il caso dei solfiti nelle bevande

S1 - Sofisticazioni alimentari: il caso dei solfiti nelle bevande e fermentazione alcolica
Destinatari
Classi II, III, IV e V
Il caso dei solfiti nelle bevande
Obiettivi didattici
Misurare la concentrazione dei solfiti presenti in diverse bevande alcoliche utilizzando lo
spettrofotometro.
Prerequisiti
Nozioni di base di spettroscopia.
Descrizione
L'anidride solforosa (E220) ed i solfiti (da E221 a E228) trovano impiego nell'industria alimentare
come conservanti antimicrobici ed antiossidanti. Come tali, vengono utilizzati per inattivare muffe,
lieviti e batteri, nonché per preservare il colore dei cibi e proteggerli dall'imbrunimento. I solfiti
vengono utilizzati soprattutto nel processo di vinificazione per impedire la crescita di batteri lattici e
acetici che altererebbero il prodotto finale. Per poter agire efficacemente su un ceppo batterico
indesiderato è necessario aggiungere al mosto quantità minime di solfiti pari a 100 mg/l; tuttavia, la
legge da alcuni anni obbliga a scrivere "contiene solfiti" su tutti gli alimenti (non solo il vino) che
contengono solfiti in concentrazione superiore a 10 mg/l. Negli individui sani, nelle dosi
comunemente impiegate nell'industria alimentare, l'anidride solforosa è considerata un additivo
sicuro; si tratta, infatti, di un composto naturale, prodotto anche dal nostro organismo durante il
metabolismo di alcuni amminoacidi e facilmente inattivato dai sistemi di detossificazione endogeni
(grazie agli enzimi solfito-ossidasi che la trasformano nell'innocuo solfato). Nonostante questa
sicurezza d'uso, l'anidride solforosa ed i solfiti possono arrecare qualche problema, talvolta grave,
alle persone per così dire "sensibili". Gli strumenti di misurazione attualmente utilizzati sono in grado
di misurare la presenza di solfiti al di sopra dei 7 mg/l. Tradizionalmente la concentrazione di solfiti
in una bevanda veniva misurata tramite titolazione del campione con una soluzione di iodio-ioduro
di potassio. Il sistema utilizzato nel laboratorio in oggetto utilizza lo spettrofotometro e permette
quindi letture rapide. Nel test i solfiti vengono fatti reagire con un composto cromogenico che produce
un prodotto stechiometricamente correlato con la concentrazione di solfiti totali presenti nel
campione.
Fermentazione alcolica
Obiettivi didattici
Verificare il processo di fermentazione alcolica, da parte di Saccharomices cerevisiae immobilizzato,
utilizzando diversi substrati.
Prerequisiti
Fermentazione e pH.
Descrizione
La fermentazione è un processo utilizzato da microrganismi anaerobi obbligati o facoltativi e può
portare alla produzione di diversi prodotti terminali quali etanolo, acido lattico, acido acetico, acido
butirrico, ecc… La fermentazione alcolica è alla base della panificazione e della produzione di
bevande alcoliche come vino e birra. Le cellule di lievito aggiunte all’impasto o ai tini per la
vinificazione si trovano inizialmente in un ambiente aerobico; crescendo però consumano ossigeno
mediante la respirazione cellulare, causandone un progressivo calo nell’ambiente con conseguente
inizio della fermentazione. I lieviti, così come qualsiasi altro microrganismo o enzima utilizzato nelle
trasformazioni industriali, possono essere fissati ad un supporto. Tali biocatalizzatori immobilizzati
forniscono molti vantaggi quali un aumento di stabilità, la possibilità di riciclo o di uso in continuo
dei microrganismi/enzimi e una facile separazione dalla miscela di reazione. Esistono diverse
tecniche di immobilizzazione, ma quella particolarmente adatta per cellule integre prevede
l'intrappolamento in gel polimerici che fungono da barriera fisica alla fuoriuscita dei biocatalizzatori
che conservano la propria attività e reagiscono con i substrati che permeano attraverso la struttura del
gel. In questa esperienza l'attività del lievito Saccharomices cerevisiae, immobilizzato in alginato di
calcio, sarà valutata rilevando, con un indicatore universale di pH, l’acidificazione della soluzione
iniziale dovuta all’anidride carbonica prodotta dalla reazione. La fermentazione sarà effettuata
utilizzando diversi substrati quali: fruttosio, glucosio, saccarosio e lattosio. Il fruttosio e il glucosio
sono monosaccaridi; il saccarosio, un disaccaride, deve essere idrolizzato dall'enzima invertasi,
prodotto dal lievito, in glucosio e fruttosio prima di essere fermentato. Saccharomyces cerevisiae non
è invece in grado di fermentare il lattosio poiché privo della β-galattosidasi che scinde il lattosio in
glucosio e galattosio. Attualmente, anche l'industria dei biocombustibili impiega Saccharomyces
cerevisiae per convertire zuccheri, farine o altri carboidrati semplici in etanolo. L'ingegnerizzazione
di lieviti in grado di utilizzare sia il lattosio, presente nel siero di latte, residuo del processo di
caseificazione, che la cellulosa dagli scarti vegetali rende più realizzabile l'obiettivo di produrre
etanolo in modo facile, economico ed efficiente.