A come
rapporto fra il numero di esiti favorevoli ad A e il numero di esiti
possibili nell'esperimento considerato, con la precisazione che
ciascun esito sia ugualmente probabile.
È evidente il difetto di questa definizione, di essere "autoreferente":
si definisce la probabilità di un evento ritenendo già nota la
probabilità di altri eventi. Per esempio, la probabilità di ottenere un
numero pari come esito del lancio di un dado viene valutata in 3 ,
6
cioè 1 , soltanto se siamo disposti ad ammettere che la probabilità
2
dell'uscita di ciascuno dei sei valori possibili sia 1 . In sostanza,
6
anche per la definizione classica occorre un avallo di natura
soggettiva.
12
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
La definizione frequentista definisce la probabilità di A come
frequenza relativa dell'evento A in una serie numerosa di esecuzioni
f
dell'esperimento in oggetto, ossia il rapporto
in cui f indica il
n
numero di volte in cui A si è verificato, n il numero di esperimenti
osservati. Per esempio, se osserviamo che in 300 giorni il treno
Bologna-Rimini delle 7.35 è partito in orario soltanto 20 volte,
20 = 1
all'evento "il treno parte in orario".
assegneremo probabilità 300
15
Anche questa definizione lascia spazio a critiche. In primo luogo,
non per tutti gli esperimenti è possibile l'osservazione di una lunga
serie di ripetizioni: si pensi per esempio alla finale di un torneo
sportivo. Inoltre, se si svolge una nuova serie di esperimenti non si
otterrà in generale lo stesso valore: osservando per altri 300 giorni il
treno Bologna-Rimini alla sua partenza dalla stazione di Bologna,
forse lo vedremmo partire in orario soltanto 19 volte, o magari 22.
La prima osservazione di 300 partenze, con 20 "successi" è
semplicemente servita per formarci un'opinione, in base alla quale
saremmo disposti a scommettere 0,05 per ricevere 1 se domani il
treno partirà in orario; anche in questo caso la valutazione della
probabilità trova una sua conferma di tipo soggettivo.
Abbiamo qui molto brevemente accennato ai problemi legati alla
teoria della probabilità, ossia a come definire la probabilità di un
evento atteso in un determinato esperimento. Tutt'altra cosa è il
calcolo delle probabilità, materia governata da precise regole
matematiche, il cui scopo è calcolare la probabilità di eventi
complessi, quando siano assegnate le probabilità degli eventi
elementari. Il seguente quesito 8 fornisce un esempio di ciò: si
conviene che la probabilità di colpire il bersaglio da parte di un
tiratore sia 0,3 in ciascun tiro, e questo fatto non viene più posto in
discussione; in funzione di ciò, si vuole calcolare la probabilità che
egli colpisca il bersaglio almeno una volta in una serie di tiri.
Quesito 8
Il quesito propone un tipico esercizio sul calcolo delle probabilità; la risoluzione poggia
sui Teoremi della probabilità contraria e della probabilità composta.
Per risolvere l'esercizio conviene riferirsi all'evento contrario; così è
in ogni problema del calcolo delle probabilità in cui ci si occupa di
un evento che si desidera accada "almeno una volta" in una
sequenza di ripetizioni indipendenti.
L'evento contrario di
E = «Almeno un centro in n tiri»
è
E = «Nessun centro in n tiri»
13
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
Poiché la probabilità di non fare centro in ciascun tiro è 1 0, 3 = 0, 7 ,
la probabilità di non fare centro per n volte consecutive è
P(E ) = (0, 7) .
n
Per il Teorema della probabilità contraria, l'evento E ha probabilità
P(E) = 1 (0, 7 ) .
n
Si vuole P(E) 0, 99 ; ricaviamo dunque n risolvendo la seguente
disequazione:
2
(0, 7) n 0, 01 ; n Log(0, 7) Log(0, 01) ; n 12, 9 .
Log (0, 7)
Qui «Log» indica il logaritmo in base 10; nell'ultimo passaggio si è
tenuto conto del fatto che Log(0, 01) = Log 102 = 2 e che
(
)
Log(0, 7 ) < 0 e quindi, quando si effettua la divisione, occorre
cambiare il verso della disuguaglianza.
Poiché n indica un numero intero, il risultato ottenuto dice che il
minimo numero di tiri da programmare per avere probabilità
superiore a 0,99 di colpire il bersaglio almeno una volta è 13.
Quesito 9.
Il quesito è identico al Quesito 2 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per
corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede.
Quesito 10
Il quesito richide il calcolo approssimato di un integrale. È lasciata libertà di scelta del
metodo da utilizzare, e non è indicata la precisione da realizzare nell'approssimazione;
quanto richiesto può dunque essere realizzato in modo assai sbrigativo, applicando per
esempio il metodo dei rettangoli, poco efficiente ma di facile esecuzione.
Nella risoluzione che presentiamo prendiamo spunto dalla domanda proposta per
descrivere brevemente i più importanti metodi per il calcolo approssimato di un
integrale definito.
1
dx
L'uguaglianza contenuta nel testo, cioè 4 =
, è dovuta ala
0 1+ x2
fatto che una primitiva di 1 2 è arctan x , cosicché
1+ x
1
dx
x=1
=
arctan
x
=
arctan1
arctan
0
=
0
=
.
[
]
x=0
4
4
0 1 + x 2
1 dx
ha il pregio di esprimere il numero
La relazione =
2
4
0 1+ x
irrazionale mediante un'integrale di una funzione razionale. Il
4
calcolo numerico approssimato dell'integrale comporta la
14
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
valutazione di questa funzione razionale in opportuni punti; tale
valutazione è possibile esplicitamente proprio a causa del fatto che
la funzione in questione è razionale.
Il più elementare metodo di approssimazione di un integrale è il
metodo dei rettangoli. Esso consiste nel dividere l'intervallo [a,b ] di
integrazione in un numero prestabilito n di parti uguali, mediante i
punti xk = a + k h , k = 0 , 1, … , n , essendo h = bna , e approssimare la
funzione integranda f con una funzione costante a tratti, che in
ciascun intervallo [xk1 , x k [ vale f (x k ) , valore di f nel secondo
estremo dell'intervallino.
In alternativa, il metodo può essere applicato assegnando in
[xk1 , x k [ il valore costante f (x k1 ) alla funzione approssimante,
cioè il valore di f nel primo estremo dell'intervallino.
Nel caso attuale, poiché f (x) = 1 2 è decrescente nell'intervallo di
1+ x
integrazione [0,1] , si nota che approssimando f (x) in [xk1 , x k [ con
f (x k ) si avrà un'approssimazione per difetto dell'integrale;
approssimandola con f (x k1 ) si avrà un'approssimazione per
eccesso.
Il metodo ha il pregio della semplicità; il principale difetto consiste
nella scarsa precisione. Per ottenere una buona approssimazione
b
a f ( x) dx
dell'integrale
occorre assegnare a n (numero delle
suddivisioni di [a,b ]) valori molto grandi; ciò non è praticamente
possibile attualmente, a causa del divieto di utilizzare strumenti di
calcolo evoluti.
In base a quanto abbiamo detto, le approssimazioni che il metodo
dei rettangoli offre per
1
b
a f ( x) dx sono:
n
b a
con h =
(1)
f ( x) dx h f (x k )
n
0
k=1
se si segue la prima fra le due alternative indicate sopra (secondo
estremo di ciascun intervallino);
1
n
ba
f
x
(
)
(
)
dx
h
f
x
con
h
=
(2)
k1
n
0
k=1
se si segue la seconda alternativa (primo estremo di ciascun
intervallino).
Nel caso attuale, come abbiamo osservato, la (1) fornisce un'appros-
15
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
1 dx
, la (2) un'approssimazione per ec0 1+ x2
simazione per difetto di
cesso (figura 7).
y
0
x0
y
x1 x2
1
…… xn
0
x0
x
x1 x2
1
…… xn
x
figura 7
Scegliamo per esempio n = 6 ; si tratta di un valore sufficientemente
piccolo da non rendere troppo laborioso il calcolo. Poiché ciò che
desideriamo è in effetti approssimare = 4
1 dx
, calcoliamo diret0 1+ x2
tamente il quadruplo dei valori forniti nel nostro caso da (1) e (2).
Si ha da (1)
1
dx
1 6 k
= 4
4 f =
6 k=1 6 0 1 + x 2
1
1
1
1
1 2 1
+
+
+
+
+
=
= 3 1 + 1 1 + 4 1 + 9 1 + 16 1 + 25 1 + 36 36
36
36
36
36
36
2 36 36 36 36 36 1 +
+
+
+ = 2, 97030
+
3 37 40 45 52 61 2 (il risultato finale in forma di numero decimale è approssimato alla
quinta cifra decimale).
Analogamente, da (2) risulta
=
1 6 k 1
2
36 36 36 36 36 4 f +
+
+
+ = 3, 30363 .
= 1+
6 k=1 6 3
37 40 45 52 61 Così abbiamo la seguente valutazione:
2, 97030 < < 3, 30363 .
La precisione è assai modesta. Ciò è dovuto in parte alla scelta di
n = 6 , piuttosto piccolo, ma soprattutto alla scarsa efficienza del
metodo. Applicando lo stesso metodo con n = 50 si ottiene (ci
siamo serviti di un calcolatore)
3,12153 < < 3, 16153;
16
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
con n = 200 si trova
3,13659 < < 3, 14659;
risultati ancora non eccellenti.
Un metodo di approssimazione più efficiente, a parità di calcoli da
eseguire, è il metodo dei trapezi. Per la sua applicazione la funzione
integranda viene approssimata in ciascuno degli intervallini
[xk1 , x k [ con il segmento congiungente i punti (x k1 , f (x k1 )) e
(x k , f ( xk )) .
In altre parole, il grafico di f viene approssimato con la
funzione lineare a tratti che coincide con f nei punti di ascissa xk
(figura 8).
y
0
x0
……
x1 x2
x
1
xn
figura 8
Facilmente si vede che questa regola dà luogo alla seguente formula
di approssimazione:
(3)
1
f ( a) + f (b ) n1
f
x
(
)
(
)
dx
h
+
f
x
k
2
0
k=1
con h =
b a
n
(si tratta in effetti della media fra i valori forniti da (1) e (2)).
L'approssimazione di
b
a f ( x) dx
fornita da (3) è per difetto se f è
concava in [a,b ], per eccesso se f è convessa. Nel caso attuale questa
osservazione non trova applicazione, perché f (x) =
1 è concava
1+ x2
se 0 x < 1 , convessa se 1 < x 1 (di questo ci si rende conto
3
3
17
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
calcolando la derivata seconda, f ( x) =
Scegliamo
n = 6;
ancora
2( 3x2 1)
).
(1+ x2 )3
mediante la (3)
approssimiamo
1 dx
:
0 1+ x2
= 4
1 f (0) + f (1) 5 k 4 + f =
2
6
k=1 6 1
2 1 + 2 36 36 36 36 36
= +
+
+
+
+ = 3,13696 .
3 2
37 40 45 52 61 Poiché in effetti conosciamo già le prime cifre esatte della
rappresentazione decimale di ( = 3,1415965 …) possiamo notare
che l'approssimazione è assai migliore di quella fornita dal metodo
dei rettangoli; e se il valore di n aumenta, la precisione diventa
piuttosto buona: con n = 50 e n = 200 si ottengono rispettivamente
le approssimazioni 3, 14153 e 3, 141588.
Lo scopo effettivo di un metodo di approssimazione è però quello
di valutare numeri che non si conoscono ancora; sarebbe opportuno
potere
stimare
la
differenza
tra
1 dx
0 1+ x2
= 4
e
una
sua
approssimazione, senza ricorrere alla effettiva conoscenza delle cifre
decimali di .
Ebbene, esistono regole per stimare l'errore commesso
approssimando un integrale con ciascuno dei metodi che abbiamo
descritto. Precisamente, indicata con Sn un'approssimazione di
b
a f ( x) dx con il metodo dei rettangoli ed n suddivisioni ((1) oppure
(2)), si ha
b
(4)
Sn f ( x) dx a
(b a )2
2n
max f ( x)
x[a,b]
Indicata invece con Sn l'approssimazione di
dei trapezi, si ha
b
(5)
Sn f ( x) dx a
b
a f ( x) dx con il metodo
(b a )3
max f ( x) .
12 n 2 x[a,b]
La principale diversità fra (4) e (5) consiste nel fatto che l'espressione
al secondo membro di (4) è proporzionale a 1n , mentre il secondo
18
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
membro di (5) è proporzionale a 12 ; il metodo dei trapezi fornisce
n
quindi risultati decisamente migliori del metodo dei rettangoli,
soprattutto se n è piuttosto grande.
Vediamo quali informazioni danno la (4) e la (5) nel caso attuale,
1 dx
.
0 1+ x2
ossia nella stima di = 4 Bisogna calcolare le derivate prima e seconda di f (x) =
ottiene
f ( x) =
2x
(
f ( x) =
,
2
1 + x2
)
(
1
.
1+ x2
Si
)
2 3 x 2 1
(1 + x 2 ) 3
e con calcoli non difficili si trova
3
1 max f ( x) = f 3 = 0, 6495… < 0, 65 ;
=
3
8
x[0,1]
max f ( x) = f (0) = 2 .
x[0,1]
Abbiamo infine b a = 10 = 1; la (4), applicata al nostro caso dà
allora, per ciascun valore di n,
1
1
1
1, 3
.
4Sn = 4Sn 4
dx 4 0, 65 =
2n
n
0 1 + x 2
1,3
assume rispettivamente i valori
Per n = 6 , 50 , 200 la frazione
n
0,217; 0,026 ; 0,0065.
La (5) dà invece
1
1
1
2
.
4 Sn = 4 Sn 4
dx
4
2
=
0 1 + x 2
12n 2
3 n2
I valori di
2
per n = 6 , 50 , 200 sono 0,0185 ; 0,00027 ; 0,000017.
3n2
Queste, lo ripetiamo, sono stime della differenza fra e i valori
calcolati per darne un'approssimazione, calcolati senza fare uso
della conoscenza di .
Risultati molto più precisi di quelli forniti dal metodo dei trapezi, a
parità del numero di suddivisioni, si ottengono con il metodo di
Cavalieri-Simpson, che di seguito descriviamo.
L'intervallo [a,b ] viene suddiviso in un numero n di intervallini
uguali, come per i metodi descritti sopra; ora occorre che n sia un
numero pari.
19
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
In ciascun "doppio intervallino" [x2k2 , x2k ] ( k = 1, 2 , … , n ) la
2
funzione integranda viene approssimata con la parabola con asse
parallelo all'asse y, passante per i punti (x 2k 2 , f ( x2k2 )) ,
(x 2k1 , f ( x2k1 )) , (x 2k , f ( x 2k )) ;
l'integrale
b
a f ( x) dx
viene
approssimato con l'integrale in [a,b ] della funzione così fatta.
I calcoli per ottenere la formula con cui si approssima
b
a f ( x) dx
sono più laboriosi di quelli relativi agli altri due metodi, e non li
riportiamo, limitandoci a ricordare il risultato, qui di seguito.
Indicati come prima i punti xk = a + k h , con h = b a e k = 0, 1, … , n ,
n
siano Sp e Sd rispettivamente le somme
n
1
2
f ( x2i )
Sp = f ( x2 ) + f ( x4 ) + f ( x6 ) + … + f ( xn2 ) =
Sd = f ( x1 ) + f ( x3 ) + f ( x5 ) + … + f (x n1 ) =
i=1
n
2
f ( x2i1 ) .
i=1
La formula di approssimazione fornita dal metodo di Simpson è
(
)
b
h
b a
f ( a) + f (b ) + 2Sp + 4Sd
con h =
(6) f (x) dx 3
n
a
Applichiamo dunque la (6), ancora con n = 6 , per calcolare un
1 dx
.
0 1+ x2
valore approssimato di = 4 4 1
f (0) + f (1) +
3 6
2
2
f +
6
1
4
f + 4 f +
6
6
3
f +
6
5
f =
6 2
1
9
9
36 4 36 1 + + 2 + + 4 + + = 3,14159178 …
10 13 37 5 61 9
2
Rispetto ai risultati che avevamo ottenuto applicando (sempre con
n = 6 ) il metodo dei rettangoli e il metodo dei trapezi, la precisione è
decisamente migliorata: l'approssimante ottenuto per ha le prime
5 cifre decimali esatte (ricordiamo che = 3,14159265 …).
Per potere valutare la precisione dell'approssimazione senza
utilizzare la conoscenza a priori del valore "esatto" di occorre una
formula del tipo delle (4) e (5). Una tale formula esiste anche per il
metodo di Simpson, ed è la seguente: indicata con Sn
=
20
sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali
l'approssimazione di
b
a f ( x) dx data da (6), risulta
b
(b a )
Sn f ( x) dx max f iv ( x)
4
a
180n x[a,b]
5
(7)
( f iv ( x) indica la derivata quarta di f ).
Si nota che la stima dell'errore diminuisce in modo proporzionale a
1
La valutazione del fattore costante rispetto ad n richiede il
4.
n
calcolo e lo studio della derivata quarta. Nel caso attuale risulta,
svolgendo i calcoli
f iv ( x) =
(
);
24 5 x 4 10 x 2 + 1
(1 + x 2 ) 2
studiando questa espressione si trova max f iv (x) = f iv (0) = 24 ,
x[0,1]
cosicché la (7) applicata al nostro caso dà
1
1
1
8
4 Sn = 4 Sn 4
dx
4
24
=
0 1 + x 2
180n 4
15n 4
Per n = 6 abbiamo
8
= 0, 00041.
15 6 4
La precisione dell'approssimazione di con S6 è in effetti, come
abbiamo visto, notevolmente migliore di quanto assicurato da
questa formula; è comunque importante avere una stima certa di
quanto sia affidabile il risultato di un calcolo approssimato di cui
non si conosce il risultato esatto; le formule del tipo della (7)
forniscono maggiorazioni dell'errore, il quale in certi casi può essere
anche molto inferiore a tale stima.
4 S6 21
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
Esame di Stato di Liceo Scientifico
a.s. 2005-2006
Sessione suppletiva
La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e
le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario.
Problema 1.
Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani
ortogonali (Oxy), sono assegnate le due parabole p e p di
equazioni rispettivamente:
y = x2 ,
x = y2 2y
a) Fornirne la rappresentazione grafica, dopo aver determinato, fra
l'altro, i loro punti comuni.
b) Indicato con V il vertice della parabola p , con V il vertice
della parabola p e con P il punto in cui p interseca il semiasse
positivo delle y, calcolare l'area della regione finita di piano
delimitata dall'arco V V della parabola p , dall'arco V P della
parabola p e dal segmento V P .
c) Calcolare l'ampiezza dell'angolo secondo cui le due parabole si
secano in O e con l'uso di una calcolatrice esprimerla in gradi
sessagesimali, primi e secondi.
d) Nel segmento parabolico delimitato dalla retta di equazione
y = 4 e dalla parabola p inscrivere il rettangolo avente due lati
paralleli all'asse y ed area massima.
e) Stabilire se il rettangolo trovato ha anche il massimo perimetro.
Problema 2.
Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani
ortogonali (Oxy), sono assegnate le curve di equazione:
1
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
x+ k
y =
x2
dove k è un parametro reale non nullo.
a) Dimostrare che non hanno punti in comune e ognuna di esse
presenta uno ed un solo flesso.
b) Tra le curve assegnate, indicare con g quella che ha come
tangente inflessionale la retta di equazione x + 27 y 9 = 0 .
c) Disegnare l'andamento di g, dopo avere trovato le caratteristiche
salienti e, in particolare, l'equazione della retta t tangente alla
curva g nel punto A di ascissa 1 e le coordinate dell'ulteriore
punto che t ha in comune con g.
d) Determinare l'equazione della circonferenza c, tangente alla
curva g nel punto A ed avente il centro sull'asse y.
e) Calcolare l'area della minore delle regioni in cui l'asse x divide il
cerchio delimitato da c.
Questionario.
1.
2.
Si considerino il rettangolo ABCD e la parabola avente l'asse di
simmetria parallelo alla retta AD, il vertice nel punto medio del
lato AB e passante per i punti C e D. In una rotazione di mezzo
giro attorno all'asse della parabola il rettangolo genera un
solido di volume V e la regione piana delimitata dalla
parabola e dalla retta CD genera un solido di volume V .
Determinare il rapporto V V .
Il numero della soluzioni dell'equazione sen(2x) cos x = 2
nell'intervallo reale [0, 2] è
[A]
0;
[B]
[C ]
2;
3;
[ D]
5.
Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire
un'esauriente spiegazione della scelta operata.
3.
( x)
Il limite della funzione f (x) = xsen 1 per x0 :
[A] non esiste; [B] è 0; [C ] è un valore finito diverso da 0; [D] è
+ .
Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire
un'esauriente spiegazione della scelta operata.
4.
Trovare, col procedimento preferito ma con esauriente spiegazione, la derivata rispetto ad x della funzione f (x) = tg x .
5.
Calcolare l'ampiezza dell'angolo diedro formato da due facce di
un tetraedro regolare, espressa in gradi sessagesimali, ed
2
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
approssimata al "primo".
6.
7.
Determinare il dominio della funzione f (x) = x 2 e stabilire se
la funzione è derivabile in tale dominio.
Considerata la funzione reale di variabile reale f (x) , affermare
che lim f ( x) = + significa che per ogni numero reale M
3
x+
esiste un numero reale N tale che, per ogni x, se x > N allora
f (x) > M . È vero o falso? Accompagnare la risposta con
un'interpretazione grafica.
8.
9.
È assegnato un triangolo equilatero di lato lungo L. Si
costruisca un secondo triangolo avente per vertici i punti medi
dei lati del primo e, così proseguendo, un n-esimo triangolo
avente per vertici i punti medi dei lati del triangolo
(n 1) -esimo . Calcolare il limite cui tende la somma delle aree
degli n triangoli quando n tende ad .
Si consideri la seguente uguaglianza: ln( 2x + 1) = 4ln (2x + 1) .
È vero o falso che vale per ogni x reale? Fornire un'esauriente
spiegazione della risposta.
4
10. Cinque ragazzi sono contrassegnati con i numeri da 1 a 5.
Altrettante sedie, disposte attorno ad un tavolo, sono
contrassegnate con gli stessi numeri. La sedia “1”, posta a
capotavola, è riservata al ragazzo “1”, che è il caposquadra,
mentre gli altri ragazzi si dispongono sulle sedie rimanenti in
maniera del tutto casuale. Calcolare in quanti modi i ragazzi si
possono mettere seduti attorno al tavolo.
Leggiamolo insieme
Problema 1
È un problema di geometria analitica ed Analisi Matematica. La
domanda b), relativa al calcolo di un'area, può essere risolta senza
ricorrere al calcolo integrale, applicando il Teorema di Archimede.
Due problemi di massimo (domande d), e)) si risolvono facilmente
mediante il calcolo differenziale.
La domanda c), un po' più inconsueta, richiede una certa
padronanza nell'uso della calcolatrice, per esprimere la misura di
un angolo in gradi, primi e secondi.
Che cosa ripassare?
La parabola. Calcolo di aree di figure piane. Il Teorema di
Archimede sull'area del segmento parabolico. Retta tangente a una
3
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
curva in un suo punto. Problemi di minimo e massimo. Gestione
delle funzioni circolari e loro inverse con la calcolatrice scientifica.
Problema 2
Il problema ha inizio con lo studio di un fascio di curve; volge poi
nello studio dettagliato di una di esse. Segue una domanda di
geometria analitica sulla circonferenza ed il calcolo dell'area di un
segmento circolare, per il quale conviene adottare una tecnica
elementare di geometria, piuttosto che il calcolo integrale.
Che cosa ripassare?
Fasci di curve. Studio di funzioni: estremanti, flessi, tangenti a una
curva. La circonferenza: proprietà geometriche e formule in
geometria analitica. Calcolo di aree di figure piane.
Soluzione del problema 1.
Domanda a): Studio delle due parabole.
La parabola p ha il vertice nel punto V (0, 0) , asse coincidente con
l'asse y; la determinazione di alcuni punti di p rende più facile una
sua rappresentazione abbastanza fedele, anche se realizzata a mano
libera.
La parabola p ha l'asse parallelo all'asse x, di equazione y = 1
(cfr.3.44); il suo vertice è il punto V (1, 1) (cfr.3.41). Anche per p
conviene trovare qualche altro punto. In particolare, dovendo
disegnare entrambe le parabole p , p , è opportuno determinare i
punti comuni; ciò è anche richiesto esplicitamente dal testo del
problema. Si tratta di risolvere il sistema (di quarto grado)
y = x 2
;
x = y 2 2y
y =
x =
x2
x 4 2x 2
Studiamo l'equazione risolvente
(1)
Innanzitutto abbiamo
x 4 2x 2 x = 0 .
(
)
x 4 2x 2 x = x x 3 2x 1 ;
questo raccoglimento mette in evidenza la soluzione x = 0 ,
corrispondente al punto V (0, 0) comune alle due parabole (e
vertice di p ).
4
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
Per
scomporre
in
fattori il polinomio
x 3 2x 1 applichiamo
la regola di Ruffini,
dopo avere osservato
che x = 1 ne è radice.
Segue
l'applicazione
dello schema relativo
alla regola di Ruffini:
1 0 2 1
1
1 1 1
1 1 1 0
y
y = x2
3+ 5
2
B
3 5
2
–1
1 5
2
x 3 2x 1 =
= (x + 1) x 2 x 1
A
1
V da cui abbiamo la seguente scomposizione:
(
p
x
V
1+ 5
2
p
x = y 2 2 y
)
figura 1
che dà la radice x = 1 (già osservata) e le ulteriori due radici
1± 5
.
2
Queste sono le ascisse degli ulteriori tre punti comuni alle due
parabole, che si aggiungono a V (0, 0) ; dalla relazione y = x 2
ricaviamo le corrispondenti ordinate:
x =
• per x = 1, y = 1 da cui il punto V ( 1, 1) ;
• per x =
1+ 5 3 + 5
1+ 5
6+ 2 5 3+ 5
, y=
=
da cui A ,
;
2
4
2
2 2
• per x =
1 5 3 5
1 5
62 5 3 5
, y=
=
da cui B ,
.
2
4
2
2 2
Punti comuni alle due parabole:
V (0, 0) ;
V ( 1, 1) ;
1+ 5 3 + 5
;
A
,
2 2
5
1 5 3 5
B
.
,
2 2
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
Domanda b): calcolo dell'area.
Prima risoluzione: con applicazione del Teorema di Archimede.
P
Q
V R
V
figura 2
Siano Q, R i punti
Q (0,1) , R (1,1) (figura
2). La regione di cui
viene richiesta l'area è
unione di due parti: la
prima, delimitata dall'arco V V della parabola p e dai segmenti
V Q e V Q ; la seconda, delimitata dall'arco
V P della parabola p
e dai segmenti V Q e
PQ.
L'area della prima parte è la metà dell'area
del segmento parabolico staccato dalla corda
V R su p .
Per il
Teorema di Archimede (cfr.3.46) si ha quindi
1 2
1
2
V R V Q = 2 1 = .
2 3
3
3
Analogo ragionamento, relativamente alla parabola p , conduce al
calcolo dell'area della seconda parte della regione considerata:
Area prima parte =
1
2
1 2
V P V Q = 2 1 = .
3
3
2 3
L'area complessiva è la somma dei due valori ottenuti:
Area seconda parte =
Area della regione piana =
4
.
3
Seconda risoluzione: con applicazione del calcolo integrale.
L'area richiesta può essere calcolata mediante un unico integrale;
per questo scopo occorre l'equazione dell'arco V P di p con y in
funzione di x. Dall'equazione x = y 2 2y si ricava
y 2 2 y x = 0 ; y = 1 ± 1 + x (x 1)
L'alternativa dovuta al doppio segno «±» si risolve attualmente con
la scelta del segno «+», perché l'arco di parabola che ci interessa di
trova al di sopra della retta y = 1. Perciò (cfr.5.30)
6
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
x= 0
0
3
2
1 =
Area = 1 + 1 + x x 2 dx = x + (1 + x) 2 x 3 3
3 x= 1
1
1
4
2
+ 1
= .
=
3
3
3
Avremmo potuto calcolare mediante integrale l'area richiesta, anche
senza ricavare l'equazione dell'arco di p con y in funzione di x.
Suddivisa la regione in oggetto come nella prima risoluzione, si ha:
(
)
x= 0
0
1 2
= ;
Area prima parte = 1 x 2 dx = x x 3 3 x= 1
3
1
(
)
l'area della "seconda parte" si calcola in modo analogo con un
integrale rispetto alla variabile y:
y= 2
2
2
1
=
Area seconda parte = y 2 + 2 y dy = y 3 + y 2 3
1
3
y= 1
(
)
e infine, nuovamente, si addizionano i due risultati, ottenendo
ovviamente lo stesso risultato 43 .
Domanda c): misura dell'angolo fra le due parabole in O.
L'angolo fra due curve in un punto comune ad esse è, per
definizione, l'angolo acuto formato dalle rette tangenti alle due
curve in quel punto.
La tangente a p in O è l'asse delle ascisse.
La retta tangente a p in O si può determinare mediante il calcolo
differenziale oppure con metodi di geometria analitica elementare.
Prima risoluzione: con applicazione del calcolo differenziale.
Il coefficiente angolare della retta tangente a una curva di equazione
y = f ( x) in un suo punto di ascissa x0 è f ( x0 ) (cfr.5.19). Ci serve
quindi l'equazione di p relativamente ai punti vicini a O. Questa è
già stata ricavata nella "seconda risoluzione" della domanda b), ed è
y = 1 1 + x f ( x) . Abbiamo:
f ( x) =
1
;
2 1+ x
1
f (0) = .
2
Dunque, 1 è il coefficiente angolare della retta tangente a p in O;
2
1
2 è cioè la tangente trigonometrica dell'angolo orientato formato
da tale retta con l'asse delle ascisse, il quale è tangente a p in O.
L'angolo acuto formato in O dalle rette tangenti alle due parabole è
7
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
(2 )
a tale che tan = 1 , ossia = arctan 1 .
2
Per esprimere la misura in gradi, primi, secondi di tale angolo
utilizzando la calcolatrice scientifica dobbiamo per prima cosa
( 2)
impostare la calcolatrice nella modalità DEG; poi calcolare arctan 1 .
La funzione "arco tangente" si attiva come "seconda funzione" della
funzione tan (tangente); i tasti da utilizzare sono 2ndF (oppure inv,
secondo il modello di calcolatrice), seguito da tan. Questa sequenza
attiva la funzione indicata sulla calcolatrice con la sigla tan-1. Il
valore che risulta per tan-1(0.5) è 26.56505118. Questa è l'espressione
della misura di a in gradi sessagesimali, con la parte non intera
espressa in forma decimale; abbiamo cioè = ( 26, 565…)° . Per
esprimere la parte non intera in forma di primi e secondi, si può
usare una specifica funzione, disponibile in ciascuna calcolatrice,
con comandi diversi secondo il tipo di macchina utilizzata; chi non
sa utilizzare questa funzione e non ha sottomano il manuale della
calcolatrice può ugualmente ricavare il risultato, con un
procedimento un po' più laborioso, ma non difficile:
• dal risultato 26.56505118 sottraiamo la parte intera, 26. Resta
0.56505118. Questa è la parte non intera della misura di a in gradi.
Poiché un primo è la sessantesima parta di un grado, se
moltiplichiamo per 60 questo numero, lo avremo convertito in
primi. Otteniamo 0.56505118 60=33.90307062.
La parte intera, 33, di questo numero fornisce i primi dell'angolo a.
• Allo stesso modo, dal numero decimale ottenuto sopra,
sottraiamo la parte intera ottenendo 0.90307062. Poiché un secondo
è la sessantesima parta di un primo, se moltiplichiamo per 60
questo numero, lo avremo convertito in secondi. Otteniamo
0.90307062 60=54.1842372. La parte intera, 54, di questo numero
fornisce i secondi dell'angolo a; le cifre successive alla virgola
indicano decimi, centesimi, ecc. di secondo.
Misura dell'angolo a formato da p e p in O:
(
18
26° 33 54 e 100
di secondo
)
Seconda risoluzione: con i metodi della geometria analitica.
La variante riguarda soltanto la determinazione della tangente in O
alla parabola p . Tale tangente può essere determinata applicando
la formula che fornisce il coefficiente angolare della tangente a una
parabola di equazione x = a y 2 + b y + c in un suo punto di ordinata
y0 :
esso è m =
1
(cfr.3.45).
2a y0 + b
8
Il coefficiente angolare della
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
tangente a p , di equazione x = y 2 2 y , nel punto O (0, 0) è
1
1 ; quindi la tangente ha equazione y = 1 x .
m = 210
=
2
2
2
Se non si vuole applicare la formula ricordata sopra, si può impostare il sistema formato dall'equazione della parabola e il fascio di rette
con centro O; il coefficiente angolare della tangente si ottiene
uguagliando a zero il discriminante dell'equazione risolvente. Svolgiamo il semplice calcolo.
x = y 2 2 y
;
y = my 2 2 my
x = y 2 2 y
;
y = mx
x = y 2 2 y
2
m y ( 2m + 1) y = 0
Il discriminante dell'ultima equazione scritta è = (2 m + 1) ; risulta
2
= 0 2m + 1 = 0 da cui m = 12 , come già sapevamo.
Domanda d): il rettangolo di area massima.
Poniamo N (t, t 2 ) (0 t 2) . La scelta di N, ossia di t nel modo
indicato determina il rettangolo inscritto nel segmento parabolico
avente in N uno dei suoi vertici.
Tenendo conto dei dati e della
y
simmetria della figura, gli altri
4
M
N
vertici del rettangolo hanno coordinate M ( t, t 2 ) , M ( t , 4) ,
N (t, 4) . Le misure dei lati
sono allora
(1)
MN = 2 t ;
NN = 4 t 2 .
M
t2
N
L'area del rettangolo è
(
A(t) = 2 t 4 t 2
)
x
= 8 t 2t 3
–t
–2
La derivata di A(t) è
0
t
2
figura 3
A (t) = 8 6t 2
il cui segno, nell'intervallo [0, 2] , varia come indicato nel seguente
schema.
A (t) ++++++++++++ -----------2
0
2
3
A(t)
Il massimo di A(t) si ottiene quando t = 2 .
3
9
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
Coordinate dei vertici del rettangolo di area massima:
(
) (
)
M 2 , 43 , N
3
2 , 4 , N
3 3
(
)
(
)
2 , 4 , M 2 , 4
3
3
Domanda e): il rettangolo di perimetro massimo.
Posto N (t, t 2 ) , ed i punti M, N , M come nel caso precedente, il
perimetro del rettangolo MN N M risulta, tenendo conto di (1),
(
P(t) = 2 2t + 4 t 2
La derivata di P(t) è
)
( 0 t 2) .
P (t) = 2 (2 2 t)
nulla quando t = 1; analizzando anche il segno della derivata si
prova che il perimetro massimo si ottiene per t = 1. Perciò:
Coordinate dei vertici del rettangolo di perimetro massimo:
M (1, 1) , N (1, 1) , N (1, 4) , M (1, 4)
In particolare si osserva che il rettangolo di perimetro massimo
inscritto nel segmento parabolico non coincide con quello di area
massima, determinato alla domanda d).
Soluzione del problema 2.
Domanda a): assenza di punti comuni e unicità del flesso.
Mostriamo che le curve del fascio non hanno punti comuni a due a
due. Prendiamo due di esse, di equazioni rispettivamente
x+ k
x+ h
y= 2 ;
y= 2 .
x
x
Il sistema fra le due equazioni dà luogo all'equazione risolvente
x+k x+h
kh
=
ovvero
= 0.
x2
x2
x2
Questa è un'identità se k = h , è impossibile se k h . Perciò due
curve del fascio, se non coincidono, non hanno alcun punto in
comune.
Passiamo alla ricerca dei flessi delle curve del fascio. Dobbiamo
calcolare la derivata seconda della funzione
x+k
1 k
(1)
f (x) =
=
+ 2 = x1 + k x2 .
2
x x
x
Quest'ultima scrittura di f (x) semplifica al massimo il calcolo delle
derivate. Si calcola infatti
10
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(2)
f ( x) = x2 2 k x3 =
(3)
f ( x) = 2 x 3 + 6 k x 4 =
x 2k
x3
2 x + 6k
x4
e quindi l'unico punto del dominio di f in cui si annulla (e cambia
segno) la derivata seconda è x = 3 k . L'ordinata del flesso è
f (3 k) =
3 k + k
2k
2
=
=
9k
9 k2
(3 k) 2
cosicché l'unico flesso della curva grafico della funzione (1) è
2
F 3k,
.
9k
(4)
Domanda b): determinazione della curva g.
Esponiamo due metodi risolutivi, in effetti non molto diversi tra
loro nella sostanza.
Primo metodo. Conviene scrivere l'equazione esplicita della retta
che si vuole sia la tangente inflessionale. Essa è
1
1
(5)
y = x+ .
27
3
L'equazione della retta tangente alla curva di equazione y = f ( x) nel
punto F è (cfr.5.20)
(6)
y = f ( 3 k ) + f (3 k) (x + 3 k ) .
Abbiamo già calcolato f (3 k) = 2
; dalla (2) abbiamo
9k
(7)
f ( 3 k ) =
3k 2k
k
1
=
=
.
3
3
2
27
k
27
k
( 3 k )
Sostituendo questi risultati in (6) troviamo l'equazione
2
1
1
1
y=
( x + 3 k) cioè y = x
.
9 k 27 k 2
3k
27 k 2
Questa coincide con la (5) se risulta
1
1
=
27
27 k 2
1 = 1
3 k 3
Il solo valore di k che soddisfa entrambe le equazioni è k = 1.
11
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
L'equazione della curva g è pertanto
Equazione di :
y=
x1 1 1 = x2 x x2 Secondo metodo. Stabilito che il coefficiente angolare di quella che
1
(si veda la (5)), si
si vuole sia la tangente inflessionale è m = 27
dovrà imporre che sia f ( 3 k ) = 1 , perché abbiamo calcolato in
27
precedenza che x = 3 k è l'ascissa del flesso.
Risulta (si veda la (7)) f ( 3 k ) = 1 2 ; quindi avremo
27 k
1
27 k 2
=
1 + k 2
1
;
27
27 k 2
=0;
k = ±1 .
Non possiamo ancora affermare che entrambi questi valori di k
corrispondano a curve soddisfacenti al requisito del testo (e in effetti
non è così). La condizione imposta è infatti soltanto necessaria, ma
non sufficiente affinché la retta (5) sia tangente in F alla curva
1
garantisce soltanto che la
considerata. La relazione 1 2 = 27
27 k
tangente in F alla curva e la retta (5) hanno lo stesso coefficiente
angolare, ma non garantisce che coincidano.
Bisogna aggiungere un'ulteriore condizione. Questa si può ottenere
(
)
imponendo che la retta (5) passi per F 3 k , 2 :
9k
2
1
1
= ( 3 k ) + ;
9k
27
3
k2 + 3k + 2
=0;
9k
2
k=
1
Soltanto il secondo dei due valori di k (k = 1) soddisfa anche la
prima condizione; otteniamo quindi che c'è una sola curva del fascio
che ha come tangente inflessionale la retta (5), ed è quella che si
ottiene per k = 1.
Domanda c): studio della curva g di equazione y =
x1
.
x2
Studiamo la funzione f (x) = x1
2 , non dimenticando che alcuni dei
x
relativi calcoli sono già stati svolti per la domanda precedente.
Dominio: D = ] , 0 [ ]0, + [ .
Segno:
12
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Numeratore
---------- ---------- ++++++++++
Denominatore
++++++++++ ++++++++++ ++++++++++
Frazione
( f ( x))
---------- ---------- ++++++++++
0
1
x1
x1
=
0
;
lim
=
0
;
lim
= ;
x x 2
x+ x 2
x0 x 2
i primi due perché il numeratore è un polinomio di grado inferiore
al grado del denominatore; il terzo perché il numeratore ha limite –
1 , il denominatore ha limite 0, ed il segno della frazione in un
intorno di 0 è negativo.
Derivata. È già stata calcolata, in (2), con il valore di k non ancora
assegnato; basta ora sostituire a k il valore –1 per ottenere
x + 2
.
f ( x) =
x3
Il segno della derivata è studiato qui sotto.
Limiti:
lim
x1
Numeratore
++++++++++ ++++++++++ ----------
Denominatore
---------- ++++++++++ ++++++++++
Frazione ( f (x))
---------- ++++++++++ ---------0
2
f (x)
x = 2 è punto di massimo relativo per f ; la corrispondente ordinata è
f (2) = 14 . Invece 0 non è estremante, perché non appartiene al
dominio della funzione.
Derivata seconda. Analogamente a quanto osservato per la derivata
prima, anziché calcolarla direttamente possiamo sostituire k con –1
in (3) ottenendo
2x 6
.
f ( x) =
x4
Il segno della derivata seconda è studiato qui sotto.
Numeratore
---------- ---------- ++++++++++
Denominatore
++++++++++ ++++++++++ ++++++++++
Frazione ( f ((xx))) ---------- ---------- ++++++++++
0
3
f (x)
13
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C'è un flesso nel punto di ascissa x = 3 ; l'ordinata del flesso è
f (3) = 2 .
Abbiamo già a disposizione anche la tangente
9
inflessionale, che è la retta di equazione y = 1 x + 1 .
27
3
Retta tangente a g nel suo punto di ascissa 1. Determiniamo tale
retta, in quanto richiesta esplicitamente dal testo. La retta tangente
a una curva di equazione y = f ( x) in un suo punto di ascissa x0 ha
equazione: y = f ( x0 ) + f ( x0 ) (x x0 ) (cfr.5.20).
Attualmente x0 = 1 , f (x0 ) = f (1) = 0 , f ( x0 ) = f (1) = 1; perciò la
retta cercata ha equazione
y = x 1.
Il testo chiede di determinare l'ulteriore punto comune a retta e
curva. Risolviamo quindi il sistema
x1
y = 2
x
y = x 1
Svolgiamo l'equazione risolvente:
x 1=
e infine
x1
x2
;
x 2 ( x 1) ( x 1)
x2
(x 1) 2 ( x + 1)
=0;
( x 1) (x 2 1) = 0
= 0
la quale ha la soluzione doppia x = 1, corrispondente al punto
A (1, 0) nel quale la retta è tangente a g, e la soluzione semplice
x = 1 , corrispondente al punto B (1, 2) , ulteriore intersezione tra
retta e curva.
I dati raccolti permettono di disegnare il grafico rappresentato nella
( 9)
figura 4. Non e' tracciata la tangente inflessionale nel punto 3, 2
perché le caratteristiche della figura la renderebbero difficilmente
visibile; si veda per questo la figura 5.
14
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y
1
4
–1
A
0
1
2
3
x
–2
B
figura 4
La figura 5 mostra una parte del grafico,
contenente il massimo relativo ed il flesso
con la relativa tangente inflessionale, in
un
sistema
di
riferimento
non
monometrico per mettere in maggiore
evidenza le sue caratteristiche.
Domanda d): determinazione della
circonferenza.
La circonferenza cercata, tangente in A a
g, ha in A la stessa retta tangente. Questa
ha equazione y = x 1, come determinato
sopra. Il centro della circonferenza si
deve quindi trovare sulla perpendicolare
in A alla retta y = x 1, ossia sulla retta
y = x + 1 . Dal testo abbiamo l'ulteriore
informazione che il centro si trova
sull'asse y; le coordinate del centro
risultano quindi come soluzione del
sistema
che fornisce il punto C (0, 1) .
y
1
3
1
4
2
9
y = x1
2
x
y = 217 x + 13
A
0 1 2 3
figura 5
x = 0
y = x + 1
Il raggio è AC = 2 . L'equazione della circonferenza è (cfr.3.22)
x 2 + (y 1) = 2 ;
2
x 2 + y 2 2 y 1 = 0.
Circonferenza richiesta: x 2 + y 2 2 y 1 = 0
15
x
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y
La circonferenza è rappresentata nella figura 6 insieme con g
e la retta tangente in A; la figura 7 mostra la circonferenza da
sola.
C
A
Domanda e): calcolo dell'area
x
del segmento circolare.
Primo metodo:
metodo geometrico.
Per la simmetria della figura
rispetto all'asse y, l'ulteriore
figura 6
punto di intersezione della
circonferenza con l'asse x, oltre ad A, è A ( 1, 0) (figura 7).
y
Le rette AC e A C sono perpendicolari (infatti i loro coefficienti angolari sono rispettivamente –1 e 1); perciò i raggi
AC e A C delimitano un settore circolare uguale ad un
1
quarto di cerchio. L'area di
C
detto settore circolare vale
A
–1
0
2
dunque 1 ( 2 ) = .
x
A
4
1
2
L'area del triangolo ACA è
1 AC AC = 1 .
2
figura 7
L'area del segmento circolare
delimitato da arco e corda AA è la differenza fra le due aree
calcolate sopra.
Area segmento circolare:
1
2
Secondo metodo: mediante calcolo integrale.
Si tratta di una alternativa tecnicamente possibile, ma non molto
opportuna per questo problema, a causa dei calcoli piuttosto
laboriosi. Svolgiamo comunque tali calcoli.
L'equazione della circonferenza, ricavata per la domanda d),
fornisce
y2 2 y + x2 1 = 0 ; y = 1 ± 2 x2 .
Le due determinazioni del segno (±) rappresentano le due semicirconferenze situate una sopra al diametro y = 1, l'altra sotto. L'arco
16
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
che attualmente ci interessa fa parte della semicirconferenza inferiore; tenendo conto che esso giace nel semipiano y 0 vediamo che
l'area richiesta è data dal seguente integrale (cfr.5.30)
1
(
)
1
1
2
2 x 2 dx =
1 + 2 x dx = ( 1) dx + 1
1
1
1
1
x= 1
2
x x= 1 + 2 x dx = 2 + 2 x 2 dx .
1
1
1
2
[ ]
=
Per calcolare
1
2 x dx applichiamo la sostituzione x = 2 sen t .
[
( )
]
Da qui, supponendo t , si ricava t = arcsen x . Gli estremi
2 2
2
dell'integrale che otterremo in seguito alla sostituzione sono perciò
( )
( )
arcsen 1 = 4 e arcsen 1 = 4 . Allora
2
2
1
4
2 dx = 2
2
x
2 2sen t 2 cost dt =
1
4
4
= 2
4
4
1 sen 2 t cos t dt = 2 cos 2 t dt ,
4
tenendo presente che 1 sen 2 t = cos2 t = cost perché t varia in
un intervallo in cui cost 0 . Ora, utilizzando la formula di
bisezione per il coseno (cfr.4.25) abbiamo
t= 1
4
4
4
2 cos 2 t dt = (1 + cos( 2t)) dt = t + sen(2t)
=
2
t= 4
4
=
1
+ sen sen =
+ 1.
2
2 2 2
2
4
Riprendendo ora il risultato del calcolo precedente abbiamo
Area segmento circolare = 2 + + 1 =
1
2
2
come avevamo già ottenuto, più semplicemente, con il metodo
geometrico.
17
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
Questionario
Quesito 1
Oggetto del quesito è, in sostanza, il calcolo del volume di una porzione di paraboloide
di rotazione.
Introduciamo un sistema di riferimento cartesiano nel piano in cui si
trovano il rettangolo ABCD e la parabola. Appare conveniente la
scelta dell'origine nel punto medio O del lato AB, l'asse x
coincidente con l'asse di AB e l'asse y sulla retta AB (figura 8)
Indichiamo AB= 2 a, BC = b
y
, cosicché le coordinate
D
a A
dei vertici del rettangolo
sono:
b
x = 2 y2
a
A (0, a) ;
x
b
O
C (b, a) ;
B (0, a) ;
D (b , a) .
Una parabola con vertice
O e asse coincidente con
l'asse x ha equazione della
forma
x = ky2
–a
B
C
con k costante.
figura 8
Desideriamo che la parabola passi per D (e di
conseguenza anche per C, per simmetria); deve quindi risultare
b
b = k a2
cioè
k= 2.
a
L'equazione della parabola è pertanto
b
x = 2 y 2.
a
Poiché dobbiamo calcolare il volume del solido di rotazione di un
arco di questa parabola attorno all'asse x, ci occorre l'espressione di
y in funzione di x. Per il ramo della parabola situato nel semipiano
y 0 (comprendente l'arco di estremi AD) si ottiene
a2
a
x
cioè
y=
x.
b
b
Il volume del solido di rotazione dell'arco AD di parabola attorno
all'asse x è (cfr.5.31)
y2 =
18
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
2
b
a2 b
a2 b
a 2 b2
a
V = x dx =
=
x dx =
.
b b
2
2
0 b
0
Il volume del cilindro generato dalla rotazione del rettangolo ABCD
attorno all'asse x (cilindro con raggio di base OA e altezza AD) è
(cfr.2.53)
V = a 2 b.
Il rapporto richiesto vale
2
V
= a2b = 2.
V a2 b
Si nota che tale rapporto è indipendente dalle dimensioni a, b del
rettangolo, ed anche dalle proporzioni della figura, cioè dal
rapporto ab .
Quesito 2
Si deve stabilire il numero di soluzioni di un'equazione trigonometrica. È possibile
dare la risposta senza alcun calcolo; diversamente il problema è un po' laborioso.
L'equazione proposta,
(1)
sen(2x) cos x = 2
non ha alcuna soluzione nell'intervallo [0, 2], né altrove. Infatti per
ogni x è sen( 2x ) 1 , cosx 1; quindi sen( 2x ) cos x 1; pertanto
nessun valore assegnato a x può soddisfare la (1). La risposta esatta
fra quelle indicate dal testo è la [A].
Se non si è osservato questo fatto, si può procedere con i consueti
metodi risolutivi per le equazioni trigonometriche. In generale
conviene che l'argomento di ogni funzione trigonometrica sia lo
stesso; così scriveremo la (1) nella forma (cfr.4.18)
2 sen xcos 2 x = 2
ovvero (cfr.4.2)
(
)
sen x 1 sen 2 x = 1
cioè
cioè
sen xcos 2 x = 1
sen 3 x sen x + 1 = 0 .
L'equazione di terzo grado in sen x che abbiamo ottenuto non è
risolubile elementarmente. Studiamo, limitatamente al necessario,
la funzione
(2)
f (x) = sen 3 x sen x + 1
nell'intervallo [0, 2] per determinare il numero di intersezioni del
suo grafico con l'asse x.
Si ha f (0) = f ( 2) = 1 ; la derivata è
19
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
(
)
f ( x) = 3 sen 2 x 1 cos x .
Per il nostro fine non occorre studiare il segno della derivata; ci
basta determinare i punti in cui essa si annulla. Risulta f ( x) = 0
quando cos x = 0 , ossia x = , x = 3 e quando sen x = 1 oppure
2
2
3
sen x = 1 . Poiché 0 < 1 < 1 ciascuna di queste due relazioni è
3
3
( )
soddisfatta in due punti dell'intervallo [0, 2]: detto = arcsen 1 ,
3
la prima è verificata per x = e x = , la seconda per x = 2 e x = + .
i valori di f in ciascuno di questi punti sono i seguenti:
()
( )
1
1
3 32
(
)
(
)
f 2 = 1 ; f 3
=
1
;
f
=
f
=
+
1
=
;
2
3 3
3 3
3
1
1
3 3+2
f (2 ) = f ( + ) = +
+ 1=
.
3 3
3 3
3
y
y = sen 3 x sen x + 1
2
+
3
2
2 0
x
2
figura 9
Tutti questi valori sono positivi; essi sono i valori dei minimi e
massimi relativi di f in [0, 2]; inoltre anche f (0) = f ( 2) = 1 > 0 .
Perciò in tutto l'intervallo [0, 2] è f (x) > 0 , e di conseguenza
l'equazione f (x) = 0 , equivalente a quella proposta nel testo del
quesito, è priva di soluzioni. Il grafico di f è rappresentato nella
figura 9.
Un procedimento un po' più semplice è il seguente.
Per studiare l'equazione
sen 3 x sen x + 1 = 0
(2)
poniamo t = sen x ed occupiamoci dell'equazione t 3 t + 1 = 0 .
Studiamo, con questo scopo, la funzione
(
)
g(t) = t 3 t + 1 .
Si ha lim t 3 t + 1 = ± (rispettivamente); la derivata è
x±
20
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
g (t) = 3 t 2 1
positiva per valori esterni a ± 1 , negativa internamente. 1 è
3
3
punto di minimo relativo, 1 è punto di massimo relativo. Risulta
3
1 3 3+2
g ,
=
3 3
3
1 3 32
g =
3
3 3
La figura 10 mostra il grafico di g.
Poiché il valore del minimo
( )
y
3 32
relativo è g 1 =
> 0,
3
y = g ( x ) = t 3 t+1
3 3
la funzione g(t) vale 0 in un
solo punto t0 < 1 .
3
Se fosse 1 t0 1, ci sarebbero soluzioni della (2) in [0, 2]:
ciascun x [0, 2] tale che
sen x = t0 sarebbe soluzione di
(2). Invece è t0 < 1. Infatti
g( 1) = 1 > 0 , e la funzione g è
crescente
fino
a
t 0 –1 1
0
3
x= 1 ;
3
1
3
1
x
figura 10
quin-di l'ascissa t0 si trova
nell'asse x a sinistra di –1, ossia t0 < 1. Non esiste dunque alcun
valore di x per cui sen x = t0 ; perciò l'equazione
sen x = t0
equivalente alla (2) e quindi alla (1), è impossibile.
Quesito 3
Si tratta di un semplice esercizio di calcolo di un limite. Il risultato si ottiene senza
svolgere alcun calcolo, applicando il Teorema del confronto per i limiti.
( x)
xsen( 1x ) ( x)
Poiché per ogni x 0 è sen 1 1, risulta x sen 1 x , cioè
(1)
x x
x 0.
Il (primo) Teorema del confronto per i limiti, detto a volte “Teorema
dei due carabinieri”, afferma che:
Se f, g, h sono tre funzioni definite in un insieme A R , x0 è un punto di
accumulazione per A, e risulta f (x) g( x) h(x) in tutti i punti di A
21
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
diversi da x0 e sufficientemente vicini a x0 , e se inoltre esistono e sono
uguali i limiti lim f ( x) = lim h(x) = R , allora esiste ed è uguale a xx0
anche lim g( x) .
xx0
xx0
( )
Le disuguaglianze (1) ed il fatto che sia lim x = lim x = 0 perx0
x0
mettono quindi di concludere, per il Teorema del confronto che è
()
lim x sen 1x
x0
= 0.
La risposta esatta fra quelle indicate dal testo del quesito è dunque
la [B].
Osserviamo che non c'è altro modo per ottenere questo risultato; in
particolare, il calcolo di questo limite non è in alcun modo
riconducibile all'applicazione della regola di de l'Hôpital; ogni
tentativo in questa direzione sarebbe vano.
Quesito 4
Si chiede di ricavare "con il procedimento preferito" la derivata della funzione
tangente. Il testo tuttavia non specifica quali regole siano da ritenere note. Nello
svolgimento, prima di descrivere qualunque procedimento, occorre precisare quali siano
le premesse necessarie per avviare il ragionamento. Qui sotto proponiamo due possibili
approcci al problema.
Prima risoluzione. Assumiamo come premesse note le identità
trigonometriche elementari e le seguenti nozioni:
• espressione di tg x mediante sen x e cos x : tg x =
• derivate di "seno" e "coseno": D [sen x] = cos x ;
sen x
cos x
D [cos x] = sen x
f f g f g
• derivata di un rapporto: D =
.
2
g
g
Abbiamo allora
D [sen x] cos x D [cos x] sen x
sen x D [tg x] = D =
=
cos x cos 2 x
cosx cos x ( sen x) sen x
cos2 x + sen 2 x
=
=
.
cos2 x
cos 2 x
Quest'ultima espressione può essere semplificata in diversi modi;
per esempio, poiché cos 2 x + sen 2 x = 1 (cfr.4.2),
1
;
D [tg x] =
cos 2 x
altrimenti nel modo seguente
22
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
D [tg x] =
cos 2 x
cos 2 x
+
sen 2 x
cos 2 x
= 1 + tg 2 x .
Le due espressioni ottenute sono le più consuete con cui è ricordata
l'espressione della derivata della funzione "tangente".
Seconda risoluzione. Assumiamo come premesse note le identità
trigonometriche elementari e le seguenti nozioni:
• definizione di derivata:
f (x0 + h) f ( x0 )
f (x) f (x0 )
f ( x0 ) = lim
= lim
xx0
x x0
h0
h
sen x
= 1.
• limite notevole: lim
x0 x
Conviene utilizzare la seconda delle due definizioni di derivata che
abbiamo ricordato. Si ha
tg( x0 + h) tg x0
D [tg x]
= lim
= (cfr.4.16)
x=x 0
h0
h
= lim
tgx0 +tgh
tg x0
1 tgx0 tgh
h
h0
tg x0 + tg h tg x0 + tg 2 x0 tg h
=
h0
h (1 tg x0 tg h)
= lim
(
)
(
)
tg h 1 + tg 2 x0
sen h 1 + tg 2 x0
= lim
= lim
=
h0 h (1 tg x0 tg h)
h0 hcos h (1 tg x0 tg h )
sen h
1 + tg 2 x0
= lim
= 1 + tg 2 x0
h0 h cosh (1 tg x0 tg h)
perché lim senh = 1 (limite notevole), lim cosh = cos0 = 1 e
h0
h
h0
lim (1 tg x0 tg h) = 1, essendo lim tg h = tg 0 = 0 .
h0
h0
Siamo dunque giunti anche questa volta al risultato:
D [tg x]
x=x 0
= 1 + tg 2 x0 .
Precisiamo nuovamente che i due procedimenti esposti non sono
svolgimenti alternativi dello stesso problema: ciascuno dei due dà
luogo allo stesso risultato, ma le premesse non sono le stesse; quindi
i due ragionamenti sono sostanzialmente diversi.
Quesito 5
Si tratta di un problema di geometria solida, risolubile mediante l'applicazione di uno
dei Teoremi di trigonometria sui triangoli rettangoli. La stima numerica della misura di
un angolo, richiesta come domanda finale, richiede un po' di pratica nell'uso della
calcolatrice tascabile.
23
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
Sia ABCD il tetraedro; O il centro della faccia ABC; H il punto medio
di AB. DH e CH sono le altezze di ABC e ABD (figura 11).
L'angolo richiesto è = DHˆ O : infatti
D
la misura di un angolo diedro è la misura di una sua sezione normale, cioè
della sezione del diedro con un piano
perpendicolare allo spigolo. Per il
Teorema delle tre perpendicolari
C
(cfr.2.31) poiché DO è perpendicolare
A
al piano ABC e OH è perpendicolare
O
ad AB, il piano DOH risulta perpendiH
colare ad AB. La misura di a è deduB
cibile in diversi modi, applicando i
figura 11
Teoremi di trigonometria sui triangoli
rettangoli (cfr. 4.44, 4.45, 4.46); tali Teoremi forniscono relazioni che
legano funzioni trigonometriche di a a misure di elementi della
figura:
DO
DO
OH
sen =
;
tg =
;
cos =
.
DH
OH
DH
La più semplice per il nostro fine è la terza. Infatti si ha
1
1
OH = CH = DH .
3
3
La prima uguaglianza vale perché O è (fra l'altro) il baricentro di
ABC; la seconda perché CH e DH sono altezze di triangoli equilateri
congruenti. Perciò
1 DH
OH
1
cos =
= 3
= .
3
DH
DH
Questa relazione, ed il fatto che a è un angolo minore dell'angolo
piatto, permettono di concludere che la misura di a (in radianti) è
1
= arccos .
3
La misura approssimata di a in gradi sessagesimali si ottiene
similmente a come abbiamo svolto un analogo calcolo nella parte
finale della risoluzione della domanda d) del problema 1 di questo
stesso Tema d'esame; qui esponiamo brevemente il calcolo,
rimandando a tale luogo per una descrizione più dettagliata.
• Impostiamo la calcolatrice su DEG.
• Calcoliamo cos-1(1÷3); la funzione cos-1 (così la calcolatrice indica
la funzione "arco coseno") si attiva con la sequenza 2ndF (oppure
inv, secondo il modello di calcolatrice), seguito da cos.
24
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
• Il risultato che si ottiene è 70.52877937. Ciò significa che la parte
intera della misura di a in gradi sessagesimali è 70°.
• Sottraiamo 70 dal risultato ottenuto sopra, e moltiplichiamo per
60: otteniamo la misura in primi della parte di angolo eccedente
70°: 0.52877937 60 = 31.72676... Poiché il testo chiede la misura
approssimata al primo, arrotondiamo questo risultato in 32 . Ne
segue che la misura di a in gradi sessagesimali, approssimata al
primo è: 70° 32 .
La conversione dalla misura 70.52877937 di a in gradi e parte
decimale di gradi, alla misura in gradi, primi e secondi può essere
svolta automaticamente con una funzione specifica disponibile con
comandi diversi in ogni calcolatrice scientifica. In tal caso si faccia
attenzione all'arrotondamento: si ottiene infatti 70° 31 44 ;
l'arrotondamento al primo va fatto all'unità superiore, perché 44
sono più della metà di 1 , essendo 1 = 60 .
Quesito 6
Si chiede lo studio della derivabilità di una funzione nel suo dominio; non ci sono
difficoltà di calcolo né di concetto.
3 2
Il dominio della funzione definita da f (x) = x
è l'intero asse reale;
infatti l'espressione x 2 è calcolabile per ogni valore di x, e la radice
cubica esiste per qualunque valore (positivo o negativo) del
radicando; peraltro, in questo caso, il radicando è sempre 0 .
Per quanto riguarda la derivabilità, certamente la funzione è
derivabile per ogni x 0 , perché composizione di funzioni
derivabili: x 2 è funzione derivabile di x per ogni x, e la radice cubica
è derivabile quando il radicando è diverso da zero. Rimane da
verificare la derivabilità in 0. Il modo più conveniente di procedere
è riferirsi direttamente alla definizione di derivata, cioè al limite del
rapporto incrementale. Ebbene, il rapporto incrementale relativo a
x0 = 0 per la funzione f (x) = x 2 è
3
f (x) f (0)
=
x0
È
lim
x0+
3 1
x
3 2
x
= + ,
x
y
x2
1
= 3
= 3 .
x
x3
lim
x0
3 1
x
= ; dun-
3
y = x2
que non esiste con valore finito (e nepx
pure infinito) il limite del rapporto
incre-mentale per x 0 . La funzione
figura 12
non è derivabile in 0. Il grafico di f
(figura 12) ha nell'origine una cuspide, in cui l'asse y è tangente ad
entrambi i rami che convergono in quel punto.
25
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
Osserviamo che il fatto che f non sia derivabile in 0 non si poteva
dedurre in modo automatico dalla non derivabilità della funzione
"radice cubica" in 0; la derivabilità delle funzioni componenti è
infatti condizione sufficiente, non necessaria, per la derivabilità della
funzione composta. Per esempio, g(x) = x 4 è derivabile anche in
0, pur verificandosi anche in questo caso l'annullamento del
radicando della radice cubica quando x = 0 . Infatti è
3
g(x ) g(0)
x4
x4
3
g (0) = lim
= lim
= lim 3
= lim x = 0 .
x0
x0
x0 x
x0 x 3
x0
Ricordiamo infine che la questione della derivabilità di f in 0 poteva
essere affrontata anche in un altro modo (meno conveniente).
Poiché f è continua in tutto il dominio, ed è continua anche in 0, la
derivabilità può essere verificata calcolando il lim f ( x) : se questo
3
x0
esiste con valore finito, allora f è derivabile anche in 0, e
f (0) = lim f ( x) ; se il limite è infinito, o i limiti destro e sinistro
x0
esistono ma sono diversi, allora f non è derivabile. Nel caso attuale
abbiamo, per x 0 , applicando la regola di derivazione delle
funzioni composte,
2 x
2 3 x3
231
f ( x) =
2x =
=
=
3 2 2
3 3 x4
3 x4
3 x
(
)
3 x
1
e quindi
231
2 1
= + ;
lim f (x) = lim 3 = .
x0 3 x
x0+
x0+ 3 x
x0
Concludiamo, come già visto prima, che f non è derivabile in 0.
lim f (x) = lim
Quesito 7
Si chiede un'illustrazione grafica della definizione di lim f ( x) = + .
y
M
x +
L'enunciato contenuto nel
testo del quesito definisce
correttamente
y = f ( x)
lim f ( x) = + .
y=M
x+
Il significato geometrico
della definizione è in
sostanza
già
contenuto
N
x
nell'enunciato: il valore di
figura 13
f (x) supera definitivamente
qualunque livello prestabilito M, non appena x supera un certo
valore N, dipendente da come si è scelto M; in generale, quanto più
26
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
grande è stato fissato il valore di M, tanto più grande andrà scelto N
per soddisfare la condizione f (x) > M per ogni x > N .
La figura 13 fornisce una interpretazione grafica intuitiva della
definizione.
Quesito 8
Da una semplice costruzione di tipo iterativo si coglie lo spunto per proporre il calcolo
del limite di una somma di addendi in progressione geometrica.
Sia A1B1C1 il triangolo iniziale.
C1
3
L'altezza di A1B1C1 misura L 2 ;
l'area di A1B1C1 vale dunque
3
A1 = 12 L L
= 14 L2 3 .
2
C3
B2
A2
Il secondo triangolo A2 B2 C 2 ,
A3
B3
avente per vertici i punti medi
rispettivamente di B1C 1, A1C 1,
B1
A1B1 è anch'esso equilatero, A1
C2
perché ciascuno dei suoi lati è
figura 14
parallelo a un lato di A1B1C1
(cfr.2.22, corollario del Teorema di Talete); inoltre la misura dei lati è
la metà di quella dei lati di A1B1C1 quindi l'area è 1 dell'area di
4
A1B1C1 (perché anche la misura dell'altezza è la metà dell'altezza di
A1B1C1 ).
Il ragionamento si svolge nello stesso modo quando dal secondo
triangolo si passa al terzo, eccetera: ad ogni passaggio si ottiene un
triangolo equilatero la cui area è la quarta parte dell'area
precedente. La somma delle aree dei primi n triangoli costruiti in
questo modo è pertanto
2
1
1
1
A1 + A1 + A1 + … + 4
4
4
n1
A1 .
Si tratta della somma dei primi n termini di una progressione
geometrica di ragione q = 14 con primo termine A1 = 14 L2 3 . La
somma vale quindi (cfr.1.14)
S n = A1
()
n
1 14
1 14
n
1 n 4 1 2
1 2
1 = L 31 = L 31 4 4 3 4
3
27
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali
()
n
e siccome lim 1 = 0 , si ha
n+ 4
lim S n =
n+
1 2
L 3.
3
Quesito 9
Si deve stabilire se due funzioni logaritmiche, descritte da espressioni diverse,
coincidono oppure no. Occorre ricordare le proprietà dei logaritmi, ma anche osservare
quali sono i domini di ciascuna funzione. Si tratta di una questione già proposta in
termini molto simili nel Quesito 8, Sessione Suppletiva a.s. 2004-2005.
L'affermazione “l'uguaglianza ln( 2x + 1) = 4ln (2x + 1) vale per ogni
4
x reale” è indubbiamente falsa: basta osservare che per x = 1
2
ciascuno dei due membri è privo di senso, perché l'argomento del
logaritmo diventa uguale a zero.
Quando x è tale che entrambi i membri siano definiti (cioè x > 12 )
l'uguaglianza è vera, per una proprietà dei logaritmi (cfr.6.17).
Invece, se x < 12 , il primo membro esiste ma il secondo no; l'uguaglianza quindi non vale. Per questi valori di x la formula andrebbe
corretta in: ln( 2x + 1) = 4ln 2x + 1 . In quest'ultima forma, l'uguaglianza diviene vera per ogni x appartenente al dominio di ciascuno
dei due membri, che ora è lo stesso per entrambi, ed è costituito
dall'insieme di tutti gli x reali diversi da 12 .
4
Quesito 10
Il quesito propone un problema molto semplice di calcolo combinatorio.
Poiché il testo spiega che al ragazzo “1” spetta un posto prestabilito,
si tratta in effetti di assegnare il posto a ciascuno dei quattro ragazzi
rimanenti, nei quattro posti disponibili. Le sistemazioni possibili
sono tante quante le permutazioni di 4 elementi; esse sono in numero
di 4! = 1 2 3 4 = 24 (cfr.1.18).
28
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Esame di Stato di Liceo Scientifico
a.s. 2005-2006
P.N.I.
Sessione suppletiva
La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e
le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario.
Problema 1.
Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani
ortogonali (Oxy), sono assegnate le due parabole p e p di
equazioni rispettivamente:
y = x2 ,
x = y2 2y
a) Fornirne la rappresentazione grafica, dopo aver determinato, fra
l'altro, i loro punti comuni.
b) Indicato con V il vertice della parabola p , con V il vertice
della parabola p e con P il punto in cui p interseca il semiasse
positivo delle y, calcolare l'area della regione finita di piano
delimitata dall'arco V V della parabola p , dall'arco V P della
parabola p e dal segmento V P .
c) Calcolare l'ampiezza dell'angolo secondo cui le due parabole si
secano in O e con l'uso di una calcolatrice esprimerla in gradi
sessagesimali, primi e secondi.
d) Le due parabole p e p sono congruenti: farlo vedere,
dimostrando che esiste almeno una isometria che trasforma una
di esse nell'altra e trovando le equazioni di tale isometria.
e) Stabilire se l'isometria trovata ammette elementi uniti.
1
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Problema 2.
Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani
ortogonali (Oxy), sono assegnate le curve di equazione:
x+ k
y =
x2
dove k è un parametro reale non nullo.
a) Dimostrare che non hanno punti in comune e ognuna di esse
presenta uno ed un solo flesso.
b) Tra le curve assegnate, indicare con g quella che ha come
tangente inflessionale la retta r di equazione x + 27 y 9 = 0 .
c) Disegnare l'andamento di g, dopo avere trovato le caratteristiche
salienti e, in particolare, l'equazione della retta t tangente alla
curva g nel punto A di ascissa 1 e le coordinate dell'ulteriore
punto B che t ha in comune con g.
d) Trovare l'equazione della circonferenza di diametro AB.
e) Calcolare l'area della regione finita di piano delimitata dalla
curva g, dalla retta r e dall'asse x.
Questionario.
1.
2.
Si considerino il rettangolo ABCD e la parabola avente l'asse di
simmetria parallelo alla retta AD, il vertice nel punto medio del
lato AB e passante per i punti C e D. In una rotazione di mezzo giro attorno all'asse della parabola il rettangolo genera un
solido di volume V e la regione piana delimitata dalla
parabola e dalla retta CD genera un solido di volume V .
Determinare il rapporto V V .
Il numero della soluzioni dell'equazione sen(2x) cos x = 2
nell'intervallo reale [0, 2] è
[A]
0;
[B]
[C ]
2;
3;
[ D]
5.
Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire un'esauriente spiegazione della scelta operata.
()
Il limite della funzione f (x) = xsen 1x per x0 :
[A] non esiste; [B] è 0; [C ] è un valore finito diverso da 0; [D] è + .
3.
Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire
un'esauriente spiegazione della scelta operata.
4.
Dimostrare che la funzione f (x) = x a , dove a è un qualsiasi
2
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
numero reale non nullo, è derivabile in ogni punto del suo
dominio.
5.
Il seguente Teorema esprime la condizione di integrabilità di
Mengoli-Cauchy:
Se una funzione reale di variabile reale definita in un intervallo
chiuso e limitato [a,b ] è ivi continua, allora ivi è anche integrabile.
Enunciare la proposizione inversa e spiegare in maniera
esauriente perché tale proposizione non è un teorema.
6.
7.
8.
9.
Dire se è corretto o no affermare che
1 dx = ln x + C
x
dove C è una costante arbitraria, e fornire una esauriente spiegazione della risposta.
Calcolare l'ampiezza dell'angolo formato da due facce
consecutive di un ottaedro regolare, espressa in gradi
sessagesimali ed approssimata al “primo”.
Dimostrare che ogni similitudine trasforma una parabola in
una parabola.
Un'urna contiene 150 palline, che possono essere di vetro o di
plastica, bianche o nere. Per la precisione: 62 palline sono
bianche, 38 sono di vetro nero e 40 sono di plastica bianca.
Calcolare la probabilità che, estratta a caso una pallina, non sia
di plastica nera.
10. In ciascuna di tre buste uguali vi sono due cartoncini: in una
busta essi sono bianchi, in un'altra sono neri, nella terza sono
uno bianco e l'altro nero. Si estrae a caso una busta e, da essa,
un cartoncino. Qual è la probabilità che il cartoncino rimasto in
questa busta sia dello stesso colore di quello estratto?
Leggiamolo insieme
Problema 1
È un problema di geometria analitica. Le domande a), b), c)
coincidono con le corrispondenti domande del Problema 1, Sessione
suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali; per esse rinviamo
quindi a tale sede. Le domande d), e) sono invece originali, e
riguardano le isometrie nel piano ed i loro elementi uniti.
Che cosa ripassare?
La parabola. Calcolo di aree di figure piane. Il Teorema di
Archimede sull'area del segmento parabolico. Retta tangente a una
3
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
curva in un suo punto. Gestione delle funzioni circolari e loro
inverse con la calcolatrice scientifica. Isometrie dirette e indirette;
ricerca di elementi uniti.
Problema 2
Il problema riguarda principalmente argomenti di Analisi
Matematica, con applicazioni della geometria analitica.
Le
domande a), b), c) coincidono con le corrispondenti domande del
Problema 2, Sessione suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali; le
rimanenti domande d), e) sono diverse, quantunque simili nella
sostanza, e semmai più semplici delle corrispondenti domande del
problema suddetto; si chiede la determinazione di una
circonferenza, poi il calcolo di un'area, che si svolge agevolmente
per mezzo di un integrale.
Che cosa ripassare?
Fasci di curve. Studio di funzioni: estremanti, flessi, tangenti a una
curva. La circonferenza: proprietà geometriche e formule in
geometria analitica. Calcolo di aree di figure piane.
Soluzione del problema 1.
Le domande a), b), c) coincidono con le corrispondenti domande del
problema 1 assegnato nella Sessione Suppletiva 2005-2006 per corsi
tradizionali; rimandiamo quindi allo svolgimento di tale Tema.
Riportiamo qui soltanto lo svolgimento delle domande d), e), che
sono diverse da quelle del problema per corsi tradizionali.
Domanda d): isometrie che mutano p in p .
Le due parabole (figura 1) sono certamente isometriche; questo fatto
è riconoscibile perché ciascuna delle due equazioni è esplicita in una
variabile, e i coefficienti dei termini di secondo grado nella variabile
indipendente hanno lo stesso valore assoluto (nella fattispecie sono
entrambi uguali a 1).
La figura lascia intuire che le due parabole sono una simmetrica
dell'altra rispetto alla retta y = x + 1; tuttavia la determinazione
diretta delle equazioni di questa simmetria non è particolarmente
agevole. Il modo più semplice per determinare un'isometria che
muta p in p è applicare a p la simmetria rispetto alla bisettrice
del primo e terzo quadrante; questa muta p in una parabola q con
l'asse parallelo all'asse x; e successivamente applicheremo una
traslazione che porti q a sovrapporsi a p (figura 2).
4
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
y
Le equazioni della
simmetria rispetto alla
bisettrice del primo e
terzo quadrante sono
(cfr.3.81)
x = y
(1)
y = x
p
y = x2
3+ 5
2
A
Poiché il vertice di p
appartiene all'asse di
simmetria, esso resta
invariato nella simmetria; si tratta del punto
V (0, 0) . La traslazione che porta V in
V (1, 1) sovrappone a
p la parabola q in cui
la (1) trasforma p . Le
1
V B
3 5
2
–1
1 5
2
V
x
1+ 5
2
p
x = y 2 2 y
figura 1
equazioni della traslazione sono (cfr.3.91)
x = x 1
y = y + 1
La composizione di (1) e (2) (in
quest'ordine:
prima
la
simmetria assiale, poi la
traslazione) sono:
y
(2)
p
1
x = y 1
(3)
y = x + 1
x
–1
Queste sono le equazioni di
una isometria che muta p in
p
y=x
p . Verifichiamo direttamente
q
la correttezza del risultato. Per
figura 2
trovare, data l'equazione di p ,
l'equazione della sua trasfor-mata ad opera di (3) occorrono le
equazioni dell'inversa di (3). Esse sono
x = y 1
y = x + 1
(4)
L'equazione di p è y = x 2 ; sostituendo le espressioni di x e y date
da (4) otteniamo l'equazione della parabola trasformata:
x + 1 = (y 1)
2
cioè
5
x = y 2 2 y .
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Abbiamo in effetti ottenuto l'equazione di p .
La (3) non è la sola isometria che muta p in p : svolge la stessa
funzione la composizione di (3) con la simmetria assiale che ha per
asse la retta y = 1, cioè l'asse della parabola p . Detta simmetria
assiale ha equazioni (cfr.3.79)
x = x y = 2 y La composizione di (3) con (5) (in quest'ordine) dà luogo alla
trasformazione di equazioni
(5)
x = y 1
y = x + 1
Anche per la (6) possiamo controllare che effettivamente trasforma
p in p . Le equazioni dell'inversa di (6) sono
(6)
x = y + 1
y = x + 1
Come abbiamo fatto prima, sostituiamo a x e y nell'equazione di p ,
(7)
cioè y = x 2 , le loro espressioni date da (7). Otteniamo
x + 1 = ( y + 1)
2
cioè
x = y 2 2 y che è l'equazione di p .
Si potrebbe dimostrare che non ci sono altre isometrie oltre a (3) e
(6) che trasformano p in p .
Domanda e): elementi uniti delle isometrie determinate in d).
Svolgiamo uno studio completo delle due isometrie di equazioni (3)
e (6); alcune delle proprietà che troveremo sono in effetti prevedibili, a causa di come sono state ottenute tali trasformazioni.
Sia T la trasformazione di equazioni (3), che qui riportiamo,
indicando le coordinate "nuove" con (X, Y ) anziché (x , y ) :
X = y 1
T) Y = x + 1
La matrice di T è
di cui l' inversa è
T 1
)
x = Y 1
y = X + 1
0 1 A = 1 0 [ ] [ ] [ ]
Poiché A AT = 01 10 01 10 = 10 01 = I , è provato che T è
un'isometria; ciò era già noto, essendo T la composizione di due
6
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
isometrie.
Poiché det A = 1 , si tratta di un'isometria indiretta; anche questo
conferma un fatto già noto: T è la composizione di una simmetria
assiale (isometria indiretta) con una traslazione (isometria diretta).
Cerchiamo i punti uniti di T. Le loro coordinate sono le soluzioni
del sistema
x = y 1
x = x + 1 1 (identità )
;
y = x + 1 ; y = x + 1
il sistema è indeterminato e le sue (infinite) soluzioni sono le coppie
(x, y ) che soddisfano l'equazione
y = x + 1.
I punti uniti sono quindi tutti e soli quelli della retta r di equazione
y = x + 1; in effetti T è la simmetria assiale avente per asse tale retta.
La retta r è unita per T; sono inoltre rette unite (ma non rette di
punti uniti) tutte le rette perpendicolari a r, a causa della natura
geometrica di T. Quest'ultimo fatto può essere provato anche con
considerazioni puramente algebriche. Utilizzando le equazioni di
T 1 troviamo l'equazione della trasformata di una retta di
equazione y = mx + q . Essa si trasforma nella retta di equazione
X + 1 = m (Y 1) + q ;
mY = X + 1 + m q ;
Questa coincide con la retta y = mx + q se
Y=
1
1+ m q
.
X+
m
m
1 = m
m
1+ mq
m =q
La prima equazione dà m 2 = 1, da cui m = ±1 . Se m = 1 la seconda
equazione dà
1+1 q
=q;
q = 1.
1
Abbiamo così la retta unita y = x + 1; si tratta della retta di punti
uniti determinata sopra.
Se m = 1 la seconda equazione dà
11q
=q;
q=q
1
che è un'identità; sono pertanto unite le rette y = x + q , per ogni q.
Si tratta delle rette perpendicolari alla retta r dei punti uniti, come ci
aspettavamo.
Sia ora S la trasformazione di equazioni (6), che qui riportiamo:
7
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
X = y 1
S) Y = x + 1
La matrice di S è
di cui l'inversa è
S 1
)
x = Y + 1
y = X + 1
0 1
B = .
1 0 [ ] [ ] [ ]
Poiché B BT = 10 10 01 10 = 10 01 = I , è provato che S è un'isometria; ciò era già noto, essendo S la composizione di due isometrie.
Poiché det B = 1, si tratta di un'isometria diretta; anche questo
conferma un fatto già noto: S è la composizione di una simmetria
assiale (isometria indiretta) con una traslazione (isometria diretta)
ed un'altra simmetria assiale (isometria indiretta); ne risulta
un'isometria diretta, essendo in numero pari le isometrie indirette
che intervengono nella composizione.
Cerchiamo i punti uniti di S. Le loro coordinate sono le soluzioni
del sistema
x = y 1
x = x + 1 1
x = 0
;
y = x + 1 ; y = x + 1
y = 1 .
Vi è un solo punto unito per S; si tratta del punto C (0, 1) . In effetti S
è la rotazione di attorno al punto C; notiamo infatti che si può
2
( )
( )
cos 2
0
1
scrivere B = 1 0 = sen 2
[ ]
( ).
cos( 2 ) sen 2 Grazie a questa osservazione potremmo concludere immediatamente che non c'è alcuna retta unita per S. Verifichiamo comunque questo fatto anche per via algebrica. Utilizzando le equazioni di S1
troviamo l'equazione della trasformata di una retta di equazione
y = mx + q . Essa si trasforma nella retta di equazione
X + 1 = m (Y + 1) + q ; mY = X 1 + m + q ; Y = Questa coincide con la retta y = mx + q se
1
1 + m + q
.
X+
m
m
1 = m
m
1+m +q
=q
m
La prima equazione, equivalente a m 2 = 1, è priva di soluzioni;
perciò non ci sono rette unite per S.
8
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Soluzione del problema 2.
Le domande a), b), c) coincidono con le corrispondenti domande del
problema 2 assegnato nella Sessione Suppletiva 2005-2006 per corsi
tradizionali; rimandiamo quindi allo svolgimento di tale Tema.
Riportiamo qui soltanto lo svolgimento delle domande d), e), che
sono diverse da quelle del problema per corsi tradizionali.
Domanda d): determinazione della circonferenza di diametro AB.
La circonferenza di diametro AB ha centro nel punto medio C di AB
e raggio uguale a AC . Ricordiamo le coordinate di A e B: A (1, 0) ,
B (1, 2) , cosicché (cfr.3.4)
11
02
xC =
= 0 ; yC =
= 1 ; perciò C (0, 1).
2
2
Come detto, il raggio è AC = 2 (cfr.3.1); quindi l'equazione della
circonferenza di diametro AB è (cfr.3.22) è
x 2 + (y + 1) = 2 ;
2
x 2 + y 2 + 2y 1 = 0 .
Circonferenza di diametro AB : x 2 + y 2 + 2 y 1 = 0
La circonferenza è disegnata nella figura 3, insieme con la curva g.
y
–1
A
0
x
–1
B
–2
figura 3
Domanda e): calcolo dell'area.
La figura 4 mostra la regione di cui si deve calcolare l'area, in un
sistema di riferimento non monometrico per rendere più evidenti le
sue caratteristiche. Si nota che la curva g si trova sotto la retta r per
x < 3 , sopra tale retta per x > 3.
9
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Ciò si giustifica ricordando che
x = 3 è punto di flesso per g, e
la funzione è concava prima di
1
3
x = 3 , convessa oltre tale
punto; quindi r, tangente
inflessionale, giace sopra g per
2
9
x < 3 , sotto per x > 3 .
L'ascissa del punto in cui r
interseca l'asse x si calcola
risolvendo il sistema
y = 1 x + 1
x
27
3 da cui
0
1
3
9
y = 0
1 x + 1 = 0
x = 9
27
3
;
figura 4
y = 0
y = 0
L'area si può calcolare mediante due integrali (cfr.5.29):
y
3
9
1
1 1 1
Area = dx + x + dx ;
(8)
3
1 x x 2 3 27
tuttavia il calcolo del secondo integrale di (8) è superfluo: esso
esprime l'area di un triangolo la cui base misura 6 e l'altezza 2 ;
9
1 6 2 = 2
l'area vale dunque 2
; lasciamo al lettore il compito di
9 3
verificare che il secondo integrale di (8) fornisce effettivamente
questo valore.
Calcoliamo il primo integrale di (8):
3
1 1 x 2 dx = ln x +
1
x
Perciò
x= 3
1
2
1
.
=
ln
3
+
1
=
ln
3
3
3
x x=1
Area della regione piana = ln 3
Questionario
Quesiti 1, 2, 3
I quesiti in oggetto sono identici ai Quesiti 1, 2, 3 assegnati nella sessione suppletiva
2005-2006 per corsi tradizionali; la loro risoluzione si trova in quella sede.
10
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Quesito 4
Si deve dimostrare la derivabilità della funzione potenza con esponente reale. Come in
altri quesiti di questo tipo, bisogna dichiarare quali nozioni e teoremi sono da ritenere
noti, prima di intraprendere la dimostrazione.
Come detto nel commento che precede, stabiliamo quali sono lo
premesse necessarie alla dimostrazione richiesta.
La derivabilità della funzione potenza si dimostra in modo alquanto
elementare per valori interi positivi dell'esponente a; per questo, è
sufficiente disporre della definizione di derivata e del fatto che ogni
polinomio è una funzione continua.
In modo un po' più laborioso, ma in sostanza senza bisogno di
ulteriori conoscenze, si risolve il problema per valori interi negativi
o frazionari dell'esponente a. Il testo del quesito però specifica
esplicitamente che “a è un qualsiasi numero reale non nullo”. Le
premesse naturali per ricavare la derivata di x a in questo più
generale caso sono assai più onerose. Supporremo noto che:
• La funzione esponenziale di base e è derivabile, e D [e x ] = e x
• La funzione logaritmo di base e è derivabile, e D [ln x] = 1
x
• La composizione di funzioni derivabili è derivabile, e si ha
[
]
D f ( g(x )) = f ( g( x)) g ( x)
La funzione P(x) = x a con a numero reale qualunque è definita per
x ]0, + [ . Per tali valori di x si può scrivere
( a)
x a = e ln x = e a ln x
(cfr.6.11, 6.17).
In questo modo P(x) = x a appare come la composizione di f (x) = e x
con g(x) = aln x . Ciò prova la derivabilità di x a , in quanto
composizione di funzioni derivabili. La regola di derivazione delle
funzioni composte permette di ricavare l'espressione della derivata
di x a :
a
a
D x a = D e a ln x = e a ln x = x a = a x a1 .
x
x
[ ]
[
]
Quesito 5
Oggetto del quesito è la discussione di condizioni necessarie e/o sufficienti per
l'integrabilità di una funzione in un intervallo. Si tratta di una questione molto
delicata, perché la formulazione di una condizione necessaria e sufficiente per
l'integrabilità richiede nozioni che oltrepassano i consueti programmi scolastici. Una
spiegazione veramente “esauriente” di quanto richiesto non può dunque essere fornita
da uno studente liceale, anche se ben preparato, ed anche la spiegazione dettagliata di
un controesempio risulta piuttosto laboriosa.
11
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Si chiama inverso di un enunciato della forma “se A allora B”
l'enunciato “se B allora A”. Dunque, l'inverso dell'enunciato:
Se una funzione reale di variabile reale definita in un intervallo chiuso e
limitato [a,b ] è ivi continua, allora ivi è anche integrabile
è:
Se una funzione reale di variabile reale definita in un intervallo chiuso e
limitato [a,b ] è ivi integrabile, allora ivi è anche continua.
Quest'ultimo enunciato non è un teorema, cioè non è vero per
qualunque funzione. Vi sono infatti funzioni non continue in un
intervallo [a,b ], e tuttavia integrabili in tale intervallo. Il primo
enunciato (che è in effetti un teorema) afferma che la continuità di f
in [a,b ] è condizione sufficiente per l'integrabilità; tale condizione,
come dicevamo, non è necessaria. Affinché f sia integrabile in [a,b ] è
sufficiente che sia limitata, e che i punti di discontinuità non siano
"troppo numerosi"; in particolare, l'integrabilità è assicurata se i
punti di discontinuità sono in numero finito. Per esempio, la
funzione definita nell'intervallo [0, 2] come segue:
y
1
x
0
1
2
figura 5
0 se 0 x 1
f (x) = 1 se 1 < x 2
(figura 5) non è continua nell'intervallo in
cui è definita (è discontinua in x = 1), ma
si può dimostrare che è integrabile, e
2
f (x) dx = 1.
0
Per dimostrare l'integrabilità si dovrebbe fare riferimento alle somme
inferiori e alle somme superiori mediante le quali si definisce
l'integrale; tralasciamo questa esposizione, piuttosto noiosa.
Un'idea intuitiva dell'esistenza di
2
0 f (x) dx ,
con valore 1, si può
trarre da considerazioni geometriche: l'area della regione piana
delimitata dal grafico di f e dall'asse delle ascisse è 1, perché si tratta
dell'area del quadrato di lato 1 avente i vertici nei punti (1,0), (2,0),
(2,1), (1,1).
Quesito 6
Oggetto del quesito è l'espressione di un “integrale indefinito”; si chiede se una
determinata uguaglianza è corretta. Si tratta di chiarire in modo non equivoco che
cosa si intende con il simbolo di integrale indefinito, e stabilire se l'uguaglianza
proposta nel testo soddisfa tutti i requisiti. Anche questo non è un quesito molto
benevolo nei confronti dei candidati, perché raramente viene approfondito il concetto,
invero non fondamentale, di integrale indefinito.
12
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Premettiamo alcune opportune considerazioni a proposito della
nozione di primitiva di una funzione.
Ricordiamo che si chiama primitiva di una funzione f (x) una
funzione derivabile P(x) tale che P ( x) = f ( x) .
Come è noto, una funzione dotata di primitive non ne ha soltanto
una; in effetti ne ha infinite perché, per esempio, se ad una primitiva
P(x) di f (x) addizioniamo una costante C, ciò che otteniamo è
un'altra primitiva di f (x) , perché
D [P( x) + C ] = D [P( x)] + D [C ] = f ( x) + 0 = f (x) ,
tenendo presente che la derivata di una costante è 0.
Se il dominio di f è un intervallo, questo è l'unico modo per ottenere
primitive di f diverse da P. Infatti, se Q( x) è un'altra primitiva di
f (x) , diversa da P(x) , allora
D [Q(x) P( x)] = D [Q( x)] D [P( x)] = f (x) f ( x) = 0 .
Per un Teorema (corollario del Teorema di Lagrange del valor
medio) una funzione derivabile la cui derivata sia identicamente
nulla in un intervallo è costante, ossia risulta
Q( x) P( x) = C
cioè
Q(x) = P(x ) + C
per un determinato valore di C.
Se il dominio della funzione considerata non è un intervallo, il
Teorema ricordato sopra non è applicabile, cioè, una funzione con
derivata identicamente nulla può non essere costante; per un
esempio in tal senso, si veda il Quesito 10, Sessione Ordinaria a.s.
2004-2005 (quantunque il testo errato del quesito sostenga il
contrario). Questo fatto è rilevante nella caratterizzazione di tutte le
primitive di una funzione data, come vedremo fra poco.
Ora affrontiamo più direttamente il quesito proposto.
Se f (x) è una funzione, che per semplicità supporremo continua,
definita in un sottoinsieme A di R, il simbolo f ( x) dx indica
l'insieme di tutte le primitive di f.
Per quanto detto, se il dominio di f è un intervallo e P è una primitiva
di f, allora si ha
f (x) dx = {Q( x) ; C R tale che Q( x) = P (x) + C x A} .
Per semplificare la scrittura si conviene di scrivere più brevemente
f (x) dx = P(x ) + C .
13
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Quest'ultima scrittura non è invero corretta; tuttavia è largamente
usata senza che ciò dia problemi, perché si suppone che chi la legge
come chi la ha scritta sia consapevole del suo significato
convenzionale. Per esempio, scrivendo
1 3
2
x dx = x + C
3
è chiaro a tutti che intendiamo affermare che le primitive della
funzione f (x) = x 2 sono tutte e sole le funzioni definite da
Q( x) =
1 3
x +C
3
con C costante reale.
Finalmente, discutiamo l'uguaglianza
1
(1)
x dx = ln(x) + C .
Una prima inesattezza della (1) appare immediatamente: la
funzione integranda al primo membro di (1), f (x) = 1x , è definita per
ogni x 0 ; invece il secondo membro è definito soltanto per x > 0 .
Nell'intervallo ]0, +[ la formula è corretta: le primitive di 1 in
x
]0, +[
sono tutte e sole le funzioni della forma ln( x) + C , con C
costante.
Nell'intervallo ], 0[ una primitiva di 1x è ln( x) : infatti la derivata
di ln( x) , per la regola di derivazione delle funzioni composte, è
1 (1) = 1
. Ne segue che la funzione (ben nota agli studenti)
x
x
ln( x) se x > 0
P(x) = ln x = ln( x) se x < 0
è una primitiva di 1 in ], 0[ ]0, +[ ; di conseguenza, ogni
x
funzione della forma
(2)
Q( x) = ln x + C
è una primitiva di 1 in ], 0[ ]0, +[ . Tuttavia (2) non rapprex
senta tutte le primitive di 1 , perché il dominio ], 0[ ]0, +[ non è
x
un intervallo; ciò consente che vi siano ulteriori primitive di 1 , oltre
x
1
a quelle definite dalla (2). Precisamente, sono primitive di x tutte e
sole le funzioni definite da
14
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
ln( x) + C 1 se x > 0
con C 1 , C 2 costanti .
R(x) = ln( x) + C 2 se x < 0
La (3) riproduce le funzioni definite da (2) quando C 1 = C 2 ;
definisce funzioni ulteriori quando C 1 C 2 .
(3)
In conclusione, la formula 1 dx = ln(x) + C non è corretta; ma non
x
lo è neppure
ln x + C se x > 0
1
dx
=
ln
x
+
C
=
(4)
ln x + C se x < 0 .
x
( )
La (4) tuttavia è largamente applicata, e dà luogo in effetti a risultati
esatti. Ciò è dovuto ai seguenti fatti:
• la (4) definisce primitive di 1 , quantunque non le definisca tutte;
x
per calcolare un integrale definito, occorre una primitiva; la (4)
fornisce dunque quanto occorre.
• In nessun caso può accadere di dover calcolare
b 1
dx in un
x
a
intervallo [a,b ] con a < 0 < b , avendo a che fare in tal modo sia con
valori positivi di x, sia con valori negativi: un siffatto intervallo
conterrebbe x = 0 , nel quale la funzione 1 non è definita. Quindi,
x
b 1
dx mediante la (4) (primitiva
in pratica, quando si calcola
a x
= ln x + C ) si produce lo stesso risultato che si avrebbe applicando
la (3), perché si ha a che fare con una sola delle due alternative ivi
descritte.
Quesito 7
Il quesito è alquanto simile al Quesito 5 proposto nella Sessione suppletiva 2005-2006
per corsi tradizionali. Come in quel caso la soluzione si ottiene grazie a un Teorema di
trigonometria sui triangoli rettangoli; occorre poi un'applicazione ragionata della
calcolatrice per indicare la misura dell'angolo in termini numerici.
15
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Sia ABCDEF l'ottaedro (figura
6), la misura del suo
F
spigolo.
Consideriamo le
facce ABF, ABE. Una sezione
normale del diedro da esse
formato si ottiene sezionando
C
il diedro con il piano passante
per F, E e per il punto medio
K
B
D
H del segmento AB; infatti FH
G
e GH sono mediane, quindi
H
anche altezze, per i triangoli
A
isosceli
ABF
e
ABG.
Dobbiamo quindi misurare
l'angolo FHˆ E (figure 6 e 7).
E
Misuriamo in effetti l'angolo
= FHˆ G , che è metà di FHˆ E .
figura 6
Il segmento KH congiungente i punti
F
medi di AB e CD misura ; il segmento
GH misura quindi . Il segmento FH è
2
l 3
l'altezza del triangolo equilatero ABF,
2
3.
il cui lato misura ; quindi FH =
2
Per uno dei teoremi di trigonometria
G
sui
triangoli
rettangoli
è K
H
l
l
2
2
GH = FH cos (cfr.4.45); ne segue che
GH
cos =
= 2 =
FH
3
2
1
.
3
Da ciò, tenendo presente che a è un
angolo acuto, si ottiene
E
1 1 figura 7
= arccos
; FHˆ E = 2 arccos .
3
3
Questo risolve il problema della determinazione dell'angolo cercato.
Per ottenere una valutazione numerica della misura in gradi di tale
angolo si procede come per il Quesito 5, Sessione suppletiva 20052006 per corsi tradizionali, e anche per la domanda c), Problema 1
del presente Tema. Ecco il calcolo con i dati attuali:
• Impostiamo la calcolatrice su DEG.
• Calcoliamo cos-1(1÷ 3 ); la funzione cos-1 (così la calcolatrice
indica la funzione "arco coseno") si attiva con la sequenza 2ndF
(oppure inv, secondo il modello di calcolatrice), seguito da cos.
16
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
• Il risultato che si ottiene è 54.73561032. L'angolo che ci interessa è
il doppio di questo; moltiplichiamo dunque per 2 il risultato,
ottenendo 109.4712206
Ciò significa che la parte intera della misura di a in gradi
sessagesimali è 109°.
• Sottraiamo 109 dal risultato ottenuto sopra, e moltiplichiamo per
60: otteniamo la misura in primi della parte di angolo eccedente
109°: 0.4712206 60 = 28.2732... Poiché il testo chiede la misura
approssimata al primo, arrotondiamo questo risultato in 28 . Ne
segue che la misura in gradi sessagesimali dell'angolo formato da
due facce consecutive dell'ottaedro, approssimata al primo è:
109° 28 .
La conversione dalla misura 109.4712206 in gradi e parte decimale di
gradi, alla misura in gradi, primi e secondi può essere svolta
automaticamente con una funzione specifica disponibile con
comandi diversi in ogni calcolatrice scientifica. In tal caso si faccia
attenzione all'arrotondamento: si ottiene infatti 109° 28 16 ;
l'arrotondamento al primo va fatto per difetto a 28 , perché 16 sono
meno della metà di 1 , essendo 1 = 60 ; se i secondi avessero avuto
un valore uguale o maggiore di 30 avremmo arrotondato i primi
all'intero superiore.
Quesito 8
Si deve dimostrare che una similitudine muta una parabola in un'altra parabola. Ciò
riesce abbastanza semplicemente mediante un ragionamento geometrico fondato sulle
proprietà delle similitudini e sulla definizione geometrica di parabola, come luogo; la
verifica può avvenire anche per via algebrica, con calcoli un po' laboriosi.
Risoluzione geometrica. Si chiama parabola il luogo p dei punti
equidistanti da un punto F (fuoco) e da una retta d (direttrice)
(cfr.3.33).
Siano dunque p una parabola, F e d il fuoco e la
p
direttrice; sia T una simiP
litudine, e siano p , F ,
d
d i trasformati di p, F, d
H
F
p
(figura 8).
Vogliamo
F
provare che p è il luogo
d
dei punti equidistanti da
P
F e d , ossia è la parabola con fuoco F e diH
rettrice d ; lo dimostriamo verificando le due
figura 8
inclusioni. Sia P un punto di p . Allora esiste un punto P p tale
17
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
che P = T (P ) . Sia H la proiezione ortogonale di P su d. Poiché P p
è PF = PH . Sia H = T ( H ) . Poiché H d è H d ; poiché T è una
similitudine, e PH d , è P H d : infatti una similitudine
conserva gli angoli. Dunque P H è la distanza di P da d . Poiché
T è una similitudine e PF = PH , risulta P F = P H . Dunque P appartiene alla parabola con fuoco F e direttrice d .
Viceversa, sia Q un punto della parabola con fuoco F e direttrice
d ; sia K la proiezione di Q su d . È Q F = Q K .
Sia Q = T 1 (Q ) . Poiché anche T 1 , inversa di T, è una similitudine,
ragionando come nella prima parte si prova che Q appartiene alla
parabola con fuoco F e direttrice d, cioè Q p ; quindi, essendo
Q = T (Q) e p = T ( p) , risulta Q p .
Risoluzione algebrica. Ricordiamo come si scrivono le equazioni di
una similitudine. Tenendo presente (3.95) e le condizioni ivi
ricordate si conclude che vi sono due possibilità:
(1)
X = x + y + p
Y = x + y + q
( similitudine diretta)
X = x + y + p
Y = x y + q ( similitudine indiretta)
Ragioniamo sulla (1) (similitudine diretta); i calcoli relativi alla (2) si
svolgono nello stesso modo.
Consideriamo una parabola di equazione
(2)
(3)
A X 2 + B X Y + C Y 2 + D X + EY + F = 0 .
La condizione algebrica che caratterizza come parabola la conica di
equazione (3) è (oltre al requisito di essere non degenere)
B2 4 A C = 0
(4)
Se T è la similitudine di equazioni (1), allora T 1 trasforma p nella
conica di equazione
(5)
A ( x + y + p) + B ( x + y + p) ( x + y + q ) +
2
+ C ( x + y + q ) + D ( x + y + p) + E ( x + y + q ) + F = 0
2
(osserviamo che T è una similitudine se e solo se lo è T 1 ; quindi è
indifferente ragionare su T o su T 1 ).
Per verificare che (5) è l'equazione di una parabola occorre calcolare
i coefficienti a, b, c rispettivamente di x 2 , x y e y 2 nello sviluppo di
18
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
(5), e successivamente verificare che b 2 4 ac = 0 .
Omettiamo per brevità i passaggi di calcolo, un po' laboriosi, ma
privi di difficoltà di concetto; i risultati sono:
b = B 2 + ( 2 A 2 C ) b 2 ;
a = A 2 B + C 2 ;
c = C 2 + B + A 2 .
Adesso bisogna sviluppare l'espressione b 2 4 ac , cioè
[
] (
)(
2
)
B 2 + ( 2 A 2 C ) b 2 4 A 2 B + C 2 C 2 + B + A2 ;
il risultato, dopo le semplificazioni, è
B 2 4 4 A C 4 + 2 B 2 2 2 8 A C 2 2 + B 2 4 4 AC 4 =
(
)(
= B 2 4 AC 4 + 4 + 2 2 2
) = (B2 4 AC) ( 2 + 2 )2 .
Questo è uguale a zero, come si voleva dimostrare, perché per
ipotesi il fattore B 2 4 A C è uguale a zero.
Osserviamo che il calcolo ora svolto prova più di quanto ci eravamo
proposti. Infatti l'uguaglianza
(
)
(
)(
b 2 4 ac = B 2 4 AC 2 + 2
)2 ,
oltre a provare che b 2 4 ac = 0 B 2 4 AC = 0 , mostra pure che,
quando queste espressioni non sono uguali a zero, esse hanno lo
stesso segno; infatti il fattore ( 2 + 2 ) è maggiore di 0. Ciò
significa che una similitudine trasforma un'ellisse in un'ellisse e
un'iperbole in un'iperbole (oltre che una parabola in una parabola).
2
Risoluzione algebrica; metodo alternativo.
Una consistente
riduzione dei calcoli si può ottenere ragionando in modo un po'
diverso.
Se p è una parabola, esistono un numero reale A 0 e una isometria
S che trasforma p nella parabola di equazione Y = A X 2 . Se T è
un'affinità e S1 è l'inversa di S allora
(6)
(
)
(
)(
)
T (p) = T S1 S ( p) = T S1 S(p ) .
T S1 è un'affinità; possiamo supporre che le (1) siano le sue
equazioni. Poiché S(p) ha equazione Y = A X 2 , dalla (6) segue che
T (p) ha equazione
x + y + q = A ( x + y + p)
19
2
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
Ora sviluppiamo i calcoli; interessano soltanto i termini di secondo
grado in x e y. Si ottiene l'espressione
A 2 x 2 + 2 A x y + A 2 y 2 + … = 0
cosicché, assegnato ad a, b, c lo stesso significato dichiarato prima,
abbiamo
(
b 2 4 ac = 4 A 2 () 2 2
2
Ciò prova che T (p) è una parabola.
)
= 0.
Quesito 9
Si tratta di un problema elementare di calcolo delle probabilità; è sufficiente un
conteggio diretto di esiti favorevoli ed esiti possibili. Un aspetto inconsueto del quesito
consiste nel fatto che uno dei dati è superfluo.
La probabilità richiesta vale n , dove n indica il numero di palline
150
non di plastica nera presenti nell'urna. Adesso calcoliamo il valore
di n. Le palline non di plastica nera sono quelle bianche (di vetro o
plastica) e quelle di vetro nero. Complessivamente ce ne sono
n = 62 + 38 = 100 . La probabilità di estrarre una pallina che non sia
= 2.
di plastica nera vale perciò 100
150 3
Osserviamo che non serve a nulla sapere che, fra le palline bianche,
quelle di plastica sono 40.
Quesito 10
Anche l'ultimo quesito propone, come il precedente, un problema di calcolo delle
probabilità. Se si legge il testo con attenzione la risoluzione è immediata.
L'evento indicato (il secondo cartoncino contenuto nella busta scelta
è dello stesso colore del primo) si verifica se viene scelta una busta
contenente due cartoncini del medesimo colore. Due buste fra le tre
disponibili soddisfano questo requisito; la probabilità è 2 .
3
Se (più ingenuamente) si segue la descrizione dell'esperimento "in
due fasi" (scelta di una busta ed estrazione di un cartoncino da
quest'ultima) si è condotti alla compilazione del seguente grafo ad
albero, dal quale naturalmente si ottiene lo stesso risultato per la
probabilità richiesta. Indichiamo con le sigle BB, BN, NN le buste
contenenti rispettivamente due cartoncini bianchi, uno bianco e uno
nero, due neri.
Lungo ogni ramo del grafo è indicata la
corrispondente probabilità.
20
sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali
1
3
Scelta della busta
BB
Il cartoncino rimasto nella busta è
dello stesso colore di quello estratto?
1
0 0
1
3
1
3
BN
NN
1 1
0
SI NO SI NO SI NO
*
*
Ci sono due "percorsi" con probabilità non nulla, ciascuno avente
probabilità 13 , che realizzano l'evento « il cartoncino rimasto nella
busta è dello stesso colore di quello estratto »; perciò la probabilità
di questo evento è 1 + 1 = 2 .
3
3
3
Ricordiamo che la gestione di problemi di calcolo delle probabilità
mediante grafi ad albero poggia sui Teoremi della probabilità
composta (cfr.7.5) e della probabilità totale per eventi incompatibili
(cfr.7.4).
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