Economia e Politica agroalimentare

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Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze E Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria
Facoltà di Agraria
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze e Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Dispensa di Consumo etico e Consumo critico
Dott. Marco Strazzulla
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze E Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Consumo etico e Consumo critico
Il "critical shopping", ossia il consumo critico, fenomeno socioeconomico emergente, è una forma
di commercio che si è cominciato a studiare di recente (l'espressione "consumo critico" nasce a
metà degli Anni Novanta in Danimarca) ed a cui si stanno interessando nel mondo esperti di diverse
discipline, dagli economisti ai politologi, dai conoscitori del marketing a chi si occupa di storia
delle idee. Per consumo critico e consumo etico si intende la pratica di organizzare le proprie
abitudini di acquisto in modo da accordare una preferenza ai prodotti che posseggono determinati
requisiti di qualità, differenti da quelli comunemente riconosciuti dal consumatore medio. Alla base
del consumo etico e del consumo critico c’è quindi una riflessione che va oltre semplici
considerazioni di gusto e convenienza: ragioni di tipo sociale, etico e politico possono influenzare la
scelta di un prodotto ed anche del punto di vendita in cui effettuare l'acquisto. Fattori determinanti
una scelta “critica” possono essere:
•
le modalità di produzione, come ad esempio la sostenibilità ambientale del processo
produttivo;
•
l'eticità del trattamento dei lavoratori e il rispetto dei diritti umani;
•
l’aspetto salutistico;
•
conoscere la storia dei prodotti stessi;
•
le caratteristiche delle attività e il comportamento dell'azienda produttrice.
Acquistare un prodotto, insomma, comporta non solo semplici considerazioni economiche, come il
rapporto qualità/prezzo, ma anche una preoccupazione del consumatore sempre maggiore sulle
condizioni sociali nelle quali vengono prodotti certi beni. La pratica del consumo etico e del
consumo critico esige una forma di impegno dei cittadini nella vita politica, ma che va distinta
comunque dall'adesione ad una specifica campagna di boicottaggio, anche se ovviamente vi può
coesistere, in quanto è un atteggiamento che ha motivazioni e conseguenze più generali. Questo
grazie al fatto che oggigiorno è il consumatore che possiede il potere di acquisto. In un mercato che
produce qualsiasi cosa venga richiesta secondo le leggi della domanda e dell’offerta, è posta nelle
mani del consumatore un potere enorme: il potere di consumare, ovvero la capacità di influenzare
attraverso la domanda l’offerta del mercato e di conseguenza i comportamenti e le scelte aziendali.
Questo potere è spesso ignorato o sottovalutato dal consumatore stesso, abituati ad un sistema
economico delle nostre società moderne che ci ha abituato ad acquistare, usare e sfruttare i beni di
consumo senza educare all'acquisto e insegnare come questi beni vengono prodotti, da chi, in quali
condizioni di lavoro, con quali risorse. Ma il consumatore, attraverso le sue scelte, non fa altro che
mandare messaggi al mercato, e di conseguenza può premiare quelle aziende che seguono
determinati principi. Questo è il principio di base del consumo critico: scegliere accuratamente ogni
prodotto che viene consumato in modo da premiare le imprese che si comportano in maniera
virtuosa e punire quelle il cui operato economico/produttivo viola i principi etici.
Dispensa di Consumo etico e Consumo critico
Dott. Marco Strazzulla
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze E Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Ma il consumo critico non fa riferimento solo agli acquisti di beni materiali: il termine può
riguardare anche scelte inerenti al risparmio (finanza etica) e all'uso di servizi, come i trasporti o le
telecomunicazioni, con tutto ciò che ne consegue. La globalizzazione, infatti, ha reso possibili
modalità inedite di associazione tra individui, rendendo più difficile alle aziende occultare le
politiche relative ai propri processi produttivi. Campagne per la certificazione dei prodotti e la
sensibilizzazione dell'opinione pubblica hanno costretto le imprese a rendere esplicite queste
politiche. Internet ha facilitato e accelerato il processo, ma anche mezzi più tradizionali (dai libri
alle campagne di boicottaggio) hanno incoraggiato alcune multinazionali a sviluppare codici di
condotta in grado di recepire le sempre più diffuse preoccupazioni sociali, etiche e ambientali.
Dall’interazione sinergica delle azioni svolte nei rispettivi campi (produzione, regolamentazione,
distribuzione di servizi, controllo consapevole) può venire un nuovo modello di consumo
sostenibile, che riesca a rafforzare coesione e benessere sociale in risposta a limiti ambientali e
sociali.
Sulla spinta di questa forte tensione dei consumatori verso l’etica, l’ecologia ed il rispetto delle
“norme sociali”, molte imprese quindi stanno mutando i loro comportamenti e non possono più
pensare di attuare politiche contrarie a questi principi senza una reazione da parte dei consumatori,
o di almeno una parte di loro, che così rivendicano il ruolo centrale della domanda (o dell’acquisto)
nell’economia. L’esperienza dimostra che è possibile introdurre nelle imprese comportamenti
positivi come l’adozione di codici di condotta o di accordi sindacali a tutela dei lavoratori al fine di
una rivalutazione generale del senso della qualità della vita, dalla tutela dell’ambiente, dalla cura
delle relazioni sociali e dalla difesa dei beni comuni. Il tentativo è quello di proporre un’economia
che, partendo dai bisogni primari insoddisfatti di una larga fetta della popolazione mondiale e dalla
presa di coscienza del potere reale dei nostri gesti quotidiani, si impegni a promuovere
comportamenti e scelte a difesa del bene comune, dell’ambiente, della democrazia economica e
della dignità umana.
Una forma particolare di commercio etico è quello legate ai beni e le terre confiscate alla mafia. La
legge n. 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie prevede l'assegnazione dei
patrimoni e delle ricchezze di provenienza illecita a quei soggetti - associazioni (come Libera),
cooperative, Comuni, Province e Regioni - in grado di restituirli alla cittadinanza, tramite servizi,
attività di promozione sociale e lavoro. Il lavoro sui terreni confiscati ha portato alla produzione di
olio, vino, pasta, taralli, legumi, conserve alimentari e altri prodotti biologici realizzati dalle
cooperative di giovani in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio e contrassegnati dal marchio
di qualità e legalità Libera Terra. Ogni anno su questi terreni si svolgono i campi di volontariato
internazionale con giovani provenienti da ogni parte del mondo. In quest’ambito si inserisce anche
il cosiddetto “turismo responsabile”, in cui le associazioni che si occupano di diritti umani, natura e
consumo critico offrono a studenti e insegnanti veri e propri cataloghi con proposte di viaggio
innovative, come visitare cooperative sociali che lavorano le terre confiscate ai mafiosi e incontrare
le associazioni che lottano per la legalità.
Commercio equo e solidale
Dispensa di Consumo etico e Consumo critico
Dott. Marco Strazzulla
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze E Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Il Commercio Equo e Solidale è un approccio alternativo al commercio convenzionale: il suo scopo
è promuovere giustizia sociale ed economica e sviluppo sostenibile attraverso il commercio, la
formazione, la cultura, l'azione politica. Il Commercio Equo e Solidale vuole riequilibrare i rapporti
con i Paesi economicamente meno sviluppati, migliorando l'accesso al mercato e le condizioni di
vita dei produttori svantaggiati. I principi su cui si basa sono:
•
il divieto del lavoro minorile e la piena dignità del lavoro (ambiente di lavoro
salubre, assenza di discriminazioni per le donne o per disabili);
•
impiego di materie prime rinnovabili;
•
spese per la formazione/scuola nelle comunità dei produttori;
•
cooperazione tra produttori;
•
creazione per quanto possibile di un mercato interno dei beni prodotti;
•
sostegno alla propria comunità e democrazia del processo di lavoro (tutti i prodotti
provengono da comunità o cooperative con una reale partecipazione di tutti alle
decisioni);
•
la sostenibilità ambientale (lavorazioni non inquinanti, metodi naturali, agricoltura
biologica);
•
un prezzo equo (per consentire ai lavoratori ed alle loro famiglie il soddisfacimento
dei bisogni primari) e trasparenza (piena informazione al consumatore sulla
composizione del prezzo).
Uno degli aspetti più importanti del commercio equo è poi il prezzo trasparente: il consumatore cioè
viene informato dell'incidenza di ogni voce sul prezzo finale che lui pagherà (prezzo pagato ai
produttori, spese di trasporto interno e internazionale, costi legati alla trasformazione del prodotto
grezzo, costi legati all'attività dell'importatore e del dettagliante, tasse, imposte e soprattutto dazi
doganali imposti dai paesi importatori). In questo senso il commercio equo si contrappone alle
pratiche di commercio basate sullo sfruttamento che si ritiene spesso applicate dalle aziende
multinazionali che agiscono esclusivamente in ottica della massimizzazione del profitto. In questo
modo si mette in evidenza il fatto che aumentare il prezzo pagato direttamente ai produttori non
incide se non in misura marginale sul prezzo pagato dal consumatore; inoltre si sensibilizza il
consumatore sulle regole del commercio internazionale e in particolare sui dazi, misure imposte dai
paesi consumatori per proteggere il loro mercato a scapito delle economie svantaggiate.
Il commercio equo-solidale interviene creando canali commerciali alternativi (ma economicamente
sostenibili) a quelli dominanti, al fine di offrire degli sbocchi commerciali a condizioni ritenute più
sostenibili per coloro che producono. Vengono stipulati accordi diretti (senza quindi intermediari
commerciali) con i piccoli produttori, altrimenti emarginati dalle grandi corporazioni. Intorno a
queste produzioni nascono cooperative dove i lavoratori partecipano realmente alle decisioni prese
ed hanno salari sottoposti a costante controllo (per evitare oscillazioni speculative) e le condizioni
di lavoro rispettano i diritti dei lavoratori stabiliti dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Dispensa di Consumo etico e Consumo critico
Dott. Marco Strazzulla
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Prof: Agata Nicolosi
All'inizio della catena, peraltro estremamente corta, del commercio equo si trovano come ovvio le
comunità dei produttori locali.
Un ruolo importantissimo all'interno della catena produttiva del Commercio Equo e Solidale è
rappresentato dalle Centrali di Importazione (o anche dette Alternative Trade Organizations).
Queste organizzazioni si occupano, come dice il nome stesso, di far sì che i prodotti realizzati dai
produttori possano arrivare ai vari mercati, siano essi rappresentati direttamente dai venditori al
dettaglio o dalla grande distribuzione. L'importanza della catena di distribuzione non risiede
soltanto nel trovare questi sbocchi economici, ma anche nel crearli e nell'incentivarli presso i
governi nazionali e presso le istituzioni internazionali.
Vengono inoltre privilegiate e promosse produzioni biologiche e l'utilizzo di materiali riciclabili.
Oltre a questo vengono organizzati e gestiti i processi produttivi in modo che l'impatto ambientale
sia il minore possibile.
I gruppi di acquisto solidali (GAS)
Sono semplici gruppi di persone che scelgono un modo alternativo per fare la spesa acquistando i
prodotti, prevalentemente alimentari, direttamente dalle aziende produttrici; si fa un unico ordine e
poi ci si incontra per ridistribuire gli acquisti fatti. Alla base della scelta di costituire un GAS c’è
una critica verso il modello di consumo e di economia globale e la ricerca di un’alternativa
concreta, praticabile e condivisibile. Le specificità dei GAS sono quindi quelle di basarsi sui
principi della partecipazione attiva e della solidarietà, attraverso il consumo consapevole
(conoscenza diretta produttori), il consumo responsabile (privilegiando le produzioni biologiche) e
la socializzazione (anche politica).
Il vantaggio, è quello di ottenere dei prezzi più convenienti (tagliando sulle intermediazioni), ma
soprattutto quello di poter conoscere completamente la storia del prodotto, andando a visitare le
aziende e instaurando con i produttori un rapporto di conoscenza diretta, scegliendo produttori
locali per limitare l’inquinamento e il consumo di energia che spesso accompagna il viaggio dei
prodotti che troviamo nei negozi tradizionali, preferendo prodotti di agricoltura biologica, solidali o
eco-compatibili.
Le cooperative sociali
Sono imprese no profit che svolgono attività di natura sociale e cioè forniscono beni e servizi al fine
di realizzare l’interesse della collettività. Le cooperative sociali di tipo A forniscono servizi socio
sanitari ed educativi di varia natura: dall’assistenza domiciliare agli anziani, alla gestione di case
famiglia o di centri di educazione alla mondialità; le cooperative sociali di tipo B nascono per
inserire nel mondo lavorativo chi per vari motivi (spesso per discriminazione o luoghi comuni)
rimangono in posizione marginale rispetto al mercato del lavoro tradizionale: invalidi, ex detenuti o
tossicodipendenti, ex degenti di istituti psichiatrici.
Dispensa di Consumo etico e Consumo critico
Dott. Marco Strazzulla
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