Esgonomia e Postura in ambiente sanitario Ileana Mattei Medico Competente Asl Viterbo Anatomia della Colonna La colonna vertebrale e’ divisa, per comodità di studio, in 4 porzioni o regioni (cervicale, toracica, lombare, e sacrococcigea). La colonna vertebrale non e’ rettilinea, ma presenta una serie di curvature: Curve antero posteriori e curve laterali. Queste curve sono d’origine meccanica sono particolarmente legate alla stazione eretta. tutti i movimenti trovano il loro punto di partenza nei movimenti che possono compiersi tra vertebra e vertebra, dove troviamo due tipi di mezzi di unione: Articolazioni e Legamenti Vertebra Una vertebra consiste tipicamente di un corpo anteriore e di un arco posteriore. Il corpo ha forma approssimativamente cilindrica; l’arco vertebrale e’ composto da due peduncoli e due lamine, queste due unite posteriormente a formare il processo spinoso. Su entrambi i lati inoltre l’arco fa da supporto ai processi traversi e ai processi articolari superiori ed inferiori. questi ultimi formano le articolazioni mobili con i corrispondenti processi delle vertebre adiacenti, mentre i processi traversi e spinosi forniscono inserzione ai numerosi muscoli che su di essi terminano. Movimenti del Rachide Le ARTICOLAZIONI DEL RACHIDE cono rappresentate da diartrosi e da anfiartrosi; tra queste ultime si annoverano le articolazioni dei corpi vertebrali veri e propri, con l’interposizione di un disco cartilagineo. I mezzi di unione del rachide sono: Dischi vertebrali, legamenti intersomatici e legamenti gialli, interspinosi e intertrasversali. Il liquido nucleare, in quanto confinato in un contenitore chiuso, obbedisce alle leggi fisiche dei liquidi sotto pressione; esso è infatti incomprimibile perciò, la presenza del liquido nucleare impedisce che le sollecitazioni compressive provochino un avvicinamento dei corpi vertebrali maggiore di quello consentito dalla distensione delle fibre dell’anulus. I movimenti del rachide, scaturenti dai reciproci spostamenti delle diverse unita’ funzionali contigue, possono essere definiti “ CUMULATIVI” nel senso che, essi si manifestano tangibilmente solo quando un certo numero di vertebre prendono parte al movimento stesso. Movimenti della Colonna In sintesi, quindi,i movimenti della colonna vertebrale derivano da una sommatoria di azioni dovute principalmente: ai muscoli spinali profondi, agli spostamenti del nucleo polposo nell’ anulus e ai legamenti longitudinali L’ampiezza del movimento dipende da molti fattori: distensibilità, rapporto altezza/diametro dei dischi, elasticità, mobilità. Quindi i fattori che determinano la statica e la dinamica rachidea sono: La morfologia dei corpi vertebrali, L’integrità dei dischi e dei legamenti, l’orientamento delle pelvi ed estremità inferior, l’integrità della muscolatura. Metabolismo del disco intervertebrale I dischi intervertebrali nell’adulto NON possiedono un sistema vasale di nutrizione, ma ricevono le sostanze nutritive esclusivamente per diffusione attraverso le limitanti somatiche dei corpi vertebrali (meccanismo predominante) ed attraverso l’anello fibroso. Un’alterazione di queste strutture (ed in particolare delle limitanti) comporterebbe uno stato di carenza nutrizionale responsabile della patologia degenerativa del disco. Le strutture interdiscali che per prime risentono del deficit nutrizionale sono le cellule fibroblastiche (con emivita di poche settimane) produttrici delle sostanze fondamentali e delle fibre. La colonna come struttura Nozioni di biomeccanica La biomeccanica e’ la scienza che si occupa degli effetti delle forze interne ed esterne sull’oganismo dell’uomo e degli animali sia in movimento che a riposo. Le forze interne sono quelle che si generano dai muscoli e si trasmettono mediante le strutture scheletriche alle membra. Forze interne si originano anche da altri processi vitali. Nella macchina vivente che è l’uomo, sono possibili liberi movimenti rotatori in direzioni specifiche e le articolazioni sono stabilizzate dall’azione dei muscoli. Nella maggior parte delle situazioni il corpo e’ un sistema aperto di elementi a catena. E’ chiaro per ciò che la macchina umana può compiere un numero assai grande di movimenti complessi. La colonna come struttura Nozioni di biomeccanica (parte seconda) Un recente studio di valutazione fisiologica e biomeccanica sul personale sanitario, condotto dal laboratorio di fisiologia ed ergonomia del dipartimento di medicina del lavoro, ISPESL, con l’obiettivo di valutare gli effetti in termini di impegno cardiocircolatorio e sovraccarico della colonna vertebrale in soggetti sani, e’stato condotto attraverso valutazioni di tipo fisiologico e biomeccanico. La valutazione viene effettuata mediante riprese video, Successivamente le immagini acquisite sono analizzate da un software per l’analisi del movimento. Tale analisi consente la predizione del carico per unità di superficie in corrispondenza della giunzione lombo-sacrale. I rischi lavorativi Al fine di valutare l’entità degli insulti meccanici (in termini di sovraccarico biomeccanico da trauma cumulativo) per il rachide durante il lavoro, si e’ proceduto da tempo ad una schematizzazione del complesso sistema osteo-muscolo-legamentoso che interviene a bilanciare il momento meccanico esterno I carichi agenti sui dischi intervertebrali e l’impegno dei muscoli paravertebrali sono stati studiati da numerosi autori mediante modelli matematici basati sui principi e sulle conoscenze della biomeccanica Detti studi sono stati basati sul principio della leva “in equilibrio” in cui i diversi segmenti corporei e le forze esterne agiscono come potenze, i muscoli e gli altri tessuti molli come resistenze e gli snodi articolari come fulcri. I rischi lavorativi (parte seconda) I fattori di rischio lavorativo per la colonna vertebrale attualmente conosciuti ed evidenziati dagli studi sperimentali e statistico-epidemiologoci sono rappresentati da: movimentazione manuale carichi, wbv vibrazioni, posture incongrue, movimenti e torsioni del tronco, movimenti ripetitivi degli arti superiori Riguardo al carico lombare sostenibile il NIOSH ha individuato due limiti: “action limit” corrispondente a 350 kg di carico lombare al disotto del quale non sono da prevedersi particolari misure cautelative. “maximum permissibile limit” (mpl) corrispondente a 650 kg di carico lombare, limite da non superare mai. Per valori di carico lombare fra 350-650 kg sono previste varie misure come la riprogettazione ergonomica del compito lavorativo e il controllo clinico dei lavoratori. Le Posture Gli studi dell’attività muscolare e dei carichi articolari quali si sviluppano nelle posture di lavoro, sono stati finora mirati essenzialmente a verificare la tollerabilità della postura stessa nelle concrete condizioni in cui essa viene adottata. Una postura viene definita tollerabile quando: non induce sensazione di disagio, fatica o dolore (a breve termine) e non causa patologia morfo-funzionale dell’apparato locomotore (a lungo termine) In base alle caratteristiche di entità e di durata, si possono delineare contesti lavorativi in cui le prime sono preponderanti rispetto alle seconde (spostamento manuale di pesi: carico e scarico merci) o al contrario, situazioni in cui le caratteristiche di durata divengono preponderanti rispetto a quelle di entità (posture fisse prolungate) Le Posture (parte seconda) Sovente si presenta, specie nelle posture assise, la necessità di quantificare alcune forze esterne specie in termini di reazioni di appoggio (vincoli) per il tronco. E’ stata ribadita da più parti l’esistenza di un valore soglia pari a 80 kg di pressione intradiscale lombare come elemento discriminante fra condizioni di sovraccarico e condizioni di sottocarico Da tali cognizioni ne deriva che l’optimum del processo nutritivo del disco (e pertanto della postura) e’ determinato dal costante alternarsi attorno al valore soglia di condizioni di carico e scarico dello stesso. Va anche ricordato che per le posture fisse prolungate le contrazioni isometriche superiori al 20% della massima forza muscolare (mcv) diminuiscono l’apporto di sangue. Nell’analisi delle posture la valutazione di tollerabilità deve avvenire non sulla base della quantificazione dei carichi articolari e dell’impegno muscolare ma anche sulla loro distribuzione nel tempo. Le Posture (parte terza) Quando restiamo a lungo in posizioni scomposte, la nostra mente cambia l'esatta immagine che ha della colonna e, dopo un certo tempo … Considera normale la posizione sbagliata. Le Posture (parte quarta) Per evitare questo danno dobbiamo alternare la vita sedentaria a quella di movimento Se siamo costretti a stare seduti per lungo tempo è importante appoggiare totalmente il dorso allo schienale per scrivere dobbiamo inclinare il busto in avanti, a livello delle anche, posando bene i gomiti sul piano di lavoro Analisi delle Posture QUANTO PESA IL LAVORO SEDENTARIO ? Il lavoro sedentario può essere infatti all’origine di vari disturbi, soprattutto se il posto di lavoro è concepito secondo criteri non ergonomici, ne consegue in molti casi non solo l’insorgenza di disturbi muscolo-schelettrici, ma anche affaticamento precoce, calo del rendimento e difficoltà di concentrazione, maggior rischio di errori. La valutazione prende in esame la postura assunta dalle seguenti parti del corpo: testa, tronco, spalle, braccia, gambe e piedi. Ogni parte del corpo è analizzata secondo una serie di parametri posturali. Un’analisi più precisa del carico posturale richiede tuttavia conoscenze approfondite in materia di ergonomia. Analisi delle Posture (parte seconda) Ogni parte del corpo sarà analizzata secondo una serie di parametri posturali. Tali parametri sono ripartiti in tre livelli: Livello 1: la postura della parte del corpo in esame differisce sempre o ripetutamente da quella che è considerata la postura corretta, ossia rilassata e naturale ? Livello 2: la variazione riscontrata al livello 1 è estrema ? Livello 3: entrano in gioco ulteriori fattori ? Alla fine verrà individuato il fattore tempo relativo alla postura assunta dal soggetto. NOTA: Al termine della valutazione si dovrà moltiplicare il punteggio ottenuto con il fattore tempo. In caso di posture forzate bisognerà considerare anche i coefficienti di correzione. Il totale indicherà in che misura bisognerà intervenire per far fronte alle anomalie posturali. Analisi delle Posture (il TEST) Analisi delle Posture (il TEST) Analisi delle Posture (il TEST) Analisi delle Posture (il TEST) Analisi delle Posture (il TEST) Analisi delle Posture (il TEST) Fattore Tempo (il TEST) Per determinare il fattore tempo è fondamentale sapere se la postura si riferisce ad un’attività prevalente senza il passaggio ad altre attività o ad un’attività secondaria intervallata da altre attività. Se si tratta di un’attività prevalente, conta il tempo effettivo di lavoro (colonna di sinistra). Se si tratta di un’attività secondaria, conta la somma dei tempi durante i quali è stata assunta la postura presa in esame (colonna di destra). Fattore Tempo (il TEST – parte seconda) Il fattore tempo è uguale per tutte le parti del corpo e dovrà essere riportato nella tabella sottostante “Valutazione”: Valutazione (il TEST) *Se nella valutazione avete indicato che il posto di lavoro non consente una postura migliore Valutazione (il TEST – parte seconda) 1)Persone 2)Per con resistenza fisica ridotta, di solito con problemi all’apparato locomotore trovare le misure adeguate bisogna fare riferimento al punteggio delle tabelle. In linea di massima quando il punteggio è elevato bisogna eliminare le cause del problema. Per prima cosa, bisogna chiarire se si tratta di comportamenti errati o di carenze tecniche. Se è il soggetto ad adottare un comportamento errato spetta all’ufficio del personale informarlo su come utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro e sulle conseguenze di un simile comportamento. Se invece si tratta di carenze tecniche, bisogna capire se è possibile ottimizzare l’ergonomia del posto di lavoro mediante una semplice regolazione o adattamento oppure se è necessario acquistare nuovi arredi o attrezzature. Le attrezzature e gli arredi danneggiati o inadeguati devono essere sostituiti Valutazione (il TEST – parte seconda) La presente valutazione vuole essere semplicemente uno strumento orientativo. In linea di principio ci si basa sull’assunto che più il punteggio è elevato più aumenta il carico posturale. Le misure destinate a migliorare l’architettura del posto di lavoro non eliminano necessariamente i disturbi. Un posto di lavoro attrezzato e disposto secondo i principi ergonomici non garantisce l’immunità dai disturbi. La soluzione migliore sarebbe alternare la postura seduta con quella eretta. Per un’analisi più precisa è necessario possedere conoscenze approfondite in materia di ergonomia. Test “Valutazione del carico posturale nel lavoro sedentario”, realizzato da Suva, Istituto svizzero di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. ( http://www.suva.ch/it/home.htm ) Scaricabile gratuitamente dalla sezione SUPPORTI INFORMATIVI della seguente pagina web: http://www.suva.ch/it/home/suvapro/branchenfachthemen/ergonomie/ergonomie_am_bildschirmar beitsplatz.htm (collegamento aggiornato al 1 giugno 2005) Ulteriori Problemi Prima di formulare qualsiasi tipo di provvedimento è necessario chiedere alla persona se ha riscontrato ulteriori problemi durante l'attività sedentaria, ad esempio, se le attrezzature sono difettose, se il piano di seduta è scivoloso o inadeguato, se ci sono correnti d’aria, fattori di abbagliamento ecc. Prendete nota di eventuali problemi e suggerite le misure più adeguate al caso. Conclusioni Se si analizzano le fasce d'età, la MDC (categoria medica maggiore) che rappresenta le “malattie del sistema muscolo scheletrico e del tessuto connettivo”, definisce il 14% dei ricoveri tra i 15 e 44 anni, il 13,5% di quelli tra i 45 e i 64 anni ed il 10,2 di quelli oltre 65 anni. Del resto questi dati non fanno che confermare la tendenza ad un incremento dei costi della sanità che interessa l'intero mondo occidentale sia per il progressivo deterioramento dell'ambiente, sia per l'invecchiamento della popolazione, sia per l'inesorabile incremento delle risorse assorbite dall'adozione delle nuove tecnologie mediche. Normative Le norme recentemente varate (D.Lgs. 626/94 art. 21) in tema di prevenzione e sicurezza sul lavoro, riprese e concretamente applicate dall’INAIL (D.Lgs. 38/2000 art.23) con interventi di sostegno alle piccole e medie imprese per garantire l’igiene e la sicurezza del lavoro richiedono conoscenze sempre più approfondite che superano i tradizional confini delle “lavorazioni” per entrare nel contesto più ampio della organizzazione e delle strutture produttive. La tutela delle malattie da lavoro non tabellate ha portato all’attenzione dell’Istituto assicuratore un numero sempre crescente di patologie dell’apparato muscolo scheletrico (colonna vertebrale, arto superiore, arto inferiore) correlate con le modalità di svolgimento del lavoro se non proprio con la conformazione del “posto di lavoro”.