A.N.G.Ri.S. Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della

Numero 01 - Anno 2010 - Pubblicazione Trimestrale edita dall’a.n.g.ri.s. - Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
A.N.G.Ri.S. Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
Indice
Premessa
Pag. 03
Pag. 04
Angolo del Direttore
di Ivan VADORI
di Daniela Elisabetta TIUS
RIEDUCATORI DELLA SCRITTURA
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Pag. 06
Accoglimento del disagio e recupero delle difficoltà grafomotorie
l’intervento del grafologo-rieducatore della scrittura
di Angela MIELE
Pag. 12
La storia di Paolo: un caso di cattivo apprendimento della scrittura
di Daniela Elisabetta TIUS
Pag. 16
La scrittura: educazione, prevenzione, rieducazione
di Silvio Lena
SPECIALISTI
Pag. 18
Il ruolo della neurobiologia nelle disgrafie
di Lorenzo Lorusso
Pag. 22
Disgrafia e disturbi specifici della scrittura
di Carlo MUZIO
INSEGNANTI
Pag. 26
Non esiste una sola risposta
di Marina Brugnone
GENITORI
Pag. 28
Vincere la disgrafia? Si può!
di Daniela Chiarentin
RECENSIONI ED EVENTI
Pag. 30
Recensioni ed eventi
ORGANICO A.N.G.Ri.S.
Pag. 32
Organico Nazionale A.N.G.Ri.S
Redazione DISGRAFIANEWS
Direttore Responsabile: Ivan VADORI
Caporedattore: Daniela Elisabetta TIUS
Vice-Caporedattore: Angela MIELE
Comitato di Redazione: Daniela Elisabetta TIUS, Angela MIELE, Susanna PRIMAVERA, Antonella PUDDU, Susanna MISCALI MUSZTRAI, Carmela BERTOLINO
Redazione: A.N.G.Ri.S.: Viale San Giovanni, 39/3 – 33078 SAN VITO AL TAGLIAMENTO (PN)
Fotocomposizione: Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
Premessa
Cari amici, quello che siete in
procinto di leggere è il primo numero
di DISGRAFIANEWS.
E’ una rivista frutto dell’impegno e
dello sforzo di numerose persone
che hanno riversato tutta la loro
passione e la loro competenza
per far conoscere e diffondere le
problematiche inerenti un disturbo
dell’apprendimento, la Disgrafia,
ancora oggi poco conosciuto rispetto
agli altri disturbi dell’apprendimento.
DISGRAFIANEWS in particolare è la voce dell’ANGRIS,
l’Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della
Scrittura. Il Rieducatore della Scrittura è una figura
professionale di recente istituzione che opera in modo
specifico in questo settore. La disgrafia oggi, benché se
ne parli veramente poco, costituisce un vero e proprio
disagio che riguarda in particolare moltissimi studenti
della scuola primaria e secondaria di primo grado, ma che
affligge molta popolazione adolescente ed adulta. E’ bene
ricordare che non stiamo parlando di grafie esteticamente
poco apprezzabili, ma di un vero e proprio deficit di
apprendimento che – per essere recuperato - abbisogna
di un intervento mirato, specifico e professionalmente
competente.
A volte buona volontà, ragionevolezza e alcune competenze
in ambiti apparentemente attinenti al linguaggio scritto non
erano e non sono sufficienti per comprendere la tipologia
di una specifica disgrafia, le sue cause e il tipo di intervento
rieducativo da effettuare. Non dimentichiamo che ogni
intervento è necessariamente individualizzato, perché
individuali sono anche le peculiarità di una disgrafia.
La
pubblicazione
DISGRAFIANEWS
è
prevista
trimestralmente ed è rivolta non solo a tutti i Soci Ordinari e
Simpatizzanti dell’Associazione ma anche a tutti coloro che
in qualche modo sono interessati a conoscere, per ragioni
professionali o per motivi personali in quanto direttamente
toccati, le problematiche inerenti il tema della disgrafia.
La sua diffusione quindi avviene in particolare in quelle
realtà dove si toccano con mano nei bambini, ragazzi
ed adolescenti le ricadute negative in ambito scolastico
e personale dell’essere disgrafici, ossia nel mondo della
scuola, nei Centri di neuropsichiatria infantile e nelle Asl.
In questo primo numero vi sono interventi della dott.
ssa Angela Miele, della dott.ssa Elisabetta D. Tius, del
prof. Silvio Lena, del dottor Lorusso, del dottor Carlo
Muzio, dell’insegnante di scuola primaria dott.ssa Marina
Brugnore.
Sono articoli dove vengono affrontati aspetti specifici
della Disgrafia, oppure dove vi è il resoconto di un’azione
rieducativa, dalla diagnosi agli interventi con i risultati
conseguiti. Vi è il resoconto di una Rieducatrice della
Scrittura che parla anche della sua esperienza con
un bambino disgrafico in una terza elementare. Vi è
in coda a tutti questi articoli la lettera di una mamma,
successivamente alla rieducazione della scrittura di suo
figlio, alla dott.ssa Susanna Primavera, dove racconta
che cosa ha comportato avere un bambino disgrafico
e quali benefici abbia verificato dopo il trattamento di
rieducazione.
Vi è poi una parte della rivista dedicata alle Recensioni
di pubblicazioni inerenti l’età evolutiva e l’apprendimento
della scrittura.
All’interno di DISGRAFIANEWS l’Angris in questa come nei
numeri successivi accennerà ad alcuni dei prossimi eventi
formativi organizzati dall’Associazione.
Nella parte conclusiva di questa prima uscita è possibile
anche leggere l’organico dell’Associazione.
Vi è quindi, in fondo alla rivista, una pagina che contiene tutte
le indicazioni per chi intendesse iscriversi all’Associazione.
Sono certa, in qualità di Presidente dell’Angris, che saprete
apprezzare la qualità di questo primo numero della nostra
pubblicazione, già poi in attesa del secondo.
Direttivo A.N.G.Ri.S.
Presidente: Daniela Elisabetta TIUS
Vice Presidente: Angela Miele
Tesoriere: Antonella Puddu
Segretaria: Susanna Primavera
Consiglieri: Carmela Bertolino, Szuszanna Miscali Musztrai
Collegio dei Revisori: Fabrizia Triaca, Anna Boracchi, Barbara Di Giusto
D. Elisabetta TIUS
Presidente A.N.G.Ri.S.
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Angolo del Direttore
Nell’età evolutiva è rilevante
la sinergia genitori-educatori.
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Care Lettrici, Cari Lettori,
essendo questa la prima uscita, con
gioia e un pizzico d’emozione, vi do
un cordiale benvenuto in DisgrafiaNews. Il nostro periodico ha preso
vita. Se fino ad un anno fa, ne stavamo progettando la realizzazione,
ad oggi la nostra rivista è diventata
una realtà tangibile. Sono certo che
la nostra Redazione, composta da
rieducatori della scrittura e specialisti
del settore, saprà proporre notizie e testimonianze conformi alle informazioni che i nostri lettori cercano sfogliando
le nostre pagine e sul nostro sito web.
Desidero inaugurare l’angolo del Direttore, sviscerando un
tema d’attualità che sta facendo molto presa nell’educazione in età scolare. Genitori ed educatori possono trovare
un allineamento nell’educazione dei bambini?
Jean Piaget, noto psicologo e pedagogista svizzero, sostiene che -in età evolutiva- l’apprendimento ha il suo decorso in un’alternarsi di fasi di assimilazione e accomodamento. Questi due processi si alternano in una costante
ricerca di omeostasi, ovvero un equilibrio; una forma di
controllo del mondo esterno. Piaget stesso delinea nei
dettagli quelli che sono gli stadi dello sviluppo cognitivo.
Lo stadio senso-motorio si sviluppa dalla nascita ai due
anni di vita; il neonato interagisce con il mondo esterno
attraverso la sua intenzionalità. Dai due ai sei-sette anni,
Piaget parla della fase pre-operatoria dove l’individuo ha
superato l’egocentrismo intellettuale e si relaziona attraverso i simboli. Successivamente fino agli undici anni il
bambino si ritrova nella fase delle operazioni concrete,
dove il soggetto agisce ed apprende attraverso la logica.
Dai dodici anni, il ragazzo ha la capacità e la dote di formulare pensieri astratti. Ci troviamo dunque nello stadio
delle operazioni formali.
Ho voluto chiarire la diversificazione delle fasi di appren-
dimento definite da Piaget, poiché in età evolutiva vi sono
dei veri e propri limiti definiti dagli specialisti e studiosi della
pedagogia. Ciò non si verifica per quanto riguarda gli insegnamenti che i bambini possano apprendere in famiglia,
perché i genitori nell’educare ed istruire i figli non possono
e non devono darsi un limite. La pedagogia ci insegna
che nella prima infanzia, lo strumento di apprendimento
principale per il bambino è il gioco, che gli permette così
di sviluppare il proprio sistema sensoriale: tattile, uditivo,
visivo. In questo arco temporale, il bambino forma gran
parte del proprio carattere. Il suo vissuto andrà ad incidere
sulla sua personalità, una volta ragazzo e poi adulto. Ecco
che i responsabili del suo apprendimento sono i genitori.
Coloro che possono contribuire e seguire passo a passo
le sue evoluzioni, il saper dire di NO nei momenti giusti
ed incoraggiandolo negli istanti di difficoltà. Gli strumenti
da utilizzare sono a discrezione dei genitori, frutto delle
loro conoscenze e della cultura di provenienza. Mi sento
di esplicare un commento sulla Pet Therapy. Lo psichiatra
infantile Boris Levinson, dal 1960, ha dimostrato che se
all’interno di un’abitazione vi è un animale domestico, il
bambino può sviluppare più celermente attitudini sensoriali. L’animale in sé può calmare l’ansia, trasmettere affetto e alleviare tensioni. E’ buona cosa non far pesare all’animale, già presente in casa, la nascita del bambino. Altresì
il neonato deve venire a conoscenza della sua presenza.
Se volessi rendere in senso figurativo questa fase educativa –in cui i genitori sono gli unici educatori del bambino-,
utilizzerei l’immagine di un terreno. I genitori sono coloro
che possono arare, seminare, coltivare questo suolo. Su
di esso tutte le tipologie di piante, alberi, arbusti, fiori potranno crescere solo se il terreno è particolarmente fertile.
Dai tre anni –in certi casi anche prima- l’infante può incontrare una nuova figura importante della sua vita: l’educatore. Una persona, esterna al nucleo famigliare, che può
incidere sulla propria educazione, trasmettendo le sue
competenze; frutto di esperienza, e qualità personali. Ch’
egli sia l’insegnante o il maestro di batteria interagisce con
il nostro bambino in un processo evolutivo che ha avuto
inizio con la famiglia e i genitori. E’ fondamentale da parte
della famiglia gestire l’accoglienza di questa nuova figura significativa del bambino, parte del puzzle della vita di
ciascuno di noi. Vorrei quindi paragonare la sua presenza
alla piantumazione di un albero. Esso potrà germogliare e
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Matteo, 3 anni.
Foto di Graziano CHIAROT
crescere tanto quanto il nostro suolo -citato poc’anzi- sarà
ben coltivato e fertile. Vi deve essere un percorso comune
insieme ai genitori, per affrontare con serenità e dialogo,
le fasi evolutive del bambino. Ognuno con le proprie competenze, ed esperienze. Spesso genitori e educatori - in
archi di tempi, dove il bambino possa essere in difficoltà
o attraversare problematiche personali - anziché agire in
suo aiuto si rinfacciano le responsabilità per gli interventi
sul minorenne, ciò non fa altro che nuocere al bambino.
I genitori devono porre fiducia all’educatore affinchè possa agire liberamente, e opporsi ad egli nel momento in
cui una sua azione possa essere azzardata. L’educatore
deve pensare che il bambino che ha di fronte ha avuto
la migliore educazione possibile, e andare a correggere
le sfumature che possano risultare spigolose. Nell’educazione in età evolutiva, conta la presenza fisica e mentale
nei momenti in cui interagiamo con il bambino. L’infante
vuole essere ascoltato. Che noi genitori e educatori come
sappiamo rimproveralo così giochiamo con lui. La sincerità è l’unica via di comunicazione tra uomo-bambino. Cito
lo scrittore Fëdor Dostoevskij che così parla dei bambini:
“sono loro, in un modo o nell’altro, a possedere il sogno
e la libertà”. Se il bambino potrà vantare un terreno fertile
(genitori), su di esso saranno piantati diversi alberi (educatori); lo splendore di quel giardino (individuo) sarà unico.
Ivan VADORI
Direttore DISGRAFIANEWS
Accoglimento del disagio e recupero
delle difficoltà grafomotorie:
l’intervento del grafologo-rieducatore della scrittura
di Angela Miele *
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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Vorrei che la mia mano fosse una farfalla che svolazza
nel cielo leggera, senza sforzo, fatica o paure,
e poter scrivere: “Quanto è bello volare!”
Lory, anni 9,8”
La scrittura è espressione dell’esperienza unica di ogni
individuo e, in questo senso, una realtà da comprendere: può essere il risultato di un gesto semplice, spontaneo e abituale, ma anche coincidere con un’azione sofferta, in cui sforzo e fatica si intrecciano, fino a divenire
un vero e proprio disturbo.
Attraverso la scrittura l’individuo lascia un segno della propria presenza: l’espressione e la comunicazione
del proprio pensiero, nonchè la rappresentazione del
proprio modo di essere e di muoversi nello spazio e
nell’ambiente. Prodotto dell’attività integrata del sistema nervoso, la scrittura nasce dalla psiche come programmazione del movimento e termina nel gesto grafomotorio della mano, con una modalità espressiva caratterizzata da infinite modulazioni, variamente articolata
per la complessità dei meccanismi centro-periferici in
essa implicati e per il coinvolgimento psichico-affettivo ed emotivo strettamente correlato. Il gesto grafico,
rappresenta, da un lato, il risultato di una coordinata
attività senso-motoria-associativa, attraverso cui tutte
le vie motorie si integrano in una complessa funzione regolatrice della motricità, dall’altro, è espressione
di peculiarità individuali (struttura, dinamica e vissuto
esperienziale).
Disfunzioni a vari livelli possono produrre alterazioni della produzione scritta. La disgrafia può presentarsi come
disturbo isolato o associato a problemi di ortografia e/o
dislessia e/o coesistere insieme ad altre sintomatologie
di tipo clinico o altri disturbi evolutivi. Riguardo all’ezio-
logia, le cause possono essere individuali e sociali (difficoltà percettivo-motorie, difficoltà di attenzione, di concentrazione, di memorizzazione, difficoltà di linguaggio
e problemi relativi alla sfera affettiva e comunicazionale,
stabilità emotiva) e tali da investire la sfera neuropsicologica e la personalità del soggetto.
L’intervento di rieducazione non si focalizza solo sul disturbo specifico, ma questo viene studiato, analizzato
come facente parte di un quadro generale di funzioni alterate. La tensione muscolare è in stretto rapporto con
la tensione emotiva e il bambino, come essere in evoluzione, risente di influssi esterni e di tensioni interne che
sortiscono a loro volta possibili conseguenze negative
sull’apprendimento. I risultati ed il successo scolastico,
spesso compromessi e svalorizzati causano, a loro volta, un vero e proprio disadattamento scolastico e comportamentale. Si tratta dunque di un disturbo specifico
di apprendimento che non è direttamente correlato al
livello mentale, ma che agisce comunque anche sul
comportamento intellettivo e sociale del bambino, per
gli ostacoli che il bambino incontra nell’apprendimento
e con le persone, e, in seguito, con un impatto importante a livello di sviluppo e crescita di competenze, nella percezione di sé e nella affermazione della propria
identità.
Il movimento della mano scrivente esprime caratteristiche fisiologiche come la forza fisica, l’energia, lo stato
generale di salute, lo stress mentale, ecc.: tali caratteristiche si traducono in un tracciato grafico che può rivelare esitazione, aggressività, lentezza, agilità e altro. Se
il foglio di carta rappresenta lo spazio vitale nel quale
l’individuo si muove, le zone (alto, basso, destra, sinistra) del foglio esprimono l’ambiente esterno ed il rigo
rappresenta un punto di partenza, un elemento fondamentale di orientamento: la modalità di occupazione
dello spazio, le varie irregolarità, il disordine presenti in
una scrittura disgrafica ci danno indicazioni di come il
soggetto disgrafico si muove nello spazio esistenziale, il
suo grado di organizzazione/disorganizzazione, adattamento/non adattamento, sicurezza/insicurezza.
* Dott.ssa Angela Miele: counselor relazionale, educatrice e rieducatrice della scrittura, formatrice e consulente del Linguaggio Grafomotorio, laureata in Tecniche grafologiche presso
l’Università di Urbino, Facoltà di Scienze della Formazione. Vice-Presidente direttivo nazionale dell’ANGRIS, Associazione Nazionale Grafologi e Rieducatori della Scrittura e referente regione
Piemonte-Valle d’Aosta, membro associato della Società Scientifica Italiana Consulenti del linguaggio grafico – S.S.I.Co.L.G., iscritta alla F.A.I.P. – Federazione delle Associazioni Italiane di
Psicoterapia, e all’Associazione Counselor Professionisti, consigliere direttivo regionale AGI, Associazione Grafologica Italiana, membro del collegio dei probiviri dell’AGP, Associazione Grafologi
Professionisti e membro associato AIF, Associazione Italiana Formatori.
Paolo, anni 8, 7, IIIª elem.
Poiché la personalità si configura come un sistema, essa è
il risultato di un processo di evoluzione e di organizzazione
e la sua manifestazione si realizza in ogni comportamento, quindi comprensibilmente anche in un comportamento
così altamente specializzato qual è quello grafico in grado
di coinvolgere il sistema nervoso centrale e periferico.
Nei casi di disgrafia, quale disturbo specifico di apprendimento, i problemi di tipo affettivo, comportamentale, relazionale possono essere cause, concause o anche degli
effetti. Tali difficoltà, si è detto, hanno conseguenze sul
piano della scolarizzazione e sul piano della socializzazione e viceversa. Il pericolo in cui incorrono i bambini con
un disturbo di apprendimento specifico come quello legato alla scrittura è l’incapacità degli adulti di comprendere
in modo adeguato il loro sforzo, mentre, parallelamente,
l’aiuto migliore che può ricevere un bambino che esprime
il suo disagio consiste proprio nel percepire che l’adulto lo
comprenda fino al punto che la capacità di “ricezione” può
anche, in alcuni casi, pur non sostituendosi alle tecniche
vere e proprie di “rieducazione del gesto grafico”, portare
significativi miglioramenti in rapporto al disagio stesso, nonostante le sue cause siano “altrove”.
Paolo, anni 8, 7, IIIª elem.
Gli studi sulla scrittura, l’osservazione del movimento e
dell’espressione grafomotoria, operata da noi grafologi,
diviene, in tal senso, uno strumento di promozione umana
che ci permette di porci, in primo luogo, in un atteggiamento di maggiore comprensione di questo linguaggio, e,
dunque, delle altrui caratteristiche. Si tratta di “comprendere” e “accogliere” il disagio ed il nostro intervento non
può prescindere da una riflessione sulla funzione non solo
di recupero di abilità, ma educativa.
Il progetto educativo e di recupero viene personalizzato
secondo i potenziali e le carenze e difficoltà. Nella prospettiva sistemica, l’uomo è considerato un sistema motivazionale e ogni individuo in rapporto al suo ambiente è un
sistema che sviluppa motivazioni: la scrittura è soprattutto
un mezzo per comunicare e se questa motivazione risulta
carente nel bambino, può risultare carente anche la motivazione all’apprendimento della scrittura. Motivazione e
movimento sono strettamente correlati: essendo la prima
una qualità di movimento, di carattere dinamico e tensivo,
il movimento che ne consegue si configura diversamente
a seconda che le motivazioni siano positive (attrazione) o
negative (repulsione).
Gli approcci alla rieducazione possono essere molteplici,
ma un elemento di specificità del nostro intervento tecnico
come grafologi rieducatori della scrittura consiste proprio
nella peculiarità dell’utilizzo della scrittura e del gesto grafico come movimento non strettamente finalizzato a competenze o performance specifiche, ma al raggiungimento
di uno stato di distensione neuro-muscolare, di rilassamento con conseguenze dirette sullo stato emotivo e relazionale interno del bambino.
Il nostro approccio consiste nell’osservare il bambino
mentre scrive attivando tutti i nostri sensi, guardando ed
ascoltando il suo gesto grafico, cogliendo anche le nostre
reazioni fisiche in relazione al suo movimento: è la messa in atto di un’osservazione plurisistemica del soggetto,
l’entrare visivamente nel rapporto sistemico tra il soggetto
che parla, si muove nell’ambiente ed il soggetto “scritto”
che si muove nello spazio di un foglio ed individuare gli
elementi della scrittura che sono in grado di favorire l’accoglienza.
La prospettiva antropologica quale approccio alla persona da un punto di vista olistico e idiografico, dà significato
all’intervento stesso e l’ottica grafologica dà valore all’osservazione e all’ascolto, intesi come attenzione, considerazione, possibilità che si creino le condizioni necessarie
al cambiamento e alla creazione di un ambiente, di uno
spazio accogliente che si concretizza nella seduta e nel
setting. La rieducazione. in quanto relazione d’aiuto, può
avere successo se la relazione tra adulto e bambino è
affettivamente significativa, se vi è uno scambio reale di
informazioni: una parola, uno sguardo, un silenzio, anche
un gesto, possono agire come meccanismi di feed-back.
Solo in questo modo il bambino riuscirà a riacquistare fiducia in sé ed a mettere a frutto le sue potenzialità. Il sistema
rieducatore/bambino non rappresenta la semplice somma degli individui che lo compongono ma molto di più: in
questo senso, l’intervento diventa un luogo di intrecci tra
corpo e mente, attraverso la parola scritta e orale, e l’agire
tra rieducatore e soggetto scrivente. La seduta diviene un
sistema al pari di altri sistemi (familiare, scolastico, ecc), in
cui il concetto di confine assume particolare importanza:
quella linea invisibile e solida (non rigida e neppure troppo
labile) che protegge l’integrità del sistema e separa i ruoli e
dove il rieducatore funge e si comporta da guida nei confronti del soggetto bisognoso di aiuto. Tale sistema, è, da
un lato, un intero e un contenitore e, dall’altro, un evento
in cui le attività proposte rappresentano un’esperienza per
certi versi sempre nuova. Qual è il meccanismo che fa
funzionare il trattamento? La risposta non è così scontata.
Ciò che fa dell’intervento un importante strumento rieducativo è la sua intrinseca capacità di trasformazione di più
aspetti. Il rieducatore nel suo lavoro di recupero delle diffi-
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Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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coltà grafomotorie, si sforza di ottenere tre tipi di cambiamento: comportamentale (ricordiamo che la scrittura è un
comportamento e rappresenta la relazione con noi stessi
e con gli altri), esperienziale e cognitivo. La trasformazione, l’elaborazione ed il confronto, si verificano perché il lavoro in seduta è in grado di assumere fin dai primi incontri
, nella mente del soggetto, la forma e la consistenza di uno
spazio (non solo fisico ma anche psicologico) nuovo. Se
il legame con il bambino venisse disatteso, si ridurrebbe
tale attività ad un discorso puramente astratto ed i processi di cambiamento si risolverebbero in comportamenti
legati alla seduta e fini a stessi. Al di là delle tecniche specifiche su cui si basa parte del lavoro, il grafologo rieducatore della scrittura pone al centro della sua attenzione
l’osservazione del gesto scrittorio e la relazione, che già
in se stessa, mette in atto la capacità trasformativa della realtà esperenziale del soggetto scrivente. Sotto la sua
lente di ingrandimento finisce la scrittura, il gesto grafico,
ovvero il movimento, e dunque la comunicazione non solo
verbale ma anche non verbale, così come la motivazione,
valorizzando il soggetto scrivente e fornendo stimoli positivi per facilitare la distensione sul piano psicomotorio,
favorire un certo livello di scioltezza, stimolare e rinforzare il potenziale, migliorando, nel contempo, le prestazioni
comportamentali.
Il trattamento di rieducazione della scrittura procede a
partire da una valutazione delle difficoltà e delle loro cause dimostrate da bambini o ragazzi di fronte alla scrittura,
attraverso esami specifici. L’osservazione è finalizzata a
valutare non solo l’acquisizione dei pre-requisiti propri a
questo apprendimento basilare che è la scrittura, ma anche il tempo di attenzione e di affaticabilità, la memoria, la
valutazione del comportamento e le reazioni alle difficoltà.
In tal senso, la rieducazione della scrittura è una forma di
trattamento basata sul movimento scrittorio, comportamentale e sulla parola. In seduta il bambino viene aiutato
a verbalizzare sensazioni, sentimenti, stati d’animo legati
alle attività proposte e relativamente a quanto si sta eseguendo, ma anche affetti legati ai comportamenti ritenuti
inadeguati (frustrazione, aggressività, rabbia, rifiuto nei
confronti di un compito che non si riesce ad eseguire).
I bambini diventano attori, e mettono in scena la propria
storia, la propria rabbia, la propria frustrazione attraverso
un movimento, quello della scrittura.
Matteo, età 9 anni, IV° elem. Il bambino sfoga le proprie sensazioni di difficoltà, di
inadeguatezza e conseguenti emozioni, calcando in modo molto forte fino a trapassare il foglio, producendo angoli e interrompendo in tal modo la continuità del
movimento scrittorio.
L’intervento è dunque una presa in carico del bambino o
ragazzo in quanto persona scrivente e tale presa in carico
è diretta a permettere di ripristinare la propria scrittura nelle
sue diverse funzioni: le difficoltà relative all’apprendimento
della scrittura, in soggetti che non rivelino gravi disturbi
organici, vengono affrontate intervenendo principalmente
sui piani della motricità, dell’organizzazione dello spazio,
della lateralizzazione, del linguaggio, dell’organizzazione
temporale e dell’affettività. L’osservazione della scrittura nelle sue principali categorie grafologiche (pressione,
energia, movimento, ritmo), unitamente ad un ascolto attivo, ci aiuta ad individuare il livello tensivo del soggetto e
ad impostare un piano educativo e rieducativo centrato su
obiettivi realistici.
Quanto più il bambino è piccolo, tanto più facilmente il
suo modo di esprimere un disagio o una tensione psichica passa per il corpo. Poiché non vi è azione che non
sia corporea, la progressiva identificazione di essere un
“corpo” che agisce si manifesta con il controllo del tono,
del movimento e della postura come scelta che va a condizionare la struttura di base dell’individuo stesso: pertanto l’obiettivo di partenza diventa quello di favorire un
dialogo tra esperienza esteriore ed interiore, come presa di consapevolezza tra tensione e rilassamento, per un
fluire più libero della propria energia e il raggiungimento
di uno stato di distensione neuro-muscolare che facilita
il gesto scrittorio. L’interruzione di questa comunicazione
provoca un “blocco” e, nel movimento scrittorio, appaiono
allora solchi, avvallamenti, interruzioni di tracciato, angoli,
fenomeni grafici indicativi di una rottura di continuità del
naturale movimento estensivo ed espansivo. Gli arresti
ansiosi rilevabili frequentemente nelle scritture disgrafiche
disperdono e congestionano l’energia vitale, ma l’affanno
e lo sforzo costanti comportano dei costi fisici ed emotivi
e nel soggetto disgrafico coesistono questi due elementi:
l’affanno nello scrivere e l’irrigidimento. Il bambino/ragazzo
disgrafico ha difficoltà nel controllo visuo-motorio, e, durante l’esecuzione grafica, si registrano spesso contrazione della spalla, sudorazione della mano e dolore al polso
per lo sforzo profuso nella scrittura. Egli si irrigidisce in posizione di difesa, cercando talvolta di opporsi a qualcosa
che teme: il giudizio negativo per una propria difficoltà e
incapacità ad eseguire quanto richiesto. Il soggetto incontra la difficoltà, dichiara spesso che non gli piace scrivere, tende i muscoli, trattiene il respiro senza accorgersi: lo
sforzo è un meccanismo mentale che genera frustrazione
e tensione fisica, da cui un possibile stato di agitazione.
E’ più facile cadere in uno stato di agitazione quando si è
preoccupati, in vista di una verifica o si è in ritardo nel portare a termine quanto richiesto (dettato, compito etc), o se
si sta svolgendo un compito, ma con ripetute interruzioni.
Forzando il ritmo il soggetto rischia di perdere più tempo: non si riesce forse a camminare più velocemente con
un’andatura sciolta? Da un’osservazione attenta del gesto
emerge spesso un’apparente rapidità: il movimento, talvolta impaziente ed impulsivo, rivela che non ci troviamo di
fronte ad una velocità esecutiva acquisita per padronanza
del gesto grafico, ma ad un espediente che permette di
evitare gli scogli maggiori e ad un esame più attento, si rivelano incertezze, tremolii, contorsioni, rallentamenti e soluzioni che permettono talvolta di semplificare il tracciato
per evitare le difficoltà, con una prestazione non adeguata
al livello di scolarizzazione.
Juri, anni 9 anni e 8 mesi, IVª elementare.
Affinché nell’atto dello scrivere ci sia minor tensione e affaticamento, il favorire la coordinazione, la flessibilità del
movimento ed il rilassamento è fondamentale , in generale, all’inizio di qualsiasi intervento rieducativo. Uno degli
obiettivi primari è dunque ampliare la consapevolezza psico-corporea attraverso la mobilizzazione delle articolazioni (esercizi specifici di passaggio da movimenti grandi con
tutto il corpo e il braccio ad analoghi movimenti più piccoli,
usando solo il polso e la mano), la respirazione controllata ed il rilassamento guidato per canalizzare la gestualità in modo da contrastare l’ “aritmia” grafo-motoria. Si
lavora quindi con movimenti globali (esercizi di grande
progressione) per riequilibrare l’intero sistema muscolare
portando beneficio alle articolazioni e in particolar modo
alla colonna vertebrale. Le tecniche e gli strumenti sono
vari e individualizzati, ma il lavoro è principalmente basato
su metodologie olistiche in grado di apportare equilibrio
energetico generale, così da intervenire sul disturbo specifico. Ci si propone di “rendere più consapevoli i pensieri
che sono lo specchio del nostro corpo”, e sbloccare nodi
energetici: le emozioni bloccate o inespresse si cristallizzano nel corpo bloccando il libero fluire energetico. Da
un verso, gli esercizi di rilassamento permettono al bambino/ragazzo una maggiore distensione, una maggiore
padronanza e controllo dei movimenti, un maggior dominio delle proprie emozioni (ansia, collera, paura), dall’altro,
l’abbinamento ad una corretta respirazione, consente di
prendere delle pause e una maggiore ossigenazione del
cervello, che favorisce l’assimilazione, l’ascolto, l’attenzione, la concentrazione, portando energia ed eliminando,
nel contempo, una parte dello stress. Le aritmie registrate
a livello grafomotorio si associano spesso ad una variabilità nell’attenzione; l’organizzazione iniziale del lavoro, nelle
prime sedute, tiene conto che l’energia in questi bambini/ragazzi è estremamente variabile a seconda anche del
proprio vissuto emotivo: ci si “diverte” semplicemente con
alcune tecniche (prendendo nota di quelle che funzionano
di più sul soggetto), con giochi mirati e attività diversificate
che richiedono però un’applicazione e una concentrazione progressivamente crescenti e intervallando i tempi di
lavoro con pause e spazi per favorire un’espressione più
libera e serena.
Si cerca di fornire un codice naturale di condotta, corrette
abitudini che aiuteranno ad evitare, per quanto possibile,
oltre a posture e impugnature errate, anche l’ansia, imparando a gestire la propria emotività.
Impugnatura contratta
Ansia e tensione continue diventano come un prurito che
non si può grattare (l’atto del grattarsi è frequente nel soggetto disgrafico): uno degli obiettivi del percorso è quello
cambiare il clima interiore della mente per mezzo di suoni
rilassanti, parole e immagini mentali che aiutano a sciogliere le tensioni fisiche.
La scrittura è ritmo, forma, movimento. Ogni movimento
del corpo è governato dalla respirazione, che è, a sua volta, in rapporto con la scrittura perché legata al linguaggio
e comunica attraverso ritmo, spazio e forma il vissuto del
soggetto. Scrivere bene significa dunque imparare a respirare correttamente, profondamente, attraverso l’acquisizione di un ritmo funzionale allo stesso movimento scrittorio (Miele, 2004, 2005). L’intervento prevede una ginnastica respiratoria e psicomotoria a partire da una serie di
respirazioni combinate con una serie di tracciati dai più
semplici ai più complessi e, ancora, esercizi di precisione
ed attività che favoriscano un movimento ampio (uso di
pennelli, fogli grandi, ecc.) agevolando, in tal modo, una
maggiore fluidità e scorrevolezza del movimento.
Respirazione controllata abbinata a
grandi tracciati per correggere contratture, favorire la distensione ed una
maggiore fluidità del gesto grafico.
Rieducare significa intervenire su una difficoltà: l’intervento
implica un’azione e agire serve a far nascere la speranza
che alimenta a sua volta l’azione e la motivazione. Rieducazione della scrittura, dunque, significa anche apprendimento in senso lato: può trattarsi di apprendimento di
qualcosa di nuovo o di riapprendimento di qualcosa non
acquisito in modo corretto, o ancora, di apprendimento di
una modalità di apprendimento. Tale processo, in seduta, avviene attraverso l’esperienza, come metodo attivo,
spingendo il soggetto a sperimentare e ad apprendere
per conto proprio, ma anche attraverso la guida attenta
del grafologo rieducatore della scrittura, perché i meccanismi che intervengono nel processo di cambiamento, implicano fattori di tipo cognitivo, affettivo e comportamentale. A livello cognitivo, il soggetto si rende conto prima di
tutto di non essere il solo ad avere questa difficoltà, ma
che anche altri bambini soffrono del suo stesso disagio;
il modellamento, ossia osservare ed imitare il movimento
del rieducatore e seguire, nel contempo, ogni volta la stessa procedura, permette di creare delle abitudini corrette
(postura, impugnatura, respirazione, esercizi combinati),
poiché la ripetizione rende il procedimento sempre più facile e con il tempo e, a livello affettivo, anche l’autostima
cresce. Ogni nuova conquista è festeggiata e consolidata;
successivamente l’obiettivo viene progressivamente alza-
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Lory, 9 anni e 2 mesi, prima della rieducazione
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
10 |
to per permettere al bambino di continuare e proseguire
verso nuove conquiste e consapevolezze. Attraverso la
creazione di nuovi spazi di arricchimento all’interno della
seduta, si prende per mano il bambino e gli si mostrano
le potenzialità che ha dentro. Di fronte alle sue obiezioni, il
messaggio inviato è diretto a favorire lo sviluppo di un senso di autoefficacia e di competenza per recuperare uno
sviluppo armonico, pur conservando aree di vulnerabilità:
“Anche se a te sembra di non poter riuscire, io so che ce
la puoi fare!”. Nella prova di realtà, il cambiamento avviene
nel momento in cui il soggetto è in grado di sperimentare
in prima persona nuove strategie e modalità di scrittura, di
movimento e di comportamento durante la seduta, quindi in totale sicurezza e in una situazione di protezione e
assenza di giudizio. Quando l’accettazione viene percepita nonostante le difficoltà, l’energia riprende a fluire con
maggiore libertà, senza intoppi, senza “rigurgiti emotivi”; il
bambino si sente nutrito da questa sensazione di contenimento e dalla sua forza, arriva ad esprimere il meglio di
sé, permettendo all’energia vitale di scorrere e arrivare ad
una maggiore distensione neuro-muscolare con un gesto
maggiormente fluido, sciolto e collegato. Attraverso l’interazione, il soggetto migliora quando arriva ad ammettere a
se stesso e al rieducatore di avere una difficoltà e riconoscere la spinta, la motivazione a voler migliorare.
Il rieducatore si pone principalmente l’obiettivo di migliorare la scrittura cercando di rispettare i tempi, i ritmi del
bambino, ma anche le modalità di relazione che si vengono ad instaurare con altri gruppi o sistemi in ambito
scolastico e/o familiare. E’ importante che i genitori stessi
comprendano quali siano gli scopi dell’intervento rieducativo, ricevino informazioni corrette rispetto alle difficoltà
del bambino o ragazzo e al possibile lavoro che si andrà a
fare, e acquisiscano aspettative adeguate rispetto ai risultati che possono essere raggiunti.
CONCLUSIONI
Da quanto sopra esposto si evince che un intervento di
rieducazione è una forma di apprendimento: un percorso
finalizzato a generare un cambiamento nel soggetto disgrafico, a farlo pensare in modo differente (agendo come
conseguenza naturale anche sui processi cognitivi), a farlo sentire diversamente (agendo sui processi affettivi), e a
farlo comportare in modo diverso (intervenendo sul movimento scrittorio e conseguentemente comportamentale,
attraverso attività di rilassamento, distensione e tecniche
specifiche mirate per favorire un movimento più fluido e
spontaneo).
Lo scopo principale dell’intervento rieducativo è il recupero della funzionalità della scrittura, da cui possono derivare
benefiche conseguenze di tipo psicologico con ripercussioni positive sia a livello scolastico sia a livello personale e
dell’autostima: un clima di fiducia e stimoli positivi possono
migliorare le prestazioni comportamentali, aiutare il bambino ad acquisire maggiore sicurezza e superare sensi di inadeguatezza rispetto agli esercizi e alle attività da svolgere,
dando luogo a processi propulsori di cambiamento.
L’accento ad importanti prerequisiti, e non mi riferisco solo
a quelli propri relativi all’apprendimento della scrittura, ma
piuttosto la collaborazione, l’attenzione, l’imitazione, permette di analizzare come aumentare le capacità e superare le difficoltà grafomotorie. Queste tre abilità sono essenziali e figurano non solo tra gli obiettivi del programma, ma
sono considerati come condizione perché l’apprendimento stesso si verifichi.
Attraverso un corretto inquadramento del problema, si
avvia un intervento che riguarda non solo il trattamento di
un disturbo specifico quale può essere quello relativo alle
difficoltà grafomotorie, ma anche il contesto educativo e
relazionale, sia familiare che scolastico: l’interpretazione
grafologica delle varie espressioni grafiche promuove un
aiuto a genitori ed insegnanti per una migliore comprensione di bambini ed adolescenti, nel pieno rispetto dell’unicità e irripetibilità individuale.
Si può concludere che fra gli elementi che favoriscono la
riuscita di un percorso di rieducazione della scrittura si
evidenziano: la precocità dell’intervento di recupero per
evitare che manifestazioni inadeguate e collegati deficit
si trascinino nel tempo, investendo e condizionando altri
apprendimenti e capacità del soggetto; un buon grado di
consapevolezza del problema e motivazione all’inizio della
rieducazione, e, nell’ambito di questa prospettiva operativa, l’osservazione dell’espressione grafica si inserisce
come un elemento in più per una maggiore comprensione
delle potenzialità di base e dei comportamenti del soggetto, e come punto di forza del lavoro di rieducazione per
aiutare a creare e sviluppare amore e interesse per questo
particolare tipo di linguaggio, la scrittura, quale importante
mezzo per comunicare ed esprimere pensieri e sentimenti
personali; la continuità e costanza degli interventi fino al
Lory, 10 anni e 7 mesi dopo la rieducazione
raggiungimento degli obiettivi; i controlli sistematici dopo
la rieducazione e applicazione abituale di quanto appreso,
nonché un’azione congiunta fra i vari operatori ed educatori per rinforzare e consolidare la percezione del bambino
delle sue capacità e della sua competenza.
BIBLIOGRAFIA
•Cristofanelli P., Lena S. (a cura di), Disgrafie. Esame,
prevenzione, rieducazione, Urbino, Libreria G. Moretti.
•De Ajuriaguerra J., Auzias M., Denner A. (1971), L’écriture
de l’enfant (2 voll.), Neuchâtel, Delachaux et Niestlé.
•Lena S. (1999), L’attività grafica in età evolutiva, Urbino,
Libreria G. Moretti.
•Lurija A. (1984), Neuropsicologia del linguaggio grafico,
Padova, Messaggero.
•Miele A. (2004, 2005), Scrittura e Analisi Transazionale
nella formazione agli adulti, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.
•Olivaux R. (1993), Disgrafie e rieducazione della scrittura, Ancona, AGI.
•Peugeot J. (1985), La conoscenza del bambino attraverso la scrittura, Brescia, La Scuola.
•Pulver, M. (1983), La simbologia della scrittura (trad. it.).
Torino, Boringhieri (ed. or.: Symbolik der Handschrift.
Zurigo, Orel Füssli Verlag, 1931).
•Tressoldi P.E., Vio C. (1996), Diagnosi dei disturbi dell’apprendimento scolastico, Trento, Erickson.
•Zucchi, I. (2000), L’espressione grafodinamica della personalità, Riccione, Maestri Editori.
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La storia di Paolo:
un caso di cattivo apprendimento della scrittura
di Daniela Elisabetta Tius *
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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Paolo è un ragazzino di 10 anni che frequenta la V elementare. Il mio primo incontro con lui è preceduto da un
colloquio con il padre, il quale mi spiega che Paolo scrive male e con fatica. Mi precisa inoltre che il figlio aveva
seguito presso l’Ospedale Gervasutta di Udine un trattamento logopedico, nel corso del quale è stato possibile
correggere l’impugnatura del mezzo scrivente, che si presentava completamente scorretta. Il genitore mi spiega
però che per la scrittura non si sono ottenuti risultati, in
quanto continua ad essere vergata dal bambino con difficoltà e maldestrezza.
Mi riferisce inoltre che Paolo ha un ottimo profitto scolastico, è un bambino diligente, educato che si impegna molto
sia a scuola che nello sport e in tutte le cose che fa. L’unico suo problema è la cattiva scrittura, che frustra molto
sia il ragazzino che i genitori, i quali si dicono disposti a
qualsiasi sacrificio per aiutare il loro unico figlio.
Scorrendo i quaderni di Paolo relativi all’arco temporale
che va dalla prima alla quinta elementare, mi accorgo immediatamente che alla base del problema sussiste una
non corretta impostazione del carattere corsivo. Dalle difficoltà che emergono, infatti, si evince che vi è stata una
mancata interiorizzazione di numerose dinamiche gestuali, dei collegamenti e di alcune regole di impostazione spaziale.
Il padre mi informa che al termine della I elementare lui
e sua moglie avevano deciso di trasferire il figlio da una
scuola ad un’altra, in quanto non completamente soddisfatti dell’impostazione scolastica del primo Istituto. Rimarca ancora che effettivamente Paolo è stato trasferito
quando nella prima scuola non era ancora stato avviato al
corsivo, mentre nella seconda si trovavano già a metà del
percorso di apprendimento di questo carattere.
A questo punto spiego al genitore che sono necessarie
alcune sedute con il figlio al fine di somministrargli delle
prove tese a valutare le abilità di base e ad effettuare una
approfondita analisi della scrittura.
L’approfondimento riguardante le abilità di base mi consente di comprendere se vi siano in atto delle carenze che
possano essere la causa o la concausa delle difficoltà di
scrittura manifestate da Paolo, mentre l’analisi dettagliata
della scrittura è necessaria per comprendere il livello di
compromissione del grafismo; quali aspetti della scrittura sono maggiormente colpiti e se la difficoltà grafica e/o
grafo-motoria faccia sentire i suoi effetti anche sul livello di
velocità esecutiva. E’ necessario infine procedere anche
ad una valutazione dell’età grafo motoria, per comprendere – da un punto di vista dell’evoluzione del grafismo - se
sussiste uno scarto tra l’età del soggetto/il suo livello di
scolarizzazione e le medie riferite all’età. Detto in altri termini, se l’evoluzione della scrittura si sia interrotta a causa
delle difficoltà grafiche. In effetti, la letteratura scientifica ci
insegna che in presenza di una scrittura disgrafica si verifica sempre un’ interruzione della naturale evoluzione del
grafismo, bloccando il soggetto disgrafico in un’età grafomotoria inferiore rispetto alla sua età anagrafica.
Nel corso del mio primo incontro con Paolo mi accorgo
immediatamente che per lui scrivere è fonte di grande
frustrazione. Paolo è un bambino mancino, mentre scrive
con la mano copre il rigo di scrittura, si inceppa continuamente; il tracciato è frammentato e manca completamente di fluidità e scorrevolezza. La fatica che gli procura è
evidente, così come l’insoddisfazione dipinta sul suo volto.
Paolo mi spiega anche con parole sue che questa fatica
nello scrivere gli crea molto disagio e che è molto desideroso di migliorare.
I test relativi alla valutazione delle abilità di base evidenziano che Paolo presenta una buona coordinazione generale, possiede una completa acquisizione dello schema
corporeo ed è in grado di orientarsi nello spazio (anche
quello grafico) con padronanza e rispettando i riferimenti
spaziali. Nell’esame della dominanza laterale emerge che
Paolo è un mancino completo, sia di occhio, sia di mano
che di piede. Relativamente al livello di lettura, si dimostra sciolto ed espressivo in sintonia con il suo livello di
scolarizzazione e forse anche più, sicuramente stimolato
anche dall’ambiente familiare, formato da genitori colti e
altamente istruiti. La comprensione del testo è quindi ottima; infatti, Paolo è in grado di effettuare un riassunto in
modo corretto e completo.
* Dott.ssa Daniela Elisabetta Tius: educatrice, rieducatrice della scrittura e formatrice. Diplomata in Consulenza grafologica presso l’Università di Urbino, laureata in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Trieste. Specializzata in Psicopatologia dell’Apprendimento. Presidente ANGRIS, Referente regione Friuli Venezia-Giulia.
Ac rena, quod popublis ver habesse nterice poeride musatis oribut L. Que actus, nos elabem inam deoresse
Paolo, V elementare prima dell’intervento rieducativo.
Nei disegni emergono tratti molto leggeri, prevale il movimento angoloso su quello curvilineo, vengono lasciati
ampi spazi bianchi e i colori sono sempre molto tenui e
sfumati. Nel complesso emerge una ricchezza di schemi
grafici, le forme sono molto accurate, anche nei dettagli
più minuti, le campiture di colore sono stese in maniera
regolare e omogenea.
Si rileva in sostanza una netta discrepanza tra scrittura
e disegno. La scrittura appare evidentemente maldestra,
mentre nel disegno si registra una più che discreta abilità
grafo-motoria, oltre che un’ottima creatività e ricchezza
nelle rappresentazioni e nei dettagli.
In relazione alla scrittura sono state applicate due scale di
valutazione: la Scala “D” di De Ajuriaguerra, al fine di valutare se ci troviamo a cospetto di una scrittura Disgrafica
ed eventualmente qual è il livello di compromissione del
grafismo; la Scala “E” di De Ajuriaguerra al fine di valutare,
come spiegato in precedenza, se sussista un blocco nell’evoluzione del grafismo.
Infine è stato somministrato il Test di Velocità di De Gobineau e Perron per stabilire se la scrittura di Paolo presenti
un livello di velocità nella norma rispetto al suo livello di
scolarizzazione.
Per quanto riguarda la prima prova, dall’applicazione della
Scala di “D” di Disgrafia è emerso un punteggio di 13,5; il
che significa che ci troviamo in presenza di una probabile
disgrafia. La scala ci indica inoltre che gli aspetti più colpiti del grafismo riguardano il Movimento e la Forma. Solo
per citare alcune caratteristiche relative al movimento, si
può notare, per esempio, come la scrittura presenti molte
frammentazioni e stacchi in punti ingiustificati del tracciato, ritocchi, angolosità, irregolarità nella dimensioni delle
lettere.
Relativamente all’aspetto formale, si registrano cerchi invertiti delle lettere “a”, “o”, “d”, “g” e “q”, lettere “m” ed “n”
con gramma letterali frammentati e angolosità nelle arcate
superiori.
Si rileva inoltre un’importante difficoltà anche nell’area di
utilizzazione dello spazio, che riguarda la mancata tenuta
del rigo, ossia la mancanza di appoggio delle lettere sulla
linea di base, dando così la sensazione di mancanza di
linearità e di ordine dispositivo.
Per quanto attiene alla Scala “E”, che, come detto precedentemente, misura l’età grafo-motoria del soggetto, la
rilevazione degli Items di Forma e Movimento, moltiplicati
per il Coefficiente di Ponderazione, ci conduce ad un risultato finale di 27, 5 punti , che equivale ad un’età grafomotoria di 8 anni e mezzo. Questo significa che Paolo,
avendo al momento della somministrazione del Test 10
anni e tre mesi, presenta uno scarto a livello grafo-motorio
di 1 anno e 9 mesi.
Infine, per quanto riguarda il test di velocità - che consta di
due diverse prove: la prima eseguita in accuratezza esecutiva e la seconda in velocità - Paolo raggiunge il punteggio di 54 lettere al minuto per il test dell’accuratezza,
quando la media ne prevede 79, e di 73 al minuto per
la velocità esecutiva, quando la media ne prevede 112.
In questo modo si attesta rispettivamente 25 lettere al di
sotto della media in accuratezza esecutiva e 39 lettere al
minuto sotto la media in velocità esecutiva.
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Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
Paolo, V elementare dopo l’intervento rieducativo.
Tenuto conto delle valutazioni effettuate, delle potenzialità di Paolo e del suo livello di motivazione, propongo
ai genitori un percorso di recupero della scrittura con
incontri a cadenza settimanale di 1 h., precisando che
non da subito, ma dopo i primi incontri, verranno somministrati anche dei piccoli esercizi grafici che Paolo dovrà
fare quotidianamente a casa. Questo perché quando si
lavora sulla scrittura, in quanto automatismo grafico, è
necessario un esercizio costante, sia per decondizionare movimenti grafo-motori errati, sia per ri-condizionare
il grafismo all’esecuzione di movimenti grafici corretti e
funzionali alla scrittura.
L’intervento è stato molto vario; innanzitutto si è lavorato
molto sulla distensione psico-neuro-muscolare attraverso i grandi tracciati eseguiti con pennello, pastelli grossi e pennarelli, sia sul piano verticale alla lavagna che
sul piano orizzontale sul tavolo. Si è passati poi all’esecuzione dei tracciati scivolati utilizzando sia forme prescritturali che scritturali semplici, i quali oltre a favorire il
rilassamento del gesto grafico, permettono al soggetto
di recuperare l’aspetto continuità, cioè la possibilità di
eseguire lettere e parole collegandole correttamente tra
loro, favorendo in questo modo l’acquisizione di fluidità
e scorrevolezza.
Ad ogni incontro sono stati dedicati i primi dieci minuti
agli esercizi di tonificazione muscolare di spalla, braccio,
avambraccio, polso, mani e dita e poi ai giochi con la
palla, le palline, le racchette o la corda allo scopo di migliorare la coordinazione generale.
Si è passati successivamente al lavoro sui grandi tracciati
come sopra descritto, variando di volta in volta i materiali
utilizzati o gli esercizi proposti. Sono stati quindi dedicati
5 minuti alla respirazione consapevole, al fine di favorire
il rilassamento e la concentrazione prima di iniziare gli
esercizi specifici sulla scrittura.
Il lavoro specifico sulla grafia è stato fatto lavorando su
una determinata tipologia di movimento. In sostanza le
lettere sono divise per gruppi letterali affini; ogni gruppo
letterale ha alla sua base un movimento specifico. Su
questo movimento vengono proposti esercizi pre-scritturali eseguiti su grandi e piccoli tracciati, fino a giungere
allo studio della dinamica corretta delle singole lettere e
dei loro collegamenti.
Come primo gruppo di lettere ho scelto di lavorare sui
cerchi; infatti, dato che Paolo eseguiva tutte le lettere a
cerchio in senso orario, è stato necessario procedere subito ad una loro correzione.
Ci siamo poi dedicati via via agli altri gruppi letterali, lavorando sempre prima sulle forme pre-grafiche, per giungere solo successivamente alle lettere appartenenti a
quel gruppo. Contemporaneamente si sono curati sia i
collegamenti all’interno delle singole lettere che tra una
lettera e l’altra, dato che questo era uno degli aspetti più
colpiti della scrittura di Paolo.
Il lavoro sulla scioglimento della scrittura, sul recupero di
forme dinamiche corrette e soprattutto sui collegamenti
ha progressivamente permesso di recuperare una velocità esecutiva adeguata al livello di scolarizzazione del
bambino, colmando quasi completamente quel gap che
rendeva Paolo lento nello scrivere rispetto ai suoi compagni.
Dopo 25-30 incontri distribuiti lungo l’arco scolastico, la
scrittura di Paolo appare completamente mutata. Paolo,
innanzitutto non è più un bambino frustrato da questo
problema.
Adesso la sua scrittura si presenta personalizzata, la
discrepanza relativa all’età-grafomotoria è stata azzerata, le dinamiche letterali sono state tutte corrette ed ora
sono funzionali alla progressione del tracciato verso destra. Paolo esegue le singole lettere in unico movimento
ed effettua dei collegamenti interletterali che rendono il
grafismo più sciolto e rapido. La discrepanza relativa alla
velocità si è andata progressivamente assottigliando.
Paolo ora riesce a scrivere accuratamente 80-85 lettere
al minuto, rientrando perfettamente nella media che ne
prevede 79, mentre in velocità esecutiva ne traccia mediamente 100-105, attestandosi anche in questo caso
vicino alla media che ne prevede 112.
Al di là dei risultati ottenuti, certamente soddisfacenti ed
oggettivi, la cosa più importante di tutto il percorso è che
Paolo ora si sente sereno, non è più turbato dalla fatica di
scrivere, dalla preoccupazione di rimanere indietro e dal
sentirsi diverso dai suoi compagni, e questo è certamente l’obiettivo migliore che si potesse raggiungere.
E’ questa una delle conseguenze più naturali di un intervento rieducativo: il conseguimento nel ragazzo di un
accresciuto benessere psico-fisico e relazionale fatto di
maggiore autostima e fiducia nelle proprie capacità.
BIBLIOGRAFIA
•Ajuriaguerra J., Auzias M., Denner A. (1964), L’ecriture de
l’enfant, Neuchatel, Delachaux et Niestlé,.
•Cristofanelli P., Lena S. (a cura di), Disgrafie. Esame,
prevenzione, rieducazione, Urbino, Libreria G. Moretti.
•Lena S. (1999), L’attività grafica in età evolutiva, Urbino,
Libreria G. Moretti.
•Olivaux R. (1993), Disgrafie e rieducazione della scrittura, Ancona, AGI.
•Pellegrini R. (2009) Scrivere in corsivo: il piacere del movimento, Trento, Arcolibri
•Peugeot J. (1985), La conoscenza del bambino attraverso la scrittura, Brescia, La Scuola.
•Pratelli M. (2000), Disgrafia e recupero delle difficoltà
grafo-motorie, Trento, Erickson
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Paolo, V elementare, disegno dell’albero.
La scrittura:
educazione, prevenzione, rieducazione
di Silvio Lena *
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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L’acquisizione di una scrittura fluida, scorrevole, personale, priva di difficoltà è importante per un’adeguata scolarizzazione, un buon livello di socializzazione, l’acquisizione
di una capacità espressiva adeguata.
Alessandra Venturelli, nel recente libro “Un corsivo per la
vita” cita recenti ricerche in ambito anglosassone le quali
dimostrano che un livello adeguato di apprendimento della scrittura manuale permette di ottenere anche notevoli
miglioramenti nella “costruzione di un testo ben strutturato
e creativo”. Non si tratta quindi solo di apprendere una
manoscrittura fine a se stessa, ma di di esprimere meglio
il proprio pensiero, comunicare con maggiore proprietà di
linguaggio, mantenere con maggiore facilità i contatti con
gli altri.
Molti bambini imparano a scrivere con relativa facilità,
ma l’acquisizione di una buona abilità manuale, la realizzazione di esercizi di prescrittura, un metodo adeguato
di insegnamento e una buona motivazione permettono a
tutti i bambini, salvo qualche eccezione, di raggiungere un
livello grafomotorio accettabile o buono.
L’importanza di un metodo adeguato nell’insegnamento
della manoscrittura, in particolar modo del corsivo, viene
sottolineata dalla recente pubblicazione di libri dedicati alla
didattica della scrittura. Oltre a quello citato della Venturelli, edito da Mursia, ricordiamo anche il volume “Scrivere in
corsivo: il piacere del movimento” di Rita Pellegrini, edito
da Arcolibri. Lo dimostrano anche le ricerche realizzate da
associazioni grafologiche. Tra queste ricordiamo l’editoriale sull’insegnamento della scrittura sul n. 88 della rivista
La graphologie, la ricerca pubblicata sul n. 43 della rivista
Scrittura e l’indagine compiuta a livello europeo dall’Association Déontologique de Graphologues.
Quando il bambino presenta un ritardo nello sviluppo psicomotorio nei primi anni di vita o incontra difficoltà nell’apprendimento della manoscrittura non è opportuno lasciare
al tempo il compito di colmare le lacune. Infatti le ricerche
condotte dall’Istituto di Grafologia dell’età evolutiva sorto
presso la Scuola di Studi Grafologici dell’Università degli
Studi di Urbino hanno dimostrato che i problemi con l’andare del tempo potrebbero addirittura aggravarsi.
La percentuale di bambini caratterizzati da un buon sviluppo grafomotorio non tende ad aumentare dall’inizio
della scuola primaria al termine delle superiori, così come
la percentuale di bambini – soprattutto maschi – che hanno uno sviluppo grafomotorio inadeguato non diminuisce
con l’avanzare dell’età; si passa anzi da un 18% in prima
elementare al 20% al termine delle superiori.
Questo dimostra che in buona parte dei casi i problemi
grafomotori invece di diminuire con il passare del tempo
si aggravano sempre di più fino a diventare vere e proprie
disgrafie con conseguenze sul piano della scolarizzazione
e della socializzazione.
Per dimostrarlo presentiamo la scrittura di Fausto in prima
e quinta elementare.
Figura 1 – Scrittura di Fausto all’inizio della prima elementare.
In prima elementare la scrittura presenta alcune difficoltà:
tratti ripassati nelle “t” di “trattore”, irregolarità negli spazi,
un ritmo inceppato, un tratto insicuro.
* Silvio Lena: docente di grafologia dell’età evolutiva alla Scuola di Studi Grafologici, poi corso di Laurea, presso l’Università degli Studi di Urbino dal 1979 al 2007.
Socio fondatore dell’Associazione Grafologica Italiana (AGI), nonché Presidente dal 1991 al 1997. Socio onorario di numerose associazioni grafologiche di Spagna, Argentina, Romania, Gran
Bretagna. Ha scritto volumi e articoli di grafologia e pedagogia e tenuto relazioni in congressi nazionali e internazionali.
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Figura 2 – Scrittura di Fausto a metà della quinta elementare.
Con il passare del tempo la scrittura diventa quasi un
incubo per il ragazzo che ha “tirato a campare” fino alla
fine delle scuole medie inferiori per andare poi a lavorare con il padre: si notano lettere che diventano come un
“gomitolo aggrovigliato”, sono frequenti le correzioni, la
dimensione è irregolare e le interruzioni frequenti.
In questi casi un metodo adeguato nell’insegnamento della scrittura, la realizzazione di esercizi finalizzati
alla prevenzione delle disgrafie e, dopo l’inizio dell’apprendimento della scrittura, esercizi per la sua rieducazione avrebbero permesso di ottenere un sensibile
miglioramento e di evitare la perdita della motivazione
allo studio e l’avversione a tutto ciò che riguarda lettura
e scrittura.
L’occhio vigile dei genitori e degli insegnanti può quindi
permettere ai ragazzi che iniziano il faticoso percorso
che li porterà all’acquisizione della scrittura, di evitare la
presenza delle difficoltà o il loro superamento con una
didattica adeguata e, nei casi più gravi, con l’intervento
di un rieducatore della scrittura che li porti a risolvere
il problema prima che le conseguenze sulla scolarizzazione si facciano sentire.
Il ruolo della neurobiologia nelle disgrafie
di Lorenzo Lorusso *
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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Introduzione
Il più frequente disturbo del linguaggio in età evolutiva è la
dislessia, che è classificata tra i disturbi specifici dell’apprendimento. E’ caratterizzata dalla difficoltà di effettuare
una lettura accurata e/o fluente e da scarse abilità nella
scrittura (ortografia). La dislessia può essere associata alla
disgrafia, invece la disgrafia può non accompagnarsi ad
una dislessia. La dislessia interessa una gran parte degli
alunni e dovrebbe avere una distribuzione uniforme avendo una base neurobiologica. Invece, il disturbo è il risultato dell’interazione di cause neurobiologiche ed ambientali
(specie per il sistema ortografico). Sono noti i meccanismi
alla base della dislessia ma non vi è accordo sulle sedi o
le funzioni che sono responsabili del disturbo. Si distinguono due forme principali: dislessia evolutiva e acquisita.
La forma evolutiva si manifesta all’inizio del processo di
apprendimento della lettura. Il bambino mostra difficoltà a
riconoscere le lettere dell’alfabeto, a fissare la corrispondenza fra i segni grafici e i suoni, difficoltà negli automatismi neurofisiologici del linguaggio. La dislessia acquisita:
un evento patologico procura delle lesioni encefaliche in
un soggetto con un linguaggio normale. Il disturbo ha una
diversa distribuzione come frequenza a seconda dei paesi, per esempio in Italia si stimano circa 3,5% di dislessici
e negli Stati Uniti il 7,4%. La minore frequenza in Italia è
dovuta al sistema di scrittura che nel nostro paese è più
regolare rispetto a quello inglese.
La disgrafia è la difficoltà nello scrivere a mano, è caratterizzata da una difficoltà nella riproduzione di segni alfabetici e numerici che interessa circa il 20% degli alunni.
Può essere legata ad un quadro di difficoltà di eseguire
movimenti precordinati, in assenza di paralisi o di disturbi
sensitivi (disprassia), può essere secondaria ad una difficoltà di assumere delle funzioni da parte di uno dei due
emisferi cerebrali (laterizzazione incompleta), ed infine riguarda esclusivamente il grafismo.
Il disgrafico scrive lentamente e il risultato è molto scadente perché compaiono lettere grandi, piccole (disgrafia
motoria); lo spazio è organizzato male, non seguono le
righe (disgrafia spaziale); spesso concetti sono espressi in
modo approssimativo e stringati perché nella complessità
del ricordare dove mettere la penna e come formare le
lettere il disgrafico non riesce a ricordare quello che voleva
dire (disgrafia dislessica).
La disgrafia (difficoltà nell’aspetto esecutivo della scrittura) deve essere distinta dalla disortografia (difficoltà nell’aspetto costruttivo della scrittura) e dalla discalculia (difficoltà nell’area aritmetica e matematica).
Neurobiologia e disgrafia
La scrittura si è sviluppata rapidamente in tutte le civiltà,
perché è un valido strumento pratico della comunicazione
umana, perché la comunicazione perdura nello spazio e
nel tempo. Storicamente sono stati adottati diversi sistemi
di scrittura per rappresentare il suono delle parole e/o il
loro significato. Uno di questi è quello in cui il significato
dell’immagine, o di simboli astratti, è direttamente accessibile senza il suono della parola, come nel sistema pittografico, ideografico o logografico, un esempio è quello dei
numeri.
La forma di scrittura predominante è quella collegata ad
un sistema alfabetico. In questo sistema vi è una corrispondenza fra segno (grafema) ed uno specifico suono
(fonema), che si è perfezionato nelle varie lingue ed in
modi diversi attraverso un’evoluzione della scrittura. Teoricamente, il suono di una parola dovrebbe rappresentare la
forma e il significato della parola stessa. Questo non è realizzabile nelle varie lingue parlate oggi. Le ragioni di questa
discrepanza sono molteplici fra cui: la presenza di dialetti;
la pronuncia del linguaggio cambia con il passar del tempo, il limitato numero di simboli grafici usati per l’alfabeto
che sono indipendenti dal numero di fonemi presenti in
una determinata lingua; la posizione dell’accento è graficamente usata raramente. Nonostante tali problematiche
esiste un principio alla base del funzionamento dei sistemi
alfabetici: la presenza di regole di corrispondenza tra le
lettere scritte e i suoni del linguaggio e la comunicazione
Dr. Lorenzo Lorusso, U.O. di Neurologia - Azienda Ospedaliera “Mellino Mellini”, Chiari (Brescia). Neurologo, con interessi in neuroimmunologia e conivolto in studi sulle disgrafie, da diversi
anni.
può essere attuata usando questo insieme di regole di corrispondenza. L’italiano e il finlandese, per esempio, sono
prossimi all’avere una scrittura trasparente o superficiale,
cioè un sistema di scrittura con un’unica corrispondenza
tra le più piccole unità ortografiche (grafemi), che spesso
corrispondono ad una singola lettera, e le più piccole unità sonore del linguaggio (fonemi). Altre scritture alfabetiche
contemporanee hanno delle regole di corrispondenza fra
lettera e suono più complesse. Per esempio la scrittura inglese è altamente irregolare. Nella lingua inglese le parole
regolari convivono con quelle irregolari. Le parole irregolari
sono pronunciate in modo da non permettere di recuperare
il suono della parola attraverso una trasformazione sequenziale dei segmenti ortografici della parola. Il suono della
parola può essere compreso quando l’intera frase è stata
riconosciuta. L’irregolarità della pronuncia inglese fa sì che
la lettura e la pronuncia diventino un esercizio variabile che
crea molte difficoltà.
Nella disgrafia un possibile meccanismo del disturbo trova
una spiegazione nella teoria fonologica: perché lo scrivere
consiste in una serie di operazioni atte a tradurre un suono,
che la maggior parte delle volte corrisponde a un significato e in una sequenza di segni. Tale teoria avrebbe un
fondamento di natura neurobiologica. Le prove sono giunte
dagli studi di risonanza magnetica funzionale dell’encefalo.
Il disturbo deriverebbe da un’interruzione (in termini neurologici una disconnessione) tra le aree anteriori del linguaggio e quelle posteriori: responsabile sarebbe una struttura
intermedia a livello temporale sinistro, una formazione della
corteccia cerebrale che generalmente fa da ponte tra le
aree della memoria semantica (cioè del dizionario interno
che ciascuno possiede) e le zone del riconoscimento fonologico (responsabili dell’associazione tra l’immagine della
parola e il suo suono).
Nel caso della disgrafia il processo è più complesso perché richiede un maggior uso di energia, resistenza e tempo.
Lo scrivere richiede la sincronizzazione di diverse funzioni
mentali contemporaneamente quali: capacità di organizzare, memoria, attenzione, abilità motorie e molti aspetti
di abilità linguistiche. La grafia è la risultante di movimenti
automatici ed accurati che sono fondamentali per questo
atto di destrezza dello scrivere a mano. Nella complessità
di ricordare dove mettere la penna e come formare ogni
lettera, il disgrafico molto spesso dimentica che cosa doveva esprimere. Altri meccanismi cerebrali sono coinvolti
nell’atto dello scrivere perché nella disgrafia sembra che vi
sia anche una disfunzione nell’interazione tra i due principali
sistemi cerebrali che permettono al soggetto di tradurre dal
“linguaggio appreso” o vocabolario interno a quello scritto
(traduzione dal grafema al fonema, dal suono al simbolo e
dalle parole apprese o vocabolario interno a quelle scritte).
Nel disgrafico vi è una combinazione di difficoltà nella motricità fine, nella capacità di rivedere le lettere e una inabilità
nel ricordare le sequenze motorie apprese per la formazione delle lettere da scrivere.
Vi sono diverse forme di disgrafie: 1) dislessica; 2) motoria,
3) spaziale. Queste sono caratterizzate da:
1)Disgrafia dislessica (Fg.1) con difficoltà nella scrittura
spontanea, specialmente se il testo è complesso. Difficoltà anche nei testi dettati a voce. La copia dei testi
scritti e il disegno sono normali. La velocità dei movimenti motori fini sono nella norma.
Fig. 1 – Esempio di disgrafia dislessica
2)Disgrafia motoria con difficoltà nei testi spontanei e
nella copiatura dei testi. I testi sotto dettatura sono
normali ma il disegno è difficile. I movimenti motori fini
sono difficili.
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Fig. 2 – Esempio di disgrafia motoria
3)Disgrafia spaziale in cui i soggetti mostrano una grafia
alterata in tutti gli scritti: spontanei e copiati.
Fig. 3 – Esempio di disgrafia spaziale
Oltre i fattori neurobiologici sono importanti nella disgrafia
anche quelli comportamentali tra questi anche una cattiva
postura del bambino, cioè una non perfetta posizione del
corpo sula sedia e nel banco (Fig. 4) , per cui si creano delle posizioni viziate che compromettono lo sviluppo di quei
muscoli preposti a scrivere a mano. Per esempio un’alterata postura può influenzare l’impugnatura della biro, in
particolare dei muscoli del pollice. Questo conferma la
complessità della scrittura che è basata su meccanismi
neurobiologici in sinergia con quelli ambientali.
Fig. 4 – Esempi di cattiva postura durante la scrittura
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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Strategie di recupero
BIBLIOGRAFIA
Il ruolo dei meccanismi neurobiologici nella disgrafia è stato
dimostrato tramite l’utilizzo delle neuro immagini. Queste tecniche di indagine hanno permesso di comprender quali possono sono gli interventi da attuare, per recuperare i soggetti
con queste disabilità. Al momento l’intervento più importante
è di tipo riabilitativo e deve essere attuato nelle fasi precoci
dell’addestramento scolastico. Importante, quindi, risulta essere una corretta diagnosi precoce ed identificare quali tecniche di recupero adottare per ridurre la disabilità o migliorare
le funzioni della scrittura. L’approccio riabilitativo può essere
associato, quando è necessario, a quello psicologico.
Il trattamento riabilitativo deve essere precoce, condotto da
personale specializzato, coinvolgere tutte le modalità sensoriali, essere intensivo, cioè interventi eseguiti quotidianamente. Questi interventi quotidiani devono protrarsi per i primi 3
anni della scuola elementare, poi periodi intensivi di due o tre
mesi da effettuarsi due volte all’anno, fino alla scuola media
inferiore. Infine, è importante l’utilizzo di strumenti informatici
che permette di diventare autonomi, senza rinunciare all’uso
di testi scolastici. E’ necessario proporre compiti semplici
per poter ottenere risultati con facilità, senza sforzo, come si
insegna ai bambini che stanno iniziando a leggere o a scrivere.
E’ importante anche procedere ad un’analisi delle funzioni
neuropsicologiche implicate nella disgrafia, attraverso l’applicazione di protocolli standardizzati.
Questi approcci hanno lo scopo di valorizzazione dell’individuo, con la ricerca della qualità nascosta, o, se manifesta,
con la riscoperta dell’inclinazione talentuosa. Questa impostazione porta come sostegno della sua fondatezza illustri
scienziati di cui si dice che fossero affetti da disturbi del linguaggio, utilizzando ricostruzioni della loro vita a posteriori.
Fra questi ricorrono più frequentemente i nomi di Leonardo
da Vinci, di Albert Einstein ed altri famosi personaggi.
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della scrittura. Le Scienze. 217: 60-66; 1986
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2007.
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Disgrafia e disturbi specifici della scrittura
di Carlo MUZIO *
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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La scrittura è un mezzo di comunicazione, un codice basato su regole e convenzioni definite dalla cultura di appartenenza, un’abilità fine motoria specializzata, ma anche
un’espressione d’identità soggettiva tramite la calligrafia
ed una traccia per la memoria.
La scrittura, così come il calcolo, è una delle abilità mentali
superiori che in termini evolutivi si è sviluppata recentemente (le prime testimonianze delle civiltà con documenti
scritti risalgono a centinaia di milioni di anni dopo la comparsa dell’uomo sulla terra!) ed è una competenza complessa che implica l’ integrazione e la sinergia di diverse
reti neurali. Il processo della scrittura coinvolge sia il sistema linguistico, sia il sistema motorio unitamente alle loro
interconnessioni con le aree sensoriali (percezione visiva e
uditiva) e propriocettive. Questo aspetto neurologico, per
quanto ovvio, non può essere trascurato quando andiamo
ad affrontare i disturbi del linguaggio scritto.
I disturbi del linguaggio scritto sono oggetto di studio recente nella neuropsicologia clinica e, nonostante il contributo di grandi autori ormai “classici” (A.R. Luria, 1950;
J.De Ajuriaguerra, 1964 ; Berninger e Whitaker, 1993)
sono molte le questioni ancora aperte e in discussione,
sia nella ricerca, sia nella clinica.
In questo breve contributo si vuole esaminare lo “stato
dell’arte” dei disturbi di scrittura ed in particolare della disgrafia, nella clinica dell’età evolutiva, in relazione ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).
Nel gennaio 2007 sono state pubblicate le linee guida della Consensus Conference per i DSA, dove, in relazione
al “Disturbo della Scrittura”, si afferma che gli aspetti
generalmente condivisi riguardano la sua suddivisione in
due componenti, una di natura linguistica (deficit nei processi di cifratura o compitazione: Disortografia) e una di
natura motoria (deficit nei processi di realizzazione grafica:
Disgrafia). Per i criteri diagnostici si considerano i criteri
generali di esclusione validi per tutte le forme di DSA (assenza di patologie neurologiche e/o danni sensoriali) ed
il criterio della discrepanza (buone competenze cognitive
generali – QI > 85 – deficit nelle abilità specifiche con ca-
dute prestazionali < alla 2° ds o al 5° centile rispetto alla
media di norma per l’età).
Come per la lettura, anche nel caso della scrittura, è consigliato di somministrare prove standardizzate: per la disortografia è condiviso il parametro di valutazione della
correttezza, costituito dal numero di errori e dalla relativa
distribuzione percentilare (al di sotto del 5° centile), mentre
per la disgrafia, i principali parametri di valutazione riguardano la fluenza (- 2 dev. Stand dalla media per l’età) e
l’analisi qualitativa delle caratteristiche del segno grafico.
Nelle classificazioni internazionali (DSM IV e ICD-10)
il disturbo specifico di scrittura è considerato globalmente, senza distinguere le due componenti di natura linguistica e motoria: nel DSM IV il criterio principale (A. 315.2)
definisce “capacità di scrittura, misurate con test standardizzati, inferiori a quanto previsto in base all’età, al livello
intellettivo ed al grado di istruzione ricevuto” che (criterio B) “interferiscono notevolmente con l’apprendimento
scolastico e le attività della vita quotidiana”. Nel Disturbo
dell’espressione scritta sono coinvolti: la composizione, la
grammatica, la punteggiatura e la grafia, senza differenziare se è presente solo il disturbo della compitazione o
della grafia.
Nell’ICD-10 si distingue unicamente il “Disturbo evolutivo
espressivo della scrittura” (F81.8) dal “Disturbo specifico
della compitazione”, il quale è caratterizzato da: “difficoltà
a compitare oralmente ed a trascrivere correttamente le
parole” in assenza di un disturbo specifico della lettura. In
questa forma sono presenti soprattutto problemi di spelling e di trascrizione, prevalgono errori di tipo non fonologico.
La scrittura è una complessa abilità cognitiva che permette la trasformazione in forma grafemica del linguaggio
(parlato o pensato) e comprende diversi aspetti e specifiche operazioni, in ognuna delle quali sono coinvolte
componenti differenti in relazione alla funzione svolta: dall’
analisi della composizione fonetica della parola alla conversione dei fonemi nelle forme grafiche corrispondenti
(grafemi).
Si distingue: la scrittura sotto dettatura; la scrittura
Dr. Carlo Muzio, medico spec. in Neuropsichiatria Infantile, psicoterapeuta, docente di Neurolinguistica e Neuropsicologia dell’Età evolutiva, corso di Laurea TdR Neuropsicomotricità Età Ev.,
Universiotà di Pavia.
spontanea e la copia. Questa distinzione tra i vari aspetti
e le specifiche componenti coinvolte è fondamentale per
un’analisi differenziale del disturbo di scrittura e per la pianificazione dell’ intervento abilitativo.
La scrittura spontanea è l’abilità che richiede l’attivazione
di tutte le componenti del processo di scrittura e comprende anche componenti della produzione verbale (le
quali dovranno essere esaminate nell’ambito della valutazione del linguaggio espressivo) quali:
• la pianificazione comunicativa,
• la competenza argomentativa,
• il recupero lessicale e sintattico;
componenti comuni al processo di scrittura sotto dettatura (in questo processo specifico la componente principale
è a livello di percezione uditiva):
• l’analisi fonemica (discriminazione fonemica),
• l’associazione fonema-grafema,
• il recupero della forma ortografica;
ed infine le componenti effettrici legate alla produzione
grafica, comuni anche al processo di copia:
• la componente visiva (discriminazione visiva),
• la componente prassica (analisi spaziale e pianificazione costruttiva).
Il processo di copia è un processo a sé, legato alla trasposizione grafema/grafema; è considerato una prassia
visuo-costruttiva, inscindibile dalle componenti di discriminazione percettiva-visiva e di progettazione e pianificazione dell’atto motorio fine per produrre le singole parti
che compongono il modello, nel rispetto dei suoi vari
rapporti spaziali. Alcuni autori (Tressoldi, 1995) escludono questo processo dalla scrittura e valutano in modo
specifico esclusivamente la scrittura sotto dettatura e la
scrittura spontanea, analizzando le componenti effettrici
di recupero dei pattern grafo-motori e di efficienza neuromotoria, valutando esclusivamente il parametro di velocità
di esecuzione.
La grafia è l’aspetto più strettamente neuro-psicomotorio che comprende prevalentemente gli aspetti dell’azione
motoria coinvolti nel processo di scrittura, relativamente
indipendenti dalle componenti linguistiche. L
e
componenti neuro psicomotorie comprendono: abilità
motorie, lateralità, abilità visuo-percettive e visuo-spaziali.
Fra le abilità motorie occorre considerare la regolazione
del tono muscolare (equilibrio e controlli posturali di capo
– tronco – spalle – avambraccio - polso - dita e regolazione della forza nella presa dello strumento grafico), le coordinazioni cinetiche (l’aspetto cinetico del controllo motorio
dell’ arto superiore) e la motricità fine (dissociazione dei
movimenti, controllo segmentario, coordinazione oculomanuale).
Il movimento di scrittura richiede una precisa combinazione dei movimenti di tutte le parti dell’arto superiore e la
loro fine coordinazione permette l’esecuzione della traccia
da sinistra verso destra e il concatenamento dei movimenti tipici della scrittura corsiva.
Lo sviluppo della lateralizzazione, insieme alle abilità
spaziali, permette il riconoscimento su di sé, sugli altri e
sugli oggetti, della destra e della sinistra e determina la
parte dominante (dominanza laterale). La distinzione percettiva dei due emisomi consente di costituire il sistema
di coordinate geometriche fondamentali ed è anch’essa
importante per l’esecuzione grafica.
Le abilità visuo-percettive sono condizionate non solo
dall’acutezza visiva e non interessano soltanto l’attività
delle strutture ottiche e della corteccia visiva primaria, ma
coinvolgono molteplici aree cerebrali sensoriali ed associative.
Nella scrittura, una corretta analisi visuo-spaziale permette di percepire la corretta sagoma delle lettere rispetto al
modello proposto e la relazione spaziale tra le lettere e
nella pagina (distanza tra le parole, orizzontalità della linea,
margini), abilità indispensabile nella fase di acquisizione.
Questa abilità è alla base della competenza di integrare
e coordinare vista e movimento, la cosiddetta coordinazione oculo-manuale che guida il movimento attraverso il
controllo visivo.
Nel processo della scrittura sono coinvolti inoltre i processi cognitivi di base quali: la memoria e l’attenzione;
infatti sono necessarie buone capacità mnemoniche sia
visive (per il recupero delle componenti grafiche), che uditive (ad esempio sotto dettatura), per i diversi compiti di
scrittura (copia, dettato, scrittura spontanea). La capacità
di mantenere l’attenzione durante il compito è una funzione necessaria al controllo del proprio processo esecutivo
ed indispensabile per la programmazione del compito da
svolgere.
Nella scrittura spontanea sono richiamate tutte le funzioni
esecutive per la pianificazione del compito e, fra queste
riveste un ruolo specifico l’organizzazione temporale.
La capacità di scrittura è il risultato dell’apprendimento nel
primo ciclo primario di studi, ma l’evoluzione delle capacità grafiche è il frutto di competenze che si sviluppano
dalla prima infanzia: intorno ai 20 mesi il bambino è in grado di tracciare le prime forme chiuse grazie all’acquisita
capacità di rotazione del polso. Nella seconda infanzia si
sviluppa il disegno e a 5 anni il bambino entra spontaneamente nella fase pre-calligrafica in cui riconosce i segni
della scrittura ed inizia ad attribuire un valore sonoro alle
diverse forme grafiche.
Lo sviluppo della fase calligrafica procede dai 7 ai 10 – 11
anni, epoca in cui il tratto grafico diventa più fluente, la
procedura esecutiva si è automatizzata e la forma delle
singole lettere ed i loro legami si stabilizzano assumendo
specifiche caratteristiche individuali.
Noi riteniamo più corretto e rispondente alla realtà clinica
evolutiva, differenziare nel disturbo specifico di scrittura
l’aspetto disortografico, caratterizzato da un disturbo specifico del linguaggio scritto , nei confronti del quale vi è un
maggiore accordo fra gli specialisti, sia in termini di definizioni, sia in relazione ai criteri diagnostici (cfr. Consensus
Conference 2007 e Tressoldi 2000) dalla disgrafia.
La disgrafia è un disturbo specifico di apprendimento del
gesto grafico, che si manifesta come una difficoltà a riprodurre graficamente sia i segni alfabetici che quelli numerici
(Pratelli, 1995).
Alcuni autori definiscono la disgrafia “disprassia o aprassia della scrittura”, ovvero individuano in essa un disturbo
degli aspetti strettamente motori della scrittura (Sabbadini, 1995). In questa accezione si considera specifica del
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disturbo l’attività motoria prassica manuale e non sono di
per sé interessate le regole ortografiche e sintattiche, sebbene possano influire negativamente su tali acquisizioni
per le difficoltà secondarie nella rilettura e nell’autocorrezione.
Questa distinzione è necessaria ed importante, non solo
ai fini diagnostici, quanto per individuare il percorso abilitativo e rieducativo più efficace, ma non si può negare
come la realtà clinica sia sempre ben più complessa dei
quadri esemplificativi descritti nei manuali; per questo è
necessario considerare dapprima l’insieme dei disturbi
del linguaggio scritto che interessano tutte le 3 aree , le
quali devono essere ben distinte nel percorso diagnostico
e valutativo:
1)difficoltà nella composizione del testo; dovute a deficit
di integrazione di diversi meccanismi cognitivi e metacognitivi (difficoltà compositive).
2)difficoltà nell’acquisizione delle regole ortografiche;
dovute alla prevalenza delle diverse tipologie di errori
ortografici (disortografia).
3)difficoltà nella velocità e correttezza grafica, dovute a
deficit nella prassia della scrittura (disgrafia).
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
Consideriamo qui in specifico la disgrafia. Questo disturbo non riguarda gli aspetti linguistici della parola scritta ma
interessa specificamente le componenti motorie e visuospaziali; in quanto “disturbo specifico dell’apprendimento”, per definizione, può essere diagnosticata in un bambino intelligente che non presenta patologie neuromotorie,
sensoriali o disturbi primari della sfera emotivo-affettiva.
Inoltre deve essere distinta dal ritardo di apprendimento
della scrittura che si manifesta in taluni bambini “immaturi” oppure con disabilità cognitive o che non hanno avuto
adeguate opportunità educative.
Il bambino disgrafico è, perciò, un bambino la cui scrittura
è deficitaria soprattutto nei criteri di:
• Velocità,
• Leggibilità e
• Qualità della grafia.
Molti autori, e soprattutto molti riabilitatori, sono oggi concordi nell’individuare in senso generale, delle caratteristiche in base alle quali si può parlare di disgrafia che influiscono sui criteri indicati di velocità, leggibilità e qualità
della grafia.
In relazione alla qualità nella riproduzione dei grafemi, il
bambino disgrafico può presentare:
•Alterazioni della postura del corpo e della prensione
della penna: spesso il tronco è inclinato lateralmente o
in avanti, si evidenzia eccessiva tensione a livello della
spalla e del gomito che spesso non viene appoggiato
sul tavolo, la mano che non scrive non è utizzata come
supporto per tenere fermo il foglio, la mano scrivente
è spesso contratta e scorre con fatica sul foglio, infine
l’impugnatura dello strumento grafico è scorretta.
•Alterazione della pressione sul foglio (manca di regolazione): in genere è troppo marcata o troppo debole per
disregolazione del tono muscolare
•Difficoltà nel controllo della direzione del gesto grafico:
si possono trovare inversioni nella direzione del gesto
grafico, la scrittura di singole lettere o di intere parole
può essere realizzata da destra a sinistra anziché da
sinistra a destra.
•Alterazioni nel ritmo della scrittura: il bambino può scrivere o con eccessiva rapidità o con estrema lentezza;
la mano può compiere movimenti a scatti e possono
intervenire frequenti interruzioni.
•Irregolarità nella dimensione dei grafemi, che possono
essere troppo piccoli o troppo grandi.
•Inadeguata unione dei grafemi: le lettere non vengono
correttamente legate tra loro a causa della scarsa fluidità del gesto per le difficoltà della motricità fine.
•Difficoltà nella produzione e riproduzione di figure geometriche e, più in generale, nella copia dalla lavagna
(per le difficoltà visuo-percettive e le alterazioni nel rispettare i rapporti spaziali).
•Difficoltà nell’orientamento sul foglio, che determinano
scarso rispetto delle righe e dei margini, irregolarità fra
gli spazi tra le parole, con conseguente non linearità
del tratto.
•Infine, spesso è segnalata la presenza di crampi, fenomeni dolorosi e stancabilità eccessiva.
È possibile una classificazione delle Disgrafie?
Nonostante che la maggior parte degli autori sia concorde
nel definire disgrafico il bambino la cui qualità di scrittura
è deficitaria, senza altri deficit associati, non si è ancora
giunti ad una classificazione standard delle caratteristiche della disgrafia e delle forme cliniche che il disturbo
può assumere. In generale occorre differenziare 2 gruppi
“sintomatici” a secondo che prevalgano le difficoltà visuospaziali (deficit prevalenti a carico dell’orientamento e del
legame delle lettere, nella distanza fra le parole e nell’impaginazione del testo) o le difficoltà nel controllo motorio
del tratto.
In relazione alle alterazioni del tratto si fa ancora riferimento alle classiche ricerche effettuate da Ajuriaguerra e collaboratori (1964) che individuavano 5 sottogruppi caratterizzati da particolari difficoltà nell’analisi del tratto grafico:
1 – tratto RIGIDO (scrittura contratta, inclinata, rigida e
tesa con direzione irregolare; i singoli caratteri sono ristretti, più alti che larghi, presentano molti angoli e deformazioni – spesso i tentativi di correzione peggiorano
ulteriormente il tratto).
2 – tratto RILASCIATO o ALLENTATO (scrittura allargata,
irregolare ma allentata ed in genere priva di tentativi di correzione ed associata a difficoltà visuo-spaziali nel mantenere la linea e rispettare i margini).
3 – tratto IMPULSIVO (scrittura veloce e precipitosa, sembra procedere a scatti e non è organizzata, spesso le finali
delle parole, gli accenti e la punteggiatura sono prolungati).
4 - tratto associato alla MALDESTREZZA (caratterizzato
da pesantezza, gravi alterazioni della forma dei caratteri che risultano di dimensioni irregolari e saldati fra loro,
spesso rimaneggiati): anche queste alterazioni sono frequentemente associate alle difficoltà di organizzazione
visuo-spaziale).
5 – tratto LENTO e PRECISO (la scrittura evidenzia lo sforzo e l’applicazione per una buona forma, spesso risulta
una grafia ricercata ma prodotta in tempi eccessivi; quando è richiesto un aumento della velocità si evidenzia una
perdita di controllo ed insorge una progressiva rigidità).
Cratty (1994) distingue due gruppi di “sindromi grafo-manuali” in cui le abilità manuali e le abilità grafo-motorie possono essere dissociate: un primo gruppo, più numeroso, è
caratterizzato da bambini che associano difficoltà fini-motorie nell’uso degli utensili, nell’abbottanarsi ed allacciarsi,
nell’impugnare posate e matita alle difficoltà grafiche, ed
un secondo gruppo invece dove le difficoltà grafiche si
presentano isolate.
Come in tutte le suddivisioni, va però sottolineato che nella
pratica clinica è raro trovare bambini che rientrino in modo
ben definito all’interno di una delle categorie sopraindicate; spesso si trovano associate caratteristiche riferite a più
di un gruppo e tali distinzioni devono essere considerate
come una guida nella valutazione del singolo caso.
La valutazione clinica deve necessariamente considerare la complessità delle componenti cognitive implicate
nelle abilità di scrittura; perciò è necessario comprendere
una valutazione neuropsicologica generale, una valutazione specifica della scrittura (componenti linguistiche) ed un
esame dettagliato dell’atto motorio implicato nella grafia e
dei grafemi prodotti.
Gli strumenti più rapidi per uno screening neuropsicologico sono compresi nella BVN (Batteria di Valutazione
Neuropsicologica 5-11 di Bisiacchi et al. 2005); per l’analisi
della scrittura la Batteria per la Valutazione della Scrittura
e della Competenza Ortografica di Tressoldi e Cornoldi
(2000 -2°ed) è ormai un classico nel nostro paese.
Per l’analisi delle componenti motorie della scrittura si segnalano le prove della Batteria di Bertelli (2001) e la scala
BHK di Hamstra-Bletz, Blöte (1993).
Inoltre è necessaria una valutazione specifica dei seguenti
ambiti:
• sviluppo motorio e coordinazione motoria;
• senso-motorio e cinestesico;
• visuo-spaziale;
• visivo - oculomotorio;
•visuo-costruttivo e disegno su copia e su richiesta verbale;
• prassico - costruttivo;
• organizzazione sequenziale e gestualità.
Questi aspetti comprendono specifiche prove ma una valutazione di base è possibile con l’APCM, il Protocollo per
la valutazione delle Abilità prassiche e della Coordinazione
Motoria Sabbadini L. et al. (2005).
Molte di queste valutazioni possono essere effettuate da
diversi operatori specializzati: Neuropsicologi e Psicologi clinici, Logopedisti, Terapisti della Riabilitazione e della
Neuropsicomotricità dell’età evolutiva, Pedagogisti e Rieducatori della scrittura, ma la diagnosi clinica deve essere
effettuata da un Neuropsichiatra Infantile esperto di queste problematiche ed in grado di valutare, con l’apporto
delle diverse figure specialistiche, la complessità del caso
al fine di individuare il percorso abilitativo / rieducativo più
efficace; infatti spesso vi è una compresenza di problematiche relative all’organizzazione motoria, allo sviluppo
linguistico e possono essere coinvolti processi cognitivi
(percezione, attenzione, memoria) che interferiscono nello
sviluppo degli apprendimenti in generale e della scrittura
in particolare: per questo possono essere necessari più
tipi dì intervento ed è compito del clinico dello sviluppo seguire la presa in carico valutando la priorità delle funzioni
da potenziare.
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•Luria A.R. (1950 ed.or.),Neuropsicologia del linguaggio
grafico, Padova, Edizioni Messagero,1984.
•Luria A.R. (1967), Le funzioni corticali superiori nell’uomo, Firenze, Giunti Barbera.
•Pratelli M. (1995), Disgrafia e recupero delle difficoltà
grafo-motorie, Trento, Erickson.
•Rey A., (1979), Reattivo della figura complessa, Firenze,
Organizzazioni Speciali.
•Sabbadini G. –a cura di (1995), Manuale di Neuropsicologia dell’età evolutiva, Bologna, Zanichelli.
•Sabbadini L. (2005), La disprassia in età evolutiva: criteri
di valutazione ed intervento, Roma, Springer.
•Sabbadini L. et al. (2005), Protocollo per la valutazione
delle Abilità prassiche e della Coordinazione Motoria
APCM, Roma, Springer.
•Sartori G, Job R., Tressoldi P. E., (1995), Batteria per la
diagnosi della dislessia e disortografia evolutiva, Firenze,
Organizzazioni Speciali.
•Tressoldi P. E., Sartori G. (1995), Neuropsicologia della
scrittura in età evolutiva, in: Manuale di Neuropsicologia
dell’età evolutiva, a cura di G. Sabbadini, pp. 443-449,
Bologna, Zanichelli.
•Tressoldi P.E., Cornoldi C. (2000), Batteria per le valutazione della scrittura e della competenza ortografica
- Manuale, Firenze, Organizzazioni Speciali.
•Zoccolotti P. et al. (2005), I disturbi evolutivi di lettura e
scrittura, Roma, Carocci Faber.
•Wille A. M. (1996), La Terapia Psicomotoria dei Disturbi
Minori del Movimento, Roma, Marrapese.
•Wille A.M., Ambrosini C. (2005), Manuale di terapia psicomotoria dell’età evolutiva, Napoli, Cuzzolin.
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Non esiste una sola risposta
di Marina Brugnone *
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
26 |
La prima classe era ormai iniziata da settimane e si stava
avvicinando la fatidica data: Natale.
Per tale periodo ci si aspettava, genitori ed insegnanti,
che tutti i bambini avessero imparato a leggere e scrivere.
Tutti o quasi: infatti le letterine di F. non si strutturavano ancora come il previsto; anziché scrivere il bambino
preferiva parlare , andare a zonzo per la classe, spesso
chiedeva di andare in bagno.
Le pagine del suo quadernone, un po’ stropicciate, talvolta bucate o ripiegate, erano solcate da segni spessi, che la sua matita, impugnata con rigida sofferenza e
maldestrezza, lasciava sulla carta, resa ondulata dal suo
sudore.
Con il disegno era anche peggio. Il foglio dell’album si
consumava sotto le cancellature e i ripassi, che non permettevano alla figura, qualunque essa fosse, di apparire
compiuta.
La più frequente richiesta dell’insegnante era quella di
riscrivere le parole o i numeri, ma anche più sovente si
chiedeva a F. di sbrigarsi a finire il lavoro assegnato: i
suoi tempi di esecuzione, lunghissimi, gli impedivano di
portarlo a termine. Così la “punizione” a casa era assicurata, in aggiunta al compito che veniva quotidianamente
assegnato, vissuto anch’esso quasi come una tortura.
Anche per le maestre aumentavano le difficoltà di approccio nei confronti del bambino che mostrava, oltre
ad una facile distraibilità, un atteggiamento oppositivo e,
talvolta, indisponente.
Cresceva altresì il loro senso di frustrazione a causa delle
difficoltà di intervento: che problemi aveva F. e cosa si
poteva fare per lui?
Il programma annuale in classe proseguiva, così come
doveva essere. Si era ormai passati dalle singole parole alle frasi e ciò che veniva scritto alla lavagna dalla
maestra, i compagni lo ricopiavano ormai con sicurezza,
mentre per lui era una reale difficoltà.
Ogni volta non trovava il punto di inizio sul rigo e neppure
il margine finale veniva rispettato, quasi non esistessero
….
Questo è l’inizio di una
storia vera, una delle tante, che mi ha coinvolto
particolarmente dal punto di vista professionale
ed umano. Potrei continuarne la narrazione fino
a giungere al termine dei
cinque anni che ho passato con quell’alunno, elencando le molteplici difficoltà
che abbiamo incontrato durante il percorso scolastico ( il
plurale è per includere le colleghe e la famiglia).
Ma mi fermo qui perché il mio intento è quello di condividere la mia esperienza, che ritengo essere comune ad
altri insegnanti, specialmente per quanto riguarda l’approccio e la comprensione di tali problematiche.
L’alunno in questione presentava una serie di problemi
che interferivano in modo significativo con i risultati scolastici e con le attività della vita quotidiana, tutti ascrivibili
alla sfera dei disturbi specifici dell’apprendimento.
In effetti, in terza elementare, tali disturbi furono diagnosticati da un’ equipe medica che valutò F.: egli risultava
essere dislessico, discalculico, disortografico e disgrafico.
Un quadro certamente importante intorno al quale bisognava muoversi con competenza.
Personalmente ho cominciato a documentarmi, un po’ mi
ha aiutato il fatto di essere iscritta al corso di laurea in
Scienze della Formazione Primaria e di aver inserito nel
mio percorso di studi il semestre aggiuntivo per l’insegnamento agli alunni con disabilità.
Ho partecipato a diversi corsi di aggiornamento e di formazione che vertevano sui disturbi dell’apprendimento in
generale, sulla dislessia, sull’insegnamento delle lingue
straniere agli alunni dislessici, sulla rieducazione della
scrittura , ho letto libri, articoli, parlato con specialisti….
Ciò che ho appreso, e che è risultato essere argomento
trasversale a tutti i percorsi citati, è che posso intervenire,
come insegnante, soltanto per ridurre le problematiche
ma non per risolverle.
* Marina Brugnone, insegnante di Scuola Primaria in servizio presso l’Ufficio Scolastico Provinciale di Alessandria, area sostegno alla persona.
Fondamentale è aver cura di loro come soggetti in evoluzione e considerare prioritario il loro essere e ben-essere,
in aggiunta al prendersi cura delle loro potenzialità, facendo leva su di esse, per alleviare la “pena” di non essere
“bravi” come gli altri compagni
Bisogna infatti, in quanto educatori prima che
insegnanti, evitare che
aumenti il divario tra le
prestazioni del bambino
in difficoltà e quelle del
gruppo classe, altrimenti
si potrebbe incorrere nel
rinforzo delle sue problematiche , facendone così
un soggetto a rischio di
insuccesso scolastico.
Diventa perciò assai rilevante porre attenzione
agli aspetti emozionali,
per cercare di limitare la
perdita di motivazione,
intervenendo con una didattica adeguata ed una giusta valutazione (ad esempio,
separando gli errori dal contenuto), fargli sentire che il suo
lavoro viene comunque apprezzato , evitando di riempire
i quaderni di segni rossi. Il problema a questo punto è
il seguente: come è possibile individualizzare senza fare
differenze?
Ho compreso, scuola facendo, che il metodo di insegnamento non origina il disturbo, ma che le proposte che
facciamo possono ridurne gli effetti. Qui la didattica fortunatamente ci viene incontro con tante metodologie: dal
brainstorming al role playing, dal lavoro di gruppo alla lezione dialogata , dal problem solving all’animazione.
Maturando la consapevolezza che non esiste una sola risposta al problema educativo, genericamente parlando, e
sapendo tollerare il senso di impotenza tipico di situazioni
scolasticamente critiche, ritengo che un docente debba
cercare di variare i propri approcci didattici a seconda
delle materie, delle attività, degli obiettivi da raggiungere.
Sicuramente questo comporta un grande lavoro di programmazione, soprattutto settimanale, ma il tempo speso per la preparazione dei percorsi individualizzati porta
al conseguimento degli obiettivi prefissati, più di quanto
ci si aspetti.
Non dimentichiamo comunque una buona dose di flessibilità per gestire l’imprevisto che, naturalmente, può interferire nel contesto classe.
In aggiunta a quanto descritto, la considerazione di ulteriori aspetti critici, quali l’ansia dei genitori, la non accettazione del problema, le difficoltà nei rapporti , il senso
di non adeguatezza, lo sconforto, le tensioni ed altri atteggiamenti, deve indurci
a far acquisire agli alunni
in difficoltà, un’ adeguata
autostima personale, evitando così che si instaurino sensi di inadeguatezza ed inferiorità.
Quindi accogliamoli ed
accettiamo ciò che ci
danno, perché chè già la
famiglia che spesso non
lo fa.
Anzi , rinforziamo ogni
minimo risultato anche se
si tratta solo di una frase
o una riga scritta “bene”,
nel caso di bambini disgrafici, oppure, trovandoci di fronte a bambini
dislessici e discalculici, lasciamo il tempo che a loro serve
per risolvere un problema in classe anche se l’ora di matematica è terminata , senza aggiungere così l’esercizio
non completato ai compiti per casa, che già incombono
di pomeriggio.
Tuttavia, ciò non significa che bisogna evitare loro le difficoltà, altrimenti non vi sarebbe crescita. Adattare infatti,
non deve essere sinonimo di semplificare. Poichè la meta
da raggiungere è comune a tutti gli alunni presenti in una
classe, si tratta solo di trovare itinerari alternativi a seconda delle necessità: se essi debbano essere più lunghi o
più brevi è da valutare in base alle loro risorse individuali.
Come insegnante, ritengo importante ribadire che ciò
che ho imparato dalla teoria non deve rimanere concetto
astratto, bensì deve essere praticato, inserito nel contesto quotidiano, avvalendomi sempre e comunque di lenti
speciali,
quelle dell’autocritica e del dubbio, che mi rendono evidenti tutti gli aspetti dei feedback, siano essi positivi o negativi, dai quali dovrò partire per programmare le ulteriori
azioni didattiche, proseguendo nel cammino o sostando
maggiormente laddove ritengo necessario farlo, comunque mai per tornare indietro, poiché sarebbe come annullare sia la credibilità che io ho dato all’alunno sia quella
che lui, in quanto soggetto discente, ha attribuito a me,
che sono insegnante e prima di tutto persona.
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Vincere la disgrafia?
Si può!
di Daniela Chiarentin*
28 |
Ricevere una mamma, che richiede una consulenza in rieducazione della scrittura, significa per me accogliere una
persona che è molto spesso in ansia per il proprio figlio.
Infatti, il disagio che il bimbo prova per la fatica di scrivere,
si trasmette alla madre, che vive nel proprio animo un profondo senso di inadeguatezza.
Accogliere una mamma preoccupata significa anche tornare indietro nel tempo, tornare a mia volta bambina, per
meglio capire l’importanza del gioco nella relazione con il
bimbo disgrafico, l’importanza di un sorriso colmo di fiducia nei miei confronti quando mi sentivo incapace di fare
quanto richiesto. Significa anche e, soprattutto, trattare il
bambino in modo “normale” per non farlo sentire “diverso”
dagli altri.
Infine, questo accogliere una mamma ha il sapore di una
fiducia, di un impegno reciproco e di una speranza liberatoria.
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
Susanna Primavera*
Grafologa in Varese
Grazie Susanna,
a distanza di due anni, quando vedo Andrea che su un
foglio protocollo si accinge a scrivere da solo le prove di
matematica per l’esame di terza media, mi vengono le lacrime agli occhi.
Si, perché scrivere, che è una cosa così semplice, spontanea, immediata, quasi “banale” per Andrea è stato un
inferno!
Fin dall’asilo, quando colorando, non stava nei limiti del
disegno, e anche colorare era diventato una frustrazione,
nessuno sapeva aiutare Andrea. Le spiegazioni non andavano al di là del “è pigro!”, ha problemi di vista, non si
impegna…
Che fatica a scuola! Tutti imparano a scrivere, mentre per
lui era così difficile!
Finalmente una diagnosi: dislessia, disgrafia…” Si rileva di-
Andrea 12 anni prima dell’intervento rieducativo
sgrafia specie nel tratto stampato minuscolo e nel corsivo.
Talvolta nello scritto compare una forma di disgregazione
della forma dei grafemi sino a renderli poco riconoscibili…”
Ma chi poteva aiutare Andrea?
Certo gli aiuti ci sono stati, una bravissima logopedista ma
con Lei ha risolto problemi di linguaggio, di lettura, una
bravissima maestra che nel pomeriggio, con infinita pazienza, gli faceva fare i compiti scritti a mano. Che fatica!!!
Quante lacrime e i risultati non erano permanenti…
Rimaneva quel benedetto e maledetto computer.
Benedetto perché almeno a scuola poteva scrivere come
gli altri, poteva fare i dettati, i pensieri…
Maledetto perché come può un bambino di otto anni fare
una divisione con il computer? Come fa a svolgere il problema di geometria, a completare le schede prestampate
che dà la maestra?
Ma la scuola non si ferma. Il programma va avanti e le
difficoltà aumentano.
E’ vero che noi tutti, ogni giorno, usiamo il computer ma
* Dott.ssa Susanna Primavera: grafologa, Educatrice e Rieducatrice della Scrittura. Segretaria del Consiglio Direttivo A.N.G.Ri.S.
* Daniela Chiarentin: socia Simpatizzante A.N.G.Ri.S. e mamma di Andrea.
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Andrea 12 anni dopo l’intervento rieducativo
ugualmente quante volte in una giornata prendiamo in
mano una penna? E così è per la scuola, è vero che per
scrivere un tema un disgrafico ha bisogno del pc ma per
tante, tantissime altre cose ci vuole la penna!
I medici danno solo diagnosi, dobbiamo rassegnarci,
ognuno ha i suoi limiti ma questo limite è come un macigno che ti rende insicuro, rende tutto così difficile, così
complicato.
Come fare sei o sette espressioni con un programma di
video-scrittura? Abbiamo optato per il sistema più veloce:
lui detta e la mamma scrive; ma come concentrarsi sul
foglio che tiene in mano un’altra persona? Vederla spazientirsi perché non si hanno gli stessi tempi… che fatica!
E a scuola? Quanto influisce sul carattere e sull’autostima
dipendere sempre dagli altri?
Mi ripetevo: “Ci deve essere qualcuno che può aiutare Andrea… e nella mia spasmodica ricerca di sono so cosa e
non so chi, finalmente arrivi Tu Susanna!
Senza troppe speranze iniziamo una riabilitazione, cerchiamo di non illuderci, le diagnosi erano chiare: non riuscirà
mai a scrivere!
Non lasciamo niente di intentato… e ora, quando l’insegnante di Andrea scrive una nota così: “ Gent.ma Sig.ra,
suo figlio, mentre spiego, pasticcia con la biro!” sorrido
felice.
Grazie Susanna per il tuo prezioso lavoro, per avere insegnato ad Andrea a SCRIVERE e per avere trasformato la
nostra debole speranza in un sogno realizzato!
Recensioni ed eventi
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
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Lucia BRUN e Rita FILIPPIN
Il Corsivo Facile
Nicola Milano Editore
Paola Zannoner
A piedi nudi a cuore aperto
Fanucci 2006 Roma, pp.236 - Euro 12,50
Si tratta di un utile testo-guida per i docenti di scuola primaria per l’insegnamento agevole del corsivo.
L’apprendimento degli alunni può avvenire senza situazione
ansiose e/o di sconforto e senza quelle problematiche che
possono favorire l’insorgere di difficoltà grafo-motorie.
L’opera si suddivide in varie parti. Vi è una parte teorica
che tratta in modo specifico del metodo di insegnamento,
ma vi sono anche indicazioni pratiche e concrete per dare
all’addestramento grafico un aspetto che per il bambino
risulti piacevole e giocoso.
L’apprendimento avviene sulla base delle potenzialità/
competenze di ogni alunno attraverso un processo che
inizia dagli elementi più semplici a quelli più complessi. In
questa parte sono presenti nel testo anche degli esempi
di esercizi preparatori al corsivo, con precise indicazioni
su come impostare le attività grafiche.
Un capitolo a parte è dedicato ai bambini mancini, in
quanto per loro le strategie di apprendimento devono essere necessariamente diverse.
Una terza parte, che tiene conto dell’evoluzione del gesto
grafico e del principio di gradualità, spiega la scansione
delle lettere che devono essere via via apprese.
Nell’ultima parte si rinvengono numerose schede didattiche, molto semplici e chiare, graduate nella difficoltà, che
si possono somministrare agli alunni sia per presentare il
percorso di apprendimento che per esercitare e consolidare quanto già appreso.
Un romanzo, una storia d’amore e d’amicizia serena e pulita. Una storia semplice e reale, piena di materialità così
come la vita, piena di calore e consistenza, così come insegna l’amore.
L’autrice dà voce, attraverso la storia di un’adolescente,
ad un dialogo interiore e profondo di una ragazza come
tante che non rifiuta, anzi ricerca con vera ed autentica
curiosità le risposte ai temi della vita.
Le domande sul destino, le sfide del pensiero, le scelte
ideologiche, la religione, le questioni di integrazione razziale, sono affrontate con gli occhi ed il cuore di Rachele e
della sua famiglia.
Le dinamiche del rapporto padre-madre-figlia, sono svolte
con molta immediatezza, intelligenza e sensibilità dall’autrice, che svela e consola soprattutto i genitori, dei piccoli
conflitti della vita quotidiana.
E’ un libro da consigliare agli adolescenti, da far leggere a
genitori ed insegnanti in quanto, al di là della piacevole e
scorrevole lettura, dona dignità e rispetto all’adolescenza,
questa sconosciuta e al tempo stesso temuta fase della
vita, a cui tutti dobbiamo qualcosa.
Elisabetta TIUS
Educatrice e Rieducatrice della Scrittura
Presidente ANGRIS
Marta Crociati
Consulente Grafologo Rieducatore
Vittoria Maioli Sanese
Ho sete per piacere. Padre, madre, figli. Una esperienza in aiuto ai genitori.
Marietti 2008, pp. 249 - Euro 16,00
Un titolo coinvolgente che suscita molta curiosità per un
libro di scorrevole lettura che amplia ed approfondisce
uno dei temi fondamentali per ogni uomo: la famiglia.
È un testo per genitori in quanto offre un solido aiuto e
molteplici spunti di riflessione per comprendere e gestire i
rapporti sempre più complessi e spesso contrastanti fra i
componenti di «quella struttura che attraversa la vita della
persona».
È un testo per i figli: tutti lo siamo in quanto generati da
un atto d’amore; è una lettura atta a comprendere l’appartenenza e l’autonomia - binomio che dinamizza e fa
crescere positivamente la personalità ed il senso di identità personale e sociale.
È un testo per esperti in quanto offre competenza ed
esperienza sul “campo” utili ad alimentare un bagaglio di
conoscenza mai sufficienti a chi studia ed offre, con il suo
lavoro, nuovi contributi alle scienze umane.
Il testo si svolge in tre parti, la prima delle quali presenta con intuito e fantasia il vivido universo delle emozioni
e dell’amore che costituiscono, insieme ai dubbi ed alle
paure, la figura della madre,della coppia e del rapporto
padre-madre-figlio.
La seconda parte è una raccolta di conferenze in cui si
evidenziano le dinamiche della struttura familiare quali,
codice materno e paterno, identità genitoriale, il periodo
adolescenziale.
La terza parte infine si snoda in un percorso di domande
e risposte sulle questioni più quotidiane della convivenza
quali, la gelosia, il rapporto con il cibo, permessi e divieti,
sessualità, vita di coppia.
L’autrice, psicologa della coppia e della famiglia, con
estrema determinazione e tenacia, evidenzia aspetti salienti e significativi dei rapporti familiari tanto da farli sembrare semplici e lineari, instillando nel lettore attento, un
desiderio di accettare una sfida, in un momento storico e
culturale in cui la famiglia vive una forte “crisi”.
Il punto di partenza è riposto nella solidità e nella fiducia
reciproca della coppia, percorso individuale e sociale in
cui esistono infinite potenzialità e da cui nasce una forte
certezza: soltanto dentro un rapporto si esiste.
Marta Crociati
Consulente Grafologo Rieducatore
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Contatti Redazione
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Vice Presidente: Angela MIELE
Tesoriere: Antonella PUDDU
Segretaria: Susanna PRIMAVERA
Consigliere: Susanna MUSZTRAI MISCALI
Consigliere: Carmela BERTOLINO
32 |
RIEDUCATORI della scrittura
SOCI ORDINARI ANGRIS – 2010
FRIULI VENEZIA GIULIA
TRENTINO ALTO ADIGE
TIUS Daniela Elisabetta
Referente Regionale - [email protected]
Brun Lucia - [email protected]
FILIPPIN RITA - [email protected]
PINI VALENTE PAOLA - [email protected]
PIZZI NOVELLA - [email protected]
SABBADINI CRISTINA - [email protected]
TURELLO GIANNA - [email protected]
MAGLIONE Milena
Referente Regionale - [email protected]
PELLEGRINI RITA - [email protected]
Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura
VENETO
TERMINI Lara
Referente Regionale - [email protected]
BALDO BARBARA - [email protected]
DE TOMASI Anna - [email protected]
FORNARA GIAMPAOLO - [email protected]
MANTOAN MIRKA - [email protected]
MICHELON TIZIANA - [email protected]
PIRONTI GIUSEPPINA - [email protected]
ROCCA MARIA - [email protected]
ROMAN MASSIMO - [email protected]
SABBADINI CRISTINA - [email protected]
SALAMONE DIALISA - [email protected]
MARCHIORI VITO - [email protected]
VECCHIATO GRAZIA - [email protected]
LOMBARDIA
Primavera Susanna
Referente Regionale - [email protected]
BORACCHI ANNA - [email protected]
BORDONI ALESSANDRA - [email protected]
BELLINI IRENE - [email protected]
DE VITA VERA - [email protected]
FANTON Emanuela
Referente Milano - [email protected]
LICORDARI GIOVANNA - [email protected]
LODIGIANI ELISA - [email protected]
MATERA MARIA - [email protected]
MICHIELI ALESSANDRA - [email protected]
MIRANDOLA GIOVANNA - [email protected]
MONTI Daniela - [email protected]
PERRUCCI PATRIZIA - [email protected]
PRADA ALBERTO - [email protected]
RASCHIANI MICHELA - [email protected]
ROGNONI MARZIA - [email protected]
TRIACA-FABRIZI FABRIZIA - [email protected]
SOZZI MARCIA - [email protected]
ZORLONI TIZIANA - [email protected]
PIEMONTE
TOSCANA
MIELE Angela
Referente Regionale - [email protected]
CRISTOFORI MARGHERITA
[email protected]
BARETTA Marina
Referente Regionale - [email protected]
MUSZTRAI MISCALI Susanna
Referente Prato - [email protected]
BARALDI ANNA - [email protected]
MARSEGLIA DOMENICA - [email protected]
PARDINI LUCIA - [email protected]
POGGIALI ANTONELLA - [email protected]
PUGI ELIANA - [email protected]
TONI MARIAGUIDA - [email protected]
TOVANI GIAMPIERO - [email protected]
VALLEGGI CARLA - [email protected]
VALLE D’AOSTA
MIELE Angela
Referente Regionale - [email protected]
EMILIA ROMAGNA
ZAULI SAJANI Antonella
Referente Regionale - [email protected]
ATTI GABRIELLA - [email protected]
BARTOLINI ILENIA - [email protected]
CANTARELLI LIANA - [email protected]
CRISTOFORI MARGHERITA
[email protected]
CROSARA GABRIELLA - [email protected]
DI GIUSTO BARBARA - [email protected]
DONNINI ELISA - [email protected]
FANTOZZI ISABELLA - [email protected]
PELLEGRINI MARIA ALESSANDRA - [email protected]
TONUCCI LETIZIA - [email protected]
LIGURIA
CROCIATI Marta
Referente Regionale - [email protected]
MARCHE
SPINACI Silvia
Referente Regionale - [email protected]
BALDUCCI LORETTA - [email protected]
BASTARELLI CARLO - [email protected]
BOMPADRE LUCA - [email protected]
BRIZZOLA MELISSA - [email protected]
BRUSCIA FRANCESCA - [email protected]
CORRADINI FABRIZIA - [email protected]
DURANTI CARLA - [email protected]
GABRIELLI GABRIELLA - [email protected]
GARDONI PAOLA - [email protected]
PUGNALONI MILENA - [email protected]
RIPANTI LUCIA - [email protected]
RUSCILLO ANTONIA - [email protected]
SPINACI SILVIA - [email protected]
TEDESCHI MARIA PIA - [email protected]
VITA MARIA ROMINA - [email protected]
ZENOBIO EMANUELA
[email protected]
UMBRIA
MENCACCI Cristina
Referente Regionale - [email protected]
ABRUZZO
AQUILANTE Vincenzo
Referente Regionale - [email protected]
LAZIO
PAGLIARDI Eliana
Referente Regionale - [email protected]
CAMPACCI PAOLA - [email protected]
CARLUCCI ANGELA - [email protected]
D’ARIENZO GABRIELLA - [email protected]
DI MAGGIO ROSA - [email protected]
GIULIANO MARCELLA - [email protected]
MORETTI LOREDANA
[email protected]
RICCI ALESSANDRA - [email protected]
POMA MARIA VITTORIA
[email protected]
SCERCH MANUELA - [email protected]
TRIESTINO MICHELA - [email protected]
PUGLIA
SEMERARO Maria Rosaria Pia
Referente Regionale - [email protected]
BISCEGLIA GIUSEPPINA - [email protected]
SARDEGNA
PUDDU Antonella
Referente Regionale - [email protected]
MELONI PAOLA - [email protected]
PUDDU GRAZIELLA - [email protected]
SICILIA
LO PINTO Antonina
Referente Regionale - [email protected]
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