Approfondisci le cause dei disturbi del comportamento alimentare

PER SAPERNE DI PIU
Altri disturbi emergenti della condotta alimentare
Night Eating Syndrome (sindrome da alimentazione notturna)
Ortoressia \ Reverse Anorexia \ Comportamenti di “dieta cronica restrittiva” (dieting)
CAUSE
I disturbi del comportamento alimentare sono malattie multidimensionali che riconoscono più
fattori (predisponesti, precipitanti e di mantenimento) che concorrono a determinare quadri
clinici diversi da soggetto a soggetto e che possiamo riassumere nella Tabella 1:
Fattori predisponesti
Esamineremo alcune di queste diverse caratteristiche.
Caratteristiche individuali:
ci sono alcune note individuali che accomunano le persone
che soffrono di DCA e che determinano un terreno fertile su cui può svilupparsi il disturbo del
comportamento alimentare.
 Elemento di tipo anagrafico: gli adolescenti sono più vulnerabili e i più colpiti.
L'avvento dell'adolescenza infatti, con le sue trasformazioni corporee, pone il soggetto al centro
di cambiamenti psicologici legati sia alle modificazioni corporee che a quelle relazionali (familiari
e non). Profondo è il disagio nel momento in cui le trasformazioni psicologiche e la
rappresentazione del corpo si evolvono più lentamente rispetto al cambiamento delle
caratteristiche somatiche e sessuali. Le nuove sensazioni corporee vengono quindi percepite con
un senso di estraneità, disagio e pericolosità. Il ripristino di un rapporto armonico con il proprio
corpo passa attraverso l'attenzione e la cura di questo. Domina peraltro in questa fase il tentativo
di adeguare il proprio aspetto fisico a modelli esterni, essendo il corpo il mediatore relazionale tra
adolescente e famiglia, e tra adolescente e società. Tutto il corpo viene quindi sottoposto ad
un'attenta valutazione critica.
 Fattori di tipo psicosociale: sembra rilevante l'idealizzazione della magrezza, peraltro rinforzata
dai messaggi veicolati quotidianamente dai mass-media. Viene costruita un'immagine di sé
strettamente legata a tratti fisici che vedono e pongono la magrezza come segno di valore e di
bellezza. Tutto ruota intorno al corpo come fonte di autonomia, di controllo e di sicurezza. Le
ragazze sanno che gli uomini guardano il loro corpo e vengono educate ad essere guardate; avere
un corpo che rispetti i canoni estetici imperanti diviene una sorta di necessità per le relazioni
sociali. Le donne, in particolare le ragazze più giovani, sono più vulnerabili degli uomini a questo
aspetto per motivi legati all'educazione e al contesto socioculturale: sono molto sensibili al
giudizio degli altri e il valore personale è maggiormente legato all'immagine esteriore. Per le
ragazze il corpo è un potente mezzo di comunicazione e di relazione, essere magre può diventare
il requisito indispensabile per essere e sentirsi accettate. Questo è il messaggio forte che manda
la società (Graf.1).
COME SI SVILUPPANO I DCA
Pressione a essere
magri
Restrizione dietetica
Calorica o cognitiva
Insoddisfazione
corporea
Interiorizzazione
ideale di magrezza
Graf.1
Sintomi anoressici
Sintomi bulimici
Stati d’animo
negativi
Disturbi del comportamento
alimentare
Fattori predisponenti
Fattori precipitanti
Vulnerabilità
Fattori di mantenimento
Disturbo
alimentare
Fattori di rischio generali
Fattori cognitivi
- Sesso
- Adolescenza o prima età adulta
- Vivere nella società occidentale
Eccessiva preoccupazione per il peso e
le forme corporee
Fattori di rischio individuali
–
–
–
–
Bassa autostima
Perfezionismo
Disturbi d’ansia
Depressione
Fattori di rischio Familiari
- Scarso contatto con i genitori
- Alte aspettative dei genitori
- Ipercriticismo
- Ipercoinvolgimento
- Ipocoinvolgimento
- Scarse manifestazioni d’affetto
Fattori comportamentali
Difficoltà psicologiche e
ambientali
-
Cambio di casa
Cambio di città
Morte di una persona cara
Una nuova persona è
venuta a vivere in casa
- Inizio o fine di una
relazione sentimentale
Fattori di rischio specifici
- Obesità nell’infanzia
- Critiche su peso, forme
corporee e Alimentazione
- Frequentazione di ambienti che
enfatizzano la magrezza
(danza, moda, sport)
- Menarca precoce
Dieta ferrea
- Ridurre le porzioni
- Saltare i pasti
- Eliminare certi alimenti
Graf. 2 Natura multifattoriale dei Disturbi del comportamento
alimentare
-
Dieta ferrea
Basso peso
Attività fisica strenua
Abbuffate
Vomito provocato
Abuso di lassativi e diuretici
Body checking
Evitamenti sociali
Sintomi da digiuno
Relazioni interpersonali disturbate
- Familiari
- Sociali
Rinforzo positivo da parte
dell’ambiente
 Tratti di personalità: Il perfezionismo è una delle caratteristiche più ricorrenti.
Si tratta di ragazze ambiziose, con ottimi risultati a scuola e nelle attività che intraprendono, che
mostrano un impegno e una tenacia spesso considerati prova di grande maturità e responsabilità.
Quasi sempre questo atteggiamento di dedizione e sacrificio nasconde una bassa autostima e
una profonda insicurezza personale, che esprime il timore di non essere accettati dagli altri per
quello che si è. La persona pensa che potrà essere accettata solo a condizione di dare il massimo
delle proprie possibilità, cercando in tutti i modi di soddisfare le aspettative altrui. Nelle persone
affette da DCA questi tratti vengono spesso spinti all'esasperazione, viene eliminato qualsiasi
impegno che non abbia a che fare con lo studio o l'attività su cui si è investito, la paura di
deludere e di fallire è grande. Il giudizio altrui viene valutato l'unico modo per stimare il proprio
valore. Nella maggior parte dei casi a causa del disturbo alimentare si giunge a livelli di impegno,
ad esempio nella scuola, non sostenibili con il conseguente abbandono degli studi quale risultato
dell'insicurezza e del perfezionismo per cui nessun risultato è giudicato accettabile. Legato al
perfezionismo è un particolare tipo di pensiero, definito pensiero “tutto o nulla” o pensiero
“dicotomico”, caratterizzato dall'assenza di ogni gradualità nel modo di argomentare e di
ragionare: tutto è visto in bianco o nero, i risultati ottenuti sono assolutamente positivi o
irrimediabilmente negativi, qualunque cosa è inaccettabile se non si raggiunge il massimo. La
ragazza che affronta la dieta per sentirsi più accettata dagli altri penserà che il suo corpo deve
essere perfetto, altrimenti ogni suo sforzo sarà stato vano. Prima che la malattia diventi evidente
in molte di queste ragazze si ritrovano tratti di ossessività, di ansia e di depressione. È possibile
che questi aspetti siano conseguenti allo stato di malnutrizione. Gli aspetti ossessivi, comunque,
paiono essere spesso preesistenti al manifestarsi del disturbo alimentare; tratti ossessivi si
possono ritrovare nel bisogno di mettere ordine, di fare le pulizie, di avere un elevato controllo in
generale.
Caratteristiche familiari:
dalle osservazioni allargate di famiglie con un componente
affetto da DCA emerge una molteplicità di situazioni familiari diverse ed è possibile trovare dei
denominatori comuni. Le caratteristiche fondamentali (Minuchin, 1978) che emergono dalle
osservazioni effettuate su famiglie di pazienti anoressiche sono essenzialmente quattro:
 L'invischiamento: la tendenza intrusiva di un membro della famiglia ad interferire sui pensieri,
sentimenti, comportamenti di un altro membro, creando una scarsa differenziazione a livello
individuale.
 Iperprotettività: i membri della famiglia si mostrano eccessivamente interessati e/o preoccupati
del benessere degli altri, comportamenti che ostacolano lo sviluppo dell'autonomia dei figli.
 La rigidità: difficoltà da parte della famiglia di ricercare ed esperire nuove possibilità interattive in
risposta allo stress e al cambiamento. La famiglia cerca di mantenere a tutti i costi lo status quo,
contrastando gli eventi biologici, economici, sociali e culturali. Il comportamento sintomatico
può, ad esempio, mascherare l'inefficacia delle capacità adattive del sistema nei confronti del
declino senile di una coppia di genitori.
 La non risoluzione dei conflitti: la famiglia considera “catastrofica” la tensione ed il conflitto per
cui mette in atto varie modalità di evitamento. In questo tipo di famiglie il conflitto è
generalmente implicito e negato, rimanendo così irrisolti e presentando costantemente una
minaccia. La paziente anoressica, cresciuta in una famiglia con queste caratteristiche, attribuisce
una importanza essenziale alla prossimità del contatto interpersonale; la lealtà e la protezione
hanno la precedenza sull'autonomia e sulla autorealizzazione. Una bambina che cresce in un
sistema invischiato impara a subordinare il proprio sé agli altri. La famiglia anoressica è
tipicamente orientata sul figlio e la bambina cresce accuratamente protetta dai genitori che si
focalizzano sul suo benessere attraverso l’ipervigilanza dei suoi movimenti e dei suoi bisogni
psicobiologici. I modelli familiari della “famiglia” bulimica traggono origine, per lo più, dalle
concettualizzazioni relative alla famiglia anoressica. Effettivamente i due tipi di famiglia
presentano diverse caratteristiche in comune: dipendenza emotiva reciproca tra i membri,
mancato supporto dell'autonomia, alleanze e modelli di interazione disfunzionali ed elevate
aspettative dei genitori nei confronti dei figli. Le caratteristiche distintive della famiglia bulimica
sono ottenute dalle ricerche di Johnson e Flach (1985) che mostrano come tali famiglie
esprimono più conflittualità, utilizzando modalità di comunicazione più indirette, enfatizzando
meno l'autonomia e tendendo ad aiutarsi a vicenda di meno. L'atmosfera che regna in queste
famiglie è palesemente tesa; si tratta di famiglie emotivamente tempestose e piene di conflitti.
L’aggressività è espressa direttamente e non mediata. Come le madri delle pazienti anoressiche,
quelle delle bambine destinate a divenire bulimiche si rapportano spesso alle proprie figlie come
se fossero estensioni di se stesse. Queste bambine sono spesso usate come oggetti per
consolidare il sé del genitore. Tali famiglie, in cui ciascun membro dipende dall'altro al fine di
mantenere un senso di coesione, si caratterizzano per un modo particolare di gestire le qualità
“cattive” inaccettabili. Queste, infatti, sono spesso proiettate nella bambina bulimica che diviene
così la depositaria di tutta la cattiveria. Identificandosi inconsciamente con queste proiezioni,
essa diviene la portatrice di tutta l'avidità e 1'impulsività della famiglia. Il risultante equilibrio
omeostatico mantiene costante l'attenzione sulla bambina malata piuttosto che sui conflitti nei o
tra i genitori.
Caratteristiche socioculturali:
l'anoressia nervosa e la bulimia nervosa sono diffuse
principalmente nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo in proporzione al livello di
assimilazione della cultura occidentale: questo fa pensare che i disturbi del comportamento
alimentare abbiano una determinante socioculturale. L'ideale della magrezza è esaltato da tutti i
mezzi di comunicazione: l'aumento dei casi di anoressia e bulimia negli ultimi anni va di pari
passo con la diffusione di articoli relativi alle diete e di prodotti per dimagrire. L'immagine attuale
di donna di successo non è legata tanto al possesso di particolari capacità quanto piuttosto a
modelli irreali di donne attraenti e, soprattutto, molto magre (si pensi alle copertine delle riviste
e le passerelle in cui imperano ragazze ossute e dall'aspetto emaciato). È facile intuire quanto
potere questi modelli culturali possano avere su persone particolarmente vulnerabili alle
influenze esterne come per esempio gli adolescenti (in riferimento alle trasformazioni biologiche
e psicologiche dell'adolescenza) o soggetti con tendenza al perfezionismo e con bassa autostima.
Nella nostra società la donna magra rappresenta l'ideale di donna potente, ricca, di successo,
sessualmente attraente e vincente. Il culto del valore estetico è tale che solo ciò che è bello può
anche essere buono, e tende a porre la bellezza come presupposto implicito delle qualità della
persona. È indubbio che per molte ragazze alla ricerca della propria identità, la capacità di
controllo sul proprio corpo, propria dell'anoressica, e la possibilità di attrarre l'attenzione su di sé
possano rappresentare in una prima fase un elemento di fascino.
Fattori precipitanti
L'insorgenza di un DCA in un soggetto con fattori predisponesti dipenderà dal fatto che nella sua
vita incontri o meno i cosiddetti fattori scatenanti o precipitanti che favoriscono e determinano la
comparsa del disturbo vero e proprio.
 Dieta ferrea: Si ritiene che intraprendere una dieta dimagrante anche in condizioni di modesto
sovrappeso, qualora esista una predisposizione al disturbo, rappresenti un fattore cruciale
scatenante. Ciò ovviamente non significa che tutte le persone che iniziano una dieta andranno
incontro ad un disturbo alimentare. La combinazione di fattori predisponenti e fattori scatenanti
sembra essere la formula necessaria per la manifestazione del disturbo.
 Difficoltà psicologiche e ambientali: A volte l'inizio del calo di peso non si associa a situazioni di
insoddisfazione corporea ma a problematiche adolescenziali come i cambiamenti impetuosi che
si osservano durante lo sviluppo puberale, il distacco dalla famiglia, l'occasione di un viaggio
senza i genitori, l'inizio o la conclusione di una relazione affettiva, il cambio di residenza o di
scuola con perdita degli amici, il verificarsi di molestie fisiche o psicologiche. Altre volte si tratta
di situazioni legate a momenti difficili e negativi della vita come la morte di un congiunto, di un
amico, una malattia, una crisi familiare. Si tratta sempre di eventi che tendono ad accrescere le
difficoltà che una giovane incontra sul piano delle capacità di relazione e della propria autonomia
e autostima. Molta influenza, in questa età, hanno comunque i commenti delle persone, coetanei
e genitori, in riferimento all'aspetto fisico.
Fattori di mantenimento
Per fattori di mantenimento della malattia intendiamo tutti quegli eventi che contribuiscono a
rinforzare e perpetuare la condizione patologica una volta instaurata. È molto importante tenere
in debita considerazione questi aspetti poiché, soprattutto nelle situazioni più gravi e di lunga
durata, gli interventi vanno indirizzati proprio alla riduzione di questi fattori. Nell'impossibilità di
reperire una causa precisa da rimuovere, l'intervento più efficace è rappresentato dalla modifica
di quegli elementi che tengono in vita il disturbo.
 Fattori cognitivi: inizialmente sono importanti gli aspetti legati al pensiero: le idee sul peso e
sulle forme corporee spingono la persona a formulare un unico pensiero “è assolutamente
fondamentale che io sia magra!”, a questo seguono tutte quelle azioni che possono portare al
raggiungimento di questo obiettivo. L'intervento, in questo caso, deve mirare a mettere in
discussione questi presupposti definiti “disfunzionali”. Spesso queste idee vengono rinforzate
dall'esterno: non è raro trovare qualcuno che si complimenti con una ragazza normopeso che si
mette a dieta.
 Fattori comportamentali: con il tempo tuttavia il rinforzo esterno tende a diminuire e il fattore di
mantenimento più importante diventa la sintomatologia determinata dal digiuno.
Dieta Ferrea e Sindrome da Digiuno: Minnesota Study
Le conoscenze a questo proposito derivano da uno studio condotto da A. Keys e dai suoi
collaboratori negli Anni '50 presso l'Università del Minnesota, che hanno preso in esame un
gruppo di 36 giovani obiettori di coscienza, in stato di buona salute fisica e psicologica, che hanno
aderito all’esperimento in alternativa al servizio militare durante la seconda guerra mondiale. Nei
primi 3 mesi i soggetti interessati hanno mantenuto la loro usuale alimentazione e sono stati
analizzati il comportamento, la personalità e le abitudini alimentari. Nei 6 mesi successivi tutti i
partecipanti sono stati sottoposti a un semidigiuno che ha comportato una perdita di peso del
25% del peso corporeo iniziale. A questo periodo seguirono 3 mesi di riabilitazione nutrizionale.
Alla fine dello studio i soggetti presi in considerazione manifestarono profonde modificazioni
fisiche, psicologiche, comportamentali e sociali simili a quelle riscontrate nelle persone che
soffrono di Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa. Le persone che si sottopongono ad una
restrizione alimentare, dopo una prima fase caratterizzata da euforia e iperattività, sviluppano
una complessa serie di sintomi e segni, elencati nella Tabella 2, che coinvolgono aspetti organici,
comportamentali e psichici costituendo quella che viene definita come la “Sindrome da digiuno”.
Tabella 2. Sintomi da digiuno
Fonte: A. Keys et al., The Biology of Human Starvation.
Minneapolis, University of MinnesotaPress, 1950.
Atteggiamenti nei confronti del
Modificazioni cognitive
cibo
Preoccupazione per il cibo
Collezione di ricette e libri di cucina

Diminuita capacità di concentrazione

Diminuita capacità di pensiero astratto

Apatia
Inusuali abitudini alimentari
Aumento del consumo di caffè, tè, spezie
Occasionale ingestione esagerata di cibo
Modificazioni emotive e sociali

Modificazioni fisiche

Depressione
Disturbi del sonno

Ansia

Debolezza

Irritabilità e rabbia

Disturbi gastrointestinali

Labilità emotiva

Ipersensibilità al rumore e alla luce

Episodi psicotici

Edema

Cambiamenti di personalità evidenziati dai

Ipotermia

test psicologici

Parestesie

Isolamento sociale

Diminuzione del metabolismo basale

Diminuzione dell’interesse sessuale
 Sul piano fisico compaiono disturbi legati al ritmo del sonno (la fame spesso impedisce di
dormire), alla bassa temperatura corporea (difesa delle residue energie e risparmio energetico)
da cui la sensazione costante di freddo sofferta dalle anoressiche. I sintomi digestivi (nausea,
senso di pienezza gastrica, tensione addominale) sono a volte così importanti che spesso dolori,
spasmi, gonfiori, sensazioni di difficoltà digestive sono segnalati come motivo del rifiuto del cibo.
 Sul piano psicologico si riscontra un'attenzione completamente polarizzata sul cibo, che porta il
soggetto a imperniare tutta la sua quotidianità sull'alimentazione, talvolta con comportamenti
bizzarri, ritualistici e spesso caratteristici in particolare dell'anoressia restrittiva. Nella Tabella 3
vengono appunto elencati alcuni comportamenti tipici nell'AN legati al mangiare o al bere.
Tabella 3. Rituali nell’Anoressia Nervosa
Fonte: da Ostuzzi, Luxardi, 2003.

Mangiare molto lentamente.

Mangiare di nascosto, fare piccoli bocconi, sminuzzare e spezzettare i cibi.

Pulire i cibi dal grasso visibile, asciugare il condimento.

Usare le posate in modo anomalo (mangiare con una piccola forchetta).

Nascondere il cibo, fare scarti elevati, lasciare sempre qualcosa nel piatto.

Usare spezie ed aromi in quantità eccessive.

Mescolare i cibi in modo inadeguato.

Bere quantità eccessive di liquidi fuori pasto o al contrario non bere.

Selezionare mentalmente e fisicamente la dose da mangiare.

Conteggiare le calorie di tutto quello che si mangia.

Controllare cosa e quanto mangia chi è a tavola con loro.

Assumere sempre gli stessi cibi e pietanze.
Sul piano emotivo si assiste spesso a modificazioni importanti, emergono stati depressivi,
ansiosi e di irritabilità; talvolta si possono riscontrare manifestazioni psichiatriche anche di
maggiore gravità. Spesso risulta evidente una tendenza all'isolamento sociale, amplificata dalle
oggettive difficoltà che la ragazza anoressica incontra nel frequentare altre persone. Gli amici,
dopo un primo momento in cui hanno a volte incoraggiato la sua dieta per la linea, divengono
perplessi di fronte all'eccessivo dimagrimento e non condividono le sue preoccupazioni per il
cibo. Inoltre, lo stare insieme spesso prevede momenti conviviali quali mangiare la pizza o il
gelato; in queste occasioni chi soffre di anoressia sperimenta solo ansia, imbarazzo, voglia di
evitamento e di autoesclusione. L'insorgenza della sintomatologia psicologica (ansia, depressione,
irritabilità) e la tendenza a chiudersi in se stessa pongono la ragazza in una condizione in cui ogni
relazione è difficile ed anche l'accettazione di un aiuto esterno è problematica. La ragazza con un
DCA ha imparato che il controllo del cibo è un potente strumento per controllare le sue ansie e
paure: ogni tentativo di ridurre il controllo può scatenare una crisi di ansia e depressione. È allora
giocoforza per la ragazza riprendere quel controllo che riesce a darle un seppur breve sollievo. Sul
piano del pensiero si riscontra, dopo la fase iniziale, una diminuzione della capacità di
concentrazione, che spesso ha a che fare con la necessità di aumentare l'impegno nello studio
fino a ritmi estenuanti per mantenere il profitto scolastico. Si assiste, inoltre, ad una regressione
della forma del pensiero che diviene simile a quello infantile, legato ai dati concreti della
quotidianità e incapace di elaborare ipotesi sul futuro o su situazioni diverse da quella presente.
Si manifesta uno stato in cui apatia, scarsa capacità di concentrazione e ridotto pensiero critico si
accompagnano in un quadro che tende a perpetuare il disturbo di base. I sintomi descritti sono
legati in modo diretto e contingente alla condizione di malnutrizione e sono quindi reversibili
(fino ad un anno dall'insorgenza).
Abbuffate di tipo compulsivo e mezzi di compenso
Sono presenti nella Anoressia Nervosa di tipo eliminativo e nella Bulimia Nervosa con condotte di
eliminazione. Nella Bulimia Nervosa il fattore principale di mantenimento è costituito dai
comportamenti di compenso finalizzati al controllo del peso corporeo e delle emozioni negative.
Tra queste pratiche eliminative la più ricorrente è senza dubbio il vomito autoindotto, seguito
dall’abuso di lassativi e diuretici e dalla pratica di attività fisica strenua o da digiuni forzati. Sia dal
punto di vista psicologico che da quello fisiologico è accertato che queste pratiche tendono a
facilitare successive abbuffate e ad esasperarle ulteriormente. Il pensiero dominante diventa
“posso anche lasciarmi andare, posso abbuffarmi tanto so che vomiterò”; talvolta l'abbuffata è
spinta oltre i suoi limiti naturali perché solo se ci si sente “pieni da scoppiare” si riesce a vomitare.
L'intervento più diretto, in questo caso, è rappresentato da una regolarizzazione
dell'alimentazione che miri a spezzare il circolo vizioso della bulimia. La ragazza affetta da bulimia
sviluppa nel tempo una incapacità a distinguere i diversi stimoli biologici di fame e sazietà e a
percepire e gestire correttamente ansia, rabbia, solitudine e tristezza. Il comportamento
alimentare bulimico, la crisi di abbuffata e vomito, diviene spesso un diversivo, un riempitivo e
uno sfogo che può apparire più gestibile della crisi di ansia e di depressione. Per quanto possa
sembrare paradossale le conseguenze di questi disturbi possono essere percepite come vantaggi:
nell'anoressia ad esempio, il perdere peso dà una senso di gratificazione, di autocontrollo, di
capacità di gestire la situazione, nonché la possibilità di attirare l'attenzione su di sé, di essere
presenti agli occhi degli altri attraverso la scomparsa del proprio corpo. Per questi motivi si dice
che l'anoressia è “egosintonica”, cioè che il comportamento che la caratterizza viene percepito
come più vantaggioso che svantaggioso ponendo la persona in sintonia con lo stesso. Anche nel
caso della bulimia nervosa l'ingerire grandi quantità di cibo è un modo per sedare i momenti di
ansia e di tensione, e i comportamenti eliminativi conseguenti, come il vomito o l'uso di lassativi,
permettono di agire un certo controllo sulla situazione e sul peso corporeo. Spesso la
consapevolezza dei conseguenti vantaggi è minima: la persona che vuole essere curata è convinta
di voler cambiare, ma via che il cambiamento si prospetta può accorgersi che la sua
determinazione non è così forte. Le conseguenze sono rappresentate dai sensi di colpa e di
disistima personale che possono vanificare la spinta al superamento del problema. Il
comportamento bulimico è “egodistonico”, viene cioè vissuto come negativo e sgradevole a
differenza di quanto avviene nella anoressia. È necessario sottolineare che nella bulimia nervosa
ciò che la ragazza teme fortemente è il fatto di aver ingerito troppo cibo e ogni rimedio le
sembrerà utile e necessario per evitare il pericolo di ingrassare. Egodistonica, pertanto, appare
l'abbuffata e non il vomito che è invece “protettivo” rispetto alla sua paura di ingrassare. La
conseguenza della egosintonia dell'anoressia e della egodistonia della bulimia starebbe
soprattutto nel fatto che nel primo caso vi è un rifiuto delle cure e nel secondo una più frequente
richiesta di aiuto. La ragazza con bulimia nervosa vorrebbe saper evitare le abbuffate ma per
assumere un comportamento alimentare restrittivo e controllato, mirato al conseguimento di
quel peso corporeo tanto desiderato ma quasi sempre troppo basso per cui non riescono a
mantenerlo. Nella realtà clinica non sempre le cose sono così e spesso la maggior disponibilità
alle cure riscontrata nella bulimia è solo apparente. Le ragazze sono spesso ambivalenti rispetto
alle cure: le vorrebbero ma ne hanno una grande paura. Inoltre, al di là delle dichiarazioni e
anche della reale consapevolezza della persona, l'abbuffata per quanto aborrita rappresenta il
mezzo per sedare l'ansia. Il momento in cui si cede alla tentazione del cibo diventa un modo per
lasciarsi andare, per allentare la tensione, per concedersi il cibo proibito, per allontanare ogni
pensiero negativo. La ragazza bulimica in questo caso oscilla tra due versioni diverse di se stessa,
la parte controllante e la parte cedevole, inconciliabili tra loro, ma con cui si abitua a convivere.
La conseguenza di ciò è che spesso l'abbuffata viene accuratamente programmata, garantendosi
una fornitura adeguata di cibo e eliminando ogni elemento di disturbo.

Relazioni interpersonali familiari disturbate: un fattore di mantenimento importante può essere
rappresentato dalla reazione del nucleo familiare: l'insorgenza del problema può indurre
comportamenti che, anche se perfettamente comprensibili, tendono purtroppo a perpetuare il
disturbo. L'emergere di un atteggiamento iperprotettivo ha l'effetto di ridurre l'autonomia del
soggetto. Si viene quindi a creare una situazione di regressione dell'intero nucleo familiare ad una
fase in cui i genitori si dovevano occupare completamente dell'alimentazione della figlia. Se
consideriamo che il motore dei disturbi del comportamento alimentare è spesso rappresentato
dalla paura di crescere e di autonomizzarsi, diventa evidente come questa situazione può essere
maggiormente coerente con il mantenimento della malattia piuttosto che con il suo
superamento. Un intervento di supporto ai familiari può rivelarsi estremamente utile, per non
dire necessario. Spesso per gli aspetti di ambivalenza “le cure le voglio ma mi spaventano, mi
faranno recuperare benessere ma mi tolgono la voglia di vivere” si è parlato di vantaggi
secondari. È indubbio che una ragazza attraverso la malattia può ottenere più attenzioni e cure e
che la stessa rappresenta un efficace strumento che le permette di evitare ciò che la spaventa;
questi sono certamente dei vantaggi. Ma una lettura più attenta della situazione può consentire
di comprendere che queste situazioni vantaggiose altro non sono che modalità protettive e
difensive che la ragazze assumono per fronteggiare le paura e le difficoltà. In questo senso il
termine di vantaggi secondari non ci pare corrisponda alla realtà dei pensieri e delle
problematiche dei soggetti con un disturbo alimentare, mentre pare più corretta la definizione di
comportamenti di evitamento e di difesa.