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Roma, si inaugura la mostra
“Fotografare, Suonare, Amare”
di Federico Aniballi
di Stefania Taruffi
Inaugura a Roma il 19 dicembre dalle 17 alle 22, con ingresso
libero, un’interessante mostra dal titolo “Fotografare,
Suonare, Amare” del fotografo Federico Aniballi. Saranno
esposti 43 scatti di vario formato. Le istantanee che si
susseguono rappresentano una vera e propria carrellata di
ritratti di grandi artisti che operano nel panorama musicale
italiano tra i quali: Simone Cristicchi, Niccolò Fabi, Paolo
Benvegnù, Roberto Angelini, Nobraino, Pier Cortese, Awa Ly e
Massimo Giangrande, Andrea Di Cesare, Lara Martelli,
Mokadelic, Valentina Lupi, The Surfadelic, David William
Caruso, Giovanni Di Cosimo e Dieci Unità Sonanti. Ogni
giornata avrà come ospite almeno uno tra i cantanti
fotografati. La manifestazione avrà come colonna sonora i
classici del loro repertorio, più improvvisate jam session.
Il progetto nasce dalla collaborazione feconda tra Federico
Aniballi e Roberto Guido, curatore della mostra, il quale
afferma che: “la musica e la fotografia sono due forme d’arte
che per loro natura stimolano due sensi diversi: l’udito e la
vista. Quando ascolti una canzone però non porgi solo
l’orecchio, ma di fatto vibri insieme con ogni nota; e quando
osservi una foto, non vedi solo forme e colori, ma anche le
emozioni che animano quella carta opaca. Allora forse c’è un
altro senso, più acuto e raffinato che governa gli altri due:
è il senso dell’amore, ragione di ogni vita, massima
espressione di qualunque forma d’arte”. Questo avviene negli
scatti di Aniballi che, come afferma il curatore: “prima di
essere un bravo fotografo è uno psicologo, incline per natura
e competenza a cogliere le sfumature dell’animo umano”.
Federico
Aniballi
Federico infatti nella vita, oltre a essere un romanziere e
opinionista televisivo e da alcuni anni attivo sul fronte
della fotografia, è in primo luogo uno psicologo clinico. La
sua innata sensibilità, raffinata anche grazie alla
professione di psicologo, gli permette dunque di cogliere ogni
sfumatura
dell’animo
umano
e
di
fissarla
in
un’immagine. L’iniziativa è inoltre a sfondo benefico poiché
l’introito della vendita delle fotografie e dei calendari sarà
devoluto al CUAMM, “Medici con l’Africa”. La musica e la
fotografia, come sottolinea il curatore, saranno dunque le
protagoniste “di quell’universo unico e straordinario che
prende vita sopra e sotto il palco”.
Informazioni:
Mostra allestita presso il RistoArt Guido in Via Santa Maria
del Pianto, 12 – Vernissage 19 Dicembre dalle 17 alle 22 –
Ingresso libero. Fino al 31 dicembre.
Pollini e il clavicembalo ben
temperato
Di Mariano Colla
Maurizio Pollini
Un candido fascio di luce illumina il pianoforte a coda posto
sul palcoscenico della Sala S. Cecilia dell’Auditorium Parco
della Musica di Roma. Il prezioso strumento si appresta a
essere domato, nella sua apparente freddezza, dalle mani del
pianista milanese Maurizio Pollini per dare vita a una delle
più grandi opere di Johann Sebastian Bach, il “Clavicembalo
ben temperato”, I° libro di “Preludi e Fughe”, ultimato nel
1722. Non è un evento in sé che Pollini suoni Bach, ma è
sempre suggestivo ammirare come un solo strumento possa dare
vita a tante voci diverse contemporaneamente, come previsto da
questa opera bachiana, in cui il compositore tedesco richiede
al clavicembalista o al pianista un impegno solitario di circa
due ore.
La potenzialità che Bach aveva messo in mostra con la scala
ben temperata, novità assoluta per i suoi tempi, viene dunque
assegnata alla responsabilità tecnica di un unico esecutore e
di un singolo strumento musicale, in contrasto con le grandi
polifonie concertistiche e orchestrali del musicista tedesco.
La scala ben temperata fa tuttora parte della cultura musicale
del
mondo occidentale, patrimonio del nostro sapere e
sentire, con poche applicazioni e impieghi al di fuori dei
nostri confini. Sono suggestioni di note e intervalli scritti
sulla carta
e che poi ritroviamo sulla tastiere di un
clavicembalo o di un pianoforte. Il possente spirito di Bach
aleggia nell’auditorium quando Pollini, minuto e quasi
fragile, si avvicina allo strumento. Il cono di luce traccia
un confine con il resto della sala ed esalta la figura
vagamente ieratica del pianista. Per circa due ore
interpreterà il grande maestro dando vita e corpo alla
imponente opera. Il silenzio è assoluto quando le prime note
del “Preludio e Fuga in do maggiore” si diffondono nella vasta
sala dell’Auditorium.
Bach con il clavicembalo ben temperato scrisse un preludio e
una fuga per ciascuna delle 12 tonalità, in modo maggiore e
minore. Il clavicembalo ben temperato contiene quindi 24
preludi e fughe. Fu una rivoluzione, anticamera della musica
seriale, che ha dato pari dignità non solo alle 7 note ma
anche ai 5 semitoni. Infatti con il
clavicembalo ben
temperato Bach si proponeva di mostrare i vantaggi del
“temperamento equabile”, ossia del metodo che sostituisce al
sistema musicale pitagorico per quinte naturali, un sistema in
cui l’ottava risulta divisa in 12 dodici semitoni uguali.
La novità fu sconvolgente per il tempo, tant’è che il nuovo
sistema non fu subito adottato in Europa, bensì si è dovuto
aspettare la metà dell’800 per risentirlo in uso. Un preludio
e una fuga, quindi, per ciascuno dei due modi, maggiore e
minore, in un ordine che trova il gusto dell’invenzione. Si
aprono spazi immensi e vuoti che la tecnica e il sentimento
del pianista riempiono coniugando l’arte, che prevede la
soggettività, l’estro, l’invenzione del singolo e la fuga,
che è un meccanismo perfettamente organizzato con delle ben
precise regole da rispettare, come un problema da risolvere.
Se salti un passaggio non ne vieni più a capo. La
concentrazione di Pollini ha un che di mistico. La fuga è
scienza e poesia insieme, e solo un grande artista è in grado
di sviluppare alla tastiera un discorso armonico, senza
strappi, senza pause pur con l’adrenalina che si genera in
una sala di concerto. Ogni rumore molesto può interrompere la
concentrazione. Il grande pianista canadese Glenn Gould
abbandonò nelle matura età le sale da concerto per suonare,
da solo, all’interno degli studi di registrazione, totalmente
insonorizzati, dove la musica si poteva esprimere nella
massima purezza, senza disturbo alcuno. Il rapporto tra il
pianoforte e Pollini è quasi carnale. Le sue mani accarezzano
la tastiera con una mobilità impressionante, dipanando e
valorizzando la complessa architettura della fuga.
Con una breve pausa tra un brano e l’altro, Pollini ritorna
sulla terra con semplici gesti quali l’atto di asciugarsi,
con un fazzoletto, il sudore che sgorga dalla fronte. E’ un
dialogo con Bach. Tra i due grandi artisti sembra instaurarsi
una comunicazione intima, estranea ai più se non in una
lettura soggettiva. La musica scorre nella sua complessità,
alternando
consonanze e dissonanze, dove queste ultime
introducono toni aspri e stridenti per un orecchio
maggiormente abituato e confortato dallo stile melodico, ma
che tuttavia generano una tensione rispetto al senso di
stabilità e soddisfazione prodotto dalla consonanza. Si
susseguono con pari intensità armonica ed emotiva i Preludi e
le Fughe in dodiesis minore, in re maggiore, in fa diesis
minore, in la bemolle maggiore, per citare alcuni dei brani.
Vi è qualche cosa di numerico nella composizione, la purezza e
l’assolutezza dei numeri, divini e infiniti, come sosteneva lo
stesso Cartesio padre della modernità e della geometria
analitica.
Il concerto volge al termine. Pollini svolge gli ultimi tratti
del lungo percorso musicale con tutti i segni dello sforzo
fisico e mentale, ma le sue mani sembrano avulse dal corpo.
Con armonia e dolcezza, senza la minima flessione, suona le
ultime note del “XXIV preludio e fuga in si minore”. Quando le
dita si arrestano e, lentamente, si sollevano dalla tastiera,
trascorre un attimo di incantato, assoluto silenzio, prima che
un applauso caloroso, sentito, voluto, inondi la grande sala
del concerto. Un pubblico commosso tributa al grande pianista
la giusta ovazione e Bach, forse , in qualche parte del
mondo o dei cieli, ammiccando, approva.
I
regali
di
Natale
Antonella Ruggero
di
di Valeria Ferraro
“I regali di Natale” è il nuovo doppio album di Antonella
Ruggiero, in uscita questo weekend, interamente dedicato alla
rilettura dei canti della tradizione natalizia nazionale e
internazionale.
In copertina, Antonella fotografata a 27 mesi. Nella grafica
del disco e del booklet, i testi dei canti e le fotografie dei
giocattoli che ha ricevuto in regalo ogni Natale della sua
infanzia. “ Questi sono i regali di Natale che ricevevo di
anno in anno”, ricorda la Ruggero. “Era un periodo dell’anno
davvero straordinario, ammaliante ed era l’attesa di qualcosa
di bello, e bella era proprio l’attesa. Immaginare,
fantasticare, senza capire, ma semplicemente gioire, come solo
i bambini sanno fare”.
La Ruggiero intraprende un cammino attraverso la tradizione
storica del Natale, ripercorrendone le varie fasi,
dall’Avvento alla nascita di Gesù, e poi gli Angeli, i
pastori, le ninnananne e
i canti dell’inverno.
“Veni veni Emmanuel”; “Noel, Noel, è nato il redentor (oh holy
night)”; “Il piccolo tamburino (the little drummer boy)”;
“Panis Angelicus”; “Quem pastores laudavere”; “In notte
placida”; “Duos isposos”; “Deck the halls”; “Mille cherubini
in coro”; “Gaudete”; “Alberi di natale (o tannenbaum)”;
“Gloria in excelsis deo (les anges dans nos campagnes)”; “God
rest ye merry, gentlemen”; “Adeste fideles”; “O sanctissima (o
du fröhliche)”; “Laudate dominum”; “ Noel, Noel (the first
nowell)”; “Ave Maria”; “Stille Nacht (Astro del ciel); “Bianco
Natale (White christmas)”
Questi i canti del doppio album, interamente realizzato in
studio, tra Milano e Berlino, ad eccezione di “Bianco Natale”
e “Stille Nacht”, registrati dal vivo a Betlemme e Gerusalemme
con la prestigiosa orchestra sinfonica “I Virtuosi Italiani” –
una delle formazioni più in vista del panorama classico e
contemporaneo – e trasmessi da RaiUno il mattino del Natale di
un anno fa.
Rapita da canti popolari, facili a trovarsi in prossimità
delle feste, la Ruggiero si fa travolgere da una musica di
sapore squisitamente antico, e ripropone
il massimo
patrimonio musicale natalizio, scelto con rigore filologico
spaziando dal medioevo al
XX secolo, passando per Mozart,
Shubert, e cantando in italiano, latino, tedesco e dialetto
sardo.
Momenti altissimi, accompagnati dai migliori musicisti
italiani che, raffinati ed eleganti, impreziosiscono, senza
disturbare, l’atmosfera semplice e raccolta che anima il vero
natale:
Mark Harris (pianista americano storico
collaboratore di Fabrizio De André),
Massimo Moriconi (per anni contrabbassista
nei dischi di Mina), Daniele Di Gregorio
(percussionista e vibrafonista di Paolo
Conte), Maurizio Colonna (grande virtuoso
della chitarra classica), “Arkè String
Quartet”
(modernissimo
quartetto
frequentatore dei migliori palcoscenici
mondiali), “I Virtuosi Italiani”, sino ad
attingere alla crème del jazz italiano
rappresentata da Paolo Di Sabatino,
Stefano Dall’Ora, Ivan Ciccarelli, Massimo Manzi, Renzo
Ruggieri, Davide Di Gregorio e “Oficina Guitart”.
Una strumentazione
minimale composta da pianoforte,
contrabbasso, percussioni e fisarmonica; vibrafono, marimba e
saxofono/flauto; duo di chitarre classiche e violoncello;
quartetto d’archi, pianoforte, chitarra classica, uniti ad un
utilizzo appena accennato dell’effettistica elettronica di
Roberto Colombo.
Una ricerca di spiritualità che fa parte di un percorso,
intrapreso sin
dal 2001, con “Luna crescente/Sacrarmonia”, sviluppatosi nel
tempo e apprezzato dal pubblico, con oltre 200 applauditissimi
concerti in tutto il mondo.
Partendo
dalle
radici
della
tradizione
musicale
internazionale, attorno ad Antonella Ruggiero si sono
avvicendati diversi organici musicali, da quelli più ristretti
e cameristici, sino alla grande orchestra sinfonica,
permettendo all’artista una lettura del repertorio da ogni
possibile angolazione.
Ed ora il suo “dono” di Natale per noi: un intimo ricordo,
nostalgico ed evocatore; l’unico che con la sua purezza, può
farsi monito: l’augurio verso il ritorno ad un Natale
semplicemente “cristiano”, e l’abbandono dell’attesa di un
“vortice mosso dal business”.
Presentato a Roma il musical
La Bella e la Bestia.
di Stefania Taruffi
Si è tenuta ieri sera a Roma, nella suggestiva cornice dei
Giardini di Palazzo Brancaccio, la presentazione alla stampa
dello spettacolo La Bella e la Bestia, che debutterà a Roma,
nello storico Teatro Brancaccio, il 22 ottobre. Questa
produzione rappresenta un intramontabile capolavoro del genere
musical, allestito in maniera sontuosa e con grande profusione
di mezzi e investimenti. Ieri sera un piccolo assaggio dello
spettacolo, dato dai due protagonisti, interpretati da Arianna
e Antonello Angiolillo, insieme ai magici oggetti animati
dalla storia Lumiere (il candelabro), Din Don (l’orologio),
Mrs Brick (la teiera), la Saliera, la Pepiera e il Tappeto.
Din Don, responsabile del castello, ha condotto la serata.
La Bella e la Bestia è stato portato sul palco dalla Stage
Entertainment, la multinazionale olandese fondata da Joop Van
de Ende, che ha rivoluzionato il mercato europeo del live
entertainment unendo la passione per il teatro agli
ingredienti fondamentali per il successo in questo settore:
creatività, professionalità e competenze manageriali. Lo
sottolinea l’Amministratore Delegato di Stage Entertainment
Italy, Barbara Salabè, proveniente da Milano, dove la celebre
fiaba di Disney, la Bella e la Bestia è andata in scena al
Teatro Nazionale, fino a maggio 2010, con enorme successo di
pubblico: 290 mila biglietti venduti. La Salabè si dichiara
fiera che questa produzione avvicinerà anche la capitale
d’Italia a New York (dove a Broadway il musical è andato in
scena per ben 12 anni) e Londra, le patrie dei musical a lunga
durata più applauditi nel mondo, ma anche a Madrid e Parigi.
“Il Teatro Brancaccio è un teatro storico di Roma e noi siamo
molto orgogliosi di poter portare lì questo nostro spettacolo”
spiega la Salabè”, “perché è un teatro molto grande (1300
posti ndr), che ha avuto un destino alterno e per ridargli un
po’ di vita, pensiamo che la Bella e la Bestia sia lo
spettacolo adatto. Abbiamo fatto un investimento interessante
nella parte tecnologica del Teatro Brancaccio in quanto gli
spettacoli di questo tipo, richiedono una grande tecnologia.
L’apparato tecnico è imponente, per esempio abbiamo cambi di
scena ogni 7 minuti con 33 artisti sul palco con 200 costumi e
10 scenografie per 34 cambi di scena”. Gli elementi di scena
sul palco sono movimentati tramite un sofisticato sistema
computerizzato dotato di tecnologia wireless ed è stata
prevista una nuova tecnologia all’avanguardia nella torre
scenica. Inoltre anche la facciata del teatro verrà
ristrutturata per l’occasione. Un’operazione maestosa che è
costata lo sforzo produttivo di 45 persone, un anno di
preparazione e un investimento di 5 milioni di €. Prestigioso
anche il team artistico che ha dato vita a questo capolavoro.
Le musiche sono state composte da uno dei più celebri
musicisti viventi: Alan Menken, vincitore di ben 8 premi
Oskar, due dei quali proprio per la Bella e la Bestia. La
Regia è di Glenn Casale. Protagonisti La Bella, Arianna,
figlia d’arte ed enfant prodige e La Bestia, Antonello
Angiolillo, già vincitore del premio Massimini nel 2001, come
‘miglior giovane attore di musical’, con importanti presenze
nei musical italiani. Un’orchestra dal vivo e incredibili
scenografie ed effetti speciali rendono questo musical una
delle esperienze più emozionanti che si possano vivere a
teatro. Finalmente anche Roma è rilanciata come capitale dell’
entertainment di alto livello, un investimento importante non
solo nel Teatro Brancaccio, ma anche nella cultura e
nell’immagine della Capitale, che in tal modo sarà proiettata
in una dimensione più internazionale.
(I
biglietti
si
possono
acquistare
sul
sito
www.labellaelabestia.it oppure al telefono chiamando
l’800.44.88.00, sui siti internet oppure nei punti vendita
Ticketone, Greenticket, Listicket, UNicredit, Vivaticket)
Niccolò Fabi e le Parole di
Lulù
Di Valentino Salvatore
Erodoto, con tono marziale, scriveva che in tempo di pace
sono i figli a seppellire i propri padri, mentre in tempo di
guerra sono i padri che devono seppellire i figli. Viene da
domandarsi se in fondo la vita di ognuno di noi non possa
essere considerata anch’essa una piccola guerra, fatta di
conquiste, ritirate, perdite, vittorie e sconfitte.
Niccolò Fabi ha provato a comunicare un frammento del suo
dolore ai suoi amici ed estimatori, affidandolo alla propria
pagina Facebook, come un messaggio in bottiglia. “Vi sto per
scrivere quello che non avrei mai voluto scrivere”, ha fatto
sapere il cantautore, parlando di “un dolore devastante che mi
attanaglia la gola”, “conseguenza dell’esperienza più
inaccettabile, orrida, ingiusta e innaturale che un essere
umano possa vivere”.
Il 2 luglio una meningite fulminante gli portava via la
piccola figlia Olivia, di appena due anni. Per chi la
conosceva e la amava, Lulù. Un dolore indicibile che lascia
solo un abisso di sgomento.
Difficile andare avanti e anche
dare un senso al proprio mestiere, adesso. Tant’è che egli
stesso non ne fa mistero. “Fino a quando non avrò trovato un
modo per trasformare questo dolore e dare un senso costruttivo
a questo incubo, il palcoscenico sarà l’ultimo posto in cui
desidererò stare, so di poter contare sulla vostra sensibilità
e sull’amore che mai come adesso è l’unico strumento che
merita di essere suonato… un abbraccio che contiene tutto”.
Inevitabile l’annullamento di alcuni concerti, per elaborare
un lutto per una perdita insensata. Saltano le esibizioni
nella Villa Ada di Roma, a Succivo, a Nichelino, al Sound Fest
e a Porto San Giorgio, anche per promuovere l’uscita
dell’ultimo disco Solo un Uomo. Niccolò Fabi che tante
sensibilità è riuscito a toccare e a coinvolgere con le sue
canzoni non è rimasto solo, ha trovato attorno a sé l’affetto
e la vicinanza di tantissimi di quegli amici che hanno
intercettato proprio sul social network il suo
dolore rispondendo ogni giorno con il desiderio di
manifestargli solidarietà ed empatica commozione.‎“Amici…ogni
singola parola d’amore o pensiero commosso che abbiamo
ricevuto sono stati un appiglio nella caduta e adesso sono una
spinta nella risalita, e di questo vi ringraziamo
profondamente . Un’onda d’affetto così travolgente che
sentiamo su di noi quel privilegio riservato a pochi che è
poter scorgere la bellezza nell’orrore. Anche per questo sento
la forza e il bisogno di ricominciare. Senza enfasi come
sempre giorno dopo giorno, perchè non è risorgere ma
semplicemente e meravigliosamente suonare…… quindi
vivere…………nicc” Così
dal 7 agosto è ripartito il suo tour
con un concerto a Sessano del Molise, gli sarà sembrato di
salire sul palco quasi per la prima volta. Poi l’idea
di organizzare un evento, Parole di Lulù, per ricordare la
piccola in occasione del suo compleanno, ma non solo. Un
grande concerto previsto per il pomeriggio di domani 30
agosto, dalle 15 fino a mezzanotte a Casale sul Treja, tra
Roma e Viterbo.
Il concerto diventa anche l’occasione per raccogliere fondi
per un progetto pensato da Niccolò Fabi e dalla compagna
Shirin Amini, madre di Olivia. Contribuire cioè alla
ricostruzione dell’Ospedale Pediatrico di Chiulo in Angola,
assieme a Medici con l’Africa CUAMM, che si occupano della
cura e dell’assistenza dei bambini. Un fortino di speranza in
un paese tra i più poveri, nel quale il tasso di mortalità
infantile è il secondo più alto al mondo. La situazione
dell’area in cui sorge l’ospedale – la provincia del Kunene –
è drammatica e l’impegno profuso assiduamente dai tanti medici
presenti permette di ricoverare circa 3000 bambini l’anno, non
sempre è sufficiente. La musica sarà ancora una volta veicolo
di solidarietà e di speranza. Il cantautore collabora da un
anno con l’organizzazione Medici per l’Africa, ma si è sempre
mostrato sensibile alle sofferenze delle terre africane, già
nel 2007 era stato in Sudan, viaggio da cui era nato il
documentario Live in Sudan. Poi è stata la volta di Parole che
fanno bene, parole e musica dello stesso cantautore e regia di
Bruno Nappi, per raccontare un viaggio tra gli ospedali in
Uganda.
Tanti gli artisti che hanno risposto all’appello di
Niccolò Fabi e che saranno presenti al concerto a Casale sul
Treja. Si va da Alex Britti a Claudio Baglioni, da Cristina
Donà ad Elisa, da Daniele Silvestri a Enrico Ruggeri. Ma anche
Fiorella Mannoia, Gianni Morandi, Jovanotti, Luca Barbarossa,
Max Gazzè, Paola Turci, Roy Paci, Samuele Bersani, Simone
Cristicchi. Ci saranno anche artisti come il batterista
Roberto Gatto, la chitarra della Premiata Forneria Marconi
Franco Mussida. Musicisti che esplorano diversi generi
musicali ma che si incontreranno per questo evento all’insegna
della solidarietà, nessuna scaletta, pura improvvisazione.
Così come la vita.
Per maggiori info:
www.paroledilulu.it
My Grandmother’s Space Suit,
il terzo album della Fonderia
Di Anna Esposito
Della meglio gioventù della musica italiana fanno parte i
musicisti della Fonderia, un gruppo col vezzo della
contaminazione creativa. In principio era un trio
d’improvvisazione, poi la sperimentazione eclettica di nuovi
generi musicali li ha trasformati in un quintetto d’eccezione
in grado di portare allo stato di “fusione” i cinque elementi
jazz, rock, funk, psichedelia, elettronica e influenze
etniche.
La band strumentale ha registrato in Inghilterra, nei Real
World Studios di Peter Gabriel, il suo terzo album, “My
Grandmother’s Space Suit” che ha visto anche la presenza di
Barbara Eramo. Musica, la loro, densa di sonorità stranianti
e insolite , il loro primo album “Fonderia” si è aggiudicato
il Premio Darwin nel 2004 come miglior disco dell’anno e
“Re>>enter” invece vincitore del Premio Toast/MEI 2006. La
loro continua sperimentazione e ricerca ha fatto nascere
interessanti progetti artistici come la rimusicazione di film
muti per il Festival “Strade del Cinema” di Aosta, piuttosto
che l’improvvisazione pittorica con gli artisti Francesco
Nespola e Francesco Parruzza o l’incontro con le atmosfere
surreali dei testi di Nicola Bultrini. Luca Pietropaoli, il
trombettista del gruppo, ci ha parlato delle loro esperienze e
dei loro progetti .
Il curriculum musicale di Fonderia vanta l’interazione con le
più significative forme d’arte: la pittura, la poesia, il
cinema e il teatro. Con quale di queste c’è stata più
affinità?
Sicuramente il cinema, pensando alla nostra partecipazione al
Festival “Strade del Cinema” di Aosta. E stato un lavoro
impegnativo, ma che ci ha anche dato molte soddisfazioni e
gratificazioni, come il primo premio nella Sezione Giovani nel
2003 per la rimusicazione di “My wife’s relations” di Buster
Keaton, mentre nel 2001 al Festival Rimusicazioni di Bolzano
ricevemmo un premio per la migliore musica originale con
“Charcuterie mecanique” dei fratelli Lumiere, ed “Emak-Bakia”
di Man Ray. La nostra musica si adatta bene alle immagini, ma
anche il teatro è stata importante fonte d’ispirazione.
Abbiamo curato le musiche per lo spettacolo teatrale
“Pinocchio nel paese delle meraviglie” realizzato
dall’associazione “Il Cavallo Bianco”. Un teatro itinerante
con bambini bielorussi dalle storie “difficili”, provenienti
dalle zone colpite dalla catastrofe di Chernobyl e che vivono
un profondo disagio sociale.
La vostra esperienza col cinema è stata prevalentemente la
rimusicazione di film muti d’epoca. Quale sarebbe oggi il
regista con cui vorreste collaborare?
Senza dubbio Gabriele Salvatores, che peraltro abbiamo già
avuto occasione di incontrare nel 2008, al Villa Celimontana
Jazz Festival. Trovo che i suoi film abbiano atmosfere quasi
oniriche in sintonia con le nostre suggestioni musicali.
Quali sono i riferimenti musicali di Fonderia?
Veniamo da estrazioni ed esperienze musicali molto diverse, ma
indubbiamente molto forte è stata l’influenza musicale del
jazz elettrico degli anni ’70, il funk americano, il new jazz
dei paesi scandinavi e il progressive. Tutto ciò che è jazz
ed elettronica, la contaminazione dei generi.
“My Grandmother’s Space Suit”: il vostro terzo
album interamente registrato nei Real World Studios di Peter
Gabriel, in Inghilterra. Che esperienza è stata?
Abbiamo avuto la possibilità di dare vita a questo nuovo
importante progetto musicale grazie a Marco Migliari,
produttore e ingegnere del suono dei Real World Studios.
Determinante è stata la nostra voglia di affidarci nella
produzione artistica ad un professionista di gran livello come
Migliari e nello stesso tempo volevamo cercare nuove strade di
sperimentazione. E stato un’importante laboratorio per noi,
abbiamo cercato di approfondire la composizione,
l’arrangiamento dei nuovi brani, ma l’aspetto su cui ci siamo
maggiormente focalizzati è la sintesi. Abbiamo privilegiato la
resa acustica finale piuttosto che la mera improvvisazione e
il risultato è evidente siamo passati dai 70’ del precedente
disco ai 55’ dell’ultimo. A giovarne sono state le armonie,
gli incastri ritmici e le soluzioni melodiche. E stata
indubbiamente una scelta coraggiosa perché questo disco in
pratica ce lo siamo autoprodotto, crediamo molto in questo
progetto e siamo soddisfatti del risultato.
La vostra scelta di autoprodurvi il nuovo album è sicuramente
coraggiosa, soprattutto considerando la crisi del mercato
discografico che in molti addebitano al downloading illegale
della musica in rete. Ci sono stati anche gruppi in
controtendenza come i Radiohead che scelsero ad esempio
volontariamente di consentire gratuitamente il downloading del
loro album In Rainbows. Qual è la vostra opinione in
merito?
Penso che questi fenomeni di pirateria siano il rovescio della
medaglia del progresso, che è impossibile arrestare e
difficile da controllare, la cosa migliore credo sia
adattarsi. Il mondo della musica sta subendo delle
trasformazioni evidenti, a cosa porteranno questi cambiamenti
non possiamo saperlo. Se da un lato c’è sicuramente una
maggiore circolazione della musica che è un bene, dall’altro
la crisi delle vendite dei dischi non aiuta però la
sopravvivenza della musica. Magari accadrà in futuro che i
musicisti saranno costretti ad esibirsi di più dal vivo, a
fare più concerti e in fondo questo non è un male.
La «buona novella» della Pfm
Di Anna Esposito
La Premiata Forneria Marconi, con slanci d’apprenti sorcier ha
cercato di far rivivere a distanza di quarant’anni La buona
novella, come tributo di devota gratitudine al maestro
Fabrizio De Andrè.
Era il novembre del 1970 quando il poeta genovese pubblicò il
suo quarto album, il suo migliore dirà poi, di recente
ristampato su LP, in tiratura più che limitata, su vinile
color oro. A registrarlo la Pfm ante litteram, I Quelli, non
v’era ancora il grande bassista Patrick Djivas, ma gli storici
componenti della band Franz Di Cioccio e Franco Mussida.
Ho assistito ad una della tappe più significative del loro
tour, al Gran Teatro di Roma. Il pubblico li ha accolti sul
palco con il commosso affetto che si riserva agli amici
ritrovati, quelli che non vedi da tempo, ma che non puoi
dimenticare. “Questa è La buona novella secondo la Pfm”
annuncerà Di Cioccio e in effetti l’esecuzione integrale del
concept album ispirato ai Vangeli apocrifi è stato
completamente riletto e riarrangiato dalla band. Quattro
decenni sono bastati per decidere di guardarsi allo specchio,
per riappropriarsi della musica trasfigurando la mera
esecuzione in un peccato originale, la loro “versione adulta”.
In principio fu il Laudate Dominum e L’infanzia di Maria, così
prende vita La buona novella, tra evocative luci oniriche e le
loro dita virtuose.
Audace vertigine è la loro “buona
novella”, certo rischiosa a tener conto dei puristi estimatori
di De Andrè, con suoni talvolta liquidi, altri acidi che
s’imprimono sulla tela sensoriale affascinata di chi
comodamente seduto in poltrona ne gode in silenzio a tratti
estatico.
Affascinante e insolita la versione di Il sogno di Maria, Via
della Croce e Il testamento di Tito fino al liberatorio
Laudate hominem. Nel mirabile esercizio di stile della Pfm
s’intravede De Andrè, durante l’esecuzione è lui a rimanere
fedele a se stesso nella poesia dei suoi versi. Il loro rock
progressive o “musica immaginifica” come l’appellano loro, ha
reso degna l’Italia negli anni di competere con i titani del
genere come gli Emerson, Lake & Palmer, King Krimson, Genesis
e Van Der Graaf Generator, l’intensità suggestiva della loro
musica sembra essere continuamente rigenerata. Questa la
sensazione ascoltando soprattutto la seconda parte dello
spettacolo dove ad andare in scena è il loro ottimo album
interamente strumentale “Stati d’immaginazione”, pubblicato
sul finire del 2006.
Ad accompagnare le suggestioni musicali del pubblico otto
microfilm proiettati sullo sfondo del palco, tra villaggi
olandesi, pigmei che s’adoperano nella costruzione di un
ponte, il sogno di volare di Leonardo Da Vinci e il capolavoro
del disco La terra dell’acqua con visioni di puro caos e paura
di una Venezia che annaspa, una miscellanea di immagini di
repertorio e ricostruzioni virtuali che si concludono con la
morte di Venezia che infine annega tra le acque.
A riprendere le fila dello spirito iniziale del tributo a De
Andrè, come Atlantide che riemerge, Volta la carta disgela
definitivamente l’iniziale contemplazione assorta in platea,
degno di lode il violinista Lucio Fabbri, ma anche Piero
Monterisi alla batteria che si alterna al drumming potente di
Di Cioccio e Gianluca Tagliavini alle tastiere. Non
mancheranno i loro marchi di fabbrica più famosi come la
tarantella rock Celebration e Maestro della voce, scritta
dall’ottimo Demtrio Stratos, leader degli Area. E anche se
come dice Di Cioccio “le fragole a Natale non si mangiano”,
nonostante si sia ampiamente fuori stagione, giungerà tra
l’acclamazione generale Impressioni di settembre “ e leggero
il mio pensiero vola e va ho quasi paura che si perda”, in
pochi resisteranno seduti trattenendosi dal desiderio di
cantarla con nostalgico piglio.
Sessantenni in tour per un concerto di oltre due ore, istinto,
sudore e la lingua in fuori di Di Cioccio. Sebbene non sia
possibile impedire al tempo di levigare tutto ciò che incontra
al suo passaggio e lo san bene anche loro, il virtuosismo
appassionato concede insperati stati di grazia.
Prossime date della Pfm in tour:
07 settembre 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
PAVIA (PV)
Castello Visconteo
Ingresso Gratuito
ore 21:30
20 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
CANISTRO SOTTO (AQ)
ore 21:30
19 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
APRICENA (FG)
ore 21:30
16 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
AVELLINO (AV)
ore 21:30
14 agosto 2010
PFM canta De André
PFM 35 e un minuto
(successi PFM)
SPINAZZOLA (BA)
ore 21:30
9 agosto 2010
PFM canta De André
COPERTINO (LE)
ore 21:30
€ 25,00 posti a sedere non numerati, compreso di prevendita
€ 15,00 compreso di prevendita posti in piedi
8 agosto 2010
PFM canta De André
+ successi PFM
TERRACINA (LT)
Arena Molo
ore 21:30
www.pfmpfm.it
L’eterno addio dei Rolling
Stones
Di Anna Esposito
Rotolano sulla scena mondiale della musica da cinquant’anni,
anticonformisti, provocatori, sporchi e cattivi, comparsi
epifanici come il gatto Begemot a stravolgere l’era del beat
e del politically correct con un po’ di sano e dannato rock
dipinto di blues. Anche se i quattro ragazzi di Liverpool
l’aria da baronetti se l’erano infilata come un guanto, figli
della working class londinese, mentre gli Stones di contro
interpretarono l’anima della borghesia più irrequieta, e non
solo.
Mick Jagger, storico leader del gruppo, teppista
rivoluzionario, dionisiaco e irresistibile, disarmante e
sfrenato è stato la voce della trasgressione e la ribellione
di intere generazioni, eppure anche per gli Stones potrebbe
essere giunto il momento di ritirarsi. Mick Jagger e Keith
Richards (entrambi 66 anni), Ronnie Wood (63) e Charlie Watts
(69) forse giunti al capolinea della loro carriera. «Sanno che
l’età avanza inesorabilmente e vogliono superarsi ritirandosi
ancora nel pieno della forma con dei concerti indimenticabili,
non vogliono imbrogliare i loro fan». Questa la dichiarazione
di una fonte vicina allo storico gruppo e la notizia,
rimbalzata dalle pagine del Sun ha già girato il mondo in ogni
latitudine.
Avrebbero deciso per celebrare il loro pare definitivo congedo
dal palcoscenico, un lungo addio distillato da concerti
indimenticabili in giro per il mondo, con il promoter Live
Nation, concedendosi per altri due anni alla bramosia degli
irriducibili fan, il 2012 però è previsto l’ultimo inchino e
si chiuderà il sipario.
Vero è che gli Stones ci hanno abituati negli anni al loro
sensazionalismo irridente, dal 1982 al 1990 avevano rinunciato
ai live e il primo addio all’Inghilterra lo dissero nel 1971
per protestare contro le salate gabelle del Regno di Sua
Maestà. Difficile ora dire se in questo caso si tratti di
puro e semplice marketing o di un reale presagio di
scioglimento in buon ordine, ciò che è certo è che gli
equilibri all’interno del gruppo lasciano intravedere qualche
screzio, almeno a giudicare dalle dichiarazioni
fatte da
Keith Richards venti giorni fa, che intimano Jagger di dare
una risistemata ad alcuni passaggi compromettenti della
sua autobiografia in uscita, altrimenti il chitarrista della
band potrebbe uscire sbattendo dietro di sé la porta. Una
biografia d’urto nello stile Stones, ça va sans dire. Ma è
stato anche a suon di provocazioni e trasgressioni che i
“maledetti del rock” han saputo far fruttare il loro capitale,
con all’attivo ben 250 milioni di dischi venduti nel mondo.
Sarà pur vero che non si può rotolare per sempre, ma come dice
il saggio Jagger “a good thing never ends”.
L’Aura:
dedicato
Itali@Magazine
a
Siamo invisibili ogni volta che pensiamo di
poterci finalmente svelare per ciò che siamo, ma
poi siamo costretti a ritornare sui nostri passi;
siamo invisibili ogni volta che le parole
vorrebbero scorrere fuori dalle labbra,
ma vengono bloccate , quasi ci fosse una diga
intera a trattenerle;
siamo invisibili ogni volta che affidiamo il cuore
a qualcuno che non lo merita,
siamo invisibili quando è impossibile descrivere
ciò che accade dentro.
L’Aura Abela
No di Davide Bornigia allo
sgombero dell’”Art Lounge
Ambient” di Roma
Di Stefania Taruffi
Aspre sono state in questi giorni le polemiche in merito alle
concessioni comunali per l’utilizzo delle aree tutelate dalla
Sovraintendenza, per eventi o locali temporanei. Ad andarci di
mezzo la manifestazione “Art Lounge Ambient” di Valle Giulia”
–conosciuta dal pubblico con il nome di KURA KURA, di fatto
una delle poche manifestazioni estive completamente in regola
con le autorizzazioni e con un allestimento completamente ecocompatibile e in linea con l’ambiente circostante. L’ideatore
e produttore dell’evento culturale presentato dalla società
Etruria Tourist S.r.l. di Roma, Davide Bornigia, si difenderà
dalla richiesta di sgombero ricevuta oggi, facendo ricorso al
TAR. “Da diversi giorni” – afferma Bornigia – sto subendo un
vero e proprio attacco persecutorio contro il mio progetto,
giunto alla sua seconda edizione – allestito nella sede di
Valle Giulia a Roma, e precisamente di Scalea Bruno Zevi di
fronte alla Galleria d’Arte Moderna. L’evento in sé vuole
essere nient’altro che un elegante salotto cultural-musicale,
arredato con mobili eco-compatibili, in linea con l’ambiente
circostante e rivolto a un pubblico selezionato”.
Il titolare sottolinea inoltre di essersi impegnato
personalmente a investire perché il tratto di Valle Giulia
fosse ripulito e risanato, non soltanto per il decoro della
Città, ma anche perché gli ospiti della manifestazione possano
apprezzare il valore storico e artistico dell´area in un
momento di relax.
L’”ART LOUNGE AMBIENT” – manifestazione meglio conosciuta dal
pubblico con il nome “KURA KURA” – ha ricevuto regolare
autorizzazione n. 1014 rilasciata in data 20 maggio 2010 da
parte del Municipio II – Unità Organizzativa Amministrativa in
cui si richiama il parere favorevole espresso dalla
Sovraintendenza ai Beni Culturali con una nota protocollata
agli atti. Nello stesso documento, vengono richiamati altri
pareri favorevoli: da quello del II Gruppo di P.M. a quello
del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica.
“Il mio progetto” – prosegue l’imprenditore – “è di altissima
qualità e né io né il mio staff abbiamo ricevuto mai richiami
ed eccezioni sul nostro lavoro da parte di autorità competenti
alla sicurezza, residenti della zona o chicchessia. Eppure
oggi, a pochi giorni dall’inaugurazione e dall’apertura al
pubblico della manifestazione, ricevo determinazione
dirigenziale del Comune di Roma in cui s’impone lo sgombero
degli spazi, senza specificare alcuna motivazione”.
Spiega inoltre l’imprenditore romano che non si tratta di un
manufatto, bensì di una struttura amovibile precaria approvata
dal Comune di Roma, che non modifica assolutamente le
costruzioni architettoniche e urbanistiche dell’area
monumentale di Valle Giulia. Eppure l’imprenditore romano si
trova oggi a dover rendere conto a più di cinquanta famiglie,
coinvolte nella manifestazione, che rischiano di perdere il
posto di lavoro che prevedeva un fitto calendario di quattro
mesi.
“Sono davvero addolorato” – conclude Davide Bornigia – “e mi
trovo perfettamente in sintonia con la dichiarazione del
nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano espressa
proprio questa mattina in occasione della visita alla tomba di
Cavour: “ la legislazione deve aiutare le imprese e
contribuire alla stabilità per ridurre le conseguenze delle
crisi”.
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