Appunti di Finanza aziendale e strategica

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Finanza aziendale e strategica
[Crediti 8]
Prof. Buttiglion - Lanzavecchia
Ricevimento giovedì 10:30-12:00
1.1 Principi fondamentali di misurazione e gestione del valore
Il valore
Il valore (“value”) è la definizione di misura principale nell’economia di mercato. Tutti i concetti si
misurano in termini di valore, anche oltre all’economia: capitale fisico, umane.
E’ una misura utile perché tiene conto degli interessi di lungo termine di tutti i portatori di interesse nell’azienda: gli stakeholders sono, oltre agli azionista (shareholders), clienti, dipendenti, fornitori, comunità
locale, l’ambiente. Gli altri soggetti dovrebbero essere soddisfatti solo se l’azienda è in grado di remunerare anche gli azionista: il valore va remunerato prima in favore degli azionisti, poi negli altri soggetti.
Se una società non crea valore ovvero non genera risorse finanziarie: quindi non crea valore ne per gli
azionisti ne per gli altri soggetti.
C’è complementarietà fra le varie misure: quella degli azionisti è più di lungo termine: quando si investe capitale di una società ed investo in azioni, so che sarà di lungo termine ed inoltre è molto ampia:
riguarda molteplici aspetti.
Noi ci occupiamo di questa dimensione.
Investimenti > Cash Flow > Valore
The guiding principle of value creation is that companies create value by investing capital they raise from investors to generate
future cash flows at rates of retunr exceeding the cost of capital
Investimenti e
cash flow
Le imprese creano valore investendo capitale che raccolgono dagli investitori per generare cash flow futuri in modo d’avere un tasso di rendimento più alto del costo del capitale. La società raccoglie capitale finanziario e lo investe nel capitale reale [l’economia di mercato si forma sia sull’economia reale
che finanziaria].
La società raccoglie risorse e li investe nella gestione reale, la quale ci si attende che produca dei flussi di
cassa (presunta, solo se le cose andranno bene) che evidentemente verrano ritrasferiti al mercato finanziario.
Se una società produce cash flow e la reinveste, il mercato finanziario valuta positivamente questa situazione anche se il cash flow non viene restituito e gli investitori continuano a reinvestire e metterci finanza.
Il valore viene creato se il tasso di rendimento è maggiore del costo del capitale.
L’azienda può crescere dal punto di vista dei ricavi e attrarre capitale ad un tasso di rendimento
attrattivo.
Le determinanti
del valore
Gli elementi che creano valore sono due:
1) la crescita;
2) il tasso di rendimento del capitale (ROIC = Return on invested capital);
(dividendo + prezzo finale t) / (prezzo al tempo t-1) = Total Return
“Più spendo in ricerca e sviluppo, maggiore è il rendimento del capitale” = non è un indicazione statistica
Value and R&D: a long term focus
forte
Value and Employee: a long term focus
3
4
1.2 Business strategy and value
Il vantaggio
competivo
Il comportamento
del management
Le imprese possono sostenere crescita e redditività del capitale solo se dotate di un solido vantaggio
competitivo per il funzionamento di mercato, in linea con la strategia di business del management.
Qualunque cosa che non genera il cash flow non incrementa il valore (principio di conservazione del
valore). Se questo non dovesse realizzarsi non si crea valore. Creare valore sostenibile ovvero destinato
a durare nel tempo è uno sforzo di lungo termine: la competizione tende ad erodere il vantaggio competitivo e il ritorno sul capitale investito.
Le aziende devono continuamente muoversi, essere dinamiche e creare e sfruttare nuove fonti di vantaggio competitivo.
I manager dovrebbero resistere alle pressioni dell’azionariato per creare valore in breve termine, in favore della creazione di valore di lungo termine.
Si cerca di spiegare l’economia e la transazione di valore e il processo di misurazione e gestione del valore. Questo knowledge dovrebbe insegnare ai manager strategie migliori (trade off fra crescita e redditività
degli investimenti) per calcolare rischi e tassi con maggiori confidenza.
In generale, una buona decisione manageriale “razionale” si spiega dalle variabili operative, senza che
nessuno diverga dalla finanza.
1.3 La misurazione del valore
Indicatori e
determinanti
del valore
Il capitale e la
“finanza”
Alcuni indicatori
Le regole tradizionali circa la valutazione possono essere ingannevoli e in taluni casi pericolose e dannose, dimostrando perché l’EDITDA e l’EPS (Earnig per share) non siano misure sufficienti di valore. Inoltre è necessario individuare quattro determinanti alla creazione del valore:
1) la crescita organica (per vie interne);
2) il tasso di ritorno del capitale;
3) il costo del capitale (variabile esterna);
4) il reddito operativo del core business.
La creazione di valore e la finanza riguardano scelte alternative. Le misure di crescita del capitale tengono conto di questo trade off fra creazione di valore e finanza. Ogni business deve essere attentamente valutato per il potenziale di crescita e redditività.
Value Key Drivers
Il valore dipende dal flusso di cassa e costo del capitale [Profit = reddito]
Parte del reddito viene reinvestito nel business e parte distribuito agli investitori.
EBITDA = Reddito operativo prima dell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali (depreciation)
e di quelle immateriali (ammortization).
8
Company A earns $100 million a year in after-tax profit. Part of the profit will
be reinvested in the business, the remainder distributed to investors.
EBIT = Reddito dopo le imposte
Investiment rate = 50/100, quanto reinvesto.
Return investiment = tasso di investimento (previsto)
Payout = ciò che pago agli azionista
Free Cash Flow = flusso di cassa distribuibile
agli investitori, è il reddito dopo gli investimenti.
EBITDA
= $180
$80
Paid in taxes
Financial Terms
$50
Reinvested
in business
EBIT(1 − T)
= $100
$50
Investment Rate (IR) = 50%
Payout Rate = 50%
Returned
to investors
Esempio
Le aziende hanno lo stesso reddito: vanno ugualmente bene, però una deve reinvestire il 50% per sosteneOperating
FreelaCash
Flow
re la crescita, l’altra solo il 25%
perché haProfit
un ROIand
più basso:
seconda
genera un cash flow più alto ed è
più attrattiva nei confronti degli investimenti: il prezzo della B crescerà e il suo valore aumenta. A parità
di reddito, ha un tasso di rendimento più alto e deve investire meno.
•
•
•
The company plans to
reinvest $50 million at a
10 percent rate of return.
This investment leads to
an extra $5 million in
profits.
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For simplicity, we assume
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all ratios, the investment
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Which
Company
Is Worth
rate, and
so on never
change.
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More?
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•
Both Company A and Company B currently generate $100 million in profit
and are expected to grow profits by 5 percent.
•
If both companies have 100 million shares outstanding, what would each
company’s EPS and EPS growth rate be?
!"#$%&'()
10
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1.0
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6/0
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1/0
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g = IR*ROIC
.0
.0
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.0
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CG?C
G1?C
11
Se B avesse maggiori possibilità di fare investimenti, a parità di rendimento di capitale? Prima produrrebbe un FCF più basso, poi nel lungo termine B2 produrrà un cash flow più alto e varrà di più.
The Drivers of Profit Growth
g = crescita 5% = 50% * rendimento del 10%
•
Before we value the two companies, let’s examine a general
relationship between IR (investment rate), ROIC (return on invested
capital), and g (growth).
Company A
Investment rate (IR)
50%
Return on new investment
10%
Growth in profits
5%
Company B
Investment rate (IR)
25%
Return on new investment
20%
Growth in profits
Growth = Reinvestment * Rate of Return
5%
g = IR * ROIC
Company A:
5% = 50% * 10%
Company B:
5% = 25% * 20%
g = Var NOPAT / NOPAT = delta del (net operating profit afeter
taxes)
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IR = INV / NOPAT = quanto si reinveste rispetto al NOPAT
ROIC = (or better RONIC) = Var NOPAT / INV = gli investimenti che faccio possono avere un investimento diverso: più basso per effetti della competition, più alto per effetto dell’effetto replicazione, di economie di scala dinamiche, perché fatti già su altri investimenti.
IR x ROIC = INV/NOPAT x Var NOPAT/INV = Var NOPAT/NOPAT = g
Si è dimostrato che g è dato dal reinvestimento sul ROIC.
Valore come
attualizzazione
dei flussi di cassa
Il valore dell’impresa è dato dal valore attuale dei flussi di cassa futuri. Si attualizza il valore al costo
del capitale ovvero quanto gli investitori chiedono per un dato investimento.
Oggi sono disposto a pagare per qualcosa che renderà un certo tasso. Siccome si assume che il valore delThea quel
Growing
l’azienda sia infinito allora
punto siPerpetuity
può ridurre laFormula
formula.
Flusso di cassa al tempo 1 / waac (costo medio ponderato del capitale) - tasso di crescita.
•
A company is worth the present value of its future free cash flows. For
example, Company A can be valued as:
Value =
•
50
52.5
55.1
+
+
+. . .
(1.10) (1.10) 2 (1.10) 3
In our simple example, cash flows grow forever at a constant rate.
Therefore, we can use the growing perpetuity formula to value each
company.
Value =
Cash Flow 3
Cash Flow1
Cash Flow 2
+
+
+. . .
(1 + WACC) (1 + WACC) 2 (1 + WACC)3
Value =
via the
Growing
Perpetuity
Formula
Cash Flow1
WACC − g
What Drives Value?
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La formula del valore è dato dal cash flow - 1 + waac meno c.
Il cash flow è dato dal profitto, dal reddito operativo netto * (1- tasso di rendimento)
Value =
Cash Flow1
WACC − g
But what
determines
cash flow?
The Key Value Driver Formul
As cash flow rises, what happens to value?
As weighted average cost of capital (WACC) rises, what happens to value?
Deriving the Key Value
Driver Formula
As growth rises, what happens to value?
•
In order to develop the key value driver formula, we will rely on
two simple substitutions.
Cash Flow1
Value =
WACC − g
=
Profit(1 − IR)
WACC − g
=
15
g #
&
Profit $1 −
!
% ROIC "
WACC − g
g #
&
Profit $1 −
!
ROIC "
%
Value =
WACC − g
Terminology Used by Consulting Firms
Profit—After-tax operating profit (NOPAT/NOPLAT )
Substitution #1
Cash Flow = Profit(1 – IR)
Substitution #2
Growth = IR
ROIC—Return on invested capital (ROI/RONIC/ROCE/RONA)
ROIC
WACC—Weighted average cost of capital (hurdle rate)
g—Long-term growth in profit and cash flows
Profit ( 1 - g/ROIC) / (wacc - g)
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CF = Profit - INV
IR = INV / Profit
Profit - INV/Profit * Profit = Profit* (1- INV/Profit) = Profit (1 - IR)
g = IR * ROIC
IR = g/ROIC: io ho un maggior legame fra profitto e cash flow è dato da g/ROIC.
E’ la formula base: quali sono le fonti di valore: il reddito dopo le imposte, la redditività degli investimenti, il costo di capitale, il tasso di crescita.
Se i flussi di cassa sono costanti e crescenti si può riscrivere come CF1.
Se waac > g (se il tasso di rendita del capitale è maggiore di g) e n che tende ad infinito, allora scontiamo
il rischio e nel CF1 e allora teniamo conto del rischio. Con n che tende ad infinito, i flussi più vanno
avanti nel tempo, meno li valorizzo.
Il valore è uguale al profit netto per (1-g / ROIC) / waac - g
Tanto più alto è g, tanto più alto è il valore, e sotto il contrario, e la combinazione g e ROIC che crea valore.
Se ROIC < waac, l’effetto sul valore è negativo.
Se ROIC = WAAC = l’effetto della crescita è neutrale, la formula si riduce a PROFIT/waac
Se ROIC > waac, l’effetto sul valore è positivo.
Esempio. Se ci sono due aziende crescite in modo uguale: la prima azienda è un market cap (capitalizzazione di mercato = n. azioni * prezzo azioni).
Forward PE = rapporto prezzo / utili (atteso per il prossimo anno).
Enterprice value = equity + debito
Maggiore è il Forward PE nella prima azienda
Al cresce degli utili per azioni, attesa e composta nei 5 anni.
Cresce di più la B: tanto più basso è il PEG Ratio, tanto più cresce l’azienda.
a) La company A cresce meno, ma vale di più, perchè ha un ROIC molto più alto.
Per livelli limitati di caduta di performance è possibile sacrificare il ROIC in favore del growth.
b) Più velocemente l’impresa cresce, maggior valore crea. Se lo spread è uguale a 0, l’azienda non cresce. Se lo spread è negativo, allora l’impresa distrugge valore.
Se, ad esempio, con un’acquisizione il suo ROIC non supera il waac, allora distrugge valore.
2.1 I driver del valore: il ROIC
Il valore del business dipende dal ROIC e dalla crescita. Perché alcune imprese riescono a sostenere un
ROIC superiore ad altre? E’ una domanda di strategia.
Esempio di Ebay/Webvan.
Il vantaggio competitivo è un elemento fondamentale. Il ROIC.
Price per unit = ricavi / volumi. La formula a livello unitario.
Il vantaggio
competitivo
L’impresa gode di un vantaggio competitivo e può raggiungere un ROIC più alto se:
1) o l’impresa gode di un price premium;
2) o se produce in modo più efficiente;
Tale strutturazione dipende dalla strategia del settore.
L’industry stracture non è l’unico fattore e dipende anche dalla variabilità delle imprese all’interno di un
settore e dipende anche dalla sua strategia e dal suo comportamento ed organizzazione.
1) Il price premium
A Price premium
a) i clienti che esprimono un potere contrattuale: maggiore è lo stesso, più è difficile ottenere redditività,
problema tipico dei produttori dei beni intermedi;
b) i fornitori possono avere del potere contrattuale elevato;
c) la minaccia di prodotti sostitutivi: può essere dirompente nel medio lungo periodo; il treno tende oggi
a sostituire l’aereo.
d) la price competition: a seconda se il prodotto è differenziato o meno.
e) il prodotto innovativo è un altro fattore. Altro è la qualità percepita dal mercato (BMW). Il brand
anche se dipende dal brand.
f) il custumer lock in, ad esempio Microsoft.
g) la rational price discipline: ci sono dei settori dove alcuni produttori mantengono i prezzi alti e non
vanno su una price competition e consentono di tenere di un ROIC elevato (esempio, l’occhiale).
2) Capital e
cost efficiency
Fattori che
influiscono sul
ROIC
Dati empirici
Cost e capital efficienty
Spesso vanno assieme. Ad esempio, le tecniche di produzione. Ad esempio, a causa di una risorsa unica
come il petrolio per certi impianti. Oppure gli spazi distributivi o gli slot per gli aerei.
- Efficient scale of cost: economie di scala perché sia un vantaggio competitivo deve essere elevata rispetto al resto del mercato;
- Scalable product: la possibilità di scalare il prodotto con costi marginali bassi.
I ROIC alto tendono spesso ad essere annullati a causa di:
- la lunghezza del ciclo di vita di un prodotto;
- la lunghezza del tempo;
- la capacità di rinnovare il business dei prodotti;
ROIC across industries: vengono indicate le dispersioni.
Si può notare un sentiero di convergenza verso la media, oltre che dopo 10 anni resta comunque
un’importante variabilità fra le società con ROIC diversi: questo vuol dire che la competizione non
funziona: ci sono imprese che tendono a primeggiare.
Dopo vent’anni le imprese hanno ancora un ROIC maggiore al 10%. I ROIC sono guidati dal vantaggio
competitivo.
C’è l’elemento della sostenibilità del ROIC attrattivo anche in periodi diversi dell’ultimo secolo.
2.2 Growth
La crescita
L’azienda deve crescere per sopravvivere e prosperare. Non è un concetto così di lungo termine, come
quello della creazione del valore. Un’azienda può essere attrattiva per il personale. Un impresa crea valore solo quando il ROIC è superiore del costo del capitale.
Più l’azienda diventa grande, più è difficile trovare ROIC attrattivi, più aumenta la competitività all’interno del settore.
La sfida è conciliare il bilanciamento fra crescita e valore.
Sembrerebbe che contano di più i segmenti di mercato dove si posizionano la società.
Driver della
crescita
Le principali fonti di crescita sono:
1) tipo di growth;
2) convincere i clienti ad acquisirlo;
3) fare acquisizioni: non un valore elevato causa del prezzo d’acquisto, parte del valore va agli azionisti
alienanti.
I prodotti hanno dei clicli di vita.
3.1 Il Framework generale per la valutazione del capitale aziendale
Lo schema della valutazione economica secondo due modelli. Per quanto riguarda la valutazione del capitale aziendale per la decisione strategiche e di finanza straordinaria.
I metodi di
valutazione del
capitale
Cinque metodi di valutazione:
1) La misura di riferimento è il Free cash flow scontato con il waac: impostazione che va bene per le imprese normali, con una struttura finanziaria stabile in base ad un certo target.
2) Si attualizza l’economic profit (anche detto EVA) = EP: si attualizza al waac e il vantaggio rispetto al
primo è che esplicita meglio i driver del valore.
3) Altro modello è l’EPV si attualizzano i flussi, assumendo che l’impresa non sia indebitata, dopo aver
aggiunto il valore di eventuali benefici tipicamente fiscali.
4) Capital cash flow: inutilizzato.
5) Equity cash flow: flusso di cassa per gli azionisti (i dividendi) attualizzato al costo dell’equity, tenuto
conto del debito. Nella pratica si usa poco perché si presta a degli errori. Si usa per le imprese di tipo
finanziario dove non c’è un debito in senso stretto.
Enterprice
Value
Attualizzando i FCF si arriva all’EV (Enterprice value, la parte sinistra dello SP) che si spacca nel:
- valore dei creditori o del debito: che porta con se interessi espliciti, non quelli verso il fornitori. Si
assume di lavorare sul debito finanziario, includendo l’altro come debito operativo.
- valore del capitale.
Debt value e
Equity value
Cash flow agli azionisti: ottengono un equity value + debt value e ottengo l’EV.
Normalmente in finanza si segue la via di calcolare l’EV e poi gli altri due.
Sum of the
parts
Il procedimento corretto è partire dalle singole business unit della società. Il metodo è detto sum of the
parts; si prendono business unit ne calcolo il valore in base al cash flow.
- Il value of operations: il valore delle attività operative;
- Valeo of the assets: è il valore delle immobilizzazioni e delle partecipazioni valutate separatamente. E si
ottiene l’enterprice value.
3.2 Il processo di valutazione
I sei steps della
valutazione
Ci sono 6 passaggi fondamentali:
1) vedere attentamente, approfondito l’analisi del passato, per vedere se l’azienda ha generato o distrutto
il valore (anche nelle diverse business unit), se c’è crescita, dove è crescita, e come si raffronta con i
competitors (non sono l’attuale, ma anche nel futuro).
2) project fiancial: proiezioni finanziarie nel breve e nel medio termine, normalmente ad un anno (o al
massimo tre), anche molto analitico. Nel medium term è invece redigere informazioni più sintetiche sui
value driver.
3) stima del valore residuo o terminale (continuing value), ovvero il valore alla fine di questo periodo. La
formula del valore.
4) Computo il costo del capitale.
5) Calcolo l’Enterprice value, tolgo i diritti sui flussi non legati all’Equity (che non siano degli azionisti)
come il TFR; il valore di queste opzioni;
6) controllare se l’analisi è corretta e razionale.
Caso
e terminologia
Caso: Home Depot
Commercializzazione di prodotti di edilizia con rapporti di lungo termine. Ricostruisco il CE e lo SP.
Terminologia:
- Net sales: fatturato
- Cost of sales: costi operativi
- Depratiation: ammortamento dei beni materiali
- Add Operations lease interests: interessi recuperati dai leasing operativi
Capitale circolante operativo = Magazzino + Crediti altri clienti e crediti operativi - Debiti operativi
(Operating working capital)
Hanno un circolante più basso del fatturato: scaricano il finanziamento dell’attività sui fornitori.
Invested capital (escluso goodwill) = investimenti
Goodwill = trattato a parte perchè si vuole fare il ROIC senza il goodwill. E’ la vera redditività del business. Per farlo rendere così ho fatto anche acquisizioni.
Nel conto economico non vengono inseriti gli ammortamenti intangibili.
Unreported goodwill.
Projec financial
Per calcolare il valore vado a proiettarmi i flussi di cassa futuri: si fa un discorso sintetico. Si proiettano
dei dati aggregati e si ipotizza che nel 2010 si recupera il valore. Quando si fanno le proiezioni, c’era l’influenza dell’anno negativo ma non si pensa di recuperare tantissimo.
Nel 2006 il CCN: a fronte dei costi diminuisce il CCN.
Questa è la struttura finanziaria che assumiamo come costante.
4.1 Il CAPM
La relazione fra rischio e rendimento
Come il modello viene applicato nella valutazione e nella finanza aziendale.
Il rendimento
Il rendimento è un modo per misurare la performance di un titolo e che rende comparabile qualunque titolo. Il rendimento indica la percentuale di incremento di valore dell’investimento per unità di moneta investita.
Un rendimento atteso si calcola facendo riferimento ai rendimenti futuri dei titoli i e la distribuzione di
probabilità teorica con cui questi investimenti si possono realizzare. Qual’è la probabilità che ognuno di
questi rendimenti si verifichi.
Il rendimento atteso è la media ponderata dei possibili rendimenti dei titoli pesati con la probabilità
che i rendimenti si verifichino nel tempo.
Per calcolare il rendimento atteso è necessario trovare la distribuzione di probabilità dei rendimenti.
Esempio:
- c’è la probabilità del 25% che il sprezzo sia 140;
- c’è la probabilità del 50% che il prezzo sia 110;
- e un’altra probabilità del 25% che il prezzo sia 80.
E’ un esercizio didattico è perché le probabilità possono essere solo stimate, ipotizzando che ciò che sia
avvenuto nel passato si ripeta nel futuro: si utilizzano i rendimenti storici e la frequenza con cui questi si
sono verificati in passato per stimare i possibili rendimenti futuri e le probabilità che questi investimenti
si realizzano.
Sono due le fonti di guadagno per in investitore che investe in un titolo azionario:
1) i dividendi: la quota parte degli utili distribuiti;
2) il capital gain: derivano dall’incremento del prezzo del titolo;
Div/prezzo del titolo = tasso di dividendo (dividend yield) da non confondersi con il tasso di distribuzione dei dividendi, che è la quota parte di utile che viene distribuito come dividendo.
Questo è il rendimento guardando i dividendi distribuiti.
(P2-P1)/P1 = capital gain
Si guarda poi la frequenza con cui questi rendimenti si sono verificati: quante volte un determinato rendimento si è verificato in un determinato periodo temporale.
Gli istogrammi rappresentano una distribuzione di probabilità dei dividendi empiriche.
Il rendimento medio annuo è il rendimento medio che ha realizzato un titolo su un determinato arco
temporale ed equivale al rendimento atteso visto a livello teorico. La ponderazione è la frequenza con cui
si è verificato ovvero è al somma dei rendimenti diviso per il numero delle osservazioni.
Il rischio
Ci sono diversi tipi di rischio. Diverse misure:
a) la varianza: è una misura della variabilità del rendimento del titolo intorno alla sua media. Si stima
un rendimento medio e si osserva come gli altri rendimenti oscillano attorno a quello medio. E’ la misura del rischio complessivo di un titolo. La varianza misura il rischio complessivo. Statisticamente si
calcola: prima calcolo il rendimento medio, si calcolano gli scarti (dal rendimento medio), li elevo al
quadrato (perché alcuni sono positivi e altri negativi) e li sommiamo fra loro, dividendoli poi per il numero di osservazioni. C’è un grado di libertà, per cui dovremmo dividere per T-1.
b) lo scarto quadratico medio è la radice quadrata della varianza, detta anche volatilità di un titolo. Si
parla di variabilità perché spesso è definita in termini percentuali.
Esiste a livelli di singoli titoli una relazione chiara fra volatilità, rischio e rendimento? No, guardando ad
un titolo, non esiste una relazione fra variabilità, rischio e rendimento.
Per trovare una relazione chiara bisogna guardare un portafoglio.
Il portafoglio, ovvero l’investimento in più titoli, consente la diversificazione dei titoli. Diversificare.
Le tipologie di rischio
Il rischio può essere scomposto in:
1) rischio speficifico: la diversificazione consente di eliminare la componente del rischio specifico. E’ il
rischio legato alla specifica attività dell’impresa, nello specifico settore e paese. E’ noto anche come
rischio indipendente, non idiosincratico, non diversificabile.
2) rischio sistematico: è un rischio che in quanto tale deve essere presente in tutte le relazioni. Tutte le
imprese sono soggette a quello che è l’andamento del ciclo economico. E’ la parte di rischio che non si
può eliminare con il portafoglio. E’ anche detto rischio comune o rischio di mercato.
Ciò che rimane è solo la componente del rischio sistematico. Se il rischio specifico può essere eliminato,
non c’è ragione per cui il mercato remuneri tale rischio. Per cui noi cerchiamo la relazione fra titolo e rischio sistematico. Il CAPM fornisce un modello che lega il rischio sistematico con il rendimento. Non si
parlerà di rischio complessivo, ma solo di beta ovvero di rischio sistematico.
I portafogli di titoli
Il portafoglio più semplici è quello composto da due titoli rischiosi.
Il rendimento di un portafoglio è la media ponderata dei rendimenti attesi dei titoli compresi, fra la
quota dei titoli (in percentuale) e il rendimento degli stessi.
Il rischio e la varianza di un portafoglio però non sono calcolabili altrettanto facilmente. Si devono introdurre due concetti:
1) covarianza: positiva e negativa; fra due titoli si devono calcolare i rendimenti medi dei due titoli, i
scarti dei rendimenti dalla media, moltiplicarli, sommarli e dividerli per il numero di osservazioni. Se
positiva, i titoli si muovono in maniera sincronica (tutti due salgono o scendono), idiosincronica o negativa.
2) indice di correlazione: dà l’idea di come si muovono insieme due titoli ma ha il pregio che può assumere solamente valori fra -1 e 1. Se vale -1 indica correlazione perfetta negativa; = 0 sono indipendenti; = +1 correlazione perfetta positiva.
Sono due misure che dicono in che misura i rendimenti delle azioni si muovono insieme ovvero in che
misura i due titoli hanno un andamento sincronico.
La covarianza fra due titoli dà l’indice di correlazione.
Indice di correlazione e covarianza servono per calcolare la volatilità del portafoglio, ovvero il rischio
complessivo del portafoglio.
Sulla diagonale principale ci sono le covarianze premoltiplicate con le quote dei titoli del portafoglio al
quadrato.
Negli altri elementi della matrici abbiamo due covarianze:
covarianza di i e
Esempio: l’indice di correlazione = 1.
Lo scarto quadratico medio del portafoglio si calcola ipotizzando che l’indica di correlazione fra i due
titoli = 1. E’ sufficiente ridurre l’indice di correlazione per ridurre la varianza del portafoglio. Abbiamo
ipotizzato che i due titoli abbiano una varianza positiva perfetta. Riducendo l’indice di correlazione, la
varianza si riduce, ceteris paribus.
Se vogliamo diversificare un portafoglio, dovremmo scegliere indici correlati perfettamente in senso negativo.
Nel caso di indici perfettamente correlati, la correlazione è uguale alla media ponderata delle covarianze dei titoli inclusi. In tutti gli altri casi in cui ro è inferiore a 1, la correlazione riduce la varianza al di
sotto del livello trovato con l’indice di correlazione = 1 (esempio).
Non bisogna inserire nel portafoglio titoli con correlazione = 1.
Esempio con indice di correlazione = -1
Lo scarto quadratico medio del portafoglio = 0: il rischio del portafoglio è annullato. A livello generale,
si può dire che con un portafoglio = a due titoli correlati perfettamente (corr = -1) si può trovare
una composizione di pesi (x1 e x2 ovvero una strategia del portafoglio) in grado di annullare il rischio
di portafoglio.
Consideriamo un portafoglio con n titoli
Matrice n x n. Sulla diagonale con caselle rosse c’è la varianze dei titoli e sugli altri elementi le covarianze. Della matrice si può dire che è simmetrica. Complessivamente per calcolare la varianza di un portafoglio dovremmo sommare tutte le varianze e poi tutte le covarianze (tutti gli elementi bianchi - gli elementi
rossi).
C’è un portafoglio con n titoli equiponderato. Investo lo stesso ammontare in ogni titolo.
x = 1/N
Si sommano le n varianze dei titoli inclusi e poi le n2 - n dei titoli inclusi.
- E’ la somma di tutte le varianze dei titolo / numero dei titoli = le varianze medie dei titoli.
- E’ la somma di tutte le covarianze / n° di covarianze = le covarianze medie dei titoli.
In un portafoglio con n titoli equiponderato: la varianza del portafoglio può essere calcolato con la formula finale.
Con N = infinito
La varianza del portafoglio è approssimata alla covarianza media dei titoli inclusi.
La varianza del portafoglio dipende della loro covarianza. Il rischio del portafoglio dipende quindi
dalla covarianza dei titoli, da come essi si muovono fra loro.
I titoli infatti tendono a muoversi insieme, c’è una componente di rischio sistematico. E’ quindi impossibile trovare un portafoglio con varianza = 0.
I titoli si muovono insieme: in media i titoli sul mercato si muovono insieme. Il rischio sistematico dipende dal fatto che i titoli risentono del ciclo economico.
Attraverso la diversificazione è possibile ridurre la volatilità del portafoglio. Tuttavia la funzione non
arriva mai a 0, perché la covarianza dei titoli è sempre positiva e rappresenta il rischio sistematico del
portafoglio.
La misura del rischio sistematico è beta: misura una parte del rischio complessivo ovvero il rischio sistematico del titolo ovvero misura la sensibilità del rischio del titolo ai movimenti del mercato.
Con Beta positivo allora se il mercato cresce, allora il titolo cresce. Può essere superiore a 1.
Con Beta = 0, allora è indipendente dai movimenti del mercato. Ad esempio, i titoli privi di rischio come i
titoli di stato ovvero i titoli con rendimento pari ai titoli con rendimento privo di rischio.
Con Beta negativo, se il mercato sale, il titolo diminuisce.
0<B<1
B= 1 è il rendimento del portafoglio di mercato. Per definizione di mercato che comprende tutti i titoli
sul mercato ha una correlazione = 1.
Fra rendimento e Beta mi aspetto che un investimento in un titolo con elevato Beta (elevato rischio sistematico) abbia un rendimento più alto rispetto ad un altri titolo con rischio inferiore. Mi aspetto quindi
una relazione positiva.
Il beta di un portafoglio è la media ponderata dei beta dei titoli inclusi ponderata per le quote investite
dei singoli titoli.
Il beta del titolo misura come si muove un titolo rispetto al mercato, la sua sensibilità.
Beta = covarianza fra titolo e mercato / varianza del mercato
Il Beta può essere definito anche come il rapporto fra lo scarto quadratico medio del titolo / lo scarto
quadratico medio del portafoglio del mercato * indice di correlazione fra titolo e mercato.
Nella pratica, per calcolare il Beta basta calcolare i rendimenti in eccesso. S&P è proxy del portafoglio di
mercato.
Prendiamo i rendimenti dei titoli e del mercato, calcoliamo i rendimenti in eccesso rispetto ad un titolo
risk free e calcoliamo la regressione, la cui pendenza è il Beta.
L’alfa è l’intercetta della retta di regressione.
Teoria del portafoglio di Markowiz
Stiamo cercando un modello che ci aiuti a stimare il costo opportunità del capitale che è il tasso di rendimento che utilizzeremo per la valutazione di un investimento.
Il modello è il CAPM.
E’ necessario analizzare:
1) il rischio;
2) il rendimento;
Un imprenditore deve minimizzare il rischio e massimizzare il rendimento. Il rendimento è la remunerazione per il rischio che ci stiamo assumendo. Quale misure di rischio e rendimento conosciamo?
Definiamo poi una misura del rischio complessivo del titolo che è la varianza, indicata con il simbolo
sigma quadro i.
La varianza è la misura del rischio complessivo di un titolo; misura alternativa è lo scarto quadratico
medio del titolo o volatilità del titolo.
Beta misura invece la componente di rischio sistematico e misura come si muove un titolo rispetto al
quadrato: quanto l’andamento del titolo è influenzato dall’andamento del mercato, dove per mercato intendo il portafoglio di mercato, che include tutti i titoli rischiosi presenti sul mercato. Come proxy, si
prende l’indice di Mercato.
Il fatto d’inserire più titoli all’interno del portafoglio consente di ridurre il rischio: la diversificazione dipende da come i titoli si muovono fra loro, e in particolare dal loro indice di correlazione, ovvero rho (ij)
la covarianza: gioca un ruolo fondamentale in un portafoglio.
Oggi è necessario calare le osservazioni di lunedì all’interno di un articolo di Martinowiz e definisce il
CAPM.
Vogliamo costruire dei portafogli efficienti: se è in grado di max il rendimento a parità di rischio o viceversa minimizzare il rischio a parità di rendimento. Si parte dai concetti di rendimento e volatilità e generalizziamo.
Il rendimento di un portafoglio è la media ponderata dai redimenti dei titoli, ma per la varianza non è data
dalla media ponderata, ma è sempre sotto tale livello, perché interviene la covarianza. Il portafoglio efficiente minimizza questo rischio.
Esempio
2 titoli. Ci interessa conoscere quanto i titoli si muovono insieme. L’indice di correlazione con se stesso è
uguale a 1, mentre fra loro 0 = movimenti indipendenti.
La curva rappresenta tutti i portafoglio che siamo in grado di ottenere combinando in diversi modi i titoli
che abbiamo a disposizione. Si fanno variare x1 e x2 e troviamo per ognuno il rendimento atteso e la volatilità.
Tutti i portafogli della curva sono efficienti? No, quelli evidenziati in blu sono inefficienti. Il portafoglio
(0,1) fatto del 100% di Cocacola, mentre (0,2;0,8) è fatto con 20% di Intel e 80% di Coca ed è più efficiente del precedente, data la sua posizione del grafico. Quelli successivi hanno rendimenti più elevati.
Ma quelli blu: nessun investitore avrà incentivo a realizzare portafogli di questo tipo. Le quote x1 e x2
investite in questi due titoli sono sempre positive.
Questa curva è stata ricavata partendo dai dati della precedente slide, con indice di correlazione = 0.
La correlazione rho = 0 non impatta sul calcolo del rendimento del portafoglio, che è sempre la media
ponderata, ma su quello della volatilità: minore è l’indice di correlazione, minore è la volatilità del
portafoglio. La curva si schiaccia a sinistra man mano riduciamo il coefficiente di correlazione.
Riusciamo a individuare un punto sull’asse delle y con volatilità = 0.
Solo quando il coefficiente di correlazione = -1 allora possiamo avere un portafoglio con varianza = 0.
Quando la correlazione = 1, l’insieme di portafogli sarebbe rappresentato dalla retta nera: sono portafogli
che bisogna ottenere combinando i titoli con correlazione = 1. E’ una retta perché, se la correlazione = 1,
allora lo scarto quadratico medio è una media ponderata degli scarti quadratici medi dei titoli inclusi.
Graficamente, è la retta fra Intel e Coca.
A parità di pesi e rendimenti, aumentando l’indice di correlazione, aumenta la volatilità del portafoglio.
Vendite allo scoperto
Introducendo la possibilità di vendite allo scoperto, quando vendiamo un titolo che non abbiamo con la
promessa di riacquistarlo in futuro: è una posizione corta su un titolo. Se invece investiamo delle somme
positive, allora assumiamo una posizione lunga sul titolo.
Vendita allo scoperto vuol dire acconsentire che x1 e x2 possano assumere anche valori negativi.
Nel tratto alto, la parte tratteggiata ha una posizione lunga su Intel e corta su Coca Cola, mentre nella parte sotto c’è lunga su Intel e corta su Coca.
Estensione della curva = ampliamo le possibilità degli investimenti.
Però ci sono portafogli inefficienti = la parte blu, ma nella parte nera aumentano le possibilità di investimento (quelle tratteggiate nere): di questo tutti sono concordi.
Un investitore propenso al rischio si pone sulla parte alta tratteggiata, bassa propensione parte continua.
Aggiungiamo un terzo titolo e portafoglio
A parità di volatilità, rende meno di Coca, e potrebbe sembrare inefficiente singolarmente, ma in virtù
della sua covarianza mi permette di creare un portafoglio efficiente: consente di ampliare la diversificazione di portafoglio perché i suoi movimenti sono indipendenti dagli altri due titoli.
La curva Coca-Bore è il rispettivo portafoglio. Mentre la Curva blu scuro è il portafoglio a tre titoli, ottenuti facendo variare la covarianza. In tale curva domina in parte la curva nera e graficamente evidenziamo
che se anche se singolarmente inefficiente, possiamo raggiungere portafogli efficienti che prima non potevamo raggiungere, questo perchè si muove in maniera indipendente rispetto agli altri due.
L’area sottostante la curva rappresenta tutti i portafogli ottenibili modificando i pesi dei titoli, fermo restando correlazione e rendimenti e con indice di correlazione = 0 e con l’unico limite che la somma dei
pesi deve essere = 1.
La parte esterna è la frontiera efficiente dei tre titoli: la linea nera e continua. Qualunque investitore preferirà muoversi verso nord-ovest.
Investire in un singolo titolo non è efficiente ed è sempre meglio investire in un portafoglio.
Consideriamo ora n titoli
Ognuno con proprie caratteristiche di rendimento e volatilità sul mercato. Possiamo stimare tutti i portafogli ottenibili con tutti i pesi presenti sul mercato, avendo 10 titoli a disposizione.
Quella tratteggiata è la frontiera efficiente se sul mercato fossero presenti solo 4 titoli, mentre quella continua con 10 titoli: all’aumentare del numero dei titoli si ottengono delle possibilità di investimento
minore rispetto al portafoglio con meno titoli.
Per ottenere portafogli più efficienti è necessario prendere in considerazione tutti i titoli rischiosi
presenti sul mercato.
I titoli privo di rischio
Un titolo presenta un rendimento positivo e una volatilità = 0. Introduciamo inoltre la possibilità che
qualsiasi investitore possa investire o prendere a prestito a questo tasso risk free.
La facoltà è disponibile per tutti gli investitori.
Ora il nostro portafoglio ha un titolo privo di rischio e un portafoglio con titoli rischiosi: facendo variare
le quote investite nel titolo privo di rischio e nel portafoglio. Nella retta ci sono i portafogli che possiamo
ottenere investendo in questa combinazione. Se entrambe le quote sono positive, se invece decidiamo a
prestito al tasso privo di rischio e investiamo la somma presa a prestito più la dotazione iniziale nei titoli
rischiosi.
(1-x) è la quota investita nel titolo privo di rischio + rendimento atteso del portafoglio P, moltiplicato per
la quota investita nel portafoglio. All’aumentare di x aumenterà il rendimento atteso del portafoglio.
La varianza del portafoglio si calcola così: (vedi slide).
La varianza di un titolo privo di rischio è 0, ma anche la covarianza fra un titolo privo di rischio e un
portafoglio è 0, perchè hanno movimenti indipendenti.
La varianza del portafoglio è (vedi slide) e questo giustifica perchè abbiamo una retta.
Nel portafoglio tangente P è la soluzione ottimale, ritenuta tale da qualunque investitore.
Come individuare un portafoglio tangente
Rendimento atteso in eccesso del portafoglio / volatilità del portafoglio
Lo calcoliamo per tutti i portafogli. Il portafoglio tangente è quello che rappresenta il più elevato indice
di Sharp, per ognuno dei portafogli efficienti della frontiera. Tale portafoglio sarà quello tangente.
Come sono composti i portafogli:
- titolo privo di rischio;
- portafoglio tangente.
Andando a variare le quote, ottengo tutte le possibilità d’investimento nella retta blu scuro: in particolare
se le quote investite sono positive mi pongo nella parte bassa della semiretta, prima del portafoglio efficiente.
La parte a destra del portafoglio di tangenza la posso ottenere se ho consentito vendite allo scoperto, indebitandomi al tasso risk free. La quota del titolo privo di rischo è negativa, mentre l’altra è superiore
all’unità.
Tutti gli investitori sono d’accordo che è ottimale porsi su questa retta e ognuno sceglierà le proprie preferenze in termini di propensione al rischio.
La costruzione di un portafoglio di rischio:
1) individuazione di un portafoglio tangente (quello con indice di sharp più elevato);
2) combinare il portafoglio tangente con il titolo risk free, e definiscono le quote in base alla propria propensione al rischio.
Il Capital Asset Princing Model
La tangente alla frontiera dei portafogli efficienti
La Capital Market line mi consente di scomporre le due componenti di rischio specifico e sistematico.
Non esiste una relazione chiara fra rendimento e variabilità e nel grafico rappresento non la volatilità dei
titoli ma la componente di rischio sistematico e che possiamo calcolare la Capital Market Line.
Mettiamo insieme per i diversi titoli la componente di rischio sistematico dei diversi titoli. Il Beta: è possibile evidenziare una relazione fra rendimento e rischio. La Capital Market Line è la combinazione lineare fra rendimento e rischio sistematico dei titoli.
Un titolo può avere un Beta = 0? Si, il titolo privo di rischio al 5%. Un titolo può avere un Beta=1? E’ il
portafoglio di tangenza, che altro non è che il portafoglio di mercato, quello che include tutti i titoli presenti sul mercato e viene fatto nel Capital Asset Pricing Model.
Ci sono sia titoli con Beta positivo inferiore o superiore a 1 (che amplificano i rendimenti del mercato).
E’ l’equazione di quella retta: r = r (risk free) + Beta ( rm - rf) quest’ultimo detto premio per il rischio
di mercato ovvero il rendimento atteso del portafoglio di mercato meno il rendimento del titolo risk free.
Immaginiamo di voler valutare un progetto d’investimento
Normalmente si utilizza del VAN, se positivo è intrapreso, viceversa è rifiutato. I flussi vanno attualizzati
al costo opportunità del capitale che rappresenta il rendimento che il mercato mi offre per un investimento che ha lo stesso rischio del mio progetto. In pratica, con le due possibilità, devo trovare
un’opportunità per questo investimento e devo attualizzare i flussi di cassa almeno al 10%. Vado a cercare
un’alternativa di investimento con lo stesso rischio (sistematico) del mio progetto.
Trovato il Beta del progetto, applico il CAPM e trovo il costo del capitale, necessario per scontare il flusso di cassa.
Principi fondamentali
1) fare attenzione alle caratteristiche di rischio delle attività che stiamo valutando.
2) ad esempio, il business dell’impresa è un progetto d’espansione o di diversificazione? L’impresa prova
ad entrare in un nuovo mercato.
3) il secondo problema è capire la relazione fra costo del capitale e struttura finanziaria.
Il Beta si può stimare tramite regressione lineare. L’inclinazione della retta è il beta. Ho calcolato un beta riferito al rischio dei titoli azionari dell’impresa, assunto dagli azionisti dell’impresa, è il Beta
dell’equity. E’ il rischio che dipende dalla struttura finanziaria dell’impresa.
Mentre se voglio calcolare il costo opportunità di un’attività reale, non è lo stesso Beta!
Esempio.
Valutiamo le caratteristiche del progetto che stimo valutando. Ci sono quattro categorie d’investimenti. Il
costo del capitale aziendale è dato dalla media di rischio dei miei investimenti.
Due criteri alternativi:
- I progetti con VAN o un TIR superiore alla security marlet line: in base al nosto modelllo accetto tutti i
progetti con un TIR maggiore del costo opportunità del capitale.
- Se invece applichiamo la regola del costo del capitale aziendale, otteniamo i progetti sopra la security
market line.
Ma applicando la seconda regola (area rossa) rischio di accettare progetti che avrebbero VAN positivi. Ma
applicando la prima regola però accetterei progetti con VAN negativo.
Il principio è lo stesso: attualizzare un flusso di cassa con tasso con rischio equivalente.
Il costo opportunità del capitale
Il tasso di rendimento necessario per calcolare il valore attuale dell’attività finanziaria o di un’attività reale. E’ necessario attualizzare i flussi di cassa attesi di questa attività.
E’ necessario attualizzare i flussi di cassa al costo opportunità del capitale che rappresenta il tasso di rendimento offerto dal mercato per un’attività che ha un rischio simile e comparabile al rischio dell’attività
che stiamo valutando. In altre parole, anzichè investire in un progetto d’investimento che ha le stesse caratteristiche di rischio del progetto, che rendimento offrirebbe il mercato? Posso investire in un portafoglio che ha un rischio simile all’attività che sto valutando. Questo rendimento è il costo opportunità del
capitale che stiamo cercando.
Un progetto d’investimento merita d’essere attuato quando il valore attuale netto (al netto degli investimenti) è positivo (quando crea valore), o in altre parole, quando il tasso di rendimento interno (TIR) del
progetto è maggiore del costo opportunità del capitale.
La definizione del costo opportunità del capitale e si calcola attraverso il Capital Asset Princing Model.
Il CAPM è in grado di predire qual’è il rendimento atteso di un’attività finanziaria in funzione del suo
rischio, dove il rischio è misurato dal beta.
C’è un problema della struttura del capitale. L’attività deve essere comparabile del nostro soggetto.
1) stimo i flussi di cassa attesi;
2) e sulla base dei dati di un’impresa comparabile;
3) attualizziamo i flussi di cassa al costo del capitale dell’impresa comparabile;
4) se il VAN è positivo, lo accettiamo.
Prendiamo un portafoglio di imprese che operano in un determinato settore. Stimiamo il beta del settore.
All’interno del beta ci saranno imprese che presentano strutture finanziarie diverse fra loro. Il rischio operativo è assimilabile, ma finanziano i loro progetti in modo diverso, con un mix debito/equity diverso. La
struttura finanziaria è l’elemento di diversità.
Su un determinato arco temporaneo osservo l’extra rendimento di mercato e del mio titolo e ripeto l’osservazione per un determinato numero di volte. La regressione lineare: trovo la retta che meglio spiega
questa nuvola di punti. Il beta è il coefficiente angolare della retta. La base delle mie osservazioni sono:
1) l’indice di mercato;
2) i rendimenti del titolo azionario: sto guardando i movimenti dei titoli dell’impresa, all’equity. Detto
anche beta levered.
Il rischio dipende:
- dal rischio operativo dell’impresa;
- dal rischio finanziario, legato alla struttura finanziaria dell’impresa.
1) Se applichiamo il Beta equity nella formula del CAPM, troveremo il rendimento atteso del CAPM dell’impresa, guardando il capitale netto dell’impresa. E’ il rendimento atteso del capitale netto dell’impresa, detto anche rendimento levered (= perchè il rendimento dipende sia del rischio operativo che finanziario). Questo è il rendimento atteso dell’equity, degli azionisti dell’impresa.
2) Noi siamo interessati al rischio operativo, ovvero al Beta assets ovvero al rischio delle attività reali
dell’impresa che è il rischio operativo.
Voglio capire se genera valore, indipendentemente dalla struttura del capitale dell’impresa: quindi sto cercando un r assets per attualizzare i flussi di cassa dell’impresa.
CAPM (espresso anche in funzione del debito):
r debito = r f + B debito (rm + rf)
Il Beta debito rappresenta il rischio d’insolvenza: è il rischio che alla scadenza del debito, l’impresa non
sia in grado di rimborsare il debito, è il rischio d’insolvenza, che è diverso dal rischio finanziario.
Beta equity = rischio operativo + rischio finanziario
Beta assets = rischio operativo
Beta debito = rischio d’insolvenza
Ipotesi
Il rischio dell’insolvenza è nullo: allora Beta debito è = 0. Il rendimento delle obbligazioni allora è pari al
tasso di interesse privo di rischio guardando il rating delle obbligazioni.
Il Beta equity si stima in base a regressione lineare.
R assets
E assets (o unlevered perché depurato dal rischio finanziario) è la media ponderata fra rendimento del
debito e rendimento dell’equity, ponderata sul valore di ciascuno sul valore complessivo dell’impresa.
1) Il valore di mercato del capitale netto = n° azioni in circolazione * prezzo di mercato: necessitiamo del
valore di mercato dell’equity.
2) L’ipotesi molto forte è che non ci siano imposte ovvero sotto l’ipotesi di mercati finanziari perfetti.
Analogamente possiamo ragionare in termini di Beta.
Il Beta di un portafoglio è la media ponderato dei beta dei singoli titoli.
Il Beta assets è la media ponderata del Beta equity e del Beta debito, ponderata in base al valore di ciascuno su quello complessivo, calcolati al valori di mercato.
Il r assets può essere applicato per attualizzare i flussi di cassa di un progetto.
L’r assets, per attualizzare i flussi di cassa, calcolato come media ponderata r equity e l’r debito.
Utilizzando un gruppo d’imprese comparabili.
Tipologie di Beta
- rischio di insolvenza
- il rischio operativo dipende delle attività reali messe in campo delle imprese, dipende dalla ciclicità dei
ricavi, e della leva operativa (il rischio operativo è tanto maggiore, quanto maggior è l’incidenza dei
costi fissi sulle attività dell’impresa): sono le determinanti del rischio operativo. Due aspetti che determinano i rischi operativi dell’impresa.
- rischio finanziario: ciclicità ricavi, dalla leva operativa e dalla leva finanziaria ossia dall’incidenza degli
interessi.
La successiva formulazione del Beta assets mette in evidenza le due componenti del rischio operativo. Il
Beta ricavi rappresenta la cicilicità dei ricavi, mentre l’altra alla leva operativa.
Il rischio finanziario
Se aumenta la leva finanziaria, aumenta il rischio finanziario e gli azionisti richiedono una maggiore remunerazione. La differenza fra rischio finanziario e rischio d’insolvenza. Il rischio d’insolvenza aumenta
Il rischio è una misura della varianza, della volatilità.
Il rischio finanziario è dovuto ad un incremento della variabilità dei possibili rendimenti per gli
azionisti.
Se aumenta la leva finanziaria, aumenta il rischio finanziario, ossia la variabilità dei rendimenti futuri per
gli azionisti.
Esempio
10 (prezzo corrente) * titoli in circolazione (10.000) = EV = valore impresa.
EBIT = reddito operativo prima degli interessi e delle imposte
D = 0 = non ci sono debiti
Calcoliamo l’EPS (gli utili per azione che sono distribuiti come dividendi per ogni azione) unlevered perchè stiamo ipotizzando che l’impresa non sia indebitata.
Ipotesi con impresa non indebitata
EPS = EBIT / numero di azioni in circolazione = 500 / 1000 = 0,5
re = EPS unlevered / Prezzo = 0,5 / 10 = 5 %
ra = re perchè l’impresa non è indebitata. Oppure lo calcolo come rendimento dell’attività dell’impresa.
Oppure con = EBIT / EV.
Ipotesi con impresa indebitata
500 azioni in circolazione; P = 10; EV= enterprice value = 10.000; rapporto d’indebitamento = 50%
E = 10 * 500
D = 5.000 per il quale paga un interesse i = 10%.
EPS levered (riferiti ad un’impresa indebitata) = ( EBIT - INT ) / 500 = (EBIT - 5.000*0,10) / 500 = 500
r e = EPS / P = rendimento ottenuto dagli azionisti
r a = media ponderata re e rd ponderata per i rispettivi pesi; oppure come rapporto fra reddito operativo
e valore di mercato dell’impresa (EV).
Considerazioni: le levered si fanno carico di un maggior rischio finanziario. Nel primo caso invece, l’impresa non è indebitata, e gli azionisti possono guadagnare dal 5 al 20 % a seconda dall’EBIT che si verificherà.
Se invece l’impresa è indebitata, nel caso peggiore possono prendere il 0 al 30%. L’aumentata variabilità
è il rischio finanziario. Tutte le volte che aumenta il rapporto d’indebitamento, aumenta la variabilità dei
rendimenti futuri per gli azionisti, è un aumento del rischio che è detto rischio finanziario, dato da un
incremento del rapporto di indebitamento.
Grafico 1: la retta più inclinata rappresenta la maggior variabilità degli utili per azione dell’impresa
levered. Mentre l’altra retta rappresenta gli utili per azione dell’impresa non indebitata.
Grafico 2
r e aumenta sempre, perché aumenta sempre il rischio finanziario. In assenza di imposte il rendimento
delle attività non si modifica, perché all’aumentare del rapporto di indebitamento non comporta alcuna
modifica del rischio operativo.
Se genero utili sufficienti a pagare gli interessi, posso permettermi d’aumentare il debito: Mi aspetto incremento del rischio di insolvenza all’aumentare dell’indebitamento.
Le Opzioni Finanziarie
Le azioni possono essere interpretate come opzioni call. Per valutare l’impresa.
Quando si valuta un progetto d’investimento, qualunque progetto contiene delle opzioni reali implicite..
Sono dette finanziarie, perchè il sottostante è un’attività finanziaria.
E’ un contratto che conferisce a chi lo possiede il diritto di acquistare o vendere un’attività sottostante ad
un prezzo che viene fissato oggi, che non verrà pagato oggi, ma nel momento di esercizio del titolo.
L’esercizio potrà avvenire o ad una certa data futura o in tutto l’arco temporale che intercorre fra oggi e la
scadenza del contratto.
Nel caso della call c’è il diritto di acquisto, nella put la facoltà di vendita.
Attività sottostante, indicata con S, prezzo corrente
Presso di esercizio, K, strike price
Data di scadenza: data alla quale può essere esercitato un titolo. Le europee possono essere esercitate
solo alla scadenza, le americane in qualunque momento.
Essendo un contratto unilaterale, c’è un soggetto in posizione lunga (un compratore) e un venditore, emittente o option writer in posizione corta.
Chi è in posizione corta è obbligato a fare ciò che gli viene richiesto dall’altra parte. La facoltà vale
solo per l’investitore in posizione lunga.
Definiamo premio dell’opzione il prezzo di acquisto o di vendita del titolo: ha un bid (prezzo di vendita)
e ask (prezzo d’acquisto). Il premio è la media aritmetica fra prezzi bid e ask.
L’acquirente di un opzione call ha la facoltà di comprare un’attività, quello di un opzione put di venderla.
Il venditore invece è obbligato a vendere un’attività qualora l’acquirente della call decida ad esercitarla.
I pay off sono i guadagni derivanti dal semplice esercizio di questi titoli. I payoff alla scadenza dell’acquirente di un’opzione call con prezzo d’esercizio pari a 20. L’acquirente esercita una call solo quando il
valore del prezzo d’opzione è inferiore del prezzo di mercato. L’acquirente la eserciterà solo quando tale
differenza è positiva e il payoff sarà nullo.
C = max(S-K, 0)
L’investitore in posizione lunga eserciterà la put solo quando ci sarà un guadagno positivo. Quando il valore del sottostante è inferiore a K, allora eserciterà la put; viceversa non la eserciterà e la venderà nel
mercato.
I pay off sono speculari.
I venditori hanno invece un obbligo di acquisto o un obbligo di vendita. Il payoff di una put a scadenza per il venditore è 0 tutte le volte in cui S < X; il payoff è negativo quando S > X.
La perdita è illimitata per la call, mentre per la put è definita.
Borsaitaliana.it
Il volume è il numero di contratti scambiati fino ad un determinato giorno; l’open interest è il numero di
posizioni aperte su questi contratti, il numero di posizioni lunghe e corte. Queste sono opzioni di tipo
americano.
Nella prima riga troviamo valori sul titolo sottostante.
La scadenza è il terzo venerdì del mese in Borsa Italiana. Nella terza e quarta colonna ci sono i bid e ask
di opzioni call.
Il sottostante di un solo contratto non è un solo titolo, in quanto sono previsti dei lotti minimi. Esiste una
tabella con lotti minimi per ogni contratto. Per Enel il lotto minimo è 500 azioni.
Si definisce dimensione del contratto il prodotto del prezzo d’esercizio per il lotto minimo. Dice qual’è
l’esborso qualora decida di esercitare la call da parte dell’holder.
Il premio del contratto è il premio d’acquisto dell’opzione moltiplicato per il lotto minimo.
A seconda della probabilità di questi titoli di produrre un guadagno, si dice:
- at the money se oggi put o call non generebbe guadagno;
- in the money: genera guadagno.
Esempio
Dimensione dei 10 contratti call: 10 * 3,6 euro * (lotto mininom = 500) = 18.000 euro.
Prezzo ask: 0,5455 * 10 (10 call) * 500 titoli (lotto minimo) = 2.727 euro = è il prezzo che devo sborsare
oggi, il premio per queste call.
Confrontando il 3,6 con la quotazione del titolo Enel, è inferiore al sottostante: l’opzione è in the money.
Ma non abbiamo tenuto conto del premio del titolo. Tenendone conto, comporta uno slittamento del diagramma verso il basso per tener conto del costo iniziale.
Il premio l’ho pagato in 0. Il tasso d’interesse annuo viene dato per comparare i flussi nel tempo.
Il tempo che intercorre fra l’acquisto del titolo e il momento in cui lo esercito è di 52 giorni.
5,75 ( 1,03 (tasso d’interesse) ) elevato alla 52/365
70, 77 è il valore del sottostante che porta a 0 il profitto della call: 65 + 5,77 (prezzo d’esercizio + premio).
Il profitto comincia ad essere positivo quando sono rientrato dal premio, tenendo conto delle due componenti, il costo d’acquisto e il guadagno alla scadenza.
6,55 * 1,03 elevato al tempo alla scadenza.
Comincio ad avere profitto positivi della put solo con valore del sottostante pari a 58.
Grafico. Sono omogenee per la scadenza, ma differiscono nel prezzo d’opzione. Le prime due sono opzioni in the money. I prezzi in the money sono i più elevati. Più le opzioni sono in the money, più elevato
sarà il prezzo.
Le ultime due sono out of the money, e più bassa è la probabilità d’ottenere un profitto positivo. La probabilità d’ottenere guadagni sono minori.
Rendimenti
L’intervallo è fra 40 e 60; la variazione del rendimento del titolo è -17% fino a +24%. Se invece acquistiamo la call del titolo, i rendimenti sono più ampi.
La perdita massima con una call è il premio pagato, il 100% dell’investimento.
Le opzioni call out of the money sono quelle con probabilità di guadagno più bassa, ma con rendimenti
più alti.
Per la put
I rendimenti aumentano man mano si riduce il prezzo del titolo. Significa che sono put che hanno un
beta negativo (guadagna quando il rendimento del titolo diminuisce e viceversa), se hanno come sottostante un titolo con beta positivo (quando il mercato scende, il titolo scende).
Per questo motivo, questi titoli vengono detenuti a scopi assicurativi.
Le combinazioni di opzioni
Le azioni possono essere combinate con altri titoli.
1) una miscela di put e call viene detta combinazione. Possono essere straddle e straggle.
2) due o più opzioni dello stesso tipo si ottiene uno spread.
3) un’opzione e un sottostante all’interno del titolo consentono di ottenere un’assicurazione.
Le opzioni che considereremo sono di tipo europeo.
Straddle
Put e call hanno stesso sottostante, stessa scadenza, stesso prezzo d’esercizio. Serve per ottenere una strategia d’investimento per gli investitori sono molto volatili, ma non sono in grado di prevederne la direzione.
Strangle
Il prezzo d’esercizio della put è inferiore al prezzo d’esercizio della call.
Spread a farfalla
Inserite all’interno del portafoglio solo titoli con le stesse caratteristiche. Se combinate fra loro otteniamo
un grafico della linea nera che rappresenta un payoff del portafoglio. Un investitore che si aspetta che la
volatilità rimanga attorno al prezzo d’esercizio.
Hedge
Si parla di put protettiva: una posizione lunga su un’azione già in possesso.
Seconda strategia: acquisto un bond risk free (obbligazioni zero - coupon che non distribuisce cedole che
ha come valore nominale K ossia il prezzo d’esercizio delle opzioni) e una posizione lunga su una call che
ha un prezzo d’esercizio pari alla put del primo portafoglio.
Pull- Call parity
Se il valore dei titoli è uguale anche i valori dei portafogli sono uguali.
Tale relazione vale sempre in qualunque istante temporale.
Fino a 45, perdite derivanti dal diminuire del valore del titolo viene compensato dall’esercizio della put,
per valori superiori non esercito la put e vendo il titolo.
S + P = VA(K=investimento in un’obbligazione priva di rischio con valore nominale = K attualzzato) + C
P e C sono scritti sul medesimo sottostante e presentano lo stesso prezzo d’esercizio. Tale relazione fra
put e call vale sempre.
In presenza di dividendi:
S + P = VA(K) + VA(D) + C
Questo è quanto c’era da dire sul valore di titoli alla scadenza.
La relazione put parity vale comunque in ogni istante anteriore alla scadenza.
I fattori che determinano i prezzi delle opzioni prima della scadenza
Qual’è il premio dell’opzione prima della scadenza?
Le determinanti di una call
1) il valore della call non può mai essere superiore al prezzo del titolo sottostante. In altre parole, il valore della call sarà sempre inferiore a S.
2) Per T = 0 ci sono due casi:
1) S > K: il valore della Call sarà uguale a C = (S - K), quindi sempre < S.
2) S < K: il valore della Call sarà uguale a 0, quindi sempre < S.
Abbiamo definito un limite superiore al valore della Call.
Per quanto riguarda il limite inferiore al prezzo di una Call è rappresentato da un valore intrinseco: è
il valore di una call se fosse esercitato oggi. Il valore intrinseco è il massimo valore fra S-K e 0.
Mi aspetto che il valore della call si collochi nell’area fra il limite superiore ed inferiore.
Esempio. Se ciò non fosse vero, le opzioni sarebbero macchine da soldi.
S= 100
K= 80
CALL = 10
L’investitore vende il titolo a 100. Per avere di nuovo un titolo, lo riascquista comprando la CALL, pagandola 10 ed esercitandola, e questa valendo S - K.
100 - 10 + (100 - 80) = 110 è un profitto garantito pari a 10.
Totale profitto = - 100 + 110 = 10. Il valore della call dovrebbe essere superiore a 20.
Dentro l’area c’è una funzione crescente: la differenza fra il prezzo dell’opzione e il valore intrinseco
è definito valore temporale dell’opzione. La distanza fra la funzione crescente e il valore intrinseco è
definito valore temporale.
Il valore temporale è maggiore per le opzioni call che sono at the money. Il fatto che l’opzione scada più
avanti ha un effetto positivo sul valore delle opzioni, ed è positivo, quanto più l’opzione è at the money.
Se fra una settimana il valore della call aumenta, allora posso guadagnare.
Fattori determinanti
1) quanto più il sottostante aumenta, più aumenta il valore della call, viceversa per la put;
2) il tempo residuo ha un effetto positivo sul valore della call, questo è vero per le opzioni at the money e
soprattutto per le americane.
3) per i dividendi, in occasione dello stacco dei dividendi c’è una riduzione del prezzo della call e viceversa;
4) per il rischio di questi strumenti è una componente sempre positiva per la caratteristica di asimmetria dei pay off dei titoli.
Una maggiore volatilità del titolo mi consente guadagni maggiori per la call: il motivo è la simmetria dei
payoff. Il prezzo della call è la curva più elevata.
La valutazione delle opzioni
Come si calcola il valore dell’opzione alla scadenza:
- per una call alla scadenza: è il massimo fra 0 e S - K
- per una put alla scadenza è il massimo fra 0 e K - S
Come calcolare il prezzo delle opzioni.
Orizzonte periodale: si considerano solamente due variazione del sottostante fra 0 e T alla scadenza del
periodo. Questo o aumenterà o diminuirà: u = up; d = down
Le strade sono due:
1) costruzione di un portafoglio;
2) il calcolo con le probabilità.
Estenderemo l’orizzonte uniperiodale a più periodi.
L’attualizzazione dei flussi di cassa richiede che vengano stimati i flussi di cassa attesi: difficile, ma fattibile. La stima del costo di capitale è invece impossibile, è il tasso di rendimento che il mercato offre per
un progetto simile a un progetto comparabile.
Per i titoli derivati, il rischio varia in ogni istante, per cui è impossibile stimare un costo opportunità unico e valevole per tutti i flussi di cassa attesi.
Una strada alternativa è costruire un portafoglio equivalente: è un portafoglio che offre in t gli stessi
payoff che offre la call. Alla scadenza si replica i payoff della call, se il portafoglio alla scadenza offre lo
stesso profitto della call, allora il valore del portafoglio oggi, per la regola del prezzo unico, deve essere lo
stesso di quello della call.
Il Portafoglio P deve garantire dei valori a scadenza uguali a quelli della call. Allora il suo valore oggi è
uguale al valore della call oggi.
Il problema è costruire un portafoglio equivalente. Viene costruito inserendo nel portafoglio due attività:
1) investimento o indebitamento nel titolo sottostante la call;
2) investimento al tasso di interesse privo di rischio;
Pt = delta St (azioni sottostanti la call) + Bt (ammontare di debito)
Il delta viene anche detto hedge ratio ed è dato dal rapporto alla scadenza fra la differenza fra i possibili
prezzi dell’opzione a scadenza e i prezzi dell’azione a scadenza.
Nella Call: B è negativo e delta positivo;
Nella Put: B è positivo (ho un investimento e non un prestito) e delta negativo.
Delta = CallU - CallD / SU - SD
B = valore attuale della differenza fra i payoff dell’opzione e dell’azione del portafoglio
B = CallU - delta*SU / (1+rf)^t
oppure CallD - delta*SD / (1 + rf)^t
La valutazione neutrale rispetto al rischio
Se il prezzo della call non dipende dall’attitudine al rischio degli investitori, ipotizziamo che gli investitori
siano neutrali al rischio: la probabilità di incremento e diminuzione del sottostante in un ambiente neutrale al rischio. Sono le probabilità di aumento e diminuzione del sottostante se gli investitori fossero
neutrali al rischio.
In realtà, gli investitori sono avversi al rischio. Ma in questo caso l’ipotesi è che non lo siano: comporta
che il rendimento atteso sia pari ad rf.
Stimiamo le probabilità di un aumento e di una diminuzione del sottostante ipotizzando che siano
neutrali al rischio. Con una certa probabilità il valore della call è 21,25, con un altra è uguale a 0. Media
ponderata dei valori a scadenza della call e poi attualizzo utilizzando il tasso rf.
Come calcolare le probabilità:
Gli investitori si aspettano con una certa p di guadagnare il 20% o di perdere il 25% per il 1-p di probabilità. Il rendimento atteso è pari ad rf essendo neutrali al rischio.
rf = (p * VarU) + ( (1-p)* VarD )
p = ( rf - VarD) / ( VarU - VarD) troviamo la probabilità di aumento del sottostante in aumento neutrale.
Call = (0,5 * 21.25) + (0,5* 0) / (1.025) = 10.37
Sono due metodi alternativi, uno basato sulla costruzione del portafoglio equivalente, nel secondo caso,
stimando le probabilità neutrali rispetto al rischio.
La valutazione della put
I due metodi possono essere applicati anche per la valutazione della put. Vedi quaderno.
Modello binomiale
Manteniamo fermo che in ogni sotto periodo il movimento del sottostante possono essere solo due. L’ipotesi sottostante del metodo binomiale.
Partiamo dalla fine, sappiamo il valore dell’opzione alla scadenze. Avremmo diversi possibili valori del
sottostante, più dividiamo i sotto periodi.
A ritroso, applicando i due metodi, calcoliamo i valori delle opzioni nei nodi precedenti.
Il primo step è costruire l’albero relativamente alla dinamica del sottostante: devono essere note le variazioni in aumento e in diminuzione.
sigma = variabilità del rendimento sottostante
h = lunghezza del sottoperiodo espressa in frazione di anno. Non è la lunghezza residua, ma di tutto il
sottoperiodo.
Applicando il metodo delle probabilità neutrali...
p = rf - VarD / VarU - VarD
Queste variazioni sono espresse in frazioni di anno. L’rf dell’esercizio precedente è già semestrale.
a = è il tasso di interesse in frazione d’anno. E’ una capitalizzazione continua.
Il modello Black e Scholes
All’aumentare del numero dei periodi in cui l’arco temporale è diviso, aumenta il numero dei possibili
valori a scadenza del sottostante e dell’opzione. Il contesto è più realistico.
La formula deriva del metodo binomiale dove si fa tendere all’infinito il numero di sottoperiodi dell’arco
temporale e la lunghezza di ogni sottoperiodo = 0.
E’ un ragionamento di tipo continuo.
Il valore di una call europea può essere stimata attraverso una formula.
N(d1) = è la distribuzione comulata di una normale standard D1.
La derivata parziale del prezzo della call rispetto al sottostante: quanto varia il prezzo dell’opzione al
variare del sottostante.
N lo facciamo tendere ad infinito, mentre la lunghezza di ogni sotto periodo la facciamo tendere a 0: si
passa da un ragionamento in tempo discreto a un tempo continuo.
Ricaviamo la formula che altro che non rappresenta il valore della call prima della scadenza. Il ragionamento è questo: il primo step è calcolare il valore della call alla scadenza che è pari al massimo valore fra
0 e S-K.
Il valore della call prima della scadenza in funzione del sottostante può essere rappresentato da una funzione crescente di questo tipo.
Definendo meglio tale funzione tramite Black and Scholes.
Call = S * N(d1) - N(d2) * VA (K)
E’ una distribuzione normale, dato un valore D, si definisce in termini grafici N(d) l’area di grafico sottesa alla funzione e a sinistra del valore d. Complessivamente l’area sotto la funzione è pari a 1.
L’area compresa fra N(d) è compresa fra 0 e 1.
N(dd) è il delta della call. Prima il delta nel caso uni periodale.
N(d1) è la derivata parziale del valore della call in funzione del sottostante. Il delta della call è la derivata
parziale del valore della call rispetto al sottostante. E’ la derivata prima parziale.
Visto che il delta è N(dd1), allora il valore della call è compreso fra 0 e 1.
Delta rappresenta il numero di azioni che bisogna acquistare per creare un portafoglio equivalente. Le
osservazioni sono verificate nella formula di Black and Scholes? Si, sono verificate.
Ndd = si usa Excel. In alternativa, si possono usare le tavole finanziarie.
Approfondimento: dividendi
Le opzioni possono essere esercitate solo alla scadenza. Si può applicare sia l’albero binominale sia la
formula di Black and Scoles.
Se i dividendi vengono definiti come tasso di dividendo, allora la formulazione si sostituisce.
Calcolare il Beta di un’opzione
Si ricorre all’idea sottostante la costruzione del portafoglio equivalente. Per replicare i payoff attesi della
call, dobbiamo costruire un portafoglio all’interno del quale, inseriamo un numero delta di azioni e un
certo ammontare B, che prendo a prestito al tasso di interesse privo di rischio.
Il beta di un portafoglio è la media ponderata dei beta dei titoli inclusi, ponderata per le quote dei
titoli in portafoglio.
Il Beta del debito è pari a 0, perchè la seconda parte sparisce. Il beta di un’opzione rappresenta il beta del
portafoglio.
Partendo dal beta della call, il delta è un valore positivo compreso fra 0 e 1. Mentre B è un ammontare
negativo (sto prendendo a prestito), questo rapporto di leverage nel caso della call sarà maggiore di 1.
Una put scritta su un titolo positivo ha un beta negativo, ai fini di copertura del titolo. Definiti i rendimenti e i Beta, possiamo collocarli.
Esercitazione Prof. Buttiglion
Il modello DCF si può applicare in due versioni:
1) FCF attualizzato al waac
Income statement = conto economico
0
Revenue
900
Operating Costs
(690)
Depratiations
(40)
OP
120
1
840
(672)
(42)
126
Interest
EBT
(16)
104
(16)
110
Taxes
Net Income
(26)
78
(27.59)
82.5
Reorganized balance sheet
OWC
70,1
PoE
438,4
Invested capital
508,5
73,6
460,3
533,9
Debt
Equity contabile
Invested capital
200
308,5
508
210
323
533,8
1
126,0
(31,5)
94,5
(42,0)
136,5
2
Free cash flow
Operating Profit
- Taxes (25%)
NOPLAT
+ Depratiation
Gross Cash Flow
Gross-Gross
Var (OWC)
(3,5)
Devo investire per poter crescere di fatturato, se c’è una crescita di circolante
Incremento positivo: segno meno: un incremento del circolante mi brucia il free cash flow.
Poi metto le spese in conto capitale, sono gli investimenti che faccio in capitale fisso, che servono per la
crescita futura.
Investimenti finali (FA2) = Investimenti iniziali (FA1) - Amm.ti + Investimenti (I)
Investimenti (I) = Var (FA) + D
CE
FCF
(63,9)
69,1
Punto 2)
Supponiamo sia un’azienda quotata. Share of Standings ovvero sono le azioni che sono sul mercato, 50
mil.
Il prezzo dell’azione è 17,88
Quindi l’Equity Value = 17,88*50 = 958,2
Calcola il costo del capitale.
Il debito ha un valore di titolo di 200, ed assumendo che il valore economico del debito corrisponda al
valore del debito contabile: quando sono diversi questi valori? Possono essere diversi: quando è più basso
quando il rischio di default al momento della valutazione (T=0) è più alto del rischio di default quando è
stato raccolto il debito.
Credit Default Swat (CDS) = sono titoli derivati per assicurarmi dei titoli di default, che ha un prezzo (un
premio).
Se dopo n anni l’indicatore è diverso, il mio valore di mercato è diverso. Allora il valore di mercato è più
alto. In generale tutti i fenomeni che portano a cambiare il costo del debito + il premio del default risk
(creadit spread): Kd = R + Ks
Dm + E = EV
200 + 958,2 =
17,3% + 82,7% = 100%
costo del debito*(1-T) + costo del capitale (= waac)
8% + 12% = è ponderata alle percentuale di E e D su EV
T = tassazione = 25% solo sul debito
K * (1- T) = 8% * (1 - 25%) = 6%
Waac = 6% (D al netto delle tasse) + 9,9% = 11,0%
EV = FCF / (waac - g) = NOPAT = 69,1 / (0,11 - 0,05) = 1158,2
EPS = (D + E)/numero azioni = (200 + 958,2) / 50 mil = 19,16 euro per azione
D
E
EV
200
958,2
1158,2
17,5%
82,7%
100%
Costo del capitale
K
Taxes
8%
25%
12%
K(1-T)
6%
12%
WAAC
1,0%
9,9%
11%
Secondo metodo: DCF / Economic Profit
EP
= (ROIC - waac) * IC
= ROIC * IC - waac * |IC|
= NOPLAT (= ROIC * IC) - cost of capita (= waac * IC)
EV
= IC + MWA (Market value added) (= goodwill/badwill)
= IC + EP / (waac - g)
Vedi Appendice del libro
Esercizio 2
NOPLAT
IC
waac
cost of capital
EPF
94,5
508,5
11,0%
55,8
Il valore minimo del NOPLAT mi porta ad una remunerazione congrua del capitale. Gli azionisti, che vogliono una remunerazione, come minimo vorrebbero avere un rendimento annuo del 55,8.
ROIC minimo = costo del capitale / IC
EP
38,7
ROIC = 94,5 / 508,5 = 18.6%. Chi mi finanzia pretenderebbe un rendimento minimo dell’11%, ma al
momento è al 18,6%.
EP = (18,6% -11,0%)* 508,5 = 38,7
MVA = Present value of Economic Profit - PV(EP) = 38,7 / (0,11 - 0,05) = 649,7
MVA + IC = EV
649,7 + 508,5 = 1158,2
Punto 7
Altre versioni del DCF
DCF - Cash Flow to Equity
Vado ad attualizzare i flussi di cassa direttamente attribuibili agli azionisti.
Calcolo al tempo 1:
1
Net Income
82,5
Depratiation
42,0
Gross Cash Flow
124,5
Var WC
(3,5)
CE (Capital Expenditure)(63,9)
Var Debito
10
E’ un flusso di casso in più rispetto all’anno precedente. E’ un incremento di debito calcolato come variazione positiva.
Il debito oggi è di 200, allora l’anno prossimo il debito sarà di 210, perchè nel modello faccio crescere
tutto del 5%.
Cash Flow to equity
dati.
67,1
Quanto posso distribuire ai miei azionisti al tempo 1 se rispetto tali
Calcolo l’equity: 67,1 / (costo del capitale - grow) = 958,2
Framework for Valutation: Adjusted Present Value (APV)
APV = il valore attuale dello scudo fiscale legato al debito + enterprice value = valore attuale dei benefici e dei costi collegati al debito.
Partendo dai free cash flow, che è lo stesso, che viene attualizzato non al waac ma al costo del capitale
privo del debito, unlevered, e calcolo il valore attuale dello stream di flussi ad un certo tasso.
Prevedo un debito iniziale del primo anno.
Avendo un dato debito, mi porto a casa un risparmio d’imposte pagando gli oneri rispetto all’azione senza
debito.
C’è un valore attuale di risparmi fiscali dove ho tolto le imposte come se avessi debito.
Mydhear adjustement factor = posso moltiplicare il valore ottenuto per V*[(1+i)^0,5] per spostarli avanti
di sei mesi, capitalizzando di un anno il flusso.
Il dividendo e gli oneri finanziari però non li pago tutti alla fine dell’anno, ma a metà anno, quindi devo
portare avanti di sei mesi il valore, è un fattore di aggiustamento, per correggere il valore, altrimenti
sottostimerei il valore.
A quale tasso io attualizzo il vantaggio fiscale del debito? K sono i rendimenti che mi attendo dall’interprise value oppure il costo del debito.
Il costo dell’equity è pari al costo dell’equity unlevered (inosservabile) + D/E*(ku - kd) - valore del
tax shield/E * (ku - ktax)
L’equazioni può assumere diverse soluzioni:
1) il rischio che ho sul valore fiscale è lo stesso dei miei assets, allora la rischiosità sottesa al valore del
vantaggio fiscale è la medesima del reddito operativo.
Posso osservare Ke e Kd, ma devo derivarmi Ku.
Ho usato il Modigliani Miller II.
Reorganizing the Balance Sheet
L’obiettivo è calcolarci la redditività del capitale ovvero il ROIC.
ROIC = After Tax Operating Profit / Invested Capital
FCF = NOPAT + Depreciation + Var(Invested Capital)
Lo stato patrimoniale: Assets = Total Liabilities + Equity
Prendiamo sempre il Bilancio consolidato
Operating Liabilitis = passitivtà legate a fornitori, con natura operativa, acquisti, ecc.
A volte nell’analisi esterna non riusciamo a fare questa distinzione. Definiamo l’invested capital come la
sommatoria fra Operating assets - Operating Liabilities.
Equity investments = Partecipazioni che potrebbero essere sia di natura operativa (legata alla mia strategia di sviluppo), ma se i risultati della partecipazione sono trattato a parte valuteremo questa voce a parte
come elemento da sommare rispetto al valore complessivo del business.
Interim bearing debt = debiti che generano intressi
Retained earning = utili reinvestiti
Common stock = azioni ordinarie
Parte di PN delle società partecipate che spetta ai terzi azionisti di questa società, perchè facendo il consolidamento totale, ho una parte di patrimonio che spetta ai terzi.
NFP = Net financial position = Debt - cassa in eccesso
Preparin pension assets = fondo pensione interno
Quando facciamo la valutazione, mi piacerebbe farla per somma delle parti.
Equity Investments = derivanti da acquisizioni di partecipazioni da cui mi aspetto rendimenti futuri
Le attività finanziarie attive vanno portare in riduzione del debito; alcuni ritengono che parte della cassa
andrebbe tenuta come cassa operativa.
Debt = derivano o dal sistema bancario o dal mercato dei capitali (obbligazioni)
Debt equivalents = voci di debito che magari sono fuori bilancio, indicate ad esempio nei conti d’ordine.
Si dovrebbero trovare nel fondo rischi (ad esempio, per oneri di restrutturazione), dopo averli conteggiati
come costi non ricorrenti, sotto l’EBITDA (NOPAT), non è una componente del FCF.
Equity = sui dividendi payable non si mettono dentro l’equity, ma dentro il debito.
Passività fiscali differite: sono messe come equity.
Royalties = licenze in concessione
Product devlopment = non sempre viene messo come un costo specifico.
State income taxes simile all’IRAP
Forain rate differences = differenze su imposte pagate all’esterno
Il rendiconto finanziario è fatto su diversi schemi, pendendo la posizione finanziaria netta, che generalmente parte del Net Income + Flusso del circolante dalle attività operative + Flussi di cassa delle attività
di finanziamento.
FCF avaiable to investors = sia azionisti, sia investitori. Ho pagato debiti per 25 e ho pagato dividendi per
53.
Adjusted Performance and Competitive Position
Un’azienda che cresce molto per acquisizioni, quando acquisisce paga, e gonfia il capitale investito e
perde ROIC naturalmente, in quanto la redditività scende. Ma non è un male assoluto: quando il
goodwill cresce.
Es. Luxotica ha una capitalizzazione di 14 miliardi di dollari. EV = 17 miliardi. Debito per 3,9 miliardi e
cassa per 1 miliardo.
Bisogna guardare se il ROIC withput goodwill è alto e se sta crescendo. Invece se il ROIC with goodwill
cala, vuol dire che ho pagato tanto anzi stragando le società che ho acquisito.
Il ROIC si può decomporre:
1) reddito operativo sulle revenues;
2) revenues sul capitale investito: detto rotazione del capitale e indice di efficienza del capitale.
Albero del ROIC:
- si parte con il ROIC, poi lo scomponiamo in ROIC with and without goodwill.
- poi dividiamo in tasso di imposizione fiscale;
- operating margin + rotazione del capitale. Fanno girare tanto il capitale.
Il ROIC e’ buono se è più alto del waac.
- maggiori ammortamenti: impiega più capitali o utilizza macchinari più freschi.
- revenues / working capital: non c’è un collegamento algebrico netto. Entrambe non hanno magazzino, e
lo finanziano sul credito.
- il capitale fisso: se alto, hanno beni in proprietà.
Tasso di rotazione del capitale: non è corretto dire rotazione, è un indice di efficienza, quanto uso il capitale per il valore della produzione.
Come l’azienda funziona: revenues, stipendi e salari, costo del carburante (a seconda dell’azienda), full
time equivalents (personale).
Labour expences / Revenues = quanto ogni persona riesce a fare per ricavi.
Operating Margin = il MOL è negativo nel nostro esempio.
Revenue Growth:
Organic Growth= crescita organica del fatturato derivante da cambiamenti del tasso di cambio, acquisizioni o dismissioni, changing accounting politicies.
Portafoglio changes: cambiamento del periodo delle aziende (business o aree geografiche).
E’ importante evidenziare le revenues per aree geografiche: è importante avere un portafoglio vendite
importanti.
Sono aziende personalizzate con una forte presenza in Nord America.
Merger and acquisitions
Per le acquisizioni l’azienda potrebbe riportare il CE se l’avessi acquisita tre anni fa. Tali dati sono importanti perchè consentono di fare analisi per ricostruirsi internamente.
Spacchettando i revenues consolidati che risentono dell’acquisizione, devo vedere se l’organic growth
delle singole imprese come cresce, sono al netto delle vendite dell’acquisita.
Bisogna vedere se cresce per via interna o se per vie esterne.
Quando fa troppe acquisizione non ha chiarezza strategica.
E’ importante capire i driver della crescita.
Ultimo punto è verificare che la struttura finanziaria sia adeguata alla sua strategia operativa. Apple
non ha debiti ed è bene. Potrebbe avere un’oscillazione su ricavi e margini. Deve essere solida per cogliere attività di acquisizioni e sviluppo.
Il flusso di entrate di Enel e Telecon è più stabile, quindi può permettersi un debito più alto.
Possono essere aumentati gli interessi, ma è calato molto l’ebitda. Stessa cosa EBITDA/Interessi.
Credit Health and Capital Structure
Analisi centrata su redditività, sviluppo e situazione finanziaria e lavarage dedb (struttura dell’indebitamento).
Per valutare la liquidità si valuta Interest Coverage = EBITDA / Interest Expence
ROIC, Kd sono variabili aleatorie, variabili nel tempo. Hanno una loro volatilità.
Il ROIC ha una volatilità enormemente più alta di Kd.
Se ROIC è maggiore del Kd allora aumento il livello di rischio del ROE.
Forecasting
Per stimare il valore, è necessario fare delle proiezioni. Al limite si può dire che i ricavi, costi, ecc. non
varieranno nel tempo.
Allora l’analista finanziario, vista l’instabilità di queste proiezioni, faccio gli aggiustamenti e dei cambiamenti.
L’orizzonte temporale: nel business plan operativo si lavora su un tempo corto. L’azienda in genere non
va oltre i tre anni (al massimo cinque). Il piano si fa per avere un ragionamento, ben sapendo che tutto
può accadere.
Per dire che vale tanto, l’analista esterno deve invece proiettare a lungo periodo il cash flow. La storia
futura e il suo sviluppo si può quindi sviluppare:
1) in un periodo 1-5 anni con un piano analitico: ma l’analista non ha un piano esterno.
The cost of debt
Maturity = 21.12.2006
Ci metto la cedola annuale o semestrale. Sconto i flussi delle cedole per trovarmi il present value (il valore attuale). Cerco il tasso di rendimento.
Problema: il tasso di rendimento del debito, ad esempio di un prestito obbligazionario potrebbe non essere
disponibile. Se ci sono pochi scambi, però il tasso potrebbe essere non attendibile. Trattando quel titolo, il
beta potrebbe non essere comparato.
YTM = Benchmark + Default Premium = rendimento del titolo + il premio base. Il rendimento è predefinito, ma becco meno; l’azienda paga meno e l’azienda va in default. Il debito richiede un premio per il
rischio di fallimento, che non paghi alla scadenza la quota capitale e gli interessi.
Curva tassi: è il Reuters è considerato il benchmark.
Faccio i rating: giudizi in forma simbolica. Ci sono fondi d’investimento che lavorano solo sopra o sotto
investiment rate, sopra detti anche junk bond: sono fondi specializzati dal B- in giù, puntando a rendimenti alti.
Devo anche pensare quanto costerò il debito di Safilo nel lungo periodo, aggiungendoci un certo spread.
Slide 17: per la classe di rating e per gli anni di maturity mi dice quanto dovrebbe essere lo spread rispetto ai titoli di stato, rispetto al bond US. Questo è il rischio della società + aggiungo il rischio paese.
Son scesi i titoli, ma son calate le prospettive sui flussi di cassa. Per le obbligazioni è aumentato il premio
per il rischio.
Debt to EBITDA
EBTDA su Interest coverage
Il tasso che sconta la probabilità di default si chiama expected default. E’ il tasso di sconto condizionato al
rischio di default.
Oppure posso stimare il beta del debito e costruendo le opzioni
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