UNIVERSITA’ DEGLI STUDI” LA SAPIENZA” ROMA DOTTORATO DI RICERCA: “TECNOLOGIE BIOMEDICHE IN MEDICINA CLINICA” Studio genetico del Diabete MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young): approcci diagnostici in fenotipi diversi DIPARTIMENTO SCIENZE CLINICHE UNIVERSITA’ DI ROMA LA SAPIENZA DIPARTIMENTO SCIENZE MEDICHE INTERNISTICHE UNIVERSITA’ DI CAGLIARI DOTTORANDA: Michela Incani TUTOR: Prof. Marco Giorgio Baroni 1 INDICE 1. INTRODUZIONE 2. Il MODY 2.1 Definizione 2.2 Classificazione e prevalenza 2.3 Caratteristiche fenotipiche 2.4 Genetica e meccanismo d’azione enzimatico 2.4.1 Difetti nel gene glucochinasi 2.4.2 Difetti in geni che codificano per fattori di trascrizione 2.5 Caratteristiche cliniche e terapia 2.6 Altre forme di diabete monogenico 2.6.1Diabete associato a disfunzioni del pancreas esocrino 2.6.2 MIDD 2.6.3 PNDM 2.6.4 Sindrome di Wolfram 2.6.5 Anomalie genetiche nel diabete familiare a insorgenza tardiva 2.7 Nuova classificazione del diabete monogenico e criteri di inclusione 2.7.1 Analisi del gene GCK in pazienti con lieve iperglicemia a digiuno 2.7.2 Analisi del gene GCK in pazienti con diabete gestazionale 2.7.3 Analisi del gene HNF-1α 2.7.4 Analisi del gene HNF-4α 2.8 Significato dello screening per il diabete monogenico 3. OBIETTIVI DELLO STUDIO 4. CASISTICA 4.1 Bambini e adolescenti sovrappeso/obesi. 4.1.1 Studi correlati 4.2 Diabete Gestazionale 4.3 Pazienti diabetici 2 5. MATERIALI E METODI 5.1 Genetica 5.1.1 Estrazione del DNA 5.1.2 Disegno dei primers 5.1.3 Amplificazione tramite Polimerasi Chain Reaction (PCR) 5.1.4 Elettroforesi su gel di agarosio 5.1.5 Purificazione dei prodotti PCR 5.1.6 Reazione di sequenziamento ed analisi delle sequenze 5.2 Immunologia 5.2.1 Metodi radioimmunologici (RIA) per determinazione degli autoanticorpi 5.3 Analisi Statistica 6. RISULTATI 6.1 Bambini sovrappeso/obesi 6.1.1 Valutazione delle iperglicemie 6.1.2 Analisi Immunologica 6.1.3 Analisi Genetica: GCK, HNF-1α, HNF-1α 6.1.4 Identificazione di geni responsabili nelle forme non classificabili come MODY: determinazione delle mutazioni nei geni SLC30A8 e KNCJ11 6.1.5 Studi correlati 6.2 Diabete Gestazionale 6.3 Pazienti diabeti 7. CONCLUSIONI 7.1 Bambini obesi sovrappeso 7.1.1 Assetto genetico della popolazione sarda 7.2 Diabete Gestazionale 7.3 Pazienti diabetici 8. BIBLIOGRAFIA APPENDICE I: Elenco Papers APPENDICE II: Elenco Abstract 3 1. Introduzione Il Diabete Mellito rappresenta una patologia di grande significato con una prevalenza crescente e un peso considerevole nella macroeconomia sia dei paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo [1,2]. Con il termine Diabete Mellito si intende un gruppo eterogeneo di malattie ad eziologia multipla, caratterizzato da disturbi nel metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei grassi. Questa patologia può essere considerata come il risultato dell’alterazione nella secrezione e/o nell’azione insulinica con conseguente incremento dei livelli glicemici [3,4]. Le forme principali di diabete comprendono il Diabete Mellito di tipo 1 (T1DM) e di tipo 2 (T2DM). Il T1DM rappresenta un difetto primario della funzione β cellulare mentre il T2DM può essere descritto come una combinazione tra disfunzioni delle β cellule e diminuzione della sensibilità all’insulina (insulino-resistenza). In condizioni fisiologiche normali, esiste una relazione inversa tra la secrezione insulinica e la sensibilità all’insulina; questa relazione identifica l’indice di predisposizione il quale si ritiene diminuisca nella patogenesi del T2DM [5]. In un modello tipico di T1DM invece il diabete rappresenta il punto finale di un determinato processo patofisiologico con la diminuzione della massa funzionale delle β cellule pancreatiche [6] e lo sviluppo di uno stato di insufficienza endocrino-pancreatica. Esiste comunque una chiara fase preclinica con perdita di risposta all’insulina antecedente allo sviluppo delle alterazioni glucidiche [6,7]. Un insufficiente secrezione delle isole di Langerhans rappresenta quindi il punto determinante della patogenesi del diabete di tipo 1 e del tipo 2, che si riflette in termini di deficienza insulinica assoluta o relativa [4]. Inoltre tra gli altri specifici tipi di diabete, due gruppi sono direttamente collegati a disturbi o disfunzioni pancreatiche: i difetti monogenici della funzione β cellulare e le malattie del pancreas esocrino di cui verrà discusso in seguito. Studi su modelli animali, mostrano come il grado di riduzione della massa β cellulare, per necessario ad indurre iperglicemie, varia tra specie diverse. E’ necessaria una pancreatectomia del 90% per indurre iperglicemie nei roditori [8] mentre una riduzione del 50% nella massa delle β cellule, indotta dalla streptozocina, è in 4 grado di produrre iperglicemie nei babbuini [9]. Nei soggetti con T2DM è presente una riduzione della popolazione cellulare stimata tra 0 e 30%, accompagnata da amiloidosi [10] mentre in soggetti con cancro del pancreas la disfunzione endocrina è rappresentata da una minore riduzione della massa cellulare [11]. Il deterioramento funzionale delle cellule e quindi non solo un’assoluta riduzione della massa β cellulare, sembra contribuire allo sviluppo della patologia diabetica [12] rendendo difficile valutare quanta massa β cellulare sia necessaria a contrastare l’iperglicemia. Il diabete di tipo 1 è suddiviso in T1DM immunomediato I.A. e T1DM idiopatico I.B. (ADA 2009). Il primo tipo è caratterizzato da una distruzione autoimmune delle β cellule mentre il secondo non mostra alcuna forma di autoimmunità [13]. In particolare varianti nella regione HLA [14] ma anche varianti nel gene INS che codifica per l’insulina [15], il locus CTLA4 [16], il gene PTPN22 [17], regione del gene IL2RA [18], la regione del gene IFIH1 [19] e probabilmente il gene EIF2AK3 [20] conferiscono suscettibilità genetica al diabete tipo I.A. Un recente lavoro inoltre, mette in evidenza il ruolo importante dell’ambiente nell’evoluzione del diabete tipo I.A [21]. Anche per il diabete di tipo 2 [22,23] la suscettibilità di alcuni geni è stata messa in relazione con la funzione β cellulare e l’azione dell’insulina, evidenziando probabili cause genetiche oltre che ambientali [24]. La lista dei geni le cui varianti potrebbero essere coinvolte nella patogenesi del T2DM è lunga, ma solo pochi tra questi sono stati confermati in coorti numerose. Varianti nei geni PPAR-γ, KCNJ11 [25], IRS1 [26], ADIPOQ [27] sono state riportate come probabile causa di aumentato rischio per T2DM in grado di causare insulino-resistenza e relativo deficit di secrezione insulinica. Studi di questo genere potrebbero portare all’individuazione di geni candidati per le forme poligeniche di diabete di tipo 2, ma anche alla scoperta di altre forme monogeniche di diabete ad esordio precoce EOD (early−onset diabetes) diverse da quelle fino ad oggi descritte, mettendo sempre più in evidenza l’eterogeneità alla base della patogenesi del diabete mellito. Nell’arco degli ultimi anni sono state studiate le cause di molte forme monogeniche di diabete ad esordio precoce EOD (early−onset diabetes). In questo quadro clinico possono essere inseriti il MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young), il MIDD (Maternally Inherited 5 Diabetes and Deafness) e il diabete neonatale. Di queste tre forme monogeniche si discuterà successivamente, portando particolare attenzione alle varie forme del Diabete MODY che rappresenta l’argomento cardine di questo studio. 6 2. Il MODY 2.1 Definizione Il MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young) descritto per la prima volta nel 1974-1975 da Tattersall [28, 29] è la più comune forma di diabete monogenico, clinicamente e geneticamente eterogeneo, con trasmissione autosomica dominante, penetranza completa ed interessamento di almeno 3 generazioni all’interno dello stesso nucleo familiare, tipicamente diagnosticato prima dei 25 anni o comunque in età giovanile, non autoimmune e non insulino-dipendente [30]. 2.2 Classificazione e prevalenza Si stima che il MODY sia responsabile del 2-5% dei casi di diabete [31 ,32, 33] anche se sovente viene impropriamente classificato come diabete di tipo 1 o di tipo 2. Studi di genetica molecolare hanno dimostrato che questa condizione non è riconducibile ad una singola entità eziologica, bensì a una patologia particolarmente eterogenea dal punto di vista clinico e genetico. Seguendo le ultime linee di classificazione ADA 2009 [34] il MODY viene suddiviso in 6 diversi tipi, che interessano 6 geni differenti, tutti espressi nelle β cellule pancreatiche. Sono state descritte mutazioni nonsense, missense, frameshift e di sito di splicing, distribuite lungo tutti gli esoni dei geni causa di MODY. I geni responsabili di questa forma di diabete monogenico codificano: a) per l’enzima glucochinasi (GCK-MODY2) [35] b) per fattori di trascrizione: hepatocyte nuclear factor-4 α (HNF-4α - MODY1) [36] hepatocyte nuclear factor-1 α (HNF-1α/TCF1 - MODY3) [37, 38] insulin promoter factor 1 (IPF1/PDX1 - MODY4) [39] hepatocyte nuclear factor-1β (HNF-1β/TCF2- MODY5) [40] neurogenic differentiation factor 1 (NeuroD1/2β- MODY6) [41] 7 Non tutte le basi genetiche del diabete MODY sono state individuate: molti sono infatti i casi di famiglie in cui è stato dimostrato che i geni responsabili di malattia si trovano al di fuori dei loci MODY attualmente conosciuti e identificati [42,43]. I dati epidemiologici presenti in letteratura mettono in evidenza l’estrema variabilità della distribuzione dei vari sottotipi di MODY, in base a diversi fattori come l’etnia, la regione geografica, l’età dei pazienti studiati, ed il metodo di reclutamento del campione. Studi di coorte hanno evidenziato una differente prevalenza dei vari sottotipi di MODY in popolazioni diverse [44, 45, 46]. Il MODY 2 è stato riscontrato in percentuali variabili dal 10% al 60% di tutti i casi di MODY con prevalenza maggiore in famiglie francesi e italiane. Il MODY 3 presenta una prevalenza variabile dal 20% al 65% dei casi (prevalente nelle famiglie inglesi). La penetranza del MODY 3 a seconda dell’età è piuttosto significativa: si attesta al 63% nei soggetti fino a 25 anni; sale al 93,6% nei soggetti da 25 a 50 anni, fino ad arrivare ad un 98,7% nei soggetti da 50 a 75 anni [47]; ciò indica come la disfunzione β cellulare si instauri progressivamente in questa forma di diabete monogenico. Le altre forme di MODY sono più rare in tutti gli studi di coorte, mentre i sottotipi con loci MODY non ancora identificati (MODY-X) potrebbero rappresentare dal 20% al 50% dei casi, con maggiore prevalenza nelle famiglie tedesche e spagnole [44,45]. 8 TIPO Difetto primitivo Fenotipo clinico Fattore di trascrizione (recettore nucleare) Pancreas/altro Iperinsulinemia neonatale,Diabete (giovane età adulta) GCK Esochinasi IV Pancreas/fegato Iperglicemia moderata (giovane età adulta) HNF1A Fattore di trascrizione (homeodomain) Pancreas/rene Diabete (giovane età adulta) Pancreas Diabete (nell’omozigote agenesia pancreatica) Locus Gene MODY1 20q HNF4A (TCF1) MODY2 7p MODY3 12q Funzione proteina MODY4 13q IPF2 Fattore di trascrizione (homeodomain) MODY5 17q HNF1β (TCF2) Fattore di trascrizione (homeodomain) Rene/pancreas Diabete, RCAD, ipoplasia pancreatica MODY6 2q NEUROD1 Fattore di trascrizione (Bhlh) Pancreas Diabete (infanzia e giovane età adulta) Tabella 1: Classificazione clinica e fenotipo dei sottotipi di MODY. [modificata da: Vaxillaire M et al., Monogenic diabetes in the young, pharmacogenetics and relevance to multifactorial forms of type 2 diabetes, Endocrine Reviews, 2008]. 2.3 Caratteristiche fenotipiche In generale sono consigliati i test genetici necessari per una corretta diagnosi di MODY ogni qual volta sia presente un simile quadro clinico [48] : Iperglicemia abitualmente diagnosticata prima dei 30 anni di età in almeno uno, meglio se due, componenti della stessa famiglia. La progressiva riduzione dell’età alla diagnosi nelle casistiche è probabilmente riconducibile ad un’aumentata attenzione verso queste forme di diabete e conseguentemente all’anticipazione dei test utili per la diagnosi. Ereditarietà di tipo autosomico dominante a trasmissione verticale, attraverso almeno tre generazioni. Indipendenza dalla terapia insulinica per almeno cinque anni dopo la diagnosi o 9 livelli di C-peptide significativi anche in pazienti in terapia insulinica. Livelli di insulinemia che rientrano nel range di normalità, benché insufficienti a correggere l’iperglicemia presente, in considerazione del primitivo difetto nella funzione β- cellulare. Assenza di sovrappeso o di obesità. Type1 DM Type2 DM MODY Frequency Common Increasing 2-5%of non– insulin dependent Diabetics Genetics Polygenic Polygenic Autosomal Dominant Family History <15% >50% 100% Ethnicity Different races Asians,Polynesians, Indigenous,Australians Different races Age of onset Throughout Childhood Post-Puberty <25 yrs Severity of onset Acute and severe Mild Mild/Asymptomatic Ketosis / DKA Common Uncommon Rare Obesity +/- >90% +/- Acanthosis Nigricans Absent Common Absent Metabolic Syndrome Absent Common Absent Auto-immunity Positive Negative Negative Pathophysiology Β Cell destruction Insulin resistance and relative insulinopaenia β Cell dysfunction Tabella 2: Caratteristiche cliniche per la diagnosi differenziale dei diabete tipo 1, tipo 2, MODY 10 2.4 Genetica e meccanismo d’azione enzimatico 2.4.1 Difetti nel gene glucochinasi Il MODY 2 è causato da mutazioni del gene GCK localizzato sul cromosoma 7, che codifica per l’enzima glucochinasi, uno dei quattro membri della famiglia delle esochinasi, anche chiamata esochinasi IV o D. La glucochinasi (465 residui amminoacidici, 52.191 dalton) è l’enzima chiave per la fosforilazione del glucosio a glucosio-6-fosfato in grado di catalizzare il trasferimento di fosfato da ATP al glucosio nelle cellule del parenchima epatico e nelle isole pancreatiche con conseguente variazione della concentrazione di glucosio [49]. Figura 1: Modello di β-cellula pancreatica e proteine implicate nel MODY [Figura tratta da: Nyunt O et al., Investigating maturity onset diabetes of the young, Clin Biochem Rev, 2009]. Dato il ruolo centrale svolto dall’enzima glucochinasi nella regolazione dell’insulina è facilmente deducibile che mutazioni nel gene che codifica per quest’enzima possano causare alterazioni nel metabolismo glucidico e quindi causare iper o ipoglicemie. Le mutazioni in eterozigosi inattivanti il gene GCK, presentano una diminuzione dell’attività enzimatica e sono caratterizzate da una leggera forma di diabete, spesso presente fin dalla nascita ma riscontrata successivamente [50,51]. Le mutazioni in omozigosi, che inattivano 11 le funzioni del gene GCK, provocano un fenotipo più severo con insorgenza, fin dalla nascita, il PNDM (Permanent Neonatal Diabetes Mellitus) [52] di cui si discuterà più nel dettaglio successivamente. Oltre le forme appena citate, sono state descritte come causa di ipoglicemia mutazioni in eterozigosi attivanti il gene GCK [53,54,55] Da un punto di vista strutturale il gene GCK è composto da 12 esoni (circa 45,168 bp) ed è espresso nel fegato, nel pancreas e in alcune cellule del sistema nervoso. La presenza di promotori tessuto specifici permettono la regolazione e la trascrizione differenziale di trascritti che danno luogo a tre differenti versioni dell’esone 1 (a,b,c). Il promoter upstream è funzionale principalmente nel pancreas ma anche in alcune popolazioni cellulari del sistema nervoso, il promoter downstream è espresso unicamente nel fegato. Gli esoni 1b e 1c sono espressi nel fegato mentre l’esone 1a è espresso nelle β cellule pancreatiche [56, 57] Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare gli effetti di mutazioni nel gene GCK causa di MODY 2, analizzando l’isoforma 1a espressa specificatamente nelle β cellule pancreatiche responsabili di un impatto maggiore nell’organismo rispetto a quello delle cellule epatiche nel set point del glucosio [54] I numerosi studi per la valutazione della GCK come gene candidato hanno portato all’ identificazione di oltre 190 mutazioni, tutte responsabili di insorgenza di MODY [58]. Studi sulle caratteristiche cinetiche delle varianti mutate di GCK hanno dimostrato che l’attività enzimatica è ridotta con un conseguente rallentamento del ciclo glicolitico all’interno della β cellula pancreatica [49]. In vivo, tale rallentamento si traduce in un’alterazione della sensibilità al glucosio, per cui sono necessarie concentrazioni elevate di glucosio per raggiungere la soglia glicemica adeguata a stimolare la secrezione insulinica [59]. Ciò si traduce in uno spostamento verso destra della curva dose-risposta della secrezione insulinica indotta dal glucosio [60]. Nel fegato si osserva una riduzione della sintesi e del deposito di glicogeno con un aumento della gluconeogenesi dopo i pasti. Questa alterazione nel metabolismo epatico del glucosio è responsabile dell’iperglicemia postprandiale nei pazienti affetti da MODY 2 [61]. Nonostante le importanti alterazioni del metabolismo del glucosio, l’iperglicemia associata a mutazioni della GCK è generalmente 12 moderata, usualmente responsiva alla sola dietoterapia; meno del 50% dei pazienti affetti presentano un franco diabete. Paragonato agli altri sottotipi ed al diabete di tipo 2, il MODY 2 presenta una minor prevalenza di complicanze microvascolari (retinopatia e proteinuria) [62], come prevedibile dal miglior grado di compenso glicemico raggiunto. Nel feto, le mutazioni della GCK provocano basso peso alla nascita, probabilmente perché la crescita fetale è in parte stimolata dall’insulina. D’altro canto, le mutazioni della GCK nella madre inducono in modo indiretto un aumento del peso alla nascita a causa della stimolazione della secrezione insulinica fetale da parte dell’iperglicemia materna [30, 63] Più recentemente, alcuni studi hanno dimostrato che una variante comune della GCK, localizzata nella regione promoter dell’isoforma 1a nelle β cellula (-30 G>A), influenza il peso alla nascita ed i livelli di glicemia a digiuno con effetti persistenti lungo il corso della vita ed è associata a diabete gestazionale [64], ad alterazioni della regolazione dei livelli glicemici e ad una maggiore prevalenza di diabete di tipo 2 con malattia coronarica [65]. 2.4.2 Difetti in geni che codificano per fattori di trascrizione Numerosi studi svolti con l’approccio del gene candidato e la tecnica del positional cloning (identificazione e clonazione di un gene attraverso la sua posizione) hanno portato all’identificazione dei geni codificanti per i cinque fattori di trascrizione coinvolti nella patogenesi di altrettante forme di MODY: HNF-1α, HNF-4α, HNF-1β, IPF1/PDX1 e NeuroD1/ β2. Gli studi, svolti con la metodica del gene target sugli animali, hanno dimostrato che questi geni rivestono un ruolo cruciale nello sviluppo e nella neogenesi del pancreas fetale, così come nella funzione e differenziazione delle β cellule pancreatiche [66] HNF-1α Le mutazioni che causano MODY 3 interessano il gene TCF1/HNF1α che codifica per il fattore di trascrizione HNF1α sul cromosoma 12 (631 residui amminoacidici, 67.356 dalton). Il gene HNF1α è caratterizzato dalla presenza di un omeodominio (l’homeobox comprende i 13 residui amminoacidici 199-279) e come buona parte dei fattori di trascrizione che regolano l’espressione dei geni degli eucarioti, è in grado di dimerizzare per poi legarsi al DNA, specificatamente alla sequenza palindroma invertita 5’-GTTAATNATTAAC-3’. La dimerizzazione richiede l’intervento del cofattore DCoH (Dimerization Cofactor of HNF1α) che non si lega al DNA, ma selettivamente stabilizza i dimeri HNF1α. Più di 150 differenti mutazioni patogenetiche nelle porzioni codificanti del gene HNF-1α sono state riscontrate nelle popolazioni studiate [49]. I pazienti con queste mutazioni sviluppano la malattia usualmente dopo la prima decade di vita: l’insorgenza di un diabete franco è preceduto da alterazioni della secrezione insulinica glucosio-indotta [67]. La penetranza di questa forma è elevata anche se dipendente dall’età: la probabilità che la malattia venga diagnosticata aumenta infatti in modo rilevante fra i 10 e i 40 anni [44]. Non è chiara la ragione per cui i soggetti sviluppino la malattia in età differenti o perché la gravità della disfunzione β cellulare sia così variabile; il deficit di secrezione insulinica è riscontrato anche in soggetti non diabetici portatori di mutazione a carico di HNF-1α in assenza di insulino-resistenza [68]. Al contrario del MODY 2, caratterizzato da una iperglicemia moderata, il fenotipo caratteristico dei pazienti affetti da MODY 3 è una forma differente e più grave di diabete che sovente evolve verso l’insulino-dipendenza e tende a sviluppare complicanze microvascolari, come il diabete a insorgenza più tardiva [60]. L’HNF-1α è anche espresso a livello delle cellule tubulari renali e il MODY 3 è associato ad una ridotta soglia per la glicosuria; ciò riflette un’alterata espressione del trasportatore per il glucosio e una disfunzione a carico della componente tubulare renale [69]. Dati sperimentali hanno mostrato che le mutazioni dell’HNF-1α localizzate a livello del dominio di trans-attivazione della proteina potrebbero presentare un effetto negativo dominante sulla potenziale transattivazione dei dimeri di HNF-1α [68]. A differenza di ciò che si verifica negli uomini, nei topi eterozigoti per la mutazione non si osservano effetti evidenti sul fenotipo. Negli omozigoti invece, benché il topo non sia un modello ideale di patologia umana, si osservano importanti alterazioni negli epatociti, nelle cellule tubulari renali e nelle β cellule, con conseguente diabete. Studi più approfonditi nei topi hanno evidenziato una rilevante 14 riduzione della secrezione insulinica glucosio-indotta [70], prova del ruolo chiave svolto dal HNF-1α nel mantenere la normale funzione β cellulare. Tale deficit può essere spiegato dalla riduzione del flusso glicolitico all’interno delle isole pancreatiche ed è associato a una ridotta espressione dei geni che codificano per il trasportatore del glucosio GLUT2 e per la piruvato chinasi di tipo L [70, 71]. HNF-4α Le mutazioni in eterozigosi nel gene, situato sul cromosoma 20, che codifica per il fattore di trascrizione HNF-4α (474 residui amminoacidici, 52.785 dalton) sono causa di MODY 1. Mutazioni all’interno di questo gene sono molto più rare rispetto a quelle di GCK per il MODY 2 e di HNF-1α per il MODY 3 [49, 72]. HNF-4α contiene una regione con due potenziali dita di zinco tra i residui amminoacidici 60/80 e 96/120 e omodimerizza per legarsi al suo sito di riconoscimento sul DNA. Numerose isoforme di HNF-4α risultanti da splicing alternativo di due differenti promotori rispettivamente denominati P1 (prossimale) e P2 (distale) sono state identificate. Il promotore P1 è attivo nei tessuti extrapancreatici, mentre P2 è strettamente correlato all’espressione nelle β cellule di tre varianti da splicing, con differenze nella regione 3’- terminale. Dopo la traduzione l’attività di HNF-4α è regolata dalla fosforilazione di alcuni suoi residui di tirosina (12 dei 13 residui di tirosina sono otenziali siti di fosforilazione). La fosforilazione è importante sia per l’attività del legame che HNF-4α stabilisce con il DNA sia per la sua distribuzione subnucleare. Fondamentale funzione di HNF-4α, è quella di regolare il trasporto del glucosio e la glicolisi contribuendo a mantenere l’omeostasi del glucosio. La perdita di funzione di tale proteina, a seguito di mutazione, determina la perdita dell’attività necessaria alla transattivazione trascrizionale, l’impossibilità di dimerizzazione e il mancato legame al DNA. E’, inoltre, importante ricordare che HNF-4α esplica anche un’importante funzione nella regolazione dell’espressione di molti geni essenziali per il normale funzionamento del fegato, dell’intestino, del rene. Dal punto di vista clinico, il fenotipo MODY 1 è indistinguibile da quello MODY 3 causato da mutazioni nel gene HNF-1α [72]. Questa concordanza di fenotipo rivela una stretta 15 interdipendenza fra HNF-1α e HNF-4α: essi infatti fanno parte di un comune network di regolazione della β cellula [73, 74]. L’HNF-4α appartiene a una superfamiglia di recettori per ormoni steroidei e tiroidei. E’ stato dimostrato che gli acidi grassi a catena lunga modulano l’attività trascrizionale dell’HNF4α legandosi, come i tioesteri dell’acil-CoA, al ligando associato al dominio dell’HNF-4α [75]; questa caratteristica può spiegare il ruolo dei grassi provenienti dalla dieta nel controllo della secrezione insulinica. I geni target dell’HNF-4α nella β cellula, che potrebbero essere responsabili del fenotipo MODY 1, sono stati parzialmente identificati nel pathway della secrezione insulinica e nel trasporto e metabolismo del glucosio [76, 77] Come precedentemente detto l’HNF-4α svolge un ruolo di regolazione nell’espressione di alcuni geni come HNF-1α nell’endoderma embrionale, nel fegato, nelle cellule pancreatiche, mentre il controllo dell’HNF-1α sull’HNF-4α si limita alla cellule pancreatiche e in parte alle cellule intestinali. L’interdipendenza fra i due fattori con una regolazione positiva specifica all’interno della β cellula è essenziale per la funzione delle β cellule stesse e contribuisce a spiegare come la perdita di un allele funzionante provochi una insufficiente concentrazione dell’attivatore, necessario per esplicare le risposte dei geni bersaglio nelle isole pancreatiche [73]. Uno studio sul peso alla nascita e l’incidenza di ipoglicemia nelle mutazioni a carico di HNF1α e HNF-4α ha mostrato che le mutazioni di HNF-4α sono associate ad un aumentato peso alla nascita e macrosomia e possono essere considerate come una insolita causa di ipoglicemia neonatale [78]. Tale studio ha dimostrato il ruolo chiave dell’HNF-4α nella regolazione della secrezione insulinica nella vita intra-uterina: tale secrezione determina il peso fetale alla nascita. E’ noto che l’iperinsulinemia in utero e durante il periodo neonatale può evolvere tardivamente verso un deficit di secrezione insulinica e diabete. Poiché questo fenomeno non è stato osservato nei portatori della mutazione per HNF-1α [78], si desume che nelle fasi iniziali HNF-4α svolga un ruolo indipendente da HNF-1α. 16 TCF2/HNF-1β Il MODY 5 è causato da mutazioni del gene che codifica per il fattore di trascrizione HNF-1β, noto anche come TCF2 (Tracription Factor 2) localizzato sul cromosoma 17 e costituito da 557 residui amminoacidici 61.324 dalton. Questo fattore di trascrizione contiene un omeodominio (residui amminoacidici 231-311) che è strutturalmente correlato all’omeodominio (residui amminoacidici 199-279) di HNF-1α e presenta un dominio di dimerizzazione (residui amminoacidici 1-31), omologo a quello di HNF-1α (residui amminoacidici 1-31), che consente sia la omodimerizzazione sia la formazione di un eterodimero con HNF-1α. Questi dimeri sono stabilizzati dalla proteina DCoH che si lega ai domini di dimerizzazione sia di HNF-1α che di HNF-1β formando un complesso eterotetramerico in grado di accrescere l’attività trascrizionale. Le mutazioni a carico del TCF2 sono responsabili di una forma rara di diabete MODY a insorgenza precoce e di una grave forma di patologia renale, che può anche rendersi evidente prima dell’intolleranza al glucosio. Il più comune fenotipo dei pazienti MODY 5 è caratterizzato da cisti renali associate o meno a particolari anomalie istologiche come meganefroni [79]; questo quadro è stato riassunto in una sindrome, chiamata RCAD (Renal Cysts and Diabetes Syndrome) [79, 80]. Sono state inoltre descritte anomalie dell’apparato genitale interno nelle donne portatrici di mutazioni nel gene TCF2 [77]. Il TCF2 svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo renale e nella differenziazione dei nefroni nonché come regolatore del network di fattori di trascrizione che controllano crescita e differenziazione l’embriogenesi del pancreas durante [81, 82]. Le mutazioni a carico del TCF2 sovente causano ipoplasia pancreatica [80, 82] . Gli studi più recenti hanno dimostrato che mutazioni puntiformi, quali piccole delezioni/inserzioni e grandi riarrangiamenti genomici del TCF2 sono responsabili della maggior parte dei fenotipi classificati come MODY 5 [83]. IPF1/PDX1 Il fattore pancreatico-duodenale PDX1 (Pancreatic Duodenum Homeobox 1), 283 residui 17 amminoacidici, 30.771 dalton) contiene un omeodominio proteico la cui espressione è necessaria per lo sviluppo del pancreas. Mutazioni nel gene, localizzato nel cromosoma 13, che codifica per il fattore di trascrizione PDX1 anche chiamato IPF1 (Insulin Promoter Factor 1) sono causa di MODY4. Il fattore PDX1 è stato identificato per la prima volta nei topi con 8,5 giorni di vita embrionale e la sua espressione è inibita durante lo sviluppo per poi riapparire più tardivamente. PDX1 è indispensabile insieme all’insulina per indurre lo sviluppo e per mantenere il fenotipo differenziato della β cellula. Benché non sia necessario nell’endoderma per il differenziamento pancreatico è cruciale per lo sviluppo delle cellule endocrine ed esocrine. Nei topi, l’inattivazione di questo gene porta all’agenesia del pancreas, arrestando lo sviluppo dell’organo in fasi precoci; inoltre si ha una distruzione selettiva delle β cellule che conduce allo sviluppo di diabete con l’aumentare dell’età [73]. PDX1 è un regolatore trascrizionale dei geni specifici per il pancreas endocrino negli adulti, quali la preproinsulina, il trasportatore del glucosio di tipo 2, i geni per la GCK nella β cellula e il gene della somatostatina nelle cellule δ. Nell’uomo, una delezione a carico della sequenza codificante per il gene PDX1 è stata associata a MODY in soggetti consanguinei [39]. Nei portatori eterozigoti i fenotipi variano da una semplice intolleranza al glucosio (IGT) al diabete conclamato non insulinodipendente. E’ riportato in letteratura il caso di un neonato omozigote per la mutazione nato con agenesia del pancreas il quale manifestava sia diabete sia insufficienza esocrina. Sono stati tuttavia riconosciuti solo pochi casi con difetto del gene PDX1 associato ad agenesia del pancreas [39]. NeuroD1/β2 Il fattore di trascrizione NeuroD1/β2 o NEUROD1 (Neurogenic Differentiation 1) 356 residui amminoacidici, 39.890 dalton, posizionato sul cromosoma 2, fa parte di una famiglia di fattori di trascrizione elica-ansa-elica e svolge un ruolo chiave nello sviluppo del pancreas e del sistema nervoso centrale. Il gene NEUROD1 contiene due esoni. Di questi, il primo non 18 è tradotto, mentre il secondo codifica per la proteina NEUROD1, anche nota come BETA2, la quale, a seguito di eterodimerizzazione con la proteina ubiquitaria E47, appartenente alla famiglia b HLH (basic Helix-Loop-Helix), attiva l’espressione del gene INS (che codifica per l’insulina) legandosi per mezzo del sito E sul promotore INS. La localizzazione nucleare di questa proteina nelle β cellule si deve alla fosforilazione, stimolata dal glucosio, del residuo di serina localizzato in posizione 274. Particolarmente studiate sono alcune mutazioni in eterozigosi del gene NEUROD1 associate allo sviluppo del MODY 6, come quelle all’interno del dominio di legame per il DNA (per cui è impedito il legame al sito E di NEUROD1) o quelle nella regione C-terminale. Nei topi con deficit di NEUROD1 la morfologia pancreatica è anomala e si sviluppa iperglicemia dovuta in parte all’inadeguata espressione del gene dell’insulina. Le mutazioni che coinvolgono il NEUROD1 sono state associate a fenotipo MODY in alcune famiglie [84]. Il quadro clinico dei pazienti con polipeptide NEUROD1 deleto è più grave rispetto a quello dei soggetti con una sola mutazione puntiforme. Il NEUROD1 regola l’espressione del gene dell’insulina legandosi alla regione promoter. Un legame alterato porta allo sviluppo di questa forma di MODY. 2.5 Caratteristiche cliniche e terapia MODY 2 e MODY 3 rispettivamente causati da mutazioni nei geni che codificano per GCK e HNF-1α sono i due sottotipi prevalenti, responsabili di circa i due terzi di tutti i casi MODY. Mutazioni in HNF-4α e TCF2/HNF-1β sono state identificate in poche famiglie e gli altri difetti che causano mutazioni in IPF1 /PDX1 e NEUROD1 sono patologie ancora più rare [49, 72]. Le differenti alterazioni a livello molecolare possono spiegare in parte la sostanziale eterogeneità fenotipica dei vari sottotipi, sottesa alle grandi differenze nel decorso clinico della malattia. In particolare, l’eterozigosi per la mutazione della GCK causa in genere iperglicemia a digiuno, presente già dalla nascita, responsiva alla sola dieta e con basso rischio di complicanze [45]. Al contrario, mutazioni del HNF-1α e del HNF-4α, responsabili di MODY 3 e MODY 1, sono legate a una più grave alterazione dell’omeostasi 19 del glucosio che in genere richiede un trattamento con ipoglicemizzanti orali già in età non troppo avanzata [67, 68, 72]. Studi fisiologici e metabolici hanno evidenziato che la secrezione insulinica è mantenuta a normali livelli di glucosio ma progressivamente diminuisce all’inizio dell’età adulta e aumenta solo in caso di incremento della glicemia. Per queste ragioni appare evidente che i pazienti con MODY 1 e MODY 3 hanno un aumentato rischio di sviluppare complicanze micro e macrovascolari. Da notare che i pazienti con MODY 3 rispondono meglio all’effetto ipoglicemizzante delle sulfoniluree [85]. Tale effetto è particolarmente evidente in caso di deficit di HNF-1α, perché il difetto β cellulare precede la cascata di reazioni che inducono la secrezione insulinica dopo l’attivazione del recettore delle sulfoniluree. La definizione delle basi genetiche che conducono all’iperglicemia può quindi avere forti implicazioni nelle scelte terapeutiche. In termini di risposta alla terapia, i pazienti con mutazione per il TCF2 sono più frequentemente trattati con insulina (67%) rispetto a quelli con mutazione per la HNF-1α (31%) [46] e la maggioranza di pazienti MODY 5 richiede un trattamento insulinico precoce, per la riduzione generalizzata della massa β cellulare associata al deficit di TCF2. Questo sottolinea ancor di più l’importanza nel riconoscere precocemente i differenti sottotipi di pazienti con diabete a insorgenza precoce al fine di impiegare strategie terapeutiche individuali e migliorare la prognosi. Altro dato emerso grazie a modelli strutturali e funzionali della GCK è che il sito di attivazione allosterica può essere un potenziale sito d’azione dei farmaci contro il diabete di tipo 2 [54]. Sono stati infatti studiati alcuni farmaci, denominati attivatori della GCK, in grado di aumentare l’attività dell’enzima [86]. Il duplice sito d’azione di questi farmaci, a livello epatico e delle cellule pancreatiche, suggerisce che queste molecole esercitino la loro azione nei pazienti affetti da diabete di tipo 2, stimolando la β cellula e contemporaneamente inibendo la produzione di glucosio da parte del fegato con un netto decremento della glicemia a digiuno e un’aumentata tolleranza al glucosio. Sin dalla scoperta di questi farmaci attivi per via orale, numerosi gruppi di ricerca hanno rivendicato l’identificazione di nuovi e potenti attivatori della GCK [86]. Questo è un eccellente esempio di ricerca traslazionale, in cui, partendo dallo studio della complessa regolazione della GCK, 20 si è giunti all’ identificazione di nuove classi di farmaci utili per il trattamento del T2DM. 2.6 Altre forme di diabete monogenico Oltre ai geni MODY già identificati e precedentemente descritti, vi sono altri difetti genetici responsabili di forme di diabete con distribuzione familiare, che presentano differenti fenotipi e anomalie extrapancreatiche. 2.6.1 Diabete associato a disfunzioni del pancreas esocrino Alcune famiglie con diabete, insufficienza β cellulare e alterazioni a carico del pancreas esocrino sono state riconosciute come portatrici di delezioni a carico del gene che codifica per la carbossil-esteril-lipasi (CEL), uno dei principali componenti del succo pancreatico, coinvolto nell’idrolisi degli esteri del colesterolo a livello duodenale [87]. Studi di fisiologia hanno dimostrato in questi soggetti una riduzione dell’attività enzimatica e della secrezione della carbossil-esteril-lipasi. 2.6.2 MIDD: diabete associato a difetti del DNA mitocondriale Il MIDD (Maternally Inherited Diabetes and Deafness) rappresenta una sindrome caratterizzata da diabete ereditato per linea materna che si presenta con sordità neurosensoriale seguita abitualmente nella seconda decade di vita da diabete [88]. Benchè la descrizione originaria del MIDD identificasse il difetto genetico dovuto ad una delezione di 10.4 kb a carico del DNA mitocondriale, recenti studi hanno evidenziato un fenotipo identico a quello descritto in una transizione A-G a carico del t-RNA, che si associa peraltro frequentemente con la sindrome MELAS (Mitochondrial myopathy, Encephalopathy, Lactic Acidosis and Stroke-like episodes) [88, 89]. Quest’ultima è una sindrome caratterizzata da miopatia agenesi mitocondriale, encefalopatia, acidosi lattica, ed episodi di ictus, frequentemente accompagnata da diabete e sordità [90]. Le differenti espressività fenotipiche (MIDD o MELAS) potrebbero essere spiegate dalla eterogeneità delle mutazioni mitocondriali in tessuti differenti. 21 Basandosi su studi di associazione, è stato stimato che 1,5% di casi di diabete mellito potrebbe essere causato da mutazioni A3243G del DNA mitocondriale. Anomalie della secrezione insulinica sono state riscontrate in tutti i soggetti con MIDD studiati, inclusi quelli con una normale tolleranza al glucosio [61]. Un’alterata secrezione insulinica glucosio-indotta potrebbe rappresentare il difetto primitivo e più precoce nei soggetti portatori della mutazione [88]. Altri difetti mitocondriali associati a diabete sono correlati invece a mutazioni puntiformi, delezioni o duplicazione del DNA mitocondriale e sono caratterizzati da una riduzione della fosforilazione ossidativa. 2.6.3 PNDM Il Diabete Mellito neonatale NDM (Neonatal Diabetes Mellitus) può essere definito come un difetto della sensibilità all’insulina con conseguente iperglicemia, diagnosticato nei primi mesi di vita.[91]. L’incidenza del NDM è di 1 soggetto su 400.000 nati. In circa la metà dei casi il diabete è transitorio TNDM (Transient Neonatal Diabetes Mellitus) e solitamente si risolve nel terzo mese di vita; nei casi in cui il quadro clinico perduri si parla di diabete neonatale permanente PNDM (Permanent Neonatal Diabetes Mellitus). La maggior parte dei casi di TNDM (70%) sono correlati ad anomalie della regione del cromosoma 6q24 [92]. Il PNDM è stato associato a mutazioni in diversi geni. Mutazioni dominanti in eterozigosi nei geni codificanti le due subunità del canale al potassio ATP sensibile (KATP) della β-cellula KCNJ11 (potassium inwardly rectifying channel, sottofamiglia J, gene 11) [93,94] e ABCC8 (ATP Binding Cassette, sottofamiglia C, gene 8) [95] e mutazioni in omozigosi nei geni che codificano per GCK [96, 97] e per IPF1 [98] sono causa di PNDM. Nella metà dei soggetti con PNDM sono presenti mutazioni a carico di KCNJ11 o di ABCC8, che codificano rispettivamente le subunità Kir6.2 e SUR1. L’importanza nell’identificare i pazienti con questo tipo di mutazioni risiede nell’efficacia della terapia con sulfoniluree rispetto alla terapia insulinica [99]. Questi soggetti presentano una secrezione insulinica bassa o nulla con C-peptide normalmente non dosabile [93], per cui si è sempre 22 pensato che dovessero essere trattati con terapia insulinica quoad vitam. Tuttavia, le sulfoniluree legandosi alla subunità SUR1 del canale del potassio, chiudono tale canale in modo indipendente dall’ATP e stimolano la secrezione di insulina. Grazie a questo meccanismo, circa il 90% dei pazienti con mutazione del Kir6.2 possono passare dall’insulina al trattamento ipoglicemizzante orale raggiungendo un adeguato compenso glicemico [99, 100]. Un pattern simile è emerso anche per i soggetti con mutazione nel gene che codifica per SUR1 [101, 102]. Alcune mutazioni di KCNJ11 o di ABCC8 possono anche causare TNDM [101, 103, 104]. Al momento della diagnosi non è dunque possibile distinguere se il diabete nel neonato sarà permanente o transiente. Sul piano clinico la maggioranza dei pazienti con diabete neonatale causato dalla mutazione di Kir6.2 presenta diabete isolato, del tipo PNDM; nel 20% dei casi si associano problemi neurologici. Talora tali alterazioni si traducono in una vera e propria sindrome, denominata DEND, caratterizzata da ritardo nello sviluppo, epilessia e diabete neonatale. Nel TNDM invece i neonati possono presentare basso peso alla nascita; in un terzo dei casi si associa macroglossia, talora ernia ombelicale. Inoltre mutazioni nel gene KCNJ11 possono causare la sindrome HHF2 (Familial Hyperisylinemic Hypoglicemia) anche nota come PPHI (Persistent Hyperisylinemic Hypoglicemia of infancy) dovuta ad un deficitario feedback negativo dei bassi livelli di glucosio sulla secrezione insulinica 2.6.4 Sindrome di Wolfram Questa sindrome viene anche conosciuta con il termine di DIDMOAD, acronimo per diabete insipido, diabete mellito, atrofia ottica e sordità, le principali caratteristiche cliniche dei pazienti affetti. E’ una patologia neurodegenerativa rara a carattere progressivo con ereditarietà autosomico-recessiva. Il diabete insulino-dipendente, che si presenta di solito nella prima decade di vita, e la progressiva e bilaterale atrofia ottica sono criteri sufficienti per la diagnosi, anche se può 23 coesistere una grande varietà di anomalie a carico del sistema nervoso centrale. Il gene WS1 è stato mappato sul cromosoma 4p16.1 attraverso la tecnica del positional cloning. Codifica per un polipeptide di 890 amminoacidi chiamato wolframina, localizzato a livello del reticolo endoplasmatico (ER) [105]. Il WS1 serve come canale del Calcio a livello del reticolo endoplasmatico, un ruolo importante per l’omeostasi dell’ER. Il WS1 è normalmente attivato durante la secrezione insulinica, mentre la sua inattivazione a livello β cellulare è causa di disfunzione secretoria. Pertanto, l’alterazione della funzionalità della wolframina induce eventi apoptotici non appropriati che conducono a neurodegenerazione e perdita della funzione β cellulare. Nelle cellule dei soggetti affetti non stati riscontrati agglomerati di wolframina, suggerendo che la patologia non è dovuta ad aggregazione di proteine quanto piuttosto a perdita di funzione correlata a deplezione di wolframina a livello cellulare. 2.6.5 Anomalie genetiche nel diabete familiare a insorgenza tardiva Una mutazione a carico di Islet Brain-1 (IB1), proteina omologa alla chinasi aminoterminale c-jun, che svolge un ruolo centrale nel signaling cellulare e nei meccanismi regolatori per l’apoptosi, è stata identificata e associata a diabete in una famiglia [106]. In vitro è stato notato che la IB1 mutata non sarebbe in grado di prevenire l’apoptosi; pertanto una disfunzione a carico di IB1 renderebbe la β cellula maggiormente suscettibile agli stimoli proapoptotici riducendo la massa β cellulare. IB1 è inoltre un attivatore del trasportatore di glucosio a livello delle isole pancreatiche. Islet-1 (l’omologo pancreatico di IB-1) è uno dei fattori di trascrizione che svolge una funzione importante durante la formazione delle isole pancreatiche e una mutazione nonsense a carico del gene MAPK81P1, codificante per Islet1, è stata descritta in una famiglia giapponese come causa rara di diabete [107]. Kruppel-like factor 11 (KLF11) codifica per un fattore di trascrizione specifico per il pancreas che è indotto dal TGFβ e regola la crescita cellulare nel pancreas esocrino. Sequenziando KLF11 in famiglie con diabete di tipo 2 a insorgenza precoce sono state scoperte due mutazioni missense associate a diabete in tre pedigree [108]. Un comune polimorfismo 24 (Q62R) è associato con diabete di tipo 2 a base poligenica e sviluppo in età adulta [108]; questo polimorfismo coinvolge la funzione di KLF11 in vitro e si associa a livelli inferiori di insulina. Altri studi effettuati su popolazioni diverse hanno evidenziato un effetto modesto della variante del Q62R nel rischio di sviluppare il diabete. Queste considerazioni hanno suggerito un importante ruolo del TGFβ nel signaling cellulare nelle patologie pancreatiche che colpiscono sia la componente endocrina (diabete) sia quella esocrina (tumori). Una mutazione eterozigote missense del gene TGM2, localizzata nel sito attivo dell’enzima transglutaminasi 2 (TG2), è stata identificata in una famiglia classificata clinicamente come MODY [109]. Il TG2 è un enzima multifunzione che catalizza le reazioni di transamidazione o si comporta come una proteina G utile per il signaling intracellulare. I topi con deficit di questo enzima risultano essere intolleranti al glucosio e mostrano un deficit nella secrezione insulinica, suggerendo pertanto un ruolo chiave del TG2 a livello della β cellula [109]. Altre due nuove mutazioni a carico di TG2 sono state recentemente riportate come associate a diabete di tipo 2 ad insorgenza precoce [110], evidenziando un ruolo del TG2 nella fisiopatologia della malattia. In questo studio è stato notato che la TG2 è l’unica transglutaminasi espressa in modo significativo nella β cellula umana insulino-secernente [110]. Tali dati suggeriscono che una riduzione dell’attività del TG2 può contribuire allo sviluppo di disordini del metabolismo del glucosio attraverso una riduzione dell’insulinosecrezione. 2.7 Nuova classificazione del diabete monogenico e criteri di inclusione per lo studio genetico del MODY La presenza di forme monogeniche di diabete appena descritte e nettamente distinte dal MODY, unitamente all’estrema variabilità fenotipica dei vari sottotipi di MODY, differenti per età di insorgenza, entità dell’iperglicemia, risposta al trattamento e manifestazioni extrapancreatiche, hanno messo in luce l’esigenza di definire nuovi schemi per la classificazione delle differenti forme di diabete monogenico. I sempre più numerosi risultati in campo genetico e nella pratica clinica riguardo queste 25 forme di diabete ha inoltre permesso di definire alcuni criteri di inclusione specifici per lo studio delle diverse forme genetiche [48]. E’ stata proposta una classificazione più ampia per il diabete monogenico basata semplicemente sul tipo di presentazione clinica [111]: Diabete diagnosticato prima dei 6 mesi di vita. Diabete famigliare a insorgenza precoce che include le mutazioni a carico di HNF-1α e HNF-4α, precedentemente analizzate. Iperglicemia familiare moderata che comprende i soggetti con mutazione a carico della GCK. Diabete con manifestazioni extrapancreatiche associate. Sotto tale denominazione sono inclusi sia i soggetti con mutazione del HNF1β sia i soggetti con MIDD (diabete e sordità ereditati per linea materna) e Sindrome di Wolfram (Figura 2). A B Retinopatia pigmentaria Sordità Anomalie test di funz. epatica Diabete, Atrofia pancreatica Alterazioni sviluppo renale Anomalie urogenitali Cardiomiopatia Glomerulosclerosi focale segmentaria Diabete Stipsi Miopatia Gotta Figura 2: Fenotipi osservati nel diabete con alterazioni extrapancreatiche [figura modificata da: Murphy R et al., Clinical implications of molecular genetic classification of monogenic beta cell diabetes, Nature Clinical Practice Endocrinology and Metabolism, 2008]. (A) RCAD (Renal Cists and Diabetes syndrome) causata dalla mutazione a livello di HNF-1β. (B) Diabete ereditato per linea materna e sordità causati dalla mutazione a livello del DNA mitocondriale A3243G . 26 Recentemente alcuni ricercatori hanno proposto delle linee guida aventi lo scopo di agevolare la selezione di pazienti, con determinate caratteristiche cliniche, in cui è consigliata l’esecuzione dei test per diabete MODY: [S. Ellard & C. Bellanné-Chantelot & A. T. Hattersley. Best practice guidelines for the molecular genetic diagnosis of maturity-onset diabetes of the young. Diabetologia (2008) 51:546–553] I criteri clinici proposti per la ricerca di mutazioni nei geni GCK, HNF-1α e HNF-4α sono i seguenti. 2.7.1 Analisi del gene GCK in pazienti con lieve iperglicemia a digiuno - Iperglicemia a digiuno > 100 mg/dL, persistente in almeno 3 diverse misurazioni, e che perdura da mesi od anni. - HbA1c che eccede di poco i valori superiori del range di normalità, e raramente risulta > 7,5%. - L'incremento della glicemia conseguente ad un OGTT è piuttosto lieve spesso < 54 mg/dL. - I parenti di primo grado spesso hanno un DM2 o non sono diabetici, ma se testati presentano una lieve iperglicemia a digiuno. 2.7.2 Analisi del gene GCK in pazienti con diabete gestazionale Spesso la diagnosi di MODY viene realizzata in seguito ad alterazioni glicemiche riscontrate durante la gravidanza, grazie ai test di screening per diabete gestazionale ed al monitoraggio periodico della glicemia che queste pazienti realizzano dopo il parto. I criteri clinici suggeriscono quando è opportuno eseguire questo tipo di test in pazienti con GDM: - Persistente iperglicemia a digiuno compresa nel range 100-145 mg/dL (5,5-8 mmol/L) prima, durante e dopo la gravidanza. - Incremento della glicemia in almeno una OGTT < 83 mg/dL (durante o dopo la gravidanza). - Uno dei genitori potrebbe presentare un DM di tipo 2, ma spesso questo è misconosciuto, quindi l'assenza di familiarità nota non può escludere la diagnosi. 27 Visto che queste pazienti presentano costantemente dei valori di lieve iperglicemia a digiuno, i neonati che non ereditano la mutazione possono diventare macrosomici. La diagnosi della mutazione del gene della glucochinasi è molto importante per escludere, nei bambini portatori della mutazione (che quindi avranno una lieve iperglicemia a digiuno), una eventuale diagnosi per diabete di tipo 1. 2.7.3 Analisi del gene HNF-1α - Storia familiare per diabete (almeno 2 generazioni) - Esordio della patologia in giovane età solitamente prima dei 25 anni in almeno un membro della famiglia - Riscontro della produzione di insulina endogena al di fuori del periodo della cosiddetta “luna di miele”, quindi dopo 3 anni dalla diagnosi - In assenza di terapia insulinica non si verifica chetoacidosi e presentano valori testabili di c-peptide. - Spesso è presente glicosuria, molti pazienti mostrano una bassa soglia renale. - Alcuni soggetti che presentano mutazioni in questo gene possono presentare livelli glucidici normali al basale ma risultare diabetici o IGT dopo OGTT, soprattutto se i test clinici sono eseguiti in una fase precoce. 2.7.4 Analisi del gene HNF-4α in bambini e giovani adulti con forte familiarità per diabete Queste forme possono differenziarsi dalle forme di diabete monogenico dovute alla mutazione del gene HNF-1α grazie ad alcune caratteristiche specifiche - Età più tardiva alla diagnosi - Assenza di una ridotta soglia renale per l’insorgenza della glicosuria (< 180 mg/dL). Questo tipo di analisi genetica dovrà essere realizzata solo quando l’analisi della mutazione del gene HNF-1α risulterà negativa, ma il sospetto clinico di diabete monogenico sarà molto forte. Questa particolare forma di MODY si associa frequentemente a macrosomia, con peso alla 28 nascita > 4,4 Kg. In presenza di questi quadri sarà opportuno considerare nel ventaglio delle possibili cause, anche una mutazione del gene HNF-4α. 2.8 Significato dello screening per il diabete monogenico Spesso, come già accennato, pazienti con diabete monogenico ricevono una diagnosi non corretta. I soggetti con diabete neonatale o diabete diagnosticato prima dei 6 mesi di vita non altrimenti specificato [112] vengono classificati come diabete di tipo 1; i soggetti con diabete MODY vengono usualmente classificati come diabete di tipo 2 [113, 114]. La diagnosi corretta di diabete monogenico è importante non solo perchè aiuta a chiarire l’eziologia alla base della patologia, ma anche per spiegare le caratteristiche cliniche associate, inclusi gli aspetti prognostici, lo sviluppo di complicanze e la scelta del trattamento più appropriato. Ad esempio, alcuni pazienti non richiederanno alcun tipo di trattamento o potranno passare da una terapia insulinica iniettiva ad un trattamento ipoglicemizzante orale con sulfoniluree [98, 115]. La diagnosi corretta risulterà avere inoltre importanti implicazioni anche per i familiari del soggetto affetto in quanto può fornire indicazioni utili ad una corretta diagnosi precoce e ad un trattamento farmacologico appropriato. 29 Sottotipi clinici di diabete monogenico Diabete Familiare, lieve e Familiare, persistente progressivo, ad iperglicemia a insorgenza digiuno precoce, diabete Insorgenza alla nascita; basso incremento della glicemia all’OGTT tra l’ora zero e le 2h; complicanze rare Insorgenza nella’adolescenza; alto incremento glicemico all’OGTT tra le 0h e le 2h; complicanze frequenti diagnosticato prima dei 6 mesi Transitorio Permanente Test per mutazione nel Test per Test di screening Test di screening mutazione del per mutazione del per mutazione del gene KCNJ11 o gene della gene HNF1A e ABCC8 glucochinasi HNF4A cromosoma 6q24 Transitorio trattamento insulinico ed osservazione di una recidiva Test per mutazione del Nessun trattamento, Sulfanilurea ad alte dosi però in gravidanza è Sulfaniluree orali a basse dosi necessaria l’insulina Glibenclamide se manifestazioni gene KCNJ11 o ABCC8 neurologiche Se negativi considerare mutazione gene Figura 3. Nuovo schema classificativo del diabete monogenico GCK 30 3. Obiettivi dello studio Il lavoro svolto ha avuto, come obiettivo fondamentale la messa a punto e l’utilizzo di metodi di biologia molecolare per lo studio di alcuni geni le cui mutazioni sono causa di EOD (Early−Onset Diabetes). Durante il corso di dottorato il progetto si è articolato su linee differenti costituendo tre distinti profili di ricerca ognuno con il seguente obiettivo principale: - Determinare la prevalenza delle forme di MODY studiate e nelle forme non classificabili come MODY, valutare la presenza di mutazioni nei geni KCNJ11 e SLC30A8 tramite l’analisi dei determinanti genetici e la valutazione del contributo di geni e loci di suscettibilità noti e non noti in una popolazione di bambini e adolescenti sardi obesi/sovrappeso ben caratterizzati da un punto di vista metabolico e immunologico. - Valutazione della prevalenza di mutazioni del gene che codifica per l’enzima GCK, responsabile della forma di diabete monogenico MODY2, in una coorte di donne con diagnosi di GDM, aventi familiarità per diabete. - Ricerca di mutazioni patogenetiche nel gene GCK in un piccolo gruppo di pazienti ambulatoriali già diagnosticati come diabetici, con spiccata familiarità per diabete e fenotipo verosimilmente sovrapponibile a quello proposto per la ricerca di mutazioni causa di diabete MODY. In particolare la selezione è avvenuta tenendo conto delle indicazioni proposte da recenti linee guida, riportate in precedenza, per lo studio genetico del sottotipo MODY causato da mutazioni nel gene GCK. 31 4. Casistica 4.1 Bambini e adolescenti sovrappeso/obesi. Per questo studio sono stati selezionati 736 (284 femmine e 251 maschi) di cui 535 sovrappeso od obesi e 201 normopeso, di età compresa tra i 4 e i 18 anni, afferenti all’unita di Endocrinologia Pediatrica dell’Ospedale Microcitemico di Cagliari. Tutti i soggetti reclutati sono stati sottoposti a visita clinica (peso corporeo, altezza, stadio puberale) e sono stati raccolti i parametri metabolici (insulinemia, assetto lipidico, acido urico etc.) sia per i bambini sovrappeso/obesi che per i controlli normopeso. Nella coorte di bambini con alterazioni del peso corporeo è stata valutata la prevalenza delle forme iperglicemiche tramite l’esecuzione di curva da carico orale di glucosio (OGTT eseguita con 1,75 g kg fino ad un massimo di 75 g) in accordo con le raccomandazioni cliniche proposte per pazienti in età pediatrica [116]. Successivamente all’esito del test, i pazienti sono stati classificati in accordo con gli ultimi criteri diagnostici ADA in NGT (Normal Glucose Tolerance), IGT (Impaired Glucose Tolerance), IFG (Impaired Fasting Glycemia) e affetti da DM. Con la sigla IGR (Impaired Glucose Regulation) si definisce qualunque grado di alterazione a livello glucidico (IGT, IFG e DM). Per tutti i pazienti classificati come IGR, è stata eseguita la ricerca di autoanticorpi diretti contro le β cellule pancreatiche per valutare l’eziologia delle iperglicemie. In particolare sono stati studiati gli autoanticorpi associati al diabete di tipo 1, anti-GADA (decarbossilasi dell’acido glutammico) anti-IA2 (tirosin-fosfatasi) e anti-IAA (insulina). Lo studio genetico tramite sequenziamento dei geni candidati è stato effettuato su tutti i bambini, dopo la conferma delle alterazioni glicemiche e negatività per anticorpi contro le βcellule. Nel particolare si è proceduto prima con la ricerca di mutazioni nei geni MODY studiati e successivamente escludendo i casi diagnosticati come MODY, si è proceduto con la ricerca di mutazioni nei geni KCNJ11 e SLC30A8. 32 4.1.1 Studi correlati Dalla coorte originaria è stato selezionato un sottogruppo di 104 bambini sovrappeso/obesi e un sottogruppo di controllo composto da 54 bambini normopeso. Per tutti sono stati valutati i livelli di due tra le principali adipochine prodotte dal tessuto adiposo: l’adiponectina e la leptina. Il loro squilibrio è uno dei meccanismi alla base dell’obesità e dell’insulino-resistenza, nonché probabile mediatore del rischio cardiovascolare associato ad obesità. Tra i 104 bambini selezionati, 43 sono stati rivalutati dopo un anno dal reclutamento. Tra i 535 bambini sono stati genotipizzati 475 per la variante I148M del gene PNPLA3 recentemente associato a steatosi epatica non alcolica (NAFLD) in adulti portatori di questa variante allelica. Per tutti i pazienti oltre i parametri clinici e biochimici raccolti per la popolazione generale sono stati misurati gli indici di danno epatico (ALT e AST ) e l’insulino-resistenza. L’obiettivo è stato valutare la probabile associazione tra i diversi genotipi della variante I148M e l’aumentata suscettibilità verso danni epatici e verso le conseguenze metaboliche in una popolazione di soggetti obesi. 4.2 Donne con diagnosi di Diabete Gestazionale Alla luce dei risultati presenti in letteratura riguardo studi genetici sul GDM che stimano una prevalenza del 2–5% di mutazioni di GCK nel diabete gestazionale, suggerendo una prevalenza approssimativa del MODY 2 nella popolazione generale del 0,04-0,10% [117]. Tenendo conto di quanto espresso precedentemente riguardo le linee guida per l’analisi genetica del gene GCK, è stata reclutata una coorte di donne con diagnosi per diabete gestazionale. La selezione è avvenuta valutando le alterazioni glicemiche riscontrate in gravidanza, l’assenza di importanti fattori di rischio per GDM e di nota familiarità per diabete, tenendo conto de criteri di inclusione per lo screening del gene GCK in pazienti con diabete gestazionale. A tale scopo sono state selezionate 25 donne, di cui 9 con diagnosi di GDM, 16 con 33 pregresso GDM tutte sottoposte ad anamnesi (tramite l’ausilio di una scheda prestampata) ed esame obiettivo, e precedentemente alla valutazione clinica, ad OGCT e/o OGTT secondo le linee guida ed in base all’epoca gestazionale. Per evidenziare eventuali mutazioni responsabili o comunque correlate al diabete gestazionale o ad altre alterazioni del metabolismo glucidico sono state analizzate le porzioni codificanti del gene GCK nella suddetta coorte. 4.3 Pazienti diabetici Tra 31 pazienti afferenti agli ambulatori della SCDU Medicina Interna 3 ad Indirizzo Metabolico di Torino, affetti da diabete diagnosticato come tipo 2, ma con caratteristiche cliniche particolari e non del tutto definite, sono stati selezionati per l’indagine genetica nel gene GCK 9 soggetti in collaborazione con la Prof.ssa Trovati,. La selezione è avvenuta seguendo le linee guida proposte per il sottotipo MODY2 (mild fasting hiperglycemia) e riportate in precedenza, nella tabella 3 sono riportate le caratteristiche fenotipiche dei pazienti selezionati. Nascita (anno) Sesso Età di diagnosi BMI Glicemia 0’ (mg/dL) HbA1c (%) c-pep (ng/mL) GADA (U/mL) vn≤1 Familiarità nota 1958 M 14 aa 24,69 100 8,0 2,94 0,02 2 generazioni 1942 F 30 aa 35,15 143 6,5 4,91 0,01 2 generazioni 1987 F 15 aa 16,80 115 6,3 0,82 0,05 2 generazioni 1962 F 26 aa 34,23 130 7,9 3,50 0,01 3 generazioni 1956 F 21 aa 23,01 140 7,3 2,80 0,01 3 generazioni 1947 F 28 aa 25,79 103 8,3 2,62 0,03 3 generazioni 1952 M 28 aa 27,97 150 8,3 2,02 0,03 2 generazioni 1962 F 13 aa 26,82 122 6,3 1,40 0,01 3 generazioni 1963 M 28 aa 25,90 150 6,3 2,47 0,01 3 generazioni Tabella 3: Caratteristiche fenotipiche sulle quali sono stati selezionati i pazienti per lo screening del gene GCK. 34 5. Materiali e metodi 5.1 Genetica 5.1.1 Estrazione del DNA I campioni ematici delle popolazioni in esame sono stati raccolti e conservati con EDTA (EtilenDiamina-TetrAcetato) a –20° C per un breve periodo. Il DNA per l’analisi genetica è stato estratto da sangue intero con il metodo del Salting-Out [118] Questo metodo si basa sul principio della diminuzione della solubilità delle proteine e precipitazione delle stesse ad alte concentrazioni di sale. Questa tecnica estrattiva prevede l’isolamento delle cellule nucleate del campione dopo aver eliminato per lisi i globuli rossi. I leucociti così isolati vengono trattati allo scopo di estrarre gli acidi nucleici e degradare le proteine presenti, che vengono allontanate mediante precipitazioni con sali. Protocollo Salting –Out: 1’ GIORNO Trasferire 5 mL di sangue intero in EDTA e portare a volume 35 mL con Buffer Lysis (Sucrose 0,32 M, TRIS HCl 10mM pH7,5, MgCl2 5mM, TRITON X-100 0,01%) Porre in ghiaccio 10’-15’ Centrifugare a 4000 rpm, 4° C per 10’ Eliminare il surnatante e aggiungere 10 mL di Fisio Buffer (NaCl 75 mM, EDTA 25 mM) Centrifugare a 4000 rpm, 4° C per 10’ Risospendere il pellet in 3 mL di Buffer A (TRIS HCl 10 mM, EDTA 2 mM) Aggiungere 10 µL di SDS 10% e 250 µL di Proteinase K (20 mg/dL) Incubare 2h in bagnetto termostatato a 65° C Aggiungere 500 µL di NaCl saturo e vortex per 15’’ Centrifugare a 2800 rpm 4 °C per 20’ Trasferire il surnatante in una nuova falcon tube 50 mL e aggiungere un pari volume di Cloroformio Centrifugare a 2800 rpm 4 °C per 10’ 35 Prelevare il surnatante e aggiungere un pari volume di Isopropanolo Incubare overnight a -20° C 2’ giorno Il DNA precipitato è rimosso con una hooked pasteur e trasferito in una provetta con 1 mL di Etanolo 70% Centrifugare a 13000 rpm per 10’ Eliminare le tracce di etanolo per evaporazione e risospendere il DNA in 500 µL di T.E (TRIS HCl 10mM, EDTA 1mM, pH7,6) o acqua distillata. Dopo l’estrazione del DNA, la concentrazione dei campioni è stata valutata tramite l’utilizzo di un fluorimetro (Q-BIT Invitrogen). La qualità del DNA è stata valutata mediante corsa elettroforetica con un gel di agarosio allo 0,8% 5.1.2 Disegno dei primers I primers per le reazioni di amplificazione sono stati disegnati de novo a partire dalle sequenze presenti nelle banche dati per i geni GCK e HNF-1α utilizzando il programma PRIMER 3 (http://www-genome.wi.edu/cgi-bin/primer/primer3_www.cgi) mentre per HNF-4α sono stati usate sequenze di primers già riportate in letteratura. I primers, rispettano le caratteristiche richieste per una progettazione ottimale: lunghezza da 16 a 20 bp, temperatura di melting (TM) circa uguale per il primer forward e il primer reverse valutata secondo la formula: TM = 4(G+C) + 2(A+T) °C Questo studio ha l’obiettivo di ricercare qualunque variabile genetica localizzata all’interno delle porzioni codificanti e nelle regioni di regolazione dei geni studiati. Il metodo della PCR tradizionale per le regioni di interesse seguito del sequenziamento diretto permettono di ottenere l’esatta sequenza nucleotidica degli esoni che costituiscono la porzione codificante del gene. 36 GENE GCK HNF-1α HNF-4α LOCUS CROMOSOMICO 7p13 12q24.31 20q13.12 NUM. GENE ACCESSION NM_000162.2 NM_000545.4 NM_000457.3a OMIM * (Gene) 138079 142410 600281 OMIM # (Phenotype) 125851 600496 1125850 Tabella 4: Referenze Genbank delle sequenze dei geni di interesse 5.1.3 Amplificazione tramite Polimerasi Chain Reaction (PCR) Le reazioni di amplificazione per lo studio dei geni GCK, HNF-1α e HNF-4 α sono state effettuate in un volume finale di 25 μL. Sono stati messi a punto i protocolli per le reazioni di PCR di tutte le coppie di primers specifici ottimizzando le concentrazione di tutta la gamma dei reagenti che compongono la mix di reazione mediante prove empiriche. Per ogni reazione tramite PCR è stato preparato un controllo negativo (senza il DNA) per identificare eventuali contaminazioni. La miscela di reazione messa a punto per i geni studiati è così composta: 40-60 ng di DNA genomico in un volume di 3 μL 10 X buffer Amplitaq Gold DNA polimerasi senza MgCl2 (Applied Biosystems) 2,5 μL MgCl2 1,5 - 2,0 μL/ 2,5 mM dNTPs 2 μL/ 2,5 mM Primer Forward 0,75 μL /20 μM Primer Reverse 0,75 μL /20 μM 5 U/μlL AmpliTaq Gold DNA polimerasi (Applied Biosystems) 0,2 μL H2O a volume I campioni di DNA sono stati amplificati tramite la reazione PCR con l’utilizzo di un Termo Cycler (GeneAmp 9700, Perkin Elmer, Applied Biosystem). Dopo un’iniziale fase di denaturazione a 95°C per 10 minuti, è stato applicato un numero di 37 cicli ottimizzato per ogni gene, con una fase di denaturazione a 95°C per 30 secondi, una fase di appaiamento per 30 secondi alla temperatura ottimale primer-specifica e una fase di estensione a 72°C per 30 secondi. Dopo l’ultimo ciclo, tutti i prodotti di PCR sono stati sottoposti ad una estensione finale di 7 minuti a 72°C. Tutte le coppie di primers e le condizioni di amplificazione utilizzate in questo studio sono riportate in Tabella 5 (a-c) ESONE PRIMER SEQUENZA 5'3' PROM F GCK GGCAAAGGCTTAACAGGCTA PROM R GCK TTCTCCAGGCAGGGCCAT Ex 1AF GCK CTGAACCTCAAACCCCAAACC Ex 1AR GCK TCGCAGGACCAGAGTCCA Ex 2F GCK GGTGTGCAGATGCCTGGT Ex 2R GCK TGGCTGTGAGTCTGGGAGT Ex 3F GCK TTGTGCCTTCCCTCCTCCT Ex 3R GCK CCACCCCTGGTAGACAGGT Ex 4F GCK CATTCAGTGGCCAGGTGTTG Ex 4R GCK GAATCCAGATCTCCCTTCTGAG Ex 5 e 6F GCK CTGTGCAGGAGGTAGTGACA Ex 5 e 6R GCK AGGGCCCTTGAAGCCTGT Ex 7F GCK TTGTTCCAGACAAAGCAGAGAC Ex 7R GCK CAAGCCCATTATCTGCAATGG Ex 8F GCK ACCTCAGTGGGGAGCAGT Ex 8R GCK GTCGCCCTGAGACCAAGTC Ex 9F GCK CCCTCCCTGGAGAACGAGA Ex 9R GCK GGGGACGAGAAGAGGACTAC Ex 10F GCK GCGCCCGGTAATGAATGTG Ex 10R GCK AAGAGGCCCGCTCTGTTC PROMOTER ESONE 1 ESONE 2 ESONE 3 ESONI 4 ESONE 5,6 ESONI 7 ESONE 8 ESONE 9 ESONE 10 Tabella 5a: set di primers per il gene GCK 38 Condizioni PCR MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 1,5 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (15’’ 15’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 58°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 ESONI PRIMER SEQUENZA 5'3' Ex 1F HNF1A CCTTCCCAGCAACTAGGCTA Ex 1R HNF1A GCAGTGGGTGCAAGGAGT Ex 2F HNF1A CCACCTATGAGTTAGGGGAGA Ex 2R HNF1A CCACCCTCAGGGTTGACA Ex 3F HNF1A CTGGACAGCCTTTTACAGGA Ex 3R HNF1A AGCGCCATGGCAATGAGA Ex 4F HNF1A TGGAACCAAACTGAAGTGCA Ex 4R HNF1A CTCAAACCCTCCGGCAGA Ex 5 e 6FHNF1A GCTCTTCCAGCTCCTGGA Ex 5 e 6 HNF1A AGCTGGCCTAAGCAAACCA Ex 7F HNF1A CCCTTTCCCCTGCATCCA Ex 7R HNF1A AACCACGGGCTCTGGGAA Ex 8 e 9F HNF1A CTAGGCCTGCTGCATGCA Ex 8 e 9R HNF1A CCAGTCTGGCTGTTCAGCA Ex 10F HNF1A TCAGAGCCCTCCCTTTCTGA Ex 10R HNF1A CCCCATCCTGAGTACCCCTA ESONE 1 ESONE 2 ESONE 3 ESONE 4 ESONI 5,6 ESONE 7 ESONI 8,9 ESONE 10 CONDIZIONI PCR MgCl2 1,5 60°C (15’’ 15’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 60°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 60°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 60°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 60°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 60°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 MgCl2 1,5 59°C (15’’ 15’’ 30’’)X 35 MgCl2 2,0 60°C (30’’ 30’’ 30’’)X 35 Tabella 5b: set di primers per il gene HNF-1α ESONE PRIMER SEQUENZA 5'3' HNF4a-Pro1F CAAGGATCCAGAAGATTGGC HNF4a-Pro2R GGTCCAGTGCAGCACTGTAG HNF4a-P2BF CGCCTGTATGCAACTCC HNF4a-P2BR CAAAGCTGACCGCAGTC HNF4a-Pro2F TCATGATGCCTGCCTTGTAC HNF4A-EX1CR1 CTCTCTGAACCTAGGCCCAA HNF4a-Ex1bF CATGCGGACCTGTTGGAGTG HNF4a-Ex1bR2 CACAAGATTCCAGACCTCAG HNF4a-Ex2F AAGGCTCCCTTAGATGCCTG HNF4a-Ex2R CCACTCAGGGAGAAGACAGACCT HNF4a-Ex3F CCTAGTTCTGTCCTAAGAGG HNF4a-Ex3R GTCATAAAGTGTGGCTACAG HNF4a-Ex4TF CTCCTCATCAGTCACAGACAC HNF4a-Ex4TR GCAAACTGGGCCATGTGAAAC HNF4a-Ex5F1 ACATCTGATTCCAGGGAG HNF4a-Ex5R AATCAAGCCAGTCCACGGCTAT HNF4a-Ex6F GCCCAGCGTCACTGAGTTGGCTA HNF4a-Ex6R TTGCCTGGGTGAGTGCCATG HNF4a-Ex7F GCACCAGCTATCTTGCCAAC HNF4a-Ex7R AGGAGAAGTCTGGCAGAGCG HNF4a-Ex8bF TTGTTGAGGTCCCTGAATCCTT HNF4a-Ex8bR ACAGATATCCACGCATCCATACA HNF4a-Ex9sF GATGGCGTCCCAAGGCCTGAG HNF4a-Ex9sR TCCTGCCTCCTGTCTTAAGCC HNF4a-Ex10F CATTTACTCCCACAAAGGCT HNF4a-Ex10R GACCACGTGATCACCAGGTG CONDIZIONI PCR MgCl2 1,5 mM 59,5°C (30’’30’’30’’)X 35 PROMOTER 1 MgCl2 2,0 mM 58°C (20’’30’’1’)X 35 ALT PROMOTER 2 MgCl2 1,5 mM 59,5°C (30’’35’’40’’)X 32 ESONE 1+1C MgCl2 2,0 mM 58°C (20’’30’’1’)X 35 ESONE 1B MgCl2 2,0 mM 59,5°C (20’’30’’40’’)X 35 ESONE 2 MgCl2 2,0 mM 58°C (20’’30’’1’)X 35 ESONE 3 MgCl2 2,0 mM 58°C (20’’30’’1’)X 35 ESONE 4 MgCl2 2,0 mM 58°C (20’’30’’1’)X 35 ESONE 5 MgCl2 2,0 mM 58,5°C (20’’30’’40’’)X 35 ESONE 6 MgCl2 2,0 mM 59,5°C (20’’30’’40’’)X 35 ESONE 7 MgCl2 2,0 mM 58,5°C (20’’30’’40’’)X 35 ESONE 8 MgCl2 2,0 mM 58,5°C (20’’30’’40’’)X 35 ESONE 9 MgCl2 2,0 mM 58,5°C (20’’30’’40’’)X 35 ESONE 10 Tabella 5c: set di primers per il gene HNF-4α 39 5.1.4 Elettroforesi su gel di agarosio Dopo la reazione di PCR, 5 L dei prodotti di amplificazione sono stati separati elettroforeticamente su un gel di agarosio al 2% in TBE 1X con aggiunta di bromuro di etidio e visualizzati mediante transilluminatore a luce UV. DNA 100 bp LADDER DNA MASS LADDER 500bp 400bp 300bp 200bp 100bp Figura 4: Fotografia di una corsa elettroforetica con frammenti di DNA amplificato lunghi 458 bp. Nella Line 1 è stato 100 seminato DNA100 bp ladder, nella Line 7 DNA Mass Ladder.(5 ng,10 ng,20ng,40ng, 60 ng,100ng) 100 100 100 100 4.1.5 Purificazione dei prodotti PCR La purificazione dei prodotti PCR è stata eseguita per mezzo di un composto enzimatico ExoSap-IT (Amersham Biosciences, USB Corporation). Questo reagente è costituito da una esonucleasi e una alcalin-fosfatasi, due enzimi proteolitici che permettono di rimuovere i dNTPs, i primers, e anche i residui di DNA single stranded dal prodotto PCR. Secondo le istruzioni della casa produttrice, il reagente è aggiunto direttamente al prodotto amplificato. Dopo il veloce passaggio da effettuare in ghiaccio segue un incubazione di 37 °C per 15’ e una fase di inattivazione enzimatica a 80° C per 15’. 4.1.5. Reazione di sequenziamento ed analisi delle sequenze Per le reazioni di sequenza è utilizzato il kit ABI PRISM Big Dye Terminator Cycle Sequencing (V1.1 o V2.1 Perkin Elmer, Applied Biosystem) ed i primers specifici di ciascun frammento. Le reazioni sono effettuate in un volume finale di 10 μL. La composizione finale di una miscela di reazione è la seguente : 40 DNA 0.3 μL primer 10 μM ( reverse o forward) 3,2 μL di Mix di buffer di reazione (200 mM Tris HCl pH 8 / 5 mM MgCl2) 0,8 μL di Big Dye Terminator Mix (contenente la DNA polimerasi e i 70 ng per un frammento di media lunghezza circa 400bp (20 ng ogni 100bp) dideossinucleotidi marcati con quattro differenti fluorocromi) H 2O a volume Per la reazione di sequenziamento è utilizzato il seguente programma: 96°C per 10’’ 50°C per 5’’ 60°C per 4’ 4°C per ∞ Per 30 cicli Le reazioni di purificazione e sequenza sono state eseguite presso il servizio di sequencing tramite un sequenziatore ABI PRISM 3730 (Perkin Elmer, Applied Biosystems). Per la lettura e l’elaborazione dei cromatogrammi di sequenza e sono utilizzati i programmi BIOEDIT e blast two sequence (NCBI) 5.2 Immunologia 5.2.1 Metodi radioimmunologici (RIA) per determinazione degli autoanticorpi La presenza di auotanticorpi circolanti anti-GAD, anti-IA2 e anti-IAA è stata misurata mediante dosaggio radioimmunologico (RIA) su campioni di siero usando appositi kit provvisti di marcato radioattivo (GAD-Antibody Radioassay, Insulin-Antibody 125 I Radioassay, IA2-Antibody 125 I 125 I Radioassay, DLD Diagnostika GMBH, Hamburg, Germany). Il limite di normalità per GAD e IA2 in questi test è ≤ 1 IU/mL. La metodica per la determinazione dei GAD presenta un coefficiente di variabilità (CV) intra-assay di 3,6% e inter-assay di 4.9%. Il metodo IA2 ha un CV intra-assay compreso tra 2,5 - 2,8% e un CV 41 inter-assay compreso tra 3,3 e 3,5%. Per quanto riguarda gli anticorpi anti insulina IAA, il limite di normalità è ≤ 0,4 IU/mL con CV intra-assay compreso tra 3,0 – 5,8 % e un CV interassay tra 4,2 e 6,7 %. Descrizione del metodo: Questo metodo analitico si basa sul principio di “competizione” tra l’antigene marcato con I 125 e l’antigene non marcato (gli anticorpi presenti nel siero) ai siti di legame limitati e costanti presenti sull’ anticorpo. La quantità di tracciante legato all’anticorpo decrescerà quindi in maniera proporzionale all’aumento della concentrazione dell’antigene non marcato. In un sistema di questo tipo possono essere misurate: la frazione legata all’anticorpo, la frazione libera o entrambe. Tramite l’utilizzo di un sistema di conteggio per i CPM “colpi per minuto” effettuato con un gamma counter collegato ad un computer è possibile elaborare la curva standard e ricavare la quantità di antigene presente nei campioni sconosciuti. Protocollo standard del metodo radioimmunologico usato per la determinazione degli autoanticorpi: Dispensare 20 µL degli standards, dei controlli e dei campioni da dosare all’interno dei corrispondenti tubi Pipettare 50 µL di tracciante radioattivo ricostituito (I125) in tutti i tubi compresi quelli per la determinazione dell’attività totale del tracciante. Mixare e incubare (l’incubazione è specifica per ogni autoanticorpo da determinare) Dispensare 50 µL di proteina A necessaria per la precipitazione del complesso antigene-anticorpo in tutti i tubi di reazione escluso quello per l’attività totale Incubazione (specifica per ogni anticorpo) e aggiunta di 1mL di Buffer a 4°C Centrifugare per 15’ a 3000 x g (4°C ) Aspirare il surnatante e leggere per 1’-2’ al gamma-counter 42 5.3. Analisi Statistica I risultati sono stati espressi come media +/- deviazione standard (DS) laddove è stata verificata la distribuzione normale delle variabili. Per le variabili continue (ordinali) in caso di confronto tra medie è stato utilizzato il test t di Student per campioni indipendenti o per dati appaiati dove applicabile. Per variabili con distribuzione non normale (trigliceridi, HOMA_IR, etc) sono stati impiegati test nonparametric (Mann-Withney U-test) oppure sono stati analizzati con test parametrici dopo trasformazione logaritmica. Variabili quantitative sono state confrontate con i test chi-square o Fisher. E’ stata effettuata l’analisi di regressione logistica per stimare quali determinanti fossero indipendentemente associati con IGR. Sono stati assunti come significativi i risultati con valori di p < 0,05. Le analisi sono state effettuate utilizzando il programma SPSS versione 8 per Windows (SPSS Chicago). 43 6. Risultati 6.1 Bambini sovrappeso/obesi 6.1.1 Valutazione delle iperglicemie All’interno della coorte originaria costituita da 535 bambini e adolescenti sovrapeso/obesi sono risultati IGR 58 soggetti con una prevalenza di alterazioni IGR di 11,4% (61/535) dato che 3 soggetti presentavano contemporaneamente IFG e IGT (vedi figura). La frequenza per IFG nei 535 soggetti è risultata di 7,66% quella per IGT del 3,18% e dello 0,56% per DM. IFG è risultato Il sottotipo IGR più rappresentato con una percentuale del 67,2% (41/61). Dei 41 bambini IFG 3 (7,3%) hanno mostrato contemporaneamente alterazioni dopo carico orale di glucosio (IGT) rappresentando la condizione indicata come CGI (Combined Glucose Intolerance). Sono stati classificati IGT 14 soggetti che presentavano normali valori di glicemia a digiuno, mentre sono risultati 3 casi di diabete su 61 ovvero 4,9% (2 diagnosticati dopo una confermata glicemia basale patologica e il terzo dopo confermata OGTT). GRUPPO STUDIATO n 535 SOGGETTI 100% SOGGETTI NGR n 477 89,15% SOGGETTI IGR n 58 18,85% ALTERAZIONI GLICEMICHE n 61 IN 58 SOGGETTI 11,4% SOGGETTI IFG n 41 * 7,66% SOGGETTI IGT n 17 * 3,18% SOGGETTI DM n3 0,56% Figura5 Numeri e prevalenza di pazienti con normali valori glicemici (NGR), con alterata glicemia basale (IFG), con alterata tolleranza al glucosio (IGT) e con diabete mellito (DM) nella coorte studiata. *Tre pazienti presentano contemporaneamente IFG e IGT 44 % Alterazioni Glicemiche 5% 5% IFG 24% IGT CGI DM 66% Figura 6: Differenza nella distribuzione delle diverse forme IGR nella popolazione di 58 bambini sovrappeso/obesi sardi. 6.1.2 Analisi Immunologica Data la alta prevalenza del diabete autoimmune in Sardegna, è stata valutata la presenza di anticorpi circolanti in tutti i 58 bambini classificati come IGR. Positività verso gli autoanticorpi è stata trovata in 2 dei 3 bambini diagnosticati come diabetici, entrambi con un alto titolo (5,48 e 37,71 IU/mL) per gli anticorpi anti–GAD (7,53 e 9,28 IU/mL) per gli anticorpi anti-IA2 ricordando che il range di normalità per la determinazione di questi anticorpi è ≤1 IU/mL Uno dei due pazienti (quello con titolo inferiore per GAD e per IA2) ha mostrato un quadro di completa positività verso gli autoanticorpi studiati presentando un titolo di 5,836 IU/mL per gli anticorpi anti IAA, dove il range di normalità è di ≤0,4 IU/mL. In questi 2 casi si è quindi potuta confermare la diagnosi di T1DM autoimmune. Escludendo i tre pazienti con diagnosi di diabete, sono risultati positivi ad un singolo anticorpo il 3,6% (2/55) dei soggetti con una condizione pre-diabetica: un soggetto IFG con titolo borderline di 1,78 IU/mL per GADA mentre l’atro classificato come IGT ha mostrato titolo 2,7 IU/mL sempre per GADA (119) 45 6.1.3 Analisi Genetica : GCK, HNF1-α, HNF4-α Tutti i bambini e adolescenti obesi, i quali hanno mostrato alterazioni glucidiche confermate nel tempo, assenza di positività per gli autoanticorpi GAD, IA2 e IAA con o senza familiarità nota per diabete, sono stati sottoposti a screening per mutazioni nei geni GCK causa di MODY 2 e HNF-1α causa di MODY 3. L’ indagine genetica è stata eseguita valutando il contributo di geni e loci di suscettibilità noti e non noti in tutti i bambini/adolescenti in modo da ottenere un dato primitivo di prevalenza sulle forme di diabete monogenico in Sardegna. I test di biologia molecolare sono stati eseguiti su 45 bambini sia per il gene GCK che per HNF-1α. Nei casi in cui è stata riferita una familiarità nota per diabete (2 bambini) si è proceduto anche con l’esecuzione dei test genetici per il gene HNF-4α causa più rara di MODY 1. Lo studio del gene GCK, non ha mostrato risultati particolarmente significativi. In tabella 6 sono riportati gli SNPs (Single Nucleotide Polymorphism) ritrovati nelle regioni introniche e i polimorfismi sinonimi e non sinonimi individuati nelle regioni esoniche. L’unica mutazione individuata è una delezione frameshift, con slittamento del codice di lettura, come mostrato nella figura del cromatogramma di sequenza. La mutazione trovata, all’interno dell’esone 7, è una lunga delezione in eterozigosi di 22 paia di basi (L271fsdel22) che con molta probabilità è responsabile del classico fenotipo riportato. Figura 7: Cromatogramma della delezione L271fsdel22 nel gene GCK (CASO 1) 46 SNPs Referenza N° di portatori Prom -30 G>A rs 1799884 19 (di cui 2 in omozigosi) IVS4 +87 A>C rs 2268573 17 (di cui 5 in omozigosi) IVS6 +38 T>C rs 2268574 25 (di cui 12 in omozigosi) IVS 9 +8 C>T rs 2908274 7 (di cui 1 in omozigosi) Tabella 6: Referenza e numero dei soggetti portatori di SNPs individuati nel gene GCK L’indagine relativa al gene HNF-1α ha portato all’identificazione di 2 soggetti portatori di mutazioni patogenetiche associate a MODY 3 e diversi casi di polimorfismi sia intronici che esonici alcuni riportati in letteratura come responsabili di suscettibilità per diabete di tipo 2 come riportato in seguito. (vedi tabelle) Le mutazioni causa di MODY 3 sono entrambe mutazioni missense con cambio di un singolo nucleotide presenti in letteratura come causa del sottotipo MODY3. La prima G31D [120] si trova localizzata all’interno dell’esone 1 e vede la sostituzione di una guanina con un’adenina con conseguente cambio della tripletta da GGT (glicina) a GAT (aparagina). La seconda mutazione, T354M [121] nell’esone 5, presenta un cambio di una treonina, amminoacido codificato dalla tripletta ACG con una meteonina codificato dalla tripletta ATG in posizione 354 del polipeptide di riferimento. Figura 8: Cromatogramma della mutazione missense G31D nel gene HNF-1α (CASO 2) 47 Figura 9: Cromatogramma della mutazione missense T354M (esone 5) nel gene HNF-1α (CASO 3) Numerosi studi sono stati condotti riguardo le varianti comuni nei geni causa di MODY e un aumentato rischio per diabete mellito tipo 2 in popolazioni costituite da soggetti normopeso e obesi con risultati contrastanti [122, 123, 124]. Varianti comuni nel gene HNF-1α sono state associate ad alterazioni della secrezione insulinica [124, 125]. Uno studio eseguito su una vasta popolazione scandinava [125, 126] ha evidenziato un’ associazione tra il polimorfismo I27L (rs1169288) e aumentato rischio per diabete tipo 2 con un HR 1,2 (95% C.I. 1,1-1,3) P= 0,0002. Nella nostra popolazione (Figura10), sono risultati portatori del polimorfismo I27L, il 43% dei casi (19/44) tra questi il 10,5 % presentava la mutazione in omozigosi (C/C).Tra i soggetti portatori del polimorfismo il 63% erano IFG il 26% IGT e l’11% CGT. Nessuna differenza è emersa tra i valori di insulinemia dei bambini che mostravano la mutazione sia in eterozigosi che in omozigosi rispetto a quelli wild type (20 ±8,7 µU/mL vs 22 ±8,7 µU/mL). 60,0 50,0 40,0 % A/A 30,0 A/C C/C 20,0 10,0 0,0 genotipi Figura 10: Distribuzione delle frequenze genotipiche, nella popolazione di bambini sovrappeso/obesi per il polimorfismo I27L nel gene HNF-1a 48 SNP o mutazioni Referenza N° di portatori Ex1 L17L rs 1169289 17 (di cui 1 in omozigosi) Ex1 I127L rs 1169288 19 (di cui 2 in omozigosi) IVS1 +91 G>A rs 2244608 8 (di cui 1 in omozigosi) IVS2 -23 C>T rs 1169301 4 (di cui 1 in omozigosi) Ex4 G288G rs 56348580 14 (di cui 3 in omozigosi) Ex7 L459L rs 2259820 14 (di cui 1 in omozigosi) Ex7 S487N rs 2464196 19 (di cui 1 in omozigosi) IVS7 +7 G>A rs 2464195 16 (di cui 4 in omozigosi) Ex8 T515T ENS SNP6126557 12 (di cui 1 in omozigosi) IVS8 +29 T>C rs 1169304 22 (di cui 19 in omozigosi) Ex 9 G574S rs 1169305 22 (di cui 22 in omozigosi) IVS9 -24 T>C rs 735396 10 (di cui 2 in omozigosi) Tabella 7: Referenza e numero dei soggetti portatori di SNPs individuati nel gene HNF1α Per quanto riguarda il gene HNF-4α nei due casi selezionati con nota familiarità diabetica non è stata riportata nessuna variante genetica. A seguire sono riassunte in tabella le mutazioni patogenetiche trovate nella popolazione studiata. GENE MUTAZIONI GENETICHE GCK (MODY2) L271fsdel22 HNF1α (MODY3) G31D T354M HNF4α (MODY1) NESSUNA VARIANTE Tabella 8: Mutazioni genetiche nei geni studiati 49 Famiglie MODY Come ultimo step lo studio genetico è stato allargato alle famiglie di quei soggetti in cui sono state identificate mutazioni nucleotidiche che determinano un cambio amminoacidico della proteina di interesse. Nella figura sottostante è riportato l’albero genealogico della famiglia 1. Come si può notare è evidente la trasmissione verticale, autosomica dominante della mutazione tipica delle forme di diabete monogenico. Lo studio della famiglia ha mostrato la presenza della delezione genetica nell’esone 7, nel nonno, nella madre e nelle due sorelle del probando, già diagnosticato come diabetico. Le due sorelle dopo analisi clinica hanno evidenziato la forma di pre-diabete detta CGI (IFG + IGT) confermando il ruolo patologico di questa delezione e la penetranza genetica completa. Caso 1) Delezione nell’esone 7 del gene GCK di 22 bp Figura 11: Albero genealogico della famiglia 1 50 Caso 2) Mutazione missense G31D Figura 12: Albero genealogico della famiglia 2 Il secondo caso mostra il modello a trasmissione autosomico dominante della mutazione G31D presente in tre generazioni come mostrato nella figura. In questa famiglia con diagnosi per MODY 3 si evince il ruolo patologico della mutazione: la nonna presenta diabete mellito, la madre e lo sesso probando sono classificati come IFG mentre la sorella, normopeso e con normali livelli di glicemia basale, non ha mostrato nessuna mutazione nel gene HNF-1α, essendoci il 50% di probabilità di possedere l’allele mutato per figli di soggetti portatori di mutazioni autosomiche dominanti in eterozigosi. Caso 3) Mutazione missense T354M Figura 13: Albero genealogico della famiglia 3 Il terzo albero genealogico mostra il modello di penetranza della mutazione T354M localizzata nell’esone 5. 51 ll nonno presenta diabete mellito, la madre e lo sesso probando sono classificati come IFG mentre la sorella del probando non ha presentato nessun tipo di alterazione nella regolazione del glucosio dopo i test clinici. Data l’età del soggetto, i valori glicemici normali non escludono lo scaturire della patologia negli anni successivi e quindi la penetranza completa della mutazione T354M. In questo caso è auspicabile intervenire con una terapia di prevenzione. 6.1.4 Identificazione di geni responsabili nelle forme non classificabili come MODY: determinazione delle mutazioni nei geni SLC30A8 e KCNJ11 Nei soggetti negativi per geni MODY noti, sono stati sequenziati 2 geni coinvolti nella secrezione insulinica, SLC30A8 e KCNJ11: 1. SLC30A8 (ZnT-8): un recente studio genetico di associazione svolto allo scopo di identificare nuovi loci di rischio per il T2DM ha identificato un SNP non sinonimo (R325W, rs13266634) nel gene SLC30A8 localizzato in una regione di 33-kb in linkage disequilibrium sul cromosoma 8 [127]. Il gene SLC30A8 codifica per uno zinco-trasportatore espresso unicamente nelle vescicole secretorie delle β cellule. Nelle cellule pancreatiche umane, la sovraespressione di ZnT-8 stimola l’accumulo di zinco ed aumenta la secrezione insulinica glucosio-indotta [128]. Dalla popolazione originaria un totale di 50 bambini e adolescenti di cui 25 normoglicemici (92 ± 5) e 25 iperglicemici (106 ± 6) sono stati selezionati per lo studio della variante rs13266634 T>C del gene SLC30A8. I dati, ancora preliminari, non evidenziano nessuna differenza statisticamente significativa nelle frequenze alleliche tra controlli (C carriers, 66%) e iperglicemici (C carriers 85 %). 2. KCNJ11: (potassium inward-rectifier 6.2, Kir6.2) KCNJ11 Come già riportato nella parte sulla classificazione del diabete monogenico PNDM, il gene KCNJ11 codifica per uno dei componenti del canale del potassio della β cellula ed è un elemento essenziale per la normale secrezione insulinica stimolata dal glucosio [129]. 52 Numerosi, studi precedenti hanno evidenziato che la variante E23K (sostituzione G>A) è associata a diabete di tipo 2. In particolare l’omozigosità per l’allele A (K/K) è significativamente più frequente nei soggetti diabetici [130]. Studi di meta-analisi confermano questo dato [131]. L’analisi genetica è stata effettuata su tutti i pazienti risultati negativi per lo studio dei geni MODY. Sono stati individuati 5 SNPs noti E23K (rs5219 A>G), A190A (rs5218 C>T), L270V (rs1800467 C>G) I337V (rs5215 G>A) K381K (rs8175351 G>A) Non è stata osservata nessuna differenza significativa nelle frequenze genotipiche e alleliche dei diversi SNPs. L’analisi della variante E23K del gene KCNJ11 è stata successivamente studiata in una popolazione di controllo costituita da bambini con normali livelli glicemici. Il 26,7% dei bambini/adolescenti IGR contro il 19,2% del gruppo senza alterazioni della glicemia è risultato portatore del genotipo A/A E23K del gene (p=NS). Il genotipo A/G è equamente distribuito fra i due gruppi (41,5% in entrambi), mentre il genotipo G/G prevale tra i bambini NGR (39,2% vs 31,1% dei bambini IGR). I portatori del genotipo A/A sono iperinsulino secernenti rispetto ai portatori del genotipo A/G o G/G in particolare: genotipo A/A: HOMA-B% medio: 299,11; genotipo A/G G/G: HOMA-B% medio 249,26 (p<0,04). Questi dati preliminari suggeriscono che la variante E23K del gene KCNJ11 potrebbe essere associata ad una alterata glicemia in soggetti obesi sardi pur non raggiungendo la significatività. Studi su una popolazione più numerosa sono in corso per confermare questo dato. Risulta invece significativa l’associazione tra il genotipo A/A della variante E23K e la secrezione insulinica, suggerendo in possibile ruolo nell’alterazione della sintesi insulinica nei portatori. 53 6.1.5 Studi correlati Per quanto riguarda le due adipochine prese in esame, nella sottopopolazione studiata (104 bambini e adolescenti sovrappeso/obesi e 54 controlli normopeso), i livelli di adiponectina sono risultati 3 volte più alti nel gruppo dei normopeso rispetto ai valori riportati per il gruppo dei bambini sovrappeso/obesi (5,7 ± 3,7 µg/mL vs 18,2 ± 8 µg/mL) così come la leptina che risultava essere significativamente più alta nei bambini sovrappeso/obesi rispetto al gruppo di controllo (19,7 ± 14,1 ng/mL vs 6,8 ± 7,1 ng/mL). Tra i 104 bambini selezionati, 48 (47,5%) si sono ripresentati dopo un anno per un follow-up. Durante il periodo trascorso, la quasi totalità dei soggetti aveva apportato alcuni cambiamenti nello stile di vita (dieta, attività fisica) anche se solo alcuni mostravano significativi cambiamenti di peso. Al follow-up, il cambiamento più significativo si è osservato nella concentrazione di adiponectina che ha mostrato un incremento del 245% (p<0,0001) pari ai livelli osservati nei bambini di peso normale. I livelli di leptina invece non hanno dimostrato cambiamenti associati a risultati metabolici positivi, rimanendo comunque ad alti livelli al follow-up. A distanza di un anno, indipendentemente dalla perdita di peso, nei bambini che avevano apportato delle migliorie riguardo lo stile di vita, i valori di HOMA-IR e adiponectinemia associati alla percentuale di massa grassa, hanno mostrato significativi miglioramenti rispetto ai valori basali. Gli interessanti risultati ottenuti mostrano come i livelli di adiponectina circolante, potrebbero rappresentare un buon biomaker per valutare l’efficacia di cambiamenti sullo stile di vita nei bambini obesi/sovrappeso [132]. L’obesità infantile è un problema sempre più diffuso in diverse regioni del mondo e proporzionalmente a tale incremento anche la steatosi epatica non alcolica (NAFLD, spesso associata ad obesità ed insulino resistenza, si riscontra sempre più frequentemente nei bambini. La variante I148M del gene PNPLA3 è stata recentemente associata ad un aumento di NAFLD ed alanina amminotransferasi (ALT). Nella popolazione studiata le transaminasi, markers di danno epatico, sono risultate significativamente più alte nei portatori di due alleli I148M: circa 52% per ALT (P=0,001) 54 e circa 17,4% per AST (P=0,022) indipendentemente da età, sesso e BMI. Inoltre la prevalenza di steatosi epatica all’ecografia è risultata molto più alta negli omozigoti mutati (33%) rispetto agli omozigoti wild-type (13%). Le variazioni tra i tre genotipi nella tolleranza glucidica e resistenza insulinica non sono invece risultate significative confermando che la variante non sinonima I148M si associa ad un aumento dei markers di danno epatico suggerendo un ruolo importante nella suscettibilità genetica a sviluppare epatopatie anche in bambini e adolescenti obesi [133] 6.2 Donne con diagnosi di diabete gestazionale L’analisi genetica è stata eseguita su 25 donne di cui 9 con diagnosi di GDM e 16 con pregresso GDM, tutte con familiarità diabetica ed età di diagnosi inferiore ai 33 anni e con livelli di glicemia basale compresi in un range che andava da 60 mg/dL a 110 mg/dL con un valore medio di 84,6 ± 12,2 mg/dL. Per le pazienti che hanno effettuato OGTT (20/25) incremento medio alla seconda ora è stato di 70,2 ± 36,7 mg/dL. L’ indagine genetica ha portato all’ individuazione di alcuni SNPs noti del gene GCK ritrovati anche nelle altre popolazioni studiate. Nessuna mutazione nel gene GCK associata ad alterazioni dei livelli glucidici è stata trovata nella popolazione investigata. Tutti gli SNPs sono riportati in letteratura e tutti sono situati nelle regioni non codificanti del gene: -30 G>A (rs1799884), -84C>G (rs 13306391), IVS4 +87 A>C (rs 2268573), IVS6 +38 T>C (rs 2268574), IVS9 +8 C>T (rs 2908274), IVS9 +49 G>A (rs 13306387). I risultati ritrovati nella nostra popolazione e riportati nella tabella 9 mostrano come le varianti introniche IVS4 +87 A>C e IVS6 +38 T>C siano presenti nella maggior parte delle pazienti sottoposte a screening con una percentuale dell’ 80% (20/25) per entrambe le varianti. I portatori del polimorfismo nell’introne 4 in eterozigosi rispetto alla popolazione totale sono il 52%, quelli in omozigosi sono il 28% Le frequenze alleliche per questo SNPs sono risultate del 46% per l’allele wild type A e del 54% per l’allele mutato C. Per IVS6 +38 la percentuale è risultata del 56% per gli eterozigoti e del 24% per gli omozigoti sulla 55 popolazione totale (frequenze alleliche: 52% per l’allele T e 48% per l’allele C). Le frequenze riportate per questi due SNPs nella coorte studiata, sono molto simili a quelle riportate nella popolazione europea. Per il polimorfismo IVS4 +87 A>C le frequenze riportate sono: A/A 0,224, A/C 0,466, C/C 0,310 (ss5724382). Per IVS6 +38 T>C le frequenze sono C/C 0,305, C/T 0,475, T/T 0,220 (ss52074383). E’ interessante notare come delle 7 pazienti con mutazione in omozigosi per IVS 4, 6 fossero portatrici della variante in omozigosi anche per l’altro SNPs nell’introne 6, mentre 4 pazienti su 25 erano wild type per entrambe le varianti riportate, come a mostrare l’esistenza di un associazione allelica, in grado di determinare aplotipi differenti e ben caratterizzanti. 56 PROM -30 PROM -84 INT4 INT6 INT9 1 WT WT IVS4+87°>C (A/C) WT WT 2 WT WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 3 -30G>A (G/A) WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 4 -30G>A (G/A) WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 5 WT WT WT WT WT 6 WT WT IVS4+87°>C (C/C) IVS6+38T>C (T/C) IVS9+8 C>T(T/C) 7 WT WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 8 WT -84 C>G (C/G) IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 9 WT WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) IVS9+49 G>A(G/A) 10 -30G>A (G/A) WT IVS4+87°>C (C/C) IVS6+38T>C (C/C) IVS9+8 C>T(T/C) 11 WT WT WT WT WT 12 WT WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 13 WT WT WT WT WT 14 -30G>A (A/A) -84 C>G (C/G) IVS4+87°>C (C/C) IVS6+38T>C (C/C) WT 15 WT -84 C>G (C/G) WT IVS6+38T>C (T/C) WT 16 -30G>A (A/A) -84 C>G (C/G) IVS4+87°>C (C/C) IVS6+38T>C (C/C) IVS9+8 C>T(T/C) 17 -30G>A (G/A) WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) IVS9+8 C>T(T/C) 18 WT WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 19 WT WT IVS4+87°>C (C/C) IVS6+38T>C (C/C) WT 20 WT WT IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 21 -30G>A (A/A) -84 C>G IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 22 -30G>A (A/A) -84 C>G IVS4+87°>C (C/C) IVS6+38T>C (C/C) IVS9+8 C>T(T/C) 23 WT -84 C>G IVS4+87°>C (A/C) IVS6+38T>C (T/C) WT 24 WT WT WT WT WT 25 -30G>A (G/A) -84 C>G IVS4+87°>C (C/C) IVS6+38T>C (C/C) IVS9+8 C>T(T/C) Tabella9: SNPs nel gene GCK in 25 pazienti con diagnosi per diabete gestazionale. In rosso sono riportati gli SNPs in omozigosi. (WT:wild type) Tra tutti gli SNPs di particolare interesse è la variante nella regione del promoter -30 G>A (rs1799884) Il suo sito è all’interno di un lungo frammento di 26 bp altamente conservato che suggerisce la grande importanza di questa regione nucleotidica da un punto di vista strutturale e/o funzionale. 57 Nella popolazione da noi presa in esame la variante è stata trovata nel 36% (9/25) dei casi riportati, tra questi il 44% (4/9) presentava la variante in omozigosi A/A e tra questi 3 presentavano anche gli altri due SNPs in omozigosi (IVS4+87 e IVS6 +38). Il polimorfismo -30 G>A è stato associato ad un maggiore rischio per diabete di tipo 2 [134], in alcuni lavori è riportata una correlazione con un aumentato rischio di GDM specialmente per le varianti in omozigosi (A/A) [135]. La frequenza allelica della forma wild type G nella nostra popolazione è risultata del 74% mentre per A del 26%. Le frequenze genotipiche sono risultate per G/G 64%, A/G 20%, A/A 16% che potrebbero confermare questo tipo ti tesi. E’ necessario però esaminare un gruppo di controllo per valutare la reale associazione tra questo polimorfismo ed il GDM. c b a ↑ ↑ ↑ Figura 14: Cromatogramma del polimorfismo -30 G>A nel promotore del gene GCK. a polimorfismo in eterozigosi (A/G) b sequenza wilde tipe (G/G) c polimorfismo in omozigosi (A/A) 6.3 Pazienti diabetici Dei nove soggetti selezionati per le loro caratteristiche fenotipiche 3 pazienti (33% della popolazione in esame) sono risultati portatori di mutazioni nel gene che codifica per la glucochinasi. Il primo soggetto (t5, vedi tabella) ha riportato mutazione missense H50R a livello dell’esone 2 con cambio di un singolo nucleotide e conseguente sostituzione della tripletta CAT (istidina) con CGT (arginina). Questa mutazione presente in letteratura è stata riportata anche in studi su soggetti italiani [136]. 58 Figura 15: Cromatogramma della mutazione missense H50R nel gene GCK [Massa et all., 2001] Per il secondo paziente (t3) è stata individuata una mutazione puntiforme localizzata nella porzione dell’esone 7, con sostituzione di una guanina con un’adenina e conseguente cambio dell’amminoacido corrispondente da metionina (ATG) ad isoleucina (ATA) in posizione M235I della proteina, questa mutazione non è mai stata descritta con questo particolare cambio amminoacidico. Sono riportate in letteratura, nella stessa posizione altre sostituzioni M235T [54] e M235V [137] responsabili di una parziale inattivazione del sito catalitico della glucochinasi con un indice di riduzione dell’attività dell’enzima di circa il 50% e di un effetto sulla stabilità della proteina al calore [137]. La presenza di differenti varianti localizzate nello stesso sito, rendono questa porzione di DNA una zona “calda” del gene GCK. Figura 16: Cromatogramma della mutazione missense M235I nel gene GCK Come ultimo caso (t9) è stata individuata una mutazione frameshift, con slittamento della cornice di lettura, nell’esone 9 denominata c.1079-1080insCCTC. Si tratta di un’inserzione di 4 paia di basi -CCTC- localizzata tra il nucleotide 1079 e 1080 del cDNA. 59 Figura 17: Cromatogramma della mutazione frameschift nel gene GCK c. 1079-1080insCCTC La tabella 10 illustra le caratteristiche cliniche dei pazienti reclutati per lo screening genetico. Tutti i pazienti diagnosticati come MODY 2 a seguito dell’indagine genetica presentano buon compenso (HbA1c <7.0%) e trattamento con sola dieta o metformina a basso dosaggio. I valori di C-peptide depongono per una funzione β cellulare conservata; nel paziente t5 il valore basso di C-peptide è giustificato dall’importante sottopeso (BMI=16.8 kg/m2). Nessuno dei 3 pazienti presenta complicanze extrapancreatiche. Glicemia 0’ HbA1c c-pep GADA (mg/dL) (%) (ng/mL) (U/mL) vn≤1 Familiarità nota 24,69 100 8,0 2,94 0,02 2 generaz 30 aa 35,15 143 6,5 4,91 0,01 2 generaz F 15 aa 16,80 115 6,3 0,82 0,05 2 generaz 1962 F 26 aa 34,23 130 7,9 3,50 0,01 3 generaz t5 1956 F 21 aa 23,01 140 7,3 2,80 0,01 3 generaz t6 1947 F 28 aa 25,79 103 8,3 2,62 0,03 3 generaz t7 1952 M 28 aa 27,97 150 8,3 2,02 0,03 2 generaz t8 1962 F 13 aa 26,82 122 6,3 1,40 0,01 3 generaz t9 1963 M 28 aa 25,90 150 6,3 2,47 0,01 3 generaz ID Anno di nascita Sesso Età di diagnosi BMI t1 1958 M 14 aa t2 1942 F t3 1987 t4 Tabella 10: Caratteristiche fenotipiche dei soggetti selezionati per lo screening del gene GCK. Sono evidenziati i soggetti diagnosticati come MODY2. 60 7. Conclusioni 7.1 Bambini obesi sovrappeso Data l’elevata prevalenza di diabete autoimmune in Sardegna [138] è stata controllata la presenza di autoanticorpi anti GAD anti IA2 e anti IAA nei soggetti risultati IGR dopo OGTT. I nostri risultati hanno mostrato che 2 dei 3 pazienti diagnosticati come diabetici erano affetti dalla forma autoimmune di diabete di tipo 1, evidenziando che questa condizione può essere associata ad un fenotipo sovrappeso/obeso. Questo dato concorda con uno studio condotto in Germania su una popolazione di bambini con T2DM dove è stata riportata un’alta prevalenza di positività verso almeno uno degli autoanticorpi diretti contro le β cellule pancreatiche [139]. I risultati da noi ottenuti sono invece differenti da quelli riportati da Wabitsch [140] e collaboratori i quali su una coorte di 35 soggetti IGR non hanno individuato neanche un caso di positività verso gli autoanticorpi. Altri studi condotti su popolazioni di bambini IGR sovrappeso/obesi [141,142,143] non hanno valutato la presenza di autoanticorpi. La prevalenza di positività verso gli autoanticorpi diretti verso le cellule pancreatiche trovati nella popolazione esaminata sottolineano l’importanza del diabete autoimmune in Sardegna. Nei bambini da noi studiati, risultati dopo il test da carico orale di glucosio affetti da minori alterazioni glucidiche (IFG, IGT e non DM) la prevalenza di autoimmunità è risultata del 3,6%, percentuale più alta rispetto a quella riportata in studi precedenti dove GADA e IA2 erano presenti nel 1-2% dei casi di bambini in età scolare facenti parte di una popolazione generale [144] In ogni modo, in bambini con iperglicemia incidentale, è stata riportata una frequenza più alta di marcatori immunologici per diabete di tipo 1 rispetto alla frequenza riportata per soggetti con normale regolazione glucidica [145]. 7.1.1 Assetto genetico della popolazione sarda La popolazione sarda è, in campo genetico, una popolazione d’elezione per lo studio di alcune patologie familiari grazie alla peculiarità di rappresentare un isolato genetico. La specificità biologica di questa popolazione nel contesto delle popolazioni europee e circummediterranee, nonché la sua eterogeneità interna troverebbe supporto nella probabile azione 61 di diversi fattori microevolutivi che hanno agito nel tempo (effetto del fondatore, effetto a collo di bottiglia, isolamento e flussi genetici interni). Sostengono questa ipotesi studi svolti sul cromosoma Y che rispetto alle altre popolazioni dell’Europa continentale e dell’area mediterranea, evidenziano la possibile conseguenza del distacco della popolazione sarda dalla popolazione ancestrale continentale dopo Last Glacial Maximum [146,147,148]. Studio Genetico In Sardegna dati certi di prevalenza e di incidenza riguardo le forme di diabete monogenico MODY non sono disponibili. Nel passato, grazie al lavoro dei gruppi della dott.ssa Frongia in collaborazione con il Prof Barbetti [149] e del Prof Maioli [150] sono state diagnosticate diverse famiglie MODY. Quanto brevemente esposto sopra, riguardo le caratteristiche genetiche della popolazione sarda, in associazione con l’elevata prevalenza di diabete autoimmune in Sardegna hanno stimolato maggiormente l’interesse per lo studio di geni causa di diabete monogenico MODY in questa popolazione. Nella coorte costituita da bambini sardi sovrappeso/obesi forme di diabete monogenico sono state individuate nel 6,12 % dei casi, mostrando che il MODY può essere presente in bambini con fenotipo sovrappeso/obesi IGR anche in assenza di una nota storia familiare. Nei casi riportati in questo studio la familiarità è stata identificata grazie allo studio metabolico e genetico eseguito successivamente sui familiari dei soggetti portatori di mutazioni patogenetiche. Inoltre per quanto riguarda i dati riportati in questo studio è strato mostrato che non ci sono sostanziali differenze tra la popolazione sarda e le altre popolazioni riguardo la prevalenza del diabete monogenico MODY, sottotipi (2 e 3) come invece riportato per altre patologie di origine genetica. Ulteriori ricerche nei bambini obesi e ovviamente normopeso saranno utili per rendere più chiara la prevalenza di MODY nei soggetti con IGR/DM nella popolazione sarda. 62 7.2 Donne con diagnosi di diabete gestazionale Nella popolazione da noi esaminata non sono state ritrovate mutazioni patogenetiche nel gene GCK. Nonostante siano state utilizzate le linee guida proposte per lo screening in pazienti con GDM, i risultati ottenuti si sono rivelati contrastanti rispetto a quelli riportati in letteratura, condotti principalmente su popolazioni del nord Europa [134-135] Vi e’ la possibilità che le differenze riportate possano essere riferibili ad un diverso assetto genetico delle popolazioni; trattandosi di uno studio condotto su una popolazione costituita interamente da donne sarde è interessante considerare che fattori microevolutivi potrebbero avere avuto un ruolo determinante nella fissazione genetica di particolari varianti. Ha suscitato particolare interesse la variante nella regione del promoter -30 G>A (rs1799884). Studi precedenti, condotti su diverse popolazioni, hanno evidenziato l’associazione tra la variante -30 G>A e alterazioni nella regolazione dei carboidrati, evidenziando una modesta correlazione tra l’allele A e il rischio di GDM, secondo un modello a trasmissione autosomica recessiva. Tra questi uno studio scandinavo [135] condotto su una vasta popolazione di donne con GDM e una popolazione di controllo ha evidenziato una correlazione tra l’allele A e il rischio di GDM, (OR 1,28 -95% CI 1,06-1,53 p=0,008 valore corretto p=0,032) correlazione che aumenta ulteriormente sotto un modello recessivo (A/A vs G/A+G/G) (OR 2,12 [95% CI 1,21-3,7] p=0,009). Le frequenze genotipiche riportate nella nostra popolazione (G/G 64%, A/G 20%, A/A 16%) sembrano confermare il possibile ruolo patogenetico con modello a trasmissione autosomica recessiva proposto per questa variante. Gli altri 5 SNPs riportati nella popolazione studiata, sono situati nelle regioni non codificanti del gene, per cui non hanno un reale significato patogenetico ma possono essere interessanti da un punto di vista della genetica di popolazione (trattandosi di una popolazione costituita interamente da donne di origine sarda). Come espresso in precedenza, la popolazione sarda mostra rispetto al pool genetico europeo delle differenze sostanziali dovute prevalentemente alle differenze in termini di frequenze geniche e alleliche per lo più dovute alla fissazione di alleli rari. Nella nostra popolazione la frequenza per i polimorfismi 63 IVS4 e IVS6 è risultata del 80% per entrambe le varianti mostrando che per quanto riguarda questi SNPs non esistono differenze sostanziali tra le frequenze alleliche della popolazione sarda e quelle riportate per la popolazione europea generale. 7.3 Pazienti diabetici In questo studio, il 33% dei soggetti selezionati in base alle indicazioni dettate dalle più recenti linee-guida [48], ha mostrato una mutazione nella regione esonica del gene GCK associata a MODY 2. Questo risultato evidenzia l’utilità dei criteri di inclusione per i test genetici, nella selezione di soggetti con presunto diabete monogenico. Ovviamente per valutare l’effettivo ruolo patogenetico e la penetranza genetica di queste mutazioni (soprattutto quelle non riportate in letteratura) sarà necessario effettuare ulteriori studi sia genetici che metabolici nei familiari dei pazienti risultati positivi allo screening. A tutt’oggi, i test di biologia molecolare sono piuttosto costosi per cui è necessario selezionare con un accurata anamnesi i pazienti da sottoporre ad analisi genetica. Sicuramente lo sviluppo di nuove tecnologie porterà alla diminuzione dei costi e dei tempi di esecuzione dei test e le analisi dei geni associati a diabete monogenico potrebbero in futuro diventare test di rutine per pazienti neo diagnosticati. 64 8. Bibliografia 1. Steinbrook R: Facing the diabetes epidemic - mandatory reporting of glycosylated hemoglobing values in New York City. N Engl J Med 354:545-548, 2006. 2. Yach D, Stuckler D, Brownell KD: Epidemiologic and economic consequences of the global epidemics of obesity and diabetes. Nat Med 12:62-66, 2006. 3. Alberti KG, Zimmet PZ: Definition, diagnosis and classification of diabetes mellitus and its complications. Part 1: diagnosis and classification of diabetes mellitus provisional report of a WHO consultation. Diabet Med 15:539-553, 1998. 4. 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