Capitolo 1 (Elettrotecnica 2° parte)

Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Capitolo E4 - CIRCUITI IN REGIME SINUSOIDALE
La corrente continua viene impiegata solo in casi particolari (quali ferrovie e
impianti elettrochimici). Nella maggior parte delle applicazioni sia industriali
che civili si utilizzano infatti correnti alternate, per lo più di tipo sinusoidale;
cioè correnti di ampiezza variabile nel tempo che si invertono continuamente
seguendo un andamento periodico con valore medio nel periodo nullo
[i(t)=i(t+nT), con n numero intero e T periodo]. Ciò è dovuto a due motivi:
- le macchine elettriche in corrente alternata sono più economiche e affidabili e
richiedono minore manutenzione di quelle in corrente continua;
- l'ampiezza di una tensione alternata può essere variata mediante dispositivi ad
alto rendimento e bassa manutenzione (trasformatori) consentendo di adattarla
facilmente ed efficientemente alle caratteristiche dei vari utilizzatori e di
trasportare l'energia elettrica a lunghe distanze con perdite contenute.
Fig. E4-1
L'energia elettrica infatti (fig. E4-1) viene:
- prodotta nelle centrali ad una tensione di circa 15kV;
- elevata poi a 220-380 kV (linee di trasmissione ad altissima tensione) per minimizzare le perdite di trasporto;
- ridotta quindi nelle stazioni di trasformazione a 66-132 kV per la distribuzione primaria (linee di
subtrasmissione ad alta tensione);
- ridotta ulteriormente a 3-30 kV nelle cabine primarie di trasformazione (linee di distribuzione a media
tensione),
- ridotta infine a 230-400 V nelle cabine secondarie di trasformazione collocate in tutti i quartieri o all'ingresso
delle industrie (linee di distribuzione a bassa tensione) per poterla utilizzare nelle case e nelle applicazioni
industriali.
La trasmissione in corrente continua ad alta tensione è attualmente conveniente rispetto a quella in corrente
alternata trifase solo per distanze molto lunghe (>500-800 km per le linee aeree, >40-100 km per i cavi
sotterranei, >20-50 km per i cavi sottomarini) e rappresenta la sola pratica opzione per l'interconnessione
asincrona tra due sistemi in corrente alternata. Il motivo è che può trasportare la stessa potenza con due soli
conduttori e quindi con minore costo della linea e dei tralicci e con minori perdite; essa richiede però convertitori
ac/dc e dc/ac agli estremi della linea.
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E4-1. Grandezze sinusoidali.
Una grandezza alternata si dice sinusoidale se è del tipo:
x(t) = XM sen(ωt+α),
con XM valore massimo, ω=2πf pulsazione [rad/s], f frequenza [Hz] = [s-1],
T=1/f periodo [s] e α fase iniziale (per t=0) della grandezza (fig. E4-2).
Se α>0 (<0) l'istante di inizio del semiperiodo positivo di x(t) è antecedente
(successivo) l'origine dei tempi.
Fig. E4-2
Una misura dell'intensità di una grandezza sinusoidale (e più in generale
periodica) è fornita dal suo valore efficace, cioè dalla radice quadrata del valore
medio dei quadrati dei valori assunti dalla grandezza nel periodo:
X=
1 T 2
x (t )dt
T ∫0
Il valore efficace è importante in quanto ha un significato fisico. Nel caso di una
corrente periodica che attraversa una resistenza R (o di una tensione periodica
applicata ai suoi capi) il valore efficace di tale corrente (o tensione) è
numericamente uguale al valore di una corrente (o tensione) continua che in un
intervallo di tempo uguale al periodo T produrrebbe la stessa quantità di calore
sulla stessa resistenza:
1 T 2
(
)
=
R
i
t
dt
TR
=
i (t )dt
∫0
T ∫0
T
2
2
RI T
(o
∫
T
0
v 2 (t )
V2
dt =
T )
R
R
Nella trattazione analitica dei circuiti in regime sinusodiale si opera usualmente
con i valori efficaci e la relazione fra valore efficace e valore massimo risulta:
I=
1 T 2
1 T1
I
2
(
)
[1 − cos 2(ω t + α )] dt = M
ω
α
I
sen
t
+
dt
=
I
M
M
∫
∫
T 0
T 0 2
2
Il valore di picco di una grandezza periodica/sinusoidale può essere utile ai fini progettuali; per esempio
l'isolamento deve essere progettato per resistere al valore di picco e non al valore efficace.
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E4-2. Rappresentazione delle grandezze sinusoidali isofrequenziali
con fasori e numeri complessi .
Nell'analisi delle reti elettriche per rendere più semplici le operazioni
matematiche di somma, differenza, derivazione e integrazione, che se eseguite
sulle espressioni algebriche delle grandezze sinusoidali implicherebbero una
notevole quantità di calcoli, conviene ricorrere ad una rappresentazione di tali
grandezze mediante fasori o numeri complessi.
A tal fine si consideri un segmento di lunghezza XM che ruota in senso
antiorario con velocità angolare uniforme ω intorno all'origine del piano di
Gauss, la proiezione del suo estremo sull'asse immaginario ha un andamento
sinusoidale nel tempo (fig. E4-3a) con periodo T=2π/ω. L'ampiezza di tale
sinusoide è pari alla lunghezza XM del segmento rotante e la sua fase coincide
con l'angolo ωt+α formato dal segmento con l'asse di riferimento.
La conoscenza di XM, α e ω è quindi sufficiente per identificare completamente
la sinusoide corrispondente, che pertanto può essere rappresentata (fig. E4-3b)
[le lettere in grassetto rappresentano grandezze sinusoidali]
dal fasore rotante: X=XMej(ωt+α)
ed essendo nota la frequenza dal fasore rotante all'istante t=0:
X = XM ejα.
Fig. E4-3a
Fig. E4-3b
Ciò premesso è importante sottolineare i seguenti due aspetti relativi ai fasori:
- mentre tutte le sinusoidi possono essere rappresentate con fasori, non tutti i
fasori rappresentano necessariamente delle sinusoidi (vedremo infatti nel
seguito rappresentate per mezzo di fasori anche l'impedenza e l'ammettenza);
- per convenzione il modulo del fasore rotante viene posto uguale al valore
efficace X=XM/√2 della sinusoide e non al suo valore massimo XM.
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Più grandezze sinusoidali possono essere rappresentate mediante fasori solo se
sono isofrequenziali, in quanto in tale caso i fasori ruotando tutti con uguale
velocità angolare mantengono inalterata la loro reciproca posizione (fig. E4-4).
x1(t) = XM1 sen(ωt+α1)
x2(t) = XM2 sen(ωt+α2)
X1 = X 1 ejωt ejα1
X2 = X 2 ejωt ejα2
Fig. E4-4
La differenza di fase ϕ=α2−α1 fra due sinusoidi coincide con l'angolo compreso
fra i rispettivi fasori; il segno è individuato dalla posizione reciproca dei due
fasori in relazione al verso antiorario scelto come positivo.
Due grandezze si dicono: in fase se ϕ=0, in quadratura se ϕ=±π/2, in
opposizione se ϕ=π.
Poiché alla rappresentazione grafica mediante fasori ne corrisponde una
analitica mediante numeri complessi, che individuano l'estremo dei fasori nel
piano di Gauss, si può istituire una corrispondenza biunivoca anche fra
grandezze sinusoidali e numeri complessi.
I due numeri reali che costituiscono il numero complesso possono essere o la
lunghezza del fasore e l'angolo che il fasore forma con l'asse delle ascisse
(numero complesso in forma polare), oppure l'ascissa e l'ordinata cartesiana
dell'estremo del fasore (numero complesso in coordinate cartesiane o
rettangolari).
In conclusione qualsiasi grandezza sinusoidale può esprimersi, oltre che in
forma algebrica, in forma grafica mediante fasori o in forma analitica sia
esponenziale che rettangolare mediante numeri complessi:
X = X ejα = X cosα + j X senα .
Il simbolo j è un operatore che fa effettuare una rotazione di 90° in senso
antiorario. L'operatore j gode della seguente proprietà nei calcoli: j2=-1
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E4-3. Operazioni matematiche sui fasori.
Le operazioni di somma e differenza di due grandezze sinusoidali, rappresentate
graficamente in figura E4-5 mediante dei fasori, si eseguono facilmente
utilizzando i numeri complessi in forma rettangolare:
Xs = X1 + X2 = (a1+a2) + j(b1+b2)
Xd = X1 − X2 = (a1−a2) + j(b1−b2)
sommando o sottraendo fra di loro le parti reali
e quelle immaginarie dei due numeri complessi.
Fig. E4-5
Le operazioni di derivazione e d'integrazione, rappresentate graficamente in
figura E4-6, si eseguono invece facilmente utilizzando i numeri complessi in
forma esponenziale:
d
d
jα jωt
jα jωt
X
=
(X
e
e
)
=
j
ω
X
e
e =jωX
dt
dt
X
X
= −j
jω
ω
La derivata di una grandezza sinusoidale di
modulo X è rappresentabile con un fasore di
modulo ωX in quadratura in anticipo;
l'integrale con un fasore di modulo X/ω in
quadratura in ritardo.
∫ X dt =
jα jω t
∫ X e e dt =
Fig. E4-6
Il prodotto di una grandezza sinusoidale di modulo X per uno scalare m è
rappresentabile con un fasore di modulo mX in fase o sfasato di π rispetto al
fasore X a seconda che m sia positivo o negativo.
Il prodotto e il quoziente di due grandezze sinusoidali non sono grandezze
sinusoidali e quindi non possono essere rappresentate sullo stesso piano
utilizzando la rappresentazione fasoriale o quella con i numeri complessi.
E' possibile invece, utilizzando i numeri complessi in forma esponenziale,
effettuare il prodotto e il quoziente di un fasore, rappresentante una grandezza
sinusoidale, per un operatore vettoriale (impedenza) semplicemente
moltiplicando o dividendo i moduli e sommando o sottraendo gli argomenti
[V=ZI=Zejϕz ⋅Iejϕi =ZI ej(ϕz+ϕi); I=V/Z=(V/Z)ej(ϕv−ϕz)].
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E4-4. Legge di Ohm.
Resistore. Se una corrente i(t)=IMsen(ωt+α) circola in un bipolo puramente
ohmico la tensione tra i suoi morsetti è vR(t)=Ri(t)=RIMsen(ωt+α); pertanto i
fasori rappresentativi della corrente e della tensione (fig. E4-7) sono in fase tra
di loro:
VR = RI .
vR
j
i
VR
0
α
t
α >0
I
Fig. E4-7
Induttore. Se una corrente i(t)=IMsen(ωt+α) circola in un bipolo puramente
induttivo per la legge di Faraday-Lenz nasce in esso una f.e.m. di autoinduzione
sinusoidale eL(t) che si oppone alla variazione della corrente e pertanto, affinché
la corrente possa effettivamente permanere nel circuito, è necessario applicare ai
suoi morsetti una tensione vL(t) che faccia equilibrio in ciascun istante a eL(t).
Nel caso di un induttore lineare, si ha:
vL(t) = − eL(t) = d(Li)/dt = ωLIM cos(ωt+α) = ωLIM sen(ωt+α+π/2);
pertanto il fasore rappresentativo della tensione (fig. E4-8) risulta di ampiezza
ωLI ed è sfasato di 90° in anticipo rispetto a quello della corrente:
VL = jωLI = jXLI ;
(la quantità XL=ωL è detta reattanza induttiva).
In realtà circuiti puramente induttivi non esistono (vengono considerati tali
quelli in cui la resistenza è trascurabile rispetto alla reattanza induttiva);
pertanto un induttore essendo caratterizzato anche da una certa resistenza
dovrebbe essere schematizzato con il circuito di figura E4-9 e il fasore
rappresentativo della tensione da applicare ai suoi morsetti, per mantenere in
esso la corrente I, risulta di ampiezza √(R2+XL2)⋅I ed è sfasato in anticipo di un
angolo ϕ= arctg(XL/R) rispetto a quello della corrente:
V = RI + jωLI .
V
+
vL
j
VL
i
0
t
α <0
Fig. E4-8
α
I
I
_
j ωL
V
R
j ωL I
RI
I
Fig. E4-9
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Condensatore. Se una corrente i(t)=IMsen(ωt+α) circola in un bipolo
puramente capacitivo la tensione tra i suoi morsetti è:
I
I
π
1
− M cos(ωt + α ) = M sen(ωt + α − ) ;
vc (t ) = ∫ I M sen(ωt + α )dt =
ωC
ωC
2
C
pertanto il fasore rappresentativo della tensione risulta di ampiezza I/ωC ed è
sfasato di 90° in ritardo rispetto a quello della corrente (fig. E4-10):
VC = I/jωC = −jI/ωC = −jXCI;
la quantità XC =1/ωC è detta reattanza capacitiva.
Fig. E4-10
In pratica il circuito collegato alle armature di un condensatore presenta sempre
una certa resistenza, pertanto il fasore rappresentativo della tensione da
applicare ai suoi morsetti risulta di ampiezza √(R2+XC2)⋅I ed è sfasato in ritardo
di un angolo ϕ= arctg(XC/R) rispetto a quello della corrente:
V = RI − jI/ωC .
Circuito R-L-C serie. Se una corrente i(t)=IMsen(ωt+α) circola in un circuito
costituito da un resistore, un induttore ed un capacitore connessi in serie (fig.
E4-11) le tensioni agli estremi del resistore, dell'induttore e del condensatore,
espresse in termini fasoriali ed in quelli istantanei, valgono rispettivamente:
VR = RI
VL = jωLI
VC = −jI/ωC
vR(t) = √2 RI sen(ωt+α-ϕ)
vL(t) = √2 ωLI sen(ωt+α-ϕ+π/2)
vC(t) = √2 (I/ωC) sen(ωt+α-ϕ-π/2)
e pertanto il fasore della tensione totale V ai suoi morsetti, pari alla somma dei
fasori che rappresentano le cadute di tensione ai morsetti dei tre bipoli connessi
in serie, risulta:
V = RI + jωLI − jI/ωC = [R + j(ωL−1/ωC)] I = ZI
legge di Ohm
dove l'operatore vettoriale: Z = R+j(ωL−1/ωC) = Zejϕ, detto impedenza, ha
modulo Z = √[R2+(ωL−1/C)2], che corrisponde al rapporto dei valori efficaci di
tensione e corrente, e argomento ϕ = arctg [(ωL−1/ωC)/R], che corrisponde
all'angolo formato dai fasori rappresentativi della tensione e della corrente.
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L'impedenza, che esprime il rapporto tra il numero complesso che rappresenta la
tensione e il numero complesso che rappresenta la corrente, tiene conto dei
fenomeni sia di dissipazione di energia elettrica che di accumulo di energia
elettromagnetica. La parte reale del numero complesso rappresenta il fenomeno
dissipativo e corrisponde alla resistenza R, nella schematizzazione con elementi
in serie; la parte immaginaria, reattanza X, è associata ai fenomeni energetici di
accumulo. La resistenza è una quantità sempre positiva, la reattanza può essere
positiva o negativa: nel primo caso prevale l'accumulo di energia magnetica
(impedenza induttiva), nel secondo quello di energia elettrostatica (impedenza
capacitiva).
i
e
RI
R
R
C
L
E
I
j ωL
1
j ωC
j ωL I
a)
Fig. E4-11
1
j ωC I
V
φ
I
b)
Fig. E4-12
Il reciproco dell'impedenza è chiamato ammettenza: Y=1/Z.
Con la rappresentazione mediante numeri complessi in forma cartesiana delle
grandezze sinusoidali l'equazione integro-differenziale di equilibrio delle
tensioni si trasforma in un'equazione algebrica fra numeri complessi, analoga a
quella relativa ad un circuito in corrente continua a regime stazionario. Si
utilizza a tale scopo un circuito (fig. E4-12a), ottenuto da quello reale (fig. E411) sostituendo alle grandezze elettriche i numeri complessi rappresentativi ed
ai parametri circuitali R, L e C le relative impedenze R, jωL e −j/ωC.
Se si utilizzano i numeri complessi in forma esponenziale si ottiene: V=Zejϕ I ,
relazione che evidenzia che il fasore rappresentativo della tensione risulta
sfasato in anticipo dell'angolo ϕ rispetto a quello della corrente (come risulta
dalla rappresentazione fasoriale di figura E4-12b, in cui α=0).
L'andamento nel tempo della tensione risulta quindi: v(t) = √2I Z sen(ωt+α+ϕ) ;
pertanto a regime stazionario la tensione è una grandezza sinusoidale, sfasata in
anticipo rispetto alla corrente dell'angolo ϕ, caratteristico dell'impedenza Z, e di
ampiezza pari al valore massimo della corrente moltiplicato per il modulo
dell'impedenza stessa.
Un bipolo comprendente sia resistori che elementi reattivi ha un comportamento
di carattere induttivo o capacitivo a seconda che, in relazione alla frequenza di
lavoro, sia prevalente la reattanza induttiva o quella capacitiva, mentre il suo
comportamento è resistivo e il bipolo si dice in risonanza se la frequenza è tale
da verificare l'uguaglianza XL = XC .
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Le relazioni numeriche che intercorrono fra resistenza, reattanza e modulo e
angolo dell'impedenza sono uguali a quelle esistenti fra cateti e ipotenusa di un
triangolo rettangolo (fig. E4-13): R=Zcosϕ , X=Zsenϕ Z=√(R2+ X2)
Le proiezioni del fasore della corrente I secondo la direzione del fasore della
tensione V e della sua normale (fig. E4-14) rappresentano rispettivamente la sua
componente attiva (Ia = Icosϕ) e quella reattiva (Ir = Isenϕ).
V
φ
Vr
Ia
Ir
I
Fig. E4-13
Va
Fig. E4-14
La tensione V tra i morsetti di un bipolo attivo, costituito da un'impedenza Z in
serie ad un generatore di tensione E, se si attribuisce a V polarità concorde con
quella del generatore, risulta: V = E ± ZI il segno + vale nel caso in cui la
polarità di E è opposta al verso attribuito alla corrente I (fig. E4-15).
Fig. E4-15
Nel caso di due induttori mutuamente accoppiati (fig. 5-16a), si ha:
V1 = jωL1I1 + jωMI 2
V2 = jωMI1 + jωL 2 I 2
da cui si deduce il circuito equivalente di figura E4-16b, in cui i due induttori
sono rappresentati con le reattanze jωL1 e jωL2 ed il loro accoppiamento con la
reattanza mutua jωΜ .
a)
b)
Fig. E4-16
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E4-5. Analisi di circuiti in corrente alternata sinusoidale.
Per mezzo della rappresentazione fasoriale o dei numeri complessi è possibile
analizzare anche circuiti elettrici comprendenti generatori che eroghino tensioni
o correnti sinusoidali, purché tutte isofrequenziali.
L'analisi, in modo analogo a quanto fatto nel caso dei circuiti in corrente
continua, inizia con la scelta di un senso positivo arbitrario per ogni corrente.
Però mentre nei circuiti in corrente continua un risultato positivo (negativo)
significa che la corrente ha effettivamente il verso scelto arbitrariamente a priori
(ha verso opposto), nei circuiti in corrente alternata non ci può essere una
corrispondenza tra senso convenzionale e senso fisico di passaggio della
corrente, che fluisce alternativamente nei due sensi.
Ciò fatto anche i successivi procedimenti da seguire sia per la determinazione
dell'impedenza equivalente di più impedenze fra loro comunque interconnesse,
sia per il calcolo delle correnti in alcuni rami o delle d.d.p. tra alcuni punti della
rete sono analoghi a quelli dei circuiti in corrente continua (principi di
Kirchhoff, metodo delle correnti di ramo, metodo delle correnti di maglia,
metodo di sovrapposizione degli effetti, teorema di Thevenin, ecc.). La sola
differenza è costituita dal fatto che si opera su numeri complessi anziché reali.
E4-6. Potenza ed energia in circuiti resistivi, induttivi e capacitivi.
I fenomeni connessi con l'energia elettrica possono essere di tipo dissipativo o
conservativo. Nel primo caso l'energia elettrica viene sempre ceduta dal
generatore al circuito e agli utilizzatori ad esso connessi e convertita in energia
di altra forma. Nel secondo caso l'energia elettrica è scambiata tra il generatore
e i campi elettrici e magnetici presenti nello spazio attorno al circuito e negli
utilizzatori. Tali campi assorbono energia negli intervalli di tempo in cui
aumenta di intensità la tensione (campo elettrico) e/o la corrente (campo
magnetico), la conservano quando tensione e/o corrente sono costanti e la
restituiscono al generatore quando tensione e/o corrente diminuiscono di
intensità.
Si consideri un bipolo lineare passivo, alimentato da un generatore di tensione o
di corrente, in regime stazionario sinusoidale. Se v(t) = VM sen(ωt+ϕ) è la d.d.p.
tra i terminali del bipolo e i(t) = IM senωt la corrente che lo attraversa, la
potenza istantanea p(t) che in ogni istante il generatore e il bipolo si
scambiano presenta un andamento periodico (fig. E4-17) con frequenza doppia
di quella della tensione e della corrente:
p(t) = v(t) i(t) = VMIM sen(ωt+ϕ) senωt = VI cosϕ − VIcos(2ωt+ϕ) =
= VIcosϕ −VIcosϕ cos2ωt+VIsenϕ sen2ωt =
= VIcosϕ (1−cos2ωt)+VI senϕ sen2ωt.
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Il termine VIcosϕ (1−cos2ωt), che prende il nome di potenza attiva istantanea,
è sempre positivo; è nullo solo nel caso ideale di circuito puramente induttivo o
capacitivo.
Il termine VIsenϕ sen2ωt, che prende il nome di potenza reattiva istantanea, è
nullo in assenza di induttori e/o condensatori nel circuito.
p
S=VI
P
pa
P=VIcos φ
p
r
φ
Q=VIsenφ
ωt
i
v
Fig. E4-17
Fig. E4-18
In regime sinusoidale la potenza è caratterizzata da tre parametri.
1- Potenza attiva - valore medio in un periodo della potenza istantanea:
1 t+T
P
p(t) dt V
I cosϕ
Z=
I 2 cosϕ R I 2
=
=
=
∫
t
T
Tale potenza non può mai essere negativa, in quanto l'angolo fra corrente e
tensione all'ingresso di un bipolo passivo è limitato fra i valori −π/2 e +π/2 e
quindi il fattore di potenza cosϕ è sempre ≥ 0. Essa si misura in watt [W] con
il wattmetro, strumento a quattro morsetti (fig. E4-18) due relativi al circuito
amperometrico (percorso dalla corrente) e due al circuito voltmetrico
(sottoposto alla tensione), che fornisce una indicazione proporzionale al
prodotto del valore efficace della tensione per il valore efficace della corrente
per il coseno dell'angolo di sfasamento tra tali due grandezze.
La potenza attiva rappresenta la potenza effettivamente utilizzabile dai carichi e
la corrispondente energia esce dal circuito elettrico in quanto negli utilizzatori si
trasforma in energia meccanica, termica, luminosa, o chimica.
Ad esempio nelle lampade ad incandescenza, la cui costante di tempo termica è molto maggiore di 1/100 di
secondo, la temperatura del filamento e quindi il flusso luminoso dipendono praticamente solo dal valore medio
della potenza assorbita; considerazioni analoghe possono essere fatte per i motori (in relazione alla loro inerzia
meccanica), i forni (in relazione alla loro capacità termica), le lampade fluorescenti (in relazione alla persistenza
dell'immagine sulla retina), ecc.
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2- Potenza reattiva - valore massimo della potenza reattiva istantanea:
Q = V I senϕ= Z I2 senϕ = X I2 = (ωL−1/ωC) I2
Tale potenza, la cui corrispondente energia è immagazzinata nelle induttanze e
nei condensatori, si misura in volt-ampère reattivi [VAR] ed è positiva o
negativa a seconda che il bipolo sia un induttore o un condensatore; per
convenzione si dice che i generatori cedono energia reattiva alle induttanze e
assorbono energia reattiva dai condensatori.
Tale potenza, come si vedrà in seguito, è fondamentale per il funzionamento
delle macchine elettriche.
3- Potenza apparente - ampiezza della oscillazione della potenza istantanea
attorno al suo valore medio (fig. E4-17):
S = V I = Z I2
tale potenza, che è detta anche di dimensionamento poiché in base a V ed I si
dimensionano, rispettivamente, l'isolamento tra i conduttori e la loro sezione, si
misura in volt-ampere [VA].
Le potenze attiva, reattiva e apparente, pur avendo tutte le stesse dimensioni
fisiche, sono misurate con unità diverse (rispettivamente W, VAR e VA) per
tener conto del loro diverso significato. Fra P, Q e S esistono relazioni analoghe
a quelle fra R, X e Z, esprimibili graficamente mediante il triangolo rettangolo
delle potenze (fig. E4-19 per carico induttivo):
P
cosϕ = S
S=
Q
senϕ = S
Q
ϕ = arctg P
S
P2+Q2
ϕ
Q
P
Fig. E4-19
Potenza complessa. Si ottiene moltiplicando il numero complesso rappresentativo della tensione V per il
complesso coniugato I del numero rappresentativo della corrente I: V*I=P+jQ. Essa è dunque rappresentabile
con un vettore, la cui parte reale è la potenza attiva, la cui parte complessa è la potenza reattiva e la cui ampiezza
è la potenza apparente e che forma con l'asse reale un angolo che coincide con lo sfasamento tra la tensione e la
corrente. In un circuito resistivo puro, essendo ϕ=0 , la potenza reattiva è nulla.
In un circuito puramente induttivo o puramente capacitivo essendo:
wL(t) = Li2/2 = LIM2 sen2ωt/2 = LI2 (1−cos2ωt)/2
wC(t) = Cv2/2 = CV2cos2ωt/2 = CV2(1+cos2ωt)/2
la potenza reattiva istantanea (fig. E4-22) vale rispettivamente:
pL(t) = dwL/dt = ωLI2 sen2ωt
pC(t) = dwC/dt = − ωCV2sen2ωt = − (I2/ωC) sen2ωt.
Le aree limitate dalla curva della potenza istantanea e dall'asse dei tempi nella figura E4-22 sono proporzionali
all'energia scambiata fra il circuito ed i campi magnetico e elettrico, rispettivamente. Le aree contrassegnate con
il segno positivo indicano l'energia trasferita dal generatore al campo magnetico dell'induttore (elettrico del
condensatore), mentre le aree contrassegnate con il segno negativo si riferiscono all'energia che l'induttore (il
condensatore) restituisce al generatore. Poiché queste aree sono uguali il trasferimento di energia è nullo in un
periodo.
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p
pL
t
i
i
P=S=VI
0
v
v
p
C
0
0
t
t
i
i
v
Fig. E4-21
Fig. E4-22
Per convenzione gli induttori vengono considerati carichi di potenza reattiva e i condensatori generatori di
potenza reattiva. Nelle figure E4-23a e E4-23b le frecce indicano lo scambio di energia tra generatore elettrico e
rispettivamente campo magnetico e campo elettrostatico.
Fig. E4-23a
Fig. E4-23b
E4-7. Teorema di Boucherot.
Il teorema di Boucherot esprime il principio di conservazione della potenza;
esso afferma che in una rete comunque complessa in regime stazionario
sinusoidale la somma aritmetica delle potenze attive erogate dai generatori è
uguale alla somma aritmetica delle potenze attive assorbite dagli utilizzatori e
che la somma algebrica delle potenze reattive erogate dai generatori è uguale
alla somma algebrica delle potenze reattive assorbite dagli utilizzatori:
Σ Pj = Σ Rj Ij2
Σ Qj = Σ Xj Ij2
Il suddetto principio non vale per la potenza apparente, infatti si ha:
S = √ [(Σ Pj)2 + (Σ Qj)2] ≠ √Σ[Pj2 + Qj2] .
48
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E4-8. Rifasamento.
La gran parte dei carichi elettrici sono di tipo ohmico-induttivo e pertanto
assorbono dalla rete una corrente, sfasata in ritardo rispetto alla tensione di
alimentazione, la cui componente in fase (corrente attiva Ia) è destinata al lavoro
utile prodotto e la cui componente sfasata in ritardo di π/2 (corrente
magnetizzante Im) è destinata alla creazione dei campi magnetici indispensabili
per il funzionamento dei suddetti carichi.
Gli utilizzatori con basso fattore di potenza sono essenzialmente: i motori asincroni, i trasformatori, gli impianti
di saldatura elettrica, i forni ad induzione, le lampade a scarica nei gas e i convertitori a.c./d.c. Il cosϕ delle
lampade a scarica è circa 0,5, però in genere tali lampade sono vendute già rifasate con un piccolo condensatore.
Ne consegue che un dato carico, a parità della corrente attiva necessaria e
quindi dell'energia assorbita e del conseguente importo pagato dall'utente alla
azienda fornitrice, assorbe una corrente complessiva tanto maggiore quanto
maggiore è la componente reattiva. Pertanto gli utenti i cui carichi sono
caratterizzati da un basso fattore di potenza comportano per le aziende
distributrici di energia elettrica un aumento dei costi sia a causa delle maggiori
perdite di energia per effetto Joule in tutto il sistema a monte sia per la necessità
di dover sovradimensionare i macchinari e le linee di distribuzione al fine di
aumentare la capacità di trasporto e di contenere le cadute di tensione al di sotto
dei limiti imposti.
Con riferimento ad un impianto costituito da generatore, linea e carico si possono infatti fare le seguenti
osservazioni:
- a parità di potenza attiva, la potenza apparente risulta inversamente proporzionale al fattore di potenza
(S=P/cosϕ); poiché le macchine di produzione e di trasformazione dell'energia elettrica vengono dimensionate in
funzione delle potenza apparente, un basso fattore di potenza richiede l'utilizzo di macchine di maggiori
dimensioni e quindi più costose;
- a parità di altre condizioni la potenza dissipata per effetto Joule sulla linea risulta inversamente proporzionale al
quadrato del fattore di potenza [PJ = ρ L P2/(Scu V2 cos2ϕ)] pertanto per limitare le perdite, in presenza di bassi
valori del fattore di potenza, occorre aumentare la sezione Scu dei conduttori, il che si traduce in maggior costo
dell'impianto;
- la caduta di tensione in linea è: ∆V=(RLcosϕ+XLsenϕ) P/(Vcosϕ); al diminuire di cosϕ aumenta senϕ ed il
termine RLcosϕ +XLsenϕ rimane praticamente costante, mentre il termine P/(Vcosϕ) aumenta,; per limitare la
conseguente maggior caduta di tensione è necessario diminuire RL e quindi aumentare la sezione dei conduttori.
Pertanto l'Ente Distributore dell'energia elettrica, dato che, come risulta dalle
precedenti considerazioni, per fornire una potenza P deve sostenere un onere
finanziario tanto maggiore quanto minore è il fattore di potenza, ha imposto
clausole contrattuali che di fatto obbligano gli utenti a rifasare il proprio
impianto (almeno fino ad un fattore di potenza medio mensile ≥ 0,9).
A tale proposito un provvedimento del CIP (Comitato Interministeriali Prezzi) ha stabilito che:
- per cos ϕ < 0,7 è obbligatorio effettuare il rifasamento dell'impianto;
- per 0.7 ≤ cos ϕ ≤ 0,9 non esiste l'obbligo del rifasamento ma viene fatta pagare all'utente una quota di energia
reattiva. La decisione se effettuare o meno il rifasamento viene presa dall'utente sulla base di criteri di
convenienza economica;
- per cos ϕ ≥ 0,9 non esiste l'obbligo del rifasamento e l'utente non paga nessuna quota di energia reattiva.
Il risparmio conseguente al rifasamento è tale da determinare mediamente un rientro dell'investimento per
l'impianto di rifasamento nell'arco di 12-15 mesi.
49
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Per rifasare, cioè ridurre, a parità di energia attiva trasportata, l'entità di energia
reattiva che circola in linea, occorre produrre questa energia il più vicino
possibile al luogo dove è richiesta. In tal modo l'energia reattiva necessaria al
funzionamento di un dato carico, viene scambiata in loco anziché tra il carico e
il generatore in centrale, sgravando quindi la centrale e la linea di trasporto che
deve così trasferire quasi esclusivamente energia attiva.
Dal punto di vista energetico, in assenza di rifasamento la linea trasmette sia il
flusso unidirezionale di potenza attiva, sia quello alternativo di potenza reattiva.
Nel caso di rifasamento totale, il flusso alternativo di potenza reattiva non
interessa la linea; nel caso di rifasamento parziale, sulla linea transita il residuo
flusso alternativo di potenza reattiva.
I mezzi per produrre energia reattiva sono sostanzialmente due: batterie di
condensatori, motore sincrono sovraeccitato. Entrambi assorbono dalla rete una
corrente sfasata di 90° in anticipo sulla tensione, corrente che può compensare
in tutto o in parte la corrente sfasata di 90° in ritardo corrispondente alla energia
reattiva richiesta dal carico.
Si consideri un carico ohmico-induttivo alimentato da un generatore tramite una
linea (fig. E4-24); dal corrispondente diagramma fasoriale si osserva che, fissata
la tensione V, per una data potenza P la corrente che percorre la linea e il carico
diminuisce all'aumentare del cosϕ .
Infatti: P = V I cosϕ = V IL cosϕ = V IL' cosϕ '
da cui: IL' = IL cosϕ / cosϕ ' ed essendo cosϕ ' > cosϕ è IL' < IL .
Fig. E4-24
Fig. E4-25
50
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Se in parallelo al carico si pone un condensatore (fig. E4-25) la corrente di linea
risulta:
V
V
V
I L =I + I C =
+ jωCV = cos ϕ − j s enϕ + jωCV
R + jω L
Z
Z
Si ha pertanto una riduzione della corrente in linea [in quanto la corrente
capacitiva jωCV compensa in parte la componente induttiva –j(V/Z)senϕ della
corrente assorbita dal carico] con conseguenti minori perdite per effetto Joule e
minore caduta di tensione in linea, mentre risulta invariata la potenza assorbita
dal carico dato che: IL'cos ϕ ' = I cos ϕ
Quindi la linea di alimentazione fornisce al complesso ''carico + condensatore''
la stessa potenza attiva, che avrebbe fornito al solo carico, ma una minor
potenza reattiva, dato che una parte viene prodotta ''in loco'' dal condensatore.
Se la capacità del condensatore è tale da realizzare un rifasamento totale, la
corrente di linea IL' risulta in fase con la tensione sul carico V. Nella pratica il
rifasamento totale non viene mai effettuato ma è sufficiente che lo sfasamento
fra V e IL' sia tale da determinare un fattore di potenza non inferiore a 0,9.
Indicando con ϕ ' l'angolo di fase residuo che si vuole ottenere (fig. E4-25),
deve essere:
V
V
senϕ − ω C V =
cos ϕ tgϕ '
Z
Z
e quindi il valore della capacità del condensatore risulta:
C
senϕ − cos ϕ tgϕ ' ω L − R tgϕ '
=
ωZ
ω Z2
Il calcolo della capacità del condensatore di rifasamento può eseguirsi anche,
nota la potenza attiva richiesta dal carico ed il relativo fattore di potenza,
ricavando, in base al bilancio delle potenze reattive, la potenza reattiva
capacitiva necessaria per aumentare il fattore di potenza da cosϕ a cosϕ'.
Indicando con QL'=Ptgϕ', Q=Ptgϕ e QC=-ωCV2 le potenze reattive di linea, del
carico e del condensatore, essendo: QL'=QC+Q la capacità necessaria per
effettuare il rifasamento di un carico risulta:
tgϕ − tgϕ '
tgϕ − tgϕ '
C P=
cos
=
ϕ
ωV2
ωZ
Nella pratica, poiché il valore della potenza attiva e del fattore di potenza sono
spesso variabili nel tempo, per effettuare il rifasamento è necessario conoscere il
diagramma di carico dell'impianto da rifasare, ovvero le curve della potenza o
dell'energia attiva e reattiva in funzione del tempo.
51
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
La scelta del tipo di impianto di rifasamento più adatto viene fatta sulla base dei seguenti fattori: tipi di
apparecchi utilizzatori, loro dislocazione, potenze e curve di carico dei vari utilizzatori. Varie sono le tipologie
previste per effettuare il rifasamento.
Rifasamento distribuito si realizza installando in corrispondenza di ogni apparecchio utilizzatore un
condensatore. Poiché i vantaggi del rifasamento si fanno sentire su tutta la rete a monte, è evidente la
convenienza da un punto di vista tecnico di un rifasamento il più capillare possibile, ossia la convenienza di
installare i condensatori il più vicino possibile ai luoghi dove la potenza induttiva è assorbita, e quindi ai
morsetti degli apparecchi utilizzatori. Però il costo dell'installazione e la variabilità delle condizioni di lavoro dei
carichi rendono questa soluzione costosa (il costo al kVAR dei condensatori aumenta al diminuire della potenza)
e difficile da attuare (risulta comunque la soluzione utilizzata dai costruttori per rifasare le lampade
fluorescenti). Essa è ideale nel caso di pochi utilizzatori di notevole potenza.
Rifasamento di gruppi di carichi si realizza mediante impianti automatici, che garantiscono il rifasamento di
più utilizzatori, seguendone la richiesta di energia reattiva. Si utilizza questa tipologia quando è possibile
suddividere l'impianto in gruppi di utilizzatori di caratteristiche omogenee e consiste nel rifasare con un unico
condensatore un intero gruppo di utilizzatori. Tale soluzione lascia non compensati i cavi dei singoli carichi.
Per aziende che hanno utilizzatori di elevata potenza, una soluzione tecnico-economica vantaggiosa potrebbe
essere quella di rifasare localmente i grossi carichi e centralmente la potenza rimanente.
Rifasamento centralizzato si realizza installando un'unica batteria di condensatori in corrispondenza del
trasformatore o del punto di consegna dell'energia. Questa è la soluzione più utilizzata, più economica e più
semplice per aziende di piccola e media dimensione, anche se in questo caso le linee elettriche interne allo
stabilimento non risultano alleggerite dal contributo di potenza reattiva fornito.
Rifasamento centralizzato a potenza modulabile. Il rifasamento viene attuato ancora a monte dell’intero
impianto ma la potenza reattiva viene suddivisa in un certo numero di batterie, in modo da poter variare la
potenza reattiva in funzione delle esigenze del carico e ottenere così un cos ϕ pressochè costante in tutte le
situazioni. Il comando delle batterie avviene di solito automaticamente mediante un opportuno regolatore. Il
rifasamento automatico centralizzato, dato l’elevato costo, deve essere realizzato solo quando è veramente
necessario.
Rifasamento misto Soluzione che utilizza tutte o parte delle tipologie prima descritte.
I principali dati da specificare nell’ordinazione dei condensatori di rifasamento sono:
- tensione nominale, deve essere maggiore di quella di esercizio dell’impianto da rifasare,
- frequenza nominale, uguale a quella di rete,
- potenza nominale, è la potenza a tensione e frequenza nominali espressa in kVAR,
- casse di temperatura ambiente, intervallo di temperatura entro cui sono garantite le caratteristiche del
prodotto,
- tipo d’installazione, per interno o per esterno, per posa verticale o per altre posizioni,
- contrassegno di riferimento alle norme, indica le norme tecniche a cui il prodotto è conforme
- massima corrente ammessa in servizio, viene espressa come multiplo della corrente nominale ed è in genere
pari a 1,3 IN.
52
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Capitolo E5 - ANALISI DI CIRCUITI LINEARI IN
REGIME PERIODICO NON SINUSOIDALE
Nel caso di grandezze sinusoidali la rappresentazione in forma grafica mediante
fasori o in forma analitica mediante numeri complessi consente, come si è visto,
di analizzare il funzionamento di circuiti in regime stazionario utilizzando
tecniche simili a quelle impiegate nel caso dei circuiti in corrente continua.
Il regime sinusoidale rappresenta però una condizione che nella pratica spesso
non si verifica o si verifica con una certa approssimazione.
Tuttavia poiché, mediante la scomposizione in serie di Fourier, ogni forma
d'onda periodica non sinusoidale può essere scomposta nella somma di
sinusoidi con frequenza multipla della propria frequenza e di un termine
costante, è possibile nel caso di circuiti lineari scomporre il problema in più casi
da risolvere singolarmente e applicare quindi il principio di sovrapposizione
degli effetti.
E5-1. Scomposizione in serie di Fourier.
Una funzione periodica f(t) può espandersi in serie di Fourier come somma di
un termine costante e di funzioni cosinusoidali e sinusoidali di frequenza
crescente:
f (t ) ≅ A0 + A1 cos ωt + A2 cos 2ωt + .... + An cos nωt + B1sen ωt + B2 sen 2ωt + .... + Bn sen nωt
dove:
ω=2π/T=2πf
An =
2
f (t ) cos nωt dt
T ∫T
Bn =
2
f (t ) sen nωt dt
T ∫T
In molti casi conviene esprimere la serie di Fourier come somma di un termine
costante e di termini in cui compare una sola funzione sinusoidale per ciascuna
armonica:
∞
f (t ) =
C0 + ∑ Cn sen (nωt + α n )
n =1
dove:
C0 =
A0
Cn =
An2 + Bn2
αn =
tg −1
An
(+ π , se Bn < 0)
Bn
Il termine C0 rappresenta la componente continua di f(t); il termine C1
sen(ωt+α1) la componente fondamentale, o prima armonica, i rimanenti termini
le armoniche di n-esimo ordine.
Nel caso molto comune in Elettrotecnica di funzioni alternate C0 = 0 e se vi è
simmetria di comportamento della funzione f(t) = −f(t+T/2) sono presenti solo i
termini sinusoidali dispari.
Oltre che dalle sue componenti armoniche, una grandezza periodica f(t) è caratterizzata anche da altri parametri,
tra cui:
- il valore di picco (valore massimo assoluto nel periodo);
- il valore efficace (radice quadrata della somma dei quadrati dei valori efficaci delle singole armoniche);
- la distorsione armonica totale (rapporto fra il valore efficace delle armoniche e quello della funzione).
53
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E5-2. Potenza nei circuiti con grandezze periodiche.
La potenza attiva prodotta da tensioni e correnti periodiche non sinusoidali è
ancora definita come valor medio della potenza istantanea in un periodo T della
potenza stessa e pertanto risulta:
=
P
1
=
T
1
T
∫ v ( t ) ⋅ i ( t ) dt
T
0
∫
T
0
V0 + ∑ n VnM sen (ωnt + α vn )   I 0 + ∑ n I nM sen (ωnt + α in )  dt
e poiché solo i prodotti delle componenti isofrequenziali di corrente e tensione
contribuiscono al valor medio della potenza, si ha:
=
P V0 I 0 + ∑ n Vn I n cos ϕ n
con ϕn=αvn−αin.
Pertanto la potenza attiva in regime stazionario periodico non sinusoidale con
carichi lineari è uguale alla somma delle potenze attive generate da ogni singola
armonica della tensione e della corrente nel caso in cui agisca da sola nel
circuito.
Per analogia si definisce potenza reattiva Q la somma delle potenze reattive:
Q = ∑ n Vn I n sen ϕ n
e potenza apparente il prodotto dei valori efficaci della tensione e della corrente:
S= V I =
∞
∞
∑n =1 Vn 2 ∑n =1 I n 2
Il fattore di potenza nel caso di grandezze periodiche non sinusoidali non può
più definirsi come coseno dell'angolo di fase fra la tensione e la corrente, perché
si hanno tanti angoli di fase quante sono le coppie armoniche di tensione e
corrente; per questo motivo viene definito come rapporto fra la potenza attiva e
quella apparente.
54
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Nelle figure E5-1 e E5-2 è riportata la scomposizione in serie di Fourier di una
funzione periodica rettangolare, limitandola alla 15a armonica.
Fig. E5-1
Fig. E5-2
55
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Capitolo E6 - SISTEMI TRIFASI.
E6-1 Introduzione
La produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica avviene quasi
esclusivamente per mezzo di sistemi (generatori, trasformatori e linee) trifasi in
corrente sinusoidale (fig. E6-1).
Fig. E6-1
L'utilizzo dell'energia elettrica avviene invece sia con carichi trifasi (prevalenti
in ambito industriale) sia con carichi monofasi (prevalenti in ambito civile,
prelevando tensione tra uno dei tre conduttori di linea e il neutro - fig. E6-2).
Fig. E6-2
56
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E6-2 Generatori e carichi trifasi.
Un sistema trifase si ottiene unendo fra loro tre sistemi monofasi (fig. E6-3).
Fig. E6-3
Le fasi dei generatori (e dei carichi) possono essere collegate:
- a stella (figg. E6-4a e E6-4b), unendo i tre ingressi (centro stella) e derivando
dalle tre uscite una linea trifase a tre conduttori; derivando dal centro stella un
ulteriore conduttore (neutro N), si ha una linea trifase a quattro conduttori;
- a triangolo (figg. E6-5a e E6-5b) unendo l'ingresso di ogni fase con l'uscita
della fase sfasata in ritardo di 2π/3 e derivando dai punti di collegamento una
linea trifase a tre conduttori, la sola possibile con questo tipo di collegamento.
Fig. E6-4a
Fig. E6-4b
Fig. E6-5a
Fig. E6-5b
57
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E6-3 Sistemi trifasi simmetrici ed equilibrati.
Un sistema trifase di tensioni sinusoidali si dice simmetrico se le tre tensioni
hanno uguale ampiezza e frequenza e sono sfasate fra loro di un angolo pari a
2π/3 (E6-6).
v1(t) = VM senωt
v2(t) = VM sen(ωt−2π/3)
v3(t) = VM sen(ωt−4π/3)
V1 = V
V2 = V (cos120°+j sen 120°) = V (−1/2−j 3/2)
V3 = V (cos240°+j sen 240°) = V (−1/2+j 3/2)
V3
V1
V2
Fig. E6-6
Indicato con: a = ej2π/3 = −1/2+j 3/2 il fattore di rotazione che moltiplicato per
un fasore lo fa ruotare di 2π/3 in senso antiorario lasciandone immutato il
modulo, una terna simmetrica di tensioni si può esprimere anche nel seguente
V2 = a2V1
V3 = aV1
modo:
V1
Dove il posizionamento della prima tensione V1 è del tutto arbitrario e
ovviamente da tale scelta dipendono poi le posizioni delle altre due tensioni.
Le terne di tensioni che non hanno le caratteristiche delle terne simmetriche si
dicono dissimmetriche.
Moltiplicando un generico fasore che chiameremo vettore origine (ad esempio E1=jE in figura E6-7),
successivamente per 1, a2, a si ottiene una terna diretta, moltiplicandolo per 1, a, a2 si ottiene una terna
inversa, moltiplicandolo poi per 1, 1, 1 si ottiene una terna omopolare costituita da tre fasori uguali e paralleli).
Fig. E6-7
Ogni terna dissimmetrica è scomponibile in una terna diretta, una terna inversa ed una terna omopolare.
Indicando rispettivamente con E0, Ed, Ei, i vettori origine delle tre terne, se E1, E2, E3 sono i vettori della terna
dissimmetrica, si può scrivere:
E2 = Eo + a2 Ed + a Ei
E3 = Eo + a Ed + a2 Ei
E1 = Eo + Ed + Ei
da cui si possono ricavare le tre incognite E0, Ed, Ei :
Ei = (1/3) [E1 + a2 E2 + a E3]
Eo = (1/3) [E1 + E2 + E3] Ed = (1/3) [E1 + a E2 + a2 E3]
Relazioni utili nello studio di reti trifasi dissimmetriche in quanto consentono di utilizzare le semplificazioni di
calcolo proprie delle reti simmetriche.
58
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Un carico trifase si dice equilibrato se le impedenze dei tre bipoli passivi che
lo costituiscono sono uguali Z1=Z2=Z3 .
Se un carico trifase equilibrato viene alimentato da un sistema simmetrico di
tensioni le corrispondenti correnti assumono le seguenti espressioni:
i1(t) = IM sen(ωt−ϕ)
i2(t) = IM sen(ωt−2π/3−ϕ)
i3(t) = IM sen(ωt−4π/3−ϕ)
I1 = V1/Z = (V/Z) (cosϕ+ j senϕ)
I2 = (V/Z) [cos(ϕ+120°)+ j sen(ϕ+120°)] = a2I1
I3 = (V/Z) [cos(ϕ+240°)+ j sen(ϕ+240°)] = a I1
con: IM = VM/Z e ϕ = tg−1(X/R).
Un tale sistema di correnti sinusoidali di uguale ampiezza e frequenza e sfasate
fra loro di un angolo pari a 2π/3 costituisce una sistema trifase equilibrato di
correnti (fig. E6-8).
V3
I2
ϕ
I3
ϕ
ϕ
V1
I1
V2
Fig. E6-8
Le terne di correnti che non hanno le caratteristiche di quelle equilibrate si
dicono squilibrate.
La connessione a stella o a triangolo tra le fasi dei carichi è indipendente dal
tipo di collegamento delle fasi del generatore che li alimenta, salvo il caso di
carichi a stella con neutro. Se manca il neutro è infatti possibile trasformare un
circuito a stella in uno equivalente a triangolo e viceversa.
59
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E6-4 Grandezze di fase e grandezze di linea.
Per qualsiasi dispositivo trifase (generatore, trasformatore, o carico), con le fasi
connesse sia a stella che a triangolo, si chiamano:
- grandezze di fase le correnti che circolano nelle fasi (indicate con I1 I2 I3 nel
caso di fasi connesse a stella, con I12 I23 I31 nel caso di fasi connesse a triangolo)
e le tensioni tra i due morsetti di ogni fase (indicate con E1 E2 E3 nel caso di fasi
connesse a stella, con E12 E23 E31 nel caso di fasi connesse a triangolo);
- grandezze di linea le correnti che circolano nei conduttori di linea (indicate
con I1 I2 I3) e le tensioni tra questi conduttori, dette anche tensioni concatenate
(indicate con V12 V23 V31); quando non esplicitamente specificato ci si riferisce
sempre alle grandezze di linea.
Nei dispositivi trifasi con le fasi connesse a stella (fig. E6-9a) le correnti di
linea coincidono con quelle di fase: Il = If ; mentre le tensioni di linea sono
uguali alla differenza fra due consecutive tensioni di fase:
V12 = E1 − E2
V23 = E2 − E3
V31 = E3 − E1
E pertanto se la terna delle tensioni è simmetrica hanno ampiezza 3 volte più
grande di quelle di fase e sono sfasate in anticipo rispetto a queste di π/6 (in fig.
E6-9b): Vl = 3 Vf e jπ/6 .
N
+
E1 1 I1
2 I2
V12
E2
V23
E3
_
+
3
I3
_
_
n
V31
+
In
a)
b)
Fig. E6-9
Nei dispositivi trifasi con le fasi connesse a triangolo (fig. E6-10a) le tensioni
di linea coincidono con le tensioni di fase Vl = Vf ; mentre le correnti di linea
sono uguali alla differenza fra due consecutive correnti di fase:
I1 = I12 − I31
I2 = I23 − I12
I3 = I31 − I23
60
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
e nel caso di terna di correnti equilibrata hanno ampiezza 3 volte più grande di
quelle di fase e sono sfasate in ritardo rispetto a queste ultime di π/6 (fig. E610b) Il = 3 If e- jπ/6 .
1
I1
E12
E31 2
I2
I 31
E 23
3
I 12
I3
I 23
a)
b)
Fig. E6-10
Nella realtà i sistemi trifasi si possono considerare praticamente simmetrici ma
non sono equilibrati, anche se si cerca per quanto possibile di renderli tali
distribuendo i carichi monofasi in modo abbastanza uniforme tra i tre conduttori
di linea ed il filo neutro (fig. E6-11).
Fig. E6-11
Il sistema di trasmissione dell'energia costituito da tre conduttori di linea e dal
conduttore neutro è tipico delle reti di distribuzione a bassa tensione. La
presenza di carichi monofasi comporta in generale un sistema di correnti
squilibrato a risultante non nulla; però, poiché si tende ad allacciare i carichi
monofasi sui tre conduttori di linea in modo abbastanza equilibrato, la corrente
nel neutro è sempre inferiore a quella di linea e la relativa sezione è in genere il
50% di quella dei conduttori di linea.
61
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E6-5 Sistemi trifasi dissimmetrici e squilibrati.
La condizione più generale di funzionamento dei sistemi trifasi è quella in cui
carichi squilibrati sono sottoposti a terne di tensioni dissimmetriche.
In tale caso, i fasori delle tensioni concatenate V12 V23 V31 formano un
triangolo, mentre quelli delle tensioni stellate V1n V2n V3n fra ciascun
conduttore di linea ed il centro stella n delle tre impedenze Z1 Z2 Z3 collegate
alla linea, hanno l'origine in comune e l'altro estremo coincidente con un vertice
del triangolo (fig.E6-12).
+
V31
_
1
+
V_12 +
+
V_23
+
V1n
_
Z1
Z2
V2n
n_
+
Z3 V3n
_
V12
V1n V1n'
V2n
n
V3n
n' V2n'
V31
V3n'
2
V23
3
Fig. E6-12
Al variare delle tre impedenze del carico a stella (ferme restando le tensioni di
linea) si hanno infiniti centri stella e quindi infinite terne di tensioni stellate.
In particolare nel caso di impedenze tutte uguali il centro stella cade nel
baricentro del triangolo delle tensioni di linea.
La presenza di una dissimetria delle tensioni (definita come 100 volte il valore assoluto della massima deviazione
della tensione di linea dal valore medio delle tensioni del sistema trifase diviso per tale valore medio) comporta
un notevole squilibrio (6÷8 volte maggiore) delle correnti assorbite dai motori trifase alimentati con conseguente
degrado delle prestazioni e riduzione della loro vita. Uno squilibrio delle correnti provoca infatti pulsazioni di
coppia e quindi maggiori vibrazioni, stress meccanici, perdite e sovrariscaldamento con conseguente minore
durata degli isolanti degli avvolgimenti.
La dissimetria delle tensioni ai morsetti dei motori non deve superare l'1%, in caso contrario essi devono essere
declassati.
62
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E6-6 Modello monofase equivalente.
Lo studio di un sistema trifase simmetrico ed equilibrato si può effettuare in
modo semplificato utilizzando un modello monofase equivalente.
Il procedimento è il seguente:
- trasformare a stella di tutti i generatori e i carichi a triangolo (fig. E6-13);
- collegare fra loro tutti i centri stella dei generatori e dei carichi con un
conduttore ideale (fig. E6-14), la cui inserzione non altera il funzionamento del
sistema in quanto, essendo tutti i centri stella allo stesso potenziale, in esso non
circola corrente;
- prendere in esame solo gli elementi circuitali relativi ad una fase (che
costituiscono il circuito monofase equivalente - fig. E6-15) e calcolarne le
relative correnti;
- note tali correnti, quelle relative alle altre due fasi hanno ampiezza uguale e
sono sfasate in ritardo rispettivamente di 2π/3 e 4π/3.
- le correnti relative ai generatori ed ai carichi collegati a triangolo, si deducono
da quelle dei circuiti equivalenti a stella, applicando la trasformazione in senso
opposto: I∆ = Ieq-Υ/ 3 ejπ/6 .
1
I g12
E31
I g31
I1
E12
1'
ZA
I'1
1"
I2
E23
3
I3
2"
I'2 Z
C
ZA
ZA
3'
IB1 I B2
ZB
n
I'3 Z C
I 23
E1 1 I 1
ZD
I 12
2'
2
I g23
ZC
N
ZD
I 31
1'
ZA
I'1
2
I2
E2
ZA
3'
3
ZD
E3
3"
I'2
2'
I3
ZA
I'3
I B3
IB1 I B2
ZC
ZD 3
ZC
ZD 3
ZC
ZD 3
n'
I B3
ZB
ZB
ZB
Fig. E6-13
E1 1 I 1
n
ZB
ZB
Fig. E6-14
ZA
1'
IB1
N
I'1
ZC
ZD 3
n'
ZB
n
Fig. E6-15
63
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E6-7 Potenza nei sistemi trifasi.
Nel caso di un carico trifase equilibrato alimentato da un sistema simmetrico di
tensioni, indicando con Vf e If le grandezze di fase e con Vl e Il quelle di linea,
le potenze attiva, reattiva ed apparente del carico, per il teorema di Boucherot, il
triangolo delle potenze e le relazioni tra grandezze di fase e di linea, risultano:
P = P1+P2+P3 = 3Vf If cosϕ f = 3 Vl Il cosϕ f
Q = Q1+Q2+Q3 = 3Vf If senϕ f = 3 Vl Il senϕ f
S = √(P2 + Q2) = 3Vf If = 3 Vl Il
dove ϕf = arctg (Xf/Rf) è l'angolo caratteristico dell'impedenza di fase, il cui
coseno è definito fattore di potenza del carico trifase.
La potenza istantanea, somma delle potenze istantanee relative alle tre fasi è
costante e coincide con la potenza attiva P:
p(t) = p1(t) + p2(t) + p3(t) = [Vf If cosϕ f -Vf If cos(2ωt+ϕf)] + [Vf If cosϕ f -Vf If
cos(2ωt+ϕf - 240°)] + [Vf If cosϕ f -Vf If cos(2ωt+ϕf +240°)] = 3Vf If cosϕ f
Nel caso di sistemi dissimmetrici e squilibrati le potenze attiva e reattiva del
carico risultano:
P = V1f I1fcosϕ1f + V2f I2f cosϕ2f + V3f I3f cosϕ3f
Q = V1f I1fsenϕ1f + V2f I2f senϕ2f + V3f I3f senϕ3f
La misura della potenza attiva assorbita da un carico trifase equilibrato si
ottiene:
-se le fasi, comunque connesse, sono accessibili moltiplicando per tre la potenza
rilevata da un wattmetro inserito su una delle tre fasi: P = 3Vf If cosϕf ;
-se le fasi sono connesse a stella ma non accessibili moltiplicando per tre, nel
caso di sistema di trasmissione dell'energia costituito da quattro (tre) conduttori
di linea, la potenza rilevata da un wattmetro con la amperometrica inserita in
uno dei tre conduttori di linea e la voltometrica inserita tra tale conduttore e il
neutro (un centro-stella artificiale realizzato con tre impedenze uguali connesse
a stella): P = 3V1n I1l cosϕ1n-1 .
Nel caso invece in cui il carico trifase sia squilibrato la misura della potenza
attiva assorbita si ottiene:
-se le fasi sono accessibili sommando le potenze rilevate da tre wattmetri inseriti
sulle tre fasi: P = V1f I1fcosϕ1f + V2f I2f cosϕ2f + V3f I3f cosϕ3f ;
-se le fasi non sono accessibili sommando le potenze rilevate da tre wattmetri,
con le amperometriche inserite in ciascuno dei tre conduttori di linea e le
voltometriche inserite (fig. E6-16), nel caso di sistema di trasmissione
dell'energia costituito da quattro (tre) conduttori di linea, tra tali conduttori e il
neutro (un centro-stella artificiale realizzato con tre impedenze uguali connesse
a stella): P = V1n I1l cosϕ1n-1l + V2n I2l cosϕ2n-2l + V3n I3l cosϕ3n-3l .
64
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Fig. E6-16
Il centro di riferimento, oltre che essere preso nel centro-stella dell'utilizzatore
(se esiste ed è accessibile) o su un centro-stella artificiale creato per mezzo di
tre resistenze uguali connesse a stella, può anche essere preso (teorema di Aron)
su uno dei tre fili di linea. In questo caso, assumendo ad esempio il filo 2 come
riferimento, le tre tensioni stellate diventano: V1n=V12 V2n=0 e V3n=V32 e quindi
l'espressione della potenza attiva diventa:
P = V12I1lcos[∠V12I1l] + V32I3lcos[∠V32I3l] .
In figura E6-17 è mostrato un esempio di inserzione di due wattmetri per
misurare la potenza attiva secondo il teorema di Aron e la rappresentazione
fasoriale delle grandezze elettriche; tale potenza si ottiene sommando le
indicazioni dei due wattmetri, ma la somma deve essere algebrica in quanto i
wattmetri possono dare indicazioni negative, potendo essere l'angolo di
sfasamento tra le tensioni concatenate e le correnti di linea, in valore assoluto,
maggiore di 90°.
V12
1
V12
V1
φ + π /6
I3
φ _ π /6
V32
V31
3
I1
V2
V3
I2
V23
2
Fig. E6-17
In modo analogo nel caso di carico trifase squilibrato la misura della potenza
reattiva si può ottenere utilizzando una delle due seguenti relazioni:
Q = V1nI1lsenϕ1n-1l+V2nI2lsenϕ2n-2l+V3nI3lsenϕ3n-3l
Q = V12I1sen[∠V12I1]+V32I3sen[∠V32I3].
Infine la potenza apparente ed il fattore di potenza sono dati da:
S = P2 + Q2
e
f.d.p.= P/S .
65
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E6-8 Rifasamento.
Il rifasamento dei carichi trifasi viene effettuato con una batteria di tre
condensatori uguali, collegati a triangolo o a stella, oppure con un motore
sincrono sovraeccitato.
Nel caso di sistemi simmetrici ed equilibrati il calcolo della capacità di tali
condensatori si esegue come nel caso dei circuiti monofasi.
Nel caso di carichi squilibrati sottoposti ad un sistema simmetrico di tensioni
per ottenere un rifasamento parziale (da ϕ a ϕr) mediante una batteria di
condensatori collegati a triangolo, la capacità C∆ di ciascuno di tali condensatori
si ottiene in base alla seguente relazione:
QC = Q − P tgϕr = P(tgϕ − tgϕr) = ω C∆ (V122+V232+V312) = 3 ω C∆V2
dove V=V12=V23=V31 è la tensione concatenata
Nel caso si vogliano ottenere le stesse condizioni di rifasamento con
condensatori collegati a stella, tali condensatori devono avere una capacità tre
volte più grande di quelli a triangolo CY=3C∆, ma richiedono una tensione di
isolamento √3 volte inferiore.
Il valore della tensione è importante per la scelta del condensatore e del tipo di
collegamento in quanto il costo della batteria aumenta con il valore sia della
capacità sia della tensione di isolamento.
66
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Capitolo E7 - TRASFORMATA DI LAPLACE E SUA
APPLICAZIONE ALL'ANALISI DEI CIRCUITI.
E7-1 Trasformata ed antitrasformata di Laplace.
L'analisi del comportamento a regime e in transitorio dei circuiti lineari può
essere facilmente effettuata utilizzando la trasformata di Laplace,
mediante la quale una funzione della variabile reale tempo f(t) [nulla per t<0, limitata e ad un sol valore, con un
numero finito di discontinuità e di massimi e minimi su ogni intervallo finito di tempo] è trasformata in un'altra
funzione F(s) della variabile complessa s=σ+jω:
=
L[ f (t )]
∞
f ( t ) e dt
∫=
− st
0+
F (s) ;
la antitrasformata di Laplace consente poi di effettuare il passaggio inverso:
f(t) = L−1[F(s)] =
1
σ + j∞
2π j ∫ σ
− j∞
F ( s ) e st ds .
Il procedimento è il seguente:
- mediante la trasformata di Laplace le equazioni integro-differenziali a
coefficienti costanti, che descrivono il comportamento temporale di un circuito
lineare, vengono trasformate in equazioni algebriche 
- si risolve il sistema di equazioni algebriche così ottenute,
- si antitrasformano le trasformate delle funzioni incognite.
Proprietà della L-trasformata
- L-trasformata di una somma: L 
∑ f ( t ) = ∑ F ( s )
k
k
- L-trasformata del prodotto di una funzione per una costante:
L  K f ( t )  = K F ( s )
-L-trasformata della derivata prima di una funzione: L[f'(t)] = sF(s) − f(0+)
- L-trasformata dell'integrale di una funzione:
t
L  ∫ f (t=
) dt 
 0

F (s) 1 0
+ ∫ f (t ) dt
s
s −∞
- L-trasformata della funzione f(t) traslata di un intervallo di tempo b (con b costante reale): L[f(t−b)] =
F(s) e− bs
- Antitrasformata della funzione F(s), traslata della quantità b nel dominio della variabile complessa: L−1
[F(s−b)] = f(t) ebt
- L-trasformata della funzione a gradino: L u ( t )  =
A −τ s
L  Au ( t − τ )  =
e
s
1
s
- L-trasformata della funzione rettangolare r(a,b) tale forma d'onda si descrive come differenza fra due
funzioni a gradino traslate fra loro.
r(t, a, b)
r(t, a, b)
1
1
=
L  r ( a,b
)  R=
( s ) e− as − e−bs
s
s
1
1
0
a
b
t
0
a
b
t
- L-trasformata della funzione impulsiva unitaria o funzione di Dirac δ(t); si consideri una funzione
rettangolare di durata ε ed ampiezza 1/ε; l'area delimitata dalla curva fr è unitaria. Al diminuire di ε; la durata
della funzione diminuisce ma la sua altezza aumenta e l'area rimane unitaria. La funzione impulsiva unitaria o
67
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
funzione di Dirac rappresenta il caso limite di un impulso di ampiezza infinitamente grande, di durata
infinitesima e di area unitaria, applicato nell'istante τ: L[δ(t−τ)] = e−sτ
e per τ=0
L[δ(t)] =1.
fr
2/ ε
δ(t −τ)
fr
1
1/ ε
S=1
0
τ
τ+ε
0
t
τ
(τ+ε)/2
t
0
τ
t
Nella tabella sottostante sono riportate alcune coppie costituite da funzioni reali
e relative L-trasformate.
f(t)
F(s)
k
k/s
k f(t)
k F(s)
d
f (t )
dt
s F(s) – f(0)
∫ f (t ) dt
F (s) 1 0
+ ∫ f (t ) dt
s
s −∞
f (t − b)
F ( s ) e − bs
δ(t)
1
u(t)
1/s
e−sτ / s
u(t−τ)
t
1/s2
e−bt
1
s+ b
senωt
s2 + ω 2
cosωt
s + ω2
ω
s
e− btsenωt
2
ω
e− btcosωt
(s + b )2 + ω 2
(s + b )
(s + b )2 + ω 2
tn
s n +1
n!
e− bt t− n
n!
(s + b )n +1
68
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E7-2 Circuiti L-trasformati equivalenti.
- Resistore. La relazione tensione-corrente in un resistore nel dominio del
tempo è vR(t)=RiR(t) ; utilizzando la trasformata di Laplace, le grandezze Ltrasformate sono ancora legate dalla legge di Ohm nel dominio della variabile s
(fig. E7-1).
vR (t ) = RiR (t )
VR(s) = R IR(s)
+
VR (t) _
+
IR(t) R
IR(s)
VR (s) _
R
Fig. E7-1
- Induttore. Se in un induttore la caduta di tensione vL(t) e la corrente iL(t) sono
sostituite dalle loro L-trasformate VL(s) ed IL(s), il legame differenziale
tensione-corrente nel dominio del tempo si trasforma in un legame
proporzionale nel dominio della variabile s (fig. E7-2); in più compare un
termine costante, proporzionale al valore della corrente nell'induttore all'istante
iniziale, che viene schematizzato con un generatore di tensione.
vL (t ) = L
diL (t )
dt
VL(s) = LsIL(s) − LiL(0)
Fig. E7-2
- Condensatore. Se in un condensatore la tensione vC(t) e la corrente iC(t) sono
sostituite dalle loro L-trasformate VC(s) ed IC(s), il legame integrale tensionecorrente nel dominio del tempo si trasforma in un legame proporzionale nel
dominio della variabile s (fig. E7-3); in più compare un termine costante,
proporzionale al valore della tensione sul condensatore all'istante iniziale, che
viene schematizzato con un generatore di tensione.
=
vC (t )
1
C
∫
t
t0
iC (t ) dt + vC (t0 )
1
1
VC(s) = Cs IC(s) + s vC(0)
Fig. E7-3
69
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
- Induttori mutuamente accoppiati. La L-trasformata delle equazioni di
equilibrio di due induttori L1 e L2 mutuamente accoppiati con mutua induttanza
M (fig. E7-4a) risulta:
V1(s) = L1sI1(s) − L1i1(0) + MsI2(s) − Mi2(0)
V2(s) = MsI1(s) − Mi1(0) + L2sI2(s) − L2i2(0)
Il circuito L-trasformato, in cui le cadute di tensione MsI2(s) e MsI1(s) sono
rappresentate da generatori controllati è riportato in fig. E7-4b al fine di scrivere
le equazioni per i circuiti L-trasformati con le modalità usate per i circuiti
resistivi.
L1 i1 (0) Mi2 (0)
i2
i1
M
+
+
v
L2 2
v1 L
1
_
_
+
I1 (s)
Mi1 (0) L2 i2 (0)
I 2(s) +
L2 s
L1 s
V2(s)
V1(s)
_
MsI1(s)
MsI2 (s)
a)
_
b)
Fig. E7-4
- Circuito serie R-L-C. Se all'istante t=0 con un generatore di tensione e(t) si
alimenta un circuito serie R-L-C, per t>0 è:
di ( t )
1 t
R i (t ) + L
e (t )
+ ∫ i ( t ) dt =
dt
C −∞
La trasformata di Laplace di tale equazione integro-differenziale è:
1
v ( 0)
R I(s) + Ls I(s) − L i(0) + Cs I(s) + C
= E(s) e quindi:
s
1
v ( 0)
v ( 0)
I(s) = [E(s) + L i(0) − C ] / [R + Ls + Cs] = [E(s) + L i(0) − C ] / Z(s)
s
s
La presenza a numeratore delle due forze elettromotrici Li(0) e −vC(0)/s indica
che una certa quantità di energia è immagazzinata nel campo magnetico
dell'induttore e nel campo elettrico del condensatore prima dell'istante t=0. Il
denominatore di I(s) prende il nome di impedenza e si indica con Z(s).
In forma operazionale i principi di Kirchhoff diventano:
∑ I (s)
k
= 0
vCk ( 0 ) 

+
−
=
E
s
L
i
0
(
)
(
)
∑ k

k Lk
s



1 
+
+
R
L
s
∑  k k C s  I k ( s=)
k 

∑ Z (s) I (s) .
k
k
70
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E7-4 Transitori.
Analizziamo, utilizzando la trasformata di Laplace, il comportamento transitorio
delle grandezze elettriche in circuiti lineari R-C e R-L che vengono connessi
mediante chiusura di un tasto ad un generatore di tensione continua.
Nel condensatore (scarico) nell'istante immediatamente successivo alla chiusura
del tasto inizia a circolare la corrente I0=E/R; pertanto il condensatore inizia a
caricarsi e ai suoi capi si manifesta una tensione v(t) crescente che si oppone
alla f.e.m. E del generatore, determinando una diminuzione della corrente di
carica i(t)=[E-v(t)]/R fino al suo annullamento quando v(t) uguaglia E.
L'equazione che descrive l'evoluzione nel tempo della corrente dopo la chiusura
∫
1
i (t ) dt si trasforma con Laplace nella seguente equazione
C
E
1
algebrica:= Ri ( s ) + i ( s ) da cui si ricava:
s
sC
E
E
E 1
1
i( s) =
=
=
(τ=RC costante di tempo del circuito)
sR + 1 C R s + 1 RC R s + 1 τ
E Ri (t ) +
del tasto:=
e quindi effettuando la antitrasformata di Laplace si ottiene (fig. E7-6):
=
i (t )
E −1  1  E − t τ
=
L 
e

R
 s +1 τ  R
(
)
v(t ) =−
E Ri (t ) =
E 1 − e −t τ .
e
Fig. E7-6
Nel caso di un circuito RL-L dopo la chiusura del tasto l'equazione che descrive
E Ri (t ) + L
l'evoluzione nel tempo della corrente i(t): =
d
i (t )
dt
E
s
si trasforma con Laplace nella seguente equazione algebrica:= Ri ( s ) + sLi ( s )
E
sR (1 + s L R )
i(s) =
=
da cui si ricava:
E
1
R s (1 + sτ )
(τ=L/R costante di tempo)
e quindi mediante la antitrasformata di Laplace si ottiene (fig. E7-7):
i (t )
=
(
E −1  1  E
L 
1 − e −t τ
=
2 
R
s+s τ  R
)
e
e(t ) =−
E Ri (t ) =
E e −t /τ .
71
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Fig. E7-7
72
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
E7-5. Funzione di trasferimento.
In molte applicazioni è importante conoscere la funzione di trasferimento, cioè la relazione fra la risposta ai
morsetti di uscita e la sollecitazione applicata ai morsetti di ingresso. Tale relazione assume la forma di rapporto
fra polinomi, con il grado del polinomio al numeratore minore od al massimo uguale a quello del polinomio al
denominatore:
s n + a'n −1 s n −1 + ..... + a'1 s + a'0
( s − z1 )( s − z2 ) ..... ( s − zn )
G ( s) = K m
=K
s + b'm −1 s m −1 + .... + b'1 s + b'0
( s − p1 )( s − p2 ) ..... ( s − pm )
Le radici del numeratore sono dette "zeri" perché quando la variabile s coincide con una radice del numeratore si
ha G(s)=0; le radici del denominatore sono dette "poli" perché quando s coincide con una radice del
denominatore si ha G(s)=∞. Un circuito è stabile se i poli della funzione di trasferimento giacciono tutti nel
semipiano sinistro del piano s, è instabile se uno o più poli giacciono nel semipiano destro.
E7-6. Risposta in frequenza.
Il comportamento a regime stazionario di un sistema lineare sollecitato con una grandezza periodica può studiarsi
utilizzando il metodo fasoriale in base alla scomposizione in serie di Fourier delle grandezze di ingresso e di
uscita. In analogia a quanto esposto in termini della variabile s per la funzione di trasferimento, si fa l'ipotesi che
una sola sollecitazione yh(t) (inserita nel ramo h) agisca nel circuito, che sia sinusoidale ed abbia Yh(jω) come
fasore. Il fasore Xk(jω) rappresentativo della grandezza xk(t) relativa al ramo k, assunta come risposta, può
determinarsi mediante la soluzione di un sistema di equazioni, considerando ω come variabile. La funzione G(jω)
= Xk(jω)/Yh(jω) si definisce "risposta in frequenza" in quanto fornisce informazioni sul comportamento del
circuito sottoposto a sollecitazioni multifrequenziali. Come G(s), anche G(jω) dipende solo dalla configurazione
e dai parametri del circuito per una data frequenza angolare e può ricavarsi dalla funzione di trasferimento G(s)
sostituendo s con jω: G(jω) = G(s)|s=jω .
Un motivo per cui è importante caratterizzare un circuito con la sua risposta in frequenza risiede nel fatto che
questa risposta si rileva sperimentalmente senza difficoltà, a differenza di quanto avviene per la risposta nel
dominio della variabile s e nel dominio del tempo.
E7-7. Circuiti risonanti serie e parallelo.
Si consideri il circuito di figura E7-8a, alimentato da un generatore di tensione e(t) di forma d'onda sinusoidale
con ampiezza costante e frequenza variabile.
(a)
(b)
Fig. E7-8
La tensione VR(jω) agli estremi del resistore, considerata come uscita del circuito, in funzione della frequenza
R
angolare ω e della tensione di ingresso E(jω), risulta: VR(jω) =
E(jω) = E(jω)/[1+j(ωL-1/ωC)/R] .
Z(jω)
Per ω0=1/ LC, poiché la caduta sull'induttanza e quella sul condensatore si fanno equilibrio, la corrente erogata
dal generatore è limitata solo dalla resistenza R; se quest'ultima è piccola rispetto alle reattanze, le tensioni ai loro
estremi assumono valori assai più grandi della tensione applicata.
Il circuito presenta un comportamento selettivo nei confronti delle frequenze, infatti la corrente che lo percorre è
massima quando il generatore ha una frequenza pari a quella di risonanza f0.
Se si alimenta il circuito di figura E7-8b con un generatore di corrente sinusoidale di ampiezza costante e di
frequenza variabile J(jω), la corrente IR(jω) nel resistore Rp in funzione della frequenza, assume la seguente
espressione:
G
G
IR(jω) =
J(jω) =
J(jω)
con G=1/Rp, BL=1/ωLp e BC=ωCp .
Y(jω)
G − j(BL−BC)
Per ω0=1/√(LpCp) la corrente IR(jω) assume il valore massimo e coincide con la corrente del generatore, mentre le
correnti nell'induttore e nel condensatore sono uguali ed in opposizione di fase e possono assumere valori
notevolmente più grandi di quella del generatore.
73
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
Capitolo E8 - SICUREZZA ELETTRICA.
E8-1. Effetti della corrente elettrica sul corpo umano.
L'enorme diffusione della elettricità in ambito sia industriale che civile ha
comportato un continuo incremento di infortuni elettrici nei cantieri, nelle
fabbriche ed ancor più in ambiente domestico. Ciò in quanto il passaggio della
corrente elettrica nel corpo umano può produrre effetti pericolosi, consistenti
generalmente in alterazioni delle varie funzioni vitali, in lesioni al sistema
nervoso, ai vasi sanguigni, all'apparato visivo e uditivo, all'epidermide ecc.
Il limite di pericolosità della corrente elettrica sul corpo umano è difficilmente
definibile poiché dipende da molteplici fattori e in particolare da:
• modalità del contatto (estensione, pressione);
• durata del contatto (il valore massimo di corrente sopportabile diminuisce
all'aumentare della durata del contatto);
• percorso della corrente attraverso il corpo (a seconda degli organi
incontrati – cuore, torace, sistema nervoso centrale – si hanno effetti
patologici differenziati e più o meno importanti);
• caratteristiche del soggetto (età, sesso, condizioni patologiche, ecc.)
• frequenza della corrente (le correnti più pericolose sono quelle con
frequenza tra 30 e 150 Hz).
I maggiori rischi connessi al passaggio dell'elettricità nel corpo umano sono:
l'asfissia e la fibrillazione ventricolare (causate dalla interferenza di una
corrente elettrica estranea con le correnti fisiologiche che comandano attraverso
il sistema nervoso ogni movimento del corpo umano) e le ustioni.
- Asfissia. Una corrente elettrica maggiore di 15 mA con frequenza di 50 Hz
provocando la contrazione involontaria dei muscoli che attraversa e la loro
permanenza nello stato di contrazione tetanica (in quanto i muscoli non hanno il
tempo di rilassarsi) non consente alla vittima di staccarsi dalla parte in tensione
con cui è venuta a contatto. Se tale tetanizzazione interessa i muscoli che
controllano il movimento dei polmoni della respirazione la vittima può morire
per soffocamento a causa dell'arresto respiratorio.
- Fibrillazione ventricolare. Se una corrente elettrica interessa il cuore questo si
contrae in maniera scoordinata e quindi perdendo il giusto ritmo non svolge più
la propria funzione di pompare il sangue lungo le vene e le arterie del corpo.
Questo fenomeno è il maggior responsabile di morti per folgorazione, infatti
impedendo al cuore di agire come una efficace pompa del sangue comporta la
morte a seguito della mancanza di rifornimento di ossigeno al cervello. La
fibrillazione ventricolare è reversibile entro i primi minuti solo se il cuore viene
sottoposto ad una scarica elettrica molto violenta mediante un defibrillatore, che
74
Appunti di “Elettrotecnica e Macchine Elettriche” - L. Taponecco
applica un impulso elettrico al torace dell'infortunato tramite due elettrodi, o, in
assenza di tale dispositivo, ad un idoneo massaggio cardiaco.
- Ustioni. La corrente quando attraversa il corpo umano, che mediamente
presenta una resistenza dell'ordine di 1-3 kΩ, sviluppa calore per effetto Joule e
può quindi provocare ustioni; di particolare gravità risultano le ustioni
conseguenti a contatti con linee ad alta tensione.
Trascurando la componente reattiva, l'impedenza del corpo umano può essere
vista come composta da tre resistenze in serie: le resistenze relative al contatto
con la pelle nel punto di entrata e nel punto di uscita della corrente, che sono
molto elevate e dipendono dallo stato della pelle (umidità, sudore, ferite, calli),
dalla superficie di contatto e dalla pressione, e la resistenza interna, che è molto
bassa e dipende dal percorso che compie la corrente all'interno del corpo
umano.
Oltre alle azioni lesive dirette sopra accennate, la corrente elettrica può
provocare anche azioni lesive semidirette di natura non elettrica (traumi dovuti
a cadute dopo elettrocuzione) o indirette, cioè senza contatto con la corrente
(ustioni da incendi provocati da scintille elettriche).
E8-2 Contatto diretto e indiretto.
Il contatto con un punto in tensione può essere di tipo diretto o di tipo indiretto.
Viene definito diretto (fig. E8-1) il contatto con parti che sono normalmente in
tensione (conduttore non isolato).
Fig. E8-1
Viene definito indiretto (fig. E8-2) il contatto con una parte dell'impianto
normalmente non in tensione (involucro metallico di un elettrodomestico o di
una macchina utensile), che ha assunto accidentalmente una tensione pericolosa
a causa di un guasto di isolamento.
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Fig. E8-2
Mentre nel caso di contatto diretto la persona è sottoposta alla totale tensione
del sistema verso terra, nel caso di contatto indiretto può essere sottoposta ad
una tensione minore in relazione a possibili resistenze tra parti normalmente in
tensione e involucro metallico. Il contatto indiretto è però più insidioso in
quanto non può essere evitato.
Naturalmente toccare un punto in tensione di una rete può o meno comportare
problemi a seconda che tale rete sia collegata a terra in un suo punto (fig. E8-3)
Fig. E8-3
o sia isolata da terra (fig. E8-4) in quanto la corrispondente maglia rete-uomoterra risulta rispettivamente chiusa o aperta.
Fig. E8-4
Le protezioni adottabili per ridurre i possibili pericoli derivanti dall'uso di
apparecchiature elettriche possono essere di tipo passivo o attivo.
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E8-3. Protezioni passive contro i contatti diretti e indiretti.
Le protezioni passive sono dispositivi atti a limitare la corrente elettrica che
percorre il corpo di un individuo sottoposto ad una tensione di contatto (sistemi
con tensione nominale verso terra ≤ 50 V, trasformatori di isolamento) o ad
impedire l'accesso di una persona alle parti in tensione (isolamento delle parti
attive, guanti isolanti, barriere di protezione, doppio isolamento per apparecchi
portatili il cui simbolo è ).
In figura E8-5 è mostrato come il contatto con una parte in tensione di un
sistema elettrico completamente isolato da terra mediante trasformatore di
isolamento non consenta il passaggio della corrente verso terra attraverso il
corpo della persona.
Fig. E8-5
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E8-4. Protezioni attive contro i contatti diretti e indiretti.
Le protezioni attive (messa a terra e interruttore differenziale) sono dispositivi
che al verificarsi di condizioni pericolose (fig. E8-6) per la persona
interrompono il circuito.
Fig. E8-6
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E8-4a. Messa a terra.
La messa a terra, cioè il collegamento elettrico al terreno mediante dispersori,
delle parti metalliche accessibili degli apparecchi elettrici, coordinata con un
interruttore di massima corrente, consente di proteggere (fig. E8-7) le persone
dai contatti indiretti impedendo, mediante interruzione automatica del circuito,
che si verifichino tensioni verso terra superiori a 50V.
Fig. E8-7
L'impianto di terra svolge l'importante compito di disperdere nel terreno la
corrente elettrica in caso di guasto con lo scopo principale di ridurre al minimo
il valore delle tensioni di contatto. Esso per garantire la massima sicurezza deve
essere opportunamente coordinato con i dispositivi di interruzione automatica
dell'alimentazione (in un sistema TT normalmente un interruttore differenziale)
in modo da assicurare una rapida apertura del circuito in cui si è manifestato il
guasto quando la tensione di contatto raggiunge valori pericolosi per le persone.
La struttura dell'impianto di terra e il tipo di terreno devono garantire bassi valori della resistenza di terra che
devono essere opportunamente coordinati col dispositivo d'interruzione dell'alimentazione.
Se si impiegano dispositivi di massima corrente il valore di resistenza deve essere molto basso, spesso
difficilmente ottenibile e soprattutto da mantenere nel tempo, se invece, come solitamente accade, l'interruzione è
demandata a dispositivi differenziali, i valori di resistenza richiesti sono facilmente raggiungibili (la resistenza
deve essere inferiore o uguale a 50/ld Ω dove ld è la corrente differenziale del dispositivo di protezione).
Un impianto di terra è fondamentalmente costituito da uno o più dispersori (corpi conduttori in intimo contatto
elettrico con il terreno; sono detti intenzionali quando svolgono la specifica funzione di messa a terra e sono
costituiti da picchetti infissi verticalmente nel terreno, piastre o corde nude interrate orizzontalmente, di fatto
quando sono installati per scopi indipendenti dalla messa a terra e sono costituiti da ferri di armatura, tubazioni
metalliche dell'acqua, ecc.), da conduttori di terra (conduttori che collegano i dispersori tra loro e al collettore
principale di terra), dai collettori di terra (elementi per il collegamento al dispersore dei conduttori di protezione),
dai conduttori di protezione (conduttori per il collegamento di masse, masse estranee, collettore principale di
terra, dispersore), dai conduttori equipotenziali (collegamenti elettrici che mettono diverse masse e masse
estranee al medesimo potenziale, evitando che si possano stabilire tensioni pericolose fra le masse metalliche
degli apparecchi e fra parti conduttrici, estranee all'impianto elettrico) e da un pozzetto di ispezione.
Per massa si intende la parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che non è in
tensione in condizioni ordinarie, ma che può andare in tensione in condizioni di guasto. Pertanto una parte
metallica è considerata una massa se fa parte dell'impianto elettrico, è accessibile e può andare in tensione per un
difetto di isolamento. Le masse devono essere collegate a terra tramite il conduttore di protezione. Le masse che
possono esser toccate simultaneamente dalla stessa persona devono essere collegate allo stesso impianto di terra.
Per massa estranea si intende una parte conduttrice non facente parte dell'impianto elettrico (ad esempio:
elementi metallici facenti parte di strutture di edifici, condutture metalliche di gas, acqua e riscaldamento). Le
masse estraneee devono essere connesse al collegamento (nodo) equipotenziale principale, al quale sono collegati
il conduttore di protezione, i conduttori equipotenziali e il conduttore di terra.
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Nelle figure E8-8 e E8-9 sono rappresentati in modo sintetico rispettivamente gli scopi e la funzione
dell'impianto di terra ed un esempio di collegamenti di un impianto a terra.
Fig. E8-8
Fig. E8-9
Se applichiamo una tensione tra due punti sul terreno circola una corrente (fig. E8-10); il terreno si comporta cioè
in modo simile ad un conduttore elettrico.
Fig. E8-10
La capacità di un terreno a disperdere la corrente è condizionata dalla sua resistività, che dipende essenzialmente
da: natura geologica, carattere chimico, temperatura e grado di umidità.
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La corrente si diffonde nel terreno in modo radiale (fig. E8-11). Il terreno può perciò essere considerato un
conduttore di sezione variabile e le resistenze elementari più vicine al punto in cui viene iniettata la corrente
(dispersore) costituiscono la parte preponderante della resistenza di terra.
Fig. E8-11
La tensione di contatto (fig. E8-12) è la tensione a cui può essere soggetto il corpo umano in seguito al contatto
con carcasse o strutture metalliche, normalmente non in tensione, delle macchine e delle apparecchiature
(distanza tra i piedi e le masse convenzionalmente pari ad 1 m). Mentre il valore della tensione totale di terra (fig.
E8-13) dipende dai valori della resistenza di terra e della corrente di guasto a terra, il valore della tensione di
contatto dipende anche dalla configurazione geometrica dell'impianto di terra.
Fig. E8-12
Fig. E8-13
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La tensione di passo (fig. E8-14) è la tensione che durante il funzionamento di un impianto di terra può risultare
applicata tra i piedi di una persona a distanza di un passo (convenzionalmente 1 m).
Fig. E8-14
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E8-4b. Interruttori differenziali.
Gli interruttori differenziali (fig. E8-15a) sono dispositivi di protezione che,
in base alla differenza tra la corrente entrante e quella uscente dall'impianto
elettrico di una abitazione, ufficio, ecc., rilevano eventuali dispersioni di
corrente verso terra, a causa di un guasto o di un contatto diretto (fig. E8-15b).
Se tale differenza supera un prefissato valore (es. 30 mA) interrompono
immediatamente il circuito di alimentazione. Tali dispositivi non assicurano una
protezione totale dai contatti diretti, in quanto non intervengono in assenza di
dispersioni di corrente verso terra (fig. E8-15c).
b)
c)
a)
d)
Fig. E8-15
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E8-5. Sintomatologia immediata e terapie di urgenza.
La sintomatologia presentata da un soggetto colpito da scarica elettrica è generalmente caratterizzata da perdita
di coscienza o arresto del cuore e del respiro; a volte il soggetto è scagliato a terra con violenza
dall'elettrotrauma, a volte rimane attaccato al conduttore in tensione.
Nel caso in cui una persona rimanga attaccato al conduttore bisogna innanzitutto provvedere alla sua liberazione
dal contatto azionando l'apposito interruttore o, dopo essersi isolati, tagliando i fili (per tensioni < 1kV) o
esercitando una azione di trazione sulla vittima.
Una volta liberato se l'infortunato è incosciente e in stato di morte apparente con polso e respiro non apprezzabili
è necessario effettuare immediatamente respirazione artificiale e massaggio cardiaco, per permettere di
prolungare il periodo di sopravvivenza sino all'arrivo di un medico o al ricovero in ospedale.
Anche se i decessi connessi al passaggio dell'elettricità nel corpo umano sono dovuti solo in piccola percentuale
ad asfissia e prevalentemente a fibrillazione ventricolare, in assenza di personale medico respirazione artificiale e
massaggio cardiaco, dovrebbero essere effettuati fino a che la vittima non riprende a respirare regolarmente o per
un minimo di un'ora.
E8-6. Magnetotermici e fusibili.
La funzione dei dispositivi magnetotermici è quella di proteggere i circuiti in cui sono inseriti, aprendoli in un
tempo tanto più breve quanto maggiore è la corrente che supera il loro valore nominale.
Le figure E8-17 e E8-18 mostrano le tipiche caratteristiche di intervento fusibili ed interruttori magnetotermici.
In ascissa è riportato il rapporto tra il valore della corrente effettiva ed il valore della corrente nominale; in
ordinata il tempo di intervento del dispositivo.
La caratteristica di un fusibile è, in tutto il suo campo, a tempo inverso: il tempo di intervento è cioè decrescente
con l'aumentare della corrente.
Nei magnetotermici si nota, dopo una zona a tempo inverso, (zona di intervento termico) un repentino
cambiamento, quando la corrente supera il valore della corrente diventa k volte la corrente nominale: il tempo di
intervento diventa molto piccolo e costante, circa un centesimo di secondo (zona di intervento magnetico).
Fig. E8-17 Fusibile
Fig. E8-18 Magnetotermico
Fig. E8-19
Curva sicurezza
La curva di sicurezza fornisce il tempo massimo per cui una persona può sopportare una data tensione.
Moltiplicando i valori di corrente di una caratteristica di intervento di un fusibile o di un magnetotermico per la
resistenza di terra si trova la durata di una data tensione sulle masse. Se si riporta la curva ottenuta o con diverse
resistenze ed uno stesso dispositivo o con diversi dispositivi dello stesso tipo ed una stessa resistenza di terra nel
grafico della caratteristica sicurezza, si ottengono curve tipo quelle disegnate in rosso, verde, blu in figura E8-19.
Le combinazioni resistenza di terra - dispositivo che soddisfano ai requisiti di sicurezza sono quelle che stanno
sotto la curva di sicurezza.
Se si considera ad esempio la corrente di intervento a 5 secondi del dispositivo, poiché 5 secondi è il valore
massimo per cui il corpo umano può sopportare la tensione limite UL, si può stabilire il criterio per coordinare la
resistenza di terra con il dispositivo di protezione. Deve essere: RT*I5s <UL
Poiché la corrente di intervento a 5 secondi dei dispositivi magnetotermici è abbastanza superiore alla corrente
nominale del dispositivo che corrisponde alla corrente nominale dell'impianto, essendo UL=50 V, per ottenere la
sicurezza occorrerebbe realizzare resistenze di terra di frazioni di Ohm. D'altra parte i dispositivi magnetotermici
non sono nati per proteggere le persone dai contatti indiretti, ma per proteggere l'impianto dalle sovracorrenti.
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