Marx : Il barattolo delle idee : http://ilbarattolodelleidee.org

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NOVEMBRE 14, 2016 BY IL BARATTOLO DELLE IDEE LEAVE A COMMENT
Marx
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Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri
bisogni.
La complessità del pensiero di Marx, che per molti versi riprendendo la visione
totalizzante hegeliana, non permette di intendere la sua teoria, come una teoria
strettamente filosofica. L’analisi globale del fenomeno umano, come fenomeno
sociale inaugura quel nuovo comparto che verrà definito più tardi come
sociologia o meglio filosofia sociale.
– Determinante per Marx sarà la dimensione della prassi, intensa come
esigenza radicale di intervenire concretamente alla trasformazione del mondo.
Non è la ragione che si realizza (diviene reale), ma la realtà che deve essere
razionalizzata, da cui l’idea di tradurre in atto quell’incontro tra realtà e
razionalità che Hegel aveva solo pensato.
CRITICA AD HEGEL
Marx recupera e rilegge in chiave materialista i nodi fondamentali del pensiero
hegeliano. Il suo rapporto con l’idealismo è perciò complesso e altalenante.
– Marx come già Feuerbach inverte i rapporti tra Spirito e Natura: il soggetto
del movimento dialettico è la Natura (intesa come Natura sociale dell’uomo),
mentre lo Spirito C di fatto una sua manifestazione (o sovrastruttura).
– Il misticismo logico di • Hegel consiste nel fare delle realtà empiriche delle
manifestazioni necessarie dello Spirito. Constatando ad esempio che in certi
stati esiste la monarchia, si afferma successivamente che è necessario per lo
sviluppo dello Spirito che esso si manifesti in uno stato monarchico.
– Egli giunge al capovolgimento del rapporto idealistico fra soggetto e oggetto.
Mentre l’idealismo dopo aver costruito, partendo dalla realtà, un concetto
astratto di Spirito, finisce per far della realtà una sua manifestazione; per Marx
bisogna svelare questo inganno e riconoscere ciò che veramente è soggetto
(la realtà concreta) da ciò che è veramente predicato (il concetto).
— Mentre la visione hegeliana finiva col giustificare la realtà (il reale è
razionale), la visione marxiana si traduce immediatamente come critica
all’esistente.
Nonostante ciò Marx interiorizza e fa sua la dialettica hegeliana, ovvero, l’idea
che il movimento della realtà, pensata come insieme di strutture storiche e
sociali, sia determinata dalle opposizioni che necessitano di essere superato.
CRITICA ALLA MODERNITA’:
– E’ profonda la critica della società e della cultura moderna, vissuta come
epoca di scissione e lacerazione. Mentre nella polis greca l’individuo si trovava
in unità sostanziale con la comunità, nella società moderna le forti spinte
individualiste fanno si che gli interessi del singolo si separino dall’interesse
comune (ecc. le tasse, che servono alla collettività, ma sono percepite dal
singolo
come
un
furto).
– Forte è pure la critica allo Stato, che dovrebbe mediare gli interessi particolari,
e invece risulta lo strumento con la quale la classe dominante legittima e
mantiene il suo dominio. Anziché essere lo Stato che imbriglia l’interesse la
società civile verso il bene comune, è la società civile che abbassa lo Stato agli
interessi particolari dei più forti. Marx vede nello Stato il persistere della
scissione e della differenza (il negativo ha qui il sapore dell’ingiustizia).
All’uguaglianza formale dei cittadini di fronte la legge, contrappone una
diseguaglianza sostanziale (il ricco e il povero), all’ideale giusto, contrappone
una
realtà
diametricalmente
opposta.
Marx ha in mente invece un modello ideale di società, un modello di democrazia
sostanziale, in cui realizzare la perfetta unità tra l’Io e il Noi, l’individuo e la
comunità cui appartiene (una sorta di ritorno dialettico alla polis greca). La via
verso la realizzazione di tale ideale è l’eliminazione dell’origine di tutte le
diseguaglianze sostanziali: la proprietà privata. Il mezzo per la realizzazione di
questo ideale è la rivoluzione e il soggetto viene individuato nel proletariato,
classe priva di proprietà, ovvero e che risente di più degli effetti dell’alienazione.
CRITICA ALL’ECONOMIA BORGHESE:
L’economia borghese per Marx è nei fatti l’espressione della società
capitalistica, che tuttavia fornisce un’immagine globalmente mistificata del
mondo borghese. Ciò è dovuto alla sua incapacità di pensare in modo dialettico.
Il capitalismo borghese, considera il proprio modo di produrre, e distribuire la
ricchezza, come l’unico possibile e le sue leggi alla stregua di leggi naturali.
Considera in particolare la proprietà privata un diritto naturale dell’uomo, non
scorgendo l’opposizione costante tra capitale e lavoro salariare, che produce
alienazione.
Il lavoro diventa alienazione: dovrebbe costituire l’essenza dell’uomo (l’uomo è
l’unico animale che trasforma la realtà e non si limita a consumarla), ma finisce
col
separare
l’uomo
dalla
sua
essenza:
alienarlo.
Il
lavoratore
è
alienato:
a) rispetto al prodotto. In quanto in virtù del suo lavoro produce un oggetto (il
capitale) che però non gli appartiene e che piuttosto costituisce la potenza che
lo
domina.
b) rispetto alla sua attività, che prende la forma di una costrizione e nella quale
diviene strumento per fini estranei (il profitto del capitalista).
c) rispetto alla sua stessa essenza. La sua prerogativa dovrebbe essere il
lavoro libero, spontaneo, ed invece è proprio ciò che lo schiavizza
d) rispetto al prossimo. La divisione del lavoro cancella nella fabbrica i rapporti
relazionali tra i lavoratori, lasciando solo il rapporto tra lui e il padrone. Lo
sfruttamento che subisce rendendo il rapporto conflittuale e non collaborativo.
La possibilità stessa dell’alienazione nasce dal fatto che il lavoratore non
possiede i mezzi di produzione, in virtù dei quali il possessore (il capitalista)
può invece utilizzare il lavoro di una certa categoria di individui (salariati)
secondo la “logica del profitto”, che si traduce in sfruttamento per il lavoratore.
L’alienazione si supera con l’abbattimento del sistema capitalistico e l’avvento
del comunismo. La storia è dunque per Marx, il teatro della vicenda umana, che
in essa perde prima per riconquistare poi la propria essenza, come membri di
un
unico
genere
umano.
RAPPORTO
A
FEUERBACH:
Con Feuerbach e contro Hegel Marx rivendica la naturalizzazione di Hegel,
ovvero la naturalità e della concretezza degli individui, da non intendersi quali
manifestazioni di un soggetto Spirituale. Merito di Feurbarch è stato quello di
teorizzare il rovesciamento del rapporto concreto-astratto. Contro Feuberch
(privileggiando Hegel) valorizza però la storicità dell’uomo, che più che Natura
è Società (Il vero soggetto della dialettica è la comunità degli uomini).
da Feueberch eredita anche la concezione della religione come alienazione.
Solo
che
egli
cerca di individuare le cause dell’alienazione religiosa e dunque offrire i mezzi
per
il
suo
superamento. La religione è infatti figlia di una particolare civiltà, che la usa
come mezzo per addocilire le masse (oppio dei popoli), creando illusoriamente
un al di là, cui rimandare la felicità che non si ha aldiqua.
– La religione in quanto narcotico all’alienazione, non va combattuta con la,
filosofia, ma con la trasformazione della società, eliminando vale a dire la causa
dell’alienazione stessa.
IL MATERIALISMO STORICO:
– L’ideologia: Concetto base del materialismo storico è la critica all’ideologia o
falsa coscienza, ovvero, a quell’insieme di rappresentazioni deformate della
realtà, per le quali le ingiustizie vengono legittimate. Da questo punto di vista la
cultura della classe dominante è sempre ideologia rispetto all’oppressione della
classe dominata. Il primo obiettivo è smascherare l’ideologia. L’umanità intesa
in modo scientifico (ovvero fuori da ogni ideologia) è, nella definizione di Marx,
una specie evoluta, composta a individui associati che lottano per la
sopravvivenza. La storia non è perciò un evento spirituale, ma un processo
materiale fondato sulla dialettica bisogno-soddisfacimento. L’uomo per Marx si
distingue dagli animali non per la religione, il linguaggio, la coscienza e altro,
ma in quanto produce da sé i loro mezzi di sussistenza.
– Struttura e sovrastruttura: La storia è una “produzione sociale dell’esistenza”.
In essa si distinguono le a) forze produttive e i h) rapporti di produzione.
a) Forze produttive sono: 1) gli uomini; 2) i mezzi; 3) le conoscenze tecniche.
b) I rapporti di produzione regolano allora le relazioni, il possesso e l’impiego
dei mezzi, nonché la ripartizione del prodotto del lavoro./ rapporti di lavoro
esprimono anche i rapporti di proprietà. La dialettica tra forze produttive e
rapporti di proprietà esprime i modi di produzione di un certo periodo e
costituisce la base dello sviluppo storico, definita da Marx struttura. Sulla
struttura poggia il resto dell’architettura di una società, definito perciò
sovrastruttura (diritto, politica, cultura etc. etc.).\ Secondo il materialismo storico
la cultura è espressioni della struttura socio-economica di un dato periodo. Le
vere forze motrici della storia non sono di natura spirituale ma
materiali.
Dialettica storica: Marx ritiene che ad un determinato grado della storia le forze
produttive
tendano a corrispondere ad un determinato rapporto di produzione e di
proprietà. Laddove le forze produttive corrono più veloci che i rapporti di
produzione, nel corso dello sviluppo storico accade ciclicamente che le forze
produttive mutino in favore delle classi sociali emergenti, mentre i rapporti di
forza esprimono ancora gli interessi delle classi sociali dominanti destinate al
tramonto. Questa contraddizione ciclica è il negativo che tiene in moto la storia.
Sulla scorta di questa interpretazione della storia Marx delinea quattro grandi
epoche 1) asiatica, 2) antica, 3).feudale, 4) borghese, alle quali probabilmente
va aggiunta una originaria fase che Engels denomina “comunismo primitivo”.
Questo movimento esprime una tendenza di fondo, un procedere dal
comunismo primitivo (tesi), ad una società divisa in classi (antitesi), al
comunismo maturo (sintesi). Allo stesso modo tale movimento intende la tappa
«finale necessaria. Benché il movimento dialettico sia del tutto simile a quello
hegeliano, la differenza evidente è che 1) soggetto del movimento non è lo
spirito, ma la struttura economica e di classe, 2) che in quanto sviluppo concreto
esso è un fatto empiricamente osservabile, 3) che le opposizioni non sono
astratte (concettuali), ma concrete e riguardano gruppi di persone.
Critica alla sinistra hegeliana: Marx accusa la sinistra hegeliana di ideologia, di
non capire che le idee non hanno esistenza autonoma ma rispecchiano le
relazioni materiali, dunque, 1) sopravvalutano la funzione delle idee; 2)
presentano le loro idee come universali, quando sono storiche, 3) che la
battaglia è puramente “filosofica”, 4) forniscono un quadro mistificato della
realtà. Per Max la vera alienazione non risiede nelle idee, ma nelle condizioni
materiali e la liberazione è una questione pratico-sociale, da risolvere tramite la
rivoluzione.
IL MANIFESTO:
Il Manifesto è un libricino a scopo divulgativo che esprime la visione marxista
del mondo. I punti salienti sono: 1) l’analisi della funzione storica della
borghesia, 2) storia come “lotta di classe”, 3) critica ai socialismi non scientifici.
1) La borghesia è una classe dinamica, che a differenza delle classi che hanno
dominato nel passato non tende alla conservazione, ma a rivoluzionare
continuamente i strumenti di produzione e i rapporti sociali. Le moderne forze
produttive, si rivoltano facilmente contro i rapporti di proprietà costituiti dalla
borghesia, con delle crisi cicliche continue che mettono in forse l’esistenza
stessa del capitalismo. Il proletariato in particolare, giacché oppresso dal
sistema, e ricevendo mediante il lavoro stesso i mezzi per la sua
emancipazione, non può fare a meno di ingaggiare una dura lotta di classe.
Laddove la borghesia in cerca di nuovi mercati ha reso globale lo sviluppo ed
anche l’oppressione, il proletariato costituirà una classe globale e non locale
(“Proletari
di
tutto
il
mondo
unitevi”).
2) La tensione tra forze produttive e rapporti di produzione, si traduce nei fatti
in una lotta di classe. Marx per effetto nella sua visione dialettica, pur
riconoscendo, l’esistenza di una molteplicità di classi sociali vede come attori
protagonisti dello sviluppo storico coppie di classi antagoniste (aristocraziaborghesia, borghesia-proletariato). Così una classe si fa espressione del
mutamento delle forze produttive e dell’istanza rivoluzionaria, mentre l’altra
classe si fa espressione dei rapporti di forza vigenti e diviene forza reazionaria.
3) Marx propone così una visione di socialismo scientifico (la scientificità è
garantita dalla dialettica), che contrappone alle altre forme di socialismo:
– socialismo reazionario: Coloro che criticano la modernità riproponendo un
ritorno
impossibile
alle
strutture
feudali
– socialismo conservatore: Di coloro che vorrebbero rimediare agli
inconvenienti del sistema capitalista, senza rinunciare in toto al sistema (socialdemocrazie). Costoro non si rendono conto che è connaturato al sistema
capitalista lo squilibrio e l’oppressione e dunque che tale sistema va distrutto e
non
curato
– socialismo utopistico: Costoro (Saint-Simon, Fourier, Owen) pur avendo nel
complesso messo in luce le dinamiche di contrapposizione sociale, hanno il
limite di non riconoscere al proletariato una funzione storica e di fare appello a
tutti i membri della società compreso i ceti dominanti. Costoro delineano una
società ideale, senza però indicare correttamente i mezzi per realizzarla.
Il suo socialismo scientifico, si basa invece su un’analisi critico-scientifica (di
tipo storico) dei meccanismi sociali, attraverso i quali è possibile individuare nei
proletari il soggetto della forza rivoluzionaria in grado di abbattere il sistema
borghese
IL CAPITALE:
Economia e dialettica: Marx è convinto che non esistano leggi universali
dell’economia e che ogni formazione abbia caratteri e leggi storiche precisi. In
secondo luogo è convinto che la società borghese (come ogni società e
secondo uno schema hegeliano) porti in sé stessa contraddizioni strutturali e
che i diversi elementi del sistema economico vadano letti e studiati non
isolatamente, ma come totalità organica. Bisogna allora rintracciare gli elementi
di fondo astraendo da quelli secondari, in modo da mettere in luce le
caratteristiche strutturali e le tendenze di sviluppo. Merce, Lavoro e Plus-valore:
La merce, il prodotto, deve avere innanzitutto un valore d’uso, ovvero deve
determinare un bisogno e soddisfarlo. I bisogni possono essere reali o indotti
(vedi tutte le stronzate che ci impaccano con la pubblicità). La merce ha poi un
valore di scambio che è l’unità di misura che permette lo scambio di merci. Tale
valore è calcolato in base al lavoro socialmente necessario per produrla. Il
valore di un oggetto non determina immediatamente il prezzo. Che viene
stabilito piuttosto dalle circostanze (legge della domanda e dell’offerta).
– Nel capitalismo è che la produzione non è finalizzata al consumo, ma
all’accumulo allora, mentre la Merce dovrebbe produrre Denaro per comprare
altra Merce (secondo lo schema MDM), nel capitalismo il Denaro iniziale deve
essere investito per produrre Merce, la cui vendita deve dare come risultato una
quantità di Denaro maggiore (DMD+). Se lo scambio fosse unicamente regolato
dal valore della merce la somma DMD+ dare zero (i costi di produzione sono
infatti il valore della merce, che rivendendola dovrebbe darmi nuovamente i
costi iniziale).
– Se non è così, ciò è dovuto al cosiddetto plus-valore: Nella produzione della
merce infatti il capitalista ha a che fare con una merce particolare: il lavoro
dell’operaio, che egli acquista remunerandolo (salario). A quest’ultimo egli non
paga interamente il suo lavoro, ma una parte (su dieci ore di lavoro, per
esempio, sei le paga e le altre quattro le accumula). Il plus¬valore dell’oggetto
è di fatto legato al plus-lavoro dell’operaio.
N.B: Marx vede lo sfruttamento dell’operaio, non come una furberia del
capitalista, ma come meccanismo necessario, se partendo da una quantità di
denaro, la si vuole accrescere, attraverso la produzione di merci. Lo
sfruttamento è dunque costituivo del sistema capitalistico .
Il capitalista può sfruttare il lavoro dell’operaio solo in quanto possiede i mezzi
di produzione. Il valore della merce è infatti determinato per un verso dal salario
(costo variabile), per altro verso da spese fisse (il costo dei materiali, le spese
di manutenzione). Il saggio del plus-valore (la percentuale di guadagno del
capitalista) è una proporzione tra il plus-valore e il costo del salario (capitale
variabile).
Se un oggetto vale dieci ore di lavoro e il capitale variabile corrisponde a sei
ore di lavoro, l’oggetto acquisterà un plus-valore di quattro ore lavorative. Il
saggio del plus-valore sarà di 4/6, ovvero del 66 %, che corrisponde al
vantaggio che ne trae il capitalista (se lo vende al suo reale valore guadagna il
66 %, ma potrebbe anche scegliere di incrementare la produzione e vendere il
prodotto al disotto del suo valore effettivo. É quello che fanno per esempio le
grosse
compagnie
produttrici).
– Il profitto non corrisponde poi immediatamente al saggio del plus-valore, in
quanto a tale somma vanno sottratte le spese fisse (costi dei macchinari,
innovazione,
materie
prime
ecc.).
Contraddizioni del capitalismo (opzionale): La tendenza all’accumulo di capitali,
determina il tentativo di accrescere il plus valore. 1) Il primo modo è
aumentando la giornata lavorativa. Tale operazione raggiunge però una soglia
limite, oltre il quale il lavoro dell’operai non è produttivo. Si lavora allora ad 2)
aumentare la produttività del lavoratore attraverso il miglioramento delle
tecniche di produzione (nel lavoro in serie è dimostrato,per esempio, che se
una sola persona esegue una sola operazione lavora d una velocità
infinitamente maggiore, allora anziché lasciare che un unico operaio produca
interamente l’oggetto, si spezzetta la produzione in fasi e gli si assegna una
sola
delle
fasi)
o
l’innovazione
tecnologica.
– il lavoro di fabbrica è dunque alienante, anche perché il lavorato perde il
contatto con, l’oggetto prodotto, specializzandosi su un unico particolare,
diventando “l’automa semovente L’aumento della produzione genera crisi
cicliche di sovrapproduzione.Si arriva ad un punto di rottura nel quale la merce
è
venduta
sottocosto,
oppure
è
superiore
all’offerta.
– La ricerca costante di nuovi mezzi di produzione determina un accrescimento
del capitale fisso (costi per innovazione) e determina una tendenza
all’abbassamento del profitto. Un produttore crescendo tuttavia le imprese
minori, sino a costituire degli monopoli. Quando poi i concorrenti diventano
pochi, allora, non risulta più convenite competere, ma molto più utile accordarsi
(guarda le compagnie petrolifere). Il risultato sarà una minoranza industriale
dalla gigantesca ricchezza e una maggioranza operai sfruttata.
LA RIVOLUZIONE PROLETARIA:
Date queste presse costitutive del sistema capitalistico, secondo Marx .si
sarebbe arrivati necessariamente ad un punto di rottura. Le masse operaie,
proprio attraverso il lavoro, acquistando coscienza di sé, avrebbero
rappresentato gli attori della rivoluzione. Marx concepisce le trasformazioni
storiche come “salti” o rotture forti. Ciò vuol dire che la rivoluzione non porterà
ad una diversa forma di proprietà privata o divisione del lavoro, ma
all’abolizione della proprietà privata e della divisione del lavoro. Lo strumento
per tale rivoluzione è la socializzazione dei mezzi di produzione.
— Marx non esclude che ci possano essere forme non violente di superamento
del
capitalismo,
ovvero, vie pacifiche al socialismo e tuttavia ritiene la rivoluzione il mezzo più
adeguato
— La rivoluzione proletaria avrà come obiettivo l’abbattimento dello stato
moderno e delle sue forme istituzionali. Il compito del proletariato non è quello
di impadronirsi della macchina statale borghese, manovrandola ai propri scopi,
ma
di
distruggerne
i
meccanismi
di
fondo.
– Lo Stato è infatti l’espressione della classe dominante ed è il modo con cui
quest’ultima legittima il suo dominio. Il proletariato che si pone come obiettivo il
comunismo, intende superare la divisione in classi e dunque anche lo Stato.
– Il passaggio non può però essere immediato. Subito dopo la presa di potere
del proletariato si avvierà dunque una dittatura comunista. Ovvero una fase
nella quale il potere andrà al lavoratore. Mentre, tuttavia, in passato una
minoranza di oppressori sfruttava una maggioranza di oppressi, in questo caso
si avrà la dittatura di una maggioranza (Marx guarda come modello la comune
parigina). Il proletariato tuttavia abolendo le classi condurrà ad un deperimento
dello
Stato.
– Marx non fornisce un modello dettagliato delle future società comuniste.
Questo perché concepisce l’avvento del comunismo, non come effetto di un
pensiero (sovrastruttura), ma come una trasformazione reale (struttura) e
necessaria, che egli si limita semplicemente a preannunciare.
– Marx distingue tuttavia tra un comunismo rozzo ed uno superiore. Nel primo
la proprietà privata verrà abolita solo per essere trasferita in proprietà di tutti.
La proprietà privata viene dunque universalizzata e non eliminata, mentre di
fatto la comunità finisce con l’assumere il ruolo di capitalista in grande scala. Il
comunismo autentico stabilisce invece una soppressione totale della proprietà
privata. Nel quale l’uomo supera il limite sociale e antropologico della proprietà.
Allora 1) in una prima fase l’uguaglianza verrà determinata dal misurare con
una misura eguale il lavoro erogato (pagando tutti allo stesso modo per una
stessa quantità di ore). In un secondo momento abbattuta la visione stessa del
salario, quando il lavoro non costituirà più un mezzo di vita, ma il primo bisogno
ella vita, 2) ad ognuno verrà dato secondo le proprie ‘capacità e i propri bisogni:
l’idea di un lavoro non più costrittivo, ma creativo nel quale l’uomo realizza se
stesso permettere il superamento della società borghese, (viene conservato lo
sviluppo tecnologico, ma tolta la proprietà privata).
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