linee guida della Regione Campania per la diagnosi precoce del

ASSESSORATO ALLA SANITA’ - REGIONE CAMPANIA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI
PROGRAMMA REGIONALE DI INTERVENTO
PER LA RIABILITAZIONE E IL RECUPERO
DELLE DISABILITÀ INFANTILI
2. Miglioramento della qualificazione professionale degli operatori pubblici
della riabilitazione ed omogeneizzazione dei protocolli di intervento per
singoli problemi neuroriabilitativi
2.1. Autismo Infantile
Responsabile: Prof. Roberto Militerni
Dipartimento di Pediatria - Seconda Università di Napoli
LA DIAGNOSI PRECOCE DEL DISTURBO
AUTISTICO
RACCOMANDAZIONI tecniche-operative per gli
operatori territoriali
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
INDICE
Premesse
Pag.
3
I. Quadro clinico e criteri diagnostici
"
5
Raccomandazioni 1 - 4
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34
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35
II. La diagnosi precoce
Raccomandazioni 5 - 7
III. La conferma diagnostica
Raccomandazioni 8 - 15
IV. L'intervento precoce
Raccomandazioni 16 - 23
V. Implicazioni di carattere organizzativo
Raccondazioni 24 - 26
Appendice
2
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
LA DIAGNOSI PRECOCE DEL DISTURBO AUTISTICO
RACCOMANDAZIONI tecniche-operative per gli operatori territoriali
Premesse
L'Autismo Infantile nasce come entità nosografica autonoma nel 1943 grazie alla
descrizione, da parte di Leo Kanner, di 11 bambini con un quadro clinico
caratterizzato da un disturbo nel "contatto affettivo con la realtà", che si
traduceva in condotte di evitamento, tendenza all'isolamento ed atipie
comportamentali (bisogno di immutabilità).
A distanza di circa 60 anni, tuttavia, persistono notevoli incertezze nei riguardi
delle cause, degli elementi caratterizzanti il quadro clinico, dei confini nosografici
con sindromi simili e, conseguentemente, dell'evoluzione a lungo termine.
Ciò determina un profondo disorientamento non solo dei genitori, ma degli stessi
operatori coinvolti nella diagnosi e nella formulazione del progetto terapeutico.
Alla luce di tali difficoltà diverse Società Scientifiche, quali l'American Academy of
Child Adolescent Psychiatry, l'American Academy of Pediatrics, Istituzioni
Sanitarie Internazionali, quali il National Institute of Mental Health [NIMH, USA]
ed Associazioni di Famiglie hanno cercato di definire specifiche linee guida 1-3.
Le linee guida, in generale, consistono in una serie di indicazioni,
raccomandazioni e/o suggerimenti, che si pongono come punti di riferimento per
genitori ed operatori. Tali indicazioni, raccomandazioni e/o suggerimenti sono
ricavati facendo riferimento alla letteratura internazionale e possono riguardare
uno specifico aspetto di una situazione patologica o per contro aspetti più
generali.
L'elaborazione di "linee guida" è un processo complesso che non può essere il
frutto del lavoro di un singolo ricercatore o di una singola unità di ricerca e
nemmeno di una singola società scientifica. Le linee guida, al contrario,
rappresentano il prodotto di commissioni di esperti in rappresentanza di molteplici
gruppi di ricerca, società scientifiche, associazioni ed istituzioni nazionali.
Ciò è quanto è successo nei Paesi su menzionati, in cui gli "esperti" sono giunti
ad un consensus su una serie di raccomandazioni basate non tanto su
esperienze e convinzioni personali, ma sulle evidenze emerse da un'ampia
revisione della letteratura internazionale.
In particolare, le varie raccomandazioni sono state formulate facendo
riferimento a definiti criteri, espressi come Forza dell'evidenza e Forza della
raccomandazione 3.
La Forza dell'evidenza si riferisce alle caratteristiche degli studi presi in
considerazione. In particolare si parla di:
 livello o grado I, quando l'evidenza deriva da metanalisi di studi controllati e
randomizzati; da studi, cioè, caratterizzati da un forte rigore metodologico;
 livello o grado II, quando l'evidenza deriva da studi che rispetto ai precedenti
presentano una lacuna metodologica (mancata randomizzazione o scarsa
estensione del campione o inadeguata definizione dei criteri di
inclusione/esclusione);
 livello o grado III, quando l'evidenza deriva da studi non controllati che
peraltro appaiono metodologicamente incompleti (due o più delle lacune
esposte);
 livello o grado IV, quando l'evidenza si riduce alla semplice opinione di
esperti.
3
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
La Forza della raccomandazione deriva direttamente dalla Forza dell'evidenza e
viene classificata nel modo seguente:
 Standard minimo = rientrano in tale categoria le raccomandazioni basate su
evidenze di livello I. Si tratta, cioè, di raccomandazioni che derivano da studi
controllati e randomizzati che garantiscono una "certezza" clinica;
 Linea Guida Clinica = rientrano in tale categorie le raccomandazioni basate su
studi di livello II. La raccomandazione, cioè, deriva da studi controllati, ma
insufficienti a definire conclusioni cliniche "certe";
 Opzione clinica = si tratta di raccomandazioni che derivano da evidenze
cliniche non sempre condivise.
L'applicazione di questi criteri nell'elaborazione di Linee Guida per l'Autismo non
è sempre agevole, in quanto la diversificazione dei modelli interpretativi utilizzati
a livello internazionale, la scarsa omogeneità della stessa terminologia adottata
dai vari gruppi di ricerca nel definire situazioni cliniche apparentemente simili e la
mancanza di validi indicatori di qualità per valutare l'efficienza delle cure prestate,
fanno sì che i lavori pubblicati difficilmente rientrino nella categoria di Livello I
(studi controllati e randomizzati). A ciò si aggiunga che in relazione alla
complessità del quadro clinico-evolutivo-terapeutico servirebbero tante Linee
Guida per quanti sono gli aspetti in qualche modo interessati.
Il presente lavoro rappresenta, insieme, una revisione delle proposte
internazionali in tema di Linee Guida per l'Autismo ed una sintesi delle
RACCOMANDAZIONI da esse emerse.
Sono tuttavia necessarie due precisazioni.
La prima precisazione riguarda il fatto che le presenti RACCOMANDAZIONI si
riferiscono ad una fascia di età specifica: quella compresa fra 0 e 5 anni.
Pertanto, come espresso nell'intestazione del presente documento, esse
prendono in considerazione la diagnosi precoce e, conseguentemente, lo
screening e la presa in carico terapeutica nella fase immediatamente
successiva alla diagnosi. Tale scelta deriva dal fatto che l'Autismo è un
disordine complesso, che esordisce precocemente e accompagna il soggetto per
tutto il ciclo di vita. Conseguentemente, le "esigenze" sono molteplici sia quando
si affronti il problema in una prospettiva sincronica (scelta ed articolazione degli
interventi per specifiche fasce di età) che quando lo si valuti in una prospettiva
diacronica (rivalutazione e riformulazione degli interventi in rapporto ai
cambiamenti derivanti dall'età). Bisognerà quindi prevedere in prospettiva
l'elaborazione di specifiche Linee Guida per i molteplici aspetti che il Disturbo
Autistico comporta.
La seconda precisazione riguarda il fatto che per le varie RACCOMANDAZIONI
riferite non vengono specificate la Forza dell'evidenza e la Forza della
raccomandazione. Ciò deriva dal fatto che per i motivi esposti precedentemente
non è sempre agevole differenziare i lavori di Livello I da quelli di Livello II. Va
tuttavia sottolineato che tutte le RACCOMANDAZIONI riportate rispondono ai criteri
definiti come Standard o Linea Guida Clinica. Sono state, cioè, escluse le
raccomandazioni basate su evidenze di Livello III e IV, che come tali si
configurano come Opzione Clinica.
4
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
I. QUADRO CLINICO E CRITERI DIAGNOSTICI
La diagnosi di Autismo viene attualmente formulata facendo riferimento ai criteri
del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV), redatto
dall'American Psychiatric Association 4. Tali criteri, esposti in Tabella I (Tab. I)
prevedono la presenza di almeno 6 "sintomi", di cui almeno 2 riferibili ad una
compromissione dell'interazione sociale, almeno 1 riferibile ad una
compromissione della comunicazione verbale e non verbale ed almeno 1 riferibile
ad una compromissione nell'area delle attività e degli interessi.
A. Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da (1), e uno ciascuno da (2)
e (3):
1) compromissione qualitativa dell'interazione sociale, manifestata con almeno 2 dei
seguenti:
a) marcata compromissione nell'uso di svariati comportamenti non verbali, come lo
sguardo diretto, l'espressione mimica, le posture corporee, e i gesti che regolano
l'interazione sociale
b) incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo
c) mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi
con altre persone (per es., non mostrare, portare, né richiamare l'attenzione su
oggetti di proprio interesse)
d) mancanza di reciprocità sociale o emotiva;
2) compromissione qualitativa della comunicazione come manifestato da almeno 1 dei
seguenti:
a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non
accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di
comunicazione come gesti o mimica)
b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di
iniziare o sostenere una conversazione con altri
c) uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico
d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione
sociale adeguati al livello di sviluppo;
3) modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, come
manifestato da almeno 1 dei seguenti:
a) dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o
per intensità o per focalizzazione
b) sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici
c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o
complessi movimenti di tutto il corpo)
d) persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti;
B. Ritardi o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree, con esordio prima
dei 3 anni di età: (1) interazione sociale, (2) linguaggio usato nella comunicazione
sociale, o (3) gioco simbolico o di immaginazione.
C. L'anomalia non è meglio attribuibile al Disturbo di Rett o al Disturbo Disintegrativo
della Fanciullezza.
Tab. I - Criteri diagnostici del Disturbo Autistico (dal DSM - IV).
5
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
LA TRIADE SINTOMATOLOGICA DELL'AUTISMO
(1) Compromissione dell’interazione sociale e comportamenti ad essa correlati. I
disturbi che rientrano in questa area variano in rapporto all’età e al livello di
sviluppo.
Nel corso del primo anno di vita, la compromissione dell’interazione sociale è
tipicamente espressa dal deficit del canale di scambio privilegiato in tale periodo:
vale a dire, il contatto occhi-occhi. Nella ricostruzione anamnestica, infatti, i
genitori riferiscono il loro particolare disagio per la presenza fin dalle prime fasi
dello sviluppo del bambino di comportamenti riferiti come “sfuggenza dello
sguardo”, “difficoltà di agganciare lo sguardo”, “presenza di uno sguardo
assente”. Frequenti, nel primo anno di vita, sono le anomalie delle posture
corporee. Una sensazione comunemente riferita dai genitori è la difficoltà di
tenere in braccio il bambino (“come se sgusciasse da tutte le parti”). Ciò è dovuto
sia ad un’insofferenza per il contatto fisico - con conseguente adozione di
comportamenti di evitamento - sia ad un’incapacità da parte del piccolo di
adattare la sua postura alla postura di chi lo tiene in braccio. Questa incapacità
viene definita come un disturbo del dialogo tonico. Molto frequenti, infine, sono le
anomalie delle espressioni facciali che regolano l’interazione sociale; anomalie
che possono essere di carattere quantitativo (assenza del sorriso o povertà della
mimica) o qualitativo (sorriso, riso, collera, pianto non aderenti al contesto e privi
pertanto di funzione di segnalazione).
Nel corso dello sviluppo, la compromissione dell’interazione sociale si arricchisce
di comportamenti sempre più espliciti e caratteristici. Il bambino “si aggira” fra gli
altri come se non esistessero; tende ad isolarsi; quando chiamato “non risponde”;
non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività, nè lo rende partecipe
delle sue attività (richiamando, ad esempio, l’attenzione dell’altro su oggetti o
eventi interessanti, ovvero portando o mostrando oggetti); utilizza l’altro in
maniera strumentale per l’appagamento delle esigenze del momento (il bambino,
ad esempio, senza guardarlo negli occhi prende il braccio dell’altro e lo indirizza
verso una cosa, che lui da solo non riesce a prendere). Quest’ultimo aspetto
induce a tener ben presente che il rapporto interpersonale non è mai - o quasi
mai - completamente assente: esso tuttavia è limitato sempre - o quasi sempre a richiedere (qualcosa o qualche azione) e non a condividere (interessi, bisogni,
emozioni).
Le difficoltà di interazione sociale non riguardano solo le figure dell’ambiente
significativo, ma anche i coetanei. Sia in ambito familiare che extra-familiare il
bambino autistico mostra incapacità e disinteresse nello stabilire relazioni
adeguate al livello di sviluppo: il piccolo non richiede la compagnia dei coetanei
e, quando inserito in un gruppo, o si isola o adotta comportamenti inadeguati
(partecipazione passiva o condotte disturbanti).
Con riferimento a quest’ultimo aspetto va sottolineato che, anche se l’isolamento
e la chiusura in se stessi rappresentano tratti patognomonici (autismo, da 
= se stesso), non sono infrequenti comportamenti apparentemente paradossi
(cioè, come se il bambino cercasse di stabilire il rapporto); comportamenti,
tuttavia, che ad una valutazione più attenta si dimostrano qualitativamente
anomali. Alcuni bambini autistici, ad esempio, non solo non rifiutano il contatto
fisico, ma anzi lo ricercano attivamente, ma con modalità inappropriate, e spesso
dispensano baci a persone viste per la prima volta o ad estranei. Altri, ancora,
manifestano un attaccamento morboso ed esclusivo nei confronti della figura
materna, o comunque di una figura privilegiata.
In merito a questo aspetto, alcuni Autori hanno individuato tre sottogruppi di
bambini autistici sulla base della qualità dell’interazione sociale:
(a) bambini inaccessibili, che si “tirano fuori” da qualsiasi rapporto sociale;
6
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
(b) bambini passivi, che tendono ad isolarsi, ma sono in grado di interagire
quando adeguatamente sollecitati;
(c) bambini attivi-ma-bizzarri, che sono capaci di prendere l’iniziativa
nell’interazione sociale, ma lo fanno in maniera inopportuna, enfatica ed
inappropriata.
Questi diversi profili - inaccessibile, passivo e attivo-ma-bizzarro - non variano
solo da bambino a bambino, ma, in uno stesso bambino, possono alternarsi nel
corso dello sviluppo. Ad esempio, un bambino completamente fuori della
relazione può, nel corso dello sviluppo, adottare modalità di interazione di tipo
pseudo-sociale; così come bambini che inizialmente sembrano collocarsi nella
categoria dei passivi - capaci, cioè, di un’interazione quando adeguatamente
stimolati -, possono in fasi successive dello sviluppo chiudersi completamente.
(2) Compromissione della comunicazione e comportamenti ad essa correlati. La
mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di
sviluppo rappresenta uno dei disturbi più tipici e, forse, quello che maggiormente
determina nei genitori la consapevolezza di un’atipia dello sviluppo. Uno dei
motivi principali che spinge i genitori a richiedere una consultazione specialistica
è infatti rappresentato dal fatto che “il bambino non parla”.
Il deficit espressivo, peraltro, non è compensato da alcuna forma di
comunicazione alternativa. I vari canali, rappresentati dallo sguardo, dalla
mimica, dai gesti, o sono assenti o vengono utilizzati in maniera impropria e
limitatamente al soddisfacimento di richieste particolari. La mancanza del
linguaggio, unitamente ad alcuni particolari comportamenti, espressi dai genitori
con frasi del tipo “quando lo chiamo non risponde”, “se gli dico di fare qualcosa
non mi sta proprio a sentire” o “se impegnato nel fare qualcosa può cascargli il
mondo intorno ma non si smuove”, li induce a sospettare un deficit dell’udito. E’
evidente che tutti i comportamenti appena riferiti, inclusa la mancanza del
linguaggio, esprimono il disinteresse del bambino per l’altro e per l’ambiente. In
questo senso, il linguaggio, quale strumento privilegiato per entrare in uno
scambio comunicativo con l’altro, non viene investito.
Con il passare degli anni, mentre alcuni bambini non riescono ad acquisire
alcuna espressione verbale, altri presentano un progressivo sviluppo del
linguaggio, che può addirittura diventare particolarmente fluente. Anche in questi
casi, tuttavia, esso risulta qualitativamente inadeguato. Il linguaggio può essere
infatti caratterizzato da:
 gergolalie fluenti inintelligibili;
 ripetizione delle domande che gli vengono poste piuttosto che rispondere alle
stesse (ecolalia immediata);
 inversioni pronominali;
 ripetizione di parole, frammenti di frasi o intere frasi memorizzate, ma
pronunciate senza aderenza al contesto (ecolalia differita);
 alterazioni della prosodia (eloquio cantilenante o monotono o enfatico);
 stereotipie verbali.
Nel complesso, l’aspetto caratterizzante la compromissione del linguaggio è
rappresentato dal mancato bisogno di un partner conversazionale. In questo
senso vanno interpretati anche altri disturbi, quale quello di parlare di argomenti a
lui favoriti senza preoccuparsi se interessino l’interlocutore o se siano pertinenti
al discorso. Frequente è l’uso di frasi bizzarre, spesso associate in maniera
illogica ad alcuni eventi (espressioni idiosincratiche). Anche la perseverazione nel
porre domande - a volte la stessa domanda - di cui conoscono perfettamente la
risposta, denota la mancanza di interesse o del bisogno di condividere con chi
7
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
ascolta un contesto più ampio di interazioni in cui entrambi, chi parla e chi
ascolta, siano coinvolti in modo attivo.
La compromissione del linguaggio, peraltro, non riguarda solo gli aspetti
espressivi, ma anche la componente non-verbale e la comprensione. Per quel
che riguarda, infatti, la componente non-verbale del linguaggio, raramente
vengono usati quei gesti e quelle pantomime che solitamente accompagnano il
messaggio verbale per arricchirne il significato. Sul piano del linguaggio di
comprensione, vengono segnalati alcuni deficit molto particolari, quali l’incapacità
di riconoscere i motti di spirito, i doppi sensi, le metafore e le locuzioni
idiomatiche. Si tratta di difficoltà riconducibili al disturbo di una particolare area
del linguaggio, la pragmatica, intesa come quell’area relativa alla capacità di
definire le relazioni fra il linguaggio propriamente detto e chi lo usa, in rapporto
agli scopi, ai bisogni, alle intenzioni e ai ruoli di chi partecipa alla conversazione.
Ne deriva una comprensione cosiddetta letterale.
(3) Modalità di comportamento, attività ed interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati.
Vengono inclusi in questo gruppo di disturbi tutti quei movimenti, quei gesti e/o
quelle azioni che per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto
assumono la caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri. Molto spesso tali
comportamenti vengono genericamente denominati con il termine di stereotipie.
Si tratta, tuttavia, di un termine che non riesce a rendere la complessità di tali
comportamenti, che possono infatti esprimersi attraverso:
(a) una dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati,
anomali o per intensità o per focalizzazione;
(b) la sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici;
(c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi.
Su un piano puramente clinico-descrittivo, il repertorio di comportamenti
osservabili è apparentemente molto variabile. Il bambino, infatti, può impegnarsi
in maniera atipica (per ripetitività, rigidità e/o perseverazione) a:
 dondolarsi;
 imprimere alle mani atteggiamenti particolari;
 assumere posture bizzarre;
 guardarsi le mani;
 guardarsi allo specchio, mentre assume posture o espressioni mimiche
bizzarre;
 leccare;
 osservare l’acqua che scorre;
 far rotolare un determinato oggetto;
 osservare la lavatrice in funzione;
 versare l’acqua da un contenitore ad un altro;
 seguire con un dito tutte le linee che gli capita di vedere;
 sfogliare le pagine di giornali;
 strappare la carta;
 osservare il particolare di un oggetto (interessarsi, ad esempio, della ruota di
una macchinina e non dell’intera macchinina);
 disegnare sempre la stessa cosa;
 emettere determinati suoni;
 ripetere le stesse parole o frasi;
 recitare le scene di film (sempre le stesse);
 documentarsi su determinati argomenti (dinosauri, macchine, etc.).
Come è possibile rilevare, questo interesse assorbente e perseverante può
essere legato alla raccolta di stimoli provenienti dal proprio corpo, ovvero,
all’osservazione di particolari oggetti ed eventi, o anche all’esecuzione di
8
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
determinate attività. Sembra, cioè, configurarsi una sorta di continuum, da
interessi poco elaborati, come guardarsi le mani o strappare iterativamente la
carta, ad attività molto strutturate, come versare un liquido da un recipiente ad un
altro o mimare in maniera ripetitiva una scena di un film. La diversa scelta è
probabilmente legata ad una serie di fattori, quali:
- lo stile temperamentale;
- particolari caratteristiche dell’ambiente;
- l’età;
- l’entità della sintomatologia autistica;
- l’eventuale co-presenza e la gravità di un ritardo mentale associato.
Quello che va sottolineato è che cambiano gli interessi, ma l’Interesse inteso
come stato partecipativo e dedizione assorbente non cambia.
Nell’ambito di questo terzo gruppo di disturbi rientra anche la ritualizzazione di
alcune abituali routine quotidiane, quali il mangiare, il lavarsi, l’uscire, che devono
svolgersi secondo sequenze rigide ed immutabili. Il bambino, ad esempio, al
momento del pasto, può aver bisogno di mangiare sempre nella stessa stanza,
nello stesso posto, con la stessa disposizione spaziale del piatto e delle posate;
più spesso sono le caratteristiche del cibo che devono essere sempre le stesse,
sia in termini di sapore che di aspetto (o sempre pastina o sempre formaggini o
sempre surgelati di forma particolare). Questo bisogno di immutabilità - riferito dai
genitori come espressione di un “carattere abitudinario” - si verifica anche nel
gioco (disposizione di soldatini o di macchinine secondo un ordine che deve
rimanere immodificato), nella disposizione degli oggetti nella sua stanza (che
deve essere sempre la stessa) o nei percorsi da seguire nelle uscite. Nel
complesso, due aspetti particolari caratterizzano questo tipo di comportamenti:
l’abilità del bambino di cogliere anche minime variazioni del set percettivo
(accorgersi, ad esempio, che la disposizione dei soldatini è stata alterata o che il
cibo ha una consistenza lievemente diversa) e le reazioni di profondo disagio
quando ciò avviene. In effetti, è proprio questo profondo disagio - che, peraltro, si
traduce in vivaci reazioni comportamentali di rabbia ed aggressività auto o
eterodiretta -, che conferisce a queste abitudini il carattere di un bisogno. Sotto
questo aspetto, tali comportamenti sembrano assumere le connotazioni tipiche
delle manifestazioni ossessivo-compulsive.
Un altro tipo di comportamenti che rientra in questo terzo gruppo di disturbi è
l’attaccamento esasperato ad oggetti insoliti. Il bambino, ad esempio, può dover
portare sempre con sè una pallina, un pezzo di stoffa o di plastica.
 ALTRI SINTOMI CARATTERISTICI.
Molto spesso il quadro clinico mette in evidenza comportamenti molto
caratteristici, che risultano, tuttavia, difficilmente inquadrabili nell’ambito della
triade precedentemente descritta. Fra di essi uno dei più comuni è l’abnorme
risposta agli stimoli sensoriali di natura uditiva. Molti bambini autistici,
apparentemente “sordi” ai comuni suoni dell’ambiente, mostrano una particolare
sensibilità nei confronti di particolari stimoli uditivi (sirene, cigolii, campanelli). Tali
suoni scatenano nel bambino violente reazioni di panico, con tentativi di
proteggersi (coprendosi, ad esempio, le orecchie con le mani). Risposte simili
possono essere osservate anche nei confronti di particolari stimoli visivi (flash,
luci intense, determinati oggetti) o di alcuni stimoli tattili. L’elemento
caratterizzante questi vari comportamenti è quindi rappresentato sostanzialmente
dalla tonalità emotiva di fondo che li accompagna, la crisi di panico. Essa è
scatenata da stimoli di diversa natura, che, verosimilmente, per un disturbo
percettivo assumono connotazioni emozionali aberranti.
9
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
L’iperattività è un altro sintomo frequentemente osservato. I bambini autistici,
infatti, presentano molto spesso labilità attentiva (“passano continuamente da un
oggetto all’altro”) e comportamenti ipercinetici (“non stanno mai fermi”, “vanno
avanti e dietro”). Si tratta di un sintomo poco specifico, che può ritrovarsi, cioè, in
varie altre situazioni, ma che può, ciò non di meno, essere molto utile per
l’orientamento diagnostico.
Diversi bambini autistici presentano inoltre condotte auto-aggressive, quali
battere il capo contro la parete o colpirsi il capo con il pugno. Tali comportamenti
richiedono spesso misure terapeutiche energiche, in quanto possono portare a
seri traumi o automutilazioni.
Nell’ambito di questa categoria di “sintomi caratteristici” vanno incluse, infine,
alcune particolari abilità. Queste “isole di speciali competenze” possono
riguardare la capacità di discriminare e riconoscere particolari stimoli visivi,
un’eccezionale memoria per numeri o date, o un’inaspettata capacità di leggere e
recitare interi brani.
 IL RITARDO MENTALE.
Circa il 75% dei pazienti autistici presenta Ritardo Mentale. Una frequenza così
elevata di co-morbidità ha da sempre sollevato notevoli discussioni circa i
rapporti fra Autismo e Ritardo Mentale. Peraltro, nelle situazioni in cui il Ritardo
Mentale è “grave” risulta difficile stabilire se alcuni comportamenti atipici siano
riferibili alla co-esistenza di un Disturbo Autistico e non piuttosto al basso livello
intellettivo. Per contro, nelle situazioni in cui la sintomatologia autistica è
particolarmente accentuata risulta parimenti difficile stabilire se le ridotte
prestazioni intellettive siano legate alla co-esistenza di un Ritardo Mentale e non
piuttosto al completo disinvestimento emotivo dell’altro e dell’oggetto. Anche se
la natura dell’associazione Autismo-Ritardo Mentale rappresenta un problema
ancora aperto, sul piano clinico-descrittivo il riferimento ad aspetti, quali la
socievolezza, la disponibilità allo scambio relazionale, il piacere di essere e di
partecipare (assenti nell’autismo, presenti nel Ritardo Mentale,
indipendentemente dal grado di compromissione intellettiva) permettono di
differenziare le due condizioni e, nel contempo, di valutarne l’eventuale coesistenza.
 L’EPILESSIA.
L’epilessia si verifica in circa il 30-40% dei casi. In un terzo dei casi l’epilessia
insorge nei primi anni di vita, senza assumere caratteristiche particolari. Nella
maggioranza dei casi, le crisi insorgono in epoca adolescenziale ed assumono le
caratteristiche delle crisi parziali complesse e tonico-cloniche generalizzate. Le
forme di epilessia ad insorgenza nei primi anni di vita sollevano una serie di
interrogativi circa la natura dei rapporti Autismo-Epilessia. Per lo più, l’autismo e
l’epilessia vengono considerati epifenomeni di un comune danno encefalico (una
“lesione” a carico del lobo temporale, ad esempio, può rappresentare, da un lato,
l’elemento di disturbo nello sviluppo delle competenze sociali, - da cui deriva la
sintomatologia autistica -, e, dall’altro, un focus epilettogeno responsabile della
sintomatologia comiziale). Alcune forme di epilessia, quali gli spasmi infantili,
sembrano tuttavia assumere il ruolo di fattore etiopatogenetico, nel senso che
possono determinare, di per se stesse, le condizioni per lo sviluppo di una
sintomatologia autistica.
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Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
RACCOMANDAZIONI
1
La formulazione di una diagnosi di Disturbo Autistico richiede che venga fatto riferimento
ad un sistema di nosografia codificata. La proposta internazionalmente accettata è quella
di adottare il DSM-IV1.
2
In accordo al DSM-IV, i criteri che valgono a definire il Disturbo Autistico sono
rappresentati da comportamenti riferibili a:
 compromissione dell’interazione sociale,
 alterazione della comunicazione verbale e non verbale,
 repertorio di attività ed interessi ristretti e stereotipati.
La diagnosi pertanto è basata esclusivamente su aspetti comportamentali.
3
I comportamenti caratterizzanti il Disturbo Autistico possono variare nella loro intensità
e/o nella loro espressività da bambino a bambino e, in uno stesso bambino, nel corso del
tempo.
4
Bisogna tener presente che accanto ai sintomi comportamentali considerati
patognomonici, il quadro clinico è spesso arricchito da una serie di sintomi “accessori”
dovuti alla presenza, in comorbidità, di diverse situazioni cliniche. Tali situazioni possono
conferire al quadro clinico aspetti particolari, che unitamente alla variabilità dei sintomi
"tipici", determinano una marcata variabilità fenotipica.
1
I due principali sistemi di nosografia codificata, il DSM-IV e l’ICD-10, individuano entrambi un
gruppo di disturbi definiti come “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” (DPS), nell’ambito dei quali
inseriscono il “Disturbo Autistico”. Essi concordano anche nella definizione dei criteri diagnostici
per il Disturbo Autistico. Tuttavia, l’ICD-10 inserisce nell’ambito dei DPS alcuni sottogruppi
aggiuntivi, che risultano di difficile inquadramento.
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Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
II. LA DIAGNOSI PRECOCE
L’Autismo Infantile esordisce nei primi tre anni di vita. Il quadro appena descritto
rappresenta la forma clinica conclamata, la quale tuttavia si realizza
progressivamente nel tempo con segni e sintomi spesso subdoli e mal definiti 5.
In effetti, solo in una minoranza di casi i genitori riferiscono la presenza, già nel
primo anno di vita, di chiari sintomi autistici. In questi casi, cioè, i genitori rilevano
fin dai primi mesi di vita la sfuggenza dello sguardo, l’assenza del sorriso, il
disinteresse per l’altro e per l’oggetto. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, è nel
periodo compreso fra i 10 ed i 20 mesi che cominciano a diventare
particolarmente evidenti i sintomi riferibili ad un disturbo dell’interazione e della
comunicazione sociale: il bambino non cerca l’altro per condividere esperienze;
chiamato, non risponde; non aderisce alle richieste dell’altro, nè si diverte a
“mettersi in mostra”; non usa alcuna parola; rifiuta di partecipare alle attività
suggerite dall’altro, per dedicarsi invece a quelle scelte da lui, che peraltro
risultano spesso atipiche. In un certo numero di casi i genitori riferiscono di aver
acquisito la consapevolezza di un serio problema di sviluppo solo dopo i 20 mesi,
in relazione soprattutto alla mancata acquisizione del linguaggio e alla comparsa
di comportamenti di ritirata e di isolamento. In molti di questi casi, tuttavia,
l’approfondimento anamnestico permette di rilevare che anche in epoche
precedenti il piccolo presentava una certa tiepidezza nei rapporti sociali ed uno
scarso interesse per gli oggetti o una tendenza ad un loro uso improprio.
Pur considerando queste particolari modalità di esordio che rendono il quadro
clinico difficilmente riconoscibile in epoche "precocissime", la maggioranza degli
Autori è concorde nell'affermare che nella grande maggioranza dei casi il
Disturbo Autistico è diagnosticabile all'età di 2 anni 6-9. A fronte di questo dato
va considerato che attualmente la diagnosi viene ancora formulata ad un'età di
circa 5 anni 10. I motivi di questo ritardo sono molteplici. Fra essi, in particolare,
va individuata la scarsa sensibilizzazione degli operatori di primo livello (pediatri
di famiglia) nei confronti dei segnalatori comunicativo-relazionali utili per un
precoce orientamento diagnostico.
Tale lacuna è stata recepita a livello di diverse Società Scientifiche Pediatriche, le
quali nel corso di questi ultimi anni hanno elaborato una serie di raccomandazioni
per il pediatra di base 2.
 E' stata in particolare suggerita la necessità di essere più attenti alle eventuali
preoccupazioni espresse dai genitori relative alla regolarità dello sviluppo
emotivo e sociale del loro bambino. Tale raccomandazione discende dalla
constatazione che nella maggioranza dei casi di soggetti autistici i loro
genitori si erano resi conto dell'esistenza di un serio problema di sviluppo già
verso il 18° mese di vita.
In linea molto generale le preoccupazioni riportate dai genitori possono essere
raggruppate in tre punti: preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo del
linguaggio; preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo sociale e/o alla
presenza di un inadeguato modo di comportarsi; preoccupazioni legate al fatto di
avere già un bambino più grande con Autismo. In Tabella viene riportata una lista
delle più frequenti preoccupazioni, così come espresse dai genitori e raggruppate
secondo i punti dianzi esposti (Tab. II).
12
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
Preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo del linguaggio:
"Non risponde quando lo si chiama per nome
"Non dice ciò che vuole"
"Il linguaggio è ritardato"
"Non dirige l'attenzione a qualcosa che gli viene indicato"
"A volte sembra sordo"
"Qualche volta sembra ascoltare altre volte no"
"Non fa ciao-ciao"
"Prima diceva alcune parole, ma ora non lo fa più"
Preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo sociale:
"Non sorride quando gli si sorride o quando si gioca con lui"
"Preferisce giocare da solo"
"Tiene le cose per se stesso e non ama condividerle con gli altri"
"E' eccessivamente indipendente"
"Presenta scarso contatto oculare"
"Sembra vivere in un suo mondo"
"Sembra escludere gli avvenimenti esterni"
"Non è interessato agli altri bambini"
Preoccupazioni legate al modo di comportarsi:
"Ha delle esplosioni di ira"
"E' iperattivo, poco collaborante o francamente oppositivo"
"Non sa usare i giocattoli in modo adeguato"
"Resta attaccato ad un'attività in maniera ripetitiva"
"Cammina sulle punte"
"Presenta un attaccamento esagerato ad un oggetto"
"Mette in fila le cose"
"E' ipersensibile nei confronti di alcuni suoni e/o altri stimoli"
"Presenta movimenti bizzarri"
Tab. II - Possibili preoccupazioni riferite dai genitori
Nelle situazione in cui i genitori riportano preoccupazioni in una di queste tre
aree, dovrebbero essere sistematicamente investigate le altre aree con domande
specifiche. In particolare, possono essere suggerite per ciascun area le domande
riportate in Tab. III (Tab. III).
"Il vostro bambino…
Socializzazione
… vi abbraccia come gli altri bambini?"
… vi guarda quando gli parlate o giocate con lui?"
… sorride in risposta al vostro sorriso?"
… partecipa a giochi di condivisione di attività?"
… effettua giochi di semplice imitazione, quali batti-batti le manine
o cucù-teté "?
… mostra interesse per gli altri bambini?"
Comunicazione
… indica con il dito?"
… fa cenni con il capo per dire si o no ?"
… cerca di attirare la vostra attenzione per mostrarvi un oggetto?"
… presenta qualcosa di bizzarro nel linguaggio?"
… tende a mostrare le cose agli altri?"
… guida un adulto prendendolo per mano?"
… sembra ignorarvi quando viene chiamato per nome?"
13
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
… sembra ignorare i comandi?"
… usa in maniera meccanica, ripetitiva o ecolalica il linguaggio?"
… memorizza stringhe di parole che ripete in situazioni inapproriate?"
Comportamento
… presenta movimenti ripetitivi, stereotipati o bizzarri?"
… mostra una dedizione assorbente ad interessi ristretti?"
… è maggiormente interessato a determinati dettagli di un giocattolo
piuttosto che al giocattolo nel suo complesso?"
… è in grado di effettuare giochi di finzione?"
… imita le azioni delle altre persone?"
… tende ad utilizzare gli oggetti sempre nello stesso modo?"
… mostra un attaccamento esagerato ad un oggetto insolito?"
Tab. III - Domande specifiche per "sondare" le altre aree.
 Anche quando i genitori non riferiscono alcun problema specifico il pediatra
dovrebbe valutare sistematicamente, nell'ambito dei periodici bilanci di salute
(0 - 3 anni), l'eventuale presenza di anomalie di sviluppo della relazione e
della comunicazione.
La valutazione screening dello sviluppo comunicativo e sociale dovrebbe
avvenire mediante l'adozione di strumenti standardizzati 11. Sotto questo
aspetto una proposta che sembra aver raccolto il maggior numero di consensi è
rappresentata dall'uso della Checklist for Autism in Toddlers (CHAT) 12. Si
tratta di un test screening da somministrare a bambini di 18 mesi, da parte del
pediatra, nell'ambito dei periodici bilanci di salute (0-3 anni). Esso prevede 9
domande relative al comportamento del bambino che il pediatra deve rivolgere ai
genitori e l'osservazione diretta di 5 comportamenti. Sulla base delle risposte alle
domande fatte ai genitori e dei comportamenti direttamente osservati si ottiene
un punteggio in grado di fornire il "rischio" di Autismo ("Alto Rischio", "Lieve
Rischio", "Nessun Rischio"). La CHAT, elaborata in Gran Bretagna, è stata
utilizzata su oltre 16000 bambini ed ha mostrato un'alta specificità ed un'elevata
predittività. La sensibilità, al contrario, sembra insoddisfacente: ciò significa che
bambini che all'età di 18 mesi sembrano presentare uno sviluppo "normale"
possono poi mettere in evidenza, in epoche successive, comportamenti riferibili
ad un Disturbo Autistico 13.
 Nell'impossibilità di utilizzare un test screening standardizzato ed
indipendentemente dalle preoccupazione riferite dai genitori il pediatra di
famiglia dovrebbe comunque rivolgere semplici domande ai genitori relative
al comportamento del bambino.
L'American Academy of Pediatrics 2 ha suggerito domande di questo tipo: "Il
vostro bambino….
 Non utilizza il linguaggio con voi né con altri bambini?
 Presenta scarso contatto oculare?
 Non risponde al suo nome?
 Agisce e si comporta come se fosse in un mondo tutto suo?
 Non presenta sorriso sociale?
 Sembra incapace di esprimere ciò che vuole per cui prende la vostra
mano e la conduce verso la cosa che desidera?
 Presenta difficoltà nell'eseguire semplici consegne?
 Non vi porge mai un oggetto semplicemente per mostrarvelo?
14
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
 Non cerca di attirare la vostra attenzione per mostrarvi un oggetto o un






evento "interessante"?
Presenta crisi di rabbia insolite per intensità e durata?
Presenta comportamenti ripetitivi, strani o stereotipati?
Mostra un morboso attaccamento ad un determinato oggetto?
Preferisce giocare da solo?
E' incapace di utilizzare i giocattoli in maniera appropriata?
E' incapace di fare un gioco di finzione (se di età superiore ai 2 anni)?
Alla luce di tale "valutazione screening" dello sviluppo comunicativo e relazionale
possono venire a configurarsi 3 possibilità:
1. i genitori sono preoccupati ed il pediatra rileva "personalmente" dei
comportamenti dubbi;
2. i genitori sono preoccupati, ma il pediatra non rileva segni dubbi;
3. i genitori non sono preoccupati, ma il pediatra rileva segni dubbi.
Nella eventualità (1.) non si pongono problemi: il bambino va inviato ad un
servizio specialistico per un approfondimento diagnostico.
Nella eventualità (2.) il pediatra prende atto delle preoccupazioni dei genitori,
spiega che non gli è parso di rilevare elementi di sostegno
alle loro preoccupazioni ed organizza un controllo dopo 4
settimane per rivalutare la situazione.
Nella eventualità (3.) il pediatra comunica le sue perplessità ai genitori, li invita a
prestare attenzione ai comportamenti che lui ritiene dubbi
ed organizza un controllo dopo 4 settimane per rivalutare la
situazione.
L'importanza di una diagnosi precoce è ormai ampiamente documentata da una
serie di ricerche.
Una diagnosi precoce di Autismo si impone innanzitutto come esigenza
epidemiologica. A fronte, infatti, delle iniziali stime che indicavano una prevalenza
di 4-5 : 10000, recenti ricerche hanno messo in evidenza valori sensibilmente più
elevati, valutati nell'ordine di 1-2 : 1000. L'Autismo Infantile, pertanto, è un
disturbo molto più frequente di quanto ritenuto in passato 14-16.
In aggiunta a quanto detto, formulare tempestivamente una diagnosi di Autismo
significa:
 prevenire quella situazione di generale malessere dell’intero sistema famiglia,
legata al disorientamento dei genitori che non riescono ad avere una
spiegazione dei comportamenti atipici del bambino. Peraltro, quando essi
insistono sull'opportunità di un approfondimento diagnostico, gli operatori di I
livello forniscono spesso risposte evasive ("aspettiamo un altro po' di tempo,
poi decidiamo", "forse sta attraversando un periodo un po' difficile: sente
ancora il trauma della nascita del fratellino"), pseudorassicuranti ("ogni
bambino ha i suoi tempi di maturazione e i suoi stili comportamentali") o
francamente colpevolizzante ("Siete voi genitori con la vostra ansia che
spingete il bambino ad assumere questo tipo di comportamenti");
 programmare un intervento precoce. Una serie di ricerche ha messo in
evidenza che la possibilità di organizzare in maniera adeguata tempi, spazi
ed attività del bambino nella fascia di età considerata (2-4 anni) riesce ad
incidere significativamente, nell'immediato, sulle potenzialità del bambino e in
prospettiva sulla qualità dei suoi comportamenti adattivi, da cui dipende la
qualità di vita dell'intero sistema famiglia 17.
15
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
RACCOMANDAZIONI
5
Il Disturbo Autistico esordisce nei primi tre anni di vita: le modalità di esordio sono,
tuttavia, subdole e mal definite. L'operatore di I livello deve pertanto essere sempre
attento alle preoccupazione che gli vengono riferite dai genitori circa lo sviluppo della
comunicazione e della socializzazione. Per un elenco delle possibili preoccupazioni e
delle domande specifiche da porre, vedi Tabelle II e III.
6
Indipendentemente dalle preoccupazioni dei genitori, l'operatore di I livello deve
sistematicamente valutare nell'ambito dei periodici bilanci di salute, la regolarità dello
sviluppo della comunicazione e della socializzazione. Ciò può essere realizzato mediante
l'adozione di test screening opportunamente elaborati (CHAT 2)
7
Nei casi in cui, in base ad un test standardizzato o all'osservazione effettuata, sembra
verificarsi un serio sospetto di Autismo l'operatore di I livello deve richiedere una visita
specialistica (Neuropsichiatra Infantile) per l'eventuale conferma diagnostica. Nei casi
dubbi l'operatore di I livello, d’accordo con i genitori, organizza un controllo dopo 4
settimane per una rivalutazione dei segni "sospetti".
2
La Checklist for Autism in Toddlers è un test screening ampiamente utilizzato in altri Paesi. Esso
viene riportato in Appendice.
16
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
III. LA CONFERMA DIAGNOSTICA
Il PROCESSO DIAGNOSTICO, finalizzato a valutare un bambino per il quale sia stato
formulato un sospetto di autismo, comprende un complesso di interventi che
hanno lo scopo di aiutare a conoscere e capire il bambino e il suo disturbo. Si
tratta, pertanto, di un processo di conoscenza:
 conoscenza del disturbo, definendone quelle caratteristiche che servono ad
inquadrarlo sul piano nosografico;
 conoscenza del soggetto portatore del disturbo. Bisogna, cioè, cercare di
valutare come funziona il soggetto nel suo complesso, con riferimento alle
aree motorie, cognitiva, linguistica ed affettivo-relazionale;
 conoscenza del significato del disturbo nell’economia generale del
funzionamento adattivo del soggetto;
 conoscenza delle relazioni che il soggetto stabilisce con le figure del suo
ambiente significativo;
 conoscenza dei genitori, in termini di atteggiamenti affettivo-pedagogici in
genere adottati, e, più in particolare, modalità di percepire e comportarsi nei
confronti del disturbo in esame.
Le fasi fondamentali del processo diagnostico sono rappresentate da: (a)
anamnesi; (b) esame clinico; (c) restituzione.
(A) ANAMNESI
Si tratta, come è noto, di un momento fondamentale in qualsiasi disciplina
medica. Per quel che riguarda il Disturbo Autistico, la ricostruzione anamnestica
deve tener conto dei punti critici precedentemente riportati. In particolare:
A.1 ANAMNESI FAMILIARE
1. Consanguineità
2. Presenza di autismo o condizioni cliniche ad esso assimilabili. In
merito a quest’ultimo aspetto, particolare attenzione va riservata
all’eventuale presenza nei fratelli e/o nei collaterali di stili
comportamentali indicativi di uno scarso investimento della
relazione e della comunicazione o di interessi bizzarri per
contenuto o ripetitività 18-20;
3. Presenza di altri disturbi psichiatrici nosograficamente definiti. Va
in particolare approfondita la presenza di Disturbi dell’Umore, la
cui associazione con l’AI è stata più volte segnalata 21;
4. Presenza di malattie genetiche o condizioni mediche conosciute.
L’associazione dell’AI con situazioni cliniche, quali la sindrome
dell’X-Fragile, la sclerosi tuberosa, rappresenta un riscontro
molto frequente 22. Risulta inoltre importante segnalare
qualsiasi altra associazione, anche con malattie “rare”.
A.2 GRAVIDANZA, PARTO E PERIODO NEONATALE
Le patologie legate alla gravidanza, al parto e al periodo neonatale
non sembrano porsi come fattori etiopatogenetici, in quanto non
presentano significative associazioni con l’AI. Ciò non di meno
un’attenta ricostruzione anamnestica può permettere di valutare
l’eventuale presenza di segni indicativi di una patologia “intrinseca”
del feto, quali un ridotto accrescimento intrauterino, un basso peso
17
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
alla nascita, difficoltà di adattamento nell’immediato post-partum.
Tali segni, infatti, esprimendo una scarsa competenza del prodotto
del concepimento a crescere e a nascere possono essere indicativi
di una patologia genetica e/o malformativa 23.
A.3 SVILUPPO
La ricostruzione delle prime fasi dello sviluppo (0-3 anni)
rappresenta una momento molto importante. Tale ricostruzione
deve essere rivolta a definire non solo l’epoca e le modalità
d’acquisizione delle principali tappe dello sviluppo psicomotorio
(sviluppo posturo-cinetico, sviluppo delle competenze cognitive,
sviluppo comunicativo-linguistico, sviluppo sociale), ma anche le
modalità d’organizzazione delle principali funzioni di base
(alimentazione, ritmo sonno-veglia, reattività/consolabilità). La
raccolta di tali dati permette di valutare l’eventuale presenza di
sintomi precoci “specifici”, con interessamento , cioè , dell’area
relazionale e comunicativa, ma anche di sintomi “aspecifici”
(difficoltà
della
suzione,
ipereccitabilità”,
difficoltà
dello
svezzamento, disturbi del sonno) che nel loro insieme configurano
un “disturbo della regolazione”, riferito con elevata frequenza
nell’anamnesi del soggetto con Disturbo Autistico 5,24.
A.4 STORIA MEDICA
Tale sezione dell’anamnesi è finalizzata a valutare se sono stati
presenti segni e sintomi indicativi di una condizione medica
conosciuta e/o di disturbi nosograficamente definiti. Risulta inoltre
consigliabile verificare se sono state presenti manifestazioni di
natura allergica 25.
Nelle situazioni in cui il soggetto sia già stato preso in carico per
situazioni morbose (diverse dal Disturbo Autistico), particolare
attenzione andrà rivolta alla diagnosi formulata, all’esito delle
indagini effettuate, agli interventi praticati e soprattutto ai risultati da
essi conseguiti.
A.5 ASPETTI RELATIVI AL DISORDINE ATTUALE
Quest’ultima parte dell’anamnesi riguarda la definizione dell’età e
delle modalità di esordio dei segni e sintomi che hanno determinato
la consapevolezza nei genitori di un “serio problema di sviluppo”.
Nel caso in cui sia stato il pediatra a mettere in allarme i genitori
segnalando comportamenti a cui loro non avevano dato eccessiva
importanza, è necessario aiutare i genitori a ricostruire le modalità
relazionali del bambino e i suoi stili di comunicazione, facendo
riferimento ad esempi e a situazioni di vita quotidiana. Ciò rende i
genitori maggiormente partecipi del processo diagnostico,
consapevoli dell'eventuale irregolarità di determinati comportamenti
e quindi disponibili ad un coinvolgimento "attivo" nel progetto
terapeutico nel caso venga confermato il sospetto inizialmente
formulato. Particolare importanza assume la valutazione
dell’eventuale presenza di eventi “stressanti” connessi in relazione
temporale con l’insorgenza dei disturbi (malattie, incidenti,
18
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
ospedalizzazioni, morte di uno dei genitori, bruschi cambiamenti
ambientali, etc.).
Nella raccolta dell’Anamnesi risulta molto utile far riferimento a schemi di
intervista opportunamente elaborati.
(B) ESAME CLINICO
L’ESAME CLINICO si articola nelle seguenti fasi:
B.1 ESAME MEDICO GENERALE
L’ ESAME MEDICO GENERALE è finalizzato a ricercare l’eventuale presenza
di segni e sintomi riferibili a malattie genetiche e/o condizioni mediche
conosciute. Ciò, come più volte accennato, è legato alla frequente
associazione del Disturbo Autistico con tali situazioni 22,25.
Particolarmente importante è la misurazione di parametri auxologici, quali
la statura, il peso e, soprattutto, il perimetro cranico (PC). Diverse
indagini, infatti, hanno messo in evidenza, in percentuali statisticamente
significative, valori del PC superiori al 90° percentile 26.
B.2 ESAME NEUROLOGICO
L’ESAME NEUROLOGICO, finalizzato a valutare l’integrità delle strutture
nervose centrali e periferiche dovrà tener conto non solo dei sintomi
“maggiori” (spasticità, distonie, atassia, paralisi, etc;), ma anche dei segni
“minori” (neurological soft signs). Nell’ambito di quest’ultimo tipo di segni
rientrano rilievi di incerta definizione nosografica, quali strabismo, sfumate
asimmetrie di lato dei riflessi o del tono, lievi ipercinesie coreiformi,
incertezze nella coordinazione dinamica generale. Tali segni, oltre a
rappresentare una testimonianza di una possibile disfunzione
neurobiologica di fondo, si pongono talvolta come utili elementi per una
diagnosi differenziale (come nel caso della sindrome di Asperger, in cui la
goffaggine motoria rappresenta un sintomo considerato patognomonico)
27,28.
B.3 ESAME PSICHIATRICO
L’ESAME PSICHIATRICO rappresenta una fase fondamentale del processo
diagnostico e, nel caso specifico, la più importante. Esso infatti permette
di raccogliere gli elementi necessari per la formulazione della diagnosi
(diagnosi nosografica), ma anche per la definizione delle competenze del
soggetto (diagnosi funzionale). La metodologia dell’esame deve tener
conto di una serie di variabili, fra cui l’età del soggetto, il suo livello di
sviluppo e l’entità della compromissione comunicativo-relazionale. In
termini metodologici, un altro aspetto che va sottolineato è la necessità di
prevedere due o più incontri. Ciò non solo per la quantità di elementi da
raccogliere, ma anche per dare la possibilità al soggetto di familiarizzare
con l’ambiente e permettergli di mettere in atto comportamenti non gravati
dal disorientamento legato alla “novità”.
19
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
Nel suo complesso, l’ESAME PSICHIATRICO è mirato ai seguenti aspetti:
Valutazione generale del comportamento del soggetto in esame
Questa parte dell’esame prevede in particolare la valutazione di quegli
aspetti che valgono a definire il “comportamento autistico”: la
compromissione dell’interazione sociale; l’alterazione della comunicazione
verbale e non verbale; le atipie del repertorio di interessi ed attività per
contenuto o perseverazione. In questa prospettiva, l’osservazione
rappresenta una modalità privilegiata. Bisogna infatti sottolineare che dal
momento in cui genitori e bambino entrano nella sala da visita, fino a
quello in cui si congedano, la semplice osservazione, intesa nel senso di
limitarsi a “guardare” il bambino, il suo modo di muoversi, di chiedere, di
rispondere alle richieste dei genitori, di rapportarsi all’altro e di rapportarsi
all’oggetto, senza ricorrere a manovre direttive o invasive, permette di
raccogliere la maggioranza delle informazioni utili per il “processo di
conoscenza”.
Risultano, infatti, particolarmente importanti aspetti, quali:
 il modo in cui il bambino entra nella stanza, che può variare dal rifiuto
manifesto, all’inibizione o alla completa disinibizione;
 il modo in cui investe lo spazio, che può esprimersi con la ricerca di
uno spazio privilegiato in cui resta “confinato” o, al contrario, con
un’attività motoria frenetica che lo porta a spaziare per tutta la stanza;
 il modo in cui esplora gli oggetti presenti nella stanza, che può variare
da una completa indifferenza, ad una manipolazione afinalistica o ad
un uso ritualizzato;
 il modo in cui reagisce alla presenza dell’altro, che può essere
caratterizzato da una completa indifferenza, da reazioni di evitamento
o da una viscosità indiscriminata;
 il modo in cui risponde alle richieste dell’esaminatore, che può variare
da un’apparente disponibilità ad interagire, ad un’aderenza passiva o
a un completo rifiuto;
 il tipo e le caratteristiche delle attività e gli interessi prevalenti.
Quanto più l’osservazione è apparentemente libera, in un contesto
relazionale rassicurante, tanto maggiori saranno le possibilità espressive
del bambino e, quindi, gli elementi che si riescono a cogliere. Il termine
apparentemente viene sottolineato per indicare che, nell’organizzazione
dell’osservazione, nulla è lasciato al caso o all’improvvisazione. In effetti
l’esaminatore ha uno schema mentale ben preciso che lo guida. La stessa
scelta di lasciare “libero” il bambino di agire e di interagire risponde ad
uno specifico scopo, in accordo ad un protocollo predefinito.
Le osservazioni
videoregistrate.
effettuate
dovrebbero
essere
sistematicamente
I dati che emergono dall’osservazione rappresentano, peraltro, elementi
utili per siglare scale opportunamente elaborate (vedi Appendice)3.
I dati dell’osservazione vanno sempre integrati con le notizie che
forniscono i genitori. Tali notizie vanno raccolte seguendo schemi di
interviste semistrutturate (vedi Appendice)4.
3
Le scale cui viene fatto riferimento sono le CARS e l'ABC.
Le Interviste maggiormente utilizzate a livello internazionale sono l’ADI-R (Autism Diagnostic
Interview- Revised) e la DISCO (Diagnostic Interview fo Social and Communicative Disorders)
4
20
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
Valutazione del livello cognitivo
Si tratta di un’area importante, ma complessa.
Quando la disponibilità relazionale del soggetto lo permette, vanno
utilizzate scale di valutazione standardizzate (vedi Appendice)5.
Nelle situazioni in cui è impossibile l’uso di tali scale per l’esistenza di una
particolare compromissione delle funzioni adattive o per l’impossibilità di
favorire
momenti
di
interazione
e
scambio,
l’osservazione
apparentemente libera del soggetto può permettere di cogliere nel suo
comportamento alcune strategie risolutive di problemi, indicative del livello
di sviluppo (permanenza dell’oggetto, uso di mezzi per il raggiungimento
di uno scopo, abilità prassico-costruttive, capacità rappresentative, etc.).
Tali dati, unitamente ad altre domande rivolte ai genitori, possono essere
riportate su scale di valutazione dello sviluppo psicomotorio, permettendo
in tal modo di ottenere un livello di sviluppo (vedi Appendice)6.
Valutazione delle competenze comunicative e linguistiche
Quando la disponibilità relazionale del soggetto lo permette, la
valutazione delle funzioni linguistiche riguarda sia gli aspetti recettivi che
quelli espressivi.
Va inoltre rilevata l’eventuale presenza di ecolalie o gergolalie.
E’ importante sottolineare che quando il soggetto presenta un linguaggio
nel complesso adeguato all'età cronologica va attentamente valutato se
egli riconosce realmente l’altro come partner conversazionale.
Nelle situazioni in cui il soggetto non utilizza il linguaggio verbale, vanno
valutate le forme di comunicazione non verbale (mimica, postura, gesti) e
le finalità: se si tratta, cioè, di una comunicazione esclusivamente
richiestiva o anche dichiarativa. Nelle suddette situazioni la valutazione si
basa, oltre che sulla verifica diretta, sulle notizie fornite dai genitori
nell’ambito di interviste semistrutturate; notizie che vanno riportate su
scale opportunamente elaborate (vedi Appendice)7.
Valutazione dello sviluppo emozionale
Quest’area si riferisce alla valutazione della tonalità emotiva che si
associa ai comportamenti del soggetto. Particolare attenzione andrà
rivolta alla gamma delle emozioni presentate dal soggetto, alla capacità
che egli ha di modularle e alla congruenza degli stati emotivi con la
situazione.
Valutazione delle competenze adattive
Tale area, infine, prevede la valutazione delle autonomie personali
(alimentazione, igiene, abbigliamento) e di quelle sociali (comportamenti
adottati in situazioni quali le uscite per compere, visite ai parenti, visite da
parte di parenti, etc.). Tali elementi vanno raccolti attraverso interviste
semistrutturate con i genitori e vanno riportati su scale opportunamente
elaborate (vedi Appendice)8.
5
Le scale di più ampia diffusione in Italia sono la Stanford-Binet e le Scale della serie Wechsler.
Molto usata in Italia è la Scala di Brunet-Lézine.
7
Una scala molto diffusa è l’ABS Vineland (Adaptive Behavior Scales – Vineland).
8
ibidem
6
21
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
B.4 INDAGINE FAMILIARE E VALUTAZIONE DELLE RISORSE
I colloqui con i genitori rappresentano un momento cruciale del processo
diagnostico. Tali colloqui infatti, oltre a fornire informazioni critiche per la
“conoscenza” del soggetto, permettono anche la “conoscenza” dei
genitori, in termini di atteggiamenti affettivo-pedagogici, in generale, e di
strategie educative e terapeutiche messe in atto nei confronti dei disturbi
del figlio9.
Questo processo di conoscenza dei genitori deve essere finalizzato a
valutare le risorse “personali” (capacità di fronteggiamento del disagio
connesso al disturbo del figlio), “familiari” (caratteristiche del nucleo
familiare, stato socio-economico, qualità delle relazioni intra- ed
interfamiliari) ed “ambientali” (disponibilità dei servizi sul territorio di
residenza, aspetti culturali dell’area di appartenenza), cui riferirsi per la
formulazione del progetto terapeutico.
B.5 INDAGINI STRUMENTALI E DI LABORATORIO
La diagnosi di Autismo viene formulata in base a dati esclusivamente
comportamentali. Non esistono, pertanto, indagini con significato
diagnostico.
Le uniche indagini che vanno sistematicamente effettuate sono quelle di
carattere audiometrico.
Altri tipi di indagini andranno programmate in rapporto ad indicazioni
derivanti dall’ESAME CLINICO e/o a particolari notizie riferite dai genitori
nell’ANAMNESI. In particolare, vanno tenute in considerazione le seguenti
indicazioni 1-3,29:
 le indagini genetiche vanno effettuate quando ricorre almeno una
delle seguenti situazioni:
 familiarità per definite condizioni genetiche,
 presenza di un ritardo mentale ad etiopatogenesi sconosciuta
 presenza di tratti dismorfici e/o di malformazioni a carico di vari
organi ed apparati;
 le indagini metaboliche vanno effettuate quando ricorre almeno una
delle seguenti situazioni:
 familiarità per definite patologie metaboliche,
 presenza nell'anamnesi personale di episodi di letargia, di vomito
ciclico o di crisi epilettiche ad insorgenza precoce,
 presenza di un ritardo mentale ad etiopatogenesi sconosciuta,
 l'EEG va richiesto quando ricorre una delle seguenti situazioni:
 presenza di episodi parossistici di dubbia natura
 presenza di una storia di "regressione"
 le neuroimmagini (TC cranio e RM encefalo) non hanno indicazioni
per una effettuazione routinaria.
(C) LA RESTITUZIONE
9
Una procedura che riteniamo molto utile è quella di invitare i genitori a compilare, a casa, un
questionario opportunamente elaborato. In esso vengono rivolte ai genitori una serie di domande
che riguardano il comportamento del bambino in alcuni momenti critici della giornata, le loro
modalità educative, l’organizzazione dei ritmi familiari, etc. Le risposte, “commentate” in un
incontro fra un operatore dell’équipe ed i genitori offrono lo spunto per affrontare le dinamiche
familiari e fornire suggerimenti d’ordine psicopedagogico.
22
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
La RESTITUZIONE è la fase che conclude il processo diagnostico e prevede la
comunicazione ai genitori della diagnosi e delle relative indicazioni di trattamento.
Si tratta, come è evidente, di un momento obbligato in qualsiasi percorso
diagnostico, ma assume per il Disturbo Autistico un significato particolare.
La RESTITUZIONE deve essere preceduta da un incontro fra gli operatori che sono
stati coinvolti nell’iter diagnostico. Tale incontro permette di:




scambiarsi informazioni circa il materiale raccolto;
completare con l’ausilio dei video effettuati la siglatura delle varie scale;
formulare la diagnosi;
preparare l’incontro di RESTITUZIONE propriamente detto con i genitori.
L’incontro con i genitori deve innanzitutto prevedere una formulazione chiara del
tipo e della natura del disturbo presentato dal figlio. La mancata conoscenza,
nella maggioranza dei casi, dei momenti etiopatogenetici del Disturbo
rappresenta un elemento che rende difficile nei genitori la “comprensibilità” della
diagnosi ed alimenta il loro disorientamento. In questa prospettiva risulta
particolarmente utile “illustrare” ai genitori e “commentare” con essi la diagnosi,
rivedendo le fasi più importanti delle sedute di osservazione utilizzando i video
effettuati.
Successivamente vengono individuati con i genitori i punti critici su cui deve
articolarsi il Progetto Terapeutico, le sue finalità e la programmazione dei
periodici incontri di controllo.
Sotto questo aspetto, la peculiarità del colloquio di Restituzione è riconoscibile
nel fatto che esso non rappresenta un momento conclusivo, ma il momento di
partenza per iniziare con i genitori un percorso da fare insieme.
RACCOMANDAZIONI
8
La diagnosi di Autismo deve essere formulata sulla base di una valutazione accurata del
bambino condotta da un Neuropsichiatra Infantile con esperienza sui Disturbi Pervasivi
dello Sviluppo e che abbia quindi competenza e familiarità con i criteri del DSM-IV e
conoscenza di tutti i suggerimenti terapeutici proposti a livello internazionale.
23
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
9
Dal momento che la diagnosi di Disturbo Autistico è basata su parametri esclusivamente
comportamentali, da un lato, risulta indispensabile riferirsi a situazioni di osservazione
standardizzate e, dall’altro, è necessario adottare scale di valutazione opportunamente
elaborate per il “comportamento” autistico.
Fra le interviste semistrutturate e le scale utilizzate vanno segnalate:
 le CARS (Childhood Autism Rating Scales)
 l'ABC (Autism Behavior Checklist)
 l'ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised)
Va tuttavia sottolineato che la diagnosi di Disturbo Autistico non può mai essere
formulata in base ad un punteggio di un test, ma deve essere confermata dal
parere di un neuropsichiatra infantile esperto, in base all’osservazione diretta del
soggetto.
10
La diagnosi di Disturbo Autistico deve sempre essere integrata da una valutazione estesa
a tutte le aree di sviluppo: competenze motorie, competenze prassiche, livello cognitivo,
livello linguistico, caratteristiche temperamentali, comportamento adattivo.
Anche la valutazione di tali aree deve prevedere l'adozione di strumenti quanto più
possibili standardizzati. Vanno in particolare segnalati:
 la Scala di Sviluppo psicomotorio di Brunet-Lézine
 la Scala di Intelligenza Stanford Binet
 il Vineland-ABS (Vineland-Adaptive Behavior Scales)
11
Accanto ai sintomi comportamentali considerati patognomonici, il quadro clinico è spesso
complicato da una serie di sintomi “accessori” dovuti alla presenza, in comorbidità, di
diverse situazioni cliniche. La comorbidità si riferisce non solo a quadri clinici ad
etiopatogenesi conosciuta (sclerosi tuberosa, distrofia muscolare, fenilchetonuria,
sindrome dell’X-Fragile, etc.), ma anche a condizioni disfunzionali ad etiopatogenesi
sconosciuta, ma definite sul piano nosografico (Ritardo Mentale, Epilessia, Disturbo da
Deficit di Attenzione/Iperattività, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbi Specifici del
Linguaggio, etc.)
Pertanto, l'anamnesi e l'esame clinico devono essere indirizzati alla ricerca di situazione
di questo genere, che peraltro possono richiedere specifiche indagini strumentali e/o di
laboratorio
12
La diagnosi di Autismo è basata su criteri esclusivamente comportamentali: non esistono
pertanto indagini strumentali e/o di laboratorio con significato diagnostico.
13
24
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
Quando non esistano elementi clinico-anamnestici chiaramente indicativi di quadri
patologici associati in comorbidità, per i quali le indagini rappresentano un elemento di
conferma diagnostica, vanno tenute in considerazione le seguenti indicazioni:
a) le indagini audiometriche vanno effettuate in tutti i casi;
b) le indagini genetiche vanno effettuate quando ricorre una delle seguenti situazioni: (1)
familiarità per definite condizioni genetiche, (2) presenza di un ritardo mentale ad
etiopatogenesi sconosciuta (3) presenza di tratti dismorfici e/o malformazioni a carico di
vari organi ed apparati;
c) le indagini metaboliche vanno effettuate quando ricorre una delle seguenti situazioni
(1) familiarità per definite patologie metaboliche, (2) presenza nell'anamnesi personale di
episodi di letargia, di vomito ciclico o di crisi epilettiche ad insorgenza precoce, (3)
presenza di un ritardo mentale ad etiopatogenesi sconosciuta;
d) l'EEG è richiesto nelle situazioni in cui sono presenti episodi parossistici di dubbia
natura o quando è presente una storia di "regressione";
e) le neuroimmagini (TC cranio e RM encefalo) non hanno indicazioni per una
effettuazione routinaria.
14
Il processo diagnostico inteso come processo di conoscenza deve essere esteso alla
coppia genitoriale e all'intero sistema famiglia. Ciò permette infatti di valutare la
conoscenza che i genitori hanno del Disturbo, il loro livello di consapevolezza sulla
condizione del bambino e le risorse sia in termini emozionali che logistici.
15
La comunicazione della diagnosi ai genitori rappresenta un momento particolarmente
delicato. Essa va "preparata" tenendo conto delle difficoltà di far comprendere una
situazione clinica già di per sé complessa e mal definita negli aspetti etiopatogenetici.
Nel comunicare la diagnosi bisogna fornire ai genitori indicazioni chiare sulla natura del
disturbo, sulle possibili evoluzioni a distanza, sul panorama degli approcci terapeutici,
sulle risorse che offre il territorio di appartenenza, sulle caratteristiche del percorso
diagnostico-terapeutico abitualmente previsto nella fase successiva alla prima diagnosi.
Nel comunicare la diagnosi bisogna soprattutto far percepire ai genitori la disponibilità del
servizio a porsi come punto di riferimento per la realizzazione del progetto terapeutico.
25
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
IV. L'INTERVENTO PRECOCE
La fase immediatamente successiva alla diagnosi rappresenta un periodo
particolarmente delicato. Ciò deriva dal fatto che nella fascia di età considerata la
diagnosi formulata, anche se presenta una sufficiente stabilità in termini statistici,
lascia comunque aperta la possibilità che alcuni casi possano uscire dalla
categoria diagnostica individuata 6-9. Tale aspetto è legato al concetto di
variabilità nosografica. La diagnosi formulata è un'etichetta descrittiva di un
insieme di comportamenti. Si tratta cioè di una "categoria" individuata in base a
definiti comportamenti. E' evidente pertanto che se cambiano i comportamenti
cambia o si definisce con maggiore precisione la "categoria" inizialmente
individuata. Accanto alla variabilità nosografica esiste anche una variabilità
maturazionale, che in questa fascia di età è particolarmente accentuata. In
rapporto ai fenomeni di maturazione e crescita si verifica, cioè, la possibilità che
all'interno della stessa categoria diagnostica possano verificarsi sensibili
modifiche nell'espressività dei comportamenti caratterizzanti il disturbo. In altri
termini, casi che sembrano essere caratterizzati da un modesto impegno
funzionale mostrano progressivamente una compromissione sempre più
accentuata; per contro, casi caratterizzati da marcati comportamenti disadattivi
possono presentare un'evoluzione migliorativa inizialmente inimmaginabile 9.
A tali caratteristiche intrinsecamente connesse alla particolare fase evolutiva si
aggiungono le difficoltà implicite nella formulazione di una diagnosi di autismo; di
un disturbo, cioè, che si connota come una situazione mal definita nelle cause,
nei meccanismi sottostanti i comportamenti osservati, nelle possibilità
terapeutiche e, come già accennato, nell'evoluzione prognostica.
Alla luce di tali considerazioni la formulazione della diagnosi a questa età non
può rappresentare un punto di arrivo per un giudizio categoriale (c'è autismo/non
c'è autismo) 30. La formulazione della diagnosi viceversa, nel prendere atto che
esistono dei comportamenti che soddisfano i criteri diagnostici di un disturbo
autistico, rappresenta il punto di partenza di un percorso da fare insieme,
operatori - famiglia - bambino, per mettere in atto un programma finalizzato a:
a) riattivare le "risorse" dei genitori
b) fornire al bambino opportune stimolazioni
c) valutare la risposta del bambino a tali stimolazioni, in termini relazionali,
comunicativi ed adattivi
Tali principi, recepiti a livello internazionale, rappresentano gli elementi
irrinunciabili dei programmi di intervento precoce formulati nei diversi Paesi 31.
Una recente rassegna dei programmi di intervento rivolti a bambini con Disturbi
Pervasivi dello Sviluppo nella fascia di età considerata (2-4 anni) ha dimostrato
che i migliori programmi sono quelli che iniziano quanto più precocemente
possibile, forniscono servizi individualizzati per il bambino e la famiglia, utilizzano
insegnamenti strutturati e sistematici, sono intensivi, coinvolgono la famiglia e
riconoscono gli spazi che abitualmente il bambino frequenta come opportunità
terapeutiche 32.
Bisogna infatti tener presente l'età e la natura del disturbo. L'Autismo Infantile
non rappresenta una malattia nel senso classico del termine, ma si configura
piuttosto come uno status, un modo di essere in rapporto al quale il bambino
sembra muoversi, agire ed interagire seguendo interessi, bisogni ed emozioni
scarsamente congruenti con gli interessi, i bisogni e le emozioni propri del gruppo
sociale cui appartiene. La "terapia", pertanto, non può ridursi a facilitare la
comparsa di un determinato comportamento o a scoraggiarne uno altrettanto
definito, ma deve, piuttosto, aiutare il bambino ad adattarsi alla realtà circostante
26
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
cercando di fargli percepire ed interiorizzare le leggi, le caratteristiche e le
strutture che la regolano. Ciò può realizzarsi solo attraverso una adeguata
organizzazione di tempi, spazi ed attività all'interno di un dispositivo integrato
rappresentato dall'ambiente familiare, dall'ambiente scolastico (asilo Nido-Scuola
Materna) e dal Servizio di Neuropsichiatria Infantile. In questa prospettiva il
Servizio di Neuropsichiatria Infantile si pone come uno "spazio" che svolge una
duplice funzione: (a) quella di fornire opportunità terapeutiche e (b) quella di
coordinare le attività negli altri "spazi" individuati (famiglia e scuola) per garantire
continuità e coerenza al progetto.
L'aspetto caratterizzante un tale tipo di programma va innanzitutto individuato
nella necessità di definire a monte di qualsiasi atto terapeutico un "contenitore",
definibile come Dispositivo Integrato di Cura per l'Autismo (DICA), all'interno del
quale vanno poi progressivamente e gradualmente definiti i "contenuti"
dell'intervento. In termini di "contenuti" vanno individuate tre aree di intervento:
interventi diretti sul bambino, interventi rivolti alla famiglia, interventi diretti alla
scuola.
Interventi diretti sul bambino.
In accordo all'orientamento adottato dalla presente rassegna, quest'area si pone
come la più problematica, nel senso che non esiste a livello internazionale un
unanime consenso sull' "intervento" più idoneo. In effetti, nessuno dei lavori
riferiti in letteratura a sostegno di questo o di quell'altro "intervento" è basato su
una metodologia tale da conferirgli un sufficiente grado di evidenza.
Gli interventi diretti sul bambino che sono stati in qualche modo sottoposti ad una
validazione scientifica sono quelli basati su tecniche di modifica del
comportamento. Nell'ambito di tali interventi il principale metodo di istruzione è l'
"insegnamento attraverso le prove distinte" (Discrete Trial Teaching = DTT).
L'insegnamento DTT viene svolto in un ambiente che elimina le distrazioni che
possono impedire l'apprendimento; scompone le abilità da insegnare in parti più
comprensibili per il bambino; insegna una parte di abilità per volta; usa i principi
del rinforzo. Nella formulazione originaria, tali tecniche rientravano in programmi
intensivi che prevedevano "training" comportamentali in un rapporto di 1 a 1, per
40 ore alla settimana, per un periodo di 2 anni. In accordo ad un protocollo di
questo tipo sono stati riferiti risultati molto soddisfacenti sulla prognosi cognitiva e
sui livelli di apprendimento 33-35. Facendo tuttavia riferimento ai criteri riportati
all'inizio, derivati da una Evidence Based Medicine (Forza dell'evidenza e Forza
della raccomandazione), i lavori citati presentano notevoli lacune metodologiche
36. Non a caso, queste tecniche di intervento basate su metodi
comportamentali hanno subito nel tempo sensibili modifiche. Esse infatti non
rappresentano più il metodo di base , come nel "vecchio" modello Lovaas, ma
sono incorporati, in misura maggiore (Applied Behavior Analysis = ABA) o minore
(TEACCH), in modelli di più ampio respiro che riconoscono agli spazi
"extraterapeutici" (famiglia, scuola, coetanei) un'importanza decisiva.
In effetti, negli stessi Paesi in cui le tecniche di modifica del comportamento sono
nate e si sono diffuse, vengono proposti con sempre maggiore enfasi interventi
precoci con impostazione profondamente differente. Tali metodi vengono definiti
"naturalistici", in quanto basati su un arricchimento delle naturali esperienze che
un bambino, normalmente, si trova a vivere nel quotidiano 37. Nella filosofia di
questo tipo di programmi è implicita l'importanza della dimensione emozionale e
relazionale che dovrebbe caratterizzare qualsiasi tipo di atto terapeutico, ma che
nel caso dell'Autismo assume essa stessa una valenza terapeutica. E' opinione,
infatti, della maggioranza degli Autori che alla base dell'Autismo esista un deficit
27
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
sociale, inteso come l'espressione di un'atipia cognitiva. In rapporto a tale atipia
cognitiva le esperienze emozionali, relazionali e sociali, considerate al pari di
qualsiasi altra esperienza percettiva, non riescono ad essere sistematizzate in
sistemi di conoscenza coerenti (= la cognizione sociale) 38-41. Ne deriva che
gli "esercizi" finalizzati all'acquisizione di obiettivi predefiniti devono essere
effettuati nell'ambito di una situazione terapeutica che garantisca un clima
emozionale e relazionale opportunamente strutturato. La strutturazione delle
attività in accordo a questi aspetti di carattere emozionale e relazionale,
conferisce all'intero contesto una valenza terapeutica altrettanto importante,
quanto lo stesso "esercizio". Considerando infatti la natura del disturbo autistico
(deficit della cognizione sociale), gli operatori comunque coinvolti nel progetto
con il loro modo di porsi, con il loro modo di organizzare le attività e con il loro
modo di proporre gli "esercizi" possono facilitare la riorganizzazione percettiva
del mondo esperenziale del bambino, aiutandolo a prendere coscienza, in termini
cognitivi, di se stesso, dell'altro, delle emozioni che sottendono i vari
comportamenti e delle "leggi" emozionali e sociali che regolano i rapporti
interpersonali.
Questo tipo di approccio è particolarmente importante nella fascia di età
considerata; un'età in cui il profilo funzionale e prestazionale del bambino è
ancora mal definito, il caos dispercettivo è particolarmente intenso, ma la
"plasticità" del Sistema Nervoso Centrale è ancora molto accentuata.
Per quel che riguarda la situazione italiana, le tecniche di modifica del
comportamento, che rappresentano l'elemento portante di modelli tipo ABA,
anche se ben conosciute a livello teorico, vengono in pratica utilizzate come
esperienza "isolata" nell'ambito del territorio nazionale.
Nel corso di questi ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse per
l'approccio TEACCH, che risulta apprezzato per gli aspetti che riguardano il
coinvolgimento dei genitori, l'importanza riservata agli spazi "naturali" del
bambino, il carattere strutturato delle attività proposte, ma che risulta mal
applicato proprio per la carenza di operatori in grado di realizzare quella parte del
programma che prevede "esercizi" comunque ispirati a tecniche di modifica del
comportamento.
Per contro, esistono su tutto il territorio nazionale operatori che nel loro percorso
formativo maturano competenze terapeutiche inscrivibili nell'ambito degli
interventi naturalistici. Tali operatori sono i Terapisti della neuro e psicomotricità
dell'età evolutiva. In particolare, la terapia psicomotoria rappresenta una proposta
terapeutica che si propone i seguenti obiettivi:
 favorire la comparsa di segnalatori sociali (contatto oculare, sguardo
referenziale, sorriso, etc.)
 aumentare i tempi di attenzione
 facilitare un uso più appropriato degli oggetti
 stimolare la comunicazione,
 arricchire il vocabolario,
 scoraggiare determinati comportamenti (iperattività, stereotipie motorie,
condotte autolesive, etc.),
La terapia psicomotoria inoltre si configura come una prassi terapeutica
consolidata che privilegia una modalità di approccio in grado di facilitare nel
bambino nella fascia di età considerata (2-4 anni):
 la percezione e la "conoscenza" di Sé come persona;
 la percezione e la "conoscenza" dell'Altro;
28
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
 la percezione e la "conoscenza" delle emozioni che sottendono i vari
comportamenti;
 la percezione e la "conoscenza" delle "leggi" emozionali e sociali che
regolano i rapporti interpersonali
E' evidente che la terapia psicomotoria non si propone come "la terapia
dell'autismo" (!), ma come parte di quel più ampio dispositivo integrato (Famiglia Servizio NPI - Scuola), definito precedentemente come DICA (Dispositivo
Integrato di Cura per l'Autismo), all'interno del quale - accanto alla terapia
psicomotoria - vanno individuate le risposte da fornire alle molteplici esigenze del
bambino autistico e della sua famiglia. In questa prospettiva, la terapia
psicomotoria sta al DICA (Dispositivo Integrato di Cura per l'Autismo), come il
DTT (Insegnamento attraverso le Prove Distinte) sta all'ABA (Applied Behavior
Analysis).
E' evidente altresì che anche per il Terapista della neuro e psicomotoricità, così
come per gli altri operatori coinvolti nella presa in carico del bambino autistico, è
necessaria una formazione ed un aggiornamento che permetta di uniformarsi alle
Raccomandazioni riportate a livello internazionale.
Interventi rivolti alla famiglia.
Tutti i programmi di intervento precoce sottolineano l'importanza e la centralità
della famiglia nel progetto terapeutico 43-47. In accordo tuttavia a quanto
precedentemente accennato, la famiglia, e per essa i genitori, non possono
essere considerati i destinatari di generici consigli psicoeducativi. L'intervento sui
genitori, viceversa, deve rappresentare qualcosa di molto più complesso e
articolato per configurare quel processo comunemente definito di presa in carico
(PIC). Solo attraverso un'adeguata presa in carico la famiglia finisce per
assumere quelle caratteristiche di spazio privilegiato in cui il bambino autistico,
soprattutto nella fascia di età considerata, possa "maturare", "apprendere" e
"sviluppare un senso di partecipazione".
Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono almeno tre obiettivi, che sono in
qualche modo sequenziali.
Il primo obiettivo è rappresentato dall'aiutare i genitori a raggiungere una
soddisfacente conoscenza dell'Autismo, quale disabilità evolutiva. Gli elementi
caratterizzanti questa fase della presa in carico vanno individuati nei seguenti
punti:
 Fornire ai genitori informazioni sul quadro clinico dell'autismo, sulle cause,
sulle ricerche che vengono effettuate a livello internazionale, sulle possibili
indagini "aggiuntive" che possono essere effettuate
 Metterli al corrente delle varie "terapie" proposte a livello internazionale
 Documentarli sulle risorse territoriali (territorio di appartenenza)
 Illustrare il percorso terapeutico che si prospetta a breve e medio termine
E' evidente che tutte queste "informazioni" non possono essere passate in un
singolo incontro. Bisogna per contro prevedere, nella fase immediatamente
successiva alla formulazione della diagnosi, una serie di incontri, nell'ambito dei
quali si dà la possibilità ai genitori di ritornare eventualmente su argomenti già
discussi, per favorire una graduale "metabolizzazione" delle spiegazioni che
vengono loro fornite.
Una metodologia di questo tipo permette di far nascere nei genitori la percezione
del Servizio come un punto di riferimento in grado di ascoltarli e di affiancarli.
29
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
Da tale consapevolezza nasce anche il bisogno di rivolgersi al Servizio per avere
consigli nella gestione "quotidiana" del bambino. Quando ciò avviene significa
che il primo obiettivo è stato raggiunto.
Il raggiungimento del primo obiettivo si pone quale premessa per il
conseguimento del secondo obiettivo: attivare le risorse genitoriali nella gestione
del quotidiano.
Va infatti sottolineato che i consigli psicoeducativi non possono essere impartiti
come una lezione ai genitori, ma devono nascere come bisogno dei genitori di
essere sostenuti nelle scelte pedagogiche. In effetti, anche quando i genitori in
maniera "ingenua" richiedono suggerimenti immediati su come comportarsi,
bisogna far capire loro che non esistono comportamenti esatti o sbagliati in
assoluto: le scelte pedagogiche devono tener conto della specifica tipologia del
padre, della specifica tipologia della madre, delle specifiche caratteristiche
temperamentali del bambino e dell'assoluta originalità di ciascun sistema
famiglia. Compito dell'operatore preposto a fornire suggerimenti psicoeducativi è
innanzitutto quello di aiutare i genitori a scoprire tali caratteristiche e quindi di
stimolarli ad individuare nel loro specifico le modalità educative più idonee.
Sintetizzando quanto esposto, gli elementi caratterizzanti questo secondo
obiettivo sono i seguenti:
 Guidare i genitori alla conoscenza del bambino e delle modalità che
caratterizzano i suoi comportamenti
 Fornire loro consigli su possibili atteggiamenti educativi “alternativi” a quelli
abitualmente utilizzati
 Incoraggiare i genitori a scegliere in maniera autonoma strategie educative
“alternative”
 Sostenerli nelle scelte effettuate (se valide !!!)
 Favorire una riorganizzazione del sistema famiglia
 Insistere sulla necessità di un’adeguata organizzazione delle attività del
tempo libero
Quando infine nel corso degli incontri sono stati realizzati questi due obiettivi si
può passare al terzo obiettivo, che consiste nell'implementare in famiglia specifici
programmi di intervento. Essi rappresentano il proseguimento o il completamento
di quanto effettuato negli "altri spazi terapeutici" (Servizio e Scuola). Si tratta di
programmi finalizzati a facilitare:
 l'acquisizione di specifiche autonomie
 la scomparsa di specifici comportamenti disadattivi
Un ruolo determinante nell'aiutare i genitori a implementare tali programmi in
casa è svolto dall'operatore che pratica la terapia psicomotoria al bambino
presso il Servizio. Tale operatore, infatti, realizzando il progetto terapeutico e
discutendolo con gli altri operatori dell'équipe del Servizio, impara a conoscere il
bambino, le sue modalità reattive e le strategie più idonee per il conseguimento
degli obiettivi fissati nel progetto. Pertanto, esso rappresenta la persona più
idonea per rendere partecipi i genitori di dette strategie e per aiutarli a metterle in
pratica a casa. Il riferimento che qui viene fatto è alle strategie e non agli
obiettivi, che naturalmente sono differenziati in rapporto ai vari contesti
considerati.
Interventi diretti sulla scuola
Il terzo "spazio terapeutico" considerato nell'ambito di un programma di
intervento precoce è rappresentato dall' "ambiente scolastico". Considerando
l'età, il livello di sviluppo e la natura del problema, l' "ambiente scolastico" (Asilo
30
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
Nido e Scuola Materna) va inteso come uno spazio preposto a facilitare
esperienze di incontro e confronto con i coetanei. Affinché tale spazio possa
assumere una valenza terapeutica è, tuttavia, necessario che gli operatori
vengano coinvolti attivamente nel progetto: essi, cioè, devono sentirsi parte di
quel dispositivo integrato (Servizio-Scuola-Famiglia), che è stato definito con il
termne DICA (Dispositivo Integrato di Cura per l'Autismo). Si ripropone ancora
una volta la necessità di definire, a monte dei contenuti dell'intervento, la
strutturazione del contesto all'interno del quale tali contenuti vanno poi inseriti. Il
coinvolgimento degli operatori dell'ambiente scolastico deve avvenire ad opera
degli operatori del Servizio attraverso incontri periodici, nell'ambito dei quali
vanno discussi una serie di aspetti generali che riguardano il bambino, le sue
modalità relazionali, i suoi stili comunicativi e le caratteristiche del suo modo di
rispondere alle sollecitazioni esterne. Nel mettere al corrente gli operatori
scolastici degli obiettivi terapeutici individuati negli altri contesti (Servizio Famiglia), si definiscono quelli realizzabili all'interno dell' "ambiente scolastico".
Una risorsa che va particolarmente utilizzata è la presenza dei coetanei 48-50.
Essi, infatti, con la spontaneità che li caratterizza, la “naturalezza” del loro modo
di rapportarsi e la capacità di una sintonizzazione empatica si pongono come
figure particolarmente idonee per attivare sequenze di interazione in grado di
facilitare la crescita sociale del bambino autistico. E’ evidente che questo ruolo
che possono svolgere i coetanei è soprattutto potenziale. Si rende pertanto
necessario un loro coinvolgimento “attivo”, attraverso la sensibilizzazione nei
confronti di tematiche, che per la loro complessità, devono essere affrontate con
modalità e strumenti adeguati al livello di sviluppo. A tale scopo possono essere
d'aiuto pubblicazioni specifiche, che sotto forma di "favola" aiutano i coetanei a
"capire" le problematiche di un bambino che si comporta diversamente da loro10.
Come Raccomandazione conclusiva va particolarmente enfatizzata la necessità
di definire un "progetto personalizzato", quale può essere elaborato sulla base di
un profilo che definisca le aree di forza e di debolezza del bambino.
Quale che sia l'intervento "scelto" per rispondere alle esigenze del caso, esso
deve essere definito negli obiettivi e nelle strategie utilizzate per il conseguimento
degli stessi. Tale "definizione" permette di verificare in una rivalutazione a
distanza l'idoneità degli obiettivi scelti e la validità delle strategie utilizzate.
Considerando infine la variabilità del profilo nel corso del tempo, dello sviluppo e
della terapia sono necessarie periodiche "verifiche" e rivalutazioni del progetto.
Tali concetti vengono espressi nelle Raccomandazioni 20, 21, 22 e 23.
10
La favola “Calimero e l’amico speciale” si pone come un valido strumento per l’attualizzazione
di un progetto terapeutico che vede come protagonisti i pari. Essa può essere reperita presso
l'ANGSA Campania.
31
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
RACCOMANDAZIONI
16
Prima ancora di definire i contenuti dell'intervento, è necessario realizzare un dispositivo
integrato rappresentato dal collegamento funzionale fra gli operatori del Servizio, i
genitori e gli operatori dello spazio preposto all'inserimento in gruppo (Asilo Nido, Scuola
Materna).
Tale dispositivo deve garantire gli elementi caratterizzanti un intervento precoce:
 presa in carico dei genitori
 programma di stimolazioni per il bambino
 inserimento in gruppo (Asilo Nido, Scuola Materna)
17
Presa in carico dei genitori. Un intervento precoce per il soggetto con Disturbo Autistico
deve configurarsi come un progetto centrato sulla famiglia. L’intervento sulla famiglia,
tuttavia, non deve ridursi ad un generico sostegno psicologico, né tanto meno ad un
addestramento dei genitori perché possano continuare a casa gli “esercizi”. Affermare la
centralità della famiglia significa riconoscere ad essa il valore di uno spazio privilegiato, in
cui il soggetto possa interagire e partecipare.
La presa in carico dei genitori prevede, pertanto, un programma articolato nell'ambito del
quale essi devono essere adeguatamente informati (sul Disturbo), sostenuti (nelle scelte
educative) e guidati (nella realizzazione di specifici programmi, quali quelli per le
autonomie e per lo scoraggiamento di comportamenti disadattivi).
18
Programma di stimolazioni per il bambino. Un'utile proposta (Opzione Clinica) è
rappresentata dalla terapia psicomotoria. La terapia psicomotoria si propone i seguenti
obiettivi:
 favorire la comparsa di segnalatori sociali (contatto oculare, sguardo referenziale,
sorriso, etc.)
 aumentare i tempi di attenzione
 facilitare un uso più appropriato degli oggetti
 stimolare la comunicazione,
 arricchire il vocabolario,
 scoraggiare determinati comportamenti (iperattività, stereotipie motorie, condotte
autolesive, etc.),
La terapia psicomotoria inoltre si configura come una prassi terapeutica consolidata che
privilegia una modalità di approccio in grado di facilitare nel bambino nella fascia di età
considerata (2-4 anni):
 la percezione e la "conoscenza" di Sé come persona;
 la percezione e la "conoscenza" dell'Altro;
 la percezione e la "conoscenza" delle emozioni che sottendono i vari comportamenti;
 la percezione e la "conoscenza" delle "leggi" emozionali e sociali che regolano i
rapporti interpersonali
19
32
Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
Inserimento in gruppo (Asilo Nido, Scuola Materna). Il Disturbo Autistico, inteso come
una modalità atipica di percepire la realtà e di adattarsi ad essa, fa sì che tutti gli spazi
esperenziali del soggetto possono e devono assumere una valenza terapeutica. La
terapia non è solo quella che si fa nel presidio terapeutico con il “terapista”; terapia sono
anche tutte le opportunità offerte al soggetto di agire ed interagire nei diversi contesti. In
questa prospettiva l'inserimento nell'ambito di un gruppo di coetanei rappresenta
un'opportunità particolarmente ricca. Essa va tuttavia adeguatamente programmata con il
coinvolgimento attivo degli operatori ad essa preposti.
20
In termini di "contenuti" dell'intervento (nel Servizio, in Famiglia, a Scuola), per orientarsi
nella definizione degli obiettivi a breve e medio termine è necessario valutare i reali
bisogni del soggetto, quali emergono da un "profilo personalizzato". La scelta terapeutica,
pertanto, non é legata a rigidi schemi prestabiliti, ma è dettata esclusivamente dalle
esigenze del soggetto, tenendo conto dell’età, del livello di sviluppo, dell’eventuale
presenza di comorbidità e delle caratteristiche dell’ecosistema.
21
Nella formulazione del progetto terapeutico e quindi nella definizione degli obiettivi a
breve e medio termine, va tenuta in debita considerazione l’eterogeneità della
sintomatologia e la sua variabilità nel corso del tempo. Pertanto, il progetto terapeutico va
periodicamente valutato e riformulato in rapporto alle esigenze che di volta in volta si
vengono a determinare.
22
Uno dei momenti fondamentali del processo di presa in carico del soggetto con Disturbo
Autistico è rappresentato dalle verifiche periodiche. La verifica, intesa come valutazione
periodica dello sviluppo e dei suoi cambiamenti, permette - come accennato - una nuova
formulazione terapeutica rispondente alle nuove esigenze del soggetto. Ma, la verifica,
nel valutare il cambiamento, permette anche di giudicare la validità degli interventi che
nel frattempo sono stati praticati. Essa, cioè, permette di valutare, attraverso una fedele
registrazione del cambiamento, quanto di quel che si è modificato è dovuto all'evoluzione
maturativa spontanea di circostanze interne ed esterne al soggetto e quanto é dovuto al
trattamento.
23
Sia per la definizione del profilo funzionale sia, soprattutto, per la verifica è necessario far
riferimento a scale di valutazione analitiche ed esaustive che permettano di riportare,
eventualmente in forma grafica, le abilità attuali del soggetto nelle diverse aree funzionali.
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Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
V. IMPLICAZIONI DI CARATTERE ORGANIZZATIVO
Con riferimento a quanto precedentemente esposto le strutture preposte alla
realizzazione del progetto nella fascia di età considerata (0 - 5 anni) sono
fondamentalmente due: il Servizio di Neuropsichiatria Infantile e l'Osservatorio
Regionale sull'Autismo.
 Il SERVIZIO DI NEUROPSICHIATRIA INFANTILE, quale struttura "periferica", deve
garantire sul territorio le seguenti attività:
 Mantenere un collegamento funzionale con gli operatori di I livello
(pediatra di famiglia)
 Formulare la diagnosi, provvedendo anche all'effettuazione delle indagini
che si rendono necessarie
 Mettere in atto gli interventi sul bambino (terapia psicomotoria)
 Mettere in atto gli interventi sulla famiglia (presa in carico ed intervento
psicoeducativo)
 Mantenere un collegamento funzionale con gli operatori preposti a
facilitare l'inserimento del bambino in gruppo (Asilo Nido-Scuola Materna)
 Organizzare periodici controlli finalizzati alla verifica del progetto
Le figure coinvolte sono le seguenti: Neuropsichiatra Infantile, Psicologo,
Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva, Logopedista,
Assistente Sociale.
In base a quanto esposto, tutte le figure menzionate devono aver maturato
specifiche competenze sul Disturbo Autistico e sui disturbi ad esso correlati,
per uniformarsi alle RACCOMANDAZIONI riportate a livello internazionale.
 L' OSSERVATORIO REGIONALE
SULL'AUTISMO, quale struttura "centrale", deve
garantire le seguenti attività:
 Provvedere alla FORMAZIONE DEGLI OPERATORI
 Raccogliere dati per INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE
 Coordinare la RICERCA SCIENTIFICA
 Fornire indicazioni per la RIORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI
 Garantire l'omogeneità dei PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI sul tutto
il territorio regionale
E' evidente che la proposta di istituire un Osservatorio Regionale, con le
caratteristiche sopra elencate, non nasce come esigenza limitata all'effettuazione
di una diagnosi precoce, ma deriva, più in generale, dalle complesse
problematiche che il Disturbo Autistico comporta. Il Disturbo Autistico, infatti:
 è molto più frequente di quanto ritenuto in passato
 è una disabilità che accompagna il soggetto per tutto il suo ciclo di vita
 risulta ancora mal definito nelle cause
 presenta un quadro clinico complesso con limiti nosografici non sempre ben
definiti
 comporta interventi terapeutici articolati a diversi livelli
 coinvolge molteplici figure professionali
 incide in maniera determinante sul piano adattivo e sociale
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Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
In questa prospettiva, l'Osservatorio Regionale potrà elaborare LINEE GUIDA
specifiche, tenendo conto dei dati che emergeranno dalle esperienze in atto e
dalle più recenti conoscenze scientifiche.
RACCOMANDAZIONI
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La presa in carico del bambino autistico e della sua famiglia è un lavoro di équipe.
Pertanto, il Servizio di Neuropsichiatria Infantile preposto alla sua realizzazione deve
prevedere, in aggiunta al Neuropsichiatra Infantile, le figure dello Psicologo, del Terapista
della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva, del Logopedista e dell'Assistente Sociale.
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In base a quanto esposto, tutte le figure menzionate devono aver maturato specifiche
competenze sul Disturbo Autistico e sui disturbi ad esso correlati, per uniformarsi alle
RACCOMANDAZIONI riportate a livello internazionale
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Considerando che il Disturbo Autistico:
 è molto più frequente di quanto ritenuto in passato
 è una disabilità che accompagna il soggetto per tutto il suo ciclo di vita
 risulta ancora mal definito nelle cause
 presenta un quadro clinico complesso con limiti nosografici non sempre ben definiti
 comporta interventi terapeutici articolati a diversi livelli
 coinvolge molteplici figure professionali
 incide in maniera determinante sul piano adattivo e sociale
è necessario prevedere l'istituzione di un Osservatorio Regionale che possa svolgere
attività di Formazione, di Ricerca, di Epidemiologia e di Organizzazione dei Servizi
territoriali. Tali attività non sono pertanto limitate a realizzare la Diagnosi Precoce, ma
sono finalizzate a fornire specifiche LINEE GUIDA nei riguardi delle molteplici
problematiche che il Disturbo Autistico comporta.
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Militerni – Diagnosi Precoce Autismo
APPENDICE
STRUMENTI DI VALUTAZIONE
AUTISM BEHAVIOR CHECKLIST
Si tratta di una scala che fa riferimento a diversi comportamenti "problema", in base ai
quali fornisce un punteggio. E' stata elaborata da Krug DA e Coll.
AUTISM DIAGNOSTIC INTERVIEW – REVISED (ADI-R)
Intervista ai genitori per la valutazione del comportamento autistico, elaborata da C. Lord
(Department of Psychiatry, MC3077, University of Chicago)
BRUNET-LÉZINE
Scala di valutazione dello sviluppo psicomotorio, distribuita da OS - Organizzazioni
Speciali – Firenze.
CHECKLIST FOR AUTISM IN TODDLERS (CHAT)
E' un test screening che può essere utilizzato dal pediatra. E' riportato integralmente sul
seguente lavoro: "Baron-Cohen S., Allen J., Gillberg C.: Can autism be detected at 18
momths. British Journal of Psychiatry, 161:839-843, 1992.
CHILDHOOD AUTISM RATING SCALES (CARS)
Scala di valutazione del comportamento autistico, elaborata da E. Schopler e Coll.
(distribuita da Western Psychological Services, 12031 Wilshire Boulevard, Los Angeles,
CA 90025-1251).
ESAME DEL BAMBINO CON DISFUNZIONE NEUROLOGICA MINORE, elaborato da B. Touwen
(forma ridotta).
OPTIMALITY SCORE DI PRECHTL
Per valutare in maniera semiquantitativa i fattori pre-, peri- ed immediatamente postnatali.
PSYCHOEDUCATIONAL PROFILE (PEP-R)
Scala di valutazione di molteplici competenze adattive per la pianificazione del
trattamento e le periodiche verifiche, elaborata da E. Schopler et al.
STANFORD-BINET
Scala di valutazione dello sviluppo intellettivo, distribuita da OS – Organizzazioni Speciali
– Firenze.
VINELAND ADAPTIVE BEHAVIOR SCALES (VINELAND ABS)
Scale di valutazione del comportamento adattivo (distribuito da AGS – American
Guidance Service, Publishers’ Building, Circle Pines, Minnesota 55014-1796).
DIAGNOSTIC INTERVIEW FOR SOCIAL AND COMMUNICATIVE DISORDERS (DISCO)
Intervista ai genitori per la valutazione del comportamento autistico, elaborata da L. Wing
e successivamente riadattata dai suoi collaboratori.
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