PAGINE DA STUDIARE CON ATTENZIONE: 241-242
261-263
TUTTE LE ALTRE PAGINE DEL MANUALE SONO DA LEGGERE ( DI QUESTE ULTIME QUI DI SEGUITO
TROVATE UN RIASSUNTO PER FACILITARE LA LETTURA. L’ESERCITAZIONE SI SVOLGERA’ CON LA
POSSIBILITA’ DI UTILIZZARE IL MANUALE E GLI APPUNTI (no il riassunto )
La Restaurazione
Inizia in Europa l’epoca della Restaurazione del vecchio regime: la reintegrazione dei legittimi sovrani spodestati dalla
Rivoluzione francese e da Napoleone (“principio di legittimità“), il ripristino dell‘organizzazione sociale, politica ed
economica dell’ ancien regime.
Questo ritorno al passato non teneva però conto dei sentimenti nazionalistici suscitati dagli ideali rivoluzionari tra i popoli
europei, dei principi liberali e democratici diffusi in Europa, del complesso di riforme introdotte dal Codice civile
napoleonico che rimase in Europa un punto di riferimento per tutte le correnti politiche moderate.
Il Congresso di Vienna (1814-1815) si adoperò per ristabilire in Europa gli equilibri internazionali che erano stati sconvolti
dalla Rivoluzione francese prima e dalle campagne di Napoleone dopo. Vennero inoltre stipulate alleanze: la Santa Alleanza
(Austria, Prussia, Russia, Francia, e altri), la Quadruplice Alleanza (Gran Bretagna, Austria, Prussia, Russia, e Francia nel
1818) che introdusse il “principio di intervento”. (guardare le cartine sul manuale).
La Restaurazione in Italia sancì l’egemonia austriaca su gran parte del territorio (Regno Lombardo Veneto, Trentino, parte
dell’Istria, Ducati di Parma, Piacenza, Guastalla, Modena e Reggio E., Gran Ducato di Toscana). Il Regno delle due Sicilie
(Italia sud) vide il ritorno dei Borbone che firmarono un’alleanza con l’Austria; anche lo Stato della Chiesa si mise sotto la
protezione austriaca. Solo il Regno di Sardegna (Piemonte e Liguria) riuscì a mantenere una certa autonomia da Vienna ma
divenne baluardo della conservazione a causa della politica reazionaria di Vittorio Emanuele I (casa Savoia).
Strumenti interni della Restaurazione furono : la collaborazione fra “trono” e “altare”; politica reazionaria che contava
sull’appoggio dell’aristocrazia e dell’alto clero; apparato burocratico soffocante, repressivo e centralizzato; controllo
poliziesco; progetto di ritorno sociale e politico all’ancien regime.Da qui la nascita------società segrete.
Le società segrete si opposero clandestinamente all’ordine costituito e si impegnarono a diffondere gli ideali di libertà e
democrazia. Si ispirarono in gran parte al modello della Massoneria. Possedevano struttura gerarchica e carattere elitario ,
necessari a condurre l’attività in preparazione ai moti insurrezionali. Solo le alte gerarchie spesso conoscevano
dettagliatamente i programmi e tutti gli affiliati e ciò costituì il più importante motivo di debolezza rispetto alla loro
incidenza politica. I programmi non sempre convergevano: si andava dall’obiettivo “minimo” del ripristino delle libertà
costituzionali all’obiettivo “massimo” del sovvertimento sociale . Tale incompleta condivisione fu un ulteriore motivo di
debolezza , nonostante gli illustri patrioti caduti per la causa. (vedi lo schema del pensiero
LIBERALE/DEMOCRATICO spiegato in classe e le relative differenze)
Le ondate rivoluzionarie in Europa
Gli anni ‘20: la prima ondata rivoluzionaria
Negli anni ‘20 dell’Ottocento vi furono in Europa i primi moti insurrezionali attuati dalle correnti moderate tese ad
introdurre una costituzione che limitasse i rinnovati poteri dei sovrani, e dalle correnti di orientamento repubblicano e
democratico. In Spagna e in Portogallo gli insorti otterranno il regime costituzionale che verrà però soffocato dalla
repressione (in Spagna nel 1823 e nel 1828 in Portogallo). In Russia erano diffuse società segrete soprattutto di ufficiali che
durante le guerre napoleoniche erano entrati in contatto con gli ideali rivoluzionari: la rivolta “decabrista” (dekabr:
dicembre, in russo) scoppiò nel dicembre 1825 ma fu soffocata dallo zar Alessandro I.
In Italia meridionale era attiva la carboneria (repubblicani e democratici) e la fazione dei moderati ; essi furono i
protagonisti dei moti del ‘20, ma l’alleanza fra le due componenti entrò presto in crisi. Nel 1821 le forze austriache
sgominarono gli insorti e i governi provvisori da essi istituiti occupando Napoli.
Anche al nord, nel Regno di Sardegna era attiva alla carboneria; inoltre vi era l’organizzazione segreta della Federazione
italiana che mirava ad una monarchia istituzionale con la creazione di un regno dell’Italia del Nord (Santorre di Santarosa) e
contava sull’appoggio dei Savoia. Nel ‘21 scoppiarono insurrezioni ad Alessandria e Torino e di fronte alla richiesta di una
costituzione, Vittorio Emanuele I abdicò in favore del fratello Carlo Felice che si trovava nel Ducato di Modena, per cui la
reggenza provvisoria andò al principe Carlo Alberto che cedette alla spinta rivoluzionaria; fu però subito sconfessato dal
nuovo sovrano: Carlo Alberto obbedì all’ordine di ritirarsi a Novara dov’erano le truppe fedeli alla corona. I Savoia,
rinforzati dai contingenti austriaci, ripresero quello stesso anno il dominio, annullando le conquiste degli insorti. Su tutta la
penisola vi fu dunque un’ondata repressiva. Nel Regno di Sicilia, di Sardegna e nel Lombardo-Veneto, vennero arrestati
molti appartenenti alle organizzazioni insurrezionali, come Silvio Pellico, piemontese, che scrisse “Le mie prigioni”, libro
che suscitò indignazione nell’opinione pubblica ed alimentò i sentimenti antiaustriaci.
Gli anni ‘30: la seconda ondata rivoluzionaria
Le insurrezioni del ‘30 partirono dalla Francia e si propagarono all’Italia, al Belgio e alla Polonia. Le forze liberali francesi
ottennero molti successi e la Francia assunse di nuovo il ruolo di guida rivoluzionaria dell’Europa. Nelle elezioni legislative
del 1827 i liberali moderati francesi ottennero una netta vittoria e a nulla valse la decisione del re Carlo X di indire nuove
elezioni in quanto si confermò la vittoria dei liberali. Nel 1830 il sovrano abolì la libertà di stampa, varò una riforma
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elettorale che favoriva ulteriormente l’aristocrazia e sciolse di nuovo le Camere. A seguito di ciò il popolo di Parigi insorse
(le “tre giornate”) costringendo Carlo X alla fuga e ponendo sul trono il cugino Luigi Filippo d’Orleans (nipote di quel
Filippo che aveva appoggiato la rivoluzione francese). Vennero ristabilite le libertà e allargato il diritto di voto che però non
comprese gran parte del popolo e di fatto la nuova monarchia fu espressione di una ristretta oligarchia borghese.
In Italia, nel Ducato di Modena, i liberali di Ciro Menotti e le società segrete tentarono un’insurrezione che doveva
estendersi allo Stato della Chiesa ma vennero arrestati nel ‘31. A seguito di ciò però scoppiarono moti a Bologna e nelle
Legazioni pontificie di Romagna e Marche, nei Ducati di Modena e Parma,dando vita al governo delle “Province Unite”. Di
nuovo le due anime del movimento, democratici e liberali non si trovarono d’accordo e l’intervento delle truppe austriache
pose fine all’insurrezione . Dopo il fallimento dei moti del ‘31 una prospettiva rivoluzionaria nuova si ebbe con Giuseppe
Mazzini, già aderente alla carboneria, che all’età di 22 anni fu costretto all’esilio in Francia dove entrò in contatto con
personaggi di spicco del liberalismo europeo e fu influenzato da teorici socialisti e da democratici italiani emigrati
(Buonarroti). Formulò un programma dai forti connotati etici e mistico-religiosi, romantici e idealisti (vedi pagine di
studio).Nel 1831 fonda la Giovine Italia (il cui emblema era la bandiera tricolore) ma il passaggio dalla teoria alla pratica
insurrezionale si rivelò debole e i moti mazziniani fallirono uno dopo l’altro: ‘33-’34 soffocati sul nascere nel Regno di
Savoia, nel Lombardo-Veneto e in Toscana. Mazzini fu condannato a morte in contumacia e con lui il mazziniano Giuseppe
Garibaldi.
Espulso dalla Francia, Mazzini si rifugiò in Svizzera e quindi in Gran Bretagna seguito anche dalle critiche di
irresponsabilità di molti esponenti della Giovine Italia stessa. Nel 1839 riorganizzò la Giovine Italia ma ebbe altri fallimenti:
i moti del ‘43 e ‘45 in Romagna furono repressi rapidamente e così in Calabria nel ‘44 (i fratelli Bandiera sbarcati in
Calabria non raccolsero dalla popolazione il sostegno sperato , furono catturati e fucilati).
I fallimenti dei mazziniani stimolarono lo sviluppo di altre posizioni, sia moderate (non sovvertire l’ordine geopolitico
mantenendo gli stati esistenti, senza perseguire l’obiettivo dell’unificazione né della repubblica) che radicali (unità di Italia).
Nel 1844 il moderato piemontese Cesare Balbo progettò una confederazione di stati ma guidati dalla monarchia sabauda;
così anche Massimo D’Azeglio che respinse la pratica dell’insurrezione a favore di un processo riformatore. Vi erano poi i
federalisti democratici di Carlo Cattaneo che criticavano sia i moderati che i mazziniani, consideravano il governo
piemontese come uno dei più reazionari d’Italia e prendevano a modello le repubbliche federali, come la Svizzera e gli Stati
Uniti. Vedi manuale
Le insurrezioni del ‘48 in Europa
L’Europa centrale e occidentale fu scossa da una nuova ondata rivoluzionaria che violentemente irruppe sullo scacchiere
europeo; solo la Gran Bretagna e la Russia zarista ne furono immuni.
In Francia i tentativi rivoluzionari indussero il governo a limitare le libertà ma questo non fece che alimentare la protesta e
nel 1848 scoppiò l’insurrezione: la Guardia Nazionale, inviata a reprimerla, si unì agli insorti, il re abbandonò Parigi e si
formò un governo provvisorio di tutte le opposizioni (dai socialisti ai liberali) che proclamò la Repubblica e promosse
importanti riforme sociali ma tensioni interne portarono a un’insurrezione nei quartieri operai, che fu soffocata nel sangue.
Alle elezioni di quell’anno fu eletto Luigi Napoleone Bonaparte (nipote di Napoleone) rappresentante delle forze
conservatrici che dopo poco si alleò con la parte più conservatrice dell’area moderata. Ciò si tradusse in una rapida
involuzione : attraverso un colpo di Stato napoleone occupò militarmente il Parlamento e impose un plebiscito a suffragio
universale grazie al quale si pose alla testa del Secondo Impero con il nome di Napoleone III, facendo definitivamente
crollare la repubblica. . Anche l’impero austriaco fu scosso dall’ondata rivoluzionari del ’48: disordini scoppiarono a
Vienna e in altre città dell’impero fra cui Venezia, Milano, Praga e si formarono governi provvisori. Pochi mesi dopo però il
governo imperiale passò all’offensiva con azioni repressive.
Nel Regno di Prussia, nel ‘48 si ha l’insurrezione di Berlino e si estese a gran parte della Confederazione germanica, il re
Federico Guglielmo IV fu costretto a concedere riforme (libertà di stampa, convocazione di un Parlamento). Ma la
Germania era divisa fra coloro che propendevano per una “Grande Germania” (tutti i territori tedeschi intorno all’impero
austriaco) e i sostenitori di una “Piccola Germania” (senza l’Austria e guidata dalla Prussia). Queste ed altre divisioni
interne portarono nel ‘49 allo scioglimento dell’Assemblea costituente e al tramonto delle speranze di un’unità nazionale
costruita democraticamente dal basso.
Le insurrezioni del ‘48 in Italia iniziarono in gennaio dal Regno delle Due Sicilie; insorse la popolazione di Palermo, poi
quella di Napoli, e dal febbraio la ribellione si diffuse in tutta Italia spingendo prima Carlo Alberto di Savoia (Statuto
Albertino, resterà fino alla fine della 2^ guerra mondiale), poi Leopoldo II di Toscana e infine papa Pio IX a promulgare
una carta costituzionale che mirava, in realtà, a salvaguardare il potere monarchico accogliendo solo in parte i principi
liberali (concesse “per grazia” e non conquistate dalla sovranità popolare). L’insurrezione si allargò al Lombardo-Veneto (le
“Cinque giornate” di Milano) e a Venezia dove venne proclamata la Repubblica di San Marco, costringendo gli uomini del
maresciallo Radetsky a ritirarsi nelle fortezze del “quadrilatero” (Mantova, Peschiera, Legnago e Verona). Iniziava così
quell’insurrezione popolare a lungo auspicata dai democratici, portando alla formazione di governi provvisori. Il timore di
un’egemonia democratica spinse tuttavia i moderati veneti e lombardi ad auspicare un intervento del Piemonte, come
garanzia della casa sabauda contro il rischio di una rivoluzione sociale.
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Il 1848 segna una profonda svolta nella storia degli stati europei,in quanto il differente esito dell’ondata rivoluzionaria
accelera il processo di diversificazione di quest’area rendendo possibile individuare due aree che procedono a differente
velocità. Francia ,Italia settentrionale ,Prussia(e dopo l’unificazione la Germania)e i paesi che si affacciano sul mar Baltico
si avviano ormai definitivamente verso il modello di economia capitalista accorciando se pur in tempi e modi diversi la
distanza che li separa dall’Inghilterra. Il resto d’Europa permane in una situazione di arretratezza e aumenta il suo divario
economico con le altre nazioni. Le cause di questa spaccatura sono reperibili attraverso l’analisi di alcuni aspetti
fondamentali:a.l’evoluzione delle strutture politico giuridiche, come dalla presente analisi e b.il correlato sviluppo di nuove
forze socio economiche (vedi il contrasto con l’Italia della prima metà dell’ ‘800 (vedi appunti sulle problematiche
dell’Italia. Chi non ha preso appunti : pag258-259)
La prima guerra di indipendenza (i moti del 48-49): nel marzo del ‘48 il governo di Torino dichiarò guerra all’Austria; in
tal modo inizia una fase diversa, conseguenza delle difficoltà mostrate dalla conduzione dei moti precedenti, che vede cioè
la guerra fra monarchie sostituirsi alle insurrezioni. Rinforzi all’esercito sabaudo giunsero dagli altri stati costituzionali
(Toscana, Stato Pontificio, Regno delle due Sicilie) - che però ritireranno le truppe un mese dopo (soprattutto a causa della
difficoltà di scontarsi apertamente con un paese cattolico come l‘Austria cattolica) e rimarranno solo alcuni contingenti
ribelli alla decisione di ritiro dei loro sovrani – e dall’America rientrava Giuseppe Garibaldi per organizzare contingenti di
volontari. L’esercito sabaudo vinse a Goito ma venne sconfitto in giugno a Custoza, si firmò un armistizio, mentre gli
austriaci rientrarono a Milano. La guerra riprese nel marzo ‘49 ma l’esercito sabaudo venne di nuovo sconfitto, presso
Novara. In maggio gli austriaci occuparono il Gran Ducato di Toscana ed entrarono nello Stato Pontificio. Mentre le forze
borboniche riprendevano il controllo sulla Sicilia, a Roma i repubblicani con Giuseppe Mazzini si preparavano alla
battaglia: furono le truppe francesi a intervenire per difendere il potere temporale della Chiesa; in tal modo Luigi Napoleone
III si assicurò il consenso in patria dei cattolici conservatori; fu poi aiutato da contingenti austriaci e del Regno delle due
Sicilie. La Repubblica romana capitolò il 4 luglio dopo una estrema difesa condotta da Garibaldi e Pisacane. Il mese
successivo capitolò Venezia.
Verso l’unità d’Italia
Il decennio 1850-60 si aprì all’insegna della più dura reazione dopo il biennio rivoluzionario del ‘48-’49. L’unico stato che
ancora si reggeva su un ordinamento costituzionale era il Regno di Sardegna, dove governò l’abile statista Camillo Cavour.
I moderati confidavano sempre più nell’iniziativa sabauda per risolvere la questione nazionale mentre i democratici con
Mazzini puntavano sempre sull’insurrezione e miravano a un’ Italia repubblicana. Diverse e fallimentari insurrezioni
scoppiarono fra il ‘51 e il ‘52 generando una crisi nell’organizzazione democratica.Le decine di arresti e le condanne a
morte eseguite nella fortezza mantovana di Belfiore non convinsero Mazzini a recedere dal programma ma misero in luce
le fragilità strutturali del movimento democratico, incapace di stabilire un solido legame con le masse popolari e sempre più
distanti dagli interessi dei ceti borghesi. Mazzini rispose fondando il Partito d’azione ma questo non impedì, anche a causa
dei precedenti fallimenti, una frattura interna che portò molti democratici a simpatizzare per l’ipotesi di un’Italia unita sotto
la guida del Piemonte. Non mancarono posizioni radicali che si avvicinarono alle idee socialiste, come nel caso di Carlo
Pisacane, per il quale la questione nazionale doveva coincidere con una rivoluzione sociale, e riteneva che fra la
dominazione austriaca e quella di casa Savoia non ci fosse differenza (in un tentativo insurrezionale fallito, la spedizione di
Sapri, si uccise per sfuggire alla cattura da parte delle forze borboniche). A causa dei fallimenti molti democratici aderirono
alla Società nazionale (fra cui Garibaldi), organizzazione che metteva in primo piano la questione dell’indipendenza italiana
rinviando quella relativa alla forma di governo che avrebbe dovuto avere (monarchia o repubblica).
L’unico stato che comunque si reggeva su ordinamento costituzionale era il Regno do Sardegna che, nonostante le pesanti
sconfitte militari contro l’Austria, non aveva subito amputazioni territoriali. Il trattato con l’Austria era stato però oggetto
dell’ostilità della Camera e appellandosi all’elettorato e minacciando di revocare l Statuto albertino, il nuovo re Vittorio
Emanuele II aveva indetto nuove elezioni, concluse con la vittoria dei moderati. Il conflitto tra monarchia e parlamento era
stato evitato e in tutto il regno ebbe inizio un importante periodo di riforme (--leggi Siccardi);il Piemonte divenne meta di
molti esuli sfuggiti alle repressioni e venne sempre più spesso additato come l’unica forza in grado di risolvere la questione
nazionale. In tale contesto si inserisce l’opera di Cavour
Esponente dell’aristocrazia piemontese, Cavour era tuttavia molto attento alla forza dinamica delle classi borghesi e credeva
fortemente nel positivo effetto che la modernizzazione economica avrebbe portato anche in campo sociale e politico. Fu
chiamato nel governo del regno sabaudo come ministro per l’agricoltura e diede subito dimostrazione delle sua abili doti di
politico. Suo proponimento era il raggiungimento della maggioranza parlamentare per l’efficacia dei programmi e in tutti i
modi promosse sempre l’accordo tra l’ala progressista che rappresentava e i democratici moderati (connubio), relegando ai
margini della vita politica le ale estreme dei conservatori e dei radicali.
Obiettivi:
-rafforzare le istituzioni costituzionali-liberismo economico e promozione del commercio fra Piemonte e altri stati europei.
-creazione di infrastrutture e di una rete efficace di trasporti.-creare relazioni di diplomatiche che potessero promuovere il
Piemonte come importante interlocutore politico a livello internazionale
-gradualismo nelle riforme sociali-laicizzazione dello Stato
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La seconda guerra d’indipendenza
Il governo piemontese si mosse, attraverso l’opera sapiente di Cavour , in direzione di un appoggio internazionale alla
causa italiana: dopo che la partecipazione alla guerra di Crimea aveva posto all’attenzione internazionale la “questione
italiana”, nel 1858 stipulò un trattato d’alleanza franco-piemontese (gli ACCORDI DI PLOMBIERES) secondo il quale
l’Italia sarebbe stata divisa in tre regni: settentrionale con a capo i Savoia, centrale (esclusa Roma) dello Stato della Chiesa,
meridionale coincidente con il Regno delle due Sicilie, d‘influenza francese. In cambio dell’appoggio militare in caso di
aggressione da parte dell’Austria , la Francia avrebbe anche ottenuto i territori piemontesi di Nizza e della Savoia. Per
spingere Vienna ad aprire le ostilità Cavour ordinò una serie di manovre militari ai confini con il Lombardo Veneto e rifornì
di armamenti e vettovaglie i Cacciatori delle alpi, un corpo di volontari guidati da Garibaldi. L’Austria inviò un ultimatum e
la seconda guerra d’indipendenza ebbe il suo inizio.Nel 1859 l’esercito franco-piemontese sconfisse ripetutamente gli
austriaci sul suolo italiano (battaglie rimaste nell’immaginario collettivo: Magenta, Solforino, San Martino) ma
all’improvviso Napoleone III, a causa del malcontento del popolo francese, sia per i costi di guerra sia per il timore di
un’aggressione da parte della Prussia preoccupata dell’indebolimento dell’Austria, decise di porre fine alla guerra firmando
una pace separata con l’Austria. (armistizio di Villafranca)L’Austria cedette la Lombardia al Piemonte ma solo attraverso la
mediazione della Francia. Questa situazione sempre più delicata, fece rompere gli indugi ai governi provvisori dell’Italia
centrale che reclamarono l’annessione al Piemonte: nel marzo 1860 i plebisciti sancirono le annessioni. La seconda guerra
di indipendenza aveva così soddisfatto parte delle aspirazioni dei moderati che chiedevano un ampliamento territoriale del
Regno di Sardegna; restavano però da annettere i territori del Regno delle due Sicilie e della Chiesa. L’iniziativa passò
quindi di nuovo ai democratici mazziniani:nel maggio 1860 Garibaldi e un migliaio di volontari (i Mille), in nome di
Vittorio Emanuele II, salparono dal porto ligure di Quarto e raggiunsero Marsala , sconfissero le forze borboniche (presso
Calatafimi), anche grazie all’appoggio popolare che ebbero nella città di Palermo; la Sicilia venne annessa al Piemonte ma
gli isolani rimasero alquanto delusi nel constatare che i liberatori non erano affatto intenzionati a mutare l’ordine economico
basato su un regime semifeudale di grandi latifondisti. La delusione sfociò anche in rivolta e in repressione sanguinosa da
parte di coloro che avevano salutato come liberatori(da parte, ad esempio di Nino Bixio, uno dei più prestigiosi capi
garibaldini). Le notizie provenienti da sud infiammarono gli animi dei democratici mentre da Torino Cavour ,inizialmente
contrario alla spedizione, si convinse che il sostegno di Garibaldi sarebbe stato decisivo. In agosto, i garibaldini sbarcarono
in Calabria e in settembre entrarono a Napoli acclamati da una folla imponente. A questo punto Cavour decise di intervenire
direttamente per riconsegnare nelle mani dei moderati l’iniziativa.Da nord, l’esercito regio sabaudo sconfisse l’esercito
pontificio in Umbria e Marche e furono indetti plebisciti che sancirono l’annessione del centro e del sud Italia al Piemonte.
Garibaldi si era impegnato nella spedizione dei Mille con la formula “Italia e Vittorio Emanuele” e nello storico incontro di
Teano (Caserta) consegnò le regioni liberate al sovrano. L’esercito garibaldino fu sciolto e Garibaldi si ritirò sull’isola di
Caprera. Il 17 marzo 1861 si tenne la prima assemblea nazionale su base censitaria (diritto di voto ai maschi che avessero
compiuto 25 anni, che non fossero analfabeti e pagassero almeno 40 lire annue di imposte dirette, circa il 2% della
popolazione e gli elettori effettivi furono circa la metà degli aventi diritto) e Vittorio Emanuele II fu proclamato re d’Italia
“per grazia di Dio e volontà della nazione”.
All’indomani dell’unità d’Italia, il processo di unificazione era ancora incompleto; non erano stati infatti annessi: Veneto,
Trentino e Venezia Giulia, ancora austriaci, e lo Stato della Chiesa. La “questione romana” era dovuta all’intransigenza di
papa Pio IX (che poteva contare su un contingente francese) verso qualunque forma di dialogo col nuovo Regno. e che si
sarebbe risolta solo nel 1870. La soluzione a questi due problemi divenne un obiettivo prioritario tanto per i moderati (che
cercavano la strada della diplomazia)quanto per i democratici (Garibaldi in un tentativo di risolvere la questione romana
sbarcò con un corpo di volontari in Calabria intenzionato a raggiungere Roma ma fu fermato in Aspromonte dall’esercito
regio). La soluzione alla questione romana si ebbe solo in seguito alla guerra franco-prussiana che nel 1870 fece cadere
l’Impero francese: questa volta le stesse forze regie invasero lo Stato della chiesa ed entrarono a Roma (breccia di Porta Pia)
il 20 Settembre 1870. Per quanto riguarda il Veneto, venne annesso a seguito della partecipazione italiana (terza guerra di
Indipendenza) alla guerra che la Prussia dichiarò all’Austria nel 1866 . L’ Italia, alleatasi con la Prussica, nonostante le
dure sconfitte subite a Custoza, costrinsero gli austriaci a combattere su due fronti e permisero alla Prussica di vincere
ottenendo così il Veneto.. i processi di costruzione delle due nuove identità nazionali, Italia e Germania, si intrecciarono per
la prima volta. La questione del Trentino e Venezia Giulia rimarrà aperta e sarà una questione politica di rilievo nel
Novecento.
Il processo risorgimentale italiano è il risultato quindi della convergenza di tre fenomeni distinti:
a.un graduale decollo economico che caratterizza alcune aree della penisola italiana (centro nord)
e vede protagonista una attiva borghesia imprenditoriale e commerciale (vedi Cavour).
b. la presenza di una dinastia in grado di gestire politicamente la situazione (Savoia)
c.la diffusione di un nuovo fermento culturale che coinvolge un’area sociale relativamente ampia e che consente il
diffondersi degli ideali di libertà,responsabilità civile senso di appartenenza culturale .Questi ideali che costituiscono il
patrimonio comune dei protagonisti del Risorgimento,si incarnano però in strategie di azione molto diversificate e il progetti
politici talvolta divergenti.
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