C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 Capitolo 5. Introduzione degli insiemi ed approccio logicista. 5.1. Cantor e la ‘nascita’ degli insiemi. 5.1.1. Modifica dello scenario. Il capitolo precedente mostra come si fosse evoluto un approccio che metteva assieme aspetti matematici e aspetti logici, sottolineando un legame assai stringente. D’altra parte, in modo ancora non chiaro e difficile anche da specificare, si era tentato di connettere matematica e filosofia. La proposta booleana era stata universalmente accettata e con essa il fatto che argomenti logici potessero essere ‘rivestiti’ di un abito matematico. Ciò evidentemente cambiava lo scenario che prima si riteneva essere di pertinenza esclusiva della Matematica, ossia il binomio Analisi (Algebra) – Geometria, viste come le scienze delle quantità e delle grandezze. Così oltre alle applicazioni di quantità e grandezze al mondo fisico ed anche sociale (probabilità), il campo in cui la matematica poteva essere impiegata si estendeva ora ad altri ambiti ‘qualitativi’, ad esempio il mondo dei pensieri. Grazie a questi mutamenti di pensiero, erano maturati tempi per ‘includere’ negli studi matematici nuovi concetti, già noti ben prima, gli insiemi. Di collezioni, classi, specie, aggregati, molteplicità, estensione(di un concetto), ed altri ‘sinonimi’ è piena la storia della Matematica (e della Filosofia), ma fin alla seconda metà del XIX secolo non si era giunti all’idea che tali oggetti, per lo più ritenuti oggetti del pensiero, potessero avere uno statuto di oggetto matematico. L’aggancio con la Filosofia era evidente: i costrutti di ‘universale’ e di ‘categoria’ riscontrabili in Aristotele (se non prima) si prestano a dare una paternità filosofica agli insiemi, come estensione delle proprietà. Grazie all’opera, parzialmente non conosciuta, di Bolzano, prima, e di Cantor poi, si giunge nella seconda metà del XIX secolo a costruire un discorso matematico sugli insiemi e ad enucleare i principi che erano alla base della Matematica usabile con essi. 5.1.2. Il contributo di Cantor. Non è chiarissimo se l’idea che ha sorretto Cantor sia stata il tentativo di fornire un fondamento per la Matematica nel suo complesso, o semplicemente la ‘curiosità’ per un nuovo concetto che sulla base di principi apparentemente evidenti (e banali) di stava strutturando sotto ai suoi occhi, quasi in modo indipendente dalla volontà del suo ‘creatore’. 139 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista Nascono così una serie di indagini, a partire dal 1872, quando il 27-enne Cantor viene chiamato alla Università di Halle e nello stesso anno pubblica Über die Ausdehnung eines Satzes aus der Teorie der trigonometrischen Reihen, in cui inizia ad occuparsi di insiemi, ma un insieme ‘speciale’ costituito di punti di un segmento, analizzando le condizioni di unicità dello sviluppo di una serie trigonometrica. In questo stesso lavoro presenta una teoria dei numeri irrazionali, utilizzando il primo concetto insiemistico che si deve a lui, quello di “insieme derivato” di un insieme di punti, come l’insieme dei suoi punti di accumulazione 1. Pian piano da questo e da altri esempi di applicazioni ad insiemi di particolari oggetti matematici, grazie a risultati successivi pubblicati dal 1874 al 1879, il matematico lentamente si rende conto che ciò che può provare non dipende dalla natura degli elementi che costituiscono gli insiemi, ma dagli insiemi stessi. Inizia così nel 1879 la pubblicazione di sei articoli, dal titolo complessivo: Über unendliche lineare Punktmannigfaltigkeiten, che terminerà nel 1884, anno della prima manifestazione della malattia nervosa che lo porterà alla morte. In tale opera si basa, ancora, su insiemi di punti di una retta. Il passo definitivo verso l’astrazione di insiemi di elementi di natura completamente indeterminata, viene compiuto con i Beiträge zur Begründung der transfiniten Mengenlehre, apparsi in due parti nel 1895 e nel 1897. Si può quindi affermare che l’elaborazione della teoria degli insiemi, per Cantor, sia durata 25 anni. 5.1.3. L’infinito. Assieme ad essa, appare evidente, anche dai titoli dei lavori, l’attenzione al concetto di infinito. Egli si deve confrontare con un argomento che aveva ‘agitato’ le speculazioni di molti matematici e filosofi. Ancora nella seconda metà del secolo XIX l’infinito attuale era considerato un cattivo infinito, ad esempio da Kronecker, causa di paradossi, ma le critiche, di fatto, riprendevano due obiezioni di Aristotele. Cantor ritiene di aver provato l’inconsistenza del- Leopold Kronecker (1823 – 1891) le proposte di Aristotele. Infatti contro l’affermazione dello stagirita, ripresa anche in epoca medievale, che si possono contare solo gli insiemi finiti, il matematico tedesco rileva che è sottintesa l’ipotesi che esistano solo in numeri naturali (finiti), ma egli aveva già introdotto i numeri “trasfiniti”. È ovvio che avendo a disposizione solo numeri finiti è possibile contare esclusivamente il finito, ma avendo a disposizione una teoria che estende il concetto di numero, si dovrebbe poter affrontare il conteggio al di là del finito. Un’altra obiezione di Aristotele era che l’esistenza dell’infinito attuale di per sé annullerebbe il finito. Ma Cantor osserva che tale preoccupazione andrebbe interpretata: se la ‘distruzione’ fosse nel fatto che aggiungendo una totalità infinita ad una finita non permette più di riconoscere (distrugge) il finito di partenza (n + ω), il contrario ha senso (ω + n) (se si consi- 1 La nozione di punto di accumulazione di un insieme, come spesso viene presentata, richiede già il concetto di insieme infinito, quindi un passaggio nella direzione dell’infinito attuale. 140 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 dera una adeguata teoria degli ordinali e se ‘numero’ viene inteso come ordinale e non come cardinale). Ora la distinzione tra ordinale e cardinale la si deve proprio a Cantor. L’infinito attuale può assumere secondo il matematico di Halle, tre diverse forme o modalità: come assoluto, in quanto realizzato nella perfezione nell’essere; extramondano, relativo a Dio; transfinito, in quanto presente nel mondo concreto ed anche percepibile in astratto, come grandezza matematica, numero o tipo di ordine del pensiero. Cantor accetta entrambe le determinazioni di questa modalità di infinito astratta o concreta. Ben sapendo di andare contro la tradizione matematica e filosofica imperante, ritiene di avere elaborato uno strumento matematico adeguato per sostenere le proprie idee. Presenta la sua tesi in tre lavori: Über die verschiedene Standpunkte in Bezug auf des aktuale Unendliche del 1885 e due lavori con lo stesso titolo, uno pubblicato nel 1887 e l’altro nel 1888: Mitteilungen zur Lehre vom Transfiniten. I due capisaldi della possibilità – necessità del trattamento dell’infinito attuale provengono da due risultati che Cantor prova: uno è contenuto in una breve nota di 4 pagine: Über eine Eigenshaften des Inbegriffes aller reeller algebraischen Zahlen, in cui dimostra che è possibile enumerare coi numeri naturali l’insieme A dei numeri reali algebrici (cioè le radici dei polinomi algebrici a coefficienti razionali) e che tale insieme A è, rispetto all’ordine naturale, linearmente ordinato, denso, privo di minimo e di massimo. Prova invece che non è possibile enumerare mediante l’insieme dei numeri naturali l’insieme dei numeri reali. Ciò lo convince che c’è una molteplicità di infiniti diversi (qui almeno 2). Nel 1890, in Über eine elementare Frage der Mannigfaltigkeitslehere presenta il famoso argomento diagonale per mostrare, di nuovo, la non numerabilità dell’insieme dei numeri reali. In questo stesso lavoro prova che non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra un insieme e l’insieme dei suoi sottinsiemi, generando così una infinità di insiemi finiti ‘diversi’. Accanto a questi risultati che affermano positivamente le caratteristiche dell’infinito, Cantor dimostra, e per lungo tempo il suo lavoro non venne pubblicato, che è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra i punti di una retta e di un segmento e, ancora più sorprendente, tra i punti di un quadrato e di un segmento. Quest’ultimo risultato andava contro l’idea che siccome i punti di un quadrato sono individuabili con coppie ordinate di numeri e quelli del segmento, con un solo numero, le cardinalità dovevano essere diverse. 5.1.4. La nozione astratta di insieme. Tutte queste ricerche si svolgevano però considerando insiemi di numeri o di punti. Le considerazioni più generali sulle cardinalità richiedevano un nuovo concet141 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista to di funzione e l’individuazione di proprietà delle funzioni. Infatti fino a poco tempo prima le funzioni erano ‘esclusivamente’ numeriche. Ma già si stava modificando la situazione, tanto che Dedekind nel 1888 può utilizzare la parola Abbildung (rappresentazione) per indicare quello che oggi prende il nome di funzione tra insiemi non necessariamente numerici. Così Cantor può estendere nei Beiträge la nozione di “equivalenza” (o biezione, o equipotenza) a insiemi qualunque e costruire la sua teoria astratta degli insiemi. È così che si rende necessaria una definizione di insieme: «Con “insieme” intendiamo ogni riunione M in un tutto di oggetti m (che vengono detti “elementi” di M) della nostra intuizione o del nostro pensiero. [A ogni insieme M si associa una “potenza” o “numero cardinale” che è] quel concetto generale… che si ottiene da M quando si astragga dalla natura particolare dei suoi elementi e dall’ordine con cui essi sono dati.» (da Mangione & Bozzi, 1993) La definizione presenta un momento in cui si affaccia il monismo a scapito del pluralismo. Si tratta di due tendenze attive nella filosofia fin dal suo sorgere, e si potrebbero individuare i periodi storici in cui una concezione prevale sull’altra. 5.1.5. I numeri cardinali e le loro proprietà. Per indicare il numero cardinale, Cantor usa un doppio soprassegno, così, M per denotare l’astrazione dall’ordine di presentazione degli elementi e dalla natura degli stessi. Questo riferimento all’ordine fa pensare che egli considerasse gli insiemi dati, in via teorica, per elencazione. Afferma poi che sono equivalenti due insiemi se tra essi si può stabilire una corrispondenza biunivoca. Si ha pertanto che per i generici insiemi M e N, M = N se e solo se M e N sono equivalenti. La nozione di potenza è presente già nei primi articoli, anche se in quel caso si parla di insiemi di numeri o di punti, quindi non ha ancora i connotati generali che acquisterà in seguito. Di qui nascono poi tutti i risultati su cardinali, vale a dire l’aritmetica dei cardinali, con le operazioni di addizione, moltiplicazione ed elevamento a potenza. Alcuni delle proprietà che riesce a provare sono in completo accordo con quelle dell’aritmetica dei numeri naturali, altre sono ‘strane’ rispetto a quelle, ad esempio ci sono leggi di idempotenza o di invarianza o casi di elementi assorbenti che sono in contrasto con l’aritmetica della scuola. In particolare presenta la nozione di ‘suvvalenza’ come M ≤ N se e solo se esiste una funzione iniettiva f : M → N. Questa aritmetica ‘ingloba’ quella dei numeri naturali e offre, quindi, un approccio al concetto di numero naturale diverso da quello che, circa negli stessi anni, veniva proposto da Dedekind e da Peano. 5.1.6. Tre problemi con i numeri cardinali. Non si presentano qui, per esteso i risultati di Cantor, ma si accenna, per le conseguenze che hanno avuto poi a tre problemi. Il primo è la proprietà antisimmetrica della relazione d’ordine tra numeri cardinali, vale a dire se M ≤ N e N ≤ M , allora M = N . Questo risultato viene provato da Cantor, ma altri commentatori 142 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 lo attribuiscono anche a Schröder. La dimostrazione viene migliorata da Bernstein, con l’esclusione dell’assioma di scelta, invece utilizzato da Cantor. Il secondo problema riguarda il tipo di ordine (stretto, dedotto dalla relazione ≤ tra numeri cardinali). Il matematico di Halle si chiede se dati due insiemi M e N si Felix Berstein (1878 – 1956) possa stabilire che vale sempre esattamente una delle relazioni M < N , M = N , N < M . Questo è il problema della tricotomia, vale a dire se l’ordine (stretto) sui numeri cardinali è un ordine lineare. Nonostante i molti sforzi per provare questi risultato, Cantor non vi riesce e lascia aperto il problema. Il terzo problema è noto sotto il nome di ipotesi del continuo. Nella ricerca di caratterizzare mediante un numero cardinale la ‘essenza’ dell’insieme R, il Nostro produce alcuni risultati interessanti. Intanto se con ℵ0 si indica il numero cardinale da associare all’insieme N, e con c (lettera ‘c’ minuscola gotica) il numero cardinale di R, riesce a provare che c = 2ℵ0 . Cantor afferma di avere trovato la dimostrazione che non esistano numeri cardinali intermedi tra ℵ0 e c, per cui si può considerare c come il numero cardinale successivo a ℵ0 e per questo indicato con c = ℵ1. Non presentò mai la dimostrazione di questa affermazione e nella analisi e pubblicazione delle sue carte si trovò uno schizzo incompleto di dimostrazione in cui usava l’assioma di scelta. 5.1.7. I numeri ordinali e le loro proprietà. Oltre alla teoria dei numeri cardinali si deve a Cantor anche la teoria dei numeri ordinali, ottenuta considerando la struttura data dalla contemporanea presenza dell’insieme e della relazione d’ordine lineare su di esso. Invece delle biezioni prende in considerazione le “similitudini”, vale a dire le biezioni che conservano l’ordine. Il numero ordinale di un insieme (ordinato) M viene da lui denotato con M , con una sola lineetta, per indicare che si fa astrazione solo dalla natura degli elementi. Costruisce così una teoria parallela a quella dei numeri ordinali; deve però restringere gli insiemi ordinato da considerare a quelli bene ordinati. Si accorge ben presto che l’aritmetica che si ottiene con i numeri ordinali coincide con quella dei numeri cardinali quando gli insiemi sono finiti, ma sugli insiemi infiniti il comportamento è assai strano, venendo a mancare e proprietà commutative della addizione e della moltiplicazione, essendo possibile introdurre un ordine ‘naturale’ e su di esso dimostrare la tricotomia, ed altre proprietà forse inaspettate. Con i numeri ordinali riesce ad estendere l’induzione (valida per i numeri naturali) a tutti gli ordinali (induzione trasfinita) e con questa provare importanti risultati. Per questo tipo di induzione non basta considerare il passaggio da un numero ordinale al successivo, ma serve potere anche una sorta di ‘passaggio al limite’: data una successione crescente di numeri ordinali ‘indiciata’ da un numero 143 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista ordinale, esiste (sempre) il più piccolo numero ordinale maggiore di tutti gli ordinali della successione (l’estremo superiore), perché un qualsiasi insieme di numeri ordinali è bene ordinato. Per Cantor gli ordinali hanno il ruolo di ‘enumerare’ i cardinali. Ma in questa indagine si ferma forse perché trova una difficoltà che sarà pubblicata nel 1897 da Burali-Forti, come antinomia del massimo ordinale. Una analoga difficoltà Cesare Burali-Forti (1861 – 1931) sarà evidenziata da per i numeri cardinali, ma sarà resa nota solo dopo la morte di Cantor, alla pubblicazione delle sue opere. 5.1.8. Gli assiomi impliciti della teoria degli insiemi. La teorie di Cantor non è stata formulata in modo esplicito, al di là della ‘definizione’ di insieme, che a ben guardare non può essere considerata una vera definizione. Tuttavia dall’analisi delle sue opere pubblicate in vita ed apparse postume, si desume che egli si attiene a tre principi, che verranno poi formulati in modo esplicito nelle varie presentazioni assiomatiche della teoria. 1. Due insiemi che hanno gli stessi elementi sono uguali (principio di estensionalità). 2. Data una qualunque proprietà esiste sempre (ed è unico per il precedente principio) l’insieme di tutti e soli gli oggetti (che così diventano elementi) che soddisfano detta proprietà (principio di comprensione). 3. È sempre possibile bene ordinare un insieme di cardinalità arbitraria di insiemi non vuoti (principio del buon ordinamento). Cantor presenta solo il primo, ma non sembra coglierne la portata generale, mentre sembra ritenere gli altri due come principi intuitivi che usa quando gli servono. Col primo principio Cantor prende posizione a favore degli aspetti estensionale e afferma che se due insiemi vengono dati con proprietà intensionali diverse ma con la stessa estensione, sono da identificare. Però il primo principio da solo non basterebbe per farne l’uso che ne fa. Necessita infatti di una postulazione aggiuntiva che l’uguaglianza così ottenuta è sostitutiva rispetto alle proprietà che intende utilizzare. Ma ciò vorrebbe dire condurre un’analisi del linguaggio utilizzato per trattare gli insiemi e per provare le proprietà della teoria. Il secondo principio non risulta problematico per Cantor, anche se mette di nuovo in relazione gli aspetti intensionali ed estensionali che ha appena cercato di separare col principio di estensionalità. Il principio di comprensione verrà accettato (seppure in forma diversa) da Frege perché ritenuto evidente e come è noto sarà utilizzato da Russell per mettere in evidenza l’antinomia che ha maggiormente lasciato il segno nello studio dei Fondamenti della Matematica. C’è però da osservare che Cantor aveva ben chiara la distinzione tra molteplicità, mentre il paradosso di Russell riguarda 144 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 di più il concetto di proprietà che quello di insieme. È però mancata una analisi linguistica diversa da quella citata prima, che mettesse in luce il tipo di proprietà da utilizzare nella teoria degli insiemi. Così se la teoria degli insiemi è presa solo per dare una fondazione alla teoria dei numeri cardinal ed ordinali trasfiniti, le proprietà da scegliere sulle quali applicare il principio di comprensione, avrebbero potuto essere di un certo tipo; se invece si vuole usare l’approccio insiemistica per fondare tuta la Matematica, le proprietà da considerare possono essere diverse. In ogni caso bisogna porre delle limitazioni al principio di comprensione, come appunto farà Zermelo, altrimenti rischia di diventare un oggetto culturale vago e di difficile utilizzazione. Il terzo principio è una forma dell’assioma di scelta e si tratta, sicuramente, dell’affermazione che più di tante altre ha provocato polemiche nell’ambito della Matematica. Cantor lo usava per provare la tricotomia dell’ordine fra numeri cardinali, ma nel 1915 Hartogs dimostrò che le due affermazioni erano equivalenti tra Beppo Levi (1875 – 1961) loro ed equivalenti con l’assioma di scelta che nel 1904 era stato evidenziato come un principio a sé stante da Beppo Levi (Professore a Parma dal 1910 al 1928). In realtà la scoperta delle antinomie, che Cantor aveva fatto e che comunica in una lettera a Dedekind, gli fa assumere una sorta di quarto principio non esplicitato, quello della distinzione molteplicità coerenti ed incoerenti. Entrambe sono collezioni di elementi, ma proprio il fatto che il supporre che ogni molteplicità sia un insieme gli fa cogliere che la collezione di tutti gli ordinali oppure la collezione di tutti gli ℵ (i numeri cardinali) lo portano ad antinomie, dunque afferma che è impossibile concepire ogni molteplicità come unità. Con questa posizione Cantor anticipa già una possibile soluzione alla cosiddetta crisi dei Fondamenti che scoppierà da lì a poco. La discriminazione a priori tra i due tipi di molteplicità manca, quindi potrebbe sembra semplicemente un ‘cerotto’ da mettere alla teoria perché non crolli. Lui però cerca di usarla in positivo, cercando di trovare se esiste un insieme infinito il cui numero cardinale non sia un ℵ, ma questo è un altro modo per affrontare il problema della tricotomia. È interessante notare inoltre che manca nell’opera di Cantor l’indicazione di cosa sia per lui un insieme finito (e quindi anche infinito), forse perché pensava di basarsi sulle opere di Dedekind i cui la nozione di insieme infinito era esplicitamente presentata. Anche se mancava un inquadramento organico, la teoria degli insiemi (o meglio del transfinito) fu applicata, come strumento, con grande entusiasmo da matematici tedeschi, francesi ed inglesi, ma soprattutto in Polonia troverà chi la utilizzerà per scopi fondazionali e faciliterà un nuovo modo di concepire la Matematica. Poi compariranno delle prese di distanze da essa, tanto da venire sospettata come la causa di varie conclusioni paradossali ed addirittura osteggiata e negata. Nel 1925 Hilbert disse 145 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista «nessuno potrà scacciarci dal paradiso che Cantor ha creato per noi» a riprova dei risultati che essa aveva permesso di ottenere. 5.2. Frege. Con Frege la Logica diventa assai simile a quella che intendiamo oggi. Egli ha impresso una svolta nel modo di intendere anche la Matematica. Ma andiamo per ordine. 5.2.1. L’opera di Frege. Si iscrive abbastanza tardi (per l’epoca) all’università. Nel 1869, a ventuno anni, si iscrive dall’Università di Jena, due anni dopo passa a quella di Gottinga. In quella sede frequenta Lotze ed è influenzato dalle posizioni platonico-realiste di quest’ultimo. Nel 1873 si laurea e poi nel 1879 diviene professore all’Università di Jena dove rimarrà fino alla morte. L’anno in cui diviene professore inizia la pubblicazione delle sue opere in cui propone il suo approccio Hermann Lotze (1817 – 1881) logicista alla Matematica. La sua opera passò quasi inosservata negli ambienti filosofici e scientifici tedeschi e, nel caso qualcuno l’avesse anche consultata, non venne giudicata correttamente. Ciò potrebbe essere dovuto a diversi fattori. Il primo è che la speculazione di Frege è sulla natura della Matematica, ma provenendo da un pensatore etichettato come filosofo, non riesce a farsi strada nella Filosofia, per gli aspetti troppo tecnici dei contenuti e nella Matematica per la grande novità delle sue proposte che trovarono un atteggiamento ostile e di chiusura in Schröder, in quei tempi il più reputato logico tedesco. Un altro motivo è il simbolismo usato per descrivere la Logica, simbolismo che si discosta molto da quello che allora era comune, vale a dire la presentazione con strumenti e metodi algebrici originati da Boole, che in quegli anni era ritenuta la Logica. Anche oggi, in cui le idee del filosofo tedesco hanno trovato un ambiente favorevole, i testi originali di Frege offrono diverse difficoltà di interpretazione, proprio per questioni di simbolismo. A tutto ciò si aggiunga una notazione sulla persona. Frege era noto per il suo spirito polemico, per un carattere non accomodante né socievole, carattere che si inasprì ulteriormente per la totale indifferenza con cui furono accolte le sue opere, principalmente dagli scienziati tedeschi. Le opere di maggiore contenuto logico sono Begriffsschrift – Eine der arithmetischen nachgebildete Formelsprache des reinen Denkens, del 1879, in cui presenta un simbolismo adeguato alla esplicitazione completa del procedimento deduttivo in contesto predicativo (quello, che a parte il simbolismo è presentato anche oggi in ogni corso universitario di Logica matematica). L’autore osserva che è imprescindibile la necessità di fare ricorso ad un simbolismo specifico che conservi solo significato dal punto di vista logico, perché se si tenta di procedere nel processo deduttivo con il linguaggio comune, prima o poi si incontrano varie difficoltà. Una è dovuta della crescente complessi146 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 tà delle formulazioni linguistiche ordinarie (che consigliano l’introduzione di definizioni ‘per abbreviazione’ che comunque hanno l’effetto di costruire un linguaggio altro, rispetto a quello parlato quotidianamente). Ma Frege mette anche in guardia da un problema più subdolo, cioè la possibilità di utilizzare involontariamente ipotesi intuitivamente accettate e non esplicitate chiaramente, a causa delle associazioni metaforiche ed intuitive suggerite dal linguaggio comune. La scelta del suo linguaggio ideografico è basata su analisi fini delle nozioni di giudizio, di oggetto, di concetto, di modo di composizione dei pensieri e tutto ciò non traspare ad un occhio non attento, per cui scompare tutta l’analisi filosofica precisata sopra, lasciando in evidenza solo la formulazione matematica. Inoltre in questo testo presenta una teoria generale delle successioni che può giustificare logicamente il principio di induzione. La sua opera più elaborata filosoficamente ed in cui presenta in maniera formale tutto il suo programma e giustifica la necessità della trattazione simbolica è del 1884, Die Grundlagen der Arithmetik. Eine logiche-mathematische Untersuchung über den Begriff der Zahl. Le idee presentate in questo testo verranno poi rielaborate e la completa esecuzione del programma logicista si avrà nei due volumi dei Grundgesetze der Arithmetik, pubblicati nel 1893 e nel 1903 e ‘interrotti’ dalla lettera ricevuta da Russell. Accanto a queste opere ‘maggiori’ i contributi di Frege nel periodo 1890 - 1892 sono dati da quattro saggi Über das Tragheitsgesetz (1890), Über Begriff und Gegenstand (1892), Über Sinn und Bedeutung (1892) e Funktion und Begriff (1892). Nel primo ed nel secondo dei saggi del sopra citati si, in contrasto con l’interpretazione psicologistica (allora) imperante, Frege tratta la differenza tra rappresentazione (soggettiva) e concetto (oggettivo) e fra oggetto (in quanto “saturo”, “in sé concluso”) e concetto (in quanto “insaturo”). Il terzo, che in tempi recenti rivestirà grande importanza in ambito didattico, soprattutto in relazione all’apprendimento dell’Algebra, è presentata una teoria originale del significato (e il cosiddetto Triangolo di Frege). Nell’ultimo un’interpretazione funzionale del concetto. Dopo le osservazioni di Russell, Frege si allontana dalle speculazioni legate alla matematica. Oltre agli scritti che più propriamente riguardano la sua posizione, nota col termine di “logicismo”, fu autore negli ultimi anni di vita di tre opere sul pensiero e sulla negazione, che si potrebbero intitolare globalmente Logische Untersuchungen (le prime due apparse nel 1918, la terza nel 1923). La sua posizione in Filosofia non è nella linea che in quegli anni imperava in Germania. Infatti in ambito filosofico, gli argomenti scientifici dovevano fare i conti con la Critica della Ragione pura di Kant, che rimaneva una sorta di pietra di paragone, anche perché nei post-kantiani, in particolare nei filosofi che avevano ispirato o si riconoscevano nel Romanticismo, il dato scientifico faceva ben 147 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista poca presa. Ma come vedremo le posizioni di Frege sulla conoscenza erano in aperto contrasto con quelle enunciate da Kant. Tutti questi aspetti del carattere delle posizioni concettuali dell’autore e l’innovatività dell’opera, sono state sicuramente un ostacolo. Il riconoscimento a Frege è giunto dalla Gran Bretagna ad opera di Russell che intrattenne con lui una corrispondenza epistolare e che fu poi il portabandiera più noto, in campo sia matematico che filosofico, dell’approccio logicista alla Matematica. 5.2.2. Gli obiettivi di Frege. I due obiettivi principali in cui si concretizza il logicismo si possono riassume nel seguente modo: 1. Definire in termini puramente logici i concetti della Matematica che solitamente vengono ritenuti “primitivi”, cioè che non è possibile ricondurre ad altri concetti più semplici (e l’attenzione di Frege sarà principalmente sul concetto di numero, ma in qualche modo si occuperà anche degli insiemi). 2. Derivare le “verità” della matematica pura e soprattutto quelle più evidenti, a partire da principi puramente logici, impiegando metodi di ragionamento e simboli per rappresentarli, chiaramente individuati ed esplicitati. Questo programma, il logicismo, una volta portato a termine, fa sparire il contenuto della Matematica come scienza, trasformando i suoi risultati in particolari considerazioni di carattere logico. Frege giustifica la sua posizione in quanto ritiene che la comprensione profonda del concetto di numero naturale, su cui si incentrava proprio in quegli anni l’attenzione di molti studiosi, sia un compito comune alla Matematica ed alla Filosofia. Ma questa sua posizione lo metteva immediatamente in contrasto con quanto stava svolgendosi tra i suoi contemporanei, e per questo polemizza nei riguardi dell’empirismo matematico di Mill, contro lo psicologismo logico di Benno Erdmann (1851 – 1921), rifiutando altresì l’intuizionismo matematico di Kant, il formalismo nelle sue manifestazioni ingenue di Thomae e di Hankel e a quelle più elaborate di Hilbert. Queste sue posizioni anticiparono, di fatto, alcuCarl Thomae (1840 - 1921) ne strade intraprese per risolvere la crisi dei fondamenti. Non restano esclusi dalle sue polemiche neppure Cantor e Dedekind. Le polemiche di cui si diceva hanno avuto il merito di delineare meglio, per contrapposizione, il pensiero di Frege. 5.2.2.1. La polemica contro l’empirismo. Per lui Mill confonde «Sempre la pura proposizione aritmetica con le applicazioni che se ne possono fare, le quali sono spesso di ordine fisico e si riferiscono a fatti osservati. […] Le proprietà dei numeri derivano dalla loro definizione ed è presumibile che il metodo induttivo stesso possa venire giustificato soltanto per mezzo di teoremi generali dell’aritmetica» (da Mangione & Bozzi, 1993) 148 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 Ci sarebbe dunque un circolo vizioso nell’approccio empirico. Inoltre, grazie a questa ‘confusione’ l’aritmetica di Mill sarebbe quella dei granellini di pepe o dei sassolini, e non una scienza del numero. 5.2.2.2. La polemica contro lo psicologismo. Contro lo psicologismo afferma che «Se malgrado alcuni tentativi dalle due parti, una collaborazione fra matematica e filosofia non è ancora così feconda come sarebbe desiderabile e certo anche possibile, ciò dipende dal soppravvento preso dai metodi psicologici nella filosofia e dal loro infiltrarsi nella logica. […] può ben essere utile studiare il flusso di rappresentazioni che accompagnano il pensiero matematico, non si illuda però la psicologia di poter contribuire con ciò alla fondazione dell’aritmetica. […] Quanto più la matematica deve astenersi da qualsiasi ricorso a considerazioni psicologiche, tanto meno può negare, invece, i suoi rapporti con la logica. Io mi trovo veramente d’accordo con coloro i quali ritengono impossibile tracciare una precisa linea divisoria tra le due.» (da Mangione & Bozzi, 1993) 5.2.2.3. Frege e Kant. Quando Frege vuole obiettare contro l’intuizionismo kantiano, i toni che usa sono molto più controllati dato che sta parlando «di un genio cui possiamo guardare solo con riconoscente ammirazione » e di cui premette che intende mettere in luce solo «piccole manchevolezze». Ma in realtà l’approccio di Frege è assai lontano da quello di Kant. Per l’autore della Critica della ragione pura, i numeri, come concetti, sono compresi (afferrati) grazie ad un’intuizione interna (un giudizio sintetico a priori del tempo) che serve per organizzare l’esperienza sensoriale. Per il numero, Frege sembra accettare limitatamente il parere di Kant in quanto quest’ultimo avrebbe «tenuto conto soltanto dei numeri piccoli». Ben diverso sarebbe il problema delle leggi aritmetiche e seppure dichiarando che non vuole modificare il significato delle dizioni analitico e sintetico, a-priori e aposteriori, come invece aveva proposto Schopenhauer, Arthur Schopenhauer (1788 – 1860) si propone di cogliere in modo più approfondito lo stesso pensiero del filoso- fo di Königsberg, perché le distinzioni indicate sopra non riguarderebbero il contenuto del giudizio, ma la giustificazione dello stesso. Nel caso dei giudizi matematici, la giustificazione non può essere che la dimostrazione, il procedimento che riconduce un’affermazione alle premesse, e pertanto questo tipo di giudizio sarebbe una ‘verità’ analitica, dato che in esso «si fa esclusivamente uso delle leggi logiche generali e di qualche definizione precisa, [mentre sarebbe sintetica] qualche verità che risulti non di natura logica generale, ma dipendente da un campo particolare.» (da Mangione e Bozzi, 1993). La conclusione sarebbe che la ‘leggenda’ dell’infecondità cognitiva della Logica (pura) sarebbe derivata dalla sottovalutazione kantiana dei giudizi analitici (a-posteriori). Per Frege in un giudizio analitico sono contenute tutte le sue conseguenze, ma esse non sono immediatamente palesi, e propone il paragone metaforico della pianta nel seme in contrapposizione ad una trave nella casa. Certo, bisogna essere in grado di condurre lunghe catene di dimostrazioni senza lacune e senza ‘ricadute’ nell’ovvio e nel ‘famigliare’ a giustificazione dei passaggi, ed in modo da chiarire come ogni i149 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista potesi o assioma intervenga nella deduzione per poterne valutare la natura e il ruolo, in base alla condizione di analiticità enunciata. Per questo è indispensabile chiarire completamente la natura e le regole del processo deduttivo, che non si può basare solo sul sillogismo più o meno tradizionale, dato che basta prendere un dimostrazione matematica appena un poco elaborata e rendersi conto che in essa intervengono giudizi che non si limitano a proposizioni categoriche, né a ciò che può essere ricondotto al calcolo delle classi così come si è configurato da Boole in poi. Il modo di confrontarsi con Kant denota una prudenza che fa capire quanto imponente e duratura fosse l’ombra del filosofo di Königsberg sul panorama culturale tedesco, ancora tre quarti di secolo dopo la sua morte. 5.2.2.4. La polemica contro il formalismo. Ma la polemica che condusse, si può dire, a più riprese e per tutta l’attività scientifica è quella contro il formalismo. A suo parere la visione di Hankel e Thomae della Aritmetica, quella che privilegiava i segni e la loro gestione, come scopo ultimo della Matematica, gli sembra semplicistica e ad essa Frege oppose la necessità di una visione contenutistica, in cui il segno è solo uno strumento per denotare il vero contenuto dell’Aritmetica, cioè il numero. In questo modo anticipa anche una posizione che dovrà riprendere a fronte delle successive proposte di Hilbert, osservando che un approccio formalistico al numero riesce a essere corretto ed enunciare leggi generali solo se implicitamente, ma ineluttabilmente, ricorre al contenuto del segno, di cui il formalismo dichiara di voler fare a meno. Lo sviluppo successivo delle indagini aritmetiche darà ragione a Frege, anche per la ‘ingenuità’ filosofica di Hankel e Thomae, in particolare del primo che nel suo trattato del 1867, Teorie der complexen Zahlensysteme, illustra l’applicazione del principio di permanenza delle proprietà formali per introdurre le estensioni dei campi numerici, ma non si rende conto che mancava (allora) completamente un’indagine sulla natura del numero reale. Frege conduce questa polemica in modo spesso presuntuoso, da possessore della verità. La ripresa del formalismo da parte di Hilbert non presterà immediatamente il fianco alle critiche avanzate in precedenza, per il diverso spessore culturale del matematico e dei suoi discepoli. In breve ed in modo parzialmente scorretto, la proposta di Hilbert era che in un sistema formale la coerenza sintattica implichi che gli oggetti di cui il sistema parla esistono. Frege contro questa posizione seppure più profonda ed elaborata, arguisce che la non contraddittorietà di un concetto non garantisce l’esistenza di oggetti che soddisfino tale concetto, ma, proprio al contrario, l’unico modo per dimostrare che un concetto non è contraddittorio è esibire oggetti in cui riconoscere la realizzazione del concetto. 150 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 La coerenza sintattica proposta da Hilbert come criterio di esistenza potrebbe essere sospetta per la presenza di un possibile circolo vizioso, in particolare il concetto di coerenza sintattica non è su un piano paragonabile a quello di “numero pari”, perché il primo è relativo ai concetti, mentre il secondo agli oggetti, quindi sarebbe improprio utilizzare un criterio relativo ai concetti per dimostrare l’esistenza degli oggetti. Questi due livelli vanno ben distinti ed un approccio che non tenga conto di questa distinzione è inaccettabile. Alle luce degli sviluppi successivi, si può affermare che Frege non tenga nel debito conto l’idea che Hilbert mutua da Pieri (professore a Parma) che scriveva: Mario Pieri (1860 – 1913) «Se per definizione s’intenda una pura e semplice imposizione di nome a cose già note od ac- quisite al sistema, le idee primitive saranno concetti non definiti. Ma il ‘definire’ è inteso da molti in un senso più lato: perciò diremo che i concetti primitivi non sian definiti ‘altrimenti che per postulati’. Questi ultimi invero attribuiscono a quelli talune proprietà sufficienti a qualificarli, in ordine ai fini deduttivi che si vogliono raggiungere.» (da Borga & Palladino, 1997) 2. Dunque, alla luce di questa posizione, l’auspicata gerarchizzazione tra oggetti e concetti, perde di significato. Con questo si può concludere che la polemica tra il formalismo di Hilbert e Frege, pur aiutandoci a capire meglio le posizioni dei due, si può ritenere sia stata generata da una incomprensione in cui il dogmatismo del filosofo, sicuro di avere la ‘verità’ definitiva garantitagli dal suo sistema, si scontrava con la preoccupazione del matematico di sostenere l’idea di una nuova forma di sistema ipotetico-deduttivo basata sul metodo assiomatico, preoccupazione che lo portava a polemizzare con distinzioni filosofiche da lui considerate troppo sottili e di punto interesse operativo. 5.2.2.5. Altre polemiche. Frege ha da ridire anche nei confronti dei matematici, in qualche modo, più vicini alle sue speculazioni. Ad esempio, mentre da un lato difende Cantor da critiche mosse alla di lui teoria degli irrazionali, gli rimprovera i residui psicologici nella concezione di astrazione e mancanze di rigore logico. In questo Frege ha ragione: nel caso di un insieme con un solo elemento è difficile astrarre dalla natura dell’elemento stesso, mentre è impossibile farlo nel caso dell’insieme vuoto. Che poi la teoria degli ordinali e dei cardinali abbia problemi di carattere logico lo si può desumere a posteriori dalla necessità che Cantor stesso sente, di introdurre le molteplicità contraddittorie. A Dedekind rimprovera l’ammissibilità del ruolo attribuito alle definizioni come momento creativo dei concetti, senza comprendere a fondo il ruolo che il matematico attribuisce alle definizioni nel suo contesto. Ma le obiezioni non finiscono con questo tema. Scrive infatti: «Anche Dedekind è dell’opinione che la teoria dei numeri sia una parte della logica, ma il suo scritto [Was sind un was sollen die Zahlen?] dà ben pochi elementi per sostenere questa tesi, perché le espressioni da lui usate: “sistema, “una cosa appartiene a un’altra”, non sono usuali in logica, né sono riconducibili a qualcosa che sia riconosciuto come logica. » (da Mangione & Bozzi, 1993) 2 Borga, M. & Palladino, D. (1997). Oltre il mito della crisi – Fondamenti e filosofia della matematica nel XX secolo, Brescia: Edi- trice La Scuola. 151 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista Oggi questa affermazione risulta sorprendente, in quanto, a parte questioni di linguaggio, più filosofico quello di Frege, parlando di concetti, più matematico quello di Dedekind, che preferisce parlare di relazioni, le loro proposte si equivalgono anche sul piano operativo tanto che il nucleo ‘forte’ di Frege, vale a dire il fatto di giustificare il concetto di ‘successivo’ in termini logici per giustificare l’induzione, è facilmente traducibile nel linguaggio delle catene di Dedekind. È pur vero che Dedekind identificava logica e aritmetica, ritenendo che la logica fosse aritmetica (anticipando concettualmente il processo di gödelizzazione), mentre Frege ribaltava i ruoli in quanto riteneva che i principi fondamentali dell’aritmetica (anzi di tutta la matematica ad esclusione della geometria) fossero solamente di natura logica, quindi l’aritmetica era logica altamente sviluppata. 5.2.3. Il calcolo logico di Frege. Nel presentare la proposta di Frege, sostanzialmente contenuta nella Begriffsschrift del 1879, ampliata e migliorata nelle opere successive, ma faremo a meno del simbolismo originale, che per altro Frege utilizza coerentemente in tutta la sua opera matematica rendendola di fatto quasi illeggibile e di difficile interpretazione. 5.2.3.1. Il linguaggio. Il linguaggio adottato da Frege permette di sviluppare sullo stesso piano tanto la logica delle proposizioni, quanto quella dei termini, ciò tanto quella che Boole indicava con proposizioni secondarie, vale a dire rapporti tra proposizioni mediante i connettivi, quanto le proposizioni categoriche che trattano dei termini, cioè i rapporti tra gli oggetti della scienza. Ciò perché con questo nuovo linguaggio non si fa distinzione tra proposizioni e funzioni proposizionali. Per specificare cosa intenda con questa dizione, fa l’esempio di ‘Antonio ama Maria’, una affermazione “satura”, da cui per “astrazione” passa all’affermazione “insatura” ‘x ama Maria’. Se si fermasse a questo punto rimarrebbe nell’ambito del calcolo delle classi, ma Frege compie un’altra “astrazione” arrivando a ‘x ama y’, e questa che noi diremmo predicato binario, per Frege è una funzione proposizionale, nel senso che sostituendo in essa nomi di persone o oggetti tratti da un opportuno dominio, si riottene una proposizione. Selle funzioni proposizionali si può operare anche con i quantificatori, simboli che servono per indicare “per tutti” oppure “esiste”. Parlando intermini moderni, il linguaggio di Frege è un linguaggio del primo ordine con uguaglianza (e questo sarà un ulteriore punto di distinzione tra Frege e i suoi contemporanei che utilizzavano uguaglianze ‘regionali’. Ne è prova anche la prima presentazione degli assiomi di Peano, nel 1889, negli Arithmetices principia nova metodo exposita. Sulla base di un epistolari con Frege, poi Peano abbandonerà l’interpretazione ‘regionale’ per accettare la proposta dell’uguaglianza ‘logica’). I simboli del linguaggio sono le costanti logiche (per la gestione di quelle che venivano dette proposizioni secondarie) ‘→’, ‘¬’, ‘∀’, e ‘=’; simboli per indeterminate individuali, simboli predicativi di 152 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 arietà arbitraria e lettere proposizionali. Anche la presenza di simboli predicativi non esclusivamente unari (calcolo delle classi) o binari è frutto di tutta l’elaborazione che aveva portato dal sillogismo tradizionale alla considerazione delle relazioni. Il fatto di non considerare esplicitamente congiunzione e disgiunzione e neppure un simbolo per la quantificazione esistenziale, ma utilizzando per essi espressioni apposite costruite mediante implicazione, quantificatore universale e negazione, caratterizza il suo sistema nella Logica classica. Le regole di formazione sono quelle divenute standard e in qualche modo importano il tipo di composizione che si usa per formare proposizioni complesse nel linguaggio normale, a partire da proposizioni più semplici. Così la forma grafica delle proposizioni nel linguaggio artificiale indica la “forma logica” dei contenuti. Altro aspetto innovativo è quello di distinguere tra contenuti e giudizi. I giudizi sono per lui la via per attribuire uno dei due valori di verità, Vero o Falso, ai rapporti che il linguaggio esplica sui contenuti. Per questo usa due simboli, utilizzando ‘–’ per indicare il contenuto e ‘|’ per indicare il giudizio. In questo modo la scrittura ├A deve essere letta come il fatto che il contenuto della proposizione A è giudicato vero. 5.2.3.2. Assiomi e regole. Sempre evitando il simbolismo originale, si possono esplicitare nel nuovo linguaggio gli assiomi e le regole, adottate per condurre delle deduzioni. La forma simbolica permette di riconoscere facilmente gli assiomi adottati come esempi di affermazioni, alcune delle quali sono state proposte fin dall’antichità greca, altre sono frutto dell’elaborazione della Scolastica, ed altre ancora provengono dalla Logica sviluppatasi nel XIX secolo, ma il dato importante è che Frege individua un sistema finito in grado di ‘generare’ tutte le altre proposizioni e formule per cui il giudizio sul contenuto è Vero. Gli assiomi sono i seguenti ├ p → (q → p) ├ (p → (q → r)) → ((p → q) → (p → r)) ├ (p → (q → r)) → (q → (p → r)) ├ (p → q) → (¬q → ¬p) ├ ¬ ¬p → p ├ p → ¬ ¬p ├ x = y → (P(x) → P(y)) ├x=x ├ ∀x P(x) → P(y) 153 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista Frege fornisce un’unica regola di inferenza, il modus ponens, ed anche questa scelta è totalmente innovativa, perché, anche se il modus ponens era stata riconosciuta nel passato una ‘azione’ che faceva passare da affermazioni vere ad affermazioni vere, la sua identificazione come unica regola necessaria (e sufficiente in presenza degli assiomi prescelti), non era stata identificata. Frege la formula come segue ├ A , ├ A → B / ├ B. Ed oltre a questa regola esplicitata, Frege introduce una regola di sostituzione, in base alla quale è possibile sostituire alla generica lettera proposizionale presente in un assioma (o teorema) una qualsiasi altra formula. Negli esempi che mostra di effettive deduzioni, si coglie che ciascuna parte da assiomi o da risultati precedenti e si conclude con un numero finito di passi, per ciascuno dei quali sono indicate le regole usate e le formule impiegate che precedono la formula che conclude la regola. Insomma sono messe in pratica le regole che oggi si usano per definire una deduzione ed un teorema. L’uso di simboli consueti mette in luce la modernità di Frege, nel senso della adeguatezza della sua postulazione all’odierno concetto di Logica matematica. 5.2.4. Estensione ed intensione. Una preoccupazione costante di Frege è quella di distinguere tra concetto (oggettivo) e rappresentazione (soggettiva), per evitare di ricadere in forme di psicologismo. Del concetto si occupa la Logica, la rappresentazione, essendo soggettiva, ha bisogno di un soggetto e quindi rientra nel campo della psicologia. Adesso che ha approntato uno strumento linguistico, può permettersi anche di distinguere tra concetto ed oggetto, ritenendo lo specifico carattere del concetto il fatto di essere “insaturo”. Nell’esempio di ‘Antonio ama Maria’ le due situazioni ‘x ama Maria’ e ‘x ama y’ sono due esempi (diversi) di concetti. L’oggetto, invece, è per sua natura un ente completo cui corrisponde una natura “satura”. Nel caso dei linguaggi simbolici, un concetto è il nome di una funzione, mentre un oggetto è un nome proprio. Ora queste proposte sono più chiare se invece di parlare di concetto si parlasse di proprietà. Spesso questo termine era (ed è ancora oggi) utilizzato in modo vago, senza una precisazione. Ovviamente in questo modo si effettua una scelta che potrebbe essere opportuna, ma anche determinare inattese limitazioni. Per spiegare, si pensi al caso del Principio di induzione in Aritmetica, spesso formulato in termini di proprietà. Si hanno allora due possibili letture, una di carattere intensionale ed una estensionale. In base alla prima, visto che l’Aritmetica può essere espressa in vari modi mediante un linguaggio formale, le proprietà divengono formule del linguaggio prescelto. Se si pensa alla proprietà in maniera estensionale, si possono identificare le proprietà con i sottinsiemi di N. Ma nel primo caso il nume154 C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica Anno Accademico 2009/2010 ro cardinale della collezione delle proprietà dipende dal linguaggio nel senso che tale numero cardinale è il massimo tra ℵ0 e il numero cardinale dell’insieme dei simboli che costituiscono l’alfabeto del linguaggio, mentre nel caso estensionale il numero cardinale dell’insieme dei sottinsiemi di N è c, e quindi è possibile una (forte) differenza tra i due modi di intendere la proprietà. Il trattato Sinn und Bedeutung, 1892, rappresenta uno dei più importanti contribuiti di Frege alla Logica, in generale. In esso si risolve il problema di associare ad ogni simbolo linguistico (predicato, nome proprio, enunciato) un significato. Intanto i simboli linguistici sono “significanti” cioè possibili portatori (indicatori) di significati. Ma bisogna chiarire cosa si intenda per significato e Frege vede almeno due diverse possibilità: la connotazione o intensione (del senso) e la denotazione o estensione (del significato). Così il livello dell’estensione è di tipo oggettivo, mentre quello del senso è intermedio tra il piano oggettivo e quello pienamente soggettivo della rappresentazione. I rapporti tra intensione ed estensione sono ‘inversamente proporzionali’ cioè più aumentano le determinazioni dell’intensione, più diminuisce l’estensione. Ad esempio se si vuole descrivere un uomo mediante un identikit dicendo che è alto 1,8 m, che ha gli occhi neri e i capelli biondi, ciascuna delle informazioni ha il compito d restringere la ricerca tra gli uomini di un certo insieme. Quindi se il dato altezza 1,80 m fa individuare un certo insieme di uomini che è l’estensione della informazione, l’aggiunta dell’informazione data dal colore dei capelli, potrebbe ridurre l’estensione e così via. Inoltre è pensabile (lo pensava anche Cantor) che ad ogni intensione corrisponda un’estensione (si tratta di una forma del principio di comprensione), mentre un’estensione può essere associata a più intensioni. Ogni simbolo linguistico esprime un’intensione e denota un’estensione. In genere la denotazione di un nome proprio è un oggetto, quella di un predicato è una funzione intesa estensionalmente, la denotazione di un enunciato è uno dei due valori di verità, Vero e Falso. E siccome per Frege Vero e Falso sono due oggetti (del pensiero), ne discende che ogni enunciato è pensato come un nome proprio. La differenza maggiore tra la Begriffsscrift e i Grundgesetze è che la prima opera segue di più la linea intensionale, mentre la seconda si avvale maggiormente degli aspetti estensionali, anche perché gli scopi dei due trattati sono diversi: nel primo si tratta di presentare il linguaggio ed il sistema logico; il secondo è esplicitamente dedicato alla ricostruzione della aritmetica in ambito logicista e quindi passa alle estensioni. Ma anche in questo caso Frege è attento a mettere in luce che il punto di partenza è dato dalla Logica e che di fatto l’aritmetica è dipendente dalla Logica come un’estensione dipende da un’intensione. Non ritengo funzionale al corso entrare nei dettagli della definizione di numero naturale (che è assai prossima a quella di numero cardinale di Cantor, in termini di estensione di concetti). Frege riesce nel tentativo di provare che gli enti primitivi di Peano hanno una loro definizione in termini logici e 155 Capitolo 5 Introduzione degli insiemi ed approccio logicista grazie al suo calcolo è in grado di dimostrare i cinque assiomi. Riesce poi, tramite l’induzione, a separare i cardinali finiti a quelli trasfiniti. 156