LA CRISI ECONOMICA MONDIALE: CAUSE, AMPIEZZA E SCENARI FUTURI A cura di Francesco Badia per la FUCI di Ferrara, 16/02/10 CONCETTI DI PARTENZA Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è la grandezza tipicamente più utilizzata per esprimere il grado di ricchezza di una nazione, per rendere il quale si usa spesso anche il PIL per abitante.1 Il PIL può essere definito come il valore dei beni e servizi destinati all’uso finale correntemente prodotti nel sistema economico in un arco di tempo definito. Più semplicemente può essere visto come l’ammontare di beni e servizi prodotti in un anno in un singolo stato. Il PIL viene definito in questo modo: PIL C I G ESP IMP Dove: C= consumo privato aggregato I= investimenti privati aggregati G= spesa pubblica (consumo e investimenti) ESP= esportazioni IMP= importazioni In pratica l’equazione presentata ci ricorda che tutto quanto viene prodotto da un sistema economico in un dato arco temporale (PIL) o viene consumato, o viene investito, o viene acquistato dal settore pubblico, o viene esportato all’estero (al netto ovviamente delle importazioni). L’economia globalizzata: viviamo in un sistema di economie aperte. Tutte le economie dei paesi sono legate fra loro dal sistema import-export. La caduta di domanda in un paese di grande rilievo, come gli USA, porta ad una cospicua diminuzione di esportazioni in tanti paesi del mondo. Anche i mercati dei capitali sono strettamente collegati fra loro. Il ruolo degli intermediari finanziari: le banche sono chiamate intermediari finanziari proprio perché dovrebbero porsi come interfaccia fra i risparmiatori (che hanno risorse in più da investire) e gli investitori (ovvero coloro che vogliono sviluppare determinate attività e necessitano di denaro per farlo). I risparmiatori si aspettano un rendimento; gli investitori sono in grado di assicurare la restituzione della somma, maggiorata di un interesse. Le banche, tradizionalmente dette commerciali se svolgono questo ruolo, guadagnano dalla differenza fra l’interesse concesso ai risparmiatori e richiesto agli investitori. LE CAUSE DELLA CRISI 1. Lo squilibrio macroeconomico mondiale Lo squilibrio macroeconomico fondamentale consiste nella creazione di eccessiva liquidità nei mercati internazionali dei capitali e, specificatamente, in quello americano, nel primo decennio del Nuovo Millennio (approssimativamente quindi dal 2001 in poi). L’economia statunitense ha progressivamente accumulato un fortissimo disavanzo nel conto corrente della bilancia dei pagamenti, ovvero la sua domanda interna (consumi privati, investimenti e spesa pubblica) era strutturalmente più alta della produzione interna. Ciò costituisce una condizione che non può perdurare nel lungo termine: sarebbe normale, infatti, che i paesi più sviluppati (come gli USA) esportassero ai paesi meno sviluppati (come la Cina), ai fini di favorire lo sviluppo. Il sistema mondiale si dovrebbe reggere su questo equilibrio, ma per tutti gli anni Duemila (ed anche in parte per gli anni Novanta) non è stato così. Si è venuta a creare 1 Esso però ha in sé un grande difetto, in quanto non tiene in alcun conto di come è distribuito il reddito, per cui capita che, da questo punto di vista, risultino fra i più ricchi alcuni paesi esportatori di petrolio dove la ricchezza è invece concentrata in mani di pochi. una condizione in cui, in pratica, la Cina (o, più in generale, le economie emergenti del Far East e i paesi esportatori di petrolio) finanziava l’enorme debito estero americano2. 2. La mancanza di regole nei mercati finanziari La crisi ha portato a rilevare come sia fallimentare l’idea che il sistema finanziario sia in grado di autoregolarsi. In particolare, questa mancanza di regole è emersa nella regolazione dei prodotti derivati. I derivati sono prodotti legati ad un’altra attività finanziaria, sulla quale si esprime una specie di “scommessa”. Servono, insomma, in teoria, per tutelarci da un rischio: - ho un’attività rischiosa? Compro (o vendo) un derivato su tale attività, che, in caso di perdita, mi risarcisce del tutto o in parte; - credo in un rischio e sono disposto ad investirci? Compro (o vendo) un derivato su un’attività rischiosa. È per questo che si dice che i derivati siano dei meccanismi utili a ridistribuire il rischio fra gli operatori dei mercati. Ma il sistema dei derivati necessita di un controllo, che per la natura stessa dei derivati è molto difficile. Inoltre, per arrivare alla crisi, le banche si sono anche approfittate di queste difficoltà di controllo, intestando titoli “tossici” a società appositamente costituite. In ogni caso in questo processo vi sono anche colpe ascrivibili ai legislatori e ai regolatori americani (abrogazione del Glass-Steagall Act del 1933 nel 1999), esclusione dei derivati dalla regolamentazione. LO SCOPPIO DELLA CRISI La bolla speculativa ne chiama un’altra… La data che viene data per l’esplosione della crisi è il 7 agosto 2007 negli USA, ma in realtà il fenomeno ha radici più lontane. Dal 1991 al 2000 l’economia americana cresce anche sulla base della New Economy, che grazie alle nuove tecnologie, permette aumenti costanti di produttività, senza rilevanti aumenti del tasso di inflazione. Ma nel 2000 si evidenzia come questa crescita fosse stata sostenuta anche da investimenti esagerati nel Nuovo Mercato: scoppia così la bolla speculativa della New Economy. A questo segue un primo periodo di incertezza economica, susseguente anche all’attacco terroristico dell’11 settembre 2001. Al fine di superare questa piccola crisi economica, la FED (la Banca centrale americana) abbassa notevolmente i tassi di interesse sul prestito, per dare una spinta all’economia americana. Probabilmente, con il senno di poi, sbaglia nel prolungare questa mossa per un periodo più lungo del necessario (i tassi restano prossimi all’1% fino a quasi tutto il 2004). I bassi tassi di interesse sono la prima grande origine della formazione della bolla speculativa sugli immobili, che aggravata dai problemi di mancanza di regole dei mercati finanziari, può essere considerata come il motivo scatenante della crisi mondiale. Il circolo vizioso In pratica il processo che si è innescato è il seguente: a) i tassi bassi incentivano i risparmiatori ad indebitarsi, per i consumi (anche non necessari) e, soprattutto, per l’acquisto di una casa di proprietà3; Ma da qui si giunge ad uno dei grandi altri problemi all’origine della crisi: un flusso consistente e continuo di capitali alla ricerca del maggior rendimento possibile significa che essi si concentreranno sull’acquisto speculativo di quegli assets (o sui prodotti finanziari basati su di essi) il cui prezzo abbia osservato, nel recente passato, l’andamento più favorevole e di cui si preveda il maggior rialzo. 3 Al riguardo, sono opportune alcune segnalazioni: - l’acquisto della casa viene incentivato dalla stessa classe politica americana (lo slogan in vigore è “una casa per ogni americano”); - la crescita dell’economia americana (già in parte “dopata”) e la crescente domanda di immobili, facevano alzare il prezzo degli immobili stesse e le previsioni erano di una crescita ulteriore; - l’investimento in immobili viene ritenuto un investimento dai maggiori margini di guadano rispetto a titoli di stato, che per via dei tassi di interesse bassi davano poco. 2 b) cominciano ad interessarsi all’acquisto della casa, alla luce di quanto detto nella nota 3, anche soggetti di fascia sociale bassa: le banche concedono volentieri (anche alla luce del clima di crescita generalizzato) il mutuo per il finanziamento a tali soggetti, anche perché nel frattempo si è già attivato il punto e) e sta andando bene. Nascono così i cd. mutui “subprime”; c) aumentando la richiesta, il prezzo degli immobili aumenta a dismisura: dal 1997 al 2006 il prezzo sale del 124%; d) l’aumento del valore degli immobili spinge ulteriormente ad indebitarsi i soggetti proprietari di abitazioni (magari con quote del mutuo ancora da pagare), in quanto il valore di un loro bene sta aumentando; e) la voracità delle banche (d’investimento) spinge, al fine di ottenere ulteriore liquidità (per poter così sottoscrivere altri mutui), a piazzare i propri mutui come prodotti finanziari ad altri risparmiatori (procedura di cartolarizzazione) 4 ; questo processo può essere replicato come “a piramide” per cui su un prodotto cartolarizzato ne costruisco un altro e così via; si arriva all’incredibile valore complessivo della “piramide” dei derivati su mutui immobiliari di 531.200 miliardi di $ (+ di 10 volte il PIL mondiale!); f) vengono creati altri ulteriori titoli derivati5 volti ad assicurare il credito contratto dalle banche (soprattutto in condizioni subprime); ma il sistema di contrattazione e la “piramide” di titoli cartolarizzati fa sì che il rischio, anziché distribuito, venga moltiplicato. Lo scoppio della crisi avviene in base a due fenomeni (legati fra loro): 1) aumentano i tassi di interesse 2) cala il prezzo delle case (ad un certo punto, ovviamente, si evidenzia che i prezzi erano troppo alti, nessuno compra più e i prezzi si abbassano): ecco la “bolla” Il combinato di questi due elementi fa sì che i mutuatari “subprime” non riescano più a pagare le quote di mutui… inizia il crollo della piramide… (in realtà il crollo non avviene subito: se i mercati fossero stati regolati, sarebbe calato il prezzo di CDO e CDS. Invece per circa un paio d’anni, continuano ad essere venduti e scambiati (impacchettati in titoli complessi), elemento che acuisce la crisi. Fra l’altro l’impacchettamento impedisce di trovare le parti “subprime”, per cui quando il livello di avanzamento del circolo vizioso diventa insostenibile, e si evidenzia che i mutui “subprime” in pratica valgono zero, tutti i titoli immobiliari vedono scendere il loro prezzo, in pratica, a zero… LA DIFFUSIONE DELLA CRISI Le banche si trovano in un colpo solo in presenza di una riduzione esorbitante del loro patrimonio. Miliardi di dollari azzerati. La crisi dei titoli immobiliari trascina, in un processo di vendite al ribasso, anche tutti gli altri titoli (azioni e obbligazioni). Si diffonde così il “credit crunch” (stretta di liquidità): le banche dispongono di minori liquidità e non si fidano più a finanziare le imprese, a causa dell’incerto scenario economico; ma senza finanziamenti le imprese non vanno avanti, e sono costrette (in alcuni casi probabilmente si è voluto approfittare di questa situazione) a ricorrere a cassa integrazione e licenziamenti; il produrre della crisi acuisce questo fenomeno, come in un circolo vizioso. Si evidenziano da subito fenomeni di crisi gravissima in paesi che negli ultimi anni avevano puntato fortemente sul mercato immobiliare o sulla contrattazione di strumenti finanziari derivati: USA; Irlanda; repubbliche baltiche, Islanda, in parte anche la Spagna. 4 5 In particolare vengono emessi i CDO (Collateral Debt Obligations). Si tratta in questo caso dei CDS (Credit Default Swaps). Fonte: FMI Cina Estonia Francia Germania Grecia Islanda Irlanda Italia Lettonia Lituania Spagna USA 2007 +13,01 +7,20 +2,26 +2,51 +4,03 +5,55 +6,02 +1,56 +9,98 +8,93 +3,57 +2,14 2008 +9,00 -3,58 +0,32 +1,25 +2,93 +1,31 -3,04 -1,04 -4,58 +3,02 +0,86 +0,44 2009 +8,50 -14,02 -2,36 -5,30 -0,75 -8,50 -7,50 -5,15 -18,01 -18,50 -3,77 -2,73 2010 (st.) +9,02 -2,57 +0,90 +0,33 -0,06 -2,02 -2,50 +0,24 -3,97 -4,00 -0,74 +1,52 2011 (st.) +9,73 +1,39 +1,76 +1,47 +0,66 +0,88 +1,02 +0,74 +1,48 +3,00 +0,86 +2,77 2012 (st.) +9,84 +2,96 +1,93 +1,74 +1,15 +2,07 +2,34 +1,35 +3,84 +3,50 +1,44 +2,62 2011 (st.) +4,19 +2,40 +1,77 +1,34 2012 (st.) +4,44 +2,41 +2,25 +1,75 COME STIAMO OGGI Fonte: FMI Mondo G7 UE UE (eurozona) 2007 +5,17 +2,23 +3,07 +2,72 2008 +3,00 +0,27 +1,02 +0,72 2009 (st.) -1,06 -3,63 -4,19 -4,19 2010 (st.) +3,10 +1,28 +0,45 +0,33 Italia: disoccupazione 8,3% nel 2009 (nel 2008 era 7,1%); in crescita anche negli USA (+2,6%), Francia (+1,7%), Giappone (+1,2%), Germania (+0,5%). Recenti statistiche hanno mostrato come sia aumentato in Italia e in Europa il rischio povertà (16% dei cittadini europei a rischio) Il sistema finanziario nel suo complesso ha però retto grazie (quasi un paradosso) alla sua stessa arretratezza. Il Governo italiano è comunque uno di quelli dei paesi OCSE che meno hanno investito in spesa pubblica per finanziare la ripresa. I prossimi anni ci aiuteranno a dire se quanto portato avanti è stato sufficiente. I primi segnali non appaiono comunque del tutto scoraggianti. Ferrara: i settori più colpiti sono stati quelli manifatturieri; l’agro industria, invece, puntando su export in Cina, India e Brasile, è riuscita addirittura a crescere un pochino. Negativi anche edilizia (-7,1% volume d’affari), artigianato (-8,4%), agricoltura, pesca, turismo (arrivi -13,9%, presenze 15,5%). Occupazione: calata di circa 3000 unità (in particolare precari e contratti a termine). Cassa integrazione: 224 delle prime 360 imprese (58% dei dipendenti totali del settore manifatturiero) vi hanno fatto ricorso; 9 imprese hanno adottato processi di ristrutturazione e ridimensionamento. I lavoratori complessivamente collocati in CIG sono stati 4970 (ordinaria) e 3790 (straordinaria). COME USCIRE DALLA CRISI - Nell’immediato: l’intervento dei Governi (problematiche conseguenti: possibile inflazione futura e aumento del debito pubblico) - Necessità: una nuova regolazione dei mercati finanziari - Necessità per noi: investire su settori caratteristici delle nostre ricchezze (cultura, turismo, made in Italy) - Per garantire un vero sviluppo duraturo: necessità di porre fine alle disuguaglianze economiche a livello planetario e all’interno dei paesi sviluppati necessità di promuovere una nuova forma di consumo nei paesi sviluppati necessità di rivedere il funzionamento generale del sistema di mercato capitalistico