oratore = colui che sa parlare bene usando l’arte
dell’eloquenza e che sa dire la verità insegnando la ‘virtus’
≠ retore = è il maestro di oratoria, che insegna all’oratore a
parlar bene
La struttura dell’orazione
 I discorsi pronunciati dai grandi oratori ci sono arrivati
sotto forma di orazioni scritte (fra cui le Catilinarie)
 L’oratore raccoglie prima tutti gli argomenti per
sviluppare la sua tesi (di offesa o di difesa) e poi li
ordina secondo una ‘dispositio’ che comprende:
1. L’ ‘exordium’ = l’inizio
2. La ‘narratio’ = lo sviluppo
3. L’ ‘argumentatio’ = l’argomentazione
4. L’ ‘epilogus’ = la conclusione
Il “public speaking”
degli antichi Romani
 Molto spesso l’oratore è in grado di imparare a
memoria
l’intero
discorso
da
lui
stesso
precedentemente preparato per poi esporlo oralmente
al pubblico quasi ‘recitandolo’ come un attore e
accompagnandolo con gesti e con una particolare
intonazione della voce per dare più enfasi a certi
passaggi.
 Per questo l’orazione pronunciata verbalmente di
fronte a un pubblico è sempre molto più efficace di
quella scritta.
Coerenza fra pensiero e azione
 Cicerone ha sempre scontato di persona la propria libertà di
parola (con la congiura di Catilina prima, che l’ha portato
all’esilio, e con l’attacco ad Antonio poi nelle ‘Filippiche’) fino a
pagarla con la vita stessa.
 Ricordiamo che nel 63 a.C. con le ‘Catilinarie’ Cicerone, da
console, aveva incitato il senato contro Catilina, un aristocratico
decaduto che progettava un colpo di stato. Catilina, sentendosi
scoperto, era fuggito da Roma ed era poi morto in battaglia.
Cicerone però aveva subito fatto giustiziare i suoi seguaci senza
un regolare processo e per questo aveva subìto l’esilio nel 58 a.C.
per 16 mesi, condannato dal tribuno della plebe Clodio (fratello
di Clodia, la ‘Lesbia’ di Catullo) che aveva emanato una legge
retroattiva per punire coloro che avevano condannato a morte dei
cittadini romani senza concedere loro un regolare processo.
Pagare con la vita la propria
libertà di parola: le ‘Filippiche’
 Ricordiamo che le ‘Filippiche’ sono 18 orazioni scritte
contro Antonio con cui Cicerone sapeva bene di
esporsi alla vendetta di costui.
 Sono così chiamate perché si rifanno alle ‘Filippiche’ di
Demostene, oratore greco, che si era scagliato contro
Filippo il Macedone (padre di Alessandro Magno) che,
a suo parere, voleva trasformare il potere in potere
assoluto; la stessa cosa stava per fare Antonio, secondo
Cicerone, trasformando la vecchia “res publica”
romana in un impero assoluto. A causa di questo
affronto personale, Antonio fa uccidere Cicerone.
Roma, 43 a.C.,una morte atroce
 Premessa
 Cicerone si trovava a Tuscolo (nella periferia di Roma)
e viveva appartato, depresso e affetto da disturbi
psicofisici (come ricaviamo dalle lettere agli amici) in
seguito ai dispiaceri sia della vita privata che della
situazione politica romana.
 Tuttavia, desiderava essere ricordato dai posteri come
una persona importante, temendo la “damnatio
memoriae”, cioè di essere dimenticato (e infatti adesso
è tanto contento per il fatto che noi lo stiamo
studiando ☺ anche se voi, forse, lo siete un po’ meno…!)
L’ultimo mese di vita
 Dà l’incarico al suo fidato segretario Tirone di
raccogliere tutte le sue lettere (quasi mille)
nell’epistolario e ne fa redigere tre copie: una per lo
stesso Tirone (che poi ne avrebbe curato la diffusione
postuma, ma all’epoca Cicerone non poteva saperlo,
inconsapevole che sarebbe morto di lì a un mese), una
per l’amico Attico e una per se stesso.
 Tirone si reca a Roma per consegnare personalmente
ad Attico la copia a lui riservata dell’epistolario e
scopre che a Roma erano state emanate dai triumviri
(Antonio, Lepido e Ottaviano) le liste di proscrizione.
“WANTED, dead or alive”
 Il nome di Cicerone è il primo della lista di
proscrizione (comprendente circa 2.000 nomi fra le
persone più ricche e i senatori) stilata dai triumviri:
Cicerone è ricercato e su di lui pende una ‘taglia’ di
200.000 sesterzi (un sesterzio equivale all’incirca a 2
euro attuali, dunque circa 400.000 euro).
 Tirone scopre che ad altri celebri personaggi allora “in
vista” - che erano stati consegnati ai triumviri da dei
delatori - era già stata tagliata la testa e corre da
Cicerone per avvertirlo e per convincerlo a scappare
 Siamo nel novembre del 43 a.C.
Le ultime ore prima della fine
 Ai primi di dicembre del 43 a.C., avvertito dal fedele
Tirone, Cicerone decide di fuggire (ma non sempre le cose
vanno come ce le eravamo immaginate) e prende
un’imbarcazione ad Anzio, ma il mare è in burrasca e così
all’altezza di Formia, dove ha una delle sue ville, si ferma
per trascorrere la notte.
 All’alba viene svegliato dai servi, che avevano notato in giro
un movimento strano di persone: tutte le strade erano
bloccate; Antonio infatti aveva saputo che Cicerone stava
tentando di fuggire e aveva mandato un suo sicario, il più
spietato (così ci dice la testimonianza di Tirone,
confermata da altre fonti), per ucciderlo.
Morte di Cicerone
 Cicerone, impavido, esce di casa e – colpo di scena! -
riconosce il sicario, che si presenta a lui con in mano il
foglio di Antonio contenente la condanna a morte: si tratta
dell’uomo che, da ragazzo, era stato difeso dall’accusa di
parricidio (cioè di avere ucciso il proprio padre) dallo stesso
Cicerone come avvocato.
 Nonostante ciò, il sicario, ingrato, esegue l’ordine e taglia a
Cicerone la testa e le mani, poi li mette in un sacco per
portarli a Roma e consegnarli come prova ad Antonio.
 Oltre alla ‘taglia’ promessa, il sicario riceve da Antonio un
premio di un milione di sesterzi (pari a due milioni di
euro).