150 anni dall’unità d’Italia Cari ragazzi, la festa del 17 marzo ci impone un salto nel tempo. Nel nostro percorso di conoscenza della storia siamo arrivati alla morte di Cesare e per essere esatti ci siamo fermati al 15 marzo del 44 a. C. (idi di marzo). Proseguiremo il nostro studio fino ad arrivare al 476 d. C. l’anno in cui cade l’Impero Romano d’Occidente; anno stabilito dagli storici per indicare la fine dell’età antica e l’inizio del Medioevo. Ma ora, ci sposteremo nel tempo di circa 1400 anni e arriveremo al 1815 senza sapere quasi nulla di quello che è accaduto nel mondo; come potete ben immaginare, in tutto questo tempo sono cambiate tante e tante cose… …arriviamo nel XIX secolo a Napoleone, “imperatore dei Francesi”: divenne il sovrano più potente d’Europa, e la sua grande avversaria, l’Inghilterra, organizzò contro di lui varie coalizioni di Stati scatenando così continue guerre. Napoleone alla fine fu sconfitto e mandato prigioniero nell’isola di Sant’Elena, un’isoletta dell’Oceano Atlantico dove morì dopo sei anni. In Francia ritornò la monarchia e divenne re Luigi XVIII. Gli stati che avevano sconfitto Napoleone decisero di ristabilire in Europa l’ordine che esisteva prima delle sue imprese di conquista. I rappresentanti dei paesi che lo avevano battuto si riunirono in un Congresso a Vienna e si accordarono per ridare il trono ai re che erano stati cacciati; abolirono tutte le leggi e le riforme attuate da Napoleone. Questa operazione fu chiamata “Restaurazione”. I regnanti di Austria, Russia, Prussia e Francia, non volendo più correre il rischio di trovarsi di fronte ad altre rivoluzioni, strinsero tra loro un patto, che fu chiamato “Santa Alleanza” con cui si impegnavano ad aiutarsi reciprocamente con interventi armati. Il nostro Paese nel 1815 era diviso in otto parti: il Regno di Sardegna, sotto la dinastia dei Savoia; il Regno Lombardo-Veneto, provincia dell’Austria che da questa posizione di forza esercitava il suo alto patronato su tutta la penisola; il ducato di Modena e Reggio sotto la sovranità di Francesco IV, principe per metà Estense, cioè italiano, e per metà Lorena, cioè austriaco; il ducato di Parma e Piacenza, attribuito a Maria Luigia, figlia dell’imperatore d’Austria e vedova di Napoleone; il Granducato di Toscana, sotto Leopoldo II di Lorena, a sua volta nipote dell’imperatore d’Austria; il Ducato di Lucca, amministrato dai Borbone; lo Stato della Chiesa; il Regno delle Due Sicilie sotto la dinastia dei Borbone legati all’Austria. L’Austria era a capo di un grande impero chiamato Impero austro-ungarico. Le società segrete In tutta Europa dal 1820 scoppiarono rivolte contro la Santa Alleanza da parte di uomini che si riunivano in “Società segrete”. La più famosa tra le società segrete fu la “Carboneria”; essa ebbe una grande diffusione nel nostro paese a partire dall’Italia meridionale. I Carbonari organizzarono insurrezioni che vennero puntualmente soffocate dagli Austriaci poiché il loro programma era, non solo segreto, ma lontano dai bisogni e dall’interesse del popolo. I Carbonari avevano addirittura ideato un alfabeto speciale che solo gli iscritti conoscevano; questo permetteva loro di comunicare attraverso dei messaggi che nessun altro avrebbe potuto capire. Giuseppe Mazzini, all’età di ventidue anni, era già un carbonaro, ma cominciò a vedere i limiti di questa società segreta e quindi creò una nuova associazione, la “Giovine Italia”, con la quale si proponeva di diffondere tra il popolo le idee di libertà, di giustizia e di indipendenza. La Giovine Italia era un’associazione politica insurrezionale fondata a Marsiglia nel 1831 il cui programma veniva pubblicato su un periodico al quale fu dato lo stesso nome. L’obiettivo di questa organizzazione era quello di trasformare l’Italia in una repubblica democratica unitaria. La battaglia per l’indipendenza dell’Italia prese il nome di “Risorgimento” Le guerre del Risorgimento Con questo nome si designano le guerre dette d’Indipendenza, combattute contro l’Austria, le prime due dal Regno di Sardegna (1848-49 con la collaborazione di altri stati italiani; 1859 con l’alleanza francese), e la terza dal Regno d’Italia (1866 con l’alleanza prussiana). Guerre del Risorgimento si considerano anche tutte le campagne del 1860, cioè la spedizione garibaldina in Sicilia e nel Mezzogiorno, la spedizione piemontese per l’annessione dell’Italia centrale, alla quale seguì la proclamazione del Regno d’Italia (1861). Rimasero fuori dall’Italia unificata il Lazio e Roma, che ne entrarono a far parte nel 1870, e il Trentino, Trieste e l’Istria, con la prima guerra mondiale. La prima guerra d’Indipendenza (1848-49) Il 23 marzo 1848, re Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria. L’esercito piemontese era fortemente difettoso da un punto di vista logistico, ma aveva un totale di 80.000 uomini con 100 pezzi di artiglieria. A queste forze si aggiungevano i reparti volontari degli altri stati italiani: 6000 Toscani, 14.000 Romani, 14.000 Napoletani e nuclei parmensi, modenesi, lombardi, veneti. L’esercito austriaco, sotto il maresciallo Radetzky, si componeva di due corpi d’armata per un totale di 70.000 uomini. A piccole colonne slegate tra loro cominciò l’invasione della Lombardia da parte dell’esercito piemontese. Radetzky aveva scelto la difensiva e aspettava rinforzi nelle fortezze del Quadrilatero (Legnago, Verona, Peschiera, Mantova). I Piemontesi assediarono Peschiera; ne attendevano la caduta per poi riprendere l’offensiva contro Verona. Gli Austriaci furono battuti a Curtatone, a Montanara, a Goito; poi ricevettero rinforzi e passarono al contrattacco. L’esercito piemontese fu battuto prima a Custoza e poi a Novara. Carlo Alberto, sconfitto, abbandonò l’Italia lasciando il trono al figlio Vittorio Emanuele II. Al termine della I guerra d’Indipendenza il Regno di Sardegna restò immutato. Cominciarono così dieci anni di paziente preparazione ad un nuovo attacco contro l’Austria guidato dal primo ministro del regno, il conte Camillo Benso di Cavour. Camillo Benso di Cavour Camillo Benso di Cavour nacque nel 1810 a Torino da una nobile famiglia piemontese; suo padre Michele aveva collaborato anche con Napoleone. A Ginevra aveva conosciuto e sposato Adele de Sellon e dal loro matrimonio erano nati due figli: Gustavo e Camillo. Tutte le speranze della famiglia erano investite in Gustavo, un po’ perché era il primogenito, un po’ perché passava per un genio. Camillo invece era ribelle a tutto, compreso l’alfabeto. E fu per questo che a dieci anni fu mandato all’Accademia Militare, che allora veniva considerata il rifugio dei somari, ma Camillo non sopportava il regolamento e la disciplina. Iniziò a studiare recuperando le lacune della sua preparazione, ma il suo carattere non migliorò; era sempre testardo, orgoglioso, insolente e non era simpatico né ai professori né ai suoi compagni. Terminò l’Accademia a sedici anni ottenendo ottimi risultati a parte in italiano. Lo parlava e lo scriveva male perché la lingua di casa Cavour era il francese. Viaggiò molto, si guadagnò la fama di imprenditore spericolato, ma efficiente e moderno, e questo gli valse l’ingresso nella commissione governativa piemontese per la statistica e in quella delle ferrovie. Cavour fondò “Il Risorgimento”, un giornale il cui programma era già implicito nella testata. Attraverso di esso si fece conoscere dal grande pubblico e quando il re nel ’48 decise di concedere la Costituzione e di convocare un Parlamento, Cavour diventò ministro. Seconda guerra d’Indipendenza Mentre Cavour preparava il Piemonte alla guerra sul piano politico interno e internazionale, il generale La Marmora, ministro della guerra del Regno piemontese, cercava di migliorare l’esercito modificando il sistema di arruolamento e curando il reclutamento degli ufficiali. I volontari provenivano da ogni parte d’Italia; alcuni erano incorporati nell’esercito e altri costituivano corpi speciali autonomi come, ad esempio, i Cacciatori delle Alpi, comandati da Giuseppe Garibaldi. Il Piemonte nel frattempo si era trasformato in uno degli stati più moderni d’Europa, ma occorrevano anche alleanze militari di qualche grande potenza europea per fronteggiare l’Austria. Cavour aveva capito che lo stato disposto ad aiutare il Piemonte era la Francia. L’ascesa al potere in Francia di Napoleone III, unita all’accorta politica internazionale di Cavour, portò all’alleanza antiaustriaca tra Francesi e Piemontesi, siglata il 18 gennaio 1859. E’ il momento del famoso discorso del “ Grido di dolore” di Vittorio Emanuele II in segno di solidarietà con gli italiani oppressi, una specie di parola d’ordine per le nuove insurrezioni. I Piemontesi schierarono il loro esercito ai confini del Lombardo – Veneto, le truppe piemontesi ammontavano a 60.000 combattenti. Il 26 aprile, rifiutato dal Piemonte l’ultimatum degli Austriaci a disarmare l’esercito, iniziò la guerra e il potente esercito francese (circa120.000 uomini) scese in Italia, parte per mare con sbarco a Genova e parte per le Alpi. I Francesi non erano favorevoli all’unità d’Italia, ma non dispiaceva loro che il Piemonte s’ingrandisse a spese dell’impero austriaco, ch’essi temevano. Lo stato maggiore austriaco disponeva di un esercito minore, ma conosceva bene il territorio sul quale doveva combattere. Le due principali battaglie si svolsero a Magenta e sulle alture di Solferino e San Martino; gli Austriaci furono battuti, ma anche i vincitori subirono enormi perdite: circa 80.000 morti. Intanto erano scoppiate insurrezioni in tutta l’Italia centrale; e l’imperatore francese Napoleone III, temendo che la situazione gli sfuggisse di mano, decise di interrompere la guerra e concluse con l’Austria l’armistizio di Villafranca. Al termine della II guerra d’indipendenza il Regno di Sardegna acquistò la Lombardia. L’impresa dei Mille Dopo la conquista della Lombardia e le annessioni al Regno di Sardegna dell’Emilia Romagna e della Toscana, restava ancora molto da fare per l’unità di tutto il paese. Intanto la Francia, in cambio dell’aiuto offerto, ricevette Nizza e la Savoia. Il 5 maggio del 1860 mentre Giuseppe Garibaldi, con mille uomini e due navi, partiva da Quarto (Genova) verso la Sicilia per conquistarla, Cavour spingeva in Romagna gli ultimi preparativi per l’invasione dello Stato Pontificio. I Piemontesi non potevano intervenire perché le grandi potenze non avrebbero permesso che il Piemonte scendesse in guerra per ingrandirsi ancora di più. Il Piemonte poteva però aiutare Garibaldi segretamente. Ecco come Garibaldi riuscì a radunare mille uomini, ad ottenere due navi e a procurarsi le armi senza che nessuno se ne accorgesse. Egli era stato chiaramente aiutato, ma di nascosto. I Mille di Garibaldi sbarcarono a Marsala sotto il fuoco delle artiglierie borboniche, ma riuscirono ugualmente a prendere la città. A Calatafimi affrontarono e sconfissero un numero doppio di soldati nemici. Seguirono altri scontri vittoriosi, mentre al piccolo esercito si univano molti siciliani. Venti giorni dopo lo sbarco Garibaldi liberava Palermo; poi la vittoria a Milazzo costringeva i Borboni ad abbandonare l’isola. Garibaldi attraversò lo stretto di Messina e dopo nuove battaglie e scontri riuscì ad arrivare a Napoli. Ai primi di ottobre sulle rive del Volturno fu combattuta l’ultima battaglia, Garibaldi vinse e il regno delle Due Sicilie fu annesso al Piemonte. L’unità d’Italia I Piemontesi, prima che gli altri Paesi avessero il tempo di reagire, entrarono in Umbria e nelle Marche, sconfiggendo le truppe del pontefice, e si ricongiunsero ai garibaldini. Garibaldi si incontrò con il re a Teano e gli consegnò le terre conquistate. Il 17 marzo 1861, a Torino, il Parlamento, con i rappresentanti di tutte le regioni, proclamò il Regno d’Italia. L’unità nazionale, però, non era ancora completata. Capitali d’Italia Torino 1861 Firenze 1864 Roma 1871 Storia della bandiera d’italia Le fasce ricordano la bandiera francese, il tricolore nasce a Reggio Emilia, Il bianco e il rosso era l’antico stemma comunale di Milano, mentre il verde deriverebbe dalle uniformi della guardia milanese. Nel D.Lgs del 19 giugno 1946 si stabilì la nuova bandiera inserita successivamente nell’art. 12 della Costituzione: “ la bandiera della Repubblica è il tricolore italiano, verde, bianco, rosso, a tre bande verticali di uguali dimensione.