L'ORIGINE DELLA SOCIETÀ E DELLA MORALE SECONDO FREUD (lezione del 27/03/2015, ore 12:00-13:00, classe V G) Francesco Spina [La lezione era incentrata sul paragrafo 4 dell'unità 6 del manuale in dotazione alla classe: DOMENICO MASSARO, La comunicazione filosofica, Vol. 3, Paravia, pp. 320-323.] 1. TOTEM E TABÙ (1912): L'ORIGINE DELLA CIVILTÀ Freud estende ai fenomeni sociali i principi dello sviluppo psicosessuale dell'individuo. Avvalendosi degli studi dell'antropologia culturale sulla pratica e l'istituzione del totemismo, Freud afferma che – nonostante alcune varianti – si tratta di un fenomeno pressoché universale, tra le popolazioni “selvagge”. I componenti di una tribù sono suddivisi in tante unità caratterizzate da un totem1. Il legame totemico si tramanda per via materna. Vincolo più forte di quello familiare. Lo scopo del legame totemico è evitare rapporti tra consanguinei: divieto di sposare donne appartenenti allo stesso gruppo totemico; impedire l'incesto. Al totem è legato il concetto di tabù: indica il carattere sacro del totem, quindi intoccabile e proibito. Freud giunge a questa CONCLUSIONE: le proibizioni così ferree esprimono la repressione di forti pulsioni contrarie – la tendenza all'incesto –, che fanno parte della natura dell'uomo. A partire dal totem e dai tabù, nascono le norme sociali, morali e religiose, con cui gli uomini si difendono da impulsi ritenuti inaccettabili. Freud ricostruisce l'origine del totemismo, con la storia dell'“orda primitiva”. 1 Il termine “totem” indica l'oggetto materiale – animale, corpo celeste o pianta –, che presso le tribù primitive indica l'origine di un gruppo umano. Il totem rappresenta l'autorità, cui i componenti di un determinato gruppo devono sottostare. Al suo culto sono legati precisi obblighi di carattere religioso. La società primitiva era dominata da un capo molto forte, che dominava sulle donne e sui figli. I figli, invidiosi, si ribellarono, uccisero e divorarono il padre dispotico. Il padre morto diventa simbolo di autorità, trasformato in totem e venerato (per impedire che si ripetesse il delitto originario). L'accesso alle donne viene negato. Nascita della morale e della religione, per giustificare i divieti (incesto e uccisione del padre). Istituzione di un banchetto simbolico, in cui viene periodicamente divorato l'animale emblema del totem-padre, da tutta la collettività. Scopo: esorcizzare ritualmente le tendenze aggressive. In un'occasione stabilita e controllata socialmente, viene sfogato un impulso represso. 2. AL DI LÀ DEL PRINCIPIO DI PIACERE (1920): EROS VS. THANATOS Fino alla pubblicazione di quest'opera, Freud aveva individuato due gruppi di istinti: • • l'istinto sessuale, rivolto a un oggetto esterno l'istinto di autoconservazione, rivolto all'Io Queste due forme erano state riunite sotto l'unico concetto di libido. In Al di là del principio di piacere, Freud scopre una tendenza innata all'aggressività nell'uomo, tendenza che contraddice le pulsioni conservative. In tal senso si può parlare di due istinti: • • Eros o pulsione di vita: orientato a unire e conservare Thanatos o pulsione di morte: orientato a separare e distruggere Freud scopre, in quest'opera, l'esistenza di una pulsione all'annientamento, forza costitutiva e fondamentale della sostanza vivente. 3. IL DISAGIO DELLA CIVILTÀ (1929): IL FINE DELLA CIVILTÀ Lo scopo fondamentale dell'uomo è la ricerca della felicità. Essa ha due significati: • assenza di dolore • soddisfacimento dei bisogni L'uomo agisce per realizzare immediatamente i propri desideri (principio di piacere). Il principio di piacere domina sia le percezioni che le fantasie del bambino. Questo principio si scontra con il principio di realtà, che ne limita le pretese. Impone il differimento (=rinvio) dell'appagamento del piacere. Causa di sacrificio e quindi anche di infelicità. In una società progredita e civilizzata, siamo destinati all'infelicità, perché maggiori sono le forze repressive sull'individuo. L'uomo primitivo era più felice, perché poteva appagare i propri istinti liberamente: «l'uomo civile ha barattato un po' della sua possibilità di essere felice con un po' di sicurezza». L'uomo ha bisogno di vivere con gli altri, perché la vita nello “stato di natura” è caratterizzata dall'insicurezza e dal pericolo. Quindi: la scelta di vivere secondo le leggi della società vuol dire assecondare il principio di realtà, mettendo un freno alle proprie pulsioni. La società ha una funzione educativa sugli istinti dell'individuo: Super-io sociale. La morale nasce dall'imposizione sociale. Essa è un male necessario (l'uomo non può farne a meno, deve accettarla). Il “motivo interiore” per cui l'uomo accetta di sottostare a queste norme è che, in caso contrario, perderebbe l'amore degli altri e verrebbe punito dall'autorità. Le pulsioni antisociali da addomesticare sono: sia quelle egoistiche (principio di piacere) sia quelle aggressive (pulsione di morte). Legato a questo lavoro di repressione degli istinti è un incancellabile senso di colpa. L'uomo utilizza l'energia libidica per reprimere le pulsioni (dispendio di energia). Per frenare le pulsioni aggressive verso gli altri, l'uomo le rivolge contro se stesso. La pulsione aggressiva quindi non scompare. Il Super-io (coscienza morale) è talmente severo che non fa distinzione tra il male commesso e quello che si aveva solo intenzione di commettere. Questo senso di colpa è causa di «una permanente infelicità interna». Il passaggio dalla natura alla cultura avviene anche attraverso la sublimazione: deviazione dei desideri verso mete socialmente apprezzate (arte, cultura, illusione religiosa, amore del prossimo). Permane il conflitto tra felicità individuale ed esigenze dell'ordine sociale.