I solfiti in enologia - Rivista di Agraria.org

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I solfiti in enologia
Categories : Anno 2015, N. 203 - 1 gennaio 2015
di Marco Sollazzo
Il diossido di zolfo (SO2), meglio noto con il nome di solforosa, è un prodotto impiegato dalla
maggior parte delle aziende vitivinicole nella produzione dei vini. È comunemente impiegato sotto
forma di metabisolfito del potassio K2S2O5 che in acqua produce anidride solforosa.
La solforosa è principalmente utilizzata per la sua proprietà antiossidante, cioè è in grado di legarsi
all’ossigeno attraverso la seguente reazione:
SO2 + ½ O2-> SO3
Se non fosse aggiunta la solforosa nel vino, l’ossigeno presente reagirebbe con altre molecole,
quali:
a) polifenoli, principalmente antociani disostituiti (perdita di colore);
b) molecole aromatiche, tioli in particolare (perdita di aroma);
c) etanolo, acetaldeide, molecole secondarie con formazione di acido acetico ed altri composti
indesiderati.
Il diossido di zolfo è in grado di svolgere altre importanti funzioni:
- azione antisettica: è particolarmente adatto per selezionare l’ecologia microbica del mosto e del
vino. Lieviti e batteri sono sensibili all’azione della solforosa, perciò all’aumentare della dose di
solforosa si può inibire l’attività di una o più specie di microrganismi che influiscono negativamente
sulla qualità del vino;
- azione antiossidasica: la solforosa è in grado di inibire l’azione di alcuni enzimi ossidativi
evitando la perdita di colore e la formazione di spunto acetico;
- azione solubilizzante: questa proprietà della solforosa, seppur minima, può portare alla cessione
di alcuni composti nel mosto durante la macerazione. La solforosa in acqua si comporta da acido,
di conseguenza favorisce l’estrazione di alcuni composti, ad esempio dei polifenoli.
Solforosa nel vino
Codice ISSN 1970-2639 - Reg. Tribunale di Firenze nr 6017 del 02/03/16
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Al pH del vino, la solforosa si trova in equilibrio sotto diverse forme. Solo la solforosa molecolare,
una piccolissima percentuale della solforosa libera (e totale), svolge un’azione antiossidante e
antimicrobica; le altre forme risultano non utili ad esplicare queste attività (fig.1).
Fig.1 - Diverse forme di solforosa presente nel vino
L’anidride solforosa libera si trova in concentrazione più alta a pH bassi; perciò a parità di dose
aggiunta, nei vini a basso pH, la sua azione sarà maggiormente efficace. E’ stato dimostrato che
anche una gradazione alcolica e una temperatura più alta, nei limiti del processo tecnologico,
possono spostare l’equilibrio della solforosa verso la forma fisiologicamente attiva.
E’ quindi importante evitare aggiunte di anidride solforosa in particolari momenti tecnologici della
produzione del vino (ad esempio quando il mosto è in fermentazione), perché oltre a svolgere
un’azione antisettica, ha la capacità di legarsi a composti intermedi di fermentazione (tab.1),
causando una diminuzione della sua efficacia e riducendo la resa percentuale in etanolo.
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Tab.1 - Alcuni composti che possono combinarsi con la solforosa
È inoltre noto che Saccharomyces cerevisiae, il lievito principe della fermentazione alcolica,
produce solfiti come sottoprodotto del suo metabolismo. La quantità di solfiti prodotta dal
lievito è variabile (la stima varia da pochi milligrammi fino a oltre 50mg per litro).
Proprio per tutte le considerazioni fatte, l’uso razionale e intelligente dell’anidride solforosa in
enologia deve essere valutato da una figura professionale specifica, con analisi alla mano per
decidere al meglio la quantità e i momenti tecnologici ottimali di aggiunta; questi permetteranno di
avere la massima dose attiva nel vino e di non superare la dose massima ammessa dalla legge.
Come se non bastasse, il suo uso eccessivo, può compromettere la qualità del vino con la
produzione di aromi sgradevoli.
Quando aggiungere la solforosa e quanta?
Se dovessimo considerare la solforosa per la sua proprietà antiossidante, tale additivo andrebbe
aggiunto dove il contatto di ossigeno può rappresentare un serio problema per la qualità del vino.
Le fasi tecnologiche più critiche sono: il periodo che intercorre tra la raccolta e la pigiatura delle
uve, il momento di svinatura, i travasi, le relative filtrazioni e l’imbottigliamento. Non è possibile
indicare delle dosi medie, proprio per l’estrema variabilità dei prodotti, per l’aspetto salutistico e
per il tipo di lavorazione che si vuole seguire.
Limiti legislativi ed aspetto salutistico
Nonostante le importanti proprietà dell’anidride solforosa è noto che essa ha un’azione tossica
sull’uomo, che ne limita l’impiego. Negli individui sani, alle dosi comunemente impiegate
nell’industria alimentare, l’anidride solforosa è considerata un additivo sicuro. Tuttavia, alcuni
individui sensibili possono manifestare, anche con basse dosi di solfiti, delle reazioni pseudo
allergiche; questo perchè viene facilmente assorbita nel tratto superiore dell’apparato respiratorio
e l’alta reattività la rende un composto estremamente irritante.
Il tenore di solforosa massima previsto dal regolamento 606/2009 della Comunità Europea è
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fissato a 150 mg/L nei vini rossi e 200 mg/L nei vini bianchi. Nei vini biologici questi limiti sono
ridotti rispettivamente a 100 e 150mg/L. Fanno eccezione la produzione di vini spumanti, passiti e
prodotti con deroghe particolari in funzione dell’annata.
I solfiti sono molecole che vengono trasformate in solfati durante il passaggio nell’apparato
digerente. Il contatto dei solfiti alimentari con il pH dello stomaco genera una certa quantità di
anidride solforosa che può indurre attacchi di broncospasmo nei soggetti asmatici.
Il mal di testa provocato da una dose eccessiva di solfiti sembrerebbe essere legato all’enzima
solfito-ossidasi del nostro corpo. Tale enzima esplica un’azione detossificante trasformando i solfiti
in solfati utilizzando quantità, seppur minime, di ossigeno: questo limiterebbe l’afflusso
dell’ossigeno alla testa con conseguente sensazione di capogiro e cerchio alla testa. Non si può
escludere l’azione combinata dell’alcool per tale sintomo.
Proprio per la potenziale attività pseudo allergenica dei solfiti, i produttori alimentari sono obbligati
a riportare in etichetta la presenza di questa sostanza qualora venga superata la dose di 10 mg/L.
In generale, si stima che i solfiti causino problemi a circa lo 0,05-1% della popolazione, con un
rischio sensibilmente maggiore per gli individui asmatici (circa il 5%).
Non bisogna però pensare che solo il vino impieghi la solforosa come additivo, molti sono i
prodotti alimentari dove i solfiti vengono comunemente aggiunti. Da uno studio emerge che,
le dosi ritrovate in altri alimenti, sono risultate più alte rispetto a quelle impiegate nel vino (tab.2).
Tab.2 - Solfiti a confronto nei vari preparati alimentari
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Conclusioni
Proprio per il suo impatto salutistico e per le numerose variabili che entrano in gioco, è
sconsigliato improvvisare aggiunte dei solfiti nell’uva, nel mosto e nel vino. E’ consigliabile
rivolgersi ad una figura tecnica abilitata che possa decidere i momenti tecnologici ideali di aggiunta
e, prima di fare un’altra aggiunta, consultare le analisi relative alla solforosa già presente nel vino.
Sono numerosi i prodotti enologici proposti in alternativa alla solforosa, ma purtroppo, alle
conoscenze attuali, nessuno di questi sembra mostrare le molteplici azioni svolte da quest’ultima.
La ricerca sta in tal senso intensificando gli studi al fine di trovare un prodotto di origine naturale
che possa risolvere gli inconvenienti salutistici dei solfiti e dei suoi derivati. Inoltre, tutte le
operazioni colturali in vigna volte ad evitare l’insorgenza di patogeni (potatura invernale ed estiva,
concimazioni, trattamenti fitosanitari, rimozione di materiale infetto, selezione delle uve, etc) e
lavorazioni in cantina (utilizzo del freddo, impiego di gas inerti, lieviti selezionati, prodotti alternativi
alla solforosa) possono favorire il contenimento dell’uso dell’anidride solforosa.
dalla Rivista TerrAmica - num. 2 Gennaio 2015
Marco Sollazzo, laureato in Tecnologie Alimentari ed Enologiche, Curriculum Viticoltura ed
enologia presso la Facoltà di Agraria di Viterbo, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze
viticole ed enologiche interateneo presso la Facoltà di Agraria di Torino, discutendo la tesi
"Valutazione delle condizioni analitiche del test di minicontatto e impiego di biopolimeri per la
stabilizzazione tartarica dei vini". Curriculum vitae >>>
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