Un progetto di Realizzato da 07/IX Main Partner Partner In collaborazione con 21.00 domenica AUDITORIUM DEL MUSEO NAZIONALE DELL’AUTOMOBILE Clarivoces Ensemble Gruppo da camera del Teatro Regio Strayhorn/Ellington Media Partner Musorgskij Emerson, Lake & Palmer Copland Con il dolce supporto di Dorham Garland/Miller Monti INFO www.mitoperlacitta.it [email protected] 011.4424777 #MITO14 facebook.com/mitosettembremusica.torino twitter.com/mitotorino instagram/mitotorino youtube.com/mitosettembremusica flickr.com/mitosettembremusica www.mitosettembremusica.it LA BELLA MUSICA NEL TUO QUARTIERE William T. “Billy” Strayhorn (1915-1967) [Duke Ellington, 1899-1974] Take the “A” Train Modest Musorgskij (1839-1881) [Rielaborazione Emerson, Lake & Palmer] da Pictures at an Exhibition (Quadri da un’esposizione) Promenade 1 Gnomus The Old Castle (Intro, Minimoog Variation, Hammond Variation) Promenade 2 The Hut of Baba Yaga Clarivoces Ensemble Gruppo da camera del Teatro Regio Luigi Picatto, clarinetto piccolo Alessandro Dorella, clarinetto Luciano Meola, corno di bassetto Edmondo Tedesco, clarinetto basso Federico Marchesano, basso Fiorenzo Sordini, batteria e percussioni In collaborazione con Teatro Regio Si ringraziano per la collaborazione Duke Ellington Sophisticated Lady Aaron Copland (1900-1990) [Rielaborazione Emerson, Lake & Palmer] Hoe-Down da Rodeo Kenny Dorham (1924-1972) Blue Bossa Joseph C. “Joe” Garland (1903-1977) [Glenn Miller, 1904-1944] In the Mood Vittorio Monti (1868-1922) Csárdás Arrangiamenti e variazioni di Alessandro Dorella Il programma di questo concerto copre un periodo storico e una geografia molto ampi: dal 1904 della Csárdás di Monti all’album Trilogy degli Emerson, Lake & Palmer del 1972, da Napoli (Monti) all’Inghilterra del progressive rock, dalla Russia di Musorgskij agli Stati Uniti di Ellington, Miller, Dorham e Copland. Un possibile primo filo rosso in grado di collegare la composizione di Monti alle trascrizioni degli Emerson, Lake & Palmer è il virtuosismo: la Csárdás – che riprende il nome di una danza popolare ungherese – è un difficile brano pensato in origine per violino (di cui sono state fatte molte versioni anche per altri strumenti), così come il pezzo riarrangiato di Musorgskij – originariamente per pianoforte, poi orchestrato da Ravel in una celebre versione – e quello di Copland erano concepiti anche come vetrina per le qualità tecniche del trio inglese; tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta moltissimi gruppi appartenenti al cosiddetto progressive rock ebbero grande fama sfoggiando le loro notevoli doti strumentali e traendo spesso ispirazione da altre forme musicali, come il jazz o la musica colta; dire “classica” in questo caso potrebbe ingannare perché, curiosamente, tutto il Classicismo viennese, così come il Romanticismo, mancano dai repertori dei gruppi progressive, i quali preferivano la musica barocca, le avanguardie del Novecento o le “scuole nazionali”, come appunto nel caso di Musorgskij. Pictures at an Exhibition (1971) è ancora oggi uno dei più famosi dischi del genere, nonché il più celebre “prestito” di un gruppo progressive nei confronti del repertorio colto; non ebbe minore fortuna il disco successivo, Trilogy del 1972, contenente la trascrizione di Hoe-Down dal balletto Rodeo, scritto trent’anni prima dallo statunitense Aaron Copland, le cui caratteristiche formali sono state ampiamente riprese dagli autori delle musiche per film western. Il bebop è forse lo stile che ha definitivamente emancipato il jazz come forma d’arte, come grido identitario della minoranza, rifiutandone l’identificazione come musica da ballo, accelerando incredibilmente le esecuzioni, dilatando gli spazi per un’improvvisazione sempre più complessa, ai limiti con l’atonalità. Charlie Parker, sassofonista, e Dizzy Gillespie, trombettista, ne furono i capiscuola. Anche Kenny Dorham fu un trombettista bebop, ma Blue Bossa, uno dei più importanti standard jazz di sempre, fu scritta nel 1963, dopo l’epoca d’oro del genere, e infatti a esso non è più ascrivibile, in quanto troppo “cantabile”. Mentre gli Emerson, Lake & Palmer mettevano al centro della loro musica le tastiere, le big band statunitensi che dominavano negli Stati Uniti negli anni Trenta e Quaranta davano grande risalto ai fiati. Il clarinetto, in particolare, ebbe un ruolo fondamentale per la carriera di Miller: la leggenda vuole che a pochi minuti dalla registrazione di Moonlight Serenade, la più grande hit della sua orchestra, il trombettista si tagliò un labbro, costringendo Miller ad affidare la prima parte al clarinettista, fornendo così quel sapore morbido e soffuso che ha contribuito alla fama del pezzo. Un altro celeberrimo disco di Miller fu In the Mood, inserito nel 1999 dalla National Public Radio tra le 100 opere musicali americane più importanti del XX secolo. Il secondo fil rouge che collega molti dei brani qui presentati è la vita multipla che essi hanno vissuto nelle varie riproposizioni per organici diversi: anche In the Mood è un riarrangiamento, questa volta a opera di Joe Garland, di una melodia preesistente scritta dal bandleader Joseph Matthews “Wingy” Manone intitolata Tar Paper Stomp. Take the “A” Train, che cita nel titolo la linea A della metropolitana di New York, è il pezzo più noto scritto da Billy Strayhorn per Duke Ellington – il re dell’epoca d’oro delle big band, nonché uno dei più celebrati compositori della storia del jazz – il quale lo usava come sigla per la sua orchestra. Sophisticated Lady, scritto nel 1932, è uno dei suoi più affascinanti standard, entrato nel repertorio dei jazzisti di tutto il mondo, noto anche nell’incisione di una grande “signora sofisticata”, Billie Holiday. Jacopo Conti