Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” La Gestione Operativa Dell’Impresa Commerciale IV. EGIC – A.A. 2016 - 17 1 Il retailing-mix è l’insieme delle leve operative dell’impresa commerciale. DAL MARKETING-MIX AL RETAILING-MIX Marketing-mix PRODOTTO PREZZO COMUNICAZIONE DISTRIBUZIONE Retailing-mix ASSORTIMENTO PREZZO COMUNICAZIONE SERVIZIO 2 La gestione delle attività operative di marketing nell’impresa commerciale La gestione dell’assortimento Le marche commerciali Il merchandising L’atmosfera I prezzi di vendita Le attività promozionali 3 La gestione dell’assortimento La progettazione dell’assortimento deve seguire un approccio sistemico e non atomistico Analisi della ‘struttura’ assortimentale Analisi del ‘sistema’ assortimentale Vengono individuate caratteristiche delle singole componenti (linee, marche, referenze) e delle relazioni tra di esse, in particolare quelle di complementarità e di sostituibilità Viene valutata la coerenza dell’offerta proposta con gli obiettivi perseguiti, in termini di store image e di effetti percettivi della domanda 4 Gestione dell’Assortimento Grocery Gestione più semplice orientata all’ottenimento delle migliori condizioni di approvvigionamento possibili invece che alla selezione dei riferimenti a monte o dei prodotti da trattare. Non Grocery Il vantaggio competitivo origina nelle attività di ricerca e selezione dei fornitori. Il servizio informativo offerto mediante la ricchezza e/o esclusività dell’assortimento si costruisce individuando chi può rendere disponibile il bene da commercializzare; il know-how rappresenta una fonte di differenziazione. Obiettivi Per ridurre al minimo il rischio di out of stock ci si aiuta con Centri di Distribuzione (Ce.Di.) per migliorare la qualità dei flussi logistici sia di materiali che di informazioni. Obiettivi Ridurre al minimo la necessità di capitale circolante e di capitale fisso. 5 Per linea di prodotti s’intende generalmente un gruppo di prodotti aventi determinate caratteristiche comuni. L’assortimento è il complesso di tutti i prodotti che l’azienda pone sul mercato, la cui ampiezza è di regola definita dal numero delle linee che la compongono e la profondità è invece in funzione del numero medio di prodotti che compongono le linee. 6 LA COSTRUZIONE DELL’ASSORTIMENTO Gli aspetti fondamentali relativi all’assortimento sono pertanto i seguenti: le principali dimensioni per la classificazione dell’assortimento (ampiezza e profondità); la struttura del processo decisionale per la sua definizione. L’ampiezza è espressione del numero delle macro categorie o categorie presenti nel p.v. La profondità è espressione della varietà dell’assortimento con riferimento a ciascuna categoria merceologica. Una categoria è un gruppo ben definito di prodotti/servizi che il consumatore percepisce come tra loro correlati e sostituibili nella soddisfazione di una sua esigenza. 7 ASSORTIMENTO / COMBINAZIONE DI PRODOTTI L’ampiezza dell’assortimento è il numero delle differenti linee di prodotto La profondità è il numero di varianti di ogni prodotto della linea La coerenza è valutata in base alla correlazione esistente tra le diverse linee di prodotto LINEA DI PRODOTTI Una linea di prodotto è un gruppo di prodotti strettamente collegati, poiché svolgono funzioni simili, sono venduti allo stesso gruppo di Clienti, attraverso gli stessi sbocchi commerciali, oppure ricadono tutti nella stessa classe di prezzo. 8 L’assortimento rappresenta l’insieme dei prodotti offerti dall’impresa commerciale sul mercato nonché l’elemento fondamentale del retailing mix. In una prospettiva relazionale l’assortimento oltre a rendere disponibile i prodotti in termini giuridici e fisici, mira a realizzare un matching tra i bisogni del cliente e l’architettura dell’offerta. È necessario tener presente la centralità del cliente nella definizione e gestione dell’assortimento in qualità di coautore e non di mero destinatario di modelli di offerta precostituiti. 9 È utile ricordare la classificazione dei beni di consumo in base alle abitudini di acquisto dei consumatori…. BENI DI CONVENIENZA (convenience goods): sono beni che il consumatore acquista con frequenza e riducendo al minimo lo sforzo d’acquisto e di comparazione, come nel caso delle sigarette, dei detersivi e dei giornali. Possono essere ad acquisto corrente, ad acquisto di impulso o di emergenza BENI AD ACQUISTO SALTUARIO E PONDERATO (shopping goods): si tratta di beni che il consumatore, durante il processo di selezione e di acquisto, confronta abitualmente con altri per quanto concerne la qualità, la rispondenza al bisogno, il prezzo o lo stile. Ne sono un esempio i mobili, i capi di abbigliamento e gli elettrodomestici comuni BENI SPECIALI (speciality goods): si tratta di quei beni che possiedono caratteristiche uniche o una precisa identificazione di marca e per i quali un consistente gruppo di acquirenti è disposto normalmente a fare un particolare sforzo d’acquisto. Ad esempio alcuni tipi di beni voluttuari, di automobili, di apparecchi fotografici,… 10 …tale classificazione fornisce importanti input per la definizione delle strategie di marketing TIPOLOGIA DI PRODOTTO EFFETTI SU Convenience Shopping Specialty (es. dentifrici, pasta, acqua minerale) (es. cravatte, profumi, scarpe) (es. hi-fi, mobili, automobili) RUOLO DELLA MARCA Rilevante Scarso Fondamentale RUOLO DEL NEGOZIO Localizzazione Assortimento, servizio Servizi, esclusività TASSO DI ROTAZIONE DEL PRODOTTO Alto Medio Basso MARGINE LORDO Basso Medio/alto Alto RUOLO DEL DISPLAY Importante Di media importanza Quasi nullo FEDELTÀ Alla marca Al negozio Alla marca e al negozio IMPORTANZA DEL PACKAGING Alta Media Bassa 119 STRUTTURA DEL PROCESSO DECISIONALE PER LA DEFINIZIONE DELL’ASSORTIMENTO 1. Scelta delle classi merceologiche (settori-reparti), delle famiglie o delle macrocategorie o categorie da commercializzare (ampiezza dell’assortimento); 2. Scelta delle tipologie dell’assortimento); di prodotti per categoria (profondità 3. Scelta delle marche e delle referenze per ciascuna tipologia di prodotto; 4. Allocazione dello spazio espositivo per ciascuna referenza dipendente dalla: • quantità di spazio espositivo disponibile nel p.v.; • redditività lorda (margine lordo/vendite) e rotazione (vendite/scorte medie) sui singoli prodotti per unità di spazio occupato (GM ROI); • frequenza di rifornimento delle strutture espositive. 12 La progettazione dell’assortimento COMPOSIZIONE PRESENTAZIONE Selezione delle categorie (sistema di offerta) Aggregazione delle categorie (reparti) Selezione a livello di singola categoria (famiglie, linee, classi di prodotto) Singole categorie (famiglie, linee, classi di prodotto) Selezione a livello di singolo prodotto (marche, referenze) Singoli prodotti (marche e referenze) Considerazioni di natura strategica attinenti i rapporti con: Considerazioni di natura tattica attinenti l’accessibilità (cognitiva) dell’offerta per la clientela in seguito alle scelte di merchandising (lay-out dei reparti e delle attrezzature, display, materiale informativo) - la clientela - i fornitori - i concorrenti 13 INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DELLA REDDITIVITÀ COMMERCIALE DEI PRODOTTI Margine netto unitario (margine commerciale – differenze inventariali + “ricavi di marketing” non dirett. realizzati con le vendite (es. premi fine anno, contributi promozionali, sconti assortimento, ecc.); Margine netto complessivo (Margine netto unitario per il volume di vendite realizzato nell’unità di tempo considerata); Margine netto complessivo per unità di spazio; GM-Roi (Gross Margin Roi) per valutare concretamente quanti euro di margine commerciale un’azienda distributiva può ottenere a fronte di 100 euro mediamente investite in stock; Dpp (Direct Product Profitability) / Dpc (Direct Product Cost). 14 Oltre alle questioni riguardanti l’assortimento, l’impresa deve interrogarsi sul mix di servizi da fornire alla propria clientela Decisioni da adottare: 1. Ampiezza e profondità dell’assortimento (vincolate da comportamento della domanda e dell’offerta, caratteristiche del target, quantità e qualità – localizzazione,struttura immobile – di spazio e di impianti e attrezzature commerciali, autonomia imprenditoriale, competenze del management, margini, disponibilità risorse finanz.) 2. Referenziamento quantitativo stoccaggio) (grado di intensità di servizio di 15 Distinte fasi evolutive in cui disaggregare l’analisi della domanda e della concorrenza; ♣ I prodotti hanno vita limitata; ♣ Le vendite dei prodotti attraversano fasi distinte, ciascuna delle quali pone sfide diverse a chi vende; ♣ I profitti dei prodotti aumentano e diminuiscono in funzione delle diverse fasi del CVP; ♣ I prodotti richiedono strategie diverse di marketing, finanziarie, di produzione, di acquisti, di personale, nelle diverse fasi del CVP. ♣ Non tutti i prodotti seguono il classico modello a 5 fasi (es. Moda) 16 Vendite Maturità Sviluppo (crescita) Declino Introduzione Tempo IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO 17 Il ciclo di vita del prodotto: modello introdotto da Theodore Levitt nel 1965, si basa su un concetto molto noto: il susseguirsi delle fasi di introduzione, crescita, maturità e declino, che implica l’adozione di differenti strategie di marketing e posizionamento del prodotto. Il prodotto, nella sua vita, attraversa pertanto quattro fasi che si differenziano per tendenza delle vendite e dei profitti. 18 19 a) normale d) ringiovanimento o rilancio e) beni di moda b) prodotto debole f) lunga fase di saturazione di un prodotto forte c) nuova introduzione fallita 20 È il tempo intercorrente tra la generazione dellʼidea e il lancio del nuovo prodotto. Nei processi di sviluppo di nuovi prodotti la necessità è quella di ridurre sempre più tali tempi. 21 Schema delle variabili che influiscono sulle decisioni di referenziamento Profitti di lungo periodo Considerazioni strategiche Profitti di breve periodo Costi Ricavi Contesto concorrenziale (Domanda e Concorrenza) Rapporti con i fornitori Condizioni di vendita Potenziale di vendita Impatto logistico Valore per il consumatore Supporto promozionale (Fonte: Pellegrini, 1990) 22 Due tematiche: 1 – la dimensione da dare all’ampiezza dell’assortimento e, quindi, l’intensità di un importante servizio logistico da offrire alla clientela, che sempre più spesso manifesta un bisogno prevalente di one stop shopping; 2 – il livello di profondità che deve caratterizzare il merchandise mix, con le relative scelte sulla “quantità” di servizio informativo da includere nella formula distributiva adottata. Nel grocery le scelte riguardanti il numero di categorie, di marche e di varianti di prodotto da inserire in assortimento sono di fatto “obbligate”, una volta che si è deciso con quale formula distributiva operare. 23 24 • Si veda Modulo 4b. 25 Ulteriore componente del Retailing-Mix è il: Consiste in un insieme di tecniche di comunicazione usate per sollecitare nel consumatore un determinato comportamento di acquisto. 26 Esse sono: o DI BREVE PERIODO (livello tattico per influire sul comportamento di acquisto del consumatore che si trova all’interno del punto vendita ) o DI LUNGO PERIODO ( livello strategico per influire sulla scelta del punto vendita e fidelizzare il consumatore all’insegna ) LE LEVE DEL MERCHANDISING STRATEGICO sono: o segmentazione e contestualizzazione per comunicare la varietà dell’assortimento o la visibilità delle categorie Le politiche di merchandising dovrebbero essere la traduzione operativa delle strategie competitive e del posizionamento strategico assunto dall'insegna. In questo senso, il merchandising “completa" il processo di differenziazione dell'insegna e contribuisce alla creazione dell’immagine del punto vendita. Esiste un trade off tra le esigenze dell’offerta ( max esposizione, riduzione dei costi e differenze inventariali, orientamento flusso della clientela ) e quelle della domanda ( qualità del servizio ). Le politiche di merchandising Il merchandising racchiude l’insieme delle variabili di marketing utilizzabili dalle aziende dettaglianti per realizzare la propria offerta commerciale: il negozio le merci i servizi la comunicazione 28 Il negozio Il negozio è il luogo in cui le variabili del merchandising sono combinate e proposte per la soddisfazione dei bisogni dei consumatori Aspetti esteriori del punto di vendita Organizzazione interna degli spazi Rappresentano uno strumento fondamentale nella creazione della store image e nell’identificazione del punto di vendita da parte del pubblico Decisioni assunte dall’impresa in relazione alla: progettazione del layout merceologico progettazione del layout delle attrezzature gestione dello spazio 29 espositivo del display Determinazione delle referenze più adatte alla commercializzazione e del loro posizionamento all’interno del punto vendita in modo da rispondere alle necessità che il consumatore manifesta mediante il proprio comportamento d’acquisto. → È un supporto alla ricerca. → Migliora la leggibilità dell’assortimento. e la fruibilità → Viene sviluppato a partire dalla collocazione negli spazi del punto vendita delle referenze generatrici di traffico. 30 In sintesi, esso è costituito dal complesso di fattori che contribuiscono a definire le caratteristiche fisiche del pv e dal complesso di azioni svolte per caratterizzarlo e renderlo attraente per il consumatore. Le aree di attività del merchandising sono: classificazione/segmentazione assortimento: tale azione avviene coerentemente con le scelte di segmentazione e posizionamento dell’impresa commerciale e della forma distributiva; lay-out delle attrezzature: assetto complessivo del p.v., scelta e disposizione delle attrezzature espositive, organizzazione del flusso di traffico della clientela; lay-out merceologico: modalità ed organizzazione espositiva delle referenze e degli spazi di vendita; display: modalità di attribuzione della superficie espositiva alle singole famiglie di prodotti e di referenze; animazione del p.v. e visual merchandising. 31 I) il marketing DEL punto vendita: azioni svolte per caratterizzare e rendere più attraente il punto vendita al consumatore (detto anche Visual merchandising – vendita visiva). Le leve del merchandising DEL p.v. sono: • layout attrezzature: assetto complessivo del punto vendita e conseguenti modalità di circolazione dei consumatori al suo interno. • layout merceologico: logica di raggruppamento dei prodotti/referenze e conseguente stimolo di associazioni di acquisto. • display: criteri di sistemazione dei prodotti/referenze nelle diverse porzioni dello spazio di vendita ed effetti sulla loro visibilità e confrontabilità. • assegnazione dello spazio: ottimizzazione del rendimento lineare dello scaffale (prodotti disposti in orizzontale o verticale?) e valutazione dell'elasticità delle vendite dei singoli prodotti nello spazio. 32 II) il marketing NEL punto vendita: fattori che definiscono le caratteristiche fisiche del punto vendita. Le leve del merchandising NEL p.v. sono: o informazioni al consumatore o promozione o visibilità 33 Al fine di sollecitare i consumatori all’acquisto, il merchandising si avvale prima di tutto delle attività di promozione nel punto vendita. Poi usa anche altri strumenti, quali: Il layout delle attrezzature Il layout merceologico Il display 34 Consiste nel risolvere i problemi relativi all’attribuzione della superficie ai diversi reparti merceologici, alla disposizione delle attrezzature e alla definizione del percorso della clientela. Si hanno diversi tipi di layout delle attrezzature: 1. a griglia: dove gli scaffali sono posti in modo da guidare il consumatore. Gli scaffali sono posti ai lati e i consumatori camminano in mezzo; 2. a isola: dove si creano delle isole in modo che i consumatori abbiano piena libertà di movimento. 35 Affronta i problemi della dislocazione delle merci nel punto vendita che deve essere tale da consentire il più alto volume di ricavi. 36 Condiziona la classificazione e l’organizzazione espositiva delle merci e degli spazi di vendita e impatta sull’efficacia dello stimolo all’acquisto Obiettivi della progettazione degli spazi espositivi: attirare nel punto vendita il flusso ottimale di clienti; prolungare la permanenza della clientela nel pdv; bilanciare esigenze logistiche, di redditività e di costo; assicurare la soddisfazione del consumatore . 37 Allocazione dello spazio espositivo La produttività dello spazio è definita non solo in funzione del valore "intrinseco" delle diverse aree di vendita, ma anche delle scelte di layout merceologico implementate. ALLOCAZIONE DELLA QUALITA’ e DELLA QUANTITA’ ESPOSITIVA: Nella sua gestione, l’obiettivo del servizio deve prevalere sugli obiettivi economici. La allocazione della quantità di spazio può seguire le seguenti logiche: opportunità di superare la regola di assegnare lo spazio in funzione della semplice incidenza nelle vendite a parità di rotazione media, è opportuno differenziare l’esposizione in funzione del comportamento di acquisto, del tasso di crescita e della marginalità unitaria ridurre l’esposizione delle linee sovrastoccate e liberare spazio per diversificare l’assortimento o creare nuove categorie sul piano espositivo 38 Il display riguarda i criteri espositivi delle diverse linee di prodotti che compongono l’assortimento. Ha un ruolo determinante nella promozione delle vendite stimolando le decisioni di acquisto nel punto di vendita e gli acquisti di impulso. Soluzioni di display: presentazione verticale delle linee; presentazione orizzontale per linea; 39 Il display di categoria dev’essere verticale seguendo criteri attinenti i segmenti di consumo o i segmenti espositivi per rendere visibile la varietà assortimentale. All’interno della categoria si può optare per due diverse soluzioni di display: o display verticale di segmento e orizzontale di marca o display verticale di marca e orizzontale di segmento Le due soluzioni di display incidono sulla visibilità e sulla gestione della qualità e, allo stesso tempo, possono dipendere da: o le preferenze dell’industria; o le preferenze della distribuzione; o il condizionamento della politica assortimentale; o il condizionamento del consumatore che può ricercare la marca (categorie concentrate) o il segmento di consumo. Classificazione espositiva dell’assortimento Deve essere coerente con le scelte di segmentazione e posizionamento, occorre individuare criteri di aggregazione espositiva che siano conformi alle logiche di lettura dell’assortimento da parte del consumatore. 41 Presentazione verticale delle linee Disposizione verticale per linea e orizzontale per prodotti-marca Vantaggi maggiore probabilità che il consumatore visioni l’intero assortimento visibile lungo un percorso orizzontale; lettura dell’offerta assortimentale da parte della clientela facilitata dalla chiarezza e dall’ordine; facilitato l’accostamento di prodotti appartenenti a diverse famiglie che sono sostituibili o complementari e ne è stimolato in tal modo l’acquisto non programmato . 42 Presentazione orizzontale per linea Disposizione orizzontale delle linee I prodotti di ogni famiglia sono collocati sullo stesso livello a scaffale, le marche no Effetti Lo spazio qualitativamente migliore è riservato alle famiglie ad acquisto d’impulso e/o alle marche a maggior margine. I ripiani al livello suolo sono assegnati alle famiglie ad acquisto programmato (discriminazione qualitativa di alcune famiglie) e/o alle marche a minor margine (discriminazione qualitativa di alcune marche). 43 Attività di animazione e promozione o Visual Merchandising Il visual merchandising è “l’applicazione delle tecniche di comunicazione visiva all’esposizione della merce su un punto vendita, al fine di utilizzarla come strumento attivo di informazione, suggestione, persuasione, comunicazione dell’immagine e promozione delle vendite” Le attività in oggetto migliorano il processo di comunicazione all’interno dello spazio espositivo. L’obiettivo è far evolvere il retailer verso il ruolo di experience provider. 44 Visual Merchandising (cont.) Comprende le attività di gestione dello spazio espositivo e di valorizzazione degli assortimenti allo scopo di rendere più facile e immediato al cliente il processo di ricerca in shop che, specie nelle grandi superfici despecializzate, crea fenomeni di disorientamento con effetti negativi sulle performance aziendali. A tal fine è necessario: 1. prevedere un merchandising plan 2. che nella gestione della superficie espositiva “a scaffale” da assegnare alle singole referenze (shelf management), le tecniche utilizzate mirino a massimizzare il margine complessivo per unità di spazio occupato, espresso generalmente in metri lineari. La Classificazione delle categorie di prodotti di Nelson, prevede: • categorie che generano flussi di domanda autonomamente; • categorie che ricavano i propri flussi di domanda dalla vicinanza ad altri prodotti; 45 •categorie che sviluppano affari mediante flussi di traffico di origine diversa. RILEVANZA DELLA QUALITA’ DELLA SUPERFICIE ESPOSITIVA Livello sopra la testa Livello occhi Livello mani Livello suolo 46 IL VALORE DEI RIPIANI 5 3 4 1 3 2 1 2 4 5 47 IL VALORE DEI RIPIANI SCAFFALE 5 4 3 2 1 SCAFFALE 5 + 30% SCAFFALE 5 4 3 2 1 4 3 2 1 SCAFFALE 5 + 20% 4 3 2 1 + 50% SCAFFALE 5 + 60% 4 3 2 1 + 100% 48 Alcune problematiche di marketing distributivo • Brand loyalty e store loyalty … • Marketing esperienziale e atmosfera del punto vendita • Il punto vendita: da P.O.P. (point of purchasing) a P.O.M. (point of meeting) 49 Brand Loyalty È ben disposto nei confronti di tale marca Acquista la marca con maggior frequenza rispetto ad altre appartenenti alla stessa categoria Acquista la marca, in maniera continuativa, per lunghi periodi di tempo Queste tipologie di fedeltà non sempre coesistono tutte, è possibile che: i clienti pur gradendo una particolare marca non ne acquistano i prodotti si acquistano ingenti quantità di prodotti di una marca, senza avere alcuna propensione particolare l’atteggiamento che si instaura nei confronti di una marca può essere l’effetto, anziché la causa dell’acquisto 50 Store Loyalty è stata definita come: Acquisti, in sequenza, fatti presso lo stesso punto vendita Frequenza di acquisto ripetuto Quota di acquisti o di spesa che un negozio realizza all’interno della propria categoria commerciale Durata della fedeltà al punto vendita o preferenza accordata 51 Teorie sulla fedeltà al punto vendita Limitazione delle risorse La fedeltà al punto vendita ha una connotazione negativa ed è conseguenza di una scarsa disponibilità di risorse Stile di vita “no shopping” La fedeltà ha una connotazione negativa ed è conseguenza del poco tempo da dedicare agli acquisti ed alla scarsa attitudine alla sperimentazione: si è fedeli per svogliatezza Fedeltà discrezionale La fedeltà ha una connotazione positiva, i consumatori utilizzano le risorse che hanno a disposizione per accrescere e non per ridurre la propria fedeltà 52 Marketing esperienziale e atmosfera del punto vendita 53 Corrisponde a tutte quelle attività, iniziative e strategie che non si limitano ad offrire al consumatore semplici prodotti al fine di soddisfare le esigenze prettamente funzionali, bensì l’offerta si compone di plus atti a regalare stimoli, sorprendere, emozionare, coinvolgere. 54 Il ‘marketing esperienziale’ è così chiamato in quanto si basa più sull’esperienza del consumo, in questo caso dell’atto di acquisto, che sul prodotto in sé. Secondo Schmitt esistono cinque diversi tipi di esperienza (da lui detti SEMs, o Strategic Experiential Modules): SENSE experiences ovvero esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale; FEEL experiences ovvero sentimenti e le emozioni; THINK experiences ovvero esperienze creative e cognitive; ACT experiences ovvero esperienze che coinvolgono la fisicità; RELATE experiences ovvero esperienze risultanti dal porsi in relazione con un gruppo. esperienze che coinvolgono i 55 Confronto fra: MARKETING TRADIZIONALE focalizzazione sugli attributi funzionali del prodotto (product oriented); MARKETING ESPERIENZIALE si occupa dell’intera esperienza del consumatore (holistic experience); definizione ristretta sia delle categorie di prodotto che degli ambiti competitivi; colloca le azioni del consumatore e l’occasione d’acquisto in un contesto sociale più ampio; il consumatore è considerato un decision-maker razionale; il consumatore è considerato un soggetto tanto razionale quanto emotivo; utilizza metodi e strumenti di tipo analitico (prevalentemente quantitativi). utilizza metodi e strumenti eclettici (quali-quantitativi) 56 Principi teorici MARKETING MARKETING TRADIZIONALE ESPERIENZIALE Agire di consumo Agire di consumo razionale emozionale, oltre che razionale Homo oeconomicus Consumo utilitaristico Bisogni Homo ludens Consumo edonistico Desideri 57 I FORNITORI DI ESPERIENZA Sono componenti tattici di implementazione a disposizione dei manager e utili a creare campagne incentrate sui diversi moduli esperienziali. Includono: La comunicazione L’identità visiva e verbale La presenza del prodotto Il co-branding Gli spazi espositivi I siti web e i media elettronici Le persone 58 Per rendere uno spazio vendita esperienziale dobbiamo sapere come l’essere umano si rapporta con il mondo; la sua interfaccia sono i 5 sensi. Il cliente non torna in un luogo d’acquisto, un punto vendita dove comprare, ma torna in un luogo piacevole, stimolante, un luogo dove comprare idee. Il punto vendita esperienziale parla dei prodotti attraverso quelle che potremmo definire narrazioni espositive. È uno spazio che, se fortemente caratterizzato, ha la possibilità di raccontare e creare specifiche atmosfere che sono specchio di quello che siamo e di quello che vogliamo per il nostro cliente. Ci dovrebbero essere tracce, dell’identità aziendale. segni e simboli 59 La condizione primaria di un punto vendita esperienziale è quella di mettere il cliente in uno status psicofisico di benessere per renderlo più ricettivo alle informazioni di vendita che vogliamo trasmettergli. Tramite il design e le nuove variabili economiche e sociologiche abbiamo la possibilità di mettere a punto gli strumenti per relazionare uomo-ambientespazio vendita, al fine di: • stimolare percettivamente; • rassicurare e ricreare ambientazioni familiari (il prodotto esposto nel suo ambiente è più riconoscibile); • creare un benessere fisico (temperatura, clima, colore, illuminazione); • caratterizzare i diversi universi merceologici (colore, luce, comunicazione, allestimento); • progettare gli spazi di connessione fra i diversi settori merceologici come spazi di decantazione vivi (suoni, musica, servizi); • caratterizzare il punto vendita e ricrearne la memoria; • creare un grado di soddisfazione e di servizi integrati per fidelizzare il consumatore. 60 Gli elementi da considerare nella progettazione di esperienze memorabili sono: • tematizzare l’esperienza; • progettare e armonizzare le impressioni (indizi positivi ed eliminare indizi negativi); • coinvolgere i cinque sensi; • interagire con oggetti di ricordo. 61 Il rapporto tra l’acquirente e l’ambiente di vendita L’efficacia dell’interazione tra acquirente ed ambiente di vendita deriva da due fattori: Ambiente del punto vendita struttura del punto vendita atmosfera affollamento Tempi dell’interazione andamento della domanda nel tempo suddivisione dei consumatori in base all’orario dedicato agli acquisti flessibilità degli orari d’acquisto 62 L’ambiente di vendita deve caratterizzarsi per opportunità, stimoli e ricompense, presentare proposte per l’acquisto e presentarsi come user friendly Sistemi per accrescere le opportunità di acquisto DPP (Direct Product Profitability), ossia la misurazione del profitto in funzione dello Stock Keeping Unit (SKU), può essere utilizzata per individuare i punti critici del negozio e di conseguenza, per ottimizzarne il profitto; Collocazione ‘fine-linea’, il punto iniziale o terminale degli scaffali, forte attrattore di attenzione, utilizzato per gli espositori. 63 L’utilizzo dello spazio, la scelta degli arredi, dei colori, dei profumi e della musica costituiscono l’ambiente del punto vendita La creazione dell’atmosfera intervene sulla conoscenza e sull’umore dell’acquirente influenzandone il comportamento 64 L’atmosfera si crea attraverso: La gestione dello spazio: Elementi tangibili (assortimento, attrezzature, arredamento, …) Elementi intangibili (gusti, colori, illuminazione, musica, rumori, profumi, odori, …) Le relazioni sociali: Clienti / Personale di vendita (presenza, cortesia, professionalità, ...) Clienti / Clienti (numero, personali, affollamento, ...) caratteristiche 65 Il livello di congestione o affollamento non ingenera sempre la stessa reazione, infatti, in contesti differenti, le persone possono considerarlo talvolta piacevole e talaltra fastidioso. L’affollamento può essere anche considerato causa di sovraccarico di stimoli o di stress in grado di influenzare la prestazione del consumatore che potrà essere meno attento ed incline all’acquisto. 66 I servizi non possono essere accumulati e sono prodotti e distribuiti contemporaneamente. I punti vendita subiscono gli effetti dell’irregolarità della domanda ed hanno una possibilità minima di ridurre o limitare la pressione degli orari di punta. La maggior parte dei punti vendita è scarsamente frequentato durante ampia parte della giornata, a differenza di quanto avviene in altre fasce orarie in cui si riduce la qualità del servizio. 67 Coloro che lavorano a tempo pieno Accedono ai punti vendita negli ultimi giorni della settimana e durante l’ultima fase della giornata Tutte le altre persone Accedono ai punti vendita nei primi giorni della settimana e, in particolare, durante la mattina 68 I consumatori evitano i punti vendita negli orari di punta? Le analisi sul comportamento del consumatore evidenziano che, il consumatore sceglie un determinato giorno ed ora in cui effettuare la spesa e le abitudini di acquisto sono per lo più consolidate 69 IL CONCETTO DI PREZZO Il prezzo rappresenta il sacrificio economico che si richiede ai clienti in cambio di una prestazione o di un prodotto. STRATEGIA DEI PREZZI ELEVATI DIFFERENZIAZIONE STRATEGIA DEI PREZZI BASSI LOW COST 70 PREZZO: sacrificio economico che il compratore deve generalmente sostenere per disporre di un prodotto/servizio, talvolta fattore determinante di scelta per l’acquirente, e concretizzazione dei ricavi del produttore Il prezzo è una variabile molto importante perché spesso viene considerato indicatore di qualità dell’offerta aziendale. La sua determinazione dovrebbe fondarsi su valutazioni di mercato ed economiche. FASI DEL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO CARATTERISTICHE DEL PREZZO Introduzione Elevato Sviluppo Calante Maturità Stabilizzato declino Differenziato SITUAZIONE ECONOMICA CARATTERISTICHE DEL PREZZO Sviluppo Calante Inflazione Crescente Recessione/stagnazione Stabile 71 La politica di prezzo La politica di prezzo si concretizza: nella formulazione del «sistema» dei prezzi da applicare ai prodotti compresi nella gamma (problema della determinazione dei prezzi di vendita) nell’amministrazione dei listini praticati alla clientela (discriminazione e controllo dei prezzi) La fissazione del prezzo assume un rilievo diverso a seconda del mercato servito e del grado di concorrenza tra i produttori. 72 La politica di prezzo (cont.) La determinazione del prezzo di vendita avviene, di solito, sulla base delle seguenti premesse generali: a) funzione del prezzo in relazione alla segmentazione del mercato e al posizionamento della marca; b) equilibrio volumi-margini da conseguire; c) ruolo del particolare prodotto (modello) all’interno della gamma di vendita; d) peso della politica del prezzo nel marketing-mix. 73 I tre principali orientamenti che guidano le decisioni manageriali di definizione e gestione del prezzo sono: • Orientamento ai costi • Orientamento alla domanda • Orientamento alla concorrenza Mediante uno studio che tenga conto della complementarietà di questi tre approcci, è possibile giungere a una visione completa ed equilibrata del problema. 74 LE DETERMINANTI DEL PREZZO In altre parole, il prezzo si elabora sulla base di almeno tre fattori, nessuno dei quali può essere fissato senza tener conto degli altri due. 75 Le decisioni di prezzo si devono basare su precisi elementi informativi tratti da: Analisi dei costi – da cui emerge il livello minimo di prezzo praticabile (un prezzo inferiore risulterebbe anti-economico per l’impresa) Analisi della clientela – da cui emerge il livello massimo di prezzo praticabile (un prezzo superiore non verrebbe accettato dal mercato) Analisi della concorrenza e dei suoi comportamenti – per adottare le proprie scelte di posizionamento di prezzo 76 L’area di manovra risulta definita soprattutto da tre elementi: a. costo del prodotto; b. elasticità della domanda; c. pressione della concorrenza. 77 L’elasticità incrociata Serve a valutare l’interrelazione fra i prezzi dei prodotti venduti. Nell’ipotesi di 2 beni (A e B), l’indice di elasticità incrociata (Ea,b) misurato dal rapporto tra la variazione percentuale della domanda del bene A (Va) rispetto a quella del prezzo del bene B (Pb) può significare: E a,b > 1 -> beni intersostituibili. E a,b < 1 -> beni complementari. E a,b = 0 -> beni non correlati. 78 1. 2. 3. 4. 5. 6. Definizione degli obiettivi di prezzo Analisi della clientela - volumi di vendita potenziali, elasticità della domanda, ... Analisi dei costi - categorie di costi fissi e variabili, economie e diseconomie di scala, ... Analisi della concorrenza - struttura del mercato, punti di forza e di debolezza dei concorrenti diretti e indiretti, rapporti di forza, reattività, posizionamento, ... Selezione del metodo più efficace - può essere basato sui costi, ovvero mirare al conseguimento di un soddisfacente livello di profitto, sulla clientela, ovvero sulla quantificazione dei benefici ottenibili utilizzando i p/s, sulla concorrenza, ovvero discriminando rispetto al prezzo di un concorrente o del leader del mercato Scelta definitiva - deve avvenire anche sulla base di considerazioni attinenti il prezzo psicologico, la coerenza tra le scelte di marketingmix e le reazioni del pubblico esterno, ecc. 79 Prezzo di scrematura clienti relativamente insensibili al prezzo forte immagine sul mercato difficoltà di imitazione da parte dei concorrenti sensibilità della domanda al prezzo Prezzo di penetrazione volumi di vendita significati e rapido recupero dei Costi Fissi concorrenza aggressiva SCREMATURA ALTO! PENETRAZIONE BASSO! 80 IL PREZZO ALL’INTERNO DI UNA GAMMA La maggior parte delle imprese propone più di un prodotto sul mercato e raramente questi sono indipendenti gli uni dagli altri. Questo fenomeno coinvolge il processo di decisione di prezzo e deve essere tenuto in considerazione. Le interdipendenze che possono emergere sono: • Complementarietà • Sostituibilità • Prodotti civetta: grazie alla loro convenienza hanno la funzione di attrarre il consumatore verso la linea e indirizzare i suoi acquisti sul prodotto cardine (es. stampante ink-jet tradizionale) • Prezzo di altri prodotti • Immagine dell’impresa In queste situazioni l’impresa deve fissare i prezzi in maniera tale da massimizzare il profitto globale e non quello sui singoli prodotti. Vanno pertanto individuati i prodotti all’interno della gamma il cui margine può essere variato per migliorare la redditività. 81 LA POLITICA DI PREZZO (1) SI DEVE PROCEDERE PER FASI: Si fissano innanzitutto le scelte in merito alla politica generale dei prezzi di vendita; Si decide quindi se incentrare la propria strategia competitiva sulla leadership di costo o sulla differenziazione; Si affronta la complessità operativa delle attività di formazione e gestione del pricing dei prodotti in assortimento, il cui grado di efficacia può condizionare in modo determinante il successo di un’iniziativa e la sua marginalità complessiva. 82 LA POLITICA DI PREZZO (2) Contestualmente alla previsione delle vendite, la direzione aziendale deve procedere con una stima ragionata del margine commerciale complessivo lordo, necessario per assicurare la copertura di tutti i costi di produzione connessi con l’operatività della formula distributiva, ipotizzando un profitto soddisfacente per la proprietà. Successivamente, si procede a cascata alla determinazione dei margini a livello di area di business, di categoria di prodotto, di singola referenza, per poi derivare la formula di conversione che, partendo dal costo di acquisto, consente di calcolare in modo automatico il prezzo di vendita per ognuno dei prodotti trattati. Trattasi del cosiddetto processo di ventilazione di margini, ovvero un approccio del tipo top down. 83 La gestione del prezzo nella distribuzione Determinazione del prezzo attraverso una procedura definita ‘a cascata’ Si parte dalle decisioni di margine da applicare a livello di assortimento complessivo, si procede, a qualificare le categoria-settore-reparto, e successivamente le famiglie e/o linee, per giungere definitivamente alla particolare referenza. I singoli prodotti si differenziano in ragione di una scala di prezzo: ai valori più elevati sono collocate le marche leader in posizione intermedia le marche commerciali in ultimo i prodotti meno pubblicizzati e conosciuti (‘primi prezzi’) 84 Viene stabilito un margine complessivo lordo che permetta la copertura dei costi fissi e la realizzazione di un margine adeguato. Successivamente si procede a cascata alla determinazione dei margini mediante ripartizione prima sulle aree di business (reparti), poi tra le unità di business (categorie) fino ad arrivare alle singole referenze. costi d’acquisto Prezzo = ---------------------------------------1 - %MC Ricavi di vendita totali categoria – costi d’acquisto %MC = -----------------------------------------------------------------Ricavi di vendita totali Approccio adatto a formule distributive non grocery specializzate dotate di assortimenti difficilmente confrontabili. 85 Determinazione e gestione del prezzo Viene influenzato dal price positioning delle imprese industriali, a meno di offerte e promozioni. Può portare alla determinazione di prodotti loss leader; il loss leader è il prodotto civetta e la pratica di marketing in oggetto, consiste nel vendere un prodotto o un servizio in perdita, al fine di attirare i clienti ad acquistare altri prodotti a prezzi normali. Anche se questa pratica è talvolta considerata illegale, in altri casi è vista come una positiva attività promozionale che produce l’effetto finale di aumentare le vendite totali. Nel non grocery spesso si limita alla definizione di un mark-up da applicare al costo di acquisto. Permette di ridurre, tramite promozioni in shop, il consumo di prodotti della concorrenza. Deve tener conto, se non sfruttare, la presenza dei cherry picker ( = il cherry picker ha la caratteristica di essere molto attento e focalizzato a scegliere solo i prodotti che gli garantiscono il miglior rapporto qualità/prezzo o a volte reso disponibile gratuitamente). 86 Break even analysis È il metodo che permette di conoscere come modificare i livelli di output per raggiungere il punto di pareggio tra costi e ricavi. Questo però non è un metodo molto usato in quanto tiene conto dei prezzi costanti, ha validità solo nel breve periodo, non tiene conto della stagionalità, non è facilmente utilizzabile dalle imprese multiprodotto e infine non tiene conto delle scorte. 87 Break even point Il punto di pareggio (break even point o break even, abbreviato in BEP) è un valore che indica la quantità, espressa in volumi di produzione o fatturato, di prodotto venduto necessaria per coprire i costi precedentemente sostenuti, al fine dunque di chiudere il periodo di riferimento senza profitti né perdite. Una fondamentale distinzione riguarda la tipologia di azienda di cui si vuole compiere l'analisi del punto di pareggio: se l'azienda è monoprodotto la formula del punto di pareggio è: indicando con Q Bep la quantità di produzione venduta necessaria al raggiungimento del pareggio, con CFT il totale dei costi fissi sostenuti dall'azienda e con M dcu il margine di contribuzione unitario del prodotto dell'azienda in analisi, pari cioè al prezzo di vendita unitario del prodotto cui sono stati sottratti i costi variabili per unità. Per trovare il fatturato di pareggio di un'azienda monoprodotto è sufficiente moltiplicare QBep per il prezzo del prodotto. Se l'azienda è pluriprodotto, la formula è: dove: F Bep è il fatturato di pareggio, CFT è il totale dei costi fissi aziendali e Mdc% è il margine di contribuzione totale aziendale / fatturato totale aziendale. In questo caso, trovare la quantità di pareggio è privo di significato in quanto il Mdc% è un margine "ipotetico" di un determinato mix di prodotti 88 La break-even analysis o analisi costi-volumi-risultati È una tecnica impiegata nelle decisioni aziendali che analizza le componenti economiche in funzione solo dell’output finale, ossia delle unità prodotte. Caratteristiche • È estremamente flessibile e di facile applicazione perchè condizionata solo dalla variabile unità prodotte. • Pone in relazione il volume di produzione, variabile indipendente, con l’andamento dei costi e dei ricavi totali. Finalità dello strumento I. Consente di evidenziare quali sono i livelli produttivi da raggiungere per: a) Ottenere il pareggio tra costi e ricavi b) Rilevare certi obiettivi in termini di redditività II. Consente di determinare graficamente o matematicamente il punto di rottura (bep), permette di verificare, in via preventiva o consuntiva, gli effetti sul reddito di possibili variazioni di quantità economiche (vendite, costi fissi, costi variabili, prezzi). 89 Ipotesi semplificatrici Costanza dei ricavi unitari di vendita Invariabilità della composizione quali-quantitativa della gamma Proporzionalità dei costi variabili Staticità dell’ambiente di riferimento 90 Modello del punto di pareggio RT = CT U=O ovvero: pq = (CF + cvu*q) 1. Processo per la determinazione della quantità di pareggio (ipotesi: prezzo fissato p) pq = (CF + cvu*q) pq - cvu*q = CF q (p – cvu) = CF q = CF / (p – cvu) 2. Processo per la determinazione del prezzo di pareggio (ipotesi: quantità di vendita fissata q) pq = (CF + cvu*q) p = (CF + cvu*q) / q 91 RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL MODELLO DEL PUNTO DI PAREGGIO 92 I costi fissi (CF) vengono rappresentati da una linea parallela all’asse delle ascisse. I costi variabili (CV) sono rappresentati da una retta che parte dall’origine degli assi e la cui pendenza è pari al coefficiente di variabilità. La retta dei costi totali (CT) è costruita come sommatoria dei punti delle rette CF e CV. La retta dei ricavi (RT) parte dall’origine degli assi. 93 Le rette dei ricavi (RT) e dei costi totali (CT) s’incontrano in un punto P, chiamato punto di pareggio (Break-even point), che segnala la grandezza del volume produttivo e di vendita per la quale costi e ricavi si eguagliano, cioè il profitto è pari a zero. Si determina un’area delle perdite, dove i costi superano i ricavi, ed un’area dei profitti, dove avviene il contrario. 94 La differenza tra volume realmente prodotto e volume di pareggio determina un margine di sicurezza, se positivo, o di deficit, se negativo. Più il punto di pareggio si sposta verso sinistra, più migliora la potenzialità economico-strutturale. 95 LA POLITICA DI PREZZO DELLA MARCA COMMERCIALE Dato il ruolo svolto, il prezzo della private label può essere definito come scarto % rispetto alla marca industriale leader. Il differenziale di prezzo della marca commerciale rispetto a quella industriale di riferimento dovrebbe essere stabilito in modo da rispecchiare puntualmente il diverso valore percepito dal consumatore anziché per promuovere le vendite dell'una a scapito dell'altra. La relativizzazione del prezzo risolve anche il problema della differenziazione per formato/mercato . I prodotti con un mark up costante non sono utilizzati, di norma, nella promozione delle vendite, con l’eccezione del periodo di sviluppo del discount. 96 Il rapporto qualità prezzo delle marche dei distributori. 97 Vendite Straordinarie Le vendite Straordinarie Sono le Vendite di liquidazione Vendite di fine stagione Vendite promozionali Vendite sottocosto 98 Vendite di liquidazione Hanno lo scopo di vendere tutte le merci in caso di cessazione dell’attività, cessione dell’azienda, rinnovo dei locali. Vendite di fine stagione Si riferiscono a prodotti di moda, che, se non venduti entro un certo periodo di tempo, possono deprezzarsi largamente. 99 Vendite promozionali Possono essere effettuate per tutti o parte dei prodotti del mix, per limitati periodi di tempo. Vendite sottocosto Sono vendite nelle quali la cessione al pubblico avviene a un prezzo inferiore a quello effettivo di acquisto, comprensivo di IVA, al netto di sconti. Queste sono vietate se effettuate da esercizi che detengono più del 50% della superficie di vendita della propria Provincia. 100 La price image L’immagine di prezzo è frutto dell’esperienza e si fonda sulla base di valutazioni del prezzo dei singoli prodotti acquistati, comparati con quelli offerti da imprese concorrenti. L’immagine di prezzo del punto vendita rimane una componente fondamentale nella scelta da parte del consumatore del negozio presso cui acquistare. 101 Posizionamento diretto e indiretto (distributivo) Segmento obiettivo STRATEGIA DI POSIZIONAMENTO DELL’IMPRESA Benefici attesi Attributi del prodotto Segmento distributivo obiettivo Benefici attesi dal Distributore IMMAGINE COMPLESSIVA Funzioni commerciali CONSUMATORE SCELTA 102 Politiche di prezzo innovative Sono finalizzate alla stabilizzazione del flusso della domanda attraverso la discriminazione di prezzo o; applicando sconti nella giornata di minor flusso settimanale della clientela; affermando la propria immagine di leader di prezzo È il caso dei punti di vendita che propongono formule di pricing denominate every day low price 103 Trattasi del complesso di azioni poste in essere dall’impresa per indurre, preservare o modificare i modelli di comportamento degli operatori di mercato (consumatori, intermediari, finanziatori, altri produttori, ecc.), allo scopo di ritrarre un vantaggio competitivo. Ha come obiettivo non solo l’aumento delle vendite, ma anche la creazione di una migliore immagine dell’impresa. ☞ lo scopo ultimo e più specifico della promotion è comunque di creare delle preferenze, d’informare e di persuadere ad acquistare i beni prodotti/venduti dall’impresa; ☞ deve indurre all’acquisto, sfruttando le motivazioni che determinano il comportamento del consumatore. 104 Per comunicazione si intende: “il complesso delle operazioni poste in essere dall’impresa, per indurre, preservare o modificare i modelli di comportamento degli operatori del mercato, allo scopo di ritrarre un vantaggio competitivo” Obiettivo della comunicazione Creazione di un’immagine dell’impresa atta a rendere proficui i rapporti con tutti i gruppi sociali inseriti nel contesto aziendale 105 • PERSONALI: prevedono due o più persone che comunicano direttamente tra loro. L’influenza personale ha grande peso quando il prodotto è costoso, l’acquisto è considerato rischioso, viene effettuato molto raramente. Si dividono in: - controllabili dall’impresa: vendita personale, dimostratori, distributori, direct marketing quali mailing, telemarketing, numero verde - non controllabili: • leaders d’opinione, prescrittori, influenzatori IMPERSONALI: trattasi di mezzi che trasmettono i messaggi senza alcun contatto personale, né possibilità di verifica del loro impatto (mezzi di massa). Si dividono in: - controllabili dall’impresa: eventi, media pubblicitari, promozione vendite quali campioni, buoni sconto, confezioni con regalo, concorsi, dimostrazioni, depliant, cartelli, insegne, locandine - non controllabili: le riviste delle associazioni dei consumatori contenuto redazionale di articoli vari, fonti neutre come 106 Le aree della comunicazione aziendale Comunicazione commerciale – rendere percepibile il valore dell’offerta, migliorando le relazioni con i clienti Comunicazione istituzionale – far conoscere l’impresa, i suoi valori e progetti, migliorando le relazioni con gli stakeholders Comunicazione gestionale – migliorare le relazioni con i soggetti coinvolti nella gestione Comunicazione economico-finanziaria: migliorare le relazioni con i portatori di capitali, rendendo visibili gli aspetti patrimoniali, reddituali e finanziari 107 Le fasi dello sviluppo di una comunicazione efficace sono: Identificare il proprio pubblico obiettivo (esso influenza il contenuto della comunicazione, il modo con cui questa è svolta, il momento in cui effettuarla, il luogo in cui proporla e il soggetto da scegliere per la comunicazione stessa); Determinare gli obiettivi della comunicazione; Elaborare il messaggio; Scegliere i canali per la comunicazione; Sviluppare e definire il budget totale; Decidere il mix promozionale; Misurarne i risultati; Gestire e coordinare l’intero processo della comunicazione di marketing. 108 Definizione dello stanziamento promozionale totale • Metodo del “disponibile o residuale”- lo stanziamento viene definito in funzione delle condizioni economiche e finanziarie, senza valutare l’impatto dell’investimento promozionale sui volumi di vendita; • Metodo della “percentuale sulle vendite”- le spese promozionali variano in funzione di quanto viene venduto. Il problema è che le vendite vengono considerate come causa della promozione, piuttosto che come effetto di questa; • Metodo della “parità competitiva”- gli stanziamenti vengono stabiliti in funzione dell’obiettivo di mantenersi alla pari con la concorrenza. In realtà, non vi sono motivi per ritenere a priori che i concorrenti abbiano conoscenze migliori delle nostre per determinare quanto va investito nella promozione; • Metodo “dell’obiettivo da conseguire”- lo stanziamento viene stabilito mediante una procedura a tre fasi: specificazione degli obiettivi della comunicazione, individuazione delle operazioni che devono essere svolte per raggiungerli e stima dei costi di queste operazioni. 109 La scelta del tipo di distribuzione si collega, innanzi tutto, all’orientamento della azione di vendita da attuare. Strategia di marketing di spinta (o di push), deve far ricorso a forme distributive particolarmente incisive e penetranti nei confronti del mercato ultimo da raggiungere. Strategia di marketing di attrazione (cosiddetta di pull), deve sfruttare soprattutto lo strumento pubblicitario, a cui si aggiungerà lo sforzo distributivo. 110 l’azione di convincimento del rivenditore (che deve essere pertanto opportunamente stimolato ad agire in tal senso dal produttore) è fondamentale ai fini dell’acquisto effettivo da parte del consumatore l’azione di convincimento da parte dell’impresa produttrice si sviluppa direttamente nei confronti del consumatore per spingerlo a richiedere un determinato bene/servizio 111 • STRATEGIE DI COMUNICAZIONE PUSH Gli sforzi di marketing del produttore sono concentrati ad incentivare direttamente gli intermediari per indurli a collaborare con l’azienda. • STRATEGIE DI COMUNICAZIONE PULL L’impresa focalizza i suoi sforzi di comunicazione sul consumatore finale, bypassando gli intermediari e cercando di costruire la domanda aziendale rivolgendosi direttamente ai potenziali consumatori nel segmento target. 112 Le politiche push e pull PULL (prodotti “tirati”) Produttore Intermediario Consumatore pubblicità e consumer promotion PUSH (prodotti “spinti”) Produttore Intermediario Consumatore forza vendita e trade promotion 113 IN SINTESI: Una decisione di fondo nei rapporti con la distribuzione, riguarda pertanto la scelta tra: adozione di una politica push: l’impresa predispone le condizioni affinché siano gli intermediari a suggerire il prodotto al consumatore finale. adozione di una politica pull: punta invece essenzialmente sul convincimento del consumatore finale, in modo che sia quest’ultimo a richiedere espressamente il prodotto al dettagliante. 114 La non-price competition dell’impresa commerciale è centrata sul processo di differenziazione dell’insegna, investendo in comunicazione e cercando di distinguere la proposta commerciale costruendo relazioni di fiducia con la clientela. Le azioni di marketing mirano a conseguire un vantaggio competitivo a livello di insegna/format attraverso: 1. La conquista di un più ampio gruppo di consumatori (generalmente non fedeli); 2. Lo sviluppo della fedeltà di quei consumatori che conoscono e frequentano il punto vendita . 115 Il processo evolutivo delle politiche di COMUNICAZIONE Fase 1 – Comunicazione influenzata dai prodotti di marca, messaggi focalizzati sul prezzo Promozioni above the line connesse all’area del gioco o del regalo e orientate alla fidelizzazione Promozioni basate sul couponing indirizzate a determinati segmenti di domanda Promozioni attraverso azioni mirate di CRM indirizzate ai possessori di carte fedeltà 116 Fase 2 – Comunicazione influenzata da aspetti che riguardano l’esperienza del servizio vissuta dal consumatore Componenti fisiche che influenzano la permanenza nel punto vendita Rapporto con il personale Velocità del servizio Facilità di reperimento dei beni Offerta di elementi aggiuntivi che rendono il servizio più completo e facilmente fruibile 117 Tipologie di promozioni nel punto vendita PROMOZIONI ORIENTATE ALLA CONVENIENZA PROMOZIONI ORIENTATE ALLA FIDELIZZAZIONE Offerte speciali Area dell’omaggio Buoni sconto (voucher) Campioni Cross couponing Area del gioco Concorsi ad estrazione Raccolta punti 3X2 Regali in/on pack Prezzi sorpresa Direct give away Prezzi anniversario Promozioni below the line Cancella e vinci Slot machine Self liquidating offer Promozioni above the line 118 In-store promotion Le due principali categorie: cartellonistica (pop o pos), locandine, pannelli e cartelli con un messaggio chiaro e simpatico possono facilmente catturare l’interesse del destinatario della comunicazione esposizioni fuori scaffale (display speciali), insegne luminose, bancali speciali, display che consentono di esaltare l’impatto visivo del prodotto 119 Le promozioni in store consentono di: Vivacizzare le vendite a breve di prodotti, ricorrendo, ad esempio, alla formula dei tre articoli venduti al prezzo di due; Accelerare le vendite di alcuni reparti in periodi di minore vendite; Incrementare la fedeltà al negozio proponendo per i propri clienti le vendite a premio; Migliorare l’immagine aziendale ricorrendo, ad esempio, a dimostrazioni e sfilate. 120 Le Shop demonstrations Prevede che personale specializzato dell’azienda promotrice spieghi e dimostri all’interno del punto vendita i vantaggi del prodotto ed eventualmente lo offra in prova o in offerta speciale in modo da farlo conoscere E’ relativamente costosa È effettuata per prodotti di prezzo elevato È adatta per prodotti di considerevole contenuto tecnologico 121 Il depliant (o brochure) Mostra l’intera gamma dei prodotti venduti ed è studiato in modo tale da attrarre l’attenzione attraverso: una rappresentazione vivace del prodotto un prezzo invitante lo slogan Il catalogo Rappresenta un primo incontro tra offerta aziendale e intermediario commerciale, deve presentare con chiarezza l’azienda e la sua produzione 122 La newsletter È una modalità di comunicazione rapida e diretta, mirata e apprezzata per il fatto che non sono molte le aziende ad utilizzarla per comunicare con i propri distributori Il dossier Composto da testo e immagini che definisce i linguaggi aziendali verso i diversi target, è finalizzato a fissare uno standard qualitativo di comunicazione 123