Esame di Stato di Liceo Scientifico a.s. 2005-2006 Sessione ordinaria La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario. Problema 1. Un filo metallico di lunghezza viene utilizzato per delimitare il perimetro di un'aiuola rettangolare. a) Quale è l'aiuola di area massima che è possibile delimitare? Si pensa di tagliare il filo in due parti e di utilizzarle per delimitare un'aiuola quadrata e un'altra circolare. Come si dovrebbe tagliare il filo affinché: b) la somma delle due aree sia minima? c) la somma delle due aree sia massima? Una aiuola, una volta realizzata, ha la forma di parallelepipedo rettangolo; una scatola, cioè, colma di terreno. Si discute di aumentare del 10% ciascuna sua dimensione. Di quanto terreno in più, in termini percentuali, si ha bisogno? Problema 2. Si considerano le funzioni f e g determinate da f (x) = log x g(x) = a x 2 , essendo a un parametro reale e il logaritmo in base e. 1) 2) e Si discuta, al variare di a, l'equazione log x = a x 2 e si dica, in particolare, per quale valore di a i grafici di f e g sono tra loro tangenti. Si calcoli, posto a = 1, l'area della parte di piano delimitata dai grafici delle funzioni f e g e dalle rette x = 1 e x = 2 . sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali 3) Si studi la funzione h( x) = log x a x 2 scegliendo per a un valore numerico maggiore di 1 e se ne disegni il grafico. 2e Questionario. 1. Si narra che l'inventore del gioco degli scacchi chiedesse di essere compensato con chicchi di grano: un chicco sulla prima casella, due sulla seconda, quattro sulla terza e così via, sempre raddoppiando il numero dei chicchi, fino alla 64a casella. Assumendo che 1000 chicchi pesino circa 38 g, calcola il peso in tonnellate della quantità di grano pretesa dall'inventore. 2. I poliedri regolari - noti anche come solidi platonici - sono, a meno di similitudini, solo cinque: il tetraedro, il cubo, l'ottaedro, il dodecaedro e l'icosaedro. Sai dimostrarlo? 3. Un foglio di carta deve contenere un'area di stampa di 50 cm2, margini superiore e inferiore di 4 cm e margini laterali di 2 cm. Quali sono le dimensioni del foglio di area minima che si può utilizzare? 4. La capacità di un serbatoio è pari a quella del cubo inscritto in una sfera di un metro di diametro. Quanti sono, approssimativamente, i litri di liquido che può contenere? 5. Si dimostri che la somma dei coefficienti dello sviluppo di 6. 7. (a + b)n è uguale a 2 n per ogni n N. L'equazione risolvente un dato problema è: k cos( 2x) 5 k + 2 = 0 dove k è un parametro reale e x ha le seguenti limitazioni: 15° < x < 45°. Si discuta per quali valori di k le radici dell'equazione siano soluzioni del problema. La funzione f (x) = x 3 2 x 2 soddisfa le condizioni del Teorema di Lagrange nell'intervallo [0,1] ? Se si, trova il punto che compare nella formula 8. f ( b) f ( a ) = f ( ) . b a La funzione f (x) = tg x assume valori di segno opposto negli [4 4 ] estremi dell'intervallo I = , 3 , eppure non esiste alcun x I tale che f (x) = 0. È così? Perché? 9. 2 Della funzione f (x) si sa che è derivabile e diversa da zero in ogni punto del suo dominio e, ancora, che f ( x) = f ( x) e f (0) = 1. Puoi determinare f (x) ? sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali 10. La funzione f (x) = asen x + b cos x ha un estremo relativo per ( ) = 1. Si trovino a e b e si dica qual è il periodo x = 4 ed è f 2 3 3 di f (x) . Leggiamolo insieme Problema 1 Il problema verte principalmente su questioni di massimo e minimo in geometria piana. La risoluzione è piuttosto semplice, sia dal punto di vista concettuale, sia per quanto riguarda i calcoli. Occorre un po' di attenzione per la seconda e la terza domanda: per rispondere correttamente bisogna ricordare di considerare i valori assunti dalla funzione ottenuta negli estremi dell'intervallo in cui essa va studiata. Il problema si conclude con una domanda, non collegata con il resto del problema, relativa al calcolo di una percentuale. Si noti che il testo del problema, anziché discutere di figure geometriche astratte, parla di "aiuole"; questo termine indica nella prima parte del problema figure piane, mentre nella seconda parte indica un parallelepipedo; ciò peraltro è dal testo specificato chiaramente. Che cosa ripassare? Le formule per l'area di un rettangolo e di un cerchio, la lunghezza di una circonferenza e il volume di un parallelepipedo. Risoluzione di problemi di massimo e minimo con l'ausilio delle derivate. Calcoli di percentuali. Problema 2 Il problema propone principalmente questioni di Analisi Matematica. La prima domanda, la quale richiede la discussione di un'equazione rispetto ad un parametro, conduce allo studio di una funzione; segue il calcolo di un'area, da effettuarsi mediante un integrale; infine un altro studio di funzione. Che cosa ripassare? Studio di funzioni; applicazione alla discussione di equazioni rispetto ad un parametro; retta tangente al grafico di una funzione in un punto. Il Teorema degli zeri. Calcolo dell'area di una figura piana mediante l'integrale; integrazione per parti. 3 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali Soluzione del problema 1. Domanda a): L'aiuola di area massima. Si tratta, in sostanza, di determinare il rettangolo di area massima, sapendo che il suo perimetro è uguale a . Prima risoluzione (con uso della derivata). Il semiperimetro di ciascuno dei rettangoli in esame è uguale a . Indicata con x una 2 delle dimensioni del rettangolo, si ha l'area è x x2 A(x) = x x = 2 2 che l'altra è x , e quindi 2 0 < x < (figura 1). 2 Allora A ( x) = 2 2x ; A ( x) = 0 se x = 4 ; inoltre A ( x) è positiva per x < , negati- 4 va per x > . Dunque x = è punto di 4 4 x massimo (assoluto) per A(x) ; il rettangolo di area massima, a perimetro fissato, è il quadrato, perché se x = 4 allora l x 2 figura 1 anche x = cosicché tutti i lati misurano . 2 4 Lato aiuola di area massima = 4 (aiuola quadrata) 4 Seconda risoluzione (metodo geometrico) Disegniamo il quadrato ABCD di lato 4 (figura 2). Sia G un punto interno al lato BC; prolunghiamo AB oltre B di un segmento BE congruente a CG. C Costruiamo il rettangolo AEFH, con il D lato FH contenente G. Tale rettangoG H F lo ha perimetro uguale a come il l quadrato ABCD. Rettangolo e 4 quadrato hanno in comune il rettangolo ABGH; le parti rimanenti non sono equivalenti, perché BE = DH , E A l B mentre BG < GH , perché GH è il lato 4 del quadrato e BG ne è una parte figura 2 propria. Dunque, un rettangolo di perimetro che non sia un quadrato ha area inferiore al quadrato di uguale perimetro; quest'ultimo realizza dunque l'area massima. Questo fatto si può dedurre anche per via algebrica. Indicato 4 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali CG = t , le dimensioni del rettangolo AEFH sono + t e t ; l'area è 4 4 2 2 pertanto + t t = t 2 , in ogni caso non superiore a , ed 4 4 16 ( )( ) uguale a 2 16 16 se t = 0 , ossia nel caso del quadrato. Domande b) e c): cerchio e quadrato. Se il filo viene tagliato in due parti di lunghezze x e x , per delimitare rispettivamente un cerchio e un quadrato, le rispettive aree si calcolano come segue: Area del cerchio. Per calcolare l'area del cerchio (uguale a r 2 , se r è il raggio), occorre la misura del raggio. La lunghezza di una circonferenza di raggio r è 2 r ; da 2 r = x segue r = x e quindi x Area cerchio = 2 2 2 = x2 . 4 Area del quadrato. Il lato del quadrato di perimetro x è x ; 4 quindi l'area è x Area quadrato = 4 2 = ( x) 2 . 16 L'area complessiva delle due figure è dunque x 2 ( x) (0 x ) . S(x) = + 4 16 Calcoliamo la derivata: x x 4x + x x( + 4) S( x) = = = . 2 2 8 8 2 , ed il suo segno varia come indicato nel Questa è nulla se x = + 4 seguente schema, che indica pure dove S(x) è crescente e dove decrescente. S( x) S(x) ------------- +++++++++++++ l +4 0 l Si nota che il minimo assoluto per la somma S(x) delle due aree si realizza quando x = + 4 (circonferenza), e di conseguenza il perimetro del quadrato è = 4 . Il massimo assoluto di S(x) , +4 +4 per 0 x , è raggiunto quando x assume uno dei due valori 5 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali estremi dell'intervallo. Per sapere quale, calcoliamo S(0) e S() , per confrontare i due risultati: 2 2 ; S( ) = . 16 4 2 È maggiore S() = ; dunque il massimo dell'area complessiva si 4 raggiunge nel caso-limite in cui l'aiuola quadrata scompare (avendo perimetro e area uguali a zero) e tutto il filo viene utilizzato per delimitare un'aiuola circolare. S(0) = +4 Somma aree massima se: lunghezza circonferenza = Somma aree minima se: lunghezza circonferenza = Seconda parte del problema: sul volume di un parallelepipedo. Si faccia attenzione nella lettura del testo. La seconda parte del problema non ha nulla in comune con la prima, e lo stesso vocabolo, "aiuola" viene ora usato per denotare una figura solida (parallelepipedo rettangolo), mentre nella prima parte del problema si riferiva a figure piane. Siano a, b, c le dimensioni del parallelepipedo (figura 3). Il suo volume è allora il prodotto a b c (cfr.2.38) V1 = a b c Se ogni dimensione del parallelepic pedo aumenta del 10%, le nuove dimensioni diventano a + 10 a = 1, 1a , 100 e allo stesso modo 1, 1b e 1, 1c . Il b nuovo volume è V2 = 1, 1a 1, 1b 1, 1c = 1, 331 a b c a figura 3 L'incremento di volume è pari a 0, 331 a b c , cioè 0, 331V1 . Il volume è quindi aumentato del 33,1%. Incremento percentuale del volume: 33,1 % Soluzione del problema 2. Domanda 1): discussione dell'equazione log x = a x 2 . L'equazione log x = a x 2 equivale a (1) log x x2 = a perché l'esistenza di log x richiede che sia x > 0 , e quindi la 6 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali divisione per x 2 è lecita, essendo il divisore diverso da zero. La (1) può essere interpretata come l'equazione risolvente il sistema log x y = 2 (2) x y = a il quale rappresenta l'intersezione tra il grafico della funzione h( x) = log x e la retta parallela all'asse y, di equazione y = a . x2 Svolgiamo dunque lo studio della funzione h indicata sopra, limitatamente a quanto occorre ai fini del problema: dominio, limiti, estremanti. Dominio: D = ]0, +[ . Limiti: lim log x x0 x 2 = (il numeratore ha limite -, il denominatore ha limite 0 ed è positivo; cfr.5.5); lim 1 1 H = = lim x = lim = 0 x+ 2 x x+ 2 x 2 log x x+ x 2 (il simbolo [ ] indica che numeratore e denominatore hanno limite infinito, ed abbiamo quindi una "forma indeterminata" di limite; la H sigla = ricorda l'applicazione della regola di de l'Hôpital per il calcolo del limite (cfr.5.22)). Derivata: h (x) = 1 x 2 log x 2 x 1 2log x x . = x3 x4 Poiché il denominatore è positivo in tutto il dominio, è 1 1 h (x) > 0 1 2 log x > 0 log x < x < e2. 2 1 1 1 Perciò h è crescente per 0 < x < e 2 , decrescente per x > e 2 ; x = e 2 è punto di massimo relativo per h; in questo caso si tratta in effetti di massimo assoluto. Il valore del massimo è ( ) h 1 e2 ( ) (e )2 1 = log e 2 1 2 = 1 2 e = 1 . 2e Per svolgere lo studio della funzione in maniera più esauriente resta da studiare il segno della funzione ( h( x) > 0 x > 1 ) e il calcolo della 7 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali derivata seconda e studio del suo segno: risulta h (x) = 6 log x5 ,e x4 5 5 h (x) > 0 log x > 56 x > e 6 ; x = e 6 è punto di flesso: h è concava 5 5 per 0 < x < e 6 , convessa per x > e 6 . ( ) 5 e6 L'ordinata del flesso è 5 e 3 . Tutto ciò, lo ripetiamo, è superfluo per quanto attiene h = 56 alla domanda in oggetto. La figura 4 mostra il grafico della funzione. 1 2e 1 e2 figura 4 Dallo studio della funzione risulta che: • se a 0 , allora l'equazione log x = a , equivalente a x2 log x = a x 2 ha una sola soluzione; 1 • se 0 < a < 2e allora l'equazione ha due soluzioni, una 1 1 compresa fra 1 e e 2 , l'altra maggiore di e 2 ; 1 • se a = 1 allora l'equazione ha una sola soluzione, x = e 2 2e log x • se a > 1 , allora l'equazione 2 = a non ha soluzioni. 2e x Il terzo caso ( a = 1 ) appare come caso limite di quello precedente 2e 1 1 ( 0 < a < 2e , due soluzioni); per a = 2e le due curve di equazione 1 y = log x e y = a x 2 sono fra loro tangenti nel punto di ascissa x = e 2 , come verificheremo tra poco. 8 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali Verifica della tangenza delle due curve y = log x e y = 1 x 2 . 2e I calcoli svolti poc'anzi mostrano che i due grafici in oggetto hanno 1 in comune un solo punto, di ascissa x = e 2 e ordinata 1 (l'ordinata si 2 1 calcola sostituendo x = e 2 in una qualsiasi delle due equazioni). 1 Per accertare la tangenza delle due curve nel punto e 2 , 12 1 x2 dobbiamo controllare che le due funzioni f (x) = log x e g(x) = 2e 1 abbiano la stessa derivata nel punto x = e 2 . Si ha 1 1 1 1 1 1 1 1 1 f ( x) = ; f e 2 = 1 = e 2 . g ( x) = x ; g e 2 = e 2 = e 2 . x e e e2 ( ) ( ) Dunque le due curve y = log x e y = 1 x 2 so2e no fra loro tangenti nel 1 Esse punto e 2 , 12 . sono entrambe tangenti in tale punto alla retta di equazione y = 12 + ossia 1 e 2 (x ) , 1 e2 y y= 1 2 x 2e y = log x 1 2 x 1 e2 y=e 12 x 21 1 y = e 2 x 12 figura 5 (cfr.5.20). La figura 5 mostra i grafici delle due funzioni e la tangente comune. Domanda 2): calcolo dell'area. L'area da calcolare è delimitata dalle rette x = 1, x = 2 come indica il testo, e dalle curve di equazione y = log x , y = x 2 (figura 6). Quest'ultima curva si trova al di sopra dell'altra, e quindi l'area richiesta vale (cfr.5.30) 2 (1) ( ) Area = x 2 log x dx 1 9 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali y Il calcolo di una primitiva di log x si svolge mediante una integrazione per parti (cfr.5.27): 1 log x dx = log x x x dx = x = log x x 1 dx = xlog x x. L'integrale (1) vale dunque y = x2 2 y = logx 0 1 2 x =1 x =2 x figura 6 ( ) 2 x log x dx = 1 x=2 1 3 =. = x xlog x + x 3 x=1 10 2log 2 . = 3 Area richiesta: 10 2 log 2 3 Domanda 3): studio della funzione. La funzione da studiare è, in base al testo, h( x) = log x a x 2 con a scelto a piacere, purché maggiore di 1 . Scegliamo, per esempio, 2e a = 1, che soddisfa questa condizione. Studiamo dunque h( x) = log x x 2 (1) La funzione esiste per x ]0, +[ ; per quanto riguarda il suo segno, è possibile affermare fin d'ora che h(x ) < 0 in tutto il dominio. Infatti ( ) • lim log x x 2 = , e quindi vi sono punti del dominio in cui x0 h( x) < 0 (Teorema della permanenza del segno). • Non esiste alcun punto in cui h( x) = 0 . Infatti, nella risoluzione della domanda 1) abbiamo provato che l'equazione 1 , ed attualmente log x a x 2 = 0 non ha soluzioni se a > 2e a = 1. Il Teorema degli zeri afferma che: se una funzione continua in un intervallo assume valori di segno opposto in due punti a, b dell'intervallo, allora essa si annulla almeno una volta fra a e b. Non ci possono pertanto essere punti del dominio di h in cui 10 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali h( x) > 0 , perché in tal caso vi sarebbero anche punti in cui h( x) = 0 , e ciò, come si è detto, non è possibile. ( ) Si ha poi lim log x x 2 = . Ciò è immediato, se si ricorre al x+ fatto che x 2 è un infinito di ordine superiore di log x , per x + . Se si vuole ottenere il risultato con argomenti più elementari, si può procedere cosi: ( x+ lim log x x 2 (2) ) = log x lim x 2 1 2 ; x+ x ora, per la regola di de l'Hôpital, 1 log x H 1 x lim = lim = lim = 0. x+ x 2 x+ 2 x x+ 2 x 2 Così l'espressione in parentesi al secondo membro di (2) ha limite 1, e quindi il limite (2) vale –, come avevamo anticipato. 1 1 2x 2 . Il suo segno, La derivata di h è h (x) = 2x = x x nell'intervallo ]0, + [ , varia come indicato nel seguente schema, il quale mostra pure gli intervalli in cui h è crescente oppure decrescente. +++++++++++++ ------------h (x) 2 0 h( x) 2 x = 2 è punto di massimo relativo (e assoluto) per h; in questo 2 punto il valore della funzione è 2 2 2 = log h 2 2 2 2 = 1 1 1 log 2 = (log 2 + 1). 2 2 2 Calcoliamo infine la derivata seconda. Conviene riferirsi all'espressione della derivata prima h (x) = 1x 2x ; si ottiene subito h (x) = 12 2 , manifestamente negativa per ogni x. Dunque h è x concava in tutto il dominio. La figura 7 mostra il grafico di h. 11 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali y 2 2 x 12 ( log 2 1) y = log x x 2 figura 7 Questionario Quesito 1 Il quesito verte, in sostanza, sul calcolo della somma dei termini di una progressione geometrica. Si deve poi stimare l'ordine di grandezza del risultato. Il numero di chicchi di grano richiesto dall'inventore è uguale a (1) 1 + 2 + 4 + 8 + … + 2 63 = 2 0 + 21 + 2 2 + … + 263 = 63 2k . k=0 Si tratta della somma di 64 termini di una progressione geometrica di ragione 2, con primo termine 1. Ricordiamo che la somma di n termini in progressione geometrica di ragione r, dove il primo termine è uguale ad a, vale (cfr.1.14) (2) S = n1 k=0 1 r a rk = a n 1r Attualmente a = 1, r = 2 , n = 64 . Pertanto la somma in (1) vale 1 2 64 = 2 64 1. 1 2 Adesso dobbiamo valutare l'ordine di grandezza del risultato. La calcolatrice fornisce come risultato della potenza 264 , il valore 1, 845 10 19 (si può ignorare il « –1 », trascurabile rispetto a 264 ). Il testo informa che 1000 chicchi di grano pesano circa 38 g. Il peso di 264 chicchi si stima quindi come segue: (3) 12 S = sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali peso di 1, 845 10 19 chicchi = peso di 1, 845 1016 1000 chicchi 1, 845 1016 38g = 1, 845 1010 38t = 7, 011 10 11 t . Si tratta di oltre settecento miliardi di tonnellate di grano. Per rendersi conto di quanto sia grande questa quantità, si pensi che la produzione mondiale di grano in un anno è stimata in circa 600 milioni di tonnellate, cioè 600 106 t , vale a dire 6 108 t ; dunque non sono sufficienti 1000 anni per produrre la quantità di grano richiesta. Ancora: distribuendo uniformemente una tale quantità di chicchi di grano sulla superficie terrestre (compresi gli oceani), si avrebbero circa 3,6 chicchi per centimetro quadrato (cfr. B.D'Amore, Più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla, Pitagora, Bologna 2000). Quesito 2 È richiesta la dimostrazione di un importante Teorema di geometria solida. Ricordiamo che un poliedro si dice regolare se è convesso, le sue facce sono poligoni regolari congruenti e tutti i diedri (angoli formati fra i piani contenenti due facce con uno spigolo in comune) sono fra loro congruenti. In ciascun vertice V di un poliedro regolare convergono lo stesso numero di facce (almeno tre); inoltre la somma degli angoli con vertice V deve essere minore dell'angolo giro (360°). Questa è la proprietà fondamentale per stabilire quali e quanti sono i possibili poliedri regolari. Ragioniamo per ciascuna possibile forma delle facce. • Se le facce sono triangoli equilateri ciascun angolo misura 60°; per rispettare la limitazione sulla somma degli angoli < 360° le facce confluenti in ciascun vertice possono essere tre (somma angoli = 180° ) oppure quattro (somma angoli = 240° ) oppure cinque (somma angoli = 300° ). I poliedri con queste caratteristiche sono rispettivamente il tetraedro (regolare), avente per facce quattro triangoli equilateri; l'ottaedro (otto triangoli equilateri), l'icosaedro (venti triangoli equilateri). • Se le facce sono quadrati ciascun angolo misura 90°; per rispettare la limitazione sulla somma degli angoli < 360° le facce confluenti in ciascun vertice non possono che essere tre (somma angoli = 270° ); il poliedro che si ottiene è il cubo o esaedro (sei facce quadrate). • Se le facce sono pentagoni regolari ciascun angolo misura 108°; per rispettare la limitazione sulla somma degli angoli < 360° le facce confluenti in ciascun vertice non possono che essere tre (somma angoli = 324°); il poliedro che si ottiene è il dodecaedro (dodici facce pentagonali). 13 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali Non è possibile costruire poliedri regolari con facce esagonali: gli angoli in ciascun vertice di un esagono regolare misurano 120°, e 3 120° = 360°; a più forte ragione non è possibile costruire poliedri regolari le cui facce siano poligoni regolari con sette o più lati. Dunque, esistono soltanto i cinque tipi di poliedri regolari su elencati, come si voleva dimostrare. Quesito 3 Il quesito propone un semplice problema di minimo in geometria piana. Per semplicità, omettiamo, nel corso dello svolgimento, l'indicazione delle unità di misura: cm, per le lunghezze, cm2 per le aree. H G D C x Indichiamo con x e y le dimensioni orizzontale e verticale dell'area di stampa ABCD; sia EFGH il rettan-golo che rappresenta il foglio sul quale viene effettuata la stampa, con le lettere ordinate come in figura 8. y L'area di stampa misura x y ; dai dati del problema abbiamo x y = 50 . L'area del foglio vale invece EF FG = (x + 4) (y + 8) (si faccia attenzione che la misura del A B margine laterale di 2 cm va E F addizionata due volte a x, e figura 8 analogamente la misura del margine superiore e inferiore di 4 cm va addizionata due volte a y). Dalla relazione x y = 50 ricaviamo y = 50 , cosicché risulta x 50 x > 0. Area del foglio = ( x + 4 ) + 8 f (x) , x Per questa funzione dobbiamo determinare il valore di x che la rende minima. Conviene svolgere il prodotto prima di calcolare la derivata. 200 50 f (x) = ( x + 4 ) + 8 = 82 + + 8x x x e quindi 14 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali f ( x) = ( ) 8 x 2 25 200 . +8 = x2 x2 Facilmente si calcola che f ( x) è negativa per 0 < x < 5 , positiva per x > 5 ; perciò il minimo valore di f (x) viene assunto per x = 5 . Il corrispondente valore di y è 50 = 10 . Le misure del foglio di area 5 minima sono quindi: EF = (5 + 4) cm = 9cm ; FG = (10 + 8 ) cm = 18 cm . Quesito 4 Il quesito propone un problema di geometria solida elementare; infine occorre risolvere un'equivalenza tra metri cubi e litri. Per calcolare il volume del cubo in oggetto occorre la misura dello spigolo; indichiamola con . Il diametro della sfera circoscritta al cubo (non rappresentata in figura 9) è la diagonale del cubo, ossia ciascun D segmento condotto fra due vertici O diametralmente opposti, ossia vertici non appartenenti ad una stessa faccia; è il caso di C e D nella figura 9. C La relazione tra (spigolo del cubo) e la diagonale si ricava applicando per A B due volte il Teorema di Pitagora. La diagonale di una faccia del cubo, figura 9 essendo diagonale di un quadrato di lato , misura 2 ; per esempio, BD = 2 . Il triangolo BCD è rettangolo, con l'angolo retto in B; perciò 2 2 CD = BC + BD = 2 + 2 2 = 3 . Quest'ultima, come abbiamo detto, è la misura del diametro della sfera circoscritta al cubo; tale misura è uguale a 1 metro (dato fornito dal testo); perciò 1 3 = 1 metro , e quindi = metri . 3 Il volume del cubo è 3 1 3 Volume cubo = = m3 = 1 m 3 0,19245 m 3 3 3 3 Poiché un metro cubo equivale a 103 decimetri cubi, ossia a 1000 litri, la capacità in litri del serbatoio di cui parla il testo è 15 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali approssimativamente di 192, 45 litri. Quesito 5 Si deve dimostrare una proprietà dei coefficienti binomiali. I coefficienti dello sviluppo di (a + b ) sono i coefficienti binomiali (il nome si riferisce appunto a questa loro applicazione); essi sono definiti da n! n = (cfr.1.20) k k ! (n k )! e si ha n (a + b ) n = n nk a nk k=0 bk (cfr.1.24) Tale relazione vale per ogni a , b R , quindi se assegniamo ad a e b il valore 1, otteniamo 2 n = (1 + 1) n = n n nk 1n k 1k = nk . k=0 k=0 come volevamo dimostrare. Quesito 6 Il quesito richiede la discussione di un'equazione con parametro, ossia di stabilire per quali valori del parametro l'equazione ha soluzioni soddisfacenti determinate limitazioni. Proponiamo due risoluzioni, leggermente differenti fra loro. Prima risoluzione. Per k = 0 l'equazione diventa 2 = 0 , impossibile. L'equazione si può quindi scrivere nella forma equivalente 5k 2 cos( 2x) = (1) . k Sono imposte le limitazioni (qui espresse relativamente alle misure degli angoli in radianti) < x < . Nell'intervallo , la 12 4 funzione cos( 2x) è decrescente, e risulta 0 < cos( 2x) < () () ] 12 4 [ 3 , essendo 2 cos 2 = 0 , cos 6 = 3 . 2 L'equazione (1) si può interpretare come equazione risolvente del sistema y = cos( 2x) (2) 5k2 y = k La prima equazione di (2) ha per grafico la sinusoide y = cos( 2x) ; la 16 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali seconda rappresenta, al variare di k, il fascio improprio di rette parallele all'asse x (ad eccezione di y = 5 ) (figura 10). y 3 2 2 y = 5k k x 12 4 y = cos( 2x ) figura 10 Perciò esiste una soluzione di (1) (ed una sola) soddisfacente le 3 limitazioni imposte, se e solo se 0 < 5k 2 < . k 2 Non resta che risolvere queste ultime due disequazioni ((3) e (4), di seguito). 5k 2 > 0; k la risoluzione di (3) è illustrata nel seguente schema: 5 k 2 --------------------- ++++++++++ (3) k ---------- ++++++++++ ++++++++++ 5k 2 k ++++++++++ ---------- ++++++++++ (4) Questa si trasforma in (5) 2 5 0 5k 2 < k (10 3 . 2 3) k 4 < 0; 2k la risoluzione di (5) è illustrata nel seguente schema: 17 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali (10 3) k 4 --------------------- ++++++++++ ---------- ++++++++++ ++++++++++ 2k (10 3 ) k4 ++++++++++ ---------- ++++++++++ 2k 4 (10+ 3 ) 0 (si noti che 97 4 = 4 (10+ 3 ) ). 97 10 3 Infine, osservato che 4 (10+ 3 ) 0, 48 > 25 , abbiamo 97 (3) (5) (3) Sistema Sistema (5) 0 2 5 4 (10+ 3 ) 97 Concludiamo che l'equazione (1) ha una soluzione se e solo se 4 (10+ 3 ) 2 < k < . 5 97 Seconda risoluzione. Dall'equazione k cos( 2x) 5 k + 2 = 0 ricaviamo k : k = (6) 2 5 cos( 2x) La (6) è un'altra forma dell'equazione data dal testo, ad essa equivalente (si noti che il denominatore non è mai zero, perché cos( 2x) non può valere 5, quindi la divisione è lecita senza alcuna 2 restrizione). Studiamo (parzialmente) la funzione f (x) = 5cos (2x) [12 4 ] nell'intervallo , . La derivata di f è f ( x) = Nell'intervallo 18 [12 , 4 ] 4 sen( 2x) (5 cos( 2x )) 2 questa è sempre negativa; dunque f è sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali decrescente in tale intervallo, e allora l'equazione (6) ha una [ ] () ( ) soluzione in , se e solo se f < k < f . Poiché risulta 4 12 12 4 ( ) = f 12 2 () 5 cos 6 = 2 5 23 = ( 4 10 + 3 97 ), () f 4 = 2 () 5 cos 2 = 2 5 concludiamo che l'equazione (6) ha una soluzione (ed una sola) se e 4 (10+ 3 ) . solo se 2 < k < 5 97 4(10+ 3 ) 97 y y=k 2 5 y= 12 2 5 cos( 2x ) x 4 figura 11 Quesito 7 Il quesito riguarda il Teorema del valor medio di Lagrange. Osserviamo che la richiesta «trova il punto che compare…» è a priori imprecisa, in quanto la tesi del Teorema di Lagrange afferma che esiste almeno un punto che soddisfa la formula ricordata dal testo; l'unicità di j può risultare in un caso particolare (come quello di questo problema), ma non è assicurata in generale. Il Teorema di Lagrange del valor medio è il seguente: Ipotesi: f : [a,b ] R è una funzione continua in [a,b ] e derivabile in ] a,b [ . Tesi: Esiste almeno un punto ] a,b [ tale che f ( ) = f (b ) f (a) . ba Attualmente l'intervallo è [a,b ] = [0,1 ]; la funzione è f (x) = x 3 2 x 2 . Essa è derivabile (perciò anche continua) in tutto R, quindi in particolare nell'intervallo [0,1] . Sono quindi verificate le ipotesi del Teorema di Lagrange. Il Teorema assicura allora l'esistenza di almeno uno ]0,1 [ tale che (1) f ( ) = f (1) f (0) = 1. 10 Risulta f ( x) = 3 x 2 4 x ; i valori di che soddisfano la (1) si trovano quindi risolvendo la seguente equazione: 19 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali 1 3 1 Soltanto = 1 è accettabile, perché la tesi del Teorema riguarda 3 valori ]0,1 [ , escludendo dunque gli estremi dell'intervallo; tuttavia, lo ripetiamo, l'unicità di j soddisfacente la (1) non era inizialmente certa. 3 2 4 = 1; 2±1 = = 3 3 2 4 + 1 = 0 ; Quesito 8 Il testo del quesito richiama, senza nominarlo, il Teorema degli zeri, non applicabile in questo caso perché non sono verificate tutte le sue ipotesi. La funzione f (x) = tg x in effetti non si annulla in alcun punto [ ] dell'intervallo , 3 : i punti in cui tg x = 0 sono x = k , con k 4 4 numero intero; nessuno di questi punti appartiene all'intervallo considerato. È pure vero che la funzione assume valori di segno = 1 . opposto negli estremi dell'intervallo: tg 4 = 1 , tg 3 4 Quest'ultima osservazione ricorda il Teorema degli zeri, il quale afferma che: Se f : [a,b ] R è una funzione continua in [a,b ] e f (a) , f (b ) hanno valori di segno opposto, allora esiste almeno un punto c ] a,b [ tale che f (c) = 0 . Questo Teorema non è applicabile alla funzione [ ] f (x) = tg x , perché internamente a questo intervallo si nell'intervallo 4 , 3 4 trova il punto x = , nel quale la funzione "tangente" non esiste; 2 quindi non è soddisfatta l'ipotesi di avere come dominio di f un intervallo (in questo caso dovrebbe trattarsi dell'intervallo , 3 ). 4 4 Non c'è quindi alcuna contraddizione con il Teorema degli zeri, quando si osserva che la funzione f (x) = tg x assume valori di segno [ [ ] ] opposto negli estremi dell'intervallo , 3 , ma non si annulla in 4 4 alcun punto di tale intervallo. Osserviamo che sarebbe scorretto affermare che la funzione f (x) = tg x non è continua in x = 2 . La continuità è un attributo di una funzione in punti del suo dominio. In ciascun punto del proprio dominio, una funzione f può essere continua o discontinua; nei punti non appartenenti al dominio la questione della continuità non si può porre. 20 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali Quesito 9 Il quesito propone, in pratica, una semplicissima equazione differenziale accompagnata da condizione iniziale (problema di Cauchy). L'esercizio è del tutto banale per chi conosce anche soltanto i primi elementi di questo argomento; altrimenti la soluzione si "indovina" facilmente, ma non si prova che essa è unica. Non è difficile osservare che la funzione f (x) = e x soddisfa ai requisiti: infatti f (0) = e 0 = 1 e f ( x) = e x = f ( x) . Abbiamo così esibito una funzione che soddisfa le richieste. Nulla prova, fino a qui, che tale funzione sia la sola soddisfacente tali richieste. L'unicità della soluzione viene provata se riusciamo a ricavare la soluzione in maniera costruttiva a partire dai dati, anziché "indovinarla" e verificare a posteriori che essa soddisfa i requisiti. La precisazione fornita dal testo, che f (x) sia "diversa da zero in ogni punto del suo dominio" fa pensare che l'ideatore dell'esercizio avesse in mente la seguente risoluzione: La relazione f ( x) = f ( x) con f (x) 0 equivale a f ( x) = 1. f (x ) (1) Il primo membro di (1) è la derivata di ln f (x) . In effetti il valore assoluto è superfluo, perché f, continua e per ipotesi mai nulla, deve avere segno costante (sempre positiva o sempre negativa); poiché f (0) = 1 , dovrà essere f (x) > 0 per ogni x reale. Abbiamo dunque [ ] stabilito che d ln( f ( x)) = 1 per ogni x R . Da ciò segue che dx (2) ln( f (x )) = 1 dx = x + C (C costante). Da (2) segue f (x) = e x+C . La condizione f (0) = 1 permette di rica- vare il valore di C; infatti f (0) = e C ; e C = 1 C = 0 . La soluzione del quesito è dunque la funzione f (x) = e x , come avevamo già osservato; ora però abbiamo anche la conoscenza del fatto che tale soluzione è unica, avendola ricavata sulla base delle condizioni assegnate. Quesito 10 Si devono ricavare i valori di due parametri nell'espressione di una funzione, in modo che essa risponda a due requisiti. La risoluzione non presenta particolari difficoltà. La risposta alla domanda relativa al periodo della funzione può essere data fin d'ora: poiché asen x + b cos x è combinazione lineare di funzioni di periodo 2 essa, se non è costante, ha periodo 2. 21 sessione ordinaria 2005-2006- corsi tradizionali È ( ) ( ) ( ) = 12 (a 3 b) = 1 dà luogo all'equazione e quindi la condizione f ( 2 3 ) f 2 3 = a sen 2 + b cos 2 3 3 a 3 b = 2. (1) ( ) = 0 . Ciò Poi, se f ha un estremo relativo per x = 4 , allora è f 4 3 3 in virtù del Teorema di Fermat sugli estremanti, il quale afferma che: Se A R, f : A R , x0 è un punto interno ad A in cui f è derivabile, e x0 è punto di minimo o massimo relativo per f, allora f ( x0 ) = 0 . La derivata di f è f ( x) = a cos x b sen x ; si ha allora ( ) = acos( 43 ) b sen( 43 ) = 12 (a + b 3 ) . = 0 dà quindi l'equazione La condizione f ( 4 3 ) f 4 3 (2) a + b 3 = 0 . Adesso ricaviamo a e b risolvendo il sistema di (1) e (2): a 3 b = 2 ; a + b 3 = 0 e quindi la funzione è f (x) = 22 3b b = 2 ; a = b 3 3 sen x + cos x . b = 1 a = 3 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali Esame di Stato di Liceo Scientifico a.s. 2005-2006 P.N.I. Sessione ordinaria La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario. Problema 1. Un filo metallico di lunghezza viene utilizzato per delimitare il perimetro di un'aiuola rettangolare. a) Quale è l'aiuola di area massima che è possibile delimitare? Si pensa di tagliare il filo in due parti e di utilizzarle per delimitare un'aiuola quadrata e un'altra circolare. Come si dovrebbe tagliare il filo affinché: b) la somma delle due aree sia minima? c) la somma delle due aree sia massima? Una aiuola, una volta realizzata, ha la forma di parallelepipedo rettangolo; una scatola, cioè, colma di terreno. Si discute di aumentare del 10% ciascuna sua dimensione. Di quanto terreno in più, in termini percentuali, si ha bisogno? Problema 2. Si considerano le funzioni f e g determinate da f (x) = log x g(x) = a x 2 , essendo a un parametro reale e il logaritmo in base e. 1) e Si discuta, al variare di a, l'equazione log x = a x 2 e si dica, in particolare, per quale valore di a i grafici di f e g sono tra loro tangenti. 1 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali 2) Si calcoli, posto a = e 2 , l'area della parte di piano delimitata dai grafici delle funzioni f e g e dalle rette y = 1 e y = 2 . 3) Si studi la funzione h( x) = log x a x 2 scegliendo per a un valore numerico maggiore di 1 e se ne disegni il grafico. 2e Questionario. 1. Si narra che l'inventore del gioco degli scacchi chiedesse di essere compensato con chicchi di grano: un chicco sulla prima casella, due sulla seconda, quattro sulla terza e così via, sempre raddoppiando il numero dei chicchi, fino alla 64a casella. Assumendo che 1000 chicchi pesino circa 38 g, calcola il peso in tonnellate della quantità di grano pretesa dall'inventore. 2. I poliedri regolari - noti anche come solidi platonici - sono, a meno di similitudini, solo cinque: il tetraedro, il cubo, l'ottaedro, il dodecaedro e l'icosaedro. Sai dimostrarlo? 3. In un piano sono dati una retta r e due punti A e B ad essa esterni ma situati nel medesimo semipiano di origine r. Si trovi il più breve cammino che congiunga A con B toccando r. 4. Si dimostri che l'equazione sen x = x 1 ha una e una sola radice a e, utilizzando una calcolatrice tascabile, se ne dia una stima. Si descriva altresì una procedura di calcolo che consenta di approssimare a con la precisione voluta. 5. Si dimostri che la somma dei coefficienti dello sviluppo di 6. (a + b)n è uguale a 2 n per ogni n N. L'equazione risolvente un dato problema è: k cos( 2x) 5 k + 2 = 0 dove k è un parametro reale e x ha le seguenti limitazioni: 15° < x < 45°. Si discuta per quali valori di k le radici dell'equazione siano soluzioni del problema. 7. Bruno de Finetti (1906-1985), tra i più illustri matematici italiani del secolo scorso, del quale ricorre quest'anno il centenario della nascita, alla domanda: "che cos'è la probabilità" era solito rispondere: "la probabilità non esiste". Quale significato puoi attribuire a questa risposta? È possibile collegarla ad una delle diverse definizioni di probabilità che sono state storicamente proposte? 8. Un tiratore spara ripetutamente ad un bersaglio; la probabilità di colpirlo è di 0,3 per ciascun tiro. Quanti tiri deve fare per avere probabilità 0, 99 di colpirlo almeno una volta? 2 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali 9. Della funzione f (x) si sa che è derivabile e diversa da zero in ogni punto del suo dominio e, ancora, che f ( x) = f ( x) e f (0) = 1. Puoi determinare f (x) ? 1 10. Tenuto conto che 4 = dx 2 , calcola un'approssimazione di 0 1+ x utilizzando uno dei metodi di integrazione numerica studiati. Leggiamolo insieme I due problemi coincidono in tutto con quelli assegnati nella Sessione Ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali, ad eccezione della domanda 2 del Problema 2; quest'ultima, a sua volta, differisce dalla corrispondente domanda del Tema tradizionale nei dati numerici, ma non nella sostanza. Rinviamo quindi ai commenti relativi a tale Tema. Soluzione del problema 1. Il problema coincide in tutto con il problema 1 assegnato nella Sessione Ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali; rimandiamo quindi allo svolgimento di tale Tema. Soluzione del problema 2. Il problema coincide in tutto, ad eccezione della domanda 2, con il problema 2 assegnato nella Sessione Ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali; rimandiamo quindi allo svolgimento di tale Tema. Riportiamo qui soltanto lo svolgimento della domanda 2, che non si trova in quella sede. Domanda 2): calcolo dell'area. L'area richiesta si determina attraverso il calcolo di uno o più integrali; la risoluzione può essere impostata in modi diversi: qui ne presentiamo due. Prima risoluzione: integrali rispetto alla variabile x. Occorre determinare l'ascissa del punto d'intersezione fra le due curve, e stabilire inoltre se tale punto si trova fra le due rette y = 1, y = 2 oppure esternamente alla striscia. Poiché non c'è alcuna tecnica di calcolo per risolvere l'equazione log x = e 2 x 2 , bisogna procedere indirettamente. Si ha log x = 1 x = e 1 , e 2 x 2 = 1 x 2 = e 2 x = ±e 1 ; 3 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali interessa il valore positivo di x, cioè x = e 1 . Dunque le due curve si intersecano sulla retta y = 1, nel punto e 1, 1 (figura 1). Allo stesso modo, occorrono le ascisse dei punti in cui le due curve intersecano la retta di equazione y = 2 . Si ha y e 2 e 1 2 e 1 x ( y = 1 –1 ) log x = 2 x = e 2 , e 2 x 2 = 2 x 2 = 2 e 2 x = 2 e 1 , y = 2 –2 tenendo presente che interessa la soluzione positiva. L'area della parte di piano richiesta si calcola allora come figura 1 somma di due integrali (cfr.5.30): e 1 2 e 1 ( ) Area = (log x + 2) dx + e 2 x 2 + 2 dx . (1) e 2 e 1 Negli integrali da calcolare, la sola funzione la cui primitiva non è immediata è log x , per la quale occorre un'integrazione per parti (cfr.5.27): 1 log x dx = log x x x x dx = xlog x x . Calcoliamo ora l'integrale (1). 1 x= 2 e e2 x 3 Area = [xlog x x + 2 x]x=e 2 + 2 x = 3 1 x=e e 1 e 1 = e 1 e 1 + 2 e 1 + 2 e 2 + e 2 2 e 2 + 2 2 e 1 2 2 2 e 1 + = 3 3 2 1 4 2 5 1 = e 2 + e 1 2 2 2 2 + = e 2 + e 3 3 3 x=e 1 Seconda risoluzione: integrale rispetto alla variabile y. Il fatto che le limitazioni fornite dal testo siano riferite alla variabile y anziché alla x può suggerire di calcolare l'area con un integrale 4 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali nell'intervallo [2, 1] di una opportuna funzione della variabile y. Per questo scopo occorre rappresentare le due curve che delimitano la parte di piano in oggetto, esprimendo x in funzione di y. Ciò non è difficile: • Da y = log x si ricava immediatamente x = e y . • Da y = e 2 x 2 segue x 2 = y e 2 ; da qui, per y 0 , e tenendo conto che parte di curva che ci interessa giace nel semipiano x 0 , si ricava x = e 1 y . (Alcuni studenti esitano dinanzi all'espressione « y », preoccupati a causa dell'impossibilità di calcolare la radice quadrata di un numero negativo. Questa volta l'esitazione è causata da ingenuità: y non rappresenta la radice quadrata di un numero negativo, perché è specificato che y 0 ; quindi y 0 e la radice quadrata non dà problemi). Abbiamo già verificato (nella prima risoluzione) che le due curve si intersecano nel punto (e 1 , 1); ne segue che e y e 1 y per y [2, 1], in quanto e y è crescente, mentre e 1 y è decrescente in tale intervallo. L'area richiesta si calcola dunque nel modo seguente: 1 3 2 = Area = e 1 y e y dy = e 1( y ) 2 e y 2 3 y=2 ( y=1 ) 2 1 1 2 1 4 2 5 1 e e + e 2 2 + e 2 = e + e 2 . 3 3 3 Il risultato, naturalmente, è lo stesso ottenuto nel primo modo. = Questionario Quesito 1 Il quesito è identico al Quesito 1 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede. Quesito 2 Il quesito è identico al Quesito 2 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede. Quesito 3 Il quesito propone un problema di minimo in geometria piana. La risoluzione è semplice per via sintetica; più laboriosa se svolta mediante il calcolo differenziale. 5 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali Soluzione sintetica. Sia B il simmetrico del punto B rispetto alla retta r (figura 2). Sia C un punto sulla retta r. I A segmenti BC, B C , tra loro simmetrici rispetto a r, sono isomeB trici; perciò AC + BC = AC + B C . Il problema proposto equivale quindi a rendere minimo r AC + B C . La soluzione di queC D st'ultimo problema è immediata: AC + B C è minimo quando C si trova in D, punto in cui il seB gmento AB interseca r. Per ogni figura 2 punto C di r risulta infatti AC + B C AB ; ma allora è anche AC + BC = AC + B C AB = AD + B D = AD + BD e quindi il punto D realizza quanto richiesto nel quesito. Soluzione mediante calcolo differenziale. Siano H, K le proiezioni su r di A, B rispettivamente; siano a = AH , b = BK le distanze di A e B da r. Supponiamo a b ; ciò non è restrittivo, in quanto equivale ad indicare con A il punto fra i due che ha maggiore distanza da r. Osserviamo innanzitutto A che il punto C di r che rende B minima la somma AC + BC non può essere esterno al segmento HK. Infatti per un r punto C appartenente a r da parte opposta a K rispet-to C H K ad H risulta (si veda la figura 3 figura 3): • AC AH , in quanto AC è ipotenusa del triangolo rettangolo ACH, del quale AH è un cateto. • BC BH , in quanto BC è il lato opposto all'angolo ottuso del triangolo BHC. Pertanto AC + BC AH + BH , e quindi C in questa posizione non può realizzare il minimo richiesto. Allo stesso modo si vede che il minimo non si può realizzare se C si trova oltre K. Supponiamo dunque C tra H e K (figura 4). Sia h = HK . Poniamo 6 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali x = HC , e quindi h x = CK . Applicando per due volte il Teorema di Pitagora ricaviamo 2 A B a b 2 AC = a + x ; BC = b 2 + ( h x) r 2 H x C h–x e quindi la funzione da rendere minima è f (x) = h figura 4 x [0, h]. 2 b 2 + (h x) , a2 + x2 + K La derivata è x f ( x) = 2 a +x 2 b + (h x) 2 x b 2 + ( h x) ( h x) a 2 + x 2 2 hx 2 = 2 a +x 2 b + (h x) 2 2 . Essa è positiva se x b 2 + ( h x) > ( h x) a 2 + x 2 ; possiamo elevare al quadrato entrambi i membri senza ulteriori verifiche, perché le limitazioni poste assicurano la positività di entrambi i membri. Otteniamo 2 [ x 2 b 2 + (h x) 2 ] > ( h x) 2 ( a 2 + x 2 ) ; b 2 x2 + h2 x2 2 h x3 + x4 > h2 a2 + h2 x2 2 a2 h x 2 h x3 + a2 x2 + x4; (a 2 b 2 ) x 2 2 a 2 h x + h 2 a 2 (1) < 0. Abbiamo supposto a b ; il caso a = b va considerato a parte, perché in tal caso la (1) diventa di primo grado. Se a > b si ha ( ) a 2 b2 x 2 2 a 2 h x + h 2 a 2 = 0 x = a2 h ± a4 h 2 a4 h 2 + a2 b 2 h 2 ossia, semplificando x1 = a h (a b) ah = ; a+b a2 b 2 x2 = a 2 b2 a h (a + b ) ah . = ab a 2 b2 x1 < x < x2 ; osserviamo altresì che a < 1 e, tenendo presente che 0 < x1 < h < x2 , perché 0 < a+b a > b > 0, è La (1) è verificata se a > ab = 1 . Quindi, dei due punti x1 , x2 soltanto il primo si trova ab ab fra 0 e h. Il segno di f ( x) varia in [0, h] come indicato nel seguente schema, dal quale risulta che il minimo di f (x) viene assunto per 7 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali ah x = x1 = a+b (si ricordi che la (1) equivale a f ( x) > 0 , cioè risulta f ( x) > 0 quando il primo membro di (1) è negativo). f ( x) f (x) ----------- ++++++++++++ 0 ah x1 = a+b h Rimane da discutere il caso in cui a = b . In tal caso la (1) dà h 2 a2 h x + h2 a2 < 0 ; 2 a2 h x > h2 a2 ; x > 2 e quindi il minimo di f (x) viene assunto per x = h ; questo peraltro è il valore dell'espressione ah quando a = b . a+b 2 È utile constatare che la soluzione del problema determinata per via sintetica coincide con quella trovata per via algebrica. Ebbene, riprendiamo (figura 5) la costruzione geometrica della figura 2 (D è l'intersezione del segmento AB con la retta r) e calcoliamo la lunghezza di HD in funzione di a, b, h definiti come sopra. Prolunghiamo AH oltre H; conA duciamo per B la parallela a r; sia E il punto d'incontro di queB sta retta con il prolungamento di a AH. I triangoli AHD, AEB sono b simili. Allora r HD : AH = E B : AE D H K da cui, passando alle misure, si ricava la misura di HD: b b AH E B ah E HD = = , B h a+b AE figura 5 in accordo con quanto abbiamo ricavato con il procedimento algebrico. Quesito 4 Il quesito verte sul Teorema degli zeri e sui metodi iterativi per l'approssimazione della soluzione di un'equazione. L'esame dei grafici rappresentati da y = sen x , y = x 1 (figura 6) lascia intuire che la soluzione dell'equazione sen x = x 1 (ascissa del punto di intersezione fra i due grafici) esiste ed è unica, ma non ne fornisce la dimostrazione. 8 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali È più opportuno scrivere l'equazione nella forma sen x x + 1 = 0 (1) e prendere in considerazione la funzione f (x) = sen x x + 1. y y = x 1 y = sen x x Poiché f ( x) = cos x 1 è sempre 0 , e vale 0 soltanto nei figura 6 punti isolati x = 2 k (k Z ) , f è strettamente decrescente, dunque iniettiva. L'equazione f (x) = 0 , se ha soluzioni, ne ha una sola. D'altra parte risulta f (1) = sen(1) > 0 (l'angolo di 1 radiante si trova nel primo quadrante); f (2) = sen( 2) 1 < 0 , perché sen(2) < 1 . Questo, insieme al fatto che f è una funzione continua, assicura, per il Teorema degli zeri, che c'è una soluzione dell'equazione f (x) = 0 nell'intervallo [1, 2]. Per quanto osservato in precedenza, tale soluzione a è unica in tutto l'asse reale. (Il Teorema degli zeri è ricordato nella risoluzione della domanda 3, Problema 2, Sessione ordinaria 2005/2006 per corsi tradizionali). Per ottenere una stima di a, avendo a disposizione solamente una "calcolatrice non programmabile" ed accontentandosi di una stima piuttosto rozza, conviene applicare il metodo di bisezione, la cui struttura particolarmente semplice ne consente la realizzazione anche con strumenti poco versatili. Di seguito mostriamo il calcolo di un'approssimazione di a con il metodo di bisezione, e poi con il metodo di Newton delle tangenti, ed infine con il metodo del punto fisso. Una descrizione dettagliata del metodo di bisezione e di altri metodi iterativi per l'approssimazione di soluzioni di un'equazione, è esposta nella risoluzione del Quesito 2, Sessione suppletiva P.N.I., a.s. 1999-2000. Approssimazione di a con il metodo di bisezione. Applichiamo il metodo di bisezione alla funzione f, scegliendo come intervallo iniziale [a0 , b0 ] = [1, 2]. Qui presentiamo la tabella con i dati relativi al presente problema. La scelta di arrestare il procedimento per n = 5 è arbitraria, perché il testo non indica con quale precisione si deve approssimare la soluzione. 9 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali n 0 1 2 3 4 5 an 1 1, 5 1, 125 1, 5625 1, 78125 1, 89063 bn 2 2 2 2 2 2 mn f (a n ) f (bn ) f (m n ) b n an 1, 5 + + 1 1, 125 + + 0, 5 1, 5625 + + 0, 25 1, 78125 + + 0,125 1, 89063 + + 0, 0625 1, 94532 + 0, 03125 Ad ogni passaggio si calcola il valore di f nel punto medio mn dell'intervallo [an , b n ] ; l'intervallo [an+1 , b n+1 ] è, fra i due in cui mn divide [an , b n ] , quello nel quale f assume valori di segno opposto nei due estremi. Per il calcolo dei valori della funzione si ricordi di impostare la calcolatrice nella modalità RAD, altrimenti si otterranno risultati errati. Il nostro calcolo mostra che la soluzione a dell'equazione f (x) = 0 si trova fra a5 = 1, 89063 e m5 = 1, 94532 . Il valore esatto (nelle prime cinque cifre decimali) di a, ricavato con l'aiuto di un calcolatore, è = 1, 93456 . Quanto su esposto risponde anche all'ultima parte del quesito, cioè descrive una procedura di calcolo atta ad approssimare a con la precisione voluta: la precisione migliora quanto si desidera, procedendo con valori di n via via più grandi; ad ogni passo dimezza la lunghezza dell'intervallo entro il quale resta localizzato a. Tuttavia, disponendo di uno strumento di calcolo più adeguato, conviene applicare un metodo di approssimazione più efficiente, come ad esempio il metodo di Newton delle tangenti; di seguito vediamo i risultati forniti da questo metodo nel nostro caso. Approssimazione di a con il metodo di Newton delle tangenti. Poiché f è decrescente nell'intervallo [1, 2], ed è concava ( f ( x) = sen x è negativa in [1, 2]), il punto di avvio è x0 = 2 (secondo estremo dell'intervallo); la formula di iterazione f ( xn ) xn+1 = x n f ( xn ) diventa in questo caso (2) xn+1 = x n sen(x n ) x + 1 cos(x n ) 1 Questo metodo fornisce fino dai primi valori risultati di grande precisione: si ha infatti x1 = 1, 935951 ; x2 = 1, 934563 ; x3 = 1, 934563 ; 10 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali già x2 fornisce 6 cifre decimali esatte di a. Approssimazione di a con il metodo del punto fisso. La struttura dell'equazione (1), che può essere scritta nella forma sen x + 1 = x (3) può suggerire, come ulteriore alternativa per l'approssimazione di a, l'applicazione del metodo del punto fisso. Una soluzione di (3) è infatti per definizione un punto fisso di g(x) = sen x + 1. Una esposizione dettagliata del Teorema del punto fisso si trova nella risoluzione del Quesito 9, Sessione ordinaria P.N.I., Anno Scolastico 2003-2004; rinviamo a quella sede per ulteriori dettagli. Abbiamo già stabilito che esiste un punto fisso a di g nell'intervallo [1, 2]; questo intervallo non è però adatto all'applicazione del metodo del punto fisso, perché in esso g non è monotona. Restringiamo l'intervallo a [1, 8 ; 2], che ancora contiene a, e nel ] [ quale g è decrescente, perché [1, 8 ; 2] 2 , , quindi g ( x) = cos x è sempre < 0 . Inoltre g (x) cos 2 < 1; è quindi soddisfatta la condizione per l'applicabilità del metodo del punto fisso. Scelto a piacere x0 [1, 8 ; 2] , la successione definita da xn+1 = g( xn ) (4) converge ad a, ed i suoi termini sono alternativamente uno minore di a, uno maggiore. La semplicità della formula di iterazione (4) la propone anche per il calcolo mediante la sola calcolatrice non programmabile (si ricordi, nuovamente, di impostarla nella modalità RAD). Scelto x0 = 2 , i primi valori della successione (x n ) costruita in base alla (4) sono n xn 0 1 2 3 4 5 2 1, 9093 1, 94325 1, 93144 1, 93567 1, 93417 Gli ultimi due valori costituiscono un'approssimazione per eccesso e una per difetto della soluzione a. La precisione non è altrettanto elevata quanto con il metodo di Newton ma l'esecuzione, specie se realizzata manualmente (cioè con la solita "calcolatrice non programmabile"), è molto più rapida. Quesito 5 Il quesito è identico al Quesito 5 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede. Quesito 6 Il quesito è identico al Quesito 2 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per 11 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede. Quesito 7 Il quesito richiede in pratica una breve dissertazione sulle diverse definizioni di probabilità. L'affermazione di Bruno de Finetti citata nel testo del quesito vuole significare che la probabilità di un evento non esiste come dato oggettivo, ma dipende dalle informazioni e dalle opinioni che si hanno riguardo all'evento. Per esempio, se in mancanza di specifici riscontri siamo disposti a riconoscere uguali a 12 le probabilità di "testa" e "croce" come esiti del lancio di una moneta, modificheremo la nostra opinione se vedremo uscire per 80 volte "testa" in 100 lanci di quella moneta. Allo stesso modo, le probabilità di vittoria nella finale di un torneo di tennis non saranno ritenute necessariamente alla pari, 1 per ciascuno dei due contendenti. La valutazione 2 dipenderà da considerazioni specifiche sulle attitudini e lo stato di forma dei giocatori, dalla conoscenza dell'esito di precedenti incontri, ed altro ancora. In sostanza si tratta di una valutazione niente affatto matematica, bensì affidata all'opinione di qualche "esperto", non necessariamente condivisa da ogni altro spettatore di quell'incontro. Si tratta della concezione soggettiva della probabilità, precisata proprio da de Finetti nel modo seguente: “La probabilità di un evento A, secondo l'opinione di un individuo, è il prezzo p che egli è disposto a pagare (o a ricevere) in cambio dell'impegno a ricevere (o a pagare) 1 se A si verifica, e nulla se A non si verifica”. Questa definizione si affianca a quella detta classica e a quella frequentista. La definizione classica caratterizza la probabilità di A come rapporto fra il numero di esiti favorevoli ad A e il numero di esiti possibili nell'esperimento considerato, con la precisazione che ciascun esito sia ugualmente probabile. È evidente il difetto di questa definizione, di essere "autoreferente": si definisce la probabilità di un evento ritenendo già nota la probabilità di altri eventi. Per esempio, la probabilità di ottenere un numero pari come esito del lancio di un dado viene valutata in 3 , 6 cioè 1 , soltanto se siamo disposti ad ammettere che la probabilità 2 dell'uscita di ciascuno dei sei valori possibili sia 1 . In sostanza, 6 anche per la definizione classica occorre un avallo di natura soggettiva. 12 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali La definizione frequentista definisce la probabilità di A come frequenza relativa dell'evento A in una serie numerosa di esecuzioni f dell'esperimento in oggetto, ossia il rapporto in cui f indica il n numero di volte in cui A si è verificato, n il numero di esperimenti osservati. Per esempio, se osserviamo che in 300 giorni il treno Bologna-Rimini delle 7.35 è partito in orario soltanto 20 volte, 20 = 1 all'evento "il treno parte in orario". assegneremo probabilità 300 15 Anche questa definizione lascia spazio a critiche. In primo luogo, non per tutti gli esperimenti è possibile l'osservazione di una lunga serie di ripetizioni: si pensi per esempio alla finale di un torneo sportivo. Inoltre, se si svolge una nuova serie di esperimenti non si otterrà in generale lo stesso valore: osservando per altri 300 giorni il treno Bologna-Rimini alla sua partenza dalla stazione di Bologna, forse lo vedremmo partire in orario soltanto 19 volte, o magari 22. La prima osservazione di 300 partenze, con 20 "successi" è semplicemente servita per formarci un'opinione, in base alla quale saremmo disposti a scommettere 0,05 per ricevere 1 se domani il treno partirà in orario; anche in questo caso la valutazione della probabilità trova una sua conferma di tipo soggettivo. Abbiamo qui molto brevemente accennato ai problemi legati alla teoria della probabilità, ossia a come definire la probabilità di un evento atteso in un determinato esperimento. Tutt'altra cosa è il calcolo delle probabilità, materia governata da precise regole matematiche, il cui scopo è calcolare la probabilità di eventi complessi, quando siano assegnate le probabilità degli eventi elementari. Il seguente quesito 8 fornisce un esempio di ciò: si conviene che la probabilità di colpire il bersaglio da parte di un tiratore sia 0,3 in ciascun tiro, e questo fatto non viene più posto in discussione; in funzione di ciò, si vuole calcolare la probabilità che egli colpisca il bersaglio almeno una volta in una serie di tiri. Quesito 8 Il quesito propone un tipico esercizio sul calcolo delle probabilità; la risoluzione poggia sui Teoremi della probabilità contraria e della probabilità composta. Per risolvere l'esercizio conviene riferirsi all'evento contrario; così è in ogni problema del calcolo delle probabilità in cui ci si occupa di un evento che si desidera accada "almeno una volta" in una sequenza di ripetizioni indipendenti. L'evento contrario di E = «Almeno un centro in n tiri» è E = «Nessun centro in n tiri» 13 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali Poiché la probabilità di non fare centro in ciascun tiro è 1 0, 3 = 0, 7 , la probabilità di non fare centro per n volte consecutive è P(E ) = (0, 7) . n Per il Teorema della probabilità contraria, l'evento E ha probabilità P(E) = 1 (0, 7 ) . n Si vuole P(E) 0, 99 ; ricaviamo dunque n risolvendo la seguente disequazione: 2 (0, 7) n 0, 01 ; n Log(0, 7) Log(0, 01) ; n 12, 9 . Log (0, 7) Qui «Log» indica il logaritmo in base 10; nell'ultimo passaggio si è tenuto conto del fatto che Log(0, 01) = Log 102 = 2 e che ( ) Log(0, 7 ) < 0 e quindi, quando si effettua la divisione, occorre cambiare il verso della disuguaglianza. Poiché n indica un numero intero, il risultato ottenuto dice che il minimo numero di tiri da programmare per avere probabilità superiore a 0,99 di colpire il bersaglio almeno una volta è 13. Quesito 9. Il quesito è identico al Quesito 2 assegnato nella sessione ordinaria 2005-2006 per corsi tradizionali; la sua risoluzione si trova in quella sede. Quesito 10 Il quesito richide il calcolo approssimato di un integrale. È lasciata libertà di scelta del metodo da utilizzare, e non è indicata la precisione da realizzare nell'approssimazione; quanto richiesto può dunque essere realizzato in modo assai sbrigativo, applicando per esempio il metodo dei rettangoli, poco efficiente ma di facile esecuzione. Nella risoluzione che presentiamo prendiamo spunto dalla domanda proposta per descrivere brevemente i più importanti metodi per il calcolo approssimato di un integrale definito. 1 dx L'uguaglianza contenuta nel testo, cioè 4 = , è dovuta ala 0 1+ x2 fatto che una primitiva di 1 2 è arctan x , cosicché 1+ x 1 dx x=1 = arctan x = arctan1 arctan 0 = 0 = . [ ] x=0 4 4 0 1 + x 2 1 dx ha il pregio di esprimere il numero La relazione = 2 4 0 1+ x irrazionale mediante un'integrale di una funzione razionale. Il 4 calcolo numerico approssimato dell'integrale comporta la 14 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali valutazione di questa funzione razionale in opportuni punti; tale valutazione è possibile esplicitamente proprio a causa del fatto che la funzione in questione è razionale. Il più elementare metodo di approssimazione di un integrale è il metodo dei rettangoli. Esso consiste nel dividere l'intervallo [a,b ] di integrazione in un numero prestabilito n di parti uguali, mediante i punti xk = a + k h , k = 0 , 1, … , n , essendo h = bna , e approssimare la funzione integranda f con una funzione costante a tratti, che in ciascun intervallo [xk1 , x k [ vale f (x k ) , valore di f nel secondo estremo dell'intervallino. In alternativa, il metodo può essere applicato assegnando in [xk1 , x k [ il valore costante f (x k1 ) alla funzione approssimante, cioè il valore di f nel primo estremo dell'intervallino. Nel caso attuale, poiché f (x) = 1 2 è decrescente nell'intervallo di 1+ x integrazione [0,1] , si nota che approssimando f (x) in [xk1 , x k [ con f (x k ) si avrà un'approssimazione per difetto dell'integrale; approssimandola con f (x k1 ) si avrà un'approssimazione per eccesso. Il metodo ha il pregio della semplicità; il principale difetto consiste nella scarsa precisione. Per ottenere una buona approssimazione b a f ( x) dx dell'integrale occorre assegnare a n (numero delle suddivisioni di [a,b ]) valori molto grandi; ciò non è praticamente possibile attualmente, a causa del divieto di utilizzare strumenti di calcolo evoluti. In base a quanto abbiamo detto, le approssimazioni che il metodo dei rettangoli offre per 1 b a f ( x) dx sono: n b a con h = (1) f ( x) dx h f (x k ) n 0 k=1 se si segue la prima fra le due alternative indicate sopra (secondo estremo di ciascun intervallino); 1 n ba f x ( ) ( ) dx h f x con h = (2) k1 n 0 k=1 se si segue la seconda alternativa (primo estremo di ciascun intervallino). Nel caso attuale, come abbiamo osservato, la (1) fornisce un'appros- 15 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali 1 dx , la (2) un'approssimazione per ec0 1+ x2 simazione per difetto di cesso (figura 7). y 0 x0 y x1 x2 1 …… xn 0 x0 x x1 x2 1 …… xn x figura 7 Scegliamo per esempio n = 6 ; si tratta di un valore sufficientemente piccolo da non rendere troppo laborioso il calcolo. Poiché ciò che desideriamo è in effetti approssimare = 4 1 dx , calcoliamo diret0 1+ x2 tamente il quadruplo dei valori forniti nel nostro caso da (1) e (2). Si ha da (1) 1 dx 1 6 k = 4 4 f = 6 k=1 6 0 1 + x 2 1 1 1 1 1 2 1 + + + + + = = 3 1 + 1 1 + 4 1 + 9 1 + 16 1 + 25 1 + 36 36 36 36 36 36 36 2 36 36 36 36 36 1 + + + + = 2, 97030 + 3 37 40 45 52 61 2 (il risultato finale in forma di numero decimale è approssimato alla quinta cifra decimale). Analogamente, da (2) risulta = 1 6 k 1 2 36 36 36 36 36 4 f + + + + = 3, 30363 . = 1+ 6 k=1 6 3 37 40 45 52 61 Così abbiamo la seguente valutazione: 2, 97030 < < 3, 30363 . La precisione è assai modesta. Ciò è dovuto in parte alla scelta di n = 6 , piuttosto piccolo, ma soprattutto alla scarsa efficienza del metodo. Applicando lo stesso metodo con n = 50 si ottiene (ci siamo serviti di un calcolatore) 3,12153 < < 3, 16153; 16 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali con n = 200 si trova 3,13659 < < 3, 14659; risultati ancora non eccellenti. Un metodo di approssimazione più efficiente, a parità di calcoli da eseguire, è il metodo dei trapezi. Per la sua applicazione la funzione integranda viene approssimata in ciascuno degli intervallini [xk1 , x k [ con il segmento congiungente i punti (x k1 , f (x k1 )) e (x k , f ( xk )) . In altre parole, il grafico di f viene approssimato con la funzione lineare a tratti che coincide con f nei punti di ascissa xk (figura 8). y 0 x0 …… x1 x2 x 1 xn figura 8 Facilmente si vede che questa regola dà luogo alla seguente formula di approssimazione: (3) 1 f ( a) + f (b ) n1 f x ( ) ( ) dx h + f x k 2 0 k=1 con h = b a n (si tratta in effetti della media fra i valori forniti da (1) e (2)). L'approssimazione di b a f ( x) dx fornita da (3) è per difetto se f è concava in [a,b ], per eccesso se f è convessa. Nel caso attuale questa osservazione non trova applicazione, perché f (x) = 1 è concava 1+ x2 se 0 x < 1 , convessa se 1 < x 1 (di questo ci si rende conto 3 3 17 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali calcolando la derivata seconda, f ( x) = Scegliamo n = 6; ancora 2( 3x2 1) ). (1+ x2 )3 mediante la (3) approssimiamo 1 dx : 0 1+ x2 = 4 1 f (0) + f (1) 5 k 4 + f = 2 6 k=1 6 1 2 1 + 2 36 36 36 36 36 = + + + + + = 3,13696 . 3 2 37 40 45 52 61 Poiché in effetti conosciamo già le prime cifre esatte della rappresentazione decimale di ( = 3,1415965 …) possiamo notare che l'approssimazione è assai migliore di quella fornita dal metodo dei rettangoli; e se il valore di n aumenta, la precisione diventa piuttosto buona: con n = 50 e n = 200 si ottengono rispettivamente le approssimazioni 3, 14153 e 3, 141588. Lo scopo effettivo di un metodo di approssimazione è però quello di valutare numeri che non si conoscono ancora; sarebbe opportuno potere stimare la differenza tra 1 dx 0 1+ x2 = 4 e una sua approssimazione, senza ricorrere alla effettiva conoscenza delle cifre decimali di . Ebbene, esistono regole per stimare l'errore commesso approssimando un integrale con ciascuno dei metodi che abbiamo descritto. Precisamente, indicata con Sn un'approssimazione di b a f ( x) dx con il metodo dei rettangoli ed n suddivisioni ((1) oppure (2)), si ha b (4) Sn f ( x) dx a (b a )2 2n max f ( x) x[a,b] Indicata invece con Sn l'approssimazione di dei trapezi, si ha b (5) Sn f ( x) dx a b a f ( x) dx con il metodo (b a )3 max f ( x) . 12 n 2 x[a,b] La principale diversità fra (4) e (5) consiste nel fatto che l'espressione al secondo membro di (4) è proporzionale a 1n , mentre il secondo 18 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali membro di (5) è proporzionale a 12 ; il metodo dei trapezi fornisce n quindi risultati decisamente migliori del metodo dei rettangoli, soprattutto se n è piuttosto grande. Vediamo quali informazioni danno la (4) e la (5) nel caso attuale, 1 dx . 0 1+ x2 ossia nella stima di = 4 Bisogna calcolare le derivate prima e seconda di f (x) = ottiene f ( x) = 2x ( f ( x) = , 2 1 + x2 ) ( 1 . 1+ x2 Si ) 2 3 x 2 1 (1 + x 2 ) 3 e con calcoli non difficili si trova 3 1 max f ( x) = f 3 = 0, 6495… < 0, 65 ; = 3 8 x[0,1] max f ( x) = f (0) = 2 . x[0,1] Abbiamo infine b a = 10 = 1; la (4), applicata al nostro caso dà allora, per ciascun valore di n, 1 1 1 1, 3 . 4Sn = 4Sn 4 dx 4 0, 65 = 2n n 0 1 + x 2 1,3 assume rispettivamente i valori Per n = 6 , 50 , 200 la frazione n 0,217; 0,026 ; 0,0065. La (5) dà invece 1 1 1 2 . 4 Sn = 4 Sn 4 dx 4 2 = 0 1 + x 2 12n 2 3 n2 I valori di 2 per n = 6 , 50 , 200 sono 0,0185 ; 0,00027 ; 0,000017. 3n2 Queste, lo ripetiamo, sono stime della differenza fra e i valori calcolati per darne un'approssimazione, calcolati senza fare uso della conoscenza di . Risultati molto più precisi di quelli forniti dal metodo dei trapezi, a parità del numero di suddivisioni, si ottengono con il metodo di Cavalieri-Simpson, che di seguito descriviamo. L'intervallo [a,b ] viene suddiviso in un numero n di intervallini uguali, come per i metodi descritti sopra; ora occorre che n sia un numero pari. 19 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali In ciascun "doppio intervallino" [x2k2 , x2k ] ( k = 1, 2 , … , n ) la 2 funzione integranda viene approssimata con la parabola con asse parallelo all'asse y, passante per i punti (x 2k 2 , f ( x2k2 )) , (x 2k1 , f ( x2k1 )) , (x 2k , f ( x 2k )) ; l'integrale b a f ( x) dx viene approssimato con l'integrale in [a,b ] della funzione così fatta. I calcoli per ottenere la formula con cui si approssima b a f ( x) dx sono più laboriosi di quelli relativi agli altri due metodi, e non li riportiamo, limitandoci a ricordare il risultato, qui di seguito. Indicati come prima i punti xk = a + k h , con h = b a e k = 0, 1, … , n , n siano Sp e Sd rispettivamente le somme n 1 2 f ( x2i ) Sp = f ( x2 ) + f ( x4 ) + f ( x6 ) + … + f ( xn2 ) = Sd = f ( x1 ) + f ( x3 ) + f ( x5 ) + … + f (x n1 ) = i=1 n 2 f ( x2i1 ) . i=1 La formula di approssimazione fornita dal metodo di Simpson è ( ) b h b a f ( a) + f (b ) + 2Sp + 4Sd con h = (6) f (x) dx 3 n a Applichiamo dunque la (6), ancora con n = 6 , per calcolare un 1 dx . 0 1+ x2 valore approssimato di = 4 4 1 f (0) + f (1) + 3 6 2 2 f + 6 1 4 f + 4 f + 6 6 3 f + 6 5 f = 6 2 1 9 9 36 4 36 1 + + 2 + + 4 + + = 3,14159178 … 10 13 37 5 61 9 2 Rispetto ai risultati che avevamo ottenuto applicando (sempre con n = 6 ) il metodo dei rettangoli e il metodo dei trapezi, la precisione è decisamente migliorata: l'approssimante ottenuto per ha le prime 5 cifre decimali esatte (ricordiamo che = 3,14159265 …). Per potere valutare la precisione dell'approssimazione senza utilizzare la conoscenza a priori del valore "esatto" di occorre una formula del tipo delle (4) e (5). Una tale formula esiste anche per il metodo di Simpson, ed è la seguente: indicata con Sn = 20 sessione ordinaria 2005-2006 - corsi sperimentali l'approssimazione di b a f ( x) dx data da (6), risulta b (b a ) Sn f ( x) dx max f iv ( x) 4 a 180n x[a,b] 5 (7) ( f iv ( x) indica la derivata quarta di f ). Si nota che la stima dell'errore diminuisce in modo proporzionale a 1 La valutazione del fattore costante rispetto ad n richiede il 4. n calcolo e lo studio della derivata quarta. Nel caso attuale risulta, svolgendo i calcoli f iv ( x) = ( ); 24 5 x 4 10 x 2 + 1 (1 + x 2 ) 2 studiando questa espressione si trova max f iv (x) = f iv (0) = 24 , x[0,1] cosicché la (7) applicata al nostro caso dà 1 1 1 8 4 Sn = 4 Sn 4 dx 4 24 = 0 1 + x 2 180n 4 15n 4 Per n = 6 abbiamo 8 = 0, 00041. 15 6 4 La precisione dell'approssimazione di con S6 è in effetti, come abbiamo visto, notevolmente migliore di quanto assicurato da questa formula; è comunque importante avere una stima certa di quanto sia affidabile il risultato di un calcolo approssimato di cui non si conosce il risultato esatto; le formule del tipo della (7) forniscono maggiorazioni dell'errore, il quale in certi casi può essere anche molto inferiore a tale stima. 4 S6 21 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Esame di Stato di Liceo Scientifico a.s. 2005-2006 Sessione suppletiva La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario. Problema 1. Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani ortogonali (Oxy), sono assegnate le due parabole p e p di equazioni rispettivamente: y = x2 , x = y2 2y a) Fornirne la rappresentazione grafica, dopo aver determinato, fra l'altro, i loro punti comuni. b) Indicato con V il vertice della parabola p , con V il vertice della parabola p e con P il punto in cui p interseca il semiasse positivo delle y, calcolare l'area della regione finita di piano delimitata dall'arco V V della parabola p , dall'arco V P della parabola p e dal segmento V P . c) Calcolare l'ampiezza dell'angolo secondo cui le due parabole si secano in O e con l'uso di una calcolatrice esprimerla in gradi sessagesimali, primi e secondi. d) Nel segmento parabolico delimitato dalla retta di equazione y = 4 e dalla parabola p inscrivere il rettangolo avente due lati paralleli all'asse y ed area massima. e) Stabilire se il rettangolo trovato ha anche il massimo perimetro. Problema 2. Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani ortogonali (Oxy), sono assegnate le curve di equazione: 1 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali x+ k y = x2 dove k è un parametro reale non nullo. a) Dimostrare che non hanno punti in comune e ognuna di esse presenta uno ed un solo flesso. b) Tra le curve assegnate, indicare con g quella che ha come tangente inflessionale la retta di equazione x + 27 y 9 = 0 . c) Disegnare l'andamento di g, dopo avere trovato le caratteristiche salienti e, in particolare, l'equazione della retta t tangente alla curva g nel punto A di ascissa 1 e le coordinate dell'ulteriore punto che t ha in comune con g. d) Determinare l'equazione della circonferenza c, tangente alla curva g nel punto A ed avente il centro sull'asse y. e) Calcolare l'area della minore delle regioni in cui l'asse x divide il cerchio delimitato da c. Questionario. 1. 2. Si considerino il rettangolo ABCD e la parabola avente l'asse di simmetria parallelo alla retta AD, il vertice nel punto medio del lato AB e passante per i punti C e D. In una rotazione di mezzo giro attorno all'asse della parabola il rettangolo genera un solido di volume V e la regione piana delimitata dalla parabola e dalla retta CD genera un solido di volume V . Determinare il rapporto V V . Il numero della soluzioni dell'equazione sen(2x) cos x = 2 nell'intervallo reale [0, 2] è [A] 0; [B] [C ] 2; 3; [ D] 5. Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire un'esauriente spiegazione della scelta operata. 3. ( x) Il limite della funzione f (x) = xsen 1 per x0 : [A] non esiste; [B] è 0; [C ] è un valore finito diverso da 0; [D] è + . Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire un'esauriente spiegazione della scelta operata. 4. Trovare, col procedimento preferito ma con esauriente spiegazione, la derivata rispetto ad x della funzione f (x) = tg x . 5. Calcolare l'ampiezza dell'angolo diedro formato da due facce di un tetraedro regolare, espressa in gradi sessagesimali, ed 2 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali approssimata al "primo". 6. 7. Determinare il dominio della funzione f (x) = x 2 e stabilire se la funzione è derivabile in tale dominio. Considerata la funzione reale di variabile reale f (x) , affermare che lim f ( x) = + significa che per ogni numero reale M 3 x+ esiste un numero reale N tale che, per ogni x, se x > N allora f (x) > M . È vero o falso? Accompagnare la risposta con un'interpretazione grafica. 8. 9. È assegnato un triangolo equilatero di lato lungo L. Si costruisca un secondo triangolo avente per vertici i punti medi dei lati del primo e, così proseguendo, un n-esimo triangolo avente per vertici i punti medi dei lati del triangolo (n 1) -esimo . Calcolare il limite cui tende la somma delle aree degli n triangoli quando n tende ad . Si consideri la seguente uguaglianza: ln( 2x + 1) = 4ln (2x + 1) . È vero o falso che vale per ogni x reale? Fornire un'esauriente spiegazione della risposta. 4 10. Cinque ragazzi sono contrassegnati con i numeri da 1 a 5. Altrettante sedie, disposte attorno ad un tavolo, sono contrassegnate con gli stessi numeri. La sedia “1”, posta a capotavola, è riservata al ragazzo “1”, che è il caposquadra, mentre gli altri ragazzi si dispongono sulle sedie rimanenti in maniera del tutto casuale. Calcolare in quanti modi i ragazzi si possono mettere seduti attorno al tavolo. Leggiamolo insieme Problema 1 È un problema di geometria analitica ed Analisi Matematica. La domanda b), relativa al calcolo di un'area, può essere risolta senza ricorrere al calcolo integrale, applicando il Teorema di Archimede. Due problemi di massimo (domande d), e)) si risolvono facilmente mediante il calcolo differenziale. La domanda c), un po' più inconsueta, richiede una certa padronanza nell'uso della calcolatrice, per esprimere la misura di un angolo in gradi, primi e secondi. Che cosa ripassare? La parabola. Calcolo di aree di figure piane. Il Teorema di Archimede sull'area del segmento parabolico. Retta tangente a una 3 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali curva in un suo punto. Problemi di minimo e massimo. Gestione delle funzioni circolari e loro inverse con la calcolatrice scientifica. Problema 2 Il problema ha inizio con lo studio di un fascio di curve; volge poi nello studio dettagliato di una di esse. Segue una domanda di geometria analitica sulla circonferenza ed il calcolo dell'area di un segmento circolare, per il quale conviene adottare una tecnica elementare di geometria, piuttosto che il calcolo integrale. Che cosa ripassare? Fasci di curve. Studio di funzioni: estremanti, flessi, tangenti a una curva. La circonferenza: proprietà geometriche e formule in geometria analitica. Calcolo di aree di figure piane. Soluzione del problema 1. Domanda a): Studio delle due parabole. La parabola p ha il vertice nel punto V (0, 0) , asse coincidente con l'asse y; la determinazione di alcuni punti di p rende più facile una sua rappresentazione abbastanza fedele, anche se realizzata a mano libera. La parabola p ha l'asse parallelo all'asse x, di equazione y = 1 (cfr.3.44); il suo vertice è il punto V (1, 1) (cfr.3.41). Anche per p conviene trovare qualche altro punto. In particolare, dovendo disegnare entrambe le parabole p , p , è opportuno determinare i punti comuni; ciò è anche richiesto esplicitamente dal testo del problema. Si tratta di risolvere il sistema (di quarto grado) y = x 2 ; x = y 2 2y y = x = x2 x 4 2x 2 Studiamo l'equazione risolvente (1) Innanzitutto abbiamo x 4 2x 2 x = 0 . ( ) x 4 2x 2 x = x x 3 2x 1 ; questo raccoglimento mette in evidenza la soluzione x = 0 , corrispondente al punto V (0, 0) comune alle due parabole (e vertice di p ). 4 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Per scomporre in fattori il polinomio x 3 2x 1 applichiamo la regola di Ruffini, dopo avere osservato che x = 1 ne è radice. Segue l'applicazione dello schema relativo alla regola di Ruffini: 1 0 2 1 1 1 1 1 1 1 1 0 y y = x2 3+ 5 2 B 3 5 2 –1 1 5 2 x 3 2x 1 = = (x + 1) x 2 x 1 A 1 V da cui abbiamo la seguente scomposizione: ( p x V 1+ 5 2 p x = y 2 2 y ) figura 1 che dà la radice x = 1 (già osservata) e le ulteriori due radici 1± 5 . 2 Queste sono le ascisse degli ulteriori tre punti comuni alle due parabole, che si aggiungono a V (0, 0) ; dalla relazione y = x 2 ricaviamo le corrispondenti ordinate: x = • per x = 1, y = 1 da cui il punto V ( 1, 1) ; • per x = 1+ 5 3 + 5 1+ 5 6+ 2 5 3+ 5 , y= = da cui A , ; 2 4 2 2 2 • per x = 1 5 3 5 1 5 62 5 3 5 , y= = da cui B , . 2 4 2 2 2 Punti comuni alle due parabole: V (0, 0) ; V ( 1, 1) ; 1+ 5 3 + 5 ; A , 2 2 5 1 5 3 5 B . , 2 2 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Domanda b): calcolo dell'area. Prima risoluzione: con applicazione del Teorema di Archimede. P Q V R V figura 2 Siano Q, R i punti Q (0,1) , R (1,1) (figura 2). La regione di cui viene richiesta l'area è unione di due parti: la prima, delimitata dall'arco V V della parabola p e dai segmenti V Q e V Q ; la seconda, delimitata dall'arco V P della parabola p e dai segmenti V Q e PQ. L'area della prima parte è la metà dell'area del segmento parabolico staccato dalla corda V R su p . Per il Teorema di Archimede (cfr.3.46) si ha quindi 1 2 1 2 V R V Q = 2 1 = . 2 3 3 3 Analogo ragionamento, relativamente alla parabola p , conduce al calcolo dell'area della seconda parte della regione considerata: Area prima parte = 1 2 1 2 V P V Q = 2 1 = . 3 3 2 3 L'area complessiva è la somma dei due valori ottenuti: Area seconda parte = Area della regione piana = 4 . 3 Seconda risoluzione: con applicazione del calcolo integrale. L'area richiesta può essere calcolata mediante un unico integrale; per questo scopo occorre l'equazione dell'arco V P di p con y in funzione di x. Dall'equazione x = y 2 2y si ricava y 2 2 y x = 0 ; y = 1 ± 1 + x (x 1) L'alternativa dovuta al doppio segno «±» si risolve attualmente con la scelta del segno «+», perché l'arco di parabola che ci interessa di trova al di sopra della retta y = 1. Perciò (cfr.5.30) 6 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali x= 0 0 3 2 1 = Area = 1 + 1 + x x 2 dx = x + (1 + x) 2 x 3 3 3 x= 1 1 1 4 2 + 1 = . = 3 3 3 Avremmo potuto calcolare mediante integrale l'area richiesta, anche senza ricavare l'equazione dell'arco di p con y in funzione di x. Suddivisa la regione in oggetto come nella prima risoluzione, si ha: ( ) x= 0 0 1 2 = ; Area prima parte = 1 x 2 dx = x x 3 3 x= 1 3 1 ( ) l'area della "seconda parte" si calcola in modo analogo con un integrale rispetto alla variabile y: y= 2 2 2 1 = Area seconda parte = y 2 + 2 y dy = y 3 + y 2 3 1 3 y= 1 ( ) e infine, nuovamente, si addizionano i due risultati, ottenendo ovviamente lo stesso risultato 43 . Domanda c): misura dell'angolo fra le due parabole in O. L'angolo fra due curve in un punto comune ad esse è, per definizione, l'angolo acuto formato dalle rette tangenti alle due curve in quel punto. La tangente a p in O è l'asse delle ascisse. La retta tangente a p in O si può determinare mediante il calcolo differenziale oppure con metodi di geometria analitica elementare. Prima risoluzione: con applicazione del calcolo differenziale. Il coefficiente angolare della retta tangente a una curva di equazione y = f ( x) in un suo punto di ascissa x0 è f ( x0 ) (cfr.5.19). Ci serve quindi l'equazione di p relativamente ai punti vicini a O. Questa è già stata ricavata nella "seconda risoluzione" della domanda b), ed è y = 1 1 + x f ( x) . Abbiamo: f ( x) = 1 ; 2 1+ x 1 f (0) = . 2 Dunque, 1 è il coefficiente angolare della retta tangente a p in O; 2 1 2 è cioè la tangente trigonometrica dell'angolo orientato formato da tale retta con l'asse delle ascisse, il quale è tangente a p in O. L'angolo acuto formato in O dalle rette tangenti alle due parabole è 7 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali (2 ) a tale che tan = 1 , ossia = arctan 1 . 2 Per esprimere la misura in gradi, primi, secondi di tale angolo utilizzando la calcolatrice scientifica dobbiamo per prima cosa ( 2) impostare la calcolatrice nella modalità DEG; poi calcolare arctan 1 . La funzione "arco tangente" si attiva come "seconda funzione" della funzione tan (tangente); i tasti da utilizzare sono 2ndF (oppure inv, secondo il modello di calcolatrice), seguito da tan. Questa sequenza attiva la funzione indicata sulla calcolatrice con la sigla tan-1. Il valore che risulta per tan-1(0.5) è 26.56505118. Questa è l'espressione della misura di a in gradi sessagesimali, con la parte non intera espressa in forma decimale; abbiamo cioè = ( 26, 565…)° . Per esprimere la parte non intera in forma di primi e secondi, si può usare una specifica funzione, disponibile in ciascuna calcolatrice, con comandi diversi secondo il tipo di macchina utilizzata; chi non sa utilizzare questa funzione e non ha sottomano il manuale della calcolatrice può ugualmente ricavare il risultato, con un procedimento un po' più laborioso, ma non difficile: • dal risultato 26.56505118 sottraiamo la parte intera, 26. Resta 0.56505118. Questa è la parte non intera della misura di a in gradi. Poiché un primo è la sessantesima parta di un grado, se moltiplichiamo per 60 questo numero, lo avremo convertito in primi. Otteniamo 0.56505118 60=33.90307062. La parte intera, 33, di questo numero fornisce i primi dell'angolo a. • Allo stesso modo, dal numero decimale ottenuto sopra, sottraiamo la parte intera ottenendo 0.90307062. Poiché un secondo è la sessantesima parta di un primo, se moltiplichiamo per 60 questo numero, lo avremo convertito in secondi. Otteniamo 0.90307062 60=54.1842372. La parte intera, 54, di questo numero fornisce i secondi dell'angolo a; le cifre successive alla virgola indicano decimi, centesimi, ecc. di secondo. Misura dell'angolo a formato da p e p in O: ( 18 26° 33 54 e 100 di secondo ) Seconda risoluzione: con i metodi della geometria analitica. La variante riguarda soltanto la determinazione della tangente in O alla parabola p . Tale tangente può essere determinata applicando la formula che fornisce il coefficiente angolare della tangente a una parabola di equazione x = a y 2 + b y + c in un suo punto di ordinata y0 : esso è m = 1 (cfr.3.45). 2a y0 + b 8 Il coefficiente angolare della sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali tangente a p , di equazione x = y 2 2 y , nel punto O (0, 0) è 1 1 ; quindi la tangente ha equazione y = 1 x . m = 210 = 2 2 2 Se non si vuole applicare la formula ricordata sopra, si può impostare il sistema formato dall'equazione della parabola e il fascio di rette con centro O; il coefficiente angolare della tangente si ottiene uguagliando a zero il discriminante dell'equazione risolvente. Svolgiamo il semplice calcolo. x = y 2 2 y ; y = my 2 2 my x = y 2 2 y ; y = mx x = y 2 2 y 2 m y ( 2m + 1) y = 0 Il discriminante dell'ultima equazione scritta è = (2 m + 1) ; risulta 2 = 0 2m + 1 = 0 da cui m = 12 , come già sapevamo. Domanda d): il rettangolo di area massima. Poniamo N (t, t 2 ) (0 t 2) . La scelta di N, ossia di t nel modo indicato determina il rettangolo inscritto nel segmento parabolico avente in N uno dei suoi vertici. Tenendo conto dei dati e della y simmetria della figura, gli altri 4 M N vertici del rettangolo hanno coordinate M ( t, t 2 ) , M ( t , 4) , N (t, 4) . Le misure dei lati sono allora (1) MN = 2 t ; NN = 4 t 2 . M t2 N L'area del rettangolo è ( A(t) = 2 t 4 t 2 ) x = 8 t 2t 3 –t –2 La derivata di A(t) è 0 t 2 figura 3 A (t) = 8 6t 2 il cui segno, nell'intervallo [0, 2] , varia come indicato nel seguente schema. A (t) ++++++++++++ -----------2 0 2 3 A(t) Il massimo di A(t) si ottiene quando t = 2 . 3 9 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Coordinate dei vertici del rettangolo di area massima: ( ) ( ) M 2 , 43 , N 3 2 , 4 , N 3 3 ( ) ( ) 2 , 4 , M 2 , 4 3 3 Domanda e): il rettangolo di perimetro massimo. Posto N (t, t 2 ) , ed i punti M, N , M come nel caso precedente, il perimetro del rettangolo MN N M risulta, tenendo conto di (1), ( P(t) = 2 2t + 4 t 2 La derivata di P(t) è ) ( 0 t 2) . P (t) = 2 (2 2 t) nulla quando t = 1; analizzando anche il segno della derivata si prova che il perimetro massimo si ottiene per t = 1. Perciò: Coordinate dei vertici del rettangolo di perimetro massimo: M (1, 1) , N (1, 1) , N (1, 4) , M (1, 4) In particolare si osserva che il rettangolo di perimetro massimo inscritto nel segmento parabolico non coincide con quello di area massima, determinato alla domanda d). Soluzione del problema 2. Domanda a): assenza di punti comuni e unicità del flesso. Mostriamo che le curve del fascio non hanno punti comuni a due a due. Prendiamo due di esse, di equazioni rispettivamente x+ k x+ h y= 2 ; y= 2 . x x Il sistema fra le due equazioni dà luogo all'equazione risolvente x+k x+h kh = ovvero = 0. x2 x2 x2 Questa è un'identità se k = h , è impossibile se k h . Perciò due curve del fascio, se non coincidono, non hanno alcun punto in comune. Passiamo alla ricerca dei flessi delle curve del fascio. Dobbiamo calcolare la derivata seconda della funzione x+k 1 k (1) f (x) = = + 2 = x1 + k x2 . 2 x x x Quest'ultima scrittura di f (x) semplifica al massimo il calcolo delle derivate. Si calcola infatti 10 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali (2) f ( x) = x2 2 k x3 = (3) f ( x) = 2 x 3 + 6 k x 4 = x 2k x3 2 x + 6k x4 e quindi l'unico punto del dominio di f in cui si annulla (e cambia segno) la derivata seconda è x = 3 k . L'ordinata del flesso è f (3 k) = 3 k + k 2k 2 = = 9k 9 k2 (3 k) 2 cosicché l'unico flesso della curva grafico della funzione (1) è 2 F 3k, . 9k (4) Domanda b): determinazione della curva g. Esponiamo due metodi risolutivi, in effetti non molto diversi tra loro nella sostanza. Primo metodo. Conviene scrivere l'equazione esplicita della retta che si vuole sia la tangente inflessionale. Essa è 1 1 (5) y = x+ . 27 3 L'equazione della retta tangente alla curva di equazione y = f ( x) nel punto F è (cfr.5.20) (6) y = f ( 3 k ) + f (3 k) (x + 3 k ) . Abbiamo già calcolato f (3 k) = 2 ; dalla (2) abbiamo 9k (7) f ( 3 k ) = 3k 2k k 1 = = . 3 3 2 27 k 27 k ( 3 k ) Sostituendo questi risultati in (6) troviamo l'equazione 2 1 1 1 y= ( x + 3 k) cioè y = x . 9 k 27 k 2 3k 27 k 2 Questa coincide con la (5) se risulta 1 1 = 27 27 k 2 1 = 1 3 k 3 Il solo valore di k che soddisfa entrambe le equazioni è k = 1. 11 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali L'equazione della curva g è pertanto Equazione di : y= x1 1 1 = x2 x x2 Secondo metodo. Stabilito che il coefficiente angolare di quella che 1 (si veda la (5)), si si vuole sia la tangente inflessionale è m = 27 dovrà imporre che sia f ( 3 k ) = 1 , perché abbiamo calcolato in 27 precedenza che x = 3 k è l'ascissa del flesso. Risulta (si veda la (7)) f ( 3 k ) = 1 2 ; quindi avremo 27 k 1 27 k 2 = 1 + k 2 1 ; 27 27 k 2 =0; k = ±1 . Non possiamo ancora affermare che entrambi questi valori di k corrispondano a curve soddisfacenti al requisito del testo (e in effetti non è così). La condizione imposta è infatti soltanto necessaria, ma non sufficiente affinché la retta (5) sia tangente in F alla curva 1 garantisce soltanto che la considerata. La relazione 1 2 = 27 27 k tangente in F alla curva e la retta (5) hanno lo stesso coefficiente angolare, ma non garantisce che coincidano. Bisogna aggiungere un'ulteriore condizione. Questa si può ottenere ( ) imponendo che la retta (5) passi per F 3 k , 2 : 9k 2 1 1 = ( 3 k ) + ; 9k 27 3 k2 + 3k + 2 =0; 9k 2 k= 1 Soltanto il secondo dei due valori di k (k = 1) soddisfa anche la prima condizione; otteniamo quindi che c'è una sola curva del fascio che ha come tangente inflessionale la retta (5), ed è quella che si ottiene per k = 1. Domanda c): studio della curva g di equazione y = x1 . x2 Studiamo la funzione f (x) = x1 2 , non dimenticando che alcuni dei x relativi calcoli sono già stati svolti per la domanda precedente. Dominio: D = ] , 0 [ ]0, + [ . Segno: 12 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Numeratore ---------- ---------- ++++++++++ Denominatore ++++++++++ ++++++++++ ++++++++++ Frazione ( f ( x)) ---------- ---------- ++++++++++ 0 1 x1 x1 = 0 ; lim = 0 ; lim = ; x x 2 x+ x 2 x0 x 2 i primi due perché il numeratore è un polinomio di grado inferiore al grado del denominatore; il terzo perché il numeratore ha limite – 1 , il denominatore ha limite 0, ed il segno della frazione in un intorno di 0 è negativo. Derivata. È già stata calcolata, in (2), con il valore di k non ancora assegnato; basta ora sostituire a k il valore –1 per ottenere x + 2 . f ( x) = x3 Il segno della derivata è studiato qui sotto. Limiti: lim x1 Numeratore ++++++++++ ++++++++++ ---------- Denominatore ---------- ++++++++++ ++++++++++ Frazione ( f (x)) ---------- ++++++++++ ---------0 2 f (x) x = 2 è punto di massimo relativo per f ; la corrispondente ordinata è f (2) = 14 . Invece 0 non è estremante, perché non appartiene al dominio della funzione. Derivata seconda. Analogamente a quanto osservato per la derivata prima, anziché calcolarla direttamente possiamo sostituire k con –1 in (3) ottenendo 2x 6 . f ( x) = x4 Il segno della derivata seconda è studiato qui sotto. Numeratore ---------- ---------- ++++++++++ Denominatore ++++++++++ ++++++++++ ++++++++++ Frazione ( f ((xx))) ---------- ---------- ++++++++++ 0 3 f (x) 13 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali C'è un flesso nel punto di ascissa x = 3 ; l'ordinata del flesso è f (3) = 2 . Abbiamo già a disposizione anche la tangente 9 inflessionale, che è la retta di equazione y = 1 x + 1 . 27 3 Retta tangente a g nel suo punto di ascissa 1. Determiniamo tale retta, in quanto richiesta esplicitamente dal testo. La retta tangente a una curva di equazione y = f ( x) in un suo punto di ascissa x0 ha equazione: y = f ( x0 ) + f ( x0 ) (x x0 ) (cfr.5.20). Attualmente x0 = 1 , f (x0 ) = f (1) = 0 , f ( x0 ) = f (1) = 1; perciò la retta cercata ha equazione y = x 1. Il testo chiede di determinare l'ulteriore punto comune a retta e curva. Risolviamo quindi il sistema x1 y = 2 x y = x 1 Svolgiamo l'equazione risolvente: x 1= e infine x1 x2 ; x 2 ( x 1) ( x 1) x2 (x 1) 2 ( x + 1) =0; ( x 1) (x 2 1) = 0 = 0 la quale ha la soluzione doppia x = 1, corrispondente al punto A (1, 0) nel quale la retta è tangente a g, e la soluzione semplice x = 1 , corrispondente al punto B (1, 2) , ulteriore intersezione tra retta e curva. I dati raccolti permettono di disegnare il grafico rappresentato nella ( 9) figura 4. Non e' tracciata la tangente inflessionale nel punto 3, 2 perché le caratteristiche della figura la renderebbero difficilmente visibile; si veda per questo la figura 5. 14 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali y 1 4 –1 A 0 1 2 3 x –2 B figura 4 La figura 5 mostra una parte del grafico, contenente il massimo relativo ed il flesso con la relativa tangente inflessionale, in un sistema di riferimento non monometrico per mettere in maggiore evidenza le sue caratteristiche. Domanda d): determinazione della circonferenza. La circonferenza cercata, tangente in A a g, ha in A la stessa retta tangente. Questa ha equazione y = x 1, come determinato sopra. Il centro della circonferenza si deve quindi trovare sulla perpendicolare in A alla retta y = x 1, ossia sulla retta y = x + 1 . Dal testo abbiamo l'ulteriore informazione che il centro si trova sull'asse y; le coordinate del centro risultano quindi come soluzione del sistema che fornisce il punto C (0, 1) . y 1 3 1 4 2 9 y = x1 2 x y = 217 x + 13 A 0 1 2 3 figura 5 x = 0 y = x + 1 Il raggio è AC = 2 . L'equazione della circonferenza è (cfr.3.22) x 2 + (y 1) = 2 ; 2 x 2 + y 2 2 y 1 = 0. Circonferenza richiesta: x 2 + y 2 2 y 1 = 0 15 x sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali y La circonferenza è rappresentata nella figura 6 insieme con g e la retta tangente in A; la figura 7 mostra la circonferenza da sola. C A Domanda e): calcolo dell'area x del segmento circolare. Primo metodo: metodo geometrico. Per la simmetria della figura rispetto all'asse y, l'ulteriore figura 6 punto di intersezione della circonferenza con l'asse x, oltre ad A, è A ( 1, 0) (figura 7). y Le rette AC e A C sono perpendicolari (infatti i loro coefficienti angolari sono rispettivamente –1 e 1); perciò i raggi AC e A C delimitano un settore circolare uguale ad un 1 quarto di cerchio. L'area di C detto settore circolare vale A –1 0 2 dunque 1 ( 2 ) = . x A 4 1 2 L'area del triangolo ACA è 1 AC AC = 1 . 2 figura 7 L'area del segmento circolare delimitato da arco e corda AA è la differenza fra le due aree calcolate sopra. Area segmento circolare: 1 2 Secondo metodo: mediante calcolo integrale. Si tratta di una alternativa tecnicamente possibile, ma non molto opportuna per questo problema, a causa dei calcoli piuttosto laboriosi. Svolgiamo comunque tali calcoli. L'equazione della circonferenza, ricavata per la domanda d), fornisce y2 2 y + x2 1 = 0 ; y = 1 ± 2 x2 . Le due determinazioni del segno (±) rappresentano le due semicirconferenze situate una sopra al diametro y = 1, l'altra sotto. L'arco 16 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali che attualmente ci interessa fa parte della semicirconferenza inferiore; tenendo conto che esso giace nel semipiano y 0 vediamo che l'area richiesta è data dal seguente integrale (cfr.5.30) 1 ( ) 1 1 2 2 x 2 dx = 1 + 2 x dx = ( 1) dx + 1 1 1 1 1 x= 1 2 x x= 1 + 2 x dx = 2 + 2 x 2 dx . 1 1 1 2 [ ] = Per calcolare 1 2 x dx applichiamo la sostituzione x = 2 sen t . [ ( ) ] Da qui, supponendo t , si ricava t = arcsen x . Gli estremi 2 2 2 dell'integrale che otterremo in seguito alla sostituzione sono perciò ( ) ( ) arcsen 1 = 4 e arcsen 1 = 4 . Allora 2 2 1 4 2 dx = 2 2 x 2 2sen t 2 cost dt = 1 4 4 = 2 4 4 1 sen 2 t cos t dt = 2 cos 2 t dt , 4 tenendo presente che 1 sen 2 t = cos2 t = cost perché t varia in un intervallo in cui cost 0 . Ora, utilizzando la formula di bisezione per il coseno (cfr.4.25) abbiamo t= 1 4 4 4 2 cos 2 t dt = (1 + cos( 2t)) dt = t + sen(2t) = 2 t= 4 4 = 1 + sen sen = + 1. 2 2 2 2 2 4 Riprendendo ora il risultato del calcolo precedente abbiamo Area segmento circolare = 2 + + 1 = 1 2 2 come avevamo già ottenuto, più semplicemente, con il metodo geometrico. 17 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Questionario Quesito 1 Oggetto del quesito è, in sostanza, il calcolo del volume di una porzione di paraboloide di rotazione. Introduciamo un sistema di riferimento cartesiano nel piano in cui si trovano il rettangolo ABCD e la parabola. Appare conveniente la scelta dell'origine nel punto medio O del lato AB, l'asse x coincidente con l'asse di AB e l'asse y sulla retta AB (figura 8) Indichiamo AB= 2 a, BC = b y , cosicché le coordinate D a A dei vertici del rettangolo sono: b x = 2 y2 a A (0, a) ; x b O C (b, a) ; B (0, a) ; D (b , a) . Una parabola con vertice O e asse coincidente con l'asse x ha equazione della forma x = ky2 –a B C con k costante. figura 8 Desideriamo che la parabola passi per D (e di conseguenza anche per C, per simmetria); deve quindi risultare b b = k a2 cioè k= 2. a L'equazione della parabola è pertanto b x = 2 y 2. a Poiché dobbiamo calcolare il volume del solido di rotazione di un arco di questa parabola attorno all'asse x, ci occorre l'espressione di y in funzione di x. Per il ramo della parabola situato nel semipiano y 0 (comprendente l'arco di estremi AD) si ottiene a2 a x cioè y= x. b b Il volume del solido di rotazione dell'arco AD di parabola attorno all'asse x è (cfr.5.31) y2 = 18 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali 2 b a2 b a2 b a 2 b2 a V = x dx = = x dx = . b b 2 2 0 b 0 Il volume del cilindro generato dalla rotazione del rettangolo ABCD attorno all'asse x (cilindro con raggio di base OA e altezza AD) è (cfr.2.53) V = a 2 b. Il rapporto richiesto vale 2 V = a2b = 2. V a2 b Si nota che tale rapporto è indipendente dalle dimensioni a, b del rettangolo, ed anche dalle proporzioni della figura, cioè dal rapporto ab . Quesito 2 Si deve stabilire il numero di soluzioni di un'equazione trigonometrica. È possibile dare la risposta senza alcun calcolo; diversamente il problema è un po' laborioso. L'equazione proposta, (1) sen(2x) cos x = 2 non ha alcuna soluzione nell'intervallo [0, 2], né altrove. Infatti per ogni x è sen( 2x ) 1 , cosx 1; quindi sen( 2x ) cos x 1; pertanto nessun valore assegnato a x può soddisfare la (1). La risposta esatta fra quelle indicate dal testo è la [A]. Se non si è osservato questo fatto, si può procedere con i consueti metodi risolutivi per le equazioni trigonometriche. In generale conviene che l'argomento di ogni funzione trigonometrica sia lo stesso; così scriveremo la (1) nella forma (cfr.4.18) 2 sen xcos 2 x = 2 ovvero (cfr.4.2) ( ) sen x 1 sen 2 x = 1 cioè cioè sen xcos 2 x = 1 sen 3 x sen x + 1 = 0 . L'equazione di terzo grado in sen x che abbiamo ottenuto non è risolubile elementarmente. Studiamo, limitatamente al necessario, la funzione (2) f (x) = sen 3 x sen x + 1 nell'intervallo [0, 2] per determinare il numero di intersezioni del suo grafico con l'asse x. Si ha f (0) = f ( 2) = 1 ; la derivata è 19 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali ( ) f ( x) = 3 sen 2 x 1 cos x . Per il nostro fine non occorre studiare il segno della derivata; ci basta determinare i punti in cui essa si annulla. Risulta f ( x) = 0 quando cos x = 0 , ossia x = , x = 3 e quando sen x = 1 oppure 2 2 3 sen x = 1 . Poiché 0 < 1 < 1 ciascuna di queste due relazioni è 3 3 ( ) soddisfatta in due punti dell'intervallo [0, 2]: detto = arcsen 1 , 3 la prima è verificata per x = e x = , la seconda per x = 2 e x = + . i valori di f in ciascuno di questi punti sono i seguenti: () ( ) 1 1 3 32 ( ) ( ) f 2 = 1 ; f 3 = 1 ; f = f = + 1 = ; 2 3 3 3 3 3 1 1 3 3+2 f (2 ) = f ( + ) = + + 1= . 3 3 3 3 3 y y = sen 3 x sen x + 1 2 + 3 2 2 0 x 2 figura 9 Tutti questi valori sono positivi; essi sono i valori dei minimi e massimi relativi di f in [0, 2]; inoltre anche f (0) = f ( 2) = 1 > 0 . Perciò in tutto l'intervallo [0, 2] è f (x) > 0 , e di conseguenza l'equazione f (x) = 0 , equivalente a quella proposta nel testo del quesito, è priva di soluzioni. Il grafico di f è rappresentato nella figura 9. Un procedimento un po' più semplice è il seguente. Per studiare l'equazione sen 3 x sen x + 1 = 0 (2) poniamo t = sen x ed occupiamoci dell'equazione t 3 t + 1 = 0 . Studiamo, con questo scopo, la funzione ( ) g(t) = t 3 t + 1 . Si ha lim t 3 t + 1 = ± (rispettivamente); la derivata è x± 20 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali g (t) = 3 t 2 1 positiva per valori esterni a ± 1 , negativa internamente. 1 è 3 3 punto di minimo relativo, 1 è punto di massimo relativo. Risulta 3 1 3 3+2 g , = 3 3 3 1 3 32 g = 3 3 3 La figura 10 mostra il grafico di g. Poiché il valore del minimo ( ) y 3 32 relativo è g 1 = > 0, 3 y = g ( x ) = t 3 t+1 3 3 la funzione g(t) vale 0 in un solo punto t0 < 1 . 3 Se fosse 1 t0 1, ci sarebbero soluzioni della (2) in [0, 2]: ciascun x [0, 2] tale che sen x = t0 sarebbe soluzione di (2). Invece è t0 < 1. Infatti g( 1) = 1 > 0 , e la funzione g è crescente fino a t 0 –1 1 0 3 x= 1 ; 3 1 3 1 x figura 10 quin-di l'ascissa t0 si trova nell'asse x a sinistra di –1, ossia t0 < 1. Non esiste dunque alcun valore di x per cui sen x = t0 ; perciò l'equazione sen x = t0 equivalente alla (2) e quindi alla (1), è impossibile. Quesito 3 Si tratta di un semplice esercizio di calcolo di un limite. Il risultato si ottiene senza svolgere alcun calcolo, applicando il Teorema del confronto per i limiti. ( x) xsen( 1x ) ( x) Poiché per ogni x 0 è sen 1 1, risulta x sen 1 x , cioè (1) x x x 0. Il (primo) Teorema del confronto per i limiti, detto a volte “Teorema dei due carabinieri”, afferma che: Se f, g, h sono tre funzioni definite in un insieme A R , x0 è un punto di accumulazione per A, e risulta f (x) g( x) h(x) in tutti i punti di A 21 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali diversi da x0 e sufficientemente vicini a x0 , e se inoltre esistono e sono uguali i limiti lim f ( x) = lim h(x) = R , allora esiste ed è uguale a xx0 anche lim g( x) . xx0 xx0 ( ) Le disuguaglianze (1) ed il fatto che sia lim x = lim x = 0 perx0 x0 mettono quindi di concludere, per il Teorema del confronto che è () lim x sen 1x x0 = 0. La risposta esatta fra quelle indicate dal testo del quesito è dunque la [B]. Osserviamo che non c'è altro modo per ottenere questo risultato; in particolare, il calcolo di questo limite non è in alcun modo riconducibile all'applicazione della regola di de l'Hôpital; ogni tentativo in questa direzione sarebbe vano. Quesito 4 Si chiede di ricavare "con il procedimento preferito" la derivata della funzione tangente. Il testo tuttavia non specifica quali regole siano da ritenere note. Nello svolgimento, prima di descrivere qualunque procedimento, occorre precisare quali siano le premesse necessarie per avviare il ragionamento. Qui sotto proponiamo due possibili approcci al problema. Prima risoluzione. Assumiamo come premesse note le identità trigonometriche elementari e le seguenti nozioni: • espressione di tg x mediante sen x e cos x : tg x = • derivate di "seno" e "coseno": D [sen x] = cos x ; sen x cos x D [cos x] = sen x f f g f g • derivata di un rapporto: D = . 2 g g Abbiamo allora D [sen x] cos x D [cos x] sen x sen x D [tg x] = D = = cos x cos 2 x cosx cos x ( sen x) sen x cos2 x + sen 2 x = = . cos2 x cos 2 x Quest'ultima espressione può essere semplificata in diversi modi; per esempio, poiché cos 2 x + sen 2 x = 1 (cfr.4.2), 1 ; D [tg x] = cos 2 x altrimenti nel modo seguente 22 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali D [tg x] = cos 2 x cos 2 x + sen 2 x cos 2 x = 1 + tg 2 x . Le due espressioni ottenute sono le più consuete con cui è ricordata l'espressione della derivata della funzione "tangente". Seconda risoluzione. Assumiamo come premesse note le identità trigonometriche elementari e le seguenti nozioni: • definizione di derivata: f (x0 + h) f ( x0 ) f (x) f (x0 ) f ( x0 ) = lim = lim xx0 x x0 h0 h sen x = 1. • limite notevole: lim x0 x Conviene utilizzare la seconda delle due definizioni di derivata che abbiamo ricordato. Si ha tg( x0 + h) tg x0 D [tg x] = lim = (cfr.4.16) x=x 0 h0 h = lim tgx0 +tgh tg x0 1 tgx0 tgh h h0 tg x0 + tg h tg x0 + tg 2 x0 tg h = h0 h (1 tg x0 tg h) = lim ( ) ( ) tg h 1 + tg 2 x0 sen h 1 + tg 2 x0 = lim = lim = h0 h (1 tg x0 tg h) h0 hcos h (1 tg x0 tg h ) sen h 1 + tg 2 x0 = lim = 1 + tg 2 x0 h0 h cosh (1 tg x0 tg h) perché lim senh = 1 (limite notevole), lim cosh = cos0 = 1 e h0 h h0 lim (1 tg x0 tg h) = 1, essendo lim tg h = tg 0 = 0 . h0 h0 Siamo dunque giunti anche questa volta al risultato: D [tg x] x=x 0 = 1 + tg 2 x0 . Precisiamo nuovamente che i due procedimenti esposti non sono svolgimenti alternativi dello stesso problema: ciascuno dei due dà luogo allo stesso risultato, ma le premesse non sono le stesse; quindi i due ragionamenti sono sostanzialmente diversi. Quesito 5 Si tratta di un problema di geometria solida, risolubile mediante l'applicazione di uno dei Teoremi di trigonometria sui triangoli rettangoli. La stima numerica della misura di un angolo, richiesta come domanda finale, richiede un po' di pratica nell'uso della calcolatrice tascabile. 23 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Sia ABCD il tetraedro; O il centro della faccia ABC; H il punto medio di AB. DH e CH sono le altezze di ABC e ABD (figura 11). L'angolo richiesto è = DHˆ O : infatti D la misura di un angolo diedro è la misura di una sua sezione normale, cioè della sezione del diedro con un piano perpendicolare allo spigolo. Per il Teorema delle tre perpendicolari C (cfr.2.31) poiché DO è perpendicolare A al piano ABC e OH è perpendicolare O ad AB, il piano DOH risulta perpendiH colare ad AB. La misura di a è deduB cibile in diversi modi, applicando i figura 11 Teoremi di trigonometria sui triangoli rettangoli (cfr. 4.44, 4.45, 4.46); tali Teoremi forniscono relazioni che legano funzioni trigonometriche di a a misure di elementi della figura: DO DO OH sen = ; tg = ; cos = . DH OH DH La più semplice per il nostro fine è la terza. Infatti si ha 1 1 OH = CH = DH . 3 3 La prima uguaglianza vale perché O è (fra l'altro) il baricentro di ABC; la seconda perché CH e DH sono altezze di triangoli equilateri congruenti. Perciò 1 DH OH 1 cos = = 3 = . 3 DH DH Questa relazione, ed il fatto che a è un angolo minore dell'angolo piatto, permettono di concludere che la misura di a (in radianti) è 1 = arccos . 3 La misura approssimata di a in gradi sessagesimali si ottiene similmente a come abbiamo svolto un analogo calcolo nella parte finale della risoluzione della domanda d) del problema 1 di questo stesso Tema d'esame; qui esponiamo brevemente il calcolo, rimandando a tale luogo per una descrizione più dettagliata. • Impostiamo la calcolatrice su DEG. • Calcoliamo cos-1(1÷3); la funzione cos-1 (così la calcolatrice indica la funzione "arco coseno") si attiva con la sequenza 2ndF (oppure inv, secondo il modello di calcolatrice), seguito da cos. 24 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali • Il risultato che si ottiene è 70.52877937. Ciò significa che la parte intera della misura di a in gradi sessagesimali è 70°. • Sottraiamo 70 dal risultato ottenuto sopra, e moltiplichiamo per 60: otteniamo la misura in primi della parte di angolo eccedente 70°: 0.52877937 60 = 31.72676... Poiché il testo chiede la misura approssimata al primo, arrotondiamo questo risultato in 32 . Ne segue che la misura di a in gradi sessagesimali, approssimata al primo è: 70° 32 . La conversione dalla misura 70.52877937 di a in gradi e parte decimale di gradi, alla misura in gradi, primi e secondi può essere svolta automaticamente con una funzione specifica disponibile con comandi diversi in ogni calcolatrice scientifica. In tal caso si faccia attenzione all'arrotondamento: si ottiene infatti 70° 31 44 ; l'arrotondamento al primo va fatto all'unità superiore, perché 44 sono più della metà di 1 , essendo 1 = 60 . Quesito 6 Si chiede lo studio della derivabilità di una funzione nel suo dominio; non ci sono difficoltà di calcolo né di concetto. 3 2 Il dominio della funzione definita da f (x) = x è l'intero asse reale; infatti l'espressione x 2 è calcolabile per ogni valore di x, e la radice cubica esiste per qualunque valore (positivo o negativo) del radicando; peraltro, in questo caso, il radicando è sempre 0 . Per quanto riguarda la derivabilità, certamente la funzione è derivabile per ogni x 0 , perché composizione di funzioni derivabili: x 2 è funzione derivabile di x per ogni x, e la radice cubica è derivabile quando il radicando è diverso da zero. Rimane da verificare la derivabilità in 0. Il modo più conveniente di procedere è riferirsi direttamente alla definizione di derivata, cioè al limite del rapporto incrementale. Ebbene, il rapporto incrementale relativo a x0 = 0 per la funzione f (x) = x 2 è 3 f (x) f (0) = x0 È lim x0+ 3 1 x 3 2 x = + , x y x2 1 = 3 = 3 . x x3 lim x0 3 1 x = ; dun- 3 y = x2 que non esiste con valore finito (e nepx pure infinito) il limite del rapporto incre-mentale per x 0 . La funzione figura 12 non è derivabile in 0. Il grafico di f (figura 12) ha nell'origine una cuspide, in cui l'asse y è tangente ad entrambi i rami che convergono in quel punto. 25 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali Osserviamo che il fatto che f non sia derivabile in 0 non si poteva dedurre in modo automatico dalla non derivabilità della funzione "radice cubica" in 0; la derivabilità delle funzioni componenti è infatti condizione sufficiente, non necessaria, per la derivabilità della funzione composta. Per esempio, g(x) = x 4 è derivabile anche in 0, pur verificandosi anche in questo caso l'annullamento del radicando della radice cubica quando x = 0 . Infatti è 3 g(x ) g(0) x4 x4 3 g (0) = lim = lim = lim 3 = lim x = 0 . x0 x0 x0 x x0 x 3 x0 Ricordiamo infine che la questione della derivabilità di f in 0 poteva essere affrontata anche in un altro modo (meno conveniente). Poiché f è continua in tutto il dominio, ed è continua anche in 0, la derivabilità può essere verificata calcolando il lim f ( x) : se questo 3 x0 esiste con valore finito, allora f è derivabile anche in 0, e f (0) = lim f ( x) ; se il limite è infinito, o i limiti destro e sinistro x0 esistono ma sono diversi, allora f non è derivabile. Nel caso attuale abbiamo, per x 0 , applicando la regola di derivazione delle funzioni composte, 2 x 2 3 x3 231 f ( x) = 2x = = = 3 2 2 3 3 x4 3 x4 3 x ( ) 3 x 1 e quindi 231 2 1 = + ; lim f (x) = lim 3 = . x0 3 x x0+ x0+ 3 x x0 Concludiamo, come già visto prima, che f non è derivabile in 0. lim f (x) = lim Quesito 7 Si chiede un'illustrazione grafica della definizione di lim f ( x) = + . y M x + L'enunciato contenuto nel testo del quesito definisce correttamente y = f ( x) lim f ( x) = + . y=M x+ Il significato geometrico della definizione è in sostanza già contenuto N x nell'enunciato: il valore di figura 13 f (x) supera definitivamente qualunque livello prestabilito M, non appena x supera un certo valore N, dipendente da come si è scelto M; in generale, quanto più 26 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali grande è stato fissato il valore di M, tanto più grande andrà scelto N per soddisfare la condizione f (x) > M per ogni x > N . La figura 13 fornisce una interpretazione grafica intuitiva della definizione. Quesito 8 Da una semplice costruzione di tipo iterativo si coglie lo spunto per proporre il calcolo del limite di una somma di addendi in progressione geometrica. Sia A1B1C1 il triangolo iniziale. C1 3 L'altezza di A1B1C1 misura L 2 ; l'area di A1B1C1 vale dunque 3 A1 = 12 L L = 14 L2 3 . 2 C3 B2 A2 Il secondo triangolo A2 B2 C 2 , A3 B3 avente per vertici i punti medi rispettivamente di B1C 1, A1C 1, B1 A1B1 è anch'esso equilatero, A1 C2 perché ciascuno dei suoi lati è figura 14 parallelo a un lato di A1B1C1 (cfr.2.22, corollario del Teorema di Talete); inoltre la misura dei lati è la metà di quella dei lati di A1B1C1 quindi l'area è 1 dell'area di 4 A1B1C1 (perché anche la misura dell'altezza è la metà dell'altezza di A1B1C1 ). Il ragionamento si svolge nello stesso modo quando dal secondo triangolo si passa al terzo, eccetera: ad ogni passaggio si ottiene un triangolo equilatero la cui area è la quarta parte dell'area precedente. La somma delle aree dei primi n triangoli costruiti in questo modo è pertanto 2 1 1 1 A1 + A1 + A1 + … + 4 4 4 n1 A1 . Si tratta della somma dei primi n termini di una progressione geometrica di ragione q = 14 con primo termine A1 = 14 L2 3 . La somma vale quindi (cfr.1.14) S n = A1 () n 1 14 1 14 n 1 n 4 1 2 1 2 1 = L 31 = L 31 4 4 3 4 3 27 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi tradizionali () n e siccome lim 1 = 0 , si ha n+ 4 lim S n = n+ 1 2 L 3. 3 Quesito 9 Si deve stabilire se due funzioni logaritmiche, descritte da espressioni diverse, coincidono oppure no. Occorre ricordare le proprietà dei logaritmi, ma anche osservare quali sono i domini di ciascuna funzione. Si tratta di una questione già proposta in termini molto simili nel Quesito 8, Sessione Suppletiva a.s. 2004-2005. L'affermazione “l'uguaglianza ln( 2x + 1) = 4ln (2x + 1) vale per ogni 4 x reale” è indubbiamente falsa: basta osservare che per x = 1 2 ciascuno dei due membri è privo di senso, perché l'argomento del logaritmo diventa uguale a zero. Quando x è tale che entrambi i membri siano definiti (cioè x > 12 ) l'uguaglianza è vera, per una proprietà dei logaritmi (cfr.6.17). Invece, se x < 12 , il primo membro esiste ma il secondo no; l'uguaglianza quindi non vale. Per questi valori di x la formula andrebbe corretta in: ln( 2x + 1) = 4ln 2x + 1 . In quest'ultima forma, l'uguaglianza diviene vera per ogni x appartenente al dominio di ciascuno dei due membri, che ora è lo stesso per entrambi, ed è costituito dall'insieme di tutti gli x reali diversi da 12 . 4 Quesito 10 Il quesito propone un problema molto semplice di calcolo combinatorio. Poiché il testo spiega che al ragazzo “1” spetta un posto prestabilito, si tratta in effetti di assegnare il posto a ciascuno dei quattro ragazzi rimanenti, nei quattro posti disponibili. Le sistemazioni possibili sono tante quante le permutazioni di 4 elementi; esse sono in numero di 4! = 1 2 3 4 = 24 (cfr.1.18). 28 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Esame di Stato di Liceo Scientifico a.s. 2005-2006 P.N.I. Sessione suppletiva La prova richiede lo svolgimento di uno dei due problemi proposti e le risposte a cinque domande scelte all'interno del questionario. Problema 1. Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani ortogonali (Oxy), sono assegnate le due parabole p e p di equazioni rispettivamente: y = x2 , x = y2 2y a) Fornirne la rappresentazione grafica, dopo aver determinato, fra l'altro, i loro punti comuni. b) Indicato con V il vertice della parabola p , con V il vertice della parabola p e con P il punto in cui p interseca il semiasse positivo delle y, calcolare l'area della regione finita di piano delimitata dall'arco V V della parabola p , dall'arco V P della parabola p e dal segmento V P . c) Calcolare l'ampiezza dell'angolo secondo cui le due parabole si secano in O e con l'uso di una calcolatrice esprimerla in gradi sessagesimali, primi e secondi. d) Le due parabole p e p sono congruenti: farlo vedere, dimostrando che esiste almeno una isometria che trasforma una di esse nell'altra e trovando le equazioni di tale isometria. e) Stabilire se l'isometria trovata ammette elementi uniti. 1 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Problema 2. Nel piano, riferito ad un sistema monometrico di assi cartesiani ortogonali (Oxy), sono assegnate le curve di equazione: x+ k y = x2 dove k è un parametro reale non nullo. a) Dimostrare che non hanno punti in comune e ognuna di esse presenta uno ed un solo flesso. b) Tra le curve assegnate, indicare con g quella che ha come tangente inflessionale la retta r di equazione x + 27 y 9 = 0 . c) Disegnare l'andamento di g, dopo avere trovato le caratteristiche salienti e, in particolare, l'equazione della retta t tangente alla curva g nel punto A di ascissa 1 e le coordinate dell'ulteriore punto B che t ha in comune con g. d) Trovare l'equazione della circonferenza di diametro AB. e) Calcolare l'area della regione finita di piano delimitata dalla curva g, dalla retta r e dall'asse x. Questionario. 1. 2. Si considerino il rettangolo ABCD e la parabola avente l'asse di simmetria parallelo alla retta AD, il vertice nel punto medio del lato AB e passante per i punti C e D. In una rotazione di mezzo giro attorno all'asse della parabola il rettangolo genera un solido di volume V e la regione piana delimitata dalla parabola e dalla retta CD genera un solido di volume V . Determinare il rapporto V V . Il numero della soluzioni dell'equazione sen(2x) cos x = 2 nell'intervallo reale [0, 2] è [A] 0; [B] [C ] 2; 3; [ D] 5. Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire un'esauriente spiegazione della scelta operata. () Il limite della funzione f (x) = xsen 1x per x0 : [A] non esiste; [B] è 0; [C ] è un valore finito diverso da 0; [D] è + . 3. Una sola alternativa è corretta: individuarla e fornire un'esauriente spiegazione della scelta operata. 4. Dimostrare che la funzione f (x) = x a , dove a è un qualsiasi 2 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali numero reale non nullo, è derivabile in ogni punto del suo dominio. 5. Il seguente Teorema esprime la condizione di integrabilità di Mengoli-Cauchy: Se una funzione reale di variabile reale definita in un intervallo chiuso e limitato [a,b ] è ivi continua, allora ivi è anche integrabile. Enunciare la proposizione inversa e spiegare in maniera esauriente perché tale proposizione non è un teorema. 6. 7. 8. 9. Dire se è corretto o no affermare che 1 dx = ln x + C x dove C è una costante arbitraria, e fornire una esauriente spiegazione della risposta. Calcolare l'ampiezza dell'angolo formato da due facce consecutive di un ottaedro regolare, espressa in gradi sessagesimali ed approssimata al “primo”. Dimostrare che ogni similitudine trasforma una parabola in una parabola. Un'urna contiene 150 palline, che possono essere di vetro o di plastica, bianche o nere. Per la precisione: 62 palline sono bianche, 38 sono di vetro nero e 40 sono di plastica bianca. Calcolare la probabilità che, estratta a caso una pallina, non sia di plastica nera. 10. In ciascuna di tre buste uguali vi sono due cartoncini: in una busta essi sono bianchi, in un'altra sono neri, nella terza sono uno bianco e l'altro nero. Si estrae a caso una busta e, da essa, un cartoncino. Qual è la probabilità che il cartoncino rimasto in questa busta sia dello stesso colore di quello estratto? Leggiamolo insieme Problema 1 È un problema di geometria analitica. Le domande a), b), c) coincidono con le corrispondenti domande del Problema 1, Sessione suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali; per esse rinviamo quindi a tale sede. Le domande d), e) sono invece originali, e riguardano le isometrie nel piano ed i loro elementi uniti. Che cosa ripassare? La parabola. Calcolo di aree di figure piane. Il Teorema di Archimede sull'area del segmento parabolico. Retta tangente a una 3 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali curva in un suo punto. Gestione delle funzioni circolari e loro inverse con la calcolatrice scientifica. Isometrie dirette e indirette; ricerca di elementi uniti. Problema 2 Il problema riguarda principalmente argomenti di Analisi Matematica, con applicazioni della geometria analitica. Le domande a), b), c) coincidono con le corrispondenti domande del Problema 2, Sessione suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali; le rimanenti domande d), e) sono diverse, quantunque simili nella sostanza, e semmai più semplici delle corrispondenti domande del problema suddetto; si chiede la determinazione di una circonferenza, poi il calcolo di un'area, che si svolge agevolmente per mezzo di un integrale. Che cosa ripassare? Fasci di curve. Studio di funzioni: estremanti, flessi, tangenti a una curva. La circonferenza: proprietà geometriche e formule in geometria analitica. Calcolo di aree di figure piane. Soluzione del problema 1. Le domande a), b), c) coincidono con le corrispondenti domande del problema 1 assegnato nella Sessione Suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali; rimandiamo quindi allo svolgimento di tale Tema. Riportiamo qui soltanto lo svolgimento delle domande d), e), che sono diverse da quelle del problema per corsi tradizionali. Domanda d): isometrie che mutano p in p . Le due parabole (figura 1) sono certamente isometriche; questo fatto è riconoscibile perché ciascuna delle due equazioni è esplicita in una variabile, e i coefficienti dei termini di secondo grado nella variabile indipendente hanno lo stesso valore assoluto (nella fattispecie sono entrambi uguali a 1). La figura lascia intuire che le due parabole sono una simmetrica dell'altra rispetto alla retta y = x + 1; tuttavia la determinazione diretta delle equazioni di questa simmetria non è particolarmente agevole. Il modo più semplice per determinare un'isometria che muta p in p è applicare a p la simmetria rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante; questa muta p in una parabola q con l'asse parallelo all'asse x; e successivamente applicheremo una traslazione che porti q a sovrapporsi a p (figura 2). 4 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali y Le equazioni della simmetria rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante sono (cfr.3.81) x = y (1) y = x p y = x2 3+ 5 2 A Poiché il vertice di p appartiene all'asse di simmetria, esso resta invariato nella simmetria; si tratta del punto V (0, 0) . La traslazione che porta V in V (1, 1) sovrappone a p la parabola q in cui la (1) trasforma p . Le 1 V B 3 5 2 –1 1 5 2 V x 1+ 5 2 p x = y 2 2 y figura 1 equazioni della traslazione sono (cfr.3.91) x = x 1 y = y + 1 La composizione di (1) e (2) (in quest'ordine: prima la simmetria assiale, poi la traslazione) sono: y (2) p 1 x = y 1 (3) y = x + 1 x –1 Queste sono le equazioni di una isometria che muta p in p y=x p . Verifichiamo direttamente q la correttezza del risultato. Per figura 2 trovare, data l'equazione di p , l'equazione della sua trasfor-mata ad opera di (3) occorrono le equazioni dell'inversa di (3). Esse sono x = y 1 y = x + 1 (4) L'equazione di p è y = x 2 ; sostituendo le espressioni di x e y date da (4) otteniamo l'equazione della parabola trasformata: x + 1 = (y 1) 2 cioè 5 x = y 2 2 y . sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Abbiamo in effetti ottenuto l'equazione di p . La (3) non è la sola isometria che muta p in p : svolge la stessa funzione la composizione di (3) con la simmetria assiale che ha per asse la retta y = 1, cioè l'asse della parabola p . Detta simmetria assiale ha equazioni (cfr.3.79) x = x y = 2 y La composizione di (3) con (5) (in quest'ordine) dà luogo alla trasformazione di equazioni (5) x = y 1 y = x + 1 Anche per la (6) possiamo controllare che effettivamente trasforma p in p . Le equazioni dell'inversa di (6) sono (6) x = y + 1 y = x + 1 Come abbiamo fatto prima, sostituiamo a x e y nell'equazione di p , (7) cioè y = x 2 , le loro espressioni date da (7). Otteniamo x + 1 = ( y + 1) 2 cioè x = y 2 2 y che è l'equazione di p . Si potrebbe dimostrare che non ci sono altre isometrie oltre a (3) e (6) che trasformano p in p . Domanda e): elementi uniti delle isometrie determinate in d). Svolgiamo uno studio completo delle due isometrie di equazioni (3) e (6); alcune delle proprietà che troveremo sono in effetti prevedibili, a causa di come sono state ottenute tali trasformazioni. Sia T la trasformazione di equazioni (3), che qui riportiamo, indicando le coordinate "nuove" con (X, Y ) anziché (x , y ) : X = y 1 T) Y = x + 1 La matrice di T è di cui l' inversa è T 1 ) x = Y 1 y = X + 1 0 1 A = 1 0 [ ] [ ] [ ] Poiché A AT = 01 10 01 10 = 10 01 = I , è provato che T è un'isometria; ciò era già noto, essendo T la composizione di due 6 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali isometrie. Poiché det A = 1 , si tratta di un'isometria indiretta; anche questo conferma un fatto già noto: T è la composizione di una simmetria assiale (isometria indiretta) con una traslazione (isometria diretta). Cerchiamo i punti uniti di T. Le loro coordinate sono le soluzioni del sistema x = y 1 x = x + 1 1 (identità ) ; y = x + 1 ; y = x + 1 il sistema è indeterminato e le sue (infinite) soluzioni sono le coppie (x, y ) che soddisfano l'equazione y = x + 1. I punti uniti sono quindi tutti e soli quelli della retta r di equazione y = x + 1; in effetti T è la simmetria assiale avente per asse tale retta. La retta r è unita per T; sono inoltre rette unite (ma non rette di punti uniti) tutte le rette perpendicolari a r, a causa della natura geometrica di T. Quest'ultimo fatto può essere provato anche con considerazioni puramente algebriche. Utilizzando le equazioni di T 1 troviamo l'equazione della trasformata di una retta di equazione y = mx + q . Essa si trasforma nella retta di equazione X + 1 = m (Y 1) + q ; mY = X + 1 + m q ; Questa coincide con la retta y = mx + q se Y= 1 1+ m q . X+ m m 1 = m m 1+ mq m =q La prima equazione dà m 2 = 1, da cui m = ±1 . Se m = 1 la seconda equazione dà 1+1 q =q; q = 1. 1 Abbiamo così la retta unita y = x + 1; si tratta della retta di punti uniti determinata sopra. Se m = 1 la seconda equazione dà 11q =q; q=q 1 che è un'identità; sono pertanto unite le rette y = x + q , per ogni q. Si tratta delle rette perpendicolari alla retta r dei punti uniti, come ci aspettavamo. Sia ora S la trasformazione di equazioni (6), che qui riportiamo: 7 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali X = y 1 S) Y = x + 1 La matrice di S è di cui l'inversa è S 1 ) x = Y + 1 y = X + 1 0 1 B = . 1 0 [ ] [ ] [ ] Poiché B BT = 10 10 01 10 = 10 01 = I , è provato che S è un'isometria; ciò era già noto, essendo S la composizione di due isometrie. Poiché det B = 1, si tratta di un'isometria diretta; anche questo conferma un fatto già noto: S è la composizione di una simmetria assiale (isometria indiretta) con una traslazione (isometria diretta) ed un'altra simmetria assiale (isometria indiretta); ne risulta un'isometria diretta, essendo in numero pari le isometrie indirette che intervengono nella composizione. Cerchiamo i punti uniti di S. Le loro coordinate sono le soluzioni del sistema x = y 1 x = x + 1 1 x = 0 ; y = x + 1 ; y = x + 1 y = 1 . Vi è un solo punto unito per S; si tratta del punto C (0, 1) . In effetti S è la rotazione di attorno al punto C; notiamo infatti che si può 2 ( ) ( ) cos 2 0 1 scrivere B = 1 0 = sen 2 [ ] ( ). cos( 2 ) sen 2 Grazie a questa osservazione potremmo concludere immediatamente che non c'è alcuna retta unita per S. Verifichiamo comunque questo fatto anche per via algebrica. Utilizzando le equazioni di S1 troviamo l'equazione della trasformata di una retta di equazione y = mx + q . Essa si trasforma nella retta di equazione X + 1 = m (Y + 1) + q ; mY = X 1 + m + q ; Y = Questa coincide con la retta y = mx + q se 1 1 + m + q . X+ m m 1 = m m 1+m +q =q m La prima equazione, equivalente a m 2 = 1, è priva di soluzioni; perciò non ci sono rette unite per S. 8 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Soluzione del problema 2. Le domande a), b), c) coincidono con le corrispondenti domande del problema 2 assegnato nella Sessione Suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali; rimandiamo quindi allo svolgimento di tale Tema. Riportiamo qui soltanto lo svolgimento delle domande d), e), che sono diverse da quelle del problema per corsi tradizionali. Domanda d): determinazione della circonferenza di diametro AB. La circonferenza di diametro AB ha centro nel punto medio C di AB e raggio uguale a AC . Ricordiamo le coordinate di A e B: A (1, 0) , B (1, 2) , cosicché (cfr.3.4) 11 02 xC = = 0 ; yC = = 1 ; perciò C (0, 1). 2 2 Come detto, il raggio è AC = 2 (cfr.3.1); quindi l'equazione della circonferenza di diametro AB è (cfr.3.22) è x 2 + (y + 1) = 2 ; 2 x 2 + y 2 + 2y 1 = 0 . Circonferenza di diametro AB : x 2 + y 2 + 2 y 1 = 0 La circonferenza è disegnata nella figura 3, insieme con la curva g. y –1 A 0 x –1 B –2 figura 3 Domanda e): calcolo dell'area. La figura 4 mostra la regione di cui si deve calcolare l'area, in un sistema di riferimento non monometrico per rendere più evidenti le sue caratteristiche. Si nota che la curva g si trova sotto la retta r per x < 3 , sopra tale retta per x > 3. 9 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Ciò si giustifica ricordando che x = 3 è punto di flesso per g, e la funzione è concava prima di 1 3 x = 3 , convessa oltre tale punto; quindi r, tangente inflessionale, giace sopra g per 2 9 x < 3 , sotto per x > 3 . L'ascissa del punto in cui r interseca l'asse x si calcola risolvendo il sistema y = 1 x + 1 x 27 3 da cui 0 1 3 9 y = 0 1 x + 1 = 0 x = 9 27 3 ; figura 4 y = 0 y = 0 L'area si può calcolare mediante due integrali (cfr.5.29): y 3 9 1 1 1 1 Area = dx + x + dx ; (8) 3 1 x x 2 3 27 tuttavia il calcolo del secondo integrale di (8) è superfluo: esso esprime l'area di un triangolo la cui base misura 6 e l'altezza 2 ; 9 1 6 2 = 2 l'area vale dunque 2 ; lasciamo al lettore il compito di 9 3 verificare che il secondo integrale di (8) fornisce effettivamente questo valore. Calcoliamo il primo integrale di (8): 3 1 1 x 2 dx = ln x + 1 x Perciò x= 3 1 2 1 . = ln 3 + 1 = ln 3 3 3 x x=1 Area della regione piana = ln 3 Questionario Quesiti 1, 2, 3 I quesiti in oggetto sono identici ai Quesiti 1, 2, 3 assegnati nella sessione suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali; la loro risoluzione si trova in quella sede. 10 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Quesito 4 Si deve dimostrare la derivabilità della funzione potenza con esponente reale. Come in altri quesiti di questo tipo, bisogna dichiarare quali nozioni e teoremi sono da ritenere noti, prima di intraprendere la dimostrazione. Come detto nel commento che precede, stabiliamo quali sono lo premesse necessarie alla dimostrazione richiesta. La derivabilità della funzione potenza si dimostra in modo alquanto elementare per valori interi positivi dell'esponente a; per questo, è sufficiente disporre della definizione di derivata e del fatto che ogni polinomio è una funzione continua. In modo un po' più laborioso, ma in sostanza senza bisogno di ulteriori conoscenze, si risolve il problema per valori interi negativi o frazionari dell'esponente a. Il testo del quesito però specifica esplicitamente che “a è un qualsiasi numero reale non nullo”. Le premesse naturali per ricavare la derivata di x a in questo più generale caso sono assai più onerose. Supporremo noto che: • La funzione esponenziale di base e è derivabile, e D [e x ] = e x • La funzione logaritmo di base e è derivabile, e D [ln x] = 1 x • La composizione di funzioni derivabili è derivabile, e si ha [ ] D f ( g(x )) = f ( g( x)) g ( x) La funzione P(x) = x a con a numero reale qualunque è definita per x ]0, + [ . Per tali valori di x si può scrivere ( a) x a = e ln x = e a ln x (cfr.6.11, 6.17). In questo modo P(x) = x a appare come la composizione di f (x) = e x con g(x) = aln x . Ciò prova la derivabilità di x a , in quanto composizione di funzioni derivabili. La regola di derivazione delle funzioni composte permette di ricavare l'espressione della derivata di x a : a a D x a = D e a ln x = e a ln x = x a = a x a1 . x x [ ] [ ] Quesito 5 Oggetto del quesito è la discussione di condizioni necessarie e/o sufficienti per l'integrabilità di una funzione in un intervallo. Si tratta di una questione molto delicata, perché la formulazione di una condizione necessaria e sufficiente per l'integrabilità richiede nozioni che oltrepassano i consueti programmi scolastici. Una spiegazione veramente “esauriente” di quanto richiesto non può dunque essere fornita da uno studente liceale, anche se ben preparato, ed anche la spiegazione dettagliata di un controesempio risulta piuttosto laboriosa. 11 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Si chiama inverso di un enunciato della forma “se A allora B” l'enunciato “se B allora A”. Dunque, l'inverso dell'enunciato: Se una funzione reale di variabile reale definita in un intervallo chiuso e limitato [a,b ] è ivi continua, allora ivi è anche integrabile è: Se una funzione reale di variabile reale definita in un intervallo chiuso e limitato [a,b ] è ivi integrabile, allora ivi è anche continua. Quest'ultimo enunciato non è un teorema, cioè non è vero per qualunque funzione. Vi sono infatti funzioni non continue in un intervallo [a,b ], e tuttavia integrabili in tale intervallo. Il primo enunciato (che è in effetti un teorema) afferma che la continuità di f in [a,b ] è condizione sufficiente per l'integrabilità; tale condizione, come dicevamo, non è necessaria. Affinché f sia integrabile in [a,b ] è sufficiente che sia limitata, e che i punti di discontinuità non siano "troppo numerosi"; in particolare, l'integrabilità è assicurata se i punti di discontinuità sono in numero finito. Per esempio, la funzione definita nell'intervallo [0, 2] come segue: y 1 x 0 1 2 figura 5 0 se 0 x 1 f (x) = 1 se 1 < x 2 (figura 5) non è continua nell'intervallo in cui è definita (è discontinua in x = 1), ma si può dimostrare che è integrabile, e 2 f (x) dx = 1. 0 Per dimostrare l'integrabilità si dovrebbe fare riferimento alle somme inferiori e alle somme superiori mediante le quali si definisce l'integrale; tralasciamo questa esposizione, piuttosto noiosa. Un'idea intuitiva dell'esistenza di 2 0 f (x) dx , con valore 1, si può trarre da considerazioni geometriche: l'area della regione piana delimitata dal grafico di f e dall'asse delle ascisse è 1, perché si tratta dell'area del quadrato di lato 1 avente i vertici nei punti (1,0), (2,0), (2,1), (1,1). Quesito 6 Oggetto del quesito è l'espressione di un “integrale indefinito”; si chiede se una determinata uguaglianza è corretta. Si tratta di chiarire in modo non equivoco che cosa si intende con il simbolo di integrale indefinito, e stabilire se l'uguaglianza proposta nel testo soddisfa tutti i requisiti. Anche questo non è un quesito molto benevolo nei confronti dei candidati, perché raramente viene approfondito il concetto, invero non fondamentale, di integrale indefinito. 12 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Premettiamo alcune opportune considerazioni a proposito della nozione di primitiva di una funzione. Ricordiamo che si chiama primitiva di una funzione f (x) una funzione derivabile P(x) tale che P ( x) = f ( x) . Come è noto, una funzione dotata di primitive non ne ha soltanto una; in effetti ne ha infinite perché, per esempio, se ad una primitiva P(x) di f (x) addizioniamo una costante C, ciò che otteniamo è un'altra primitiva di f (x) , perché D [P( x) + C ] = D [P( x)] + D [C ] = f ( x) + 0 = f (x) , tenendo presente che la derivata di una costante è 0. Se il dominio di f è un intervallo, questo è l'unico modo per ottenere primitive di f diverse da P. Infatti, se Q( x) è un'altra primitiva di f (x) , diversa da P(x) , allora D [Q(x) P( x)] = D [Q( x)] D [P( x)] = f (x) f ( x) = 0 . Per un Teorema (corollario del Teorema di Lagrange del valor medio) una funzione derivabile la cui derivata sia identicamente nulla in un intervallo è costante, ossia risulta Q( x) P( x) = C cioè Q(x) = P(x ) + C per un determinato valore di C. Se il dominio della funzione considerata non è un intervallo, il Teorema ricordato sopra non è applicabile, cioè, una funzione con derivata identicamente nulla può non essere costante; per un esempio in tal senso, si veda il Quesito 10, Sessione Ordinaria a.s. 2004-2005 (quantunque il testo errato del quesito sostenga il contrario). Questo fatto è rilevante nella caratterizzazione di tutte le primitive di una funzione data, come vedremo fra poco. Ora affrontiamo più direttamente il quesito proposto. Se f (x) è una funzione, che per semplicità supporremo continua, definita in un sottoinsieme A di R, il simbolo f ( x) dx indica l'insieme di tutte le primitive di f. Per quanto detto, se il dominio di f è un intervallo e P è una primitiva di f, allora si ha f (x) dx = {Q( x) ; C R tale che Q( x) = P (x) + C x A} . Per semplificare la scrittura si conviene di scrivere più brevemente f (x) dx = P(x ) + C . 13 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Quest'ultima scrittura non è invero corretta; tuttavia è largamente usata senza che ciò dia problemi, perché si suppone che chi la legge come chi la ha scritta sia consapevole del suo significato convenzionale. Per esempio, scrivendo 1 3 2 x dx = x + C 3 è chiaro a tutti che intendiamo affermare che le primitive della funzione f (x) = x 2 sono tutte e sole le funzioni definite da Q( x) = 1 3 x +C 3 con C costante reale. Finalmente, discutiamo l'uguaglianza 1 (1) x dx = ln(x) + C . Una prima inesattezza della (1) appare immediatamente: la funzione integranda al primo membro di (1), f (x) = 1x , è definita per ogni x 0 ; invece il secondo membro è definito soltanto per x > 0 . Nell'intervallo ]0, +[ la formula è corretta: le primitive di 1 in x ]0, +[ sono tutte e sole le funzioni della forma ln( x) + C , con C costante. Nell'intervallo ], 0[ una primitiva di 1x è ln( x) : infatti la derivata di ln( x) , per la regola di derivazione delle funzioni composte, è 1 (1) = 1 . Ne segue che la funzione (ben nota agli studenti) x x ln( x) se x > 0 P(x) = ln x = ln( x) se x < 0 è una primitiva di 1 in ], 0[ ]0, +[ ; di conseguenza, ogni x funzione della forma (2) Q( x) = ln x + C è una primitiva di 1 in ], 0[ ]0, +[ . Tuttavia (2) non rapprex senta tutte le primitive di 1 , perché il dominio ], 0[ ]0, +[ non è x un intervallo; ciò consente che vi siano ulteriori primitive di 1 , oltre x 1 a quelle definite dalla (2). Precisamente, sono primitive di x tutte e sole le funzioni definite da 14 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali ln( x) + C 1 se x > 0 con C 1 , C 2 costanti . R(x) = ln( x) + C 2 se x < 0 La (3) riproduce le funzioni definite da (2) quando C 1 = C 2 ; definisce funzioni ulteriori quando C 1 C 2 . (3) In conclusione, la formula 1 dx = ln(x) + C non è corretta; ma non x lo è neppure ln x + C se x > 0 1 dx = ln x + C = (4) ln x + C se x < 0 . x ( ) La (4) tuttavia è largamente applicata, e dà luogo in effetti a risultati esatti. Ciò è dovuto ai seguenti fatti: • la (4) definisce primitive di 1 , quantunque non le definisca tutte; x per calcolare un integrale definito, occorre una primitiva; la (4) fornisce dunque quanto occorre. • In nessun caso può accadere di dover calcolare b 1 dx in un x a intervallo [a,b ] con a < 0 < b , avendo a che fare in tal modo sia con valori positivi di x, sia con valori negativi: un siffatto intervallo conterrebbe x = 0 , nel quale la funzione 1 non è definita. Quindi, x b 1 dx mediante la (4) (primitiva in pratica, quando si calcola a x = ln x + C ) si produce lo stesso risultato che si avrebbe applicando la (3), perché si ha a che fare con una sola delle due alternative ivi descritte. Quesito 7 Il quesito è alquanto simile al Quesito 5 proposto nella Sessione suppletiva 2005-2006 per corsi tradizionali. Come in quel caso la soluzione si ottiene grazie a un Teorema di trigonometria sui triangoli rettangoli; occorre poi un'applicazione ragionata della calcolatrice per indicare la misura dell'angolo in termini numerici. 15 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Sia ABCDEF l'ottaedro (figura 6), la misura del suo F spigolo. Consideriamo le facce ABF, ABE. Una sezione normale del diedro da esse formato si ottiene sezionando C il diedro con il piano passante per F, E e per il punto medio K B D H del segmento AB; infatti FH G e GH sono mediane, quindi H anche altezze, per i triangoli A isosceli ABF e ABG. Dobbiamo quindi misurare l'angolo FHˆ E (figure 6 e 7). E Misuriamo in effetti l'angolo = FHˆ G , che è metà di FHˆ E . figura 6 Il segmento KH congiungente i punti F medi di AB e CD misura ; il segmento GH misura quindi . Il segmento FH è 2 l 3 l'altezza del triangolo equilatero ABF, 2 3. il cui lato misura ; quindi FH = 2 Per uno dei teoremi di trigonometria G sui triangoli rettangoli è K H l l 2 2 GH = FH cos (cfr.4.45); ne segue che GH cos = = 2 = FH 3 2 1 . 3 Da ciò, tenendo presente che a è un angolo acuto, si ottiene E 1 1 figura 7 = arccos ; FHˆ E = 2 arccos . 3 3 Questo risolve il problema della determinazione dell'angolo cercato. Per ottenere una valutazione numerica della misura in gradi di tale angolo si procede come per il Quesito 5, Sessione suppletiva 20052006 per corsi tradizionali, e anche per la domanda c), Problema 1 del presente Tema. Ecco il calcolo con i dati attuali: • Impostiamo la calcolatrice su DEG. • Calcoliamo cos-1(1÷ 3 ); la funzione cos-1 (così la calcolatrice indica la funzione "arco coseno") si attiva con la sequenza 2ndF (oppure inv, secondo il modello di calcolatrice), seguito da cos. 16 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali • Il risultato che si ottiene è 54.73561032. L'angolo che ci interessa è il doppio di questo; moltiplichiamo dunque per 2 il risultato, ottenendo 109.4712206 Ciò significa che la parte intera della misura di a in gradi sessagesimali è 109°. • Sottraiamo 109 dal risultato ottenuto sopra, e moltiplichiamo per 60: otteniamo la misura in primi della parte di angolo eccedente 109°: 0.4712206 60 = 28.2732... Poiché il testo chiede la misura approssimata al primo, arrotondiamo questo risultato in 28 . Ne segue che la misura in gradi sessagesimali dell'angolo formato da due facce consecutive dell'ottaedro, approssimata al primo è: 109° 28 . La conversione dalla misura 109.4712206 in gradi e parte decimale di gradi, alla misura in gradi, primi e secondi può essere svolta automaticamente con una funzione specifica disponibile con comandi diversi in ogni calcolatrice scientifica. In tal caso si faccia attenzione all'arrotondamento: si ottiene infatti 109° 28 16 ; l'arrotondamento al primo va fatto per difetto a 28 , perché 16 sono meno della metà di 1 , essendo 1 = 60 ; se i secondi avessero avuto un valore uguale o maggiore di 30 avremmo arrotondato i primi all'intero superiore. Quesito 8 Si deve dimostrare che una similitudine muta una parabola in un'altra parabola. Ciò riesce abbastanza semplicemente mediante un ragionamento geometrico fondato sulle proprietà delle similitudini e sulla definizione geometrica di parabola, come luogo; la verifica può avvenire anche per via algebrica, con calcoli un po' laboriosi. Risoluzione geometrica. Si chiama parabola il luogo p dei punti equidistanti da un punto F (fuoco) e da una retta d (direttrice) (cfr.3.33). Siano dunque p una parabola, F e d il fuoco e la p direttrice; sia T una simiP litudine, e siano p , F , d d i trasformati di p, F, d H F p (figura 8). Vogliamo F provare che p è il luogo d dei punti equidistanti da P F e d , ossia è la parabola con fuoco F e diH rettrice d ; lo dimostriamo verificando le due figura 8 inclusioni. Sia P un punto di p . Allora esiste un punto P p tale 17 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali che P = T (P ) . Sia H la proiezione ortogonale di P su d. Poiché P p è PF = PH . Sia H = T ( H ) . Poiché H d è H d ; poiché T è una similitudine, e PH d , è P H d : infatti una similitudine conserva gli angoli. Dunque P H è la distanza di P da d . Poiché T è una similitudine e PF = PH , risulta P F = P H . Dunque P appartiene alla parabola con fuoco F e direttrice d . Viceversa, sia Q un punto della parabola con fuoco F e direttrice d ; sia K la proiezione di Q su d . È Q F = Q K . Sia Q = T 1 (Q ) . Poiché anche T 1 , inversa di T, è una similitudine, ragionando come nella prima parte si prova che Q appartiene alla parabola con fuoco F e direttrice d, cioè Q p ; quindi, essendo Q = T (Q) e p = T ( p) , risulta Q p . Risoluzione algebrica. Ricordiamo come si scrivono le equazioni di una similitudine. Tenendo presente (3.95) e le condizioni ivi ricordate si conclude che vi sono due possibilità: (1) X = x + y + p Y = x + y + q ( similitudine diretta) X = x + y + p Y = x y + q ( similitudine indiretta) Ragioniamo sulla (1) (similitudine diretta); i calcoli relativi alla (2) si svolgono nello stesso modo. Consideriamo una parabola di equazione (2) (3) A X 2 + B X Y + C Y 2 + D X + EY + F = 0 . La condizione algebrica che caratterizza come parabola la conica di equazione (3) è (oltre al requisito di essere non degenere) B2 4 A C = 0 (4) Se T è la similitudine di equazioni (1), allora T 1 trasforma p nella conica di equazione (5) A ( x + y + p) + B ( x + y + p) ( x + y + q ) + 2 + C ( x + y + q ) + D ( x + y + p) + E ( x + y + q ) + F = 0 2 (osserviamo che T è una similitudine se e solo se lo è T 1 ; quindi è indifferente ragionare su T o su T 1 ). Per verificare che (5) è l'equazione di una parabola occorre calcolare i coefficienti a, b, c rispettivamente di x 2 , x y e y 2 nello sviluppo di 18 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali (5), e successivamente verificare che b 2 4 ac = 0 . Omettiamo per brevità i passaggi di calcolo, un po' laboriosi, ma privi di difficoltà di concetto; i risultati sono: b = B 2 + ( 2 A 2 C ) b 2 ; a = A 2 B + C 2 ; c = C 2 + B + A 2 . Adesso bisogna sviluppare l'espressione b 2 4 ac , cioè [ ] ( )( 2 ) B 2 + ( 2 A 2 C ) b 2 4 A 2 B + C 2 C 2 + B + A2 ; il risultato, dopo le semplificazioni, è B 2 4 4 A C 4 + 2 B 2 2 2 8 A C 2 2 + B 2 4 4 AC 4 = ( )( = B 2 4 AC 4 + 4 + 2 2 2 ) = (B2 4 AC) ( 2 + 2 )2 . Questo è uguale a zero, come si voleva dimostrare, perché per ipotesi il fattore B 2 4 A C è uguale a zero. Osserviamo che il calcolo ora svolto prova più di quanto ci eravamo proposti. Infatti l'uguaglianza ( ) ( )( b 2 4 ac = B 2 4 AC 2 + 2 )2 , oltre a provare che b 2 4 ac = 0 B 2 4 AC = 0 , mostra pure che, quando queste espressioni non sono uguali a zero, esse hanno lo stesso segno; infatti il fattore ( 2 + 2 ) è maggiore di 0. Ciò significa che una similitudine trasforma un'ellisse in un'ellisse e un'iperbole in un'iperbole (oltre che una parabola in una parabola). 2 Risoluzione algebrica; metodo alternativo. Una consistente riduzione dei calcoli si può ottenere ragionando in modo un po' diverso. Se p è una parabola, esistono un numero reale A 0 e una isometria S che trasforma p nella parabola di equazione Y = A X 2 . Se T è un'affinità e S1 è l'inversa di S allora (6) ( ) ( )( ) T (p) = T S1 S ( p) = T S1 S(p ) . T S1 è un'affinità; possiamo supporre che le (1) siano le sue equazioni. Poiché S(p) ha equazione Y = A X 2 , dalla (6) segue che T (p) ha equazione x + y + q = A ( x + y + p) 19 2 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali Ora sviluppiamo i calcoli; interessano soltanto i termini di secondo grado in x e y. Si ottiene l'espressione A 2 x 2 + 2 A x y + A 2 y 2 + … = 0 cosicché, assegnato ad a, b, c lo stesso significato dichiarato prima, abbiamo ( b 2 4 ac = 4 A 2 () 2 2 2 Ciò prova che T (p) è una parabola. ) = 0. Quesito 9 Si tratta di un problema elementare di calcolo delle probabilità; è sufficiente un conteggio diretto di esiti favorevoli ed esiti possibili. Un aspetto inconsueto del quesito consiste nel fatto che uno dei dati è superfluo. La probabilità richiesta vale n , dove n indica il numero di palline 150 non di plastica nera presenti nell'urna. Adesso calcoliamo il valore di n. Le palline non di plastica nera sono quelle bianche (di vetro o plastica) e quelle di vetro nero. Complessivamente ce ne sono n = 62 + 38 = 100 . La probabilità di estrarre una pallina che non sia = 2. di plastica nera vale perciò 100 150 3 Osserviamo che non serve a nulla sapere che, fra le palline bianche, quelle di plastica sono 40. Quesito 10 Anche l'ultimo quesito propone, come il precedente, un problema di calcolo delle probabilità. Se si legge il testo con attenzione la risoluzione è immediata. L'evento indicato (il secondo cartoncino contenuto nella busta scelta è dello stesso colore del primo) si verifica se viene scelta una busta contenente due cartoncini del medesimo colore. Due buste fra le tre disponibili soddisfano questo requisito; la probabilità è 2 . 3 Se (più ingenuamente) si segue la descrizione dell'esperimento "in due fasi" (scelta di una busta ed estrazione di un cartoncino da quest'ultima) si è condotti alla compilazione del seguente grafo ad albero, dal quale naturalmente si ottiene lo stesso risultato per la probabilità richiesta. Indichiamo con le sigle BB, BN, NN le buste contenenti rispettivamente due cartoncini bianchi, uno bianco e uno nero, due neri. Lungo ogni ramo del grafo è indicata la corrispondente probabilità. 20 sessione suppletiva 2005-2006 - corsi sperimentali 1 3 Scelta della busta BB Il cartoncino rimasto nella busta è dello stesso colore di quello estratto? 1 0 0 1 3 1 3 BN NN 1 1 0 SI NO SI NO SI NO * * Ci sono due "percorsi" con probabilità non nulla, ciascuno avente probabilità 13 , che realizzano l'evento « il cartoncino rimasto nella busta è dello stesso colore di quello estratto »; perciò la probabilità di questo evento è 1 + 1 = 2 . 3 3 3 Ricordiamo che la gestione di problemi di calcolo delle probabilità mediante grafi ad albero poggia sui Teoremi della probabilità composta (cfr.7.5) e della probabilità totale per eventi incompatibili (cfr.7.4). 21