ASSESSORATO ALLA SANITA’ - REGIONE CAMPANIA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI PROGRAMMA REGIONALE DI INTERVENTO PER LA RIABILITAZIONE E IL RECUPERO DELLE DISABILITÀ INFANTILI 2. Miglioramento della qualificazione professionale degli operatori pubblici della riabilitazione ed omogeneizzazione dei protocolli di intervento per singoli problemi neuroriabilitativi 2.1. Autismo Infantile Responsabile: Prof. Roberto Militerni Dipartimento di Pediatria - Seconda Università di Napoli LA DIAGNOSI PRECOCE DEL DISTURBO AUTISTICO RACCOMANDAZIONI tecniche-operative per gli operatori territoriali Militerni – Diagnosi Precoce Autismo INDICE Premesse Pag. 3 I. Quadro clinico e criteri diagnostici " 5 Raccomandazioni 1 - 4 " 11 " 12 " 16 " 17 " 24 " 26 " 31 " 33 " 34 " 35 II. La diagnosi precoce Raccomandazioni 5 - 7 III. La conferma diagnostica Raccomandazioni 8 - 15 IV. L'intervento precoce Raccomandazioni 16 - 23 V. Implicazioni di carattere organizzativo Raccondazioni 24 - 26 Appendice 2 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo LA DIAGNOSI PRECOCE DEL DISTURBO AUTISTICO RACCOMANDAZIONI tecniche-operative per gli operatori territoriali Premesse L'Autismo Infantile nasce come entità nosografica autonoma nel 1943 grazie alla descrizione, da parte di Leo Kanner, di 11 bambini con un quadro clinico caratterizzato da un disturbo nel "contatto affettivo con la realtà", che si traduceva in condotte di evitamento, tendenza all'isolamento ed atipie comportamentali (bisogno di immutabilità). A distanza di circa 60 anni, tuttavia, persistono notevoli incertezze nei riguardi delle cause, degli elementi caratterizzanti il quadro clinico, dei confini nosografici con sindromi simili e, conseguentemente, dell'evoluzione a lungo termine. Ciò determina un profondo disorientamento non solo dei genitori, ma degli stessi operatori coinvolti nella diagnosi e nella formulazione del progetto terapeutico. Alla luce di tali difficoltà diverse Società Scientifiche, quali l'American Academy of Child Adolescent Psychiatry, l'American Academy of Pediatrics, Istituzioni Sanitarie Internazionali, quali il National Institute of Mental Health [NIMH, USA] ed Associazioni di Famiglie hanno cercato di definire specifiche linee guida 1-3. Le linee guida, in generale, consistono in una serie di indicazioni, raccomandazioni e/o suggerimenti, che si pongono come punti di riferimento per genitori ed operatori. Tali indicazioni, raccomandazioni e/o suggerimenti sono ricavati facendo riferimento alla letteratura internazionale e possono riguardare uno specifico aspetto di una situazione patologica o per contro aspetti più generali. L'elaborazione di "linee guida" è un processo complesso che non può essere il frutto del lavoro di un singolo ricercatore o di una singola unità di ricerca e nemmeno di una singola società scientifica. Le linee guida, al contrario, rappresentano il prodotto di commissioni di esperti in rappresentanza di molteplici gruppi di ricerca, società scientifiche, associazioni ed istituzioni nazionali. Ciò è quanto è successo nei Paesi su menzionati, in cui gli "esperti" sono giunti ad un consensus su una serie di raccomandazioni basate non tanto su esperienze e convinzioni personali, ma sulle evidenze emerse da un'ampia revisione della letteratura internazionale. In particolare, le varie raccomandazioni sono state formulate facendo riferimento a definiti criteri, espressi come Forza dell'evidenza e Forza della raccomandazione 3. La Forza dell'evidenza si riferisce alle caratteristiche degli studi presi in considerazione. In particolare si parla di: livello o grado I, quando l'evidenza deriva da metanalisi di studi controllati e randomizzati; da studi, cioè, caratterizzati da un forte rigore metodologico; livello o grado II, quando l'evidenza deriva da studi che rispetto ai precedenti presentano una lacuna metodologica (mancata randomizzazione o scarsa estensione del campione o inadeguata definizione dei criteri di inclusione/esclusione); livello o grado III, quando l'evidenza deriva da studi non controllati che peraltro appaiono metodologicamente incompleti (due o più delle lacune esposte); livello o grado IV, quando l'evidenza si riduce alla semplice opinione di esperti. 3 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo La Forza della raccomandazione deriva direttamente dalla Forza dell'evidenza e viene classificata nel modo seguente: Standard minimo = rientrano in tale categoria le raccomandazioni basate su evidenze di livello I. Si tratta, cioè, di raccomandazioni che derivano da studi controllati e randomizzati che garantiscono una "certezza" clinica; Linea Guida Clinica = rientrano in tale categorie le raccomandazioni basate su studi di livello II. La raccomandazione, cioè, deriva da studi controllati, ma insufficienti a definire conclusioni cliniche "certe"; Opzione clinica = si tratta di raccomandazioni che derivano da evidenze cliniche non sempre condivise. L'applicazione di questi criteri nell'elaborazione di Linee Guida per l'Autismo non è sempre agevole, in quanto la diversificazione dei modelli interpretativi utilizzati a livello internazionale, la scarsa omogeneità della stessa terminologia adottata dai vari gruppi di ricerca nel definire situazioni cliniche apparentemente simili e la mancanza di validi indicatori di qualità per valutare l'efficienza delle cure prestate, fanno sì che i lavori pubblicati difficilmente rientrino nella categoria di Livello I (studi controllati e randomizzati). A ciò si aggiunga che in relazione alla complessità del quadro clinico-evolutivo-terapeutico servirebbero tante Linee Guida per quanti sono gli aspetti in qualche modo interessati. Il presente lavoro rappresenta, insieme, una revisione delle proposte internazionali in tema di Linee Guida per l'Autismo ed una sintesi delle RACCOMANDAZIONI da esse emerse. Sono tuttavia necessarie due precisazioni. La prima precisazione riguarda il fatto che le presenti RACCOMANDAZIONI si riferiscono ad una fascia di età specifica: quella compresa fra 0 e 5 anni. Pertanto, come espresso nell'intestazione del presente documento, esse prendono in considerazione la diagnosi precoce e, conseguentemente, lo screening e la presa in carico terapeutica nella fase immediatamente successiva alla diagnosi. Tale scelta deriva dal fatto che l'Autismo è un disordine complesso, che esordisce precocemente e accompagna il soggetto per tutto il ciclo di vita. Conseguentemente, le "esigenze" sono molteplici sia quando si affronti il problema in una prospettiva sincronica (scelta ed articolazione degli interventi per specifiche fasce di età) che quando lo si valuti in una prospettiva diacronica (rivalutazione e riformulazione degli interventi in rapporto ai cambiamenti derivanti dall'età). Bisognerà quindi prevedere in prospettiva l'elaborazione di specifiche Linee Guida per i molteplici aspetti che il Disturbo Autistico comporta. La seconda precisazione riguarda il fatto che per le varie RACCOMANDAZIONI riferite non vengono specificate la Forza dell'evidenza e la Forza della raccomandazione. Ciò deriva dal fatto che per i motivi esposti precedentemente non è sempre agevole differenziare i lavori di Livello I da quelli di Livello II. Va tuttavia sottolineato che tutte le RACCOMANDAZIONI riportate rispondono ai criteri definiti come Standard o Linea Guida Clinica. Sono state, cioè, escluse le raccomandazioni basate su evidenze di Livello III e IV, che come tali si configurano come Opzione Clinica. 4 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo I. QUADRO CLINICO E CRITERI DIAGNOSTICI La diagnosi di Autismo viene attualmente formulata facendo riferimento ai criteri del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV), redatto dall'American Psychiatric Association 4. Tali criteri, esposti in Tabella I (Tab. I) prevedono la presenza di almeno 6 "sintomi", di cui almeno 2 riferibili ad una compromissione dell'interazione sociale, almeno 1 riferibile ad una compromissione della comunicazione verbale e non verbale ed almeno 1 riferibile ad una compromissione nell'area delle attività e degli interessi. A. Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da (1), e uno ciascuno da (2) e (3): 1) compromissione qualitativa dell'interazione sociale, manifestata con almeno 2 dei seguenti: a) marcata compromissione nell'uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l'espressione mimica, le posture corporee, e i gesti che regolano l'interazione sociale b) incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo c) mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone (per es., non mostrare, portare, né richiamare l'attenzione su oggetti di proprio interesse) d) mancanza di reciprocità sociale o emotiva; 2) compromissione qualitativa della comunicazione come manifestato da almeno 1 dei seguenti: a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica) b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri c) uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo; 3) modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, come manifestato da almeno 1 dei seguenti: a) dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione b) sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo) d) persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti; B. Ritardi o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree, con esordio prima dei 3 anni di età: (1) interazione sociale, (2) linguaggio usato nella comunicazione sociale, o (3) gioco simbolico o di immaginazione. C. L'anomalia non è meglio attribuibile al Disturbo di Rett o al Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza. Tab. I - Criteri diagnostici del Disturbo Autistico (dal DSM - IV). 5 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo LA TRIADE SINTOMATOLOGICA DELL'AUTISMO (1) Compromissione dell’interazione sociale e comportamenti ad essa correlati. I disturbi che rientrano in questa area variano in rapporto all’età e al livello di sviluppo. Nel corso del primo anno di vita, la compromissione dell’interazione sociale è tipicamente espressa dal deficit del canale di scambio privilegiato in tale periodo: vale a dire, il contatto occhi-occhi. Nella ricostruzione anamnestica, infatti, i genitori riferiscono il loro particolare disagio per la presenza fin dalle prime fasi dello sviluppo del bambino di comportamenti riferiti come “sfuggenza dello sguardo”, “difficoltà di agganciare lo sguardo”, “presenza di uno sguardo assente”. Frequenti, nel primo anno di vita, sono le anomalie delle posture corporee. Una sensazione comunemente riferita dai genitori è la difficoltà di tenere in braccio il bambino (“come se sgusciasse da tutte le parti”). Ciò è dovuto sia ad un’insofferenza per il contatto fisico - con conseguente adozione di comportamenti di evitamento - sia ad un’incapacità da parte del piccolo di adattare la sua postura alla postura di chi lo tiene in braccio. Questa incapacità viene definita come un disturbo del dialogo tonico. Molto frequenti, infine, sono le anomalie delle espressioni facciali che regolano l’interazione sociale; anomalie che possono essere di carattere quantitativo (assenza del sorriso o povertà della mimica) o qualitativo (sorriso, riso, collera, pianto non aderenti al contesto e privi pertanto di funzione di segnalazione). Nel corso dello sviluppo, la compromissione dell’interazione sociale si arricchisce di comportamenti sempre più espliciti e caratteristici. Il bambino “si aggira” fra gli altri come se non esistessero; tende ad isolarsi; quando chiamato “non risponde”; non richiede la partecipazione dell’altro nelle sue attività, nè lo rende partecipe delle sue attività (richiamando, ad esempio, l’attenzione dell’altro su oggetti o eventi interessanti, ovvero portando o mostrando oggetti); utilizza l’altro in maniera strumentale per l’appagamento delle esigenze del momento (il bambino, ad esempio, senza guardarlo negli occhi prende il braccio dell’altro e lo indirizza verso una cosa, che lui da solo non riesce a prendere). Quest’ultimo aspetto induce a tener ben presente che il rapporto interpersonale non è mai - o quasi mai - completamente assente: esso tuttavia è limitato sempre - o quasi sempre a richiedere (qualcosa o qualche azione) e non a condividere (interessi, bisogni, emozioni). Le difficoltà di interazione sociale non riguardano solo le figure dell’ambiente significativo, ma anche i coetanei. Sia in ambito familiare che extra-familiare il bambino autistico mostra incapacità e disinteresse nello stabilire relazioni adeguate al livello di sviluppo: il piccolo non richiede la compagnia dei coetanei e, quando inserito in un gruppo, o si isola o adotta comportamenti inadeguati (partecipazione passiva o condotte disturbanti). Con riferimento a quest’ultimo aspetto va sottolineato che, anche se l’isolamento e la chiusura in se stessi rappresentano tratti patognomonici (autismo, da = se stesso), non sono infrequenti comportamenti apparentemente paradossi (cioè, come se il bambino cercasse di stabilire il rapporto); comportamenti, tuttavia, che ad una valutazione più attenta si dimostrano qualitativamente anomali. Alcuni bambini autistici, ad esempio, non solo non rifiutano il contatto fisico, ma anzi lo ricercano attivamente, ma con modalità inappropriate, e spesso dispensano baci a persone viste per la prima volta o ad estranei. Altri, ancora, manifestano un attaccamento morboso ed esclusivo nei confronti della figura materna, o comunque di una figura privilegiata. In merito a questo aspetto, alcuni Autori hanno individuato tre sottogruppi di bambini autistici sulla base della qualità dell’interazione sociale: (a) bambini inaccessibili, che si “tirano fuori” da qualsiasi rapporto sociale; 6 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo (b) bambini passivi, che tendono ad isolarsi, ma sono in grado di interagire quando adeguatamente sollecitati; (c) bambini attivi-ma-bizzarri, che sono capaci di prendere l’iniziativa nell’interazione sociale, ma lo fanno in maniera inopportuna, enfatica ed inappropriata. Questi diversi profili - inaccessibile, passivo e attivo-ma-bizzarro - non variano solo da bambino a bambino, ma, in uno stesso bambino, possono alternarsi nel corso dello sviluppo. Ad esempio, un bambino completamente fuori della relazione può, nel corso dello sviluppo, adottare modalità di interazione di tipo pseudo-sociale; così come bambini che inizialmente sembrano collocarsi nella categoria dei passivi - capaci, cioè, di un’interazione quando adeguatamente stimolati -, possono in fasi successive dello sviluppo chiudersi completamente. (2) Compromissione della comunicazione e comportamenti ad essa correlati. La mancata acquisizione delle competenze linguistiche previste dal livello di sviluppo rappresenta uno dei disturbi più tipici e, forse, quello che maggiormente determina nei genitori la consapevolezza di un’atipia dello sviluppo. Uno dei motivi principali che spinge i genitori a richiedere una consultazione specialistica è infatti rappresentato dal fatto che “il bambino non parla”. Il deficit espressivo, peraltro, non è compensato da alcuna forma di comunicazione alternativa. I vari canali, rappresentati dallo sguardo, dalla mimica, dai gesti, o sono assenti o vengono utilizzati in maniera impropria e limitatamente al soddisfacimento di richieste particolari. La mancanza del linguaggio, unitamente ad alcuni particolari comportamenti, espressi dai genitori con frasi del tipo “quando lo chiamo non risponde”, “se gli dico di fare qualcosa non mi sta proprio a sentire” o “se impegnato nel fare qualcosa può cascargli il mondo intorno ma non si smuove”, li induce a sospettare un deficit dell’udito. E’ evidente che tutti i comportamenti appena riferiti, inclusa la mancanza del linguaggio, esprimono il disinteresse del bambino per l’altro e per l’ambiente. In questo senso, il linguaggio, quale strumento privilegiato per entrare in uno scambio comunicativo con l’altro, non viene investito. Con il passare degli anni, mentre alcuni bambini non riescono ad acquisire alcuna espressione verbale, altri presentano un progressivo sviluppo del linguaggio, che può addirittura diventare particolarmente fluente. Anche in questi casi, tuttavia, esso risulta qualitativamente inadeguato. Il linguaggio può essere infatti caratterizzato da: gergolalie fluenti inintelligibili; ripetizione delle domande che gli vengono poste piuttosto che rispondere alle stesse (ecolalia immediata); inversioni pronominali; ripetizione di parole, frammenti di frasi o intere frasi memorizzate, ma pronunciate senza aderenza al contesto (ecolalia differita); alterazioni della prosodia (eloquio cantilenante o monotono o enfatico); stereotipie verbali. Nel complesso, l’aspetto caratterizzante la compromissione del linguaggio è rappresentato dal mancato bisogno di un partner conversazionale. In questo senso vanno interpretati anche altri disturbi, quale quello di parlare di argomenti a lui favoriti senza preoccuparsi se interessino l’interlocutore o se siano pertinenti al discorso. Frequente è l’uso di frasi bizzarre, spesso associate in maniera illogica ad alcuni eventi (espressioni idiosincratiche). Anche la perseverazione nel porre domande - a volte la stessa domanda - di cui conoscono perfettamente la risposta, denota la mancanza di interesse o del bisogno di condividere con chi 7 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo ascolta un contesto più ampio di interazioni in cui entrambi, chi parla e chi ascolta, siano coinvolti in modo attivo. La compromissione del linguaggio, peraltro, non riguarda solo gli aspetti espressivi, ma anche la componente non-verbale e la comprensione. Per quel che riguarda, infatti, la componente non-verbale del linguaggio, raramente vengono usati quei gesti e quelle pantomime che solitamente accompagnano il messaggio verbale per arricchirne il significato. Sul piano del linguaggio di comprensione, vengono segnalati alcuni deficit molto particolari, quali l’incapacità di riconoscere i motti di spirito, i doppi sensi, le metafore e le locuzioni idiomatiche. Si tratta di difficoltà riconducibili al disturbo di una particolare area del linguaggio, la pragmatica, intesa come quell’area relativa alla capacità di definire le relazioni fra il linguaggio propriamente detto e chi lo usa, in rapporto agli scopi, ai bisogni, alle intenzioni e ai ruoli di chi partecipa alla conversazione. Ne deriva una comprensione cosiddetta letterale. (3) Modalità di comportamento, attività ed interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati. Vengono inclusi in questo gruppo di disturbi tutti quei movimenti, quei gesti e/o quelle azioni che per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto assumono la caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri. Molto spesso tali comportamenti vengono genericamente denominati con il termine di stereotipie. Si tratta, tuttavia, di un termine che non riesce a rendere la complessità di tali comportamenti, che possono infatti esprimersi attraverso: (a) una dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati, anomali o per intensità o per focalizzazione; (b) la sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici; (c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi. Su un piano puramente clinico-descrittivo, il repertorio di comportamenti osservabili è apparentemente molto variabile. Il bambino, infatti, può impegnarsi in maniera atipica (per ripetitività, rigidità e/o perseverazione) a: dondolarsi; imprimere alle mani atteggiamenti particolari; assumere posture bizzarre; guardarsi le mani; guardarsi allo specchio, mentre assume posture o espressioni mimiche bizzarre; leccare; osservare l’acqua che scorre; far rotolare un determinato oggetto; osservare la lavatrice in funzione; versare l’acqua da un contenitore ad un altro; seguire con un dito tutte le linee che gli capita di vedere; sfogliare le pagine di giornali; strappare la carta; osservare il particolare di un oggetto (interessarsi, ad esempio, della ruota di una macchinina e non dell’intera macchinina); disegnare sempre la stessa cosa; emettere determinati suoni; ripetere le stesse parole o frasi; recitare le scene di film (sempre le stesse); documentarsi su determinati argomenti (dinosauri, macchine, etc.). Come è possibile rilevare, questo interesse assorbente e perseverante può essere legato alla raccolta di stimoli provenienti dal proprio corpo, ovvero, all’osservazione di particolari oggetti ed eventi, o anche all’esecuzione di 8 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo determinate attività. Sembra, cioè, configurarsi una sorta di continuum, da interessi poco elaborati, come guardarsi le mani o strappare iterativamente la carta, ad attività molto strutturate, come versare un liquido da un recipiente ad un altro o mimare in maniera ripetitiva una scena di un film. La diversa scelta è probabilmente legata ad una serie di fattori, quali: - lo stile temperamentale; - particolari caratteristiche dell’ambiente; - l’età; - l’entità della sintomatologia autistica; - l’eventuale co-presenza e la gravità di un ritardo mentale associato. Quello che va sottolineato è che cambiano gli interessi, ma l’Interesse inteso come stato partecipativo e dedizione assorbente non cambia. Nell’ambito di questo terzo gruppo di disturbi rientra anche la ritualizzazione di alcune abituali routine quotidiane, quali il mangiare, il lavarsi, l’uscire, che devono svolgersi secondo sequenze rigide ed immutabili. Il bambino, ad esempio, al momento del pasto, può aver bisogno di mangiare sempre nella stessa stanza, nello stesso posto, con la stessa disposizione spaziale del piatto e delle posate; più spesso sono le caratteristiche del cibo che devono essere sempre le stesse, sia in termini di sapore che di aspetto (o sempre pastina o sempre formaggini o sempre surgelati di forma particolare). Questo bisogno di immutabilità - riferito dai genitori come espressione di un “carattere abitudinario” - si verifica anche nel gioco (disposizione di soldatini o di macchinine secondo un ordine che deve rimanere immodificato), nella disposizione degli oggetti nella sua stanza (che deve essere sempre la stessa) o nei percorsi da seguire nelle uscite. Nel complesso, due aspetti particolari caratterizzano questo tipo di comportamenti: l’abilità del bambino di cogliere anche minime variazioni del set percettivo (accorgersi, ad esempio, che la disposizione dei soldatini è stata alterata o che il cibo ha una consistenza lievemente diversa) e le reazioni di profondo disagio quando ciò avviene. In effetti, è proprio questo profondo disagio - che, peraltro, si traduce in vivaci reazioni comportamentali di rabbia ed aggressività auto o eterodiretta -, che conferisce a queste abitudini il carattere di un bisogno. Sotto questo aspetto, tali comportamenti sembrano assumere le connotazioni tipiche delle manifestazioni ossessivo-compulsive. Un altro tipo di comportamenti che rientra in questo terzo gruppo di disturbi è l’attaccamento esasperato ad oggetti insoliti. Il bambino, ad esempio, può dover portare sempre con sè una pallina, un pezzo di stoffa o di plastica. ALTRI SINTOMI CARATTERISTICI. Molto spesso il quadro clinico mette in evidenza comportamenti molto caratteristici, che risultano, tuttavia, difficilmente inquadrabili nell’ambito della triade precedentemente descritta. Fra di essi uno dei più comuni è l’abnorme risposta agli stimoli sensoriali di natura uditiva. Molti bambini autistici, apparentemente “sordi” ai comuni suoni dell’ambiente, mostrano una particolare sensibilità nei confronti di particolari stimoli uditivi (sirene, cigolii, campanelli). Tali suoni scatenano nel bambino violente reazioni di panico, con tentativi di proteggersi (coprendosi, ad esempio, le orecchie con le mani). Risposte simili possono essere osservate anche nei confronti di particolari stimoli visivi (flash, luci intense, determinati oggetti) o di alcuni stimoli tattili. L’elemento caratterizzante questi vari comportamenti è quindi rappresentato sostanzialmente dalla tonalità emotiva di fondo che li accompagna, la crisi di panico. Essa è scatenata da stimoli di diversa natura, che, verosimilmente, per un disturbo percettivo assumono connotazioni emozionali aberranti. 9 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo L’iperattività è un altro sintomo frequentemente osservato. I bambini autistici, infatti, presentano molto spesso labilità attentiva (“passano continuamente da un oggetto all’altro”) e comportamenti ipercinetici (“non stanno mai fermi”, “vanno avanti e dietro”). Si tratta di un sintomo poco specifico, che può ritrovarsi, cioè, in varie altre situazioni, ma che può, ciò non di meno, essere molto utile per l’orientamento diagnostico. Diversi bambini autistici presentano inoltre condotte auto-aggressive, quali battere il capo contro la parete o colpirsi il capo con il pugno. Tali comportamenti richiedono spesso misure terapeutiche energiche, in quanto possono portare a seri traumi o automutilazioni. Nell’ambito di questa categoria di “sintomi caratteristici” vanno incluse, infine, alcune particolari abilità. Queste “isole di speciali competenze” possono riguardare la capacità di discriminare e riconoscere particolari stimoli visivi, un’eccezionale memoria per numeri o date, o un’inaspettata capacità di leggere e recitare interi brani. IL RITARDO MENTALE. Circa il 75% dei pazienti autistici presenta Ritardo Mentale. Una frequenza così elevata di co-morbidità ha da sempre sollevato notevoli discussioni circa i rapporti fra Autismo e Ritardo Mentale. Peraltro, nelle situazioni in cui il Ritardo Mentale è “grave” risulta difficile stabilire se alcuni comportamenti atipici siano riferibili alla co-esistenza di un Disturbo Autistico e non piuttosto al basso livello intellettivo. Per contro, nelle situazioni in cui la sintomatologia autistica è particolarmente accentuata risulta parimenti difficile stabilire se le ridotte prestazioni intellettive siano legate alla co-esistenza di un Ritardo Mentale e non piuttosto al completo disinvestimento emotivo dell’altro e dell’oggetto. Anche se la natura dell’associazione Autismo-Ritardo Mentale rappresenta un problema ancora aperto, sul piano clinico-descrittivo il riferimento ad aspetti, quali la socievolezza, la disponibilità allo scambio relazionale, il piacere di essere e di partecipare (assenti nell’autismo, presenti nel Ritardo Mentale, indipendentemente dal grado di compromissione intellettiva) permettono di differenziare le due condizioni e, nel contempo, di valutarne l’eventuale coesistenza. L’EPILESSIA. L’epilessia si verifica in circa il 30-40% dei casi. In un terzo dei casi l’epilessia insorge nei primi anni di vita, senza assumere caratteristiche particolari. Nella maggioranza dei casi, le crisi insorgono in epoca adolescenziale ed assumono le caratteristiche delle crisi parziali complesse e tonico-cloniche generalizzate. Le forme di epilessia ad insorgenza nei primi anni di vita sollevano una serie di interrogativi circa la natura dei rapporti Autismo-Epilessia. Per lo più, l’autismo e l’epilessia vengono considerati epifenomeni di un comune danno encefalico (una “lesione” a carico del lobo temporale, ad esempio, può rappresentare, da un lato, l’elemento di disturbo nello sviluppo delle competenze sociali, - da cui deriva la sintomatologia autistica -, e, dall’altro, un focus epilettogeno responsabile della sintomatologia comiziale). Alcune forme di epilessia, quali gli spasmi infantili, sembrano tuttavia assumere il ruolo di fattore etiopatogenetico, nel senso che possono determinare, di per se stesse, le condizioni per lo sviluppo di una sintomatologia autistica. 10 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo RACCOMANDAZIONI 1 La formulazione di una diagnosi di Disturbo Autistico richiede che venga fatto riferimento ad un sistema di nosografia codificata. La proposta internazionalmente accettata è quella di adottare il DSM-IV1. 2 In accordo al DSM-IV, i criteri che valgono a definire il Disturbo Autistico sono rappresentati da comportamenti riferibili a: compromissione dell’interazione sociale, alterazione della comunicazione verbale e non verbale, repertorio di attività ed interessi ristretti e stereotipati. La diagnosi pertanto è basata esclusivamente su aspetti comportamentali. 3 I comportamenti caratterizzanti il Disturbo Autistico possono variare nella loro intensità e/o nella loro espressività da bambino a bambino e, in uno stesso bambino, nel corso del tempo. 4 Bisogna tener presente che accanto ai sintomi comportamentali considerati patognomonici, il quadro clinico è spesso arricchito da una serie di sintomi “accessori” dovuti alla presenza, in comorbidità, di diverse situazioni cliniche. Tali situazioni possono conferire al quadro clinico aspetti particolari, che unitamente alla variabilità dei sintomi "tipici", determinano una marcata variabilità fenotipica. 1 I due principali sistemi di nosografia codificata, il DSM-IV e l’ICD-10, individuano entrambi un gruppo di disturbi definiti come “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” (DPS), nell’ambito dei quali inseriscono il “Disturbo Autistico”. Essi concordano anche nella definizione dei criteri diagnostici per il Disturbo Autistico. Tuttavia, l’ICD-10 inserisce nell’ambito dei DPS alcuni sottogruppi aggiuntivi, che risultano di difficile inquadramento. 11 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo II. LA DIAGNOSI PRECOCE L’Autismo Infantile esordisce nei primi tre anni di vita. Il quadro appena descritto rappresenta la forma clinica conclamata, la quale tuttavia si realizza progressivamente nel tempo con segni e sintomi spesso subdoli e mal definiti 5. In effetti, solo in una minoranza di casi i genitori riferiscono la presenza, già nel primo anno di vita, di chiari sintomi autistici. In questi casi, cioè, i genitori rilevano fin dai primi mesi di vita la sfuggenza dello sguardo, l’assenza del sorriso, il disinteresse per l’altro e per l’oggetto. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, è nel periodo compreso fra i 10 ed i 20 mesi che cominciano a diventare particolarmente evidenti i sintomi riferibili ad un disturbo dell’interazione e della comunicazione sociale: il bambino non cerca l’altro per condividere esperienze; chiamato, non risponde; non aderisce alle richieste dell’altro, nè si diverte a “mettersi in mostra”; non usa alcuna parola; rifiuta di partecipare alle attività suggerite dall’altro, per dedicarsi invece a quelle scelte da lui, che peraltro risultano spesso atipiche. In un certo numero di casi i genitori riferiscono di aver acquisito la consapevolezza di un serio problema di sviluppo solo dopo i 20 mesi, in relazione soprattutto alla mancata acquisizione del linguaggio e alla comparsa di comportamenti di ritirata e di isolamento. In molti di questi casi, tuttavia, l’approfondimento anamnestico permette di rilevare che anche in epoche precedenti il piccolo presentava una certa tiepidezza nei rapporti sociali ed uno scarso interesse per gli oggetti o una tendenza ad un loro uso improprio. Pur considerando queste particolari modalità di esordio che rendono il quadro clinico difficilmente riconoscibile in epoche "precocissime", la maggioranza degli Autori è concorde nell'affermare che nella grande maggioranza dei casi il Disturbo Autistico è diagnosticabile all'età di 2 anni 6-9. A fronte di questo dato va considerato che attualmente la diagnosi viene ancora formulata ad un'età di circa 5 anni 10. I motivi di questo ritardo sono molteplici. Fra essi, in particolare, va individuata la scarsa sensibilizzazione degli operatori di primo livello (pediatri di famiglia) nei confronti dei segnalatori comunicativo-relazionali utili per un precoce orientamento diagnostico. Tale lacuna è stata recepita a livello di diverse Società Scientifiche Pediatriche, le quali nel corso di questi ultimi anni hanno elaborato una serie di raccomandazioni per il pediatra di base 2. E' stata in particolare suggerita la necessità di essere più attenti alle eventuali preoccupazioni espresse dai genitori relative alla regolarità dello sviluppo emotivo e sociale del loro bambino. Tale raccomandazione discende dalla constatazione che nella maggioranza dei casi di soggetti autistici i loro genitori si erano resi conto dell'esistenza di un serio problema di sviluppo già verso il 18° mese di vita. In linea molto generale le preoccupazioni riportate dai genitori possono essere raggruppate in tre punti: preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo del linguaggio; preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo sociale e/o alla presenza di un inadeguato modo di comportarsi; preoccupazioni legate al fatto di avere già un bambino più grande con Autismo. In Tabella viene riportata una lista delle più frequenti preoccupazioni, così come espresse dai genitori e raggruppate secondo i punti dianzi esposti (Tab. II). 12 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo del linguaggio: "Non risponde quando lo si chiama per nome "Non dice ciò che vuole" "Il linguaggio è ritardato" "Non dirige l'attenzione a qualcosa che gli viene indicato" "A volte sembra sordo" "Qualche volta sembra ascoltare altre volte no" "Non fa ciao-ciao" "Prima diceva alcune parole, ma ora non lo fa più" Preoccupazioni legate ad un inadeguato sviluppo sociale: "Non sorride quando gli si sorride o quando si gioca con lui" "Preferisce giocare da solo" "Tiene le cose per se stesso e non ama condividerle con gli altri" "E' eccessivamente indipendente" "Presenta scarso contatto oculare" "Sembra vivere in un suo mondo" "Sembra escludere gli avvenimenti esterni" "Non è interessato agli altri bambini" Preoccupazioni legate al modo di comportarsi: "Ha delle esplosioni di ira" "E' iperattivo, poco collaborante o francamente oppositivo" "Non sa usare i giocattoli in modo adeguato" "Resta attaccato ad un'attività in maniera ripetitiva" "Cammina sulle punte" "Presenta un attaccamento esagerato ad un oggetto" "Mette in fila le cose" "E' ipersensibile nei confronti di alcuni suoni e/o altri stimoli" "Presenta movimenti bizzarri" Tab. II - Possibili preoccupazioni riferite dai genitori Nelle situazione in cui i genitori riportano preoccupazioni in una di queste tre aree, dovrebbero essere sistematicamente investigate le altre aree con domande specifiche. In particolare, possono essere suggerite per ciascun area le domande riportate in Tab. III (Tab. III). "Il vostro bambino… Socializzazione … vi abbraccia come gli altri bambini?" … vi guarda quando gli parlate o giocate con lui?" … sorride in risposta al vostro sorriso?" … partecipa a giochi di condivisione di attività?" … effettua giochi di semplice imitazione, quali batti-batti le manine o cucù-teté "? … mostra interesse per gli altri bambini?" Comunicazione … indica con il dito?" … fa cenni con il capo per dire si o no ?" … cerca di attirare la vostra attenzione per mostrarvi un oggetto?" … presenta qualcosa di bizzarro nel linguaggio?" … tende a mostrare le cose agli altri?" … guida un adulto prendendolo per mano?" … sembra ignorarvi quando viene chiamato per nome?" 13 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo … sembra ignorare i comandi?" … usa in maniera meccanica, ripetitiva o ecolalica il linguaggio?" … memorizza stringhe di parole che ripete in situazioni inapproriate?" Comportamento … presenta movimenti ripetitivi, stereotipati o bizzarri?" … mostra una dedizione assorbente ad interessi ristretti?" … è maggiormente interessato a determinati dettagli di un giocattolo piuttosto che al giocattolo nel suo complesso?" … è in grado di effettuare giochi di finzione?" … imita le azioni delle altre persone?" … tende ad utilizzare gli oggetti sempre nello stesso modo?" … mostra un attaccamento esagerato ad un oggetto insolito?" Tab. III - Domande specifiche per "sondare" le altre aree. Anche quando i genitori non riferiscono alcun problema specifico il pediatra dovrebbe valutare sistematicamente, nell'ambito dei periodici bilanci di salute (0 - 3 anni), l'eventuale presenza di anomalie di sviluppo della relazione e della comunicazione. La valutazione screening dello sviluppo comunicativo e sociale dovrebbe avvenire mediante l'adozione di strumenti standardizzati 11. Sotto questo aspetto una proposta che sembra aver raccolto il maggior numero di consensi è rappresentata dall'uso della Checklist for Autism in Toddlers (CHAT) 12. Si tratta di un test screening da somministrare a bambini di 18 mesi, da parte del pediatra, nell'ambito dei periodici bilanci di salute (0-3 anni). Esso prevede 9 domande relative al comportamento del bambino che il pediatra deve rivolgere ai genitori e l'osservazione diretta di 5 comportamenti. Sulla base delle risposte alle domande fatte ai genitori e dei comportamenti direttamente osservati si ottiene un punteggio in grado di fornire il "rischio" di Autismo ("Alto Rischio", "Lieve Rischio", "Nessun Rischio"). La CHAT, elaborata in Gran Bretagna, è stata utilizzata su oltre 16000 bambini ed ha mostrato un'alta specificità ed un'elevata predittività. La sensibilità, al contrario, sembra insoddisfacente: ciò significa che bambini che all'età di 18 mesi sembrano presentare uno sviluppo "normale" possono poi mettere in evidenza, in epoche successive, comportamenti riferibili ad un Disturbo Autistico 13. Nell'impossibilità di utilizzare un test screening standardizzato ed indipendentemente dalle preoccupazione riferite dai genitori il pediatra di famiglia dovrebbe comunque rivolgere semplici domande ai genitori relative al comportamento del bambino. L'American Academy of Pediatrics 2 ha suggerito domande di questo tipo: "Il vostro bambino…. Non utilizza il linguaggio con voi né con altri bambini? Presenta scarso contatto oculare? Non risponde al suo nome? Agisce e si comporta come se fosse in un mondo tutto suo? Non presenta sorriso sociale? Sembra incapace di esprimere ciò che vuole per cui prende la vostra mano e la conduce verso la cosa che desidera? Presenta difficoltà nell'eseguire semplici consegne? Non vi porge mai un oggetto semplicemente per mostrarvelo? 14 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Non cerca di attirare la vostra attenzione per mostrarvi un oggetto o un evento "interessante"? Presenta crisi di rabbia insolite per intensità e durata? Presenta comportamenti ripetitivi, strani o stereotipati? Mostra un morboso attaccamento ad un determinato oggetto? Preferisce giocare da solo? E' incapace di utilizzare i giocattoli in maniera appropriata? E' incapace di fare un gioco di finzione (se di età superiore ai 2 anni)? Alla luce di tale "valutazione screening" dello sviluppo comunicativo e relazionale possono venire a configurarsi 3 possibilità: 1. i genitori sono preoccupati ed il pediatra rileva "personalmente" dei comportamenti dubbi; 2. i genitori sono preoccupati, ma il pediatra non rileva segni dubbi; 3. i genitori non sono preoccupati, ma il pediatra rileva segni dubbi. Nella eventualità (1.) non si pongono problemi: il bambino va inviato ad un servizio specialistico per un approfondimento diagnostico. Nella eventualità (2.) il pediatra prende atto delle preoccupazioni dei genitori, spiega che non gli è parso di rilevare elementi di sostegno alle loro preoccupazioni ed organizza un controllo dopo 4 settimane per rivalutare la situazione. Nella eventualità (3.) il pediatra comunica le sue perplessità ai genitori, li invita a prestare attenzione ai comportamenti che lui ritiene dubbi ed organizza un controllo dopo 4 settimane per rivalutare la situazione. L'importanza di una diagnosi precoce è ormai ampiamente documentata da una serie di ricerche. Una diagnosi precoce di Autismo si impone innanzitutto come esigenza epidemiologica. A fronte, infatti, delle iniziali stime che indicavano una prevalenza di 4-5 : 10000, recenti ricerche hanno messo in evidenza valori sensibilmente più elevati, valutati nell'ordine di 1-2 : 1000. L'Autismo Infantile, pertanto, è un disturbo molto più frequente di quanto ritenuto in passato 14-16. In aggiunta a quanto detto, formulare tempestivamente una diagnosi di Autismo significa: prevenire quella situazione di generale malessere dell’intero sistema famiglia, legata al disorientamento dei genitori che non riescono ad avere una spiegazione dei comportamenti atipici del bambino. Peraltro, quando essi insistono sull'opportunità di un approfondimento diagnostico, gli operatori di I livello forniscono spesso risposte evasive ("aspettiamo un altro po' di tempo, poi decidiamo", "forse sta attraversando un periodo un po' difficile: sente ancora il trauma della nascita del fratellino"), pseudorassicuranti ("ogni bambino ha i suoi tempi di maturazione e i suoi stili comportamentali") o francamente colpevolizzante ("Siete voi genitori con la vostra ansia che spingete il bambino ad assumere questo tipo di comportamenti"); programmare un intervento precoce. Una serie di ricerche ha messo in evidenza che la possibilità di organizzare in maniera adeguata tempi, spazi ed attività del bambino nella fascia di età considerata (2-4 anni) riesce ad incidere significativamente, nell'immediato, sulle potenzialità del bambino e in prospettiva sulla qualità dei suoi comportamenti adattivi, da cui dipende la qualità di vita dell'intero sistema famiglia 17. 15 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo RACCOMANDAZIONI 5 Il Disturbo Autistico esordisce nei primi tre anni di vita: le modalità di esordio sono, tuttavia, subdole e mal definite. L'operatore di I livello deve pertanto essere sempre attento alle preoccupazione che gli vengono riferite dai genitori circa lo sviluppo della comunicazione e della socializzazione. Per un elenco delle possibili preoccupazioni e delle domande specifiche da porre, vedi Tabelle II e III. 6 Indipendentemente dalle preoccupazioni dei genitori, l'operatore di I livello deve sistematicamente valutare nell'ambito dei periodici bilanci di salute, la regolarità dello sviluppo della comunicazione e della socializzazione. Ciò può essere realizzato mediante l'adozione di test screening opportunamente elaborati (CHAT 2) 7 Nei casi in cui, in base ad un test standardizzato o all'osservazione effettuata, sembra verificarsi un serio sospetto di Autismo l'operatore di I livello deve richiedere una visita specialistica (Neuropsichiatra Infantile) per l'eventuale conferma diagnostica. Nei casi dubbi l'operatore di I livello, d’accordo con i genitori, organizza un controllo dopo 4 settimane per una rivalutazione dei segni "sospetti". 2 La Checklist for Autism in Toddlers è un test screening ampiamente utilizzato in altri Paesi. Esso viene riportato in Appendice. 16 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo III. LA CONFERMA DIAGNOSTICA Il PROCESSO DIAGNOSTICO, finalizzato a valutare un bambino per il quale sia stato formulato un sospetto di autismo, comprende un complesso di interventi che hanno lo scopo di aiutare a conoscere e capire il bambino e il suo disturbo. Si tratta, pertanto, di un processo di conoscenza: conoscenza del disturbo, definendone quelle caratteristiche che servono ad inquadrarlo sul piano nosografico; conoscenza del soggetto portatore del disturbo. Bisogna, cioè, cercare di valutare come funziona il soggetto nel suo complesso, con riferimento alle aree motorie, cognitiva, linguistica ed affettivo-relazionale; conoscenza del significato del disturbo nell’economia generale del funzionamento adattivo del soggetto; conoscenza delle relazioni che il soggetto stabilisce con le figure del suo ambiente significativo; conoscenza dei genitori, in termini di atteggiamenti affettivo-pedagogici in genere adottati, e, più in particolare, modalità di percepire e comportarsi nei confronti del disturbo in esame. Le fasi fondamentali del processo diagnostico sono rappresentate da: (a) anamnesi; (b) esame clinico; (c) restituzione. (A) ANAMNESI Si tratta, come è noto, di un momento fondamentale in qualsiasi disciplina medica. Per quel che riguarda il Disturbo Autistico, la ricostruzione anamnestica deve tener conto dei punti critici precedentemente riportati. In particolare: A.1 ANAMNESI FAMILIARE 1. Consanguineità 2. Presenza di autismo o condizioni cliniche ad esso assimilabili. In merito a quest’ultimo aspetto, particolare attenzione va riservata all’eventuale presenza nei fratelli e/o nei collaterali di stili comportamentali indicativi di uno scarso investimento della relazione e della comunicazione o di interessi bizzarri per contenuto o ripetitività 18-20; 3. Presenza di altri disturbi psichiatrici nosograficamente definiti. Va in particolare approfondita la presenza di Disturbi dell’Umore, la cui associazione con l’AI è stata più volte segnalata 21; 4. Presenza di malattie genetiche o condizioni mediche conosciute. L’associazione dell’AI con situazioni cliniche, quali la sindrome dell’X-Fragile, la sclerosi tuberosa, rappresenta un riscontro molto frequente 22. Risulta inoltre importante segnalare qualsiasi altra associazione, anche con malattie “rare”. A.2 GRAVIDANZA, PARTO E PERIODO NEONATALE Le patologie legate alla gravidanza, al parto e al periodo neonatale non sembrano porsi come fattori etiopatogenetici, in quanto non presentano significative associazioni con l’AI. Ciò non di meno un’attenta ricostruzione anamnestica può permettere di valutare l’eventuale presenza di segni indicativi di una patologia “intrinseca” del feto, quali un ridotto accrescimento intrauterino, un basso peso 17 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo alla nascita, difficoltà di adattamento nell’immediato post-partum. Tali segni, infatti, esprimendo una scarsa competenza del prodotto del concepimento a crescere e a nascere possono essere indicativi di una patologia genetica e/o malformativa 23. A.3 SVILUPPO La ricostruzione delle prime fasi dello sviluppo (0-3 anni) rappresenta una momento molto importante. Tale ricostruzione deve essere rivolta a definire non solo l’epoca e le modalità d’acquisizione delle principali tappe dello sviluppo psicomotorio (sviluppo posturo-cinetico, sviluppo delle competenze cognitive, sviluppo comunicativo-linguistico, sviluppo sociale), ma anche le modalità d’organizzazione delle principali funzioni di base (alimentazione, ritmo sonno-veglia, reattività/consolabilità). La raccolta di tali dati permette di valutare l’eventuale presenza di sintomi precoci “specifici”, con interessamento , cioè , dell’area relazionale e comunicativa, ma anche di sintomi “aspecifici” (difficoltà della suzione, ipereccitabilità”, difficoltà dello svezzamento, disturbi del sonno) che nel loro insieme configurano un “disturbo della regolazione”, riferito con elevata frequenza nell’anamnesi del soggetto con Disturbo Autistico 5,24. A.4 STORIA MEDICA Tale sezione dell’anamnesi è finalizzata a valutare se sono stati presenti segni e sintomi indicativi di una condizione medica conosciuta e/o di disturbi nosograficamente definiti. Risulta inoltre consigliabile verificare se sono state presenti manifestazioni di natura allergica 25. Nelle situazioni in cui il soggetto sia già stato preso in carico per situazioni morbose (diverse dal Disturbo Autistico), particolare attenzione andrà rivolta alla diagnosi formulata, all’esito delle indagini effettuate, agli interventi praticati e soprattutto ai risultati da essi conseguiti. A.5 ASPETTI RELATIVI AL DISORDINE ATTUALE Quest’ultima parte dell’anamnesi riguarda la definizione dell’età e delle modalità di esordio dei segni e sintomi che hanno determinato la consapevolezza nei genitori di un “serio problema di sviluppo”. Nel caso in cui sia stato il pediatra a mettere in allarme i genitori segnalando comportamenti a cui loro non avevano dato eccessiva importanza, è necessario aiutare i genitori a ricostruire le modalità relazionali del bambino e i suoi stili di comunicazione, facendo riferimento ad esempi e a situazioni di vita quotidiana. Ciò rende i genitori maggiormente partecipi del processo diagnostico, consapevoli dell'eventuale irregolarità di determinati comportamenti e quindi disponibili ad un coinvolgimento "attivo" nel progetto terapeutico nel caso venga confermato il sospetto inizialmente formulato. Particolare importanza assume la valutazione dell’eventuale presenza di eventi “stressanti” connessi in relazione temporale con l’insorgenza dei disturbi (malattie, incidenti, 18 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo ospedalizzazioni, morte di uno dei genitori, bruschi cambiamenti ambientali, etc.). Nella raccolta dell’Anamnesi risulta molto utile far riferimento a schemi di intervista opportunamente elaborati. (B) ESAME CLINICO L’ESAME CLINICO si articola nelle seguenti fasi: B.1 ESAME MEDICO GENERALE L’ ESAME MEDICO GENERALE è finalizzato a ricercare l’eventuale presenza di segni e sintomi riferibili a malattie genetiche e/o condizioni mediche conosciute. Ciò, come più volte accennato, è legato alla frequente associazione del Disturbo Autistico con tali situazioni 22,25. Particolarmente importante è la misurazione di parametri auxologici, quali la statura, il peso e, soprattutto, il perimetro cranico (PC). Diverse indagini, infatti, hanno messo in evidenza, in percentuali statisticamente significative, valori del PC superiori al 90° percentile 26. B.2 ESAME NEUROLOGICO L’ESAME NEUROLOGICO, finalizzato a valutare l’integrità delle strutture nervose centrali e periferiche dovrà tener conto non solo dei sintomi “maggiori” (spasticità, distonie, atassia, paralisi, etc;), ma anche dei segni “minori” (neurological soft signs). Nell’ambito di quest’ultimo tipo di segni rientrano rilievi di incerta definizione nosografica, quali strabismo, sfumate asimmetrie di lato dei riflessi o del tono, lievi ipercinesie coreiformi, incertezze nella coordinazione dinamica generale. Tali segni, oltre a rappresentare una testimonianza di una possibile disfunzione neurobiologica di fondo, si pongono talvolta come utili elementi per una diagnosi differenziale (come nel caso della sindrome di Asperger, in cui la goffaggine motoria rappresenta un sintomo considerato patognomonico) 27,28. B.3 ESAME PSICHIATRICO L’ESAME PSICHIATRICO rappresenta una fase fondamentale del processo diagnostico e, nel caso specifico, la più importante. Esso infatti permette di raccogliere gli elementi necessari per la formulazione della diagnosi (diagnosi nosografica), ma anche per la definizione delle competenze del soggetto (diagnosi funzionale). La metodologia dell’esame deve tener conto di una serie di variabili, fra cui l’età del soggetto, il suo livello di sviluppo e l’entità della compromissione comunicativo-relazionale. In termini metodologici, un altro aspetto che va sottolineato è la necessità di prevedere due o più incontri. Ciò non solo per la quantità di elementi da raccogliere, ma anche per dare la possibilità al soggetto di familiarizzare con l’ambiente e permettergli di mettere in atto comportamenti non gravati dal disorientamento legato alla “novità”. 19 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Nel suo complesso, l’ESAME PSICHIATRICO è mirato ai seguenti aspetti: Valutazione generale del comportamento del soggetto in esame Questa parte dell’esame prevede in particolare la valutazione di quegli aspetti che valgono a definire il “comportamento autistico”: la compromissione dell’interazione sociale; l’alterazione della comunicazione verbale e non verbale; le atipie del repertorio di interessi ed attività per contenuto o perseverazione. In questa prospettiva, l’osservazione rappresenta una modalità privilegiata. Bisogna infatti sottolineare che dal momento in cui genitori e bambino entrano nella sala da visita, fino a quello in cui si congedano, la semplice osservazione, intesa nel senso di limitarsi a “guardare” il bambino, il suo modo di muoversi, di chiedere, di rispondere alle richieste dei genitori, di rapportarsi all’altro e di rapportarsi all’oggetto, senza ricorrere a manovre direttive o invasive, permette di raccogliere la maggioranza delle informazioni utili per il “processo di conoscenza”. Risultano, infatti, particolarmente importanti aspetti, quali: il modo in cui il bambino entra nella stanza, che può variare dal rifiuto manifesto, all’inibizione o alla completa disinibizione; il modo in cui investe lo spazio, che può esprimersi con la ricerca di uno spazio privilegiato in cui resta “confinato” o, al contrario, con un’attività motoria frenetica che lo porta a spaziare per tutta la stanza; il modo in cui esplora gli oggetti presenti nella stanza, che può variare da una completa indifferenza, ad una manipolazione afinalistica o ad un uso ritualizzato; il modo in cui reagisce alla presenza dell’altro, che può essere caratterizzato da una completa indifferenza, da reazioni di evitamento o da una viscosità indiscriminata; il modo in cui risponde alle richieste dell’esaminatore, che può variare da un’apparente disponibilità ad interagire, ad un’aderenza passiva o a un completo rifiuto; il tipo e le caratteristiche delle attività e gli interessi prevalenti. Quanto più l’osservazione è apparentemente libera, in un contesto relazionale rassicurante, tanto maggiori saranno le possibilità espressive del bambino e, quindi, gli elementi che si riescono a cogliere. Il termine apparentemente viene sottolineato per indicare che, nell’organizzazione dell’osservazione, nulla è lasciato al caso o all’improvvisazione. In effetti l’esaminatore ha uno schema mentale ben preciso che lo guida. La stessa scelta di lasciare “libero” il bambino di agire e di interagire risponde ad uno specifico scopo, in accordo ad un protocollo predefinito. Le osservazioni videoregistrate. effettuate dovrebbero essere sistematicamente I dati che emergono dall’osservazione rappresentano, peraltro, elementi utili per siglare scale opportunamente elaborate (vedi Appendice)3. I dati dell’osservazione vanno sempre integrati con le notizie che forniscono i genitori. Tali notizie vanno raccolte seguendo schemi di interviste semistrutturate (vedi Appendice)4. 3 Le scale cui viene fatto riferimento sono le CARS e l'ABC. Le Interviste maggiormente utilizzate a livello internazionale sono l’ADI-R (Autism Diagnostic Interview- Revised) e la DISCO (Diagnostic Interview fo Social and Communicative Disorders) 4 20 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Valutazione del livello cognitivo Si tratta di un’area importante, ma complessa. Quando la disponibilità relazionale del soggetto lo permette, vanno utilizzate scale di valutazione standardizzate (vedi Appendice)5. Nelle situazioni in cui è impossibile l’uso di tali scale per l’esistenza di una particolare compromissione delle funzioni adattive o per l’impossibilità di favorire momenti di interazione e scambio, l’osservazione apparentemente libera del soggetto può permettere di cogliere nel suo comportamento alcune strategie risolutive di problemi, indicative del livello di sviluppo (permanenza dell’oggetto, uso di mezzi per il raggiungimento di uno scopo, abilità prassico-costruttive, capacità rappresentative, etc.). Tali dati, unitamente ad altre domande rivolte ai genitori, possono essere riportate su scale di valutazione dello sviluppo psicomotorio, permettendo in tal modo di ottenere un livello di sviluppo (vedi Appendice)6. Valutazione delle competenze comunicative e linguistiche Quando la disponibilità relazionale del soggetto lo permette, la valutazione delle funzioni linguistiche riguarda sia gli aspetti recettivi che quelli espressivi. Va inoltre rilevata l’eventuale presenza di ecolalie o gergolalie. E’ importante sottolineare che quando il soggetto presenta un linguaggio nel complesso adeguato all'età cronologica va attentamente valutato se egli riconosce realmente l’altro come partner conversazionale. Nelle situazioni in cui il soggetto non utilizza il linguaggio verbale, vanno valutate le forme di comunicazione non verbale (mimica, postura, gesti) e le finalità: se si tratta, cioè, di una comunicazione esclusivamente richiestiva o anche dichiarativa. Nelle suddette situazioni la valutazione si basa, oltre che sulla verifica diretta, sulle notizie fornite dai genitori nell’ambito di interviste semistrutturate; notizie che vanno riportate su scale opportunamente elaborate (vedi Appendice)7. Valutazione dello sviluppo emozionale Quest’area si riferisce alla valutazione della tonalità emotiva che si associa ai comportamenti del soggetto. Particolare attenzione andrà rivolta alla gamma delle emozioni presentate dal soggetto, alla capacità che egli ha di modularle e alla congruenza degli stati emotivi con la situazione. Valutazione delle competenze adattive Tale area, infine, prevede la valutazione delle autonomie personali (alimentazione, igiene, abbigliamento) e di quelle sociali (comportamenti adottati in situazioni quali le uscite per compere, visite ai parenti, visite da parte di parenti, etc.). Tali elementi vanno raccolti attraverso interviste semistrutturate con i genitori e vanno riportati su scale opportunamente elaborate (vedi Appendice)8. 5 Le scale di più ampia diffusione in Italia sono la Stanford-Binet e le Scale della serie Wechsler. Molto usata in Italia è la Scala di Brunet-Lézine. 7 Una scala molto diffusa è l’ABS Vineland (Adaptive Behavior Scales – Vineland). 8 ibidem 6 21 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo B.4 INDAGINE FAMILIARE E VALUTAZIONE DELLE RISORSE I colloqui con i genitori rappresentano un momento cruciale del processo diagnostico. Tali colloqui infatti, oltre a fornire informazioni critiche per la “conoscenza” del soggetto, permettono anche la “conoscenza” dei genitori, in termini di atteggiamenti affettivo-pedagogici, in generale, e di strategie educative e terapeutiche messe in atto nei confronti dei disturbi del figlio9. Questo processo di conoscenza dei genitori deve essere finalizzato a valutare le risorse “personali” (capacità di fronteggiamento del disagio connesso al disturbo del figlio), “familiari” (caratteristiche del nucleo familiare, stato socio-economico, qualità delle relazioni intra- ed interfamiliari) ed “ambientali” (disponibilità dei servizi sul territorio di residenza, aspetti culturali dell’area di appartenenza), cui riferirsi per la formulazione del progetto terapeutico. B.5 INDAGINI STRUMENTALI E DI LABORATORIO La diagnosi di Autismo viene formulata in base a dati esclusivamente comportamentali. Non esistono, pertanto, indagini con significato diagnostico. Le uniche indagini che vanno sistematicamente effettuate sono quelle di carattere audiometrico. Altri tipi di indagini andranno programmate in rapporto ad indicazioni derivanti dall’ESAME CLINICO e/o a particolari notizie riferite dai genitori nell’ANAMNESI. In particolare, vanno tenute in considerazione le seguenti indicazioni 1-3,29: le indagini genetiche vanno effettuate quando ricorre almeno una delle seguenti situazioni: familiarità per definite condizioni genetiche, presenza di un ritardo mentale ad etiopatogenesi sconosciuta presenza di tratti dismorfici e/o di malformazioni a carico di vari organi ed apparati; le indagini metaboliche vanno effettuate quando ricorre almeno una delle seguenti situazioni: familiarità per definite patologie metaboliche, presenza nell'anamnesi personale di episodi di letargia, di vomito ciclico o di crisi epilettiche ad insorgenza precoce, presenza di un ritardo mentale ad etiopatogenesi sconosciuta, l'EEG va richiesto quando ricorre una delle seguenti situazioni: presenza di episodi parossistici di dubbia natura presenza di una storia di "regressione" le neuroimmagini (TC cranio e RM encefalo) non hanno indicazioni per una effettuazione routinaria. (C) LA RESTITUZIONE 9 Una procedura che riteniamo molto utile è quella di invitare i genitori a compilare, a casa, un questionario opportunamente elaborato. In esso vengono rivolte ai genitori una serie di domande che riguardano il comportamento del bambino in alcuni momenti critici della giornata, le loro modalità educative, l’organizzazione dei ritmi familiari, etc. Le risposte, “commentate” in un incontro fra un operatore dell’équipe ed i genitori offrono lo spunto per affrontare le dinamiche familiari e fornire suggerimenti d’ordine psicopedagogico. 22 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo La RESTITUZIONE è la fase che conclude il processo diagnostico e prevede la comunicazione ai genitori della diagnosi e delle relative indicazioni di trattamento. Si tratta, come è evidente, di un momento obbligato in qualsiasi percorso diagnostico, ma assume per il Disturbo Autistico un significato particolare. La RESTITUZIONE deve essere preceduta da un incontro fra gli operatori che sono stati coinvolti nell’iter diagnostico. Tale incontro permette di: scambiarsi informazioni circa il materiale raccolto; completare con l’ausilio dei video effettuati la siglatura delle varie scale; formulare la diagnosi; preparare l’incontro di RESTITUZIONE propriamente detto con i genitori. L’incontro con i genitori deve innanzitutto prevedere una formulazione chiara del tipo e della natura del disturbo presentato dal figlio. La mancata conoscenza, nella maggioranza dei casi, dei momenti etiopatogenetici del Disturbo rappresenta un elemento che rende difficile nei genitori la “comprensibilità” della diagnosi ed alimenta il loro disorientamento. In questa prospettiva risulta particolarmente utile “illustrare” ai genitori e “commentare” con essi la diagnosi, rivedendo le fasi più importanti delle sedute di osservazione utilizzando i video effettuati. Successivamente vengono individuati con i genitori i punti critici su cui deve articolarsi il Progetto Terapeutico, le sue finalità e la programmazione dei periodici incontri di controllo. Sotto questo aspetto, la peculiarità del colloquio di Restituzione è riconoscibile nel fatto che esso non rappresenta un momento conclusivo, ma il momento di partenza per iniziare con i genitori un percorso da fare insieme. RACCOMANDAZIONI 8 La diagnosi di Autismo deve essere formulata sulla base di una valutazione accurata del bambino condotta da un Neuropsichiatra Infantile con esperienza sui Disturbi Pervasivi dello Sviluppo e che abbia quindi competenza e familiarità con i criteri del DSM-IV e conoscenza di tutti i suggerimenti terapeutici proposti a livello internazionale. 23 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo 9 Dal momento che la diagnosi di Disturbo Autistico è basata su parametri esclusivamente comportamentali, da un lato, risulta indispensabile riferirsi a situazioni di osservazione standardizzate e, dall’altro, è necessario adottare scale di valutazione opportunamente elaborate per il “comportamento” autistico. Fra le interviste semistrutturate e le scale utilizzate vanno segnalate: le CARS (Childhood Autism Rating Scales) l'ABC (Autism Behavior Checklist) l'ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised) Va tuttavia sottolineato che la diagnosi di Disturbo Autistico non può mai essere formulata in base ad un punteggio di un test, ma deve essere confermata dal parere di un neuropsichiatra infantile esperto, in base all’osservazione diretta del soggetto. 10 La diagnosi di Disturbo Autistico deve sempre essere integrata da una valutazione estesa a tutte le aree di sviluppo: competenze motorie, competenze prassiche, livello cognitivo, livello linguistico, caratteristiche temperamentali, comportamento adattivo. Anche la valutazione di tali aree deve prevedere l'adozione di strumenti quanto più possibili standardizzati. Vanno in particolare segnalati: la Scala di Sviluppo psicomotorio di Brunet-Lézine la Scala di Intelligenza Stanford Binet il Vineland-ABS (Vineland-Adaptive Behavior Scales) 11 Accanto ai sintomi comportamentali considerati patognomonici, il quadro clinico è spesso complicato da una serie di sintomi “accessori” dovuti alla presenza, in comorbidità, di diverse situazioni cliniche. La comorbidità si riferisce non solo a quadri clinici ad etiopatogenesi conosciuta (sclerosi tuberosa, distrofia muscolare, fenilchetonuria, sindrome dell’X-Fragile, etc.), ma anche a condizioni disfunzionali ad etiopatogenesi sconosciuta, ma definite sul piano nosografico (Ritardo Mentale, Epilessia, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbi Specifici del Linguaggio, etc.) Pertanto, l'anamnesi e l'esame clinico devono essere indirizzati alla ricerca di situazione di questo genere, che peraltro possono richiedere specifiche indagini strumentali e/o di laboratorio 12 La diagnosi di Autismo è basata su criteri esclusivamente comportamentali: non esistono pertanto indagini strumentali e/o di laboratorio con significato diagnostico. 13 24 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Quando non esistano elementi clinico-anamnestici chiaramente indicativi di quadri patologici associati in comorbidità, per i quali le indagini rappresentano un elemento di conferma diagnostica, vanno tenute in considerazione le seguenti indicazioni: a) le indagini audiometriche vanno effettuate in tutti i casi; b) le indagini genetiche vanno effettuate quando ricorre una delle seguenti situazioni: (1) familiarità per definite condizioni genetiche, (2) presenza di un ritardo mentale ad etiopatogenesi sconosciuta (3) presenza di tratti dismorfici e/o malformazioni a carico di vari organi ed apparati; c) le indagini metaboliche vanno effettuate quando ricorre una delle seguenti situazioni (1) familiarità per definite patologie metaboliche, (2) presenza nell'anamnesi personale di episodi di letargia, di vomito ciclico o di crisi epilettiche ad insorgenza precoce, (3) presenza di un ritardo mentale ad etiopatogenesi sconosciuta; d) l'EEG è richiesto nelle situazioni in cui sono presenti episodi parossistici di dubbia natura o quando è presente una storia di "regressione"; e) le neuroimmagini (TC cranio e RM encefalo) non hanno indicazioni per una effettuazione routinaria. 14 Il processo diagnostico inteso come processo di conoscenza deve essere esteso alla coppia genitoriale e all'intero sistema famiglia. Ciò permette infatti di valutare la conoscenza che i genitori hanno del Disturbo, il loro livello di consapevolezza sulla condizione del bambino e le risorse sia in termini emozionali che logistici. 15 La comunicazione della diagnosi ai genitori rappresenta un momento particolarmente delicato. Essa va "preparata" tenendo conto delle difficoltà di far comprendere una situazione clinica già di per sé complessa e mal definita negli aspetti etiopatogenetici. Nel comunicare la diagnosi bisogna fornire ai genitori indicazioni chiare sulla natura del disturbo, sulle possibili evoluzioni a distanza, sul panorama degli approcci terapeutici, sulle risorse che offre il territorio di appartenenza, sulle caratteristiche del percorso diagnostico-terapeutico abitualmente previsto nella fase successiva alla prima diagnosi. Nel comunicare la diagnosi bisogna soprattutto far percepire ai genitori la disponibilità del servizio a porsi come punto di riferimento per la realizzazione del progetto terapeutico. 25 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo IV. L'INTERVENTO PRECOCE La fase immediatamente successiva alla diagnosi rappresenta un periodo particolarmente delicato. Ciò deriva dal fatto che nella fascia di età considerata la diagnosi formulata, anche se presenta una sufficiente stabilità in termini statistici, lascia comunque aperta la possibilità che alcuni casi possano uscire dalla categoria diagnostica individuata 6-9. Tale aspetto è legato al concetto di variabilità nosografica. La diagnosi formulata è un'etichetta descrittiva di un insieme di comportamenti. Si tratta cioè di una "categoria" individuata in base a definiti comportamenti. E' evidente pertanto che se cambiano i comportamenti cambia o si definisce con maggiore precisione la "categoria" inizialmente individuata. Accanto alla variabilità nosografica esiste anche una variabilità maturazionale, che in questa fascia di età è particolarmente accentuata. In rapporto ai fenomeni di maturazione e crescita si verifica, cioè, la possibilità che all'interno della stessa categoria diagnostica possano verificarsi sensibili modifiche nell'espressività dei comportamenti caratterizzanti il disturbo. In altri termini, casi che sembrano essere caratterizzati da un modesto impegno funzionale mostrano progressivamente una compromissione sempre più accentuata; per contro, casi caratterizzati da marcati comportamenti disadattivi possono presentare un'evoluzione migliorativa inizialmente inimmaginabile 9. A tali caratteristiche intrinsecamente connesse alla particolare fase evolutiva si aggiungono le difficoltà implicite nella formulazione di una diagnosi di autismo; di un disturbo, cioè, che si connota come una situazione mal definita nelle cause, nei meccanismi sottostanti i comportamenti osservati, nelle possibilità terapeutiche e, come già accennato, nell'evoluzione prognostica. Alla luce di tali considerazioni la formulazione della diagnosi a questa età non può rappresentare un punto di arrivo per un giudizio categoriale (c'è autismo/non c'è autismo) 30. La formulazione della diagnosi viceversa, nel prendere atto che esistono dei comportamenti che soddisfano i criteri diagnostici di un disturbo autistico, rappresenta il punto di partenza di un percorso da fare insieme, operatori - famiglia - bambino, per mettere in atto un programma finalizzato a: a) riattivare le "risorse" dei genitori b) fornire al bambino opportune stimolazioni c) valutare la risposta del bambino a tali stimolazioni, in termini relazionali, comunicativi ed adattivi Tali principi, recepiti a livello internazionale, rappresentano gli elementi irrinunciabili dei programmi di intervento precoce formulati nei diversi Paesi 31. Una recente rassegna dei programmi di intervento rivolti a bambini con Disturbi Pervasivi dello Sviluppo nella fascia di età considerata (2-4 anni) ha dimostrato che i migliori programmi sono quelli che iniziano quanto più precocemente possibile, forniscono servizi individualizzati per il bambino e la famiglia, utilizzano insegnamenti strutturati e sistematici, sono intensivi, coinvolgono la famiglia e riconoscono gli spazi che abitualmente il bambino frequenta come opportunità terapeutiche 32. Bisogna infatti tener presente l'età e la natura del disturbo. L'Autismo Infantile non rappresenta una malattia nel senso classico del termine, ma si configura piuttosto come uno status, un modo di essere in rapporto al quale il bambino sembra muoversi, agire ed interagire seguendo interessi, bisogni ed emozioni scarsamente congruenti con gli interessi, i bisogni e le emozioni propri del gruppo sociale cui appartiene. La "terapia", pertanto, non può ridursi a facilitare la comparsa di un determinato comportamento o a scoraggiarne uno altrettanto definito, ma deve, piuttosto, aiutare il bambino ad adattarsi alla realtà circostante 26 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo cercando di fargli percepire ed interiorizzare le leggi, le caratteristiche e le strutture che la regolano. Ciò può realizzarsi solo attraverso una adeguata organizzazione di tempi, spazi ed attività all'interno di un dispositivo integrato rappresentato dall'ambiente familiare, dall'ambiente scolastico (asilo Nido-Scuola Materna) e dal Servizio di Neuropsichiatria Infantile. In questa prospettiva il Servizio di Neuropsichiatria Infantile si pone come uno "spazio" che svolge una duplice funzione: (a) quella di fornire opportunità terapeutiche e (b) quella di coordinare le attività negli altri "spazi" individuati (famiglia e scuola) per garantire continuità e coerenza al progetto. L'aspetto caratterizzante un tale tipo di programma va innanzitutto individuato nella necessità di definire a monte di qualsiasi atto terapeutico un "contenitore", definibile come Dispositivo Integrato di Cura per l'Autismo (DICA), all'interno del quale vanno poi progressivamente e gradualmente definiti i "contenuti" dell'intervento. In termini di "contenuti" vanno individuate tre aree di intervento: interventi diretti sul bambino, interventi rivolti alla famiglia, interventi diretti alla scuola. Interventi diretti sul bambino. In accordo all'orientamento adottato dalla presente rassegna, quest'area si pone come la più problematica, nel senso che non esiste a livello internazionale un unanime consenso sull' "intervento" più idoneo. In effetti, nessuno dei lavori riferiti in letteratura a sostegno di questo o di quell'altro "intervento" è basato su una metodologia tale da conferirgli un sufficiente grado di evidenza. Gli interventi diretti sul bambino che sono stati in qualche modo sottoposti ad una validazione scientifica sono quelli basati su tecniche di modifica del comportamento. Nell'ambito di tali interventi il principale metodo di istruzione è l' "insegnamento attraverso le prove distinte" (Discrete Trial Teaching = DTT). L'insegnamento DTT viene svolto in un ambiente che elimina le distrazioni che possono impedire l'apprendimento; scompone le abilità da insegnare in parti più comprensibili per il bambino; insegna una parte di abilità per volta; usa i principi del rinforzo. Nella formulazione originaria, tali tecniche rientravano in programmi intensivi che prevedevano "training" comportamentali in un rapporto di 1 a 1, per 40 ore alla settimana, per un periodo di 2 anni. In accordo ad un protocollo di questo tipo sono stati riferiti risultati molto soddisfacenti sulla prognosi cognitiva e sui livelli di apprendimento 33-35. Facendo tuttavia riferimento ai criteri riportati all'inizio, derivati da una Evidence Based Medicine (Forza dell'evidenza e Forza della raccomandazione), i lavori citati presentano notevoli lacune metodologiche 36. Non a caso, queste tecniche di intervento basate su metodi comportamentali hanno subito nel tempo sensibili modifiche. Esse infatti non rappresentano più il metodo di base , come nel "vecchio" modello Lovaas, ma sono incorporati, in misura maggiore (Applied Behavior Analysis = ABA) o minore (TEACCH), in modelli di più ampio respiro che riconoscono agli spazi "extraterapeutici" (famiglia, scuola, coetanei) un'importanza decisiva. In effetti, negli stessi Paesi in cui le tecniche di modifica del comportamento sono nate e si sono diffuse, vengono proposti con sempre maggiore enfasi interventi precoci con impostazione profondamente differente. Tali metodi vengono definiti "naturalistici", in quanto basati su un arricchimento delle naturali esperienze che un bambino, normalmente, si trova a vivere nel quotidiano 37. Nella filosofia di questo tipo di programmi è implicita l'importanza della dimensione emozionale e relazionale che dovrebbe caratterizzare qualsiasi tipo di atto terapeutico, ma che nel caso dell'Autismo assume essa stessa una valenza terapeutica. E' opinione, infatti, della maggioranza degli Autori che alla base dell'Autismo esista un deficit 27 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo sociale, inteso come l'espressione di un'atipia cognitiva. In rapporto a tale atipia cognitiva le esperienze emozionali, relazionali e sociali, considerate al pari di qualsiasi altra esperienza percettiva, non riescono ad essere sistematizzate in sistemi di conoscenza coerenti (= la cognizione sociale) 38-41. Ne deriva che gli "esercizi" finalizzati all'acquisizione di obiettivi predefiniti devono essere effettuati nell'ambito di una situazione terapeutica che garantisca un clima emozionale e relazionale opportunamente strutturato. La strutturazione delle attività in accordo a questi aspetti di carattere emozionale e relazionale, conferisce all'intero contesto una valenza terapeutica altrettanto importante, quanto lo stesso "esercizio". Considerando infatti la natura del disturbo autistico (deficit della cognizione sociale), gli operatori comunque coinvolti nel progetto con il loro modo di porsi, con il loro modo di organizzare le attività e con il loro modo di proporre gli "esercizi" possono facilitare la riorganizzazione percettiva del mondo esperenziale del bambino, aiutandolo a prendere coscienza, in termini cognitivi, di se stesso, dell'altro, delle emozioni che sottendono i vari comportamenti e delle "leggi" emozionali e sociali che regolano i rapporti interpersonali. Questo tipo di approccio è particolarmente importante nella fascia di età considerata; un'età in cui il profilo funzionale e prestazionale del bambino è ancora mal definito, il caos dispercettivo è particolarmente intenso, ma la "plasticità" del Sistema Nervoso Centrale è ancora molto accentuata. Per quel che riguarda la situazione italiana, le tecniche di modifica del comportamento, che rappresentano l'elemento portante di modelli tipo ABA, anche se ben conosciute a livello teorico, vengono in pratica utilizzate come esperienza "isolata" nell'ambito del territorio nazionale. Nel corso di questi ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse per l'approccio TEACCH, che risulta apprezzato per gli aspetti che riguardano il coinvolgimento dei genitori, l'importanza riservata agli spazi "naturali" del bambino, il carattere strutturato delle attività proposte, ma che risulta mal applicato proprio per la carenza di operatori in grado di realizzare quella parte del programma che prevede "esercizi" comunque ispirati a tecniche di modifica del comportamento. Per contro, esistono su tutto il territorio nazionale operatori che nel loro percorso formativo maturano competenze terapeutiche inscrivibili nell'ambito degli interventi naturalistici. Tali operatori sono i Terapisti della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva. In particolare, la terapia psicomotoria rappresenta una proposta terapeutica che si propone i seguenti obiettivi: favorire la comparsa di segnalatori sociali (contatto oculare, sguardo referenziale, sorriso, etc.) aumentare i tempi di attenzione facilitare un uso più appropriato degli oggetti stimolare la comunicazione, arricchire il vocabolario, scoraggiare determinati comportamenti (iperattività, stereotipie motorie, condotte autolesive, etc.), La terapia psicomotoria inoltre si configura come una prassi terapeutica consolidata che privilegia una modalità di approccio in grado di facilitare nel bambino nella fascia di età considerata (2-4 anni): la percezione e la "conoscenza" di Sé come persona; la percezione e la "conoscenza" dell'Altro; 28 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo la percezione e la "conoscenza" delle emozioni che sottendono i vari comportamenti; la percezione e la "conoscenza" delle "leggi" emozionali e sociali che regolano i rapporti interpersonali E' evidente che la terapia psicomotoria non si propone come "la terapia dell'autismo" (!), ma come parte di quel più ampio dispositivo integrato (Famiglia Servizio NPI - Scuola), definito precedentemente come DICA (Dispositivo Integrato di Cura per l'Autismo), all'interno del quale - accanto alla terapia psicomotoria - vanno individuate le risposte da fornire alle molteplici esigenze del bambino autistico e della sua famiglia. In questa prospettiva, la terapia psicomotoria sta al DICA (Dispositivo Integrato di Cura per l'Autismo), come il DTT (Insegnamento attraverso le Prove Distinte) sta all'ABA (Applied Behavior Analysis). E' evidente altresì che anche per il Terapista della neuro e psicomotoricità, così come per gli altri operatori coinvolti nella presa in carico del bambino autistico, è necessaria una formazione ed un aggiornamento che permetta di uniformarsi alle Raccomandazioni riportate a livello internazionale. Interventi rivolti alla famiglia. Tutti i programmi di intervento precoce sottolineano l'importanza e la centralità della famiglia nel progetto terapeutico 43-47. In accordo tuttavia a quanto precedentemente accennato, la famiglia, e per essa i genitori, non possono essere considerati i destinatari di generici consigli psicoeducativi. L'intervento sui genitori, viceversa, deve rappresentare qualcosa di molto più complesso e articolato per configurare quel processo comunemente definito di presa in carico (PIC). Solo attraverso un'adeguata presa in carico la famiglia finisce per assumere quelle caratteristiche di spazio privilegiato in cui il bambino autistico, soprattutto nella fascia di età considerata, possa "maturare", "apprendere" e "sviluppare un senso di partecipazione". Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono almeno tre obiettivi, che sono in qualche modo sequenziali. Il primo obiettivo è rappresentato dall'aiutare i genitori a raggiungere una soddisfacente conoscenza dell'Autismo, quale disabilità evolutiva. Gli elementi caratterizzanti questa fase della presa in carico vanno individuati nei seguenti punti: Fornire ai genitori informazioni sul quadro clinico dell'autismo, sulle cause, sulle ricerche che vengono effettuate a livello internazionale, sulle possibili indagini "aggiuntive" che possono essere effettuate Metterli al corrente delle varie "terapie" proposte a livello internazionale Documentarli sulle risorse territoriali (territorio di appartenenza) Illustrare il percorso terapeutico che si prospetta a breve e medio termine E' evidente che tutte queste "informazioni" non possono essere passate in un singolo incontro. Bisogna per contro prevedere, nella fase immediatamente successiva alla formulazione della diagnosi, una serie di incontri, nell'ambito dei quali si dà la possibilità ai genitori di ritornare eventualmente su argomenti già discussi, per favorire una graduale "metabolizzazione" delle spiegazioni che vengono loro fornite. Una metodologia di questo tipo permette di far nascere nei genitori la percezione del Servizio come un punto di riferimento in grado di ascoltarli e di affiancarli. 29 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Da tale consapevolezza nasce anche il bisogno di rivolgersi al Servizio per avere consigli nella gestione "quotidiana" del bambino. Quando ciò avviene significa che il primo obiettivo è stato raggiunto. Il raggiungimento del primo obiettivo si pone quale premessa per il conseguimento del secondo obiettivo: attivare le risorse genitoriali nella gestione del quotidiano. Va infatti sottolineato che i consigli psicoeducativi non possono essere impartiti come una lezione ai genitori, ma devono nascere come bisogno dei genitori di essere sostenuti nelle scelte pedagogiche. In effetti, anche quando i genitori in maniera "ingenua" richiedono suggerimenti immediati su come comportarsi, bisogna far capire loro che non esistono comportamenti esatti o sbagliati in assoluto: le scelte pedagogiche devono tener conto della specifica tipologia del padre, della specifica tipologia della madre, delle specifiche caratteristiche temperamentali del bambino e dell'assoluta originalità di ciascun sistema famiglia. Compito dell'operatore preposto a fornire suggerimenti psicoeducativi è innanzitutto quello di aiutare i genitori a scoprire tali caratteristiche e quindi di stimolarli ad individuare nel loro specifico le modalità educative più idonee. Sintetizzando quanto esposto, gli elementi caratterizzanti questo secondo obiettivo sono i seguenti: Guidare i genitori alla conoscenza del bambino e delle modalità che caratterizzano i suoi comportamenti Fornire loro consigli su possibili atteggiamenti educativi “alternativi” a quelli abitualmente utilizzati Incoraggiare i genitori a scegliere in maniera autonoma strategie educative “alternative” Sostenerli nelle scelte effettuate (se valide !!!) Favorire una riorganizzazione del sistema famiglia Insistere sulla necessità di un’adeguata organizzazione delle attività del tempo libero Quando infine nel corso degli incontri sono stati realizzati questi due obiettivi si può passare al terzo obiettivo, che consiste nell'implementare in famiglia specifici programmi di intervento. Essi rappresentano il proseguimento o il completamento di quanto effettuato negli "altri spazi terapeutici" (Servizio e Scuola). Si tratta di programmi finalizzati a facilitare: l'acquisizione di specifiche autonomie la scomparsa di specifici comportamenti disadattivi Un ruolo determinante nell'aiutare i genitori a implementare tali programmi in casa è svolto dall'operatore che pratica la terapia psicomotoria al bambino presso il Servizio. Tale operatore, infatti, realizzando il progetto terapeutico e discutendolo con gli altri operatori dell'équipe del Servizio, impara a conoscere il bambino, le sue modalità reattive e le strategie più idonee per il conseguimento degli obiettivi fissati nel progetto. Pertanto, esso rappresenta la persona più idonea per rendere partecipi i genitori di dette strategie e per aiutarli a metterle in pratica a casa. Il riferimento che qui viene fatto è alle strategie e non agli obiettivi, che naturalmente sono differenziati in rapporto ai vari contesti considerati. Interventi diretti sulla scuola Il terzo "spazio terapeutico" considerato nell'ambito di un programma di intervento precoce è rappresentato dall' "ambiente scolastico". Considerando l'età, il livello di sviluppo e la natura del problema, l' "ambiente scolastico" (Asilo 30 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Nido e Scuola Materna) va inteso come uno spazio preposto a facilitare esperienze di incontro e confronto con i coetanei. Affinché tale spazio possa assumere una valenza terapeutica è, tuttavia, necessario che gli operatori vengano coinvolti attivamente nel progetto: essi, cioè, devono sentirsi parte di quel dispositivo integrato (Servizio-Scuola-Famiglia), che è stato definito con il termne DICA (Dispositivo Integrato di Cura per l'Autismo). Si ripropone ancora una volta la necessità di definire, a monte dei contenuti dell'intervento, la strutturazione del contesto all'interno del quale tali contenuti vanno poi inseriti. Il coinvolgimento degli operatori dell'ambiente scolastico deve avvenire ad opera degli operatori del Servizio attraverso incontri periodici, nell'ambito dei quali vanno discussi una serie di aspetti generali che riguardano il bambino, le sue modalità relazionali, i suoi stili comunicativi e le caratteristiche del suo modo di rispondere alle sollecitazioni esterne. Nel mettere al corrente gli operatori scolastici degli obiettivi terapeutici individuati negli altri contesti (Servizio Famiglia), si definiscono quelli realizzabili all'interno dell' "ambiente scolastico". Una risorsa che va particolarmente utilizzata è la presenza dei coetanei 48-50. Essi, infatti, con la spontaneità che li caratterizza, la “naturalezza” del loro modo di rapportarsi e la capacità di una sintonizzazione empatica si pongono come figure particolarmente idonee per attivare sequenze di interazione in grado di facilitare la crescita sociale del bambino autistico. E’ evidente che questo ruolo che possono svolgere i coetanei è soprattutto potenziale. Si rende pertanto necessario un loro coinvolgimento “attivo”, attraverso la sensibilizzazione nei confronti di tematiche, che per la loro complessità, devono essere affrontate con modalità e strumenti adeguati al livello di sviluppo. A tale scopo possono essere d'aiuto pubblicazioni specifiche, che sotto forma di "favola" aiutano i coetanei a "capire" le problematiche di un bambino che si comporta diversamente da loro10. Come Raccomandazione conclusiva va particolarmente enfatizzata la necessità di definire un "progetto personalizzato", quale può essere elaborato sulla base di un profilo che definisca le aree di forza e di debolezza del bambino. Quale che sia l'intervento "scelto" per rispondere alle esigenze del caso, esso deve essere definito negli obiettivi e nelle strategie utilizzate per il conseguimento degli stessi. Tale "definizione" permette di verificare in una rivalutazione a distanza l'idoneità degli obiettivi scelti e la validità delle strategie utilizzate. Considerando infine la variabilità del profilo nel corso del tempo, dello sviluppo e della terapia sono necessarie periodiche "verifiche" e rivalutazioni del progetto. Tali concetti vengono espressi nelle Raccomandazioni 20, 21, 22 e 23. 10 La favola “Calimero e l’amico speciale” si pone come un valido strumento per l’attualizzazione di un progetto terapeutico che vede come protagonisti i pari. Essa può essere reperita presso l'ANGSA Campania. 31 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo RACCOMANDAZIONI 16 Prima ancora di definire i contenuti dell'intervento, è necessario realizzare un dispositivo integrato rappresentato dal collegamento funzionale fra gli operatori del Servizio, i genitori e gli operatori dello spazio preposto all'inserimento in gruppo (Asilo Nido, Scuola Materna). Tale dispositivo deve garantire gli elementi caratterizzanti un intervento precoce: presa in carico dei genitori programma di stimolazioni per il bambino inserimento in gruppo (Asilo Nido, Scuola Materna) 17 Presa in carico dei genitori. Un intervento precoce per il soggetto con Disturbo Autistico deve configurarsi come un progetto centrato sulla famiglia. L’intervento sulla famiglia, tuttavia, non deve ridursi ad un generico sostegno psicologico, né tanto meno ad un addestramento dei genitori perché possano continuare a casa gli “esercizi”. Affermare la centralità della famiglia significa riconoscere ad essa il valore di uno spazio privilegiato, in cui il soggetto possa interagire e partecipare. La presa in carico dei genitori prevede, pertanto, un programma articolato nell'ambito del quale essi devono essere adeguatamente informati (sul Disturbo), sostenuti (nelle scelte educative) e guidati (nella realizzazione di specifici programmi, quali quelli per le autonomie e per lo scoraggiamento di comportamenti disadattivi). 18 Programma di stimolazioni per il bambino. Un'utile proposta (Opzione Clinica) è rappresentata dalla terapia psicomotoria. La terapia psicomotoria si propone i seguenti obiettivi: favorire la comparsa di segnalatori sociali (contatto oculare, sguardo referenziale, sorriso, etc.) aumentare i tempi di attenzione facilitare un uso più appropriato degli oggetti stimolare la comunicazione, arricchire il vocabolario, scoraggiare determinati comportamenti (iperattività, stereotipie motorie, condotte autolesive, etc.), La terapia psicomotoria inoltre si configura come una prassi terapeutica consolidata che privilegia una modalità di approccio in grado di facilitare nel bambino nella fascia di età considerata (2-4 anni): la percezione e la "conoscenza" di Sé come persona; la percezione e la "conoscenza" dell'Altro; la percezione e la "conoscenza" delle emozioni che sottendono i vari comportamenti; la percezione e la "conoscenza" delle "leggi" emozionali e sociali che regolano i rapporti interpersonali 19 32 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo Inserimento in gruppo (Asilo Nido, Scuola Materna). Il Disturbo Autistico, inteso come una modalità atipica di percepire la realtà e di adattarsi ad essa, fa sì che tutti gli spazi esperenziali del soggetto possono e devono assumere una valenza terapeutica. La terapia non è solo quella che si fa nel presidio terapeutico con il “terapista”; terapia sono anche tutte le opportunità offerte al soggetto di agire ed interagire nei diversi contesti. In questa prospettiva l'inserimento nell'ambito di un gruppo di coetanei rappresenta un'opportunità particolarmente ricca. Essa va tuttavia adeguatamente programmata con il coinvolgimento attivo degli operatori ad essa preposti. 20 In termini di "contenuti" dell'intervento (nel Servizio, in Famiglia, a Scuola), per orientarsi nella definizione degli obiettivi a breve e medio termine è necessario valutare i reali bisogni del soggetto, quali emergono da un "profilo personalizzato". La scelta terapeutica, pertanto, non é legata a rigidi schemi prestabiliti, ma è dettata esclusivamente dalle esigenze del soggetto, tenendo conto dell’età, del livello di sviluppo, dell’eventuale presenza di comorbidità e delle caratteristiche dell’ecosistema. 21 Nella formulazione del progetto terapeutico e quindi nella definizione degli obiettivi a breve e medio termine, va tenuta in debita considerazione l’eterogeneità della sintomatologia e la sua variabilità nel corso del tempo. Pertanto, il progetto terapeutico va periodicamente valutato e riformulato in rapporto alle esigenze che di volta in volta si vengono a determinare. 22 Uno dei momenti fondamentali del processo di presa in carico del soggetto con Disturbo Autistico è rappresentato dalle verifiche periodiche. La verifica, intesa come valutazione periodica dello sviluppo e dei suoi cambiamenti, permette - come accennato - una nuova formulazione terapeutica rispondente alle nuove esigenze del soggetto. Ma, la verifica, nel valutare il cambiamento, permette anche di giudicare la validità degli interventi che nel frattempo sono stati praticati. Essa, cioè, permette di valutare, attraverso una fedele registrazione del cambiamento, quanto di quel che si è modificato è dovuto all'evoluzione maturativa spontanea di circostanze interne ed esterne al soggetto e quanto é dovuto al trattamento. 23 Sia per la definizione del profilo funzionale sia, soprattutto, per la verifica è necessario far riferimento a scale di valutazione analitiche ed esaustive che permettano di riportare, eventualmente in forma grafica, le abilità attuali del soggetto nelle diverse aree funzionali. 33 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo V. IMPLICAZIONI DI CARATTERE ORGANIZZATIVO Con riferimento a quanto precedentemente esposto le strutture preposte alla realizzazione del progetto nella fascia di età considerata (0 - 5 anni) sono fondamentalmente due: il Servizio di Neuropsichiatria Infantile e l'Osservatorio Regionale sull'Autismo. Il SERVIZIO DI NEUROPSICHIATRIA INFANTILE, quale struttura "periferica", deve garantire sul territorio le seguenti attività: Mantenere un collegamento funzionale con gli operatori di I livello (pediatra di famiglia) Formulare la diagnosi, provvedendo anche all'effettuazione delle indagini che si rendono necessarie Mettere in atto gli interventi sul bambino (terapia psicomotoria) Mettere in atto gli interventi sulla famiglia (presa in carico ed intervento psicoeducativo) Mantenere un collegamento funzionale con gli operatori preposti a facilitare l'inserimento del bambino in gruppo (Asilo Nido-Scuola Materna) Organizzare periodici controlli finalizzati alla verifica del progetto Le figure coinvolte sono le seguenti: Neuropsichiatra Infantile, Psicologo, Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva, Logopedista, Assistente Sociale. In base a quanto esposto, tutte le figure menzionate devono aver maturato specifiche competenze sul Disturbo Autistico e sui disturbi ad esso correlati, per uniformarsi alle RACCOMANDAZIONI riportate a livello internazionale. L' OSSERVATORIO REGIONALE SULL'AUTISMO, quale struttura "centrale", deve garantire le seguenti attività: Provvedere alla FORMAZIONE DEGLI OPERATORI Raccogliere dati per INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE Coordinare la RICERCA SCIENTIFICA Fornire indicazioni per la RIORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI Garantire l'omogeneità dei PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI sul tutto il territorio regionale E' evidente che la proposta di istituire un Osservatorio Regionale, con le caratteristiche sopra elencate, non nasce come esigenza limitata all'effettuazione di una diagnosi precoce, ma deriva, più in generale, dalle complesse problematiche che il Disturbo Autistico comporta. Il Disturbo Autistico, infatti: è molto più frequente di quanto ritenuto in passato è una disabilità che accompagna il soggetto per tutto il suo ciclo di vita risulta ancora mal definito nelle cause presenta un quadro clinico complesso con limiti nosografici non sempre ben definiti comporta interventi terapeutici articolati a diversi livelli coinvolge molteplici figure professionali incide in maniera determinante sul piano adattivo e sociale 34 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo In questa prospettiva, l'Osservatorio Regionale potrà elaborare LINEE GUIDA specifiche, tenendo conto dei dati che emergeranno dalle esperienze in atto e dalle più recenti conoscenze scientifiche. RACCOMANDAZIONI 24 La presa in carico del bambino autistico e della sua famiglia è un lavoro di équipe. Pertanto, il Servizio di Neuropsichiatria Infantile preposto alla sua realizzazione deve prevedere, in aggiunta al Neuropsichiatra Infantile, le figure dello Psicologo, del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'Età Evolutiva, del Logopedista e dell'Assistente Sociale. 25 In base a quanto esposto, tutte le figure menzionate devono aver maturato specifiche competenze sul Disturbo Autistico e sui disturbi ad esso correlati, per uniformarsi alle RACCOMANDAZIONI riportate a livello internazionale 26 Considerando che il Disturbo Autistico: è molto più frequente di quanto ritenuto in passato è una disabilità che accompagna il soggetto per tutto il suo ciclo di vita risulta ancora mal definito nelle cause presenta un quadro clinico complesso con limiti nosografici non sempre ben definiti comporta interventi terapeutici articolati a diversi livelli coinvolge molteplici figure professionali incide in maniera determinante sul piano adattivo e sociale è necessario prevedere l'istituzione di un Osservatorio Regionale che possa svolgere attività di Formazione, di Ricerca, di Epidemiologia e di Organizzazione dei Servizi territoriali. Tali attività non sono pertanto limitate a realizzare la Diagnosi Precoce, ma sono finalizzate a fornire specifiche LINEE GUIDA nei riguardi delle molteplici problematiche che il Disturbo Autistico comporta. 35 Militerni – Diagnosi Precoce Autismo APPENDICE STRUMENTI DI VALUTAZIONE AUTISM BEHAVIOR CHECKLIST Si tratta di una scala che fa riferimento a diversi comportamenti "problema", in base ai quali fornisce un punteggio. E' stata elaborata da Krug DA e Coll. AUTISM DIAGNOSTIC INTERVIEW – REVISED (ADI-R) Intervista ai genitori per la valutazione del comportamento autistico, elaborata da C. Lord (Department of Psychiatry, MC3077, University of Chicago) BRUNET-LÉZINE Scala di valutazione dello sviluppo psicomotorio, distribuita da OS - Organizzazioni Speciali – Firenze. CHECKLIST FOR AUTISM IN TODDLERS (CHAT) E' un test screening che può essere utilizzato dal pediatra. E' riportato integralmente sul seguente lavoro: "Baron-Cohen S., Allen J., Gillberg C.: Can autism be detected at 18 momths. British Journal of Psychiatry, 161:839-843, 1992. CHILDHOOD AUTISM RATING SCALES (CARS) Scala di valutazione del comportamento autistico, elaborata da E. Schopler e Coll. (distribuita da Western Psychological Services, 12031 Wilshire Boulevard, Los Angeles, CA 90025-1251). ESAME DEL BAMBINO CON DISFUNZIONE NEUROLOGICA MINORE, elaborato da B. Touwen (forma ridotta). OPTIMALITY SCORE DI PRECHTL Per valutare in maniera semiquantitativa i fattori pre-, peri- ed immediatamente postnatali. PSYCHOEDUCATIONAL PROFILE (PEP-R) Scala di valutazione di molteplici competenze adattive per la pianificazione del trattamento e le periodiche verifiche, elaborata da E. Schopler et al. STANFORD-BINET Scala di valutazione dello sviluppo intellettivo, distribuita da OS – Organizzazioni Speciali – Firenze. VINELAND ADAPTIVE BEHAVIOR SCALES (VINELAND ABS) Scale di valutazione del comportamento adattivo (distribuito da AGS – American Guidance Service, Publishers’ Building, Circle Pines, Minnesota 55014-1796). DIAGNOSTIC INTERVIEW FOR SOCIAL AND COMMUNICATIVE DISORDERS (DISCO) Intervista ai genitori per la valutazione del comportamento autistico, elaborata da L. Wing e successivamente riadattata dai suoi collaboratori. 36