La prevenzione psicologica del disturbo post

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Psicologia
MEDICINA
DEL LAVORO
La prevenzione psicologica
del disturbo post-traumatico
da stress in ambito
lavorativo
a possibilità che il disturbo post traumatico
da stress (Post-Traumatic
Stress Disorder, PTDS) possa avere
origine anche in ambito lavorativo è
comprovata ed è di recente acquisizione.
In passato, l’attenzione a questa tipologia di sofferenza psicologica, conseguente ad un evento traumatico e violento
patito da un individuo o da un gruppo
di individui, era relegata fondamentalmente all’ambiente militare e a coloro
che si occupano di servizi di soccorso ed
emergenza medica.
L’orientamento generale è però cambiato dopo che questa sindrome è stata
ufficialmente riconosciuta in ambito
psichiatrico con l’inclusione nel DSMIII (Diagnostic and Statistical Manual
of Mental Disorders): molti studi ne
hanno verificato l’esistenza anche in
altri ambiti lavorativi dove tale patologia era causata da eventi in precedenza
non riconosciuti come potenziali fattori
traumatizzanti.
Essere vittima diretta od indiretta di un
evento traumatico, quali possono essere
un infortunio, un incidente, una rapina
o un’aggressione, ma anche essere esposti a vicende connesse a processi di riorganizzazione aziendale o a “molestie”,
può generare forme di risposta emotiva
patologica invalidanti e prolungate nel
tempo.
Spesso si osserva anche in ambito lavorativo come persone apparentemente
“fragili”riescano ad attraversare indenni eventi traumatici importanti, mentre
persone “solide” si trovino in difficoltà
a superare eventi, che se in termini di
gravità possono apparire meno marcati,
in realtà si rivelano portatori di significati personali o simbolici particolari.
La sottovalutazione di un problema
emotivo può innestare una spirale negativa che, partendo dal disagio psicofisico della persona, coinvolge inevitabilmente l’organizzazione e le relazioni
aziendali in termini di produttività,
assenteismo e contenzioso legale. È
importante comunque ricordare che la
maggior parte delle persone esposte ad
eventi potenzialmente traumatizzanti
manifestano “solo” reazioni emotive
transitorie.
Nonostante esista una consapevolezza
dell’esistenza del problema, i programmi
di prevenzione e di sostegno psicologico
in ambito lavorativo procedono con
molte esitazioni, poiché culturalmente
si è soliti pensare che l’espressione delle
proprie emozioni sia un fattore di debolezza, soprattutto se l’evento riguarda
altri.
duce per via anteriore con un’incisione
cutanea, viene, con la tecnica endoscopica (TAPP), impiantata nella stessa
sede per via posteriore, passando grazie
a tre piccoli fori attraverso la cavità ad-
L
- interventi di consulenza e di supporto
psicologico individuale, quale strumento terapeutico breve da attivarsi nei
momenti successivi all’evento potenzialmente traumatico e finalizzato a favorire
un rapido ed adeguato riadattamento
emotivo della persona.
I programmi del CDI per le Aziende
Il Centro Diagnostico Italiano, attraverso il servizio di Medicina del Lavoro,
è da tempo impegnato a proporre alle
Aziende clienti una gamma di interventi
psicologici clinico-specialistici, modellati sulla base delle specifiche esigenze
aziendali, aventi come finalità quella
di prevenire l’insorgenza del Disturbo
PostTraumatico da Stress nella persona.
Questi interventi si esplicano in:
- programmi di formazione psicologica e
di preparazione anticipatoria del personale aziendale alla gestione delle potenziali situazioni di rischio e di emergenza
(es. rapina);
- interventi di prima assistenza psicologica individuale e di gruppo (debriefing
post-traumatico) da compiersi esclusivamente nei momenti immediatamente
successivi al verificarsi dell’evento traumatico (infortunio, rapina, aggressione,
incidente stradale, disastro ambientale);
dominale, dopo aver ricavato una tasca
di contenimento nella membrana peritoneale.
Al termine della procedura, la protesi
viene fissata profondamente alla parete
addominale con piccole agraffes metalliche
(fig.2) o ad essa incollata
grazie a potenti adesivi
biologici.
Con una variante tecnica
di maggior complessità
(TEP), è possibile ottenere lo stesso risultato
senza penetrare nell’addome, ma ricavando
una via d’accesso all’inguine, scollando
muscoli e fasce.
La letteratura internazionale continua
a ritenere l’intervento di Lichtestein il
gold standard nel trattamento dell’ernia
inguinale: la procedura può essere eseguita in anestesia locale in regime ambulatoriale. Le complicanze sono assai modeste per incidenza e tipologia, per lo più
legate non al gesto chirurgico, ma alle
condizioni generali del paziente; inoltre, last but not least, il costo economico
dell’intervento è decisamente contenuto.
D’altro canto, anche la chirurgia endoscopica ha conquistato un ruolo ben definito nel panorama del chirurgo ernio-
logo. La necessità di anestesia generale e
la durata dell’intervento, legata alla sua
maggior difficoltà tecnica, sono controbilanciate da un dolore postoperatorio
assai modesto, cui consegue un più veloce recupero delle normali attività.
Inoltre, l’ernioplastica laparoscopica
appare particolarmente indicata nel
trattamento dell’ernia inguinale recidiva, permettendo di raggiungere la
regione inguinale per via posteriore,
evitando incisioni in tessuti sclerocicatriziali, alterati da precedenti gesti
chirurgici.
L’ernia bilaterale, infine, con tale metodica può essere utilmente aggredita
Dr. Dario Capelli
Psicologo e Psicoterapeuta CDI
Dr. Plinio Amendola
Medico del Lavoro CDI
Dr. Valerio Fonte
Medico del Lavoro CDI
attraverso il medesimo accesso, permettendo, soprattutto ai pazienti più giovani, di riprendere rapidamente anche
un’attività sportiva particolarmente
intensa.
Dott. Federico Callioni
Medico Chirurgo, Coordinatore Hernia
Center CDI
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