Keith Emerson, il suicidio del celebre tastierista

Keith Emerson, il suicidio
del
celebre
tastierista
fondatore degli “Emerson,
Lake & Palmer”
Indiscussa icona del rock progressive negli anni Settanta, con
i suoi ossessivi virtuosismi alle tastiere e l’uso innovativo
e seminale dei sintetizzatori Moog e dell’organo Hammond.
Keith Emerson si congeda per sempre dalle scene all’età di 71
anni. Fondò lo storico gruppo Emerson, Lake & Palmer,
formazione che ha influenzato enormemente la musica
contemporanea con quel barocco mix di rock elettrico,
improvvisazione jazz e solennità classica. Si è sparato un
colpo di pistola alla testa, nella sua villa di Santa Monica
vicino Los Angeles, inghiottito nel vortice della depressione
per una carriera ormai in declino. Da anni la sua attività
musicale si era rarefatta, lo aveva colpito una malattia
degenerativa alla mano destra, che gli aveva messo fuori gioco
due dita e che gli rendeva sempre più difficile suonare.
Emerson, nato nello Yorkshire, da giovanissimo è un pianista
provetto e si appassiona alla musica classica e al jazz
americano. Dopo il promettente gruppo Nice, si lancia con
altri due fuoriclasse – lo strumentista Greg Lake (già King
Crimson) e il batterista Carl Palmer (già Atomic Rooster) –
nel progetto che prenderà nome dai tre e li consacrerà al
successo planetario. Rimane storica l’esibizione al festival
dell’isola di Wight nel 1970. Lo stesso anno esce il loro
primo disco, omonimo. Nel 1971 gli album Tarkus, con il
trionfo dei sintetizzatori, e Pictures at an Exibiton, omaggio
all’opera del compositore russo Musorgskij. Durante i concerti
Emerson si circonda di un muro di tastiere, con le quali
viveva momenti di parossismo musicale, proprio come Jimi
Hendrix con la sua chitarra.
Nel 1979, con l’incalzare della furia iconoclasta del punk che
demolisce quel tipo di raffinata estetica, il gruppo si
scioglie. Emerson continua la sua attività, con varie
collaborazioni e da solista. Compone le colonne sonore per
film italiani: Inferno di Dario Argento, La chiesa di Michele
Soavi, Murderock – Uccide a passo di danza di Lucio Fulci.
Perché in Italia, dove ha una nutrita schiera di fan, ispira
una scena progressive particolarmente fertile. Negli anni
Ottanta, si riunisce a Lake e ingaggia il batterista Cozy
Powell, dando vita agli Emerson, Lake & Powell. Dopo la
meteora del gruppo dei 3 (proprio il numero, con Lake e il
polistrumentista Robert Berry), tra il 1991 e il 1998 fa
risorgere la storica band. Nel nuovo millennio si dedica ad
altri progetti, non solo musicali, e arrivano riconoscimenti e
omaggi. In questi ultimi anni, nel clima di revival, i tre
musicisti della formazione originale si annusano di nuovo,
tornano a suonare in diverse occasioni. Ma i problemi di
salute di Emerson sono cronici e lo feriscono i giudizi
ormai impietosi. Teme di non essere più all’altezza del suo
mito, fatto di fisicità e velocità tradotte in un turbinio di
note. Perché, come ha scritto commosso Palmer dopo la sua
morte, “la musica era la sua vita”. “Nonostante alcune
difficoltà incontrate, sono sicuro che la musica che ha creato
vivrà per sempre”, ha aggiunto ricordando l’amico.
di Valentino Salvatore
Due
volte
nella
vita:
intervista a Franz Di Cioccio
– PFM
di Mario Masi
Per resistere alle mode musicali devi essere soprattutto una
persona curiosa, non devi fermarti a quello che eri, non devi
replicare quello che sei né quello che sei stato. Quando sei
curioso sei sempre giovane.
Nel tuo libro Due volte nella vita riveli che hai iniziato a
suonare la batteria…dipingendo con il sottofondo della radio.
Il ritmo era già parte della tua vita. La batteria è stata la
tua zona di resistenza. La musica può essere quindi uno
strumento di crescita da raccomandare?
La musica è un nutrimento della mente, dello spirito, della
fantasia. Non si fa abbastanza educazione alla musica. Da
piccoli, come si impara a nuotare bisognerebbe imparare a
frequentare la musica, attraverso uno strumento, che sia un
piano, una chitarra, o qualsiasi altro. Bisogna fare in modo
che la musica ci entri dentro facendoci diventare un
amplificatore di emozioni. Penso che far imparare uno
strumento ad un figlio sia uno dei più grandi regali che gli
si possa fare. Io attraverso la musica ho trovato me stesso.
Papà faceva il musicista ma non voleva che io facessi questo
mestiere. Ma io ero nato per l’arte. Sono dell’acquario, un
segno un po’ visionario,
sognatore. Mi piaceva fare il
pittore, il musicista, non ne volevo sapere di fare il perito
meccanico o il ragioniere. Questo nasce anche da un problema
della mia generazione. Per esempio ho scoperto con il tempo il
fascino della matematica, ma quando ero a scuola non era
insegnata in modo appropriato. Ricordo anche quando ci
insegnavano le poesie a memoria non facendoci accedere al
piacere di scoprire le letteratura. La musica invece è un
linguaggio universale. Puoi suonare in qualsiasi parte del
mondo e ti capisce chiunque perchè sei dentro una bolla
emotiva e trasmetti emozioni. Inoltre la batteria in sé è uno
strumento fantastico. Se pensi che il primo suono che sente il
bambino è la batteria, è il suo cuore che fa tun tun.
Dai ‘Grifoni’ a ‘I Quelli’ (da noi imperversavano i nomi di
animali, all’estero i pronomi) alla PFM: ne avete fatta di
strada. Hai definito il gruppo come una entità viva, un
organismo più grande della somma delle persone che lo
compongono.
La PFM è un gruppo che ho fortemente voluto quando ho capito
che le persone che avevo intorno erano quelle giuste per fare
il percorso che desideravo. Il gruppo è diventato una specie
di nuova DNA. Io sono abruzzese, di Pratola Peligna e
trapiantato al nord e quindi testardo per indole. Ho vissuto
il fatto di essere stato sradicato dalla mia cultura di
origine contadina per essere inserito in una cultura
metropolitana. La città in fondo è una giungla. E’ una
versione amplificata di un bosco. Una giungla d’asfalto dove
diventa necessario sapersi difendere ed io, da buon abruzzese,
sono come un lupo che sa individuare il giusto percorso. Nella
PFM faccio la batteria, in senso strumentale e in senso
metaforico, come se fossi anche una batteria dell’auto…faccio
batteria e dinamo insieme. La forza del gruppo è la nostra
diversità. Anche se i caratteri e gli interessi sono diversi
ognuno di noi quando suona sul palco di unisce con l’altro. E’
come una reazione chimica, tante molecole separate che si
uniscono indissolubilmente.
Siete stati i primi a introdurre in Italia il mellotron
(quello di ‘Strawberry Fields
Forever’ dei Beatles) con La
carrozza di Hans, poi è stata la
volta
del
moog
(che
ha
contraddistinto il suono degli
Emerson, Lake & Palmer). Siete
passati indenni attraverso il
punk, la dance, la musica
elettronica, quale sarà la prossima sfida?
All’epoca lo strumento nuovo che ha lanciato la musica
progressive è stata la tastiera che da normale pianoforte è
diventata qualche cosa in più. Il mellotron ha fatto nascere
la possibilità di creare in un gruppo il suono di una
orchestra. Con i nastri registrati creava un effetto
avvolgente che dal vivo aveva un effetto indescrivibile. Il
moog è uno strumento che ha regalato un suono nuovo, un suono
non-suono che evoca sensazioni ancestrali, che produce una
vibrazione che ti scuote dentro. Via via che gli strumenti si
modificavano noi eravamo sempre aggiornati. Per resistere alle
mode musicali devi essere soprattutto una persona curiosa, non
devi fermarti a quello che eri, non devi replicare quello che
sei né quello che sei stato. Come diceva la mia amica Fernanda
Pivano: quando sei curioso sei sempre giovane.
La PFM ha da sempre manifestato una forte sensibilità verso i
temi ambientali. Me ne puoi parlare?
In questo momento siamo impegnati in una campagna chiamata “
Orsi della luna” (www.orsidellaluna.org) . Tra Cina, Vietnam e
Corea, circa 16.000 orsi neri asiatici, meglio conosciuti come
Orsi della Luna, vengono allevati e torturati nelle cosiddette
‘fattorie della bile’ per soddisfare la richiesta crescente di
bile del mercato asiatico. Questi orsi sono rinchiusi nelle
gabbie con delle cannule infilzate da cui viene estratta la
bile tre volte al giorno, da vivi. Dato che dopo poco tempo
impazziscono e tentano di uccidersi li legano e gli mettono
una museruola. Nei nostri concerti stiamo cercando di
sensibilizzare le persone, abbiamo già salvato parecchi orsi
che sono tornati nelle foreste.
Una piccola goccia ma lo
facciamo con amore.
In bocca al lupo per il futuro allora…
Il lupo sono io….
La «buona novella» della Pfm
Di Anna Esposito
La Premiata Forneria Marconi, con slanci d’apprenti sorcier ha
cercato di far rivivere a distanza di quarant’anni La buona
novella, come tributo di devota gratitudine al maestro
Fabrizio De Andrè.
Era il novembre del 1970 quando il poeta genovese pubblicò il
suo quarto album, il suo migliore dirà poi, di recente
ristampato su LP, in tiratura più che limitata, su vinile
color oro. A registrarlo la Pfm ante litteram, I Quelli, non
v’era ancora il grande bassista Patrick Djivas, ma gli storici
componenti della band Franz Di Cioccio e Franco Mussida.
Ho assistito ad una della tappe più significative del loro
tour, al Gran Teatro di Roma. Il pubblico li ha accolti sul
palco con il commosso affetto che si riserva agli amici
ritrovati, quelli che non vedi da tempo, ma che non puoi
dimenticare. “Questa è La buona novella secondo la Pfm”
annuncerà Di Cioccio e in effetti l’esecuzione integrale del
concept album ispirato ai Vangeli apocrifi è stato
completamente riletto e riarrangiato dalla band. Quattro
decenni sono bastati per decidere di guardarsi allo specchio,
per riappropriarsi della musica trasfigurando la mera
esecuzione in un peccato originale, la loro “versione adulta”.
In principio fu il Laudate Dominum e L’infanzia di Maria, così
prende vita La buona novella, tra evocative luci oniriche e le
loro dita virtuose.
Audace vertigine è la loro “buona
novella”, certo rischiosa a tener conto dei puristi estimatori
di De Andrè, con suoni talvolta liquidi, altri acidi che
s’imprimono sulla tela sensoriale affascinata di chi
comodamente seduto in poltrona ne gode in silenzio a tratti
estatico.
Affascinante e insolita la versione di Il sogno di Maria, Via
della Croce e Il testamento di Tito fino al liberatorio
Laudate hominem. Nel mirabile esercizio di stile della Pfm
s’intravede De Andrè, durante l’esecuzione è lui a rimanere
fedele a se stesso nella poesia dei suoi versi. Il loro rock
progressive o “musica immaginifica” come l’appellano loro, ha
reso degna l’Italia negli anni di competere con i titani del
genere come gli Emerson, Lake & Palmer, King Krimson, Genesis
e Van Der Graaf Generator, l’intensità suggestiva della loro
musica sembra essere continuamente rigenerata. Questa la
sensazione ascoltando soprattutto la seconda parte dello
spettacolo dove ad andare in scena è il loro ottimo album
interamente strumentale “Stati d’immaginazione”, pubblicato
sul finire del 2006.
Ad accompagnare le suggestioni musicali del pubblico otto
microfilm proiettati sullo sfondo del palco, tra villaggi
olandesi, pigmei che s’adoperano nella costruzione di un
ponte, il sogno di volare di Leonardo Da Vinci e il capolavoro
del disco La terra dell’acqua con visioni di puro caos e paura
di una Venezia che annaspa, una miscellanea di immagini di
repertorio e ricostruzioni virtuali che si concludono con la
morte di Venezia che infine annega tra le acque.
A riprendere le fila dello spirito iniziale del tributo a De
Andrè, come Atlantide che riemerge, Volta la carta disgela
definitivamente l’iniziale contemplazione assorta in platea,
degno di lode il violinista Lucio Fabbri, ma anche Piero
Monterisi alla batteria che si alterna al drumming potente di
Di Cioccio e Gianluca Tagliavini alle tastiere. Non
mancheranno i loro marchi di fabbrica più famosi come la
tarantella rock Celebration e Maestro della voce, scritta
dall’ottimo Demtrio Stratos, leader degli Area. E anche se
come dice Di Cioccio “le fragole a Natale non si mangiano”,
nonostante si sia ampiamente fuori stagione, giungerà tra
l’acclamazione generale Impressioni di settembre “ e leggero
il mio pensiero vola e va ho quasi paura che si perda”, in
pochi resisteranno seduti trattenendosi dal desiderio di
cantarla con nostalgico piglio.
Sessantenni in tour per un concerto di oltre due ore, istinto,
sudore e la lingua in fuori di Di Cioccio. Sebbene non sia
possibile impedire al tempo di levigare tutto ciò che incontra
al suo passaggio e lo san bene anche loro, il virtuosismo
appassionato concede insperati stati di grazia.
Prossime date della Pfm in tour:
07 settembre 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
PAVIA (PV)
Castello Visconteo
Ingresso Gratuito
ore 21:30
20 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
CANISTRO SOTTO (AQ)
ore 21:30
19 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
APRICENA (FG)
ore 21:30
16 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
AVELLINO (AV)
ore 21:30
14 agosto 2010
PFM canta De André
PFM 35 e un minuto
(successi PFM)
SPINAZZOLA (BA)
ore 21:30
9 agosto 2010
PFM canta De André
COPERTINO (LE)
ore 21:30
€ 25,00 posti a sedere non numerati, compreso di prevendita
€ 15,00 compreso di prevendita posti in piedi
8 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
TERRACINA (LT)
Arena Molo
ore 21:30
www.pfmpfm.it