I NUOVI CRITICI I NUOVI CRITICI La collana intende ospitare le opere di critici esordienti, non accademici, che si esercitano quotidianamente nella lettura di opere letterarie e poetiche sia italiane che straniere, nell’analisi cinematografica di film noti e meno noti, nell’interpretazione delle opere d’arte del presente e del passato, nell’attenta fruizione di opere teatrali sia sperimentali che classiche. Una critica di chi legge, interpreta e decifra giorno dopo giorno, con gli occhi ben aperti sul mondo. Edvige Gioia Il mito di Dracula Dall’oscurità delle origini, ai meandri dell’inconscio, al buio della sala cinematografica Prefazione di Gennaro Mercogliano Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: dicembre A mio padre Indice Prefazione Introduzione Capitolo I Le origini Capitolo II Vampirismo, antropologia e religione Capitolo III Vampirismo e psicoanalisi Capitolo IV Vampirismo e letteratura Capitolo V Vampirismo e cinema Capitolo VI L’analisi dei film .. Nosferatu di Murnau, – .. Nosferatu, il principe della notte di Werner Herzog, – .. Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott, – .. Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola, – .. Intervista col Vampiro di Neil Jordan, – .. The addiction di Abel Ferrara, . Indice Capitolo VII Conclusioni Bibliografia Prefazione Gli amanti del genere horror-vampirico, ma anche i letterati in senso lato, avranno di che compiacersi di quest’ultima, recente fatica di Edvige Gioia, che ha già al suo attivo due ottimi saggi, uno su Luis Buñuel e l’altro su Anna Karenina di Tolstoj che hanno destato, e non poco, l’attenzione del mondo letterario, sia accademico che militante, ponendola su un piano ben distinto in altezza nel variegato firmamento degli autori emergenti. Tra l’altro risulta impressionante il ritmo di lavoro della scrittrice, capace di produrre, senza soluzione di continuità, tre opere importanti in quasi due anni, caratterizzate da un impegno culturale che dalla letteratura slarga sul cinema e su materie di pertinenza psicologica e antropologica, ricondotte costantemente ad un unicum storico-critico di notevole interesse, in grado di innovare e provocare al contempo. Con il solito stile forbito, fluido e riconoscibile, Edvige Gioia affronta questa volta un argomento particolare, che esula dalla classicità letteraria, quello del Vampirismo, ma lo fa sempre con grande passione e con competenza, con l’intento di dimostrare che, nonostante l’opinione comune tenda a classificare il fenomeno come un fatto esclusivamente di genere e di tipo commerciale, in realtà il mito del vampiro risulta essere profondamente connesso con l’antropologia, la religione, la psicanalisi, la letteratura e il cinema. Certo appare azzardato passare da Tolstoj e dall’analisi di Anna Karénina a Dracula, ma l’autrice compie Prefazione questo passaggio con consapevolezza e convinzione, seguendo il suo percorso personale e cercando, attraverso la scrittura, di esorcizzare antichi fantasmi interiori, oppure, forse per un suo particolare divertissement. Il mito di Dracula è sì dunque un rinnovato bagno, non certo ristoratore, nelle acque non nitide e non tranquille della fertile immaginazione d’una donna che sente anche di muoversi sull’onda di un trauma infantile, ma è anche il frutto maturo di una studiosa agguerrita che sa di dover dire la sua, come sempre, in un qualsivoglia sterminato campo della letteratura e su problematiche pluridisciplinari di vibrante attualità. Il percorso che l’autrice compie va dalle origini del fenomeno, accuratamente documentate (vengono citati i maestri del genere, come Montague Sammers, Massimo Introvigne, Carla Corradi Musi, Jean Claude Aguerre), ai rapporti tra vampirismo e antropologia, che evidenziano la presenza di uno sostrato folklorico arcaico nel quale esisteva la credenza nel ritorno possibile dei morti, in un universo in cui i morti non morivano ma passavano ad uno “stato altro”. Con competenza e utilizzando citazioni importanti come quelle di Barber e di Freud, l’autrice evidenzia lo stato di “liminarità” del vampiro, figura errante e inquieta, destinata a non trovare pace, se non assumendo il sangue altrui. E proprio sulla simbologia del sangue viene effettuato un confronto, azzardato ma interessante, tra vampirismo e Cristianesimo. Viene infatti esaminata la funzione centrale che il sangue e il corpo di Cristo hanno nel sacramento dell’Eucaristia, così come viene esaminata la funzione particolare che il sangue ha nella sopravvivenza del non- morto, del revenant, con la citazione, tra gli altri, di Domenico Cammarota, importante figura di studioso del fenomeno. Viene inoltre esaminata l’origine folklorica di tutti gli altri elementi che compongono il mito del vam- Prefazione piro, come il contagio, la croce, l’ostia, il fuoco, l’aglio, il paletto di frassino, il grande potere di seduzione, molto simile al fenomeno del cosiddetto ”affascino” di cui parla Ernesto De Martino in Sud e Magia. Particolarmente interessante è il capitolo “Vampirismo e Psicanalisi”, nel quale, attraverso riferimenti bibliografici fondamentali, (Freud, Rank, Jones), l’autrice affronta i concetti psicanalitici del Doppio e del Perturbante. Il primo nasce, scrive l’autrice, come smentita del potere della morte: l’uomo infatti, espellendo da sé la morte e proiettandola nella figura del Doppio, ottiene di essere rassicurato sulla sua sopravvivenza, ma paga questa sicurezza con l’angoscia dell’incontro con il proprio Doppio, uno spaventoso fantasma che rappresenta i desideri repressi dell’inconscio e che perturba fortemente il suo Io. Proprio nella figura del vampiro le forze della pulsione, con il desiderio di immortalità e della rimozione, con la paura dei morti, trovano l’occasione di articolarsi e individuano un compromesso nella figura del revenant, il morto che ritorna, con la sua prospettiva perversa di vita eterna. Il vampiro si pone così come una figura caratterizzata dal narcisismo onnipotente e come un essere che vuole distruggere la propria vittima con l’intento di allontanare da sé la pulsione di morte. Il ritorno dei morti sotto forma di vampiri va quindi considerato psicanaliticamente, sostiene l’autrice, come una rappresentazione di tutto ciò che è stato rimosso, attraverso la figurazione del Perturbante che si concretizza nell’immagine oggettiva del vampiro. Nel capitolo “Vampirismo e Letteratura”, viene descritta la nascita del vampiro letterario, con il passaggio dal folklore alla letteratura romantica e gotica, attraverso l’analisi critica, tra le tante, delle opere di Polidori, Le Fanu, Stoker. Particolare attenzione viene dedicata al romanzo di Bram Stoker, Dracula, diventato Prefazione famosissimo e che ha rappresentato, attraverso la figura del Conte Dracula, il vampiro per antonomasia. L’excursus letterario è affrontato nella sua dimensione diacronica, partendo da Polidori, fino ad arrivare a Matheson e alla Rice, rappresentando nel tempo l’evoluzione della figura del vampiro, da dandy pallido ed elegantissimo, a conte transilvano, ad essere superiore e seducente come nei romanzi della Rice, fino al vampiro metropolitano. Viene anche trattato il tema della donna-vampiro, attraverso l’analisi del romanzo Carmilla di Sheridan Le Fanu, uno dei più bei romanzi dell’Ottocento che ha per protagonista una donna-vampiro. Ma la parte più interessante e innovativa del saggio la troviamo nel capitolo “Vampirismo e Cinema”, che occupa la metà del libro, dove l’autrice evidenzia il suo amore per questa forma d’arte. Fin dai suoi esordi il cinema infatti si è ispirato alla figura di Dracula e al mito del vampirismo e l’autrice si cimenta con successo in una breve ma accurata storia del cinema di genere vampirico, a partire dall’Espressionismo tedesco fino ad arrivare ai nostri giorni, analizzando poi, con metodo pluridisciplinare, sei film: Dracula di Murnau, Nosferatu, il principe della notte, di Herzog, Miriam si sveglia a mezzanotte di Scott, Bram Stoker’s Dracula di Coppola, Intervista col vampiro di Jordan, e infine The Addiction di Ferrara. Si tratta di un’analisi approfondita che spazia da quella più squisitamente filmica, a quella socio- politica, a quella psicologica, a quella psicoanalitica. I film vengono resi, dalla fine sensibilità e dalla indubbia capacità descrittiva dell’autrice, immediatamente leggibili, come se stessimo assistendo alla loro proiezione, tanti sono i particolari forniti e tante le sensazioni ed emozioni che riescono a suscitare. Nell’analisi dei film, l’autrice non si limita trasmettere il suo punto di vista, ma cita un’ampia bibliografia (Arecco, Serpieri, Teti, Albano, Prefazione Leonforte, Fantoni Minnella, Giovannini, ecc) sull’argomento. In questo capitolo, il più impegnativo, la scrittrice dà nuovamente conto della propria intemerata passione per il cinema come veicolo delle idee e del dibattito critico, all’interno del quale essa stessa sa convenientemente collocarsi con una sua visione originale, fervida di moderno sentire, quasi sentimentalmente rivendicativa di una passione e di una posizione intellettuale di segno metarazionale che però non esclude l’intento socio-politico. Tale impostazione rientra nel metodo di lavoro della scrittrice ed è precisato nella prefazione oltre che asseverato nella conclusione, laddove vengono proposti e offerti spunti di ulteriori analisi che, lasciando aperto il problema, trovano la maniera di entrare simpaticamente in polemica con Voltaire, il campione del razionalismo occidentale, che aveva etichettato la figura del vampiro come il prodotto della superstizione e dell’ignoranza. Edvige Gioia realizza così un lavoro di singolare interesse pluridisciplinare, strutturato con sapienza e passione nei diversi ambiti esplorati, dimostrando di saper approfondire un argomento che tocca da molto vicino i temi eterni dell’umanità, come il significato della vita, la paura della morte, la sessualità, la difficoltà dell’esistenza, il desiderio di immortalità, visti attraverso il mito del vampiro, personaggio romantico e inquietante che continua ad affascinarci e a sedurci perché sfugge ad interpretazioni meramente razionali e arriva a coinvolgere profondamente il nostro inconscio. G M Introduzione Il vampirismo appartiene a quel mondo mitico in cui le paure primordiali dell’uomo si condensano e trovano una forma, un modo per esprimersi, andandosi ad oggettivare anche in creature razionalmente improbabili. L’immagine del vampiro infatti, ha vinto una delle paure più grandi e ataviche dell’uomo, la paura della morte, perché il termine vampiro si riferisce ad un uomo morto che torna in vita bevendo il sangue dei viventi e ha superato così limiti temporali e geografici, diffondendosi tra gli uomini consci che il male, comunque vogliamo intenderlo, ha sempre un volto. E, in effetti, il vampiro ha realmente conosciuto l’immortalità, grazie al suo mito giunto fino a noi tramite la letteratura e il cinema, e anche perché il vampiro, nelle sue varie forme che dai miti della classicità giungono al folklore, è sempre riuscito a riemergere dal suo mondo oscuro grazie alla complicità dell’inconscio e con il potere dell’incubo che simbolicamente coagula nella sua figura le ansie e le paure dell’uomo. Il mito del vampiro, così come lo aveva tramandato Bram Stoker, è diventato eterno, amplificato dal cinema, dalla televisione e dai fumetti, e si è adattato alle varie epoche, modificandosi solo in parte per adeguarsi ai tempi, ma mantenendo costanti le proprie ataviche caratteristiche. Il male spesso viene riferito alla notte, al buio che offre rifugio alle creature più strane, angosciose ed improbabili che vengono esiliate dal dominio del giorno e della luce: parlare di vampiri dunque, significa soprattutto parlare Introduzione delle nostre paure più nascoste, dei nostri sensi di colpa, della nostra fragilità di esseri umani che devono affrontare la dura esperienza del vivere e del morire. Non c’è alcun dubbio che la figura del vampiro sia oggi una delle più note e sfruttate commercialmente della cultura di massa occidentale, il suo fascino contagia tutti i luoghi della cultura: letteratura, teatro, cinema, pubblicità, fumetti, videogiochi, con una capacità polisemica particolare, perché non si riferisce solo all’arte e agli spazi ludici, ma entra nella vita reale, nella quotidianità degli uomini, permea il loro inconscio e i loro incubi. Proprio quest’aspetto del vampirismo ha sollecitato la mia attenzione, spingendomi ad intraprendere un percorso di ricerca sul fenomeno, nel quale mi sono sentita coinvolta in prima persona fin dall’infanzia: mi è capitato infatti di assistere da bambina alla proiezione del film “Dracula il vampiro” del ’, interpretato dall’attore Cristopher Lee, accompagnata da uno sprovveduto genitore che condivideva con me l’amore per il cinema. Ricordo ancora oggi in modo estremamente vivido che ero contemporaneamente attratta e terrorizzata dalla storia e dalle immagini che ho guardato spesso attraverso il filtro delle dita della mano con cui cercavo di proteggermi dalla visione delle parti più cruente e angosciose del film. Ogni tanto mi rivolgevo a mio padre che assisteva impassibile alla proiezione e non si accorgeva del dramma che stavo vivendo, chiedendogli se la scena particolarmente paurosa era terminata. Inutile dire che quella notte non sono riuscita a dormire e che anche nelle notti successive ritornavano, senza che io le richiamassi coscientemente, le immagini del film. La cosa più strana è che, dopo aver ammortizzato ed elaborato l’impatto del film, e quindi non solo da bambina ma anche da grande, il vampiro è tornato spesso a popolare i miei sogni, o meglio incubi, Introduzione cambiando nel tempo modalità e aspetti della drammatizzazione onirica, ma sostanzialmente coagulando tutte le mie paure sia di bambina che di adulta. Successivamente all’episodio narrato, ho letto il romanzo di Bram Stoker più volte e tutti i libri che trovavo sull’argomento, sviluppando così un fortissimo interesse per il Vampirismo che mi ha portato a progettare questo saggio, con l’intenzione di conoscere e approfondire un fenomeno solo apparentemente semplice e commerciale, ma in realtà profondamente connesso con l’antropologia, la religione, la letteratura, la psicanalisi e il cinema. Relativamente alla credenza nel vampiro, esistono varie ipotesi: la prima, l’ipotesi dell’origine universale o preistorica, è sostenuta da Montague Summers, celebre vampirologo, nel suo libro “The Vampire: His Kith and Kin”, scritto nel . Summers sostiene che è proprio la paura dei morti che fornisce prove chiare a supporto della teoria. Poiché la morte ha avuto inizio con la vita, fin dalla notte dei tempi gli uomini si sono trovati di fronte all’ignoto, alla paura della morte, e da ciò sono nate varie credenze e vari metodi di sepoltura. Se andassimo a studiare popolazioni ancora oggi integre nelle loro credenze originali, come alcune tribù africane, troveremmo tracce di rituali o di tradizioni legate al concetto di vampirismo. D’altronde, come sostiene Massimo Introvigne, la paura del ritorno dei morti è antichissima e si accompagna spesso a pratiche, come il colpire al cuore i cadaveri con un paletto appuntito, che diventeranno più tardi parte integrante del mito del vampiro. L’autore tuttavia dichiara di essere . A. M. Summers, The Vampire: His Kith and Kin, Forgotten Books, Amazon.com, . M. Introvigne, La stirpe di Dracula, Indagine sul Vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Oscar Saggi Mondadori, Milano , pag. Introduzione interessato ad un particolare tipo di vampiro, quello che potremmo definire classico moderno e che presenta precise caratteristiche: deve cioè essere ritornato in vita con il suo corpo e deve nutrirsi di sangue. Secondo un’altra ipotesi che è quella dell’origine sciamanica, la presenza del vampiro nasce in un preciso ambiente religioso–culturale, che è quello dello sciamanesimo, diffuso in un’area geografica molto ampia, che va dal mondo celtico alla Siberia, dall’America del nord (presso i nativi), alla Germania pre–cristiana, alla Scandinavia e all’Europa orientale. Nel mondo sciamanico infatti, il collegamento tra il mondo dei morti e quello dei vivi non aveva soluzioni di continuità: l’aldilà era un mondo parallelo e rovesciato, opposto ma complementare a quello dei viventi, spesso posto oltre un fiume che poteva essere oltrepassato solo al termine di un percorso iniziatico. Per Carla Corradi Musi, docente di filologia ugrofinnica presso l’Università di Bologna, il vampiro, nell’area sciamanica, nella sua particolare condizione di “non vivo” ma anche di “non morto”, rappresenta una figura trasgressiva, in quanto, non potendosi reincarnare, ostacola il collegamento tra il mondo umano e quello ultraterreno. Questa figura si pone in netta contrapposizione con quella dello sciamano, anche lui ponte tra il mondo dei morti e quello dei vivi, ma che, al contrario del vampiro, agisce per mantenere l’ordine prestabilito. Un’altra ipotesi ancora è quella dell’origine orientale del vampiro, che fa risalire questa figura ad aree geografiche come la Malesia, l’India, la Cina dove nel tempo sono stati segnalati personaggi simili al vampiro. Si tratta quasi sempre di spiriti di morti particolari, o di morte violenta oppure persone che in vita erano dementi o deformi; questi . C. Corradi Musi, Sciamanesimo in Eurasia, Dal mito alla tradizione, Casa Editrice Aracne, collana AIO, Roma Introduzione possono mutarsi in pipistrelli e possono entrare nel corpo dei viventi possedendoli e trasformandoli in assassini antropofagi. Anche se poco credibile, questa ipotesi ci testimonia l’esistenza di forme di vampirismo in varie parti del mondo. La congettura dell’origine europea antica o medioevale, fa risalire il vampiro all’ambiente culturale greco–romano oppure al periodo medioevale in Transilvania (terra oltre la foresta), che è ricchissima di leggende alimentate dal mistero che circonda il personaggio di Dracula, il celebre Vlad Tepes, che si distinse nella guerra contro i Turchi. Fu costui un personaggio storico leggendario, un eroe nazionale, ma anche un uomo molto sanguinario; era infatti chiamato l’Impalatore per la sua abitudine di impalare i nemici. Lo stesso nome Dracula può avere vari significati: drakul può significare drago ma anche diavolo e Dracula quindi potrebbe essere il figlio del drago o del diavolo. Non a caso Vlad, il grande condottiero, era membro dell’Ordine del Dragone, un ordine del Sacro Romano Impero che riuniva tutti i più valorosi guerrieri che lottavano contro gli infedeli. Figura . Vlad Tepes, detto l’Impalatore Introduzione Non c’è dubbio, sostiene Introvigne , sul fatto che il vampiro così come oggi lo conosciamo sia apparso in modo culturalmente significativo per la prima volta con tutte le sue caratteristiche nell’Europa orientale. L’area comprende la Polonia, la Romania, la Prussia, la Slesia, la Slovenia, l’Istria, la Croazia, la Serbia, l’Albania e la Bulgaria. La teoria dell’origine moderna del vampiro, inquadra la sua nascita nel periodo dell’Illuminismo, il secolo dei Lumi che, affermando il potere della ragione e della scienza positiva, toglieva però agli uomini ogni forma di spiritualità e di immortalità che prima la religione garantiva: potrebbe essere stato questo il motivo per cui gli uomini avrebbero plasmato la figura del vampiro, cioè di colui che vince la morte con il suo corpo che non si deteriora, ma si alimenta con il sangue di altri uomini. Il Settecento, secondo Jean Claude Aguerre , il principale sostenitore di questa teoria, vede il ritorno in forza dei corpi, perché l’anima, se esiste, è considerata come una parte del corpo che un giorno qualche abile chirurgo riuscirà ad estrarre. Nel secolo dei lumi, quindi, privato della spiritualità, il vampiro si offre come un rifugio. Secondo Fabio Giovannini , la cultura di fine secolo è la cultura del vampiro, perché rappresenta un periodo di transizione: il vampiro, infatti, restando al confine tra morte e vita, rappresenta “metaforicamente” questa transizione storica che non ha portato alle grandi trasformazioni culturali e sociali tanto attese. Il vampiro è inafferrabile, . M. Introvigne, op. cit., pag. . J.C. Aguerre, Résistance de la chair, destitution dell’âme, in Colloque de Cerisy. Les vampires, Albin Michel, Parigi , pag. . F. Giovannini, Il libro dei vampiri, dal mito di Dracula alla presenza quotidiana, Edizioni Dedalo, Bari Introduzione ma, non essendo un fantasma, è tangibile e, nonostante ciò, riesce a sfuggire grazie alle sue metamorfosi e ai suoi poteri misteriosi. Il vampiro infatti rappresenta l’eterna transizione: dalla vita non passa completamente alla morte, ma alla non–morte, uno stadio indefinibile e oscuro; il vampiro è ambiguo, proviene dalla morte, esce dalle bare, e, dell’immagine che l’umanità ha dato alla morte, mantiene sia quella orrenda dell’angoscia cristiana, sia la bellezza serena della morte parente del sonno, eternata nei monumenti funebri dei greci. Il vampiro uccide, ma non è un assassino; l’assassino infatti porta la vittima ad una condizione “altra”, la morte, mentre lui rimane vivo. Al contrario il vampiro è un non–morto che fa diventare non–morti e vampiri coloro che aggredisce. Le sue vittime non sono degli automi, degli zombi, ma diventano vampiri a pieno titolo, in completa parità con il loro carnefice. Il vampiro può essere considerato psicoanaliticamente perché, come insegna un discepolo di Freud, Ernest Jones che al vampiro ha dedicato un affascinante studio, egli si muove nei territori dell’incubo e dei desideri sessuali rimossi. Per questo è pericoloso e trasgressivo. Si installa dove c’è la frustrazione sessuale, dove c’è il concetto di colpa e di peccato, dove l’erotismo è ancora tabù. Il vampiro ipnotizza le creature fragili, le seduce e insieme le terrorizza, ma spesso il terrore anticipa il vero e proprio atto vampirico, il morso; passato il terrore, sopravviene il piacere, anzi una vera e propria estasi. Con la pratica simbolica dell’atto sessuale, il vampiro raggiunge e regala una forma di immortalità antireligiosa. Dopo questa carrellata veloce sul fenomeno del vampi. E. Jones, On the Nightmare, Pubblicato da Leonard e Virginia Woolf presso la Hogarth Press, London Il mito di Dracula rismo, vorrei esplicitare l’intento di questo saggio: approfondire in tutti i suoi aspetti la conoscenza del fenomeno, partendo dalle sue antiche origini, esaminare poi le sue connessioni con l’antropologia, la letteratura, la religione e la psicanalisi e infine affrontare il rapporto tra vampirismo e cinema, sia in generale, sia attraverso l’analisi di sei film: Nosferatu di Murnau, Nosferatu, il principe della notte, di Werner Herzog, Miriam si sveglia a mezzanotte, di Tony Scott, Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola, Intervista col vampiro di Neil Jordan, tratto dall’omonimo romanzo di Anne Rice e infine The Addiction di Abel Ferrara, per cercare di rappresentare, per grandi linee, l’evoluzione che la figura del vampiro ha avuto nel cinema, dalle origini del cinema muto alla realtà metropolitana del terzo millennio. Capitolo I Le origini Figura .. Classica rappresentazione di un vrykolakas Il vampirismo è un argomento problematico perché richiama alla mente immagini mitiche diverse, non tutte provenienti dallo stesso contesto culturale e storico. Come sostiene Massimo Centini, gli studiosi delle varie discipline non sono ancora d’accordo sulla definizione cronologica e culturale del fenomeno. In sostanza ci si chiede se il mito . M. Centini, Il Vampirismo, Edizioni Xenia Tascabili, Milano , pag.