SOCIOLOGIA - Facoltà di Scienze Politiche

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SOCIOLOGIA
CORSO DI LAUREA IN AMMINISTRAZIONE, GOVERNO E SVILUPPO LOCALE
Facoltà di Scienze Politiche


I testi che seguono corrispondono a quelli dei
lucidi proiettati a lezione, in ordine
cronologico.
In questo file sono contenute solamente le
presentazioni Powerpoint.
Docente: Alessandro Mongili
Dipartimento di Ricerche Economiche e Sociali
Studio n° 18, I piano (modificato dal 1°-12-06)
[email protected]
N° di telefono momentaneamente assente
Orario di ricevimento: giovedì dalle 12.00 alle
14.00
SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60
ORE DI LEZIONE FRONTALE
TESTI:
Manuale di riferimento: A. Bagnasco, M. Barbagli, A.
Cavalli, Elementi di sociologia, Il Mulino, Bologna
2004
€ 25,00
I Modulo
Peter L. Berger, Thomas Luckmann, La realtà come
costruzione sociale, Il Mulino, Bologna 1969, €
12,50, capitolo II (“La società come realtà
oggettiva”).
SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60
ORE DI LEZIONE FRONTALE
II modulo
P. L. Berger, T. Luckmann, La realtà come
costruzione sociale, op.cit., capitolo III (“La
società come realtà soggettiva”).
Pierre Bourdieu, Ragioni pratiche, Il Mulino,
Bologna 1995, capp. I e II (pp. 7-49).
Howard S. Becker, Outsiders. Saggi di
sociologia della devianza, EGA, Torino 1987
(esclusa Appendice).
SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60
ORE DI LEZIONE FRONTALE
L’esame:
L’ESAME IN DUE VOLTE:
Solo chi frequenta le lezioni frontali e chi si
iscrive alle esercitazioni può sostenere
l’esame in due volte. La prima, nella sessione
di novembre 2006, consisterà in una prova
scritta sul primo modulo; la seconda, SOLO
nella sessione di febbraio 2007, consisterà in
una prova orale sul II modulo.
SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60
ORE DI LEZIONE FRONTALE
L’esame:
L’ESAME IN UNA SOLA VOLTA:
TUTTI potranno sostenere, a partire dalla
sessione d’esami di febbraio 2007, l’esame
scritto su tutto il programma.
SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60
ORE DI TUTORAGGIO
Tutrice: dr.ssa Marta Palla
Le date dell’esercitazione e del ricevimento
studenti della dr.ssa Palla:
ESERCITAZIONI
GIOVEDI’ E VENERDI’, AULA 11
16.00-18.00
RICEVIMENTO
Luogo da attribuire, VENERDI’ 12.00-14.00
Sociologia
una disciplina che studia la vita sociale
degli individui, dei gruppi e delle
intere società.
Sociologia: una scienza
Si oppone al senso
comune
Fornisce rappresentazioni
verificabili dei fenomeni sociali
Contribuisce, a sua volta, alla formazione
del senso comune.
Sociologia: le strutture

La sociologia studia le interazioni sociali strutturate
in istituzioni sociali
•Le istituzioni sociali sono sistemi di
comportamento strutturati, stabili: matrimonio,
amicizia, mercato del lavoro, religione, ecc.
I comportamenti degli individui sono condizionati da
fattori sociali esterni alla loro volontà.
Sociologia: l’azione
La sociologia studia l’azione con
significato sociale, dei singoli o dei
gruppi.
UNO PER L’ALTRO, CON L’ALTRO E CONTRO L’ALTRO
L’azione sociale è comprensibile mettendosi nei
panni di chi la compie chiarendone il significato
per chi le compie.
IL PARADIGMA CAUSALE O STRUTTURALE:
L’OLISMO DI ÉMILE DURKHEIM (1858-1917)
Il fatto sociale come elemento di scientificità
della sociologia.
Le istituzioni sociali corrispondono per la sociologia ai fenomeni
naturali per la scienza anche se intangibili.
Fatti sociali=cose, anche se sui generis.
La vita sociale può essere analizzata con rigore
scientifico.
IL PARADIGMA DELL’AZIONE:
L’INDIVIDUALISMO METODOLOGICO
DI Max Weber (1864-1920)
Rispetto a Durkheim e a Marx, Weber si rifiuta
di considerare i fenomeni sociali come FATTI.
Ai fenomeni sociali sono attribuiti SIGNIFICATI da parte
dei membri delle società, che ne determinano il valore ai
loro occhi e che orientano il COMPORTAMENTO dei
membri nei loro confronti. Il sociale è un fenomeno
interpretativo.
LA SOCIOLOGIA COMPRENDENTE
Max Weber (1864-1920)
L’immaterialità dei rapporti sociali ne fa dei
fenomeni sui generis che non è possibile
oggettivare come nello studio degli insetti.
In sociologia non vi sono dati certi, ma basi
materiali e mondi di significato che non è
possibile uniformare.
LA MODERNITÀ
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Nascita del capitalismo
Lo Stato moderno
Razionalizzazione e disincanto del mondo
Differenziazione ed autonomizzazione delle
sfere della vita sociale (Stato, economia,
religione, cultura, ecc.)
KARL MARX (1818-1883)
Il modo di produzione capitalistico
FORZE PRODUTTIVE  forme di
divisione del lavoro, potenziale tecnico
 RAPPORTI SOCIALI DI PRODUZIONE
 forme di proprietà e rapporti di
classe dominanti all’interno del modo
di produzione.

Le contraddizioni fra forze produttive e rapporti di produzione si incarnano
in classi sociali antagonistiche.
KARL MARX (1818-1883)
Il modo di produzione capitalistico


I modi di produzione si succedono l’uno
all’altro sulla base del superamento delle
contraddizioni interne fra forze produttive
e rapporti sociali di produzione che si
esprimono attraverso la lotta di classe.
LA LOTTA DI CLASSE è quindi il motore
della storia.
WERNER SOMBART (1863-1941)
IL CAPITALISMO MODERNO (1902)
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Tipo dominante di transazione economica
 Economia monetaria di scambio.
Non accumulo di ricchezze, ma profitto e
suo reinvestimento nell’impresa.
Organizzazione razionale dell’impresa 
connessione fra industria, tecnologia,
scienza.
MAX WEBER (1864-1920)
L’ORIGINE DEL CAPITALISMO

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NASCITA DELL’IMPRESA
NASCITA DELLA CONTABILITÀ
RAZIONALE
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
NASCITA DELLA POLITICA ECONOMICA
DEGLI STATI MODERNI
ETHOS RAZIONALE NELLA CONDOTTA DI
VITA
L’ETHOS RAZIONALE
Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo (1904-1905)
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Gestione razionale dell’impresa (contabilità
razionale, bilancio).
Redditività invece che rendita feudale.
Rottura con lo stile di vita dell’aristocrazia, ostilità
verso l’ostentazione e lo spreco.
Ideale di vita sobria, lavoro come preghiera.
Ascesi intramondana: interpretazione puritana della
dottrina calvinista della predestinazione.
CALVINISMO E BORGHESIA
Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo (1904-1905)
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La Bibbia di Lutero: mela’kah come Beruf.
Giovanni Calvino (1509-1564): la dottrina
della predestinazione. Dio è ineffabile, il
suo disegno oscuro, le opere di bontà
sono peccato di superbia.
Dottrina della grazia: l’uomo è indegno
(peccato originale), la grazia è concessa
solo agli eletti, e ab aeterno, a prescindere
dalle opere.
CALVINISMO E BORGHESIA
Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo (1904-1905)
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
Cristo è morto solo per gli eletti.
Segno della grazia è una vita retta: per i cristiani
riformati (calvinisti) è peccato dubitare
dell’elezione.
Cento anni dopo Calvino, i calvinisti inglesi
(puritani) RADICALIZZANO e ADATTANO il
calvinismo.
Memento: il CRISTIANESIMO comprende il Cattolicesimo, MA ANCHE
l’Ortodossia, le Chiese d’Oriente (Monofisiti Armeni e Siriaci, Nestoriani, Copti
egiziani e etiopi) e il PROTESTANTESIMO: i Luterani (Evangelici) vanno distinti
dai Calvinisti (Riformati) e dagli Anglicani (Episcopali).
I PURITANI
Max Weber [pron.: Veber]: L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo (1904-1905)
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Solitudine e incertezza del calvinista.
La setta puritana: controllo sociale sui comportamenti:
finisce la doppia morale.
Non è più la dottrina ma il comportamento a ‘fare’ il
cristiano.
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

Retto comportamento: Lavoro, studio e riflessione sulla
Scrittura.
La ricchezza: segno della grazia divina.
Effetto di composizione: modelli di comportamento
indipendenti dalla matrice religiosa, e legittimati su base
utilitaristica e razionale.
LA CULTURA DELLA MODERNITÀ:
IL DISINCANTO RISPETTO AL MONDO
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
Le radici dell’Occidente: Atene e
Gerusalemme.
Il sacro è totalmente trascendente: si nega
la magia.
Il mondo e la natura > realtà oggettiva.
Governare gli eventi: tecnica e previsione.
La vita è immersa nel progresso e
nell’infinito, la morte perde significato
(Lev Tolstòj, La morte di Ivàn Il’ìč).
LA CULTURA DELLA MODERNITÀ:
L’INDIVIDUALISMO
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
Vale l’individuo con le sue capacità e non la persona
con le sue appartenenze (status acquisiti > status
ascritti).
L’individuo è inteso come padrone delle sue scelte.
Religiosità interiore, privata, slegata dai dogmi
(Riforma protestante).
Diritto naturale > gli uomini nascono liberi e uguali
(vs. diritti connaturati soprannaturale e positivo).
PROTAGONISTI: l’imprenditore e il cittadino.
LA CULTURA DELLA MODERNITÀ:
IL RAZIONALISMO
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
LA RAGIONE: facoltà più nobile dell’uomo.
Usando la ragione si accede alla verità.
La ragione è lo strumento attraverso il
quale l’uomo governa la sua vita e il suo
destino.
RAZIONALIZZAZIONE degli ordinamenti
(strutture sociali) e dei comportamenti
(azione sociale).
MODERNITÀ vs. TRADIZIONE:
I MODELLI DICOTOMICI
Émile DURKHEIM: De la division
du travail social (1893).
 Ferdinand TÖNNIES:

Gemeinschaft und Gesellschaft
(1887).
 Talcott PARSONS: lo schema delle
pattern variables (1951).
I MODELLI DICOTOMICI:
Émile DURKHEIM: De la division du travail social (1893).
Solidarietà meccanica e organica.



Cambia il fondamento della
solidarietà (coesione sociale).
Divisione del lavoro e individualismo:
crisi di norme e valori condivisi.
La società moderna rimane però un
insieme stabile e l’anomia è limitata.
I MODELLI DICOTOMICI:
Émile DURKHEIM: De la division du travail social (1893).
Solidarietà meccanica e organica.






Società premoderna
Piccoli gruppi: scarsa
densità di scambi.
Scarsa divisione del
lavoro.
Unità sociali simili:
famiglia, clan, tribù.
Unità di valori e norme
condivisi (CULTURA).
SOLIDARIETÀ
MECCANICA
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
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Società moderna
Grandi gruppi: grande
densità di scambi.
Divisione del lavoro:
funzioni differenziate.
Differenziazione,
interdipendenza,
individualizzazione.
“La legge è uguale per
tutti”.
SOLIDARIETÀ
ORGANICA
I MODELLI DICOTOMICI:
Ferdinand TÖNNIES: Gemeinschaft und Gesellschaft
(1887). Comunità e società

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
Comunità
Rapporti tipici: Vincoli di
sangue, vicinato,
amicizia.
Intimità, riconoscenza e
esperienze comuni.
La disuguaglianza non si
può sviluppare oltre un
certo limite.
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
Società
Rapporti di scambio.
Si entra in rapporto
reciproco non con la
totalità del proprio essere
ma per prestazioni
specifiche.
Individui separati, isolati,
in continua tensione fra
di loro.
La coesione sociale è
superficiale.
I MODELLI DICOTOMICI:
Talcott PARSONS: lo schema delle pattern variables (1951). Le
variabili modello.
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

Gli orientamenti di valore e normativi
tipici della modernità: essenziali per
comprenderla.
ORIENTAMENTI DI VALORE: orientano
l’azione.
ORIENTAMENTI NORMATIVI: regolano
l’azione.
I MODELLI DICOTOMICI:
Talcott PARSONS: lo schema delle variabili modello.
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Società premoderne:
1. Affettività.
2. Orientamento
all’interesse privato.
3. Particolarismo
4. Ruoli diffusi.
5. Status ascritti.
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

Società moderne:
1. Neutralità
affettiva
2. Orientamento
all’interesse
collettivo
3. Universalismo
4. Ruoli specifici.
5. Status acquisiti.
LA DUALITÀ DELLA STRUTTURA
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
“è l’uomo a fare la storia, ma in condizioni non
scelte da lui” K. Marx.
Il peso delle strutture sociali condiziona l’azione
sociale degli attori.
Le scelte degli attori producono il mutamento.
Effetti di composizione / Sistemi di
interdipendenze.
Le strutture sono astrazioni, l’interazione è reale.
L’AZIONE SOCIALE
Uno per l’altro, con l’altro, contro l’altro

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

L’azione sociale è un agire riferito al senso.
Senso dell’agente/attore (individui o gruppi).
Senso come significato intenzionale attribuito
all’azione.
Senso come definizione della situazione.
TIPOLOGIA DELL’AZIONE SOCIALE
Uno per l’altro, con l’altro, contro l’altro
AZIONI RAZIONALI
Rispetto allo scopo: scopo, mezzi,
conseguenze.
Rispetto al valore: scopo, mezzi, valori
interiorizzati, imperativi

AZIONI DETERMINATE AFFETTIVAMENTE

AZIONI TRADIZIONALI

RAZIONALITÀ E DEFINIZIONE DELLA
SITUAZIONE



La razionalità  relativa alla situazione in
cui ci si trova.
La situazione  è quella definita tale dagli
attori coinvolti.
TEOREMA DI THOMAS  “una situazione
definita reale dagli attori coinvolti, è reale
nelle sue conseguenze”
RELAZIONE SOCIALE




QUADRO DELLE AZIONI SOCIALI: Due o
più individui che orientano reciprocamente
le loro azioni
ASSOCIAZIONE E DISTANZA: le due forme.
Tipi: cooperative e conflittuali.
Durata: stabili o transitorie.
INTERAZIONE SOCIALE



AGIRE REAGENDO ALL’AZIONE: la “storia”,
il “contenuto”, i modi della relazione sociale.
Interazione diretta: compresenza, faccia a
faccia.
Interazione indiretta: senza compresenza
(dal telefono in poi).
IL GRUPPO SOCIALE





INSIEME DI PERSONE
CHE INTERAGISCE CON CONTINUITÀ
SCHEMI DI INTERAZIONE STABILI
SI DEFINISCONO MEMBRI DEL GRUPPO
SONO DEFINITI TALI DA ALTRI
Gruppo  Aggregato  Categoria sociale
I RUOLI SOCIALI
Descrivere un gruppo significa descriverne i
ruoli differenziati.
 RUOLO: insieme di comportamenti che

ci si aspetta da chi occupa una data
posizione sociale.
Punto di incontro fra le vite individuali e le
strutture sociali.
IL CONCETTO DI RUOLO SOCIALE NON
RISULTA SOLO DALLO STUDIO DEI GRUPPI
I RUOLI SOCIALI

RUOLI SPECIFICI: comportamenti limitati
e specifici.



RUOLI DIFFUSI: insieme ampio e non
definito di comportamenti.
Il gruppo totalitario impegna tutti i ruoli dei
partecipanti.
OGNI PERSONA HA TANTI RUOLI QUANTE
SONO LE SUE APPARTENENZE
I RUOLI SOCIALI:
SCHEMI DI COMPORTAMENTO ATTESI E FORMALIZZAZIONE

SCHEMI DI COMPORTAMENTO ATTESI:
1. Gruppi primari: interazione faccia a faccia,
ruoli diffusi, contenuti affettivi.
2. Gruppi secondari: ruoli specifici,
interazioni indirette, impersonali.


GRUPPI FORMALI
GRUPPI INFORMALI
ERVING GOFFMAN (1922-1982)
NOI E I NOSTRI RUOLI





Controllare le impressioni di sé (base
dell’immagine di sé).
Esecuzione regolare di un ruolo.
Attaccamento/ Distanza/ Assorbimento
rispetto ai ns. ruoli.
Aspettative reciproche inespresse.
Salvarsi la faccia: il tatto.
I COMPORTAMENTI COLLETTIVI

Un insieme di individui agisce SENZA RIFERIRSI A RUOLI
DEFINITI (come nei gruppi).
1. IL PANICO: reazione circolare, perdita di controllo.
L’altro è il mio nemico.
2. LA FOLLA: reazione circolare, sviluppo di atteggiamenti
comuni: a): folla espressiva; b): folla attiva. L’altro è il
mio amico/alleato.
3. IL PUBBLICO: interazione interpretativa, risposte con
contenuto diverso rispetto ai messaggi di altri
partecipanti (spesso: polarizzazione delle opinioni).
I GRUPPI ORGANIZZATI:
Le ASSOCIAZIONI





Insieme di persone che perseguono
interessi/ideali comuni
Gruppo secondario formale
Aspetto volontario
Condizioni di sviluppo: libertà politiche, livello
di reddito e istruzione, debolezza dei ceti.
Cfr. Alexis de Tocqueville, De la démocratie en Amérique,
1835-40
I GRUPPI ORGANIZZATI:
Le ORGANIZZAZIONI
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



Uffici costituiti per raggiungere fini.
Gruppo secondario formale
Aspetto non volontario
Personale specializzato, retribuito, inquadrato
gerarchicamente.
Ordinamento razionale.
IL TIPO IDEALE WEBERIANO DI
BUROCRAZIA





Divisione dei compiti
Gerarchia di comandi
Regole scritte
Specializzazione > credenziali
educative; fine del ‘dilettante di
talento’; concorsi/selezioni.
Retribuzione da parte dell’organizzazione
WEBER: BUROCRAZIA COME
ORGANIZZAZIONE EFFICIENTE




COMPETENZA CERTIFICATA
RIDUZIONE DELL’ANSIA SOCIALE
RIDUZIONE DELLA CORRUZIONE
(NEPOTISMO/FAMILISMO).
QUADRO CHE GARANTISCE RELAZIONI
IMPERSONALI DI LAVORO
INEFFICIENZA DELLA BUROCRAZIA:
IL PARADOSSO DI MERTON


MANSIONI SEMPLICI E
STRANDARDIZZATE: efficiente.
MANSIONI COMPLESSE: le stesse
condizioni che la rendono efficiente in
condizioni normali, la rendono qui
inefficiente (impersonalità, gerarchia,
regole scritte, ecc.)
IL MODELLO DI MINTZBERG
TIPI DI BUROCRAZIE






Rispondere alla certezza o incertezza
ambientale
1. A STRUTTURA SEMPLICE
2. MECCANICA (weberiana)
3. BUROCRAZIA PROFESSIONALE
4. A STRUTTURA DIVISIONALE
5. ADHOCRAZIA
LE NORME SOCIALI




MODELLI ELEMENTARI DI COMPORTAMENTO
CARATTERE PRESCRITTIVO
SEMPRE ACCOMPAGNATE DA SANZIONI
CAMBIANO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO
(relatività delle norme)
LE NORME SOCIALI



NORME SOCIALI E NORME GIURIDICHE
NORME FORMALI E NORME INFORMALI
(NORME ESPLICITE E NORME IMPLICITE)
REGOLE COSTITUTIVE E REGOLE
REGOLATIVE
PERCHÉ SI UBBIDISCE?



STRATEGIE DI UNIVERSALIZZAZIONE:
CONVENIENZA PRATICA PER L’ATTEGGIAMENTO
CONFORME.
INDUZIONE DI SISTEMI STABILI DI
ASPETTATIVE RECIPROCHE
PREVEDIBILITÀ RELATIVA DEI
COMPORTAMENTI SOCIALI
LE SANZIONI
SANZIONI
Formali
Informali
POSITIVE
Premio,
onoreficenza,
riconoscimento
pubblico
Successo, carriera,
autorevolezza nel
gruppo di
riferimento
NEGATIVE
Arresto, multa, altre
Esclusione da un gruppo,
punizioni, esclusione da emarginaz.ne,
insulto,
istituzioni, licenziamento derisione, isolamento
I SISTEMI NORMATIVI:
COERENZA ED INCOERENZA



ANOMIA
ECCESSO DI NORME
NORME CONTRADDITTORIE (NORME E
CONTRO-NORME): DILEMMI ETICI
CARENZA DI NORME
ISTINTO E “APERTURA”:
L’UOMO INDETERMINATO




Impulsi non specializzati.
Istinti umani adattabili ed elastici (alimentazione,
sessualità).
Coesistenza fra animalità e socialità dell’uomo. Carattere
ibrido dell’esperienza: sociale, corporea, tecnica,
materiale.
L’uomo si forma in un ambiente che è insieme naturale e
culturale

L’uomo nasce con una predisposizione alla socialità, ma
diventa membro della società.
ISTITUZIONALIZZAZIONE




Un’attività umana si istituzionalizza quando si
produce una tipizzazione reciproca di azioni
consuetudinarie da parte di un gruppo di esecutori.
Tutta l’attività umana può essere consuetudinaria, e
quindi venire istituzionalizzata.
Significato di un’istituzione  suo riconoscimento
sociale come soluzione “permanente” a un problema
“permanente”.
Ogni istituzione sociale è stata creata e può sparire.
La determinatezza delle
istituzioni sociali





“Le istituzioni [sociali] che sono state cristallizzate… si
presentano all’esperienza come esistenti al di sopra e al di là
degli individui che ‘per caso’ le incarnano in quel momento” p. 89
Qualunque istituzione sociale appare come oggettiva,
inalterabile, autoevidente.
Essa si oggettivizza nei significati istituzionali, nelle azioni
istituzionalizzate e nei ruoli.
Le sanzioni colpiscono chi non accetta l’oggettivizzazione.
I fenomeni umani sono visti come “cose”: come PRODOTTI
di processi non umani (naturali, tecnici, divini, magici, ecc.): è la
reificazione o NATURALIZZAZIONE.
L’OGGETTIVAZIONE NEL
LINGUAGGIO



L’esperienza si oggettiva nel linguaggio, cioè si
trasforma in un oggetto di conoscenza accessibile a
tutti.
Solo quando viene tradotta e oggettivata in un
LINGUAGGIO, l’esperienza può sedimentarsi ed
essere condivisa.
Ogni oggettivazione può essere rimessa in
discussione a causa o di un incidente biografico
(domanda chi sono io?), o perché due risposte in
conflitto sono socialmente disponibili.
LA TRADIZIONE
SEDIMENTATA
• Chi ha potere ha interesse che le
definizioni tradizionali della realtà
siano mantenute
• Il dominio delle definizioni tradizionali
inibisce il mutamento sociale.
• Il conflitto sulle definizioni ( società
pluralistiche) lo accelera.
La “logica del mondo”: il
linguaggio




Il mondo assume una logica ed è formato da
‘oggetti’ visti come ‘la realtà’.
Attraverso l’uso del linguaggio e degli apparati
conoscitivi (scienza, senso comune…) fondati sul
linguaggio l’esperienza diventa parole, concetti.
Esso è coerente al suo interno (‘logico’), ma spesso
dimentico dell’origine delle istituzioni cui dà forma.
La logica si sovrappone al mondo sociale e lo mostra
coerente, integrato, più di quanto non sia.
I sistemi culturali





I sistemi culturali sono universi simbolici, cioè insiemi
composti da simboli (segni, parole, immagini, figure
retoriche, ecc.).
Essi si strutturano sulla base di ciò che vale per tutti e di
ciò che è pertinente solo a ruoli specifici.
Nascono da riflessioni soggettive, ma vengono condivisi
e diventano sistemi integrati.
Hanno una natura teoretica ed hanno una storia, ma
sono vissuti ingenuamente come naturali e scontati.
Ordinano la percezione soggettiva della propria vita, del
mondo sociale in cui si è nati e del mondo in genere.
Gli universi simbolici





Determinano i limiti di ciò che è pertinente >
delimitano la realtà.
Assegnano un rango a ogni fenomeno in una
gerarchia dell’esistente > che coincide con i confini del
mondo sociale.
Creano un’unità coerente fra presente, passato e
futuro.
Ciò che considerano estraneo è visto come un caos da
cui difendersi.
Gli US esistono solo se collegati a gruppi o comunità
che se ne fanno portatori.
Interpretare e valutare
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



Ogni punto di vista è connesso a interessi sociali di
individui concreti: insieme prodotto sociale e fattore di
cambiamento o di conservazione.
I significati tendono a generare universi simbolici
coerenti e integrati.
Le pratiche sociali, le “aree di condotta” sono
spessissimo incoerenti e ibride.
La coerenza delle rappresentazioni porta a valutare
positivamente o negativamente le pratiche sociali.
Le cose si fanno non perché funzionano, ma perché sono
“giuste”.
La legittimazione




La legittimazione  ‘spiega’ e giustifica il mondo
istituzionale.
La legittimazione indica all’individuo (a) il perché del suo
comportamento e (b) il perché le cose stanno come
stanno.
In ogni istituzione sociale vi sono conoscenze che
forniscono norme alla condotta istituzionalizzata degli
attori sociali.
È sempre necessario legittimare l’esistente quando si
deve insegnare alle nuove generazioni o ai neofiti com’è
fatto il mondo in cui stanno entrando.
Definizioni istituzionali delle
situazioni



Le definizioni istituzionali delle situazioni (DIS) si
impongono agli individui: ma nella società
pluralista è difficile legittimare in modo assoluto
le singole aree di condotta differenziate.
Le DIS si attribuiscono validità conoscitiva, e
prescrivono comportamenti, indicano norme.
“Ricetta di base” del funzionamento delle DIS 
conferire loro un’essenza indipendente
dall’attività e dalla comprensione umana
(reificazione).
Ideologia come
legittimazione





Nella società pluralista coesistono diverse forme di
legittimazione.
Lo stesso universo viene interpretato in modi diversi a
seconda di concreti interessi i cui portatori sono gruppi
sociali diversi.
La condivisione di una ideologia rafforza la solidarietà dei
gruppi.
Una volta adottata da un gruppo sociale, un’ideologia
viene modificata in relazione agli interessi che deve
legittimare.
L’ideologia non richiede riscontri empirici.
I quattro livelli della
legittimazione
1.
Incipiente: quando un tipo di spiegazioni viene
trasmesso (“le cose qui da noi si fanno così…”)
2. Astrazione rudimentale, in relazione a gruppi di
significati (proverbi, leggende, massime e morali).
3. Teorie esplicite che legittimano un intero settore
istituzionale come corpo di conoscenze differenziate.
Può già richiedere un corpo di esperti.
4. Universi simbolici interi, che riguardano l’intero ordine
istituzionale.
Legittimazione e identità




Gli universi simbolici interpretano anche la realtà
individuale.
Le teorie sull’identità sono sempre inserite in più estese
teorie sulla realtà: la psicologia presuppone sempre una
cosmologia particolare.
Le teorie psicologiche, che definiscono anche la realtà,
tendono a realizzarsi con forza negli stessi fenomeni che
spiegano.
Gli individui le rendono reali nell’atto stesso di
interiorizzarle, le utilizzano per costruire un’immagine
legittima del proprio Sé, in realtà ideologica, che
interpretano però come “autentica”.
FASI
DELL’ISTITUZIONALIZZAZIONE



Abitualizzazione  ogni azione ripetuta si
cristallizza secondo uno schema fisso, che può
essere riprodotto senza bisogno di ri-negoziarlo.
Tipizzazione  ogni modello di condotta
condiviso con l’Altro. Ognuno si appropria di
modelli di condotta altrui facendoli propri.
La vita sociale può definirsi come sfere crescenti
di routine che si considerano ovvie
(naturalizzate).
Azione istituzionalizzata e
interiorizzazione



La forza dell’ordine istituzionale si impone ad
ogni persona.
Interiorizzarla significa instaurare un alto grado
di simmetria fra realtà interna ed esterna alla
persona  dialettica incessante
Le persone non solo subiscono, ma partecipano
alla formazione dell’ordine istituzionale.
L’ordine sociale




Le diverse istituzioni sociali hanno la
tendenza ad “associarsi” in insiemi più
coerenti.
Si tende ad attribuire una “logica” unica
all’insieme dei processi istituzionalizzati.
L’ordine sociale in ogni sua fase è un
prodotto umano.
La sua stabilità nei discorsi nasconde il suo
mutamento continuo nelle pratiche.
L’ordine sociale e il caos


L’apertura di fronte al mondo si muta così in
chiusura di fronte al mondo  l’uomo ricerca
un ambiente stabile, al cui interno dirigere e
specializzare i suoi istinti.
L’ordine istituzionale  precario e minacciato
da realtà per esso prive di significato. Tutte le
società sono costruite a dispetto del caos.
Conformità e devianza



Ogni istituzione sociale contiene regole di
condotta e convenzioni appropriate.
Ogni deviazione dall’ordine istituzionale è
considerata deviante.
La condotta deviante sfida l’ordine sociale, in
quanto mette in discussione le definizioni
istituzionali della realtà e il loro valore (anche
conoscitivo).
Controllare e punire



I devianti, reali o potenziali, vengono ricondotti
all’interno delle regole di condotta istituzionali in
tutte le società:
Terapia: riequilibra il grado di simmetria fra il
deviante e la realtà “oggettiva”. Ha successo se
l’individuo fa proprio l’ordine simbolico generale.
Annichilazione: nega la possibilità di universi diversi
dal proprio ed elimina chi non ne fa parte.
Gli “esperti” dell’ordine
sociale




Le descrizioni istituzionalizzate della realtà generano
gruppi di esperti che rivendicano giurisdizione totale sulle
conoscenze.
L’inaccessibilità del loro sapere è garantita dal linguaggio
esoterico.
L’intellettuale è un ‘contro-esperto’ che propone
definizioni di realtà alternative.
Egli si organizza in gruppi settari o in partiti rivoluzionari,
al cui interno trova una base di relazioni veramente
esistente per le sue teorie alternative.
Il mondo sociale



Le aree di condotta omogenea (o mondi sociali,
o comunità di pratiche) corrispondono a sfere di
attività separate (“fanno cose assieme”): non
hanno bisogno di essere integrate in un unico
sistema.
La logica unitaria non risiede solo nelle pratiche,
ma negli Universi Simbolici che i membri
generano.
Tali US sono in relazione con gli interessi sociali
concreti del gruppo che li possiede.
Il ruolo sociale



Le istituzioni si incorporano nell’esperienza
individuale attraverso i ruoli. L’individuo
partecipa ai mondi sociali eseguendo i ruoli.
Ogni ruolo corrisponde a un insieme di azioni
programmate, in questo modo favorisce
l’istituzionalizzazione delle condotte.
Facendo propri i ruoli (interiorizzandoli), rende il
mondo sociale soggettivamente reale.
Azione istituzionalizzata e
ruolo sociale



L’azione istituzionalizzata si concretizza in
un ruolo ma non in una persona: è
ripetibile da ognuno.
Interiorizzando i ruoli, una persona fa sì
che lo stesso mondo diventi reale per lui.
Anche se l’attore si identifica con i ruoli,
ma nella sua coscienza può distaccarsene,
attribuendo la loro esecuzione a un
segmento ‘sociale’ del proprio Sé.
Il ruolo sociale e
l’istituzionalizzazione




I ruoli  l’oggettivazione della struttura della
società nei sistemi situati di interazione.
Le istituzioni sociali non esistono empiricamente
al di fuori della loro realizzazione nei ruoli.
Nell’esperienza concreta degli individui, i ruoli
rappresentano le istituzioni.
La coscienza individuale è socialmente
determinata soprattutto dall’insieme di
conoscenze necessarie per eseguire i ruoli.
Conversazione e routine




La conversazione continua crea una struttura di
plausibilità condivisa da tutti. Permette la traduzione di
convenzioni e azioni istituzionalizzate in routine.
La gran parte della conversazione noncurante, per il suo
carattere massiccio, rende plausibile la realtà esistente.
Allo stesso tempo, la modifica incessantemente,
arricchendola o impoverendola di alcuni elementi.
L’interruzione o l’isolamento dalla conversazione rendono
meno plausibile la realtà per gli attori.
L’identità e il Sé




L’identità personale nasce dalla dialettica tra coscienza
individuale, organismo e società.
È l’elemento chiave della realtà soggettiva, ma è in
rapporto costante con la società.
Il Sé, entità riflessa  dialettica fra identificazione da
parte degli altri e autoidentificazione.
L’appropriazione del Sé e del mondo sociale
d’appartenenza  stesso processo, mediato dalle stesse
“persone importanti”, il nostro specchio.
Le “persone importanti” e
l’Altro generalizzato




Non si sceglie il mondo sociale in cui si nasce, né le
persone per noi importanti.
Passaggio a un’identità adulta  graduale astrazione dei
ruoli e dei comportamenti (spersonalizzazione).
Le norme e i ruoli vengono riferiti a una generalità (che
include la società), nei limiti in cui è significativa per la
persona concreta.
Si forma nella coscienza la figura dell’Altro generalizzato
 corrisponde all’accettazione della società come realtà
e di una propria identità coerente e situata in quella
società.
LA SOCIALIZZAZIONE





PROCESSO attraverso cui un individuo si insedia nel mondo
oggettivo di una società o di un suo settore di attività, e lo
include nella propria identità personale.
VARIA in base alla distribuzione delle conoscenze
SOCIALIZZAZIONE PRIMARIA: quella che un individuo
intraprende nell’infanzia, e che lo porta a diventare membro di
una società.
SOCIALIZZAZIONE SECONDARIA: ogni processo successivo
che introduce un individuo già socializzato in nuovi settori
specifici di attività.
Nessuna S. secondaria può sperare di aver successo se si pone in
contrasto totale con la S. primaria.
Socializzazione primaria




I significati istituzionali devono essere impressi con forza
e indelebilmente nella coscienza dell’individuo: per
questo vengono semplificati e resi assertivi.
Il mondo viene oggettivato per mezzo del linguaggio;
ordinato in oggetti che sono considerati la realtà;
interiorizzato in forme logiche come verità oggettiva.
Per il bambino il mondo è poco comprensibile, in quanto
estraneo alla sua esperienza: non distingue la ‘realtà’
della natura da quella dei fenomeni sociali.
Tutte le istituzioni gli appaiono fatti innegabili, che hanno
potere su di lui per la loro fattualità e per le sanzioni che
ne colpiscono l’infrazione.
Effetti e condizioni della
socializzazione primaria




La S. primaria avviene in un’atmosfera di grande
emotività e dipendenza dalle ‘persone importanti’.
L’interiorizzazione avviene solo quando il bambino fa
propri i ruoli e gli atteggiamenti delle persone importanti.
Le persone importanti modificano i significati istituzionali
trasmettendoli al bambino, autoconvincendosi delle
proprie scelte e determinando in modo più forte il loro
senso di realtà.
Si rende ‘stabile’ ciò che è precario (che è stato costruito
ed è sempre rinegoziabile): gli universi simbolici, le
identità, i ruoli, la socializzazione stessa.
Socializzazione riuscita o
fallita





Processo che dà luogo alle prime e fondamentali
conoscenze sul mondo, alle identità personali.
Fallisce quando non riesce a creare nel bambino la ‘fede’
nell’inevitabilità della realtà e del proprio ruolo.
Incidenti biografici, contatti con mondi diversi, ruoli
insoddisfacenti, libera riflessione, oppure il fatto che
diverse ‘persone importanti’ mèdino diverse ‘realtà’.
È riuscita quando si ottiene simmetria fra realtà
‘oggettiva’ e realtà soggettiva (e identità).
TERMINA quando si interiorizza nella coscienza l’Altro
generalizzato.
La socializzazione secondaria


Processo che determina l’interiorizzazione di
conoscenze legate a ruoli specifici, situati in sottomondi istituzionali, diversi rispetto al mondo-base
della socializzazione primaria.
I ruoli sono impersonali, il loro contenuto specifico è
spesso standardizzato e facilmente apprendibile:
vocabolari, campi semantici particolari, “tacite
intese”.
Condizioni della
socializzazione secondaria



Si tende a minimizzare l’opposizione con il mondobase. Il presente è interpretato in forme accettabili
per i neòfiti.
Soggettivamente, si dovrà accettare che il mondobase non è il solo, e che ha una collocazione sociale
precisa.
La plausibilità della Socializzazione secondaria è
minore della primaria, ed è più vulnerabile.
Esteriorizzazione come
produzione della società


I prodotti dell’attività dei gruppi si
oggettivano in significati che vengono
proiettati sulla realtà (processo di
esteriorizzazione), producendola in forme
determinate e nuove.
Conseguenza della riflessione su ciò che si è
compiuto da parte delle coscienze, da cui in
questo modo ci si distanzia.
La risocializzazione



Ristrutturazione del Sé simile alla
Socializzazione primaria, ma vissuta da
adulti: atmosfera affettivamente carica e
nuove “persone importanti”.
L’individuo è socializzato a definizioni della
realtà nuove o eretiche e la sua realtà
soggettiva trasformata.
Il prototipo è la conversione religiosa.
Condizioni della
risocializzazione



È necessario creare nuove strutture di
plausibilità permanenti.
I neòfiti devono segregarsi e/o staccarsi dal
vecchio ambiente, fisicamente o anche
mentalmente. Il vecchio mondo va
reinterpretato o anche annichilito.
La setta religiosa, i lager e la psicoterapia  i
campi tipici.
La setta



La comunità di risocializzati crea la struttura
di plausibilità necessaria per l’oggettivazione
di definizioni ‘nuove’ della realtà
I compagni mantengono insieme la realtà
oggettiva dell’ideologia settaria.
Forme secolarizzate di settarismo: il gruppo
rivoluzionario.
STRATIFICAZIONE SOCIALE:
Definizione
“Sistema di disuguaglianze strutturali di una
società”.
 “strutturali” : permanenti, non effimere.


Distribuzione diseguale di beni materiali e
simbolici fra gruppi sociali.
Relazioni diseguali di potere fra i gruppi
sociali (chi comanda, chi obbedisce).
Che cos’è uno strato sociale?
UN INSIEME DI INDIVIDUI CHE GODONO DELLA
STESSA QUANTITÀ DI:



Risorse materiali (ricchezze);
Risorse simboliche (onore sociale, prestigio,
purezza rituale, “considerazione”);
Potere (occupano la stessa posizione nei rapporti
di potere).
SISTEMI DI STRATIFICAZIONE:
I CETI
Sistema di gruppi sociali chiusi fra di loro
diseguali in base al diverso onore sociale
connesso a uno stile di vita.




Appartenenza per nascita.
Diritti e privilegi di ceto.
Esclusività e chiusura sociale.
Stile di vita particolare.
SISTEMI DI STRATIFICAZIONE:
SISTEMI DI CETO: L’ANCIEN RÉGIME
“è solo la nascita, indipendentemente dalla
ricchezza, a classificare gli uomini”
(A. de Tocqueville)



Importanza degli status ascritti.
Disuguaglianze di fatto e di diritto.
L’appartenenza ai ceti conferisce prestigio
ma impone obblighi in termini di stili di
vita.
SISTEMI DI STRATIFICAZIONE:
LE CLASSI SOCIALI
Gruppi sociali con le stesse possibilità di vita in termini
economici (ricchezza), disuguali per le diverse possibilità
economiche ma uguali di fronte alla legge.


I tipo di classificazione: la fonte del reddito
(rendita, profitto, salario).
II tipo di classificazione: relazione di lavoro e
situazione di mercato.
TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE
La teoria delle classi in Marx



Fondamento dei sistemi di classe: il rapporto fra le forze
produttive e i rapporti di produzione configura i modi di
produzione (mdp antico, mdp feudale, mdp capitalistico)
Si appartiene a una classe sociale se si è proprietari o meno
dei mezzi di produzione.
La classe in sé si differenzia dalla classe per sé sulla base
della coscienza di classe.
TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE
La teoria di Max Weber




La disuguaglianza sociale si manifesta in tre ambiti diversi
(sovrapposti o distinti):
ECONOMIA (nel mercato)  classi sociali: il
bene distribuito in modo diseguale è la
RICCHEZZA.
CULTURA (nella società)  ceti sociali: il bene
distribuito in modo diseguale è l’ONORE
SOCIALE.
POLITICA (nei rapporti di potere)  partiti
(distribuito in modo diseguale è il POTERE)
TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE
La teoria di Max Weber: le classi

La situazione di mercato fonda l’appartenenza e il conflitto di
classe.



Mercato del lavoro: acquisto e vendita della forza lavoro
(operai; imprenditori).
Mercato delle merci: consumatori, venditori. È il mercato
tipico dell’era feudale.
Mercato del credito: debitori, creditori. È il mercato
prevalente nell’Antichità classica.
TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE
La teoria di Max Weber: le classi
Tipi di classi sociali prevalenti a seconda del periodo storico e del tipo di economia:
Privilegiate in
senso positivo
Privilegiate in
senso negativo
Classi possidenti
Redditieri
che
traggono i loro redditi
da schiavi, miniere,
impianti di lavoro,
navi.
Classi acquisitive
Imprenditori
(agricoltura,
industria,
commercio),
professionisti
(avvocati, medici).
Classi medie, piccole proprietà, titoli di
studio
minori,
piccole
competenze
professionali (artigiani, contadini, piccoli
burocrati).
Coloro
che
non Lavoratori.
dispongono di nulla.
TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE
La teoria di Max Weber: i ceti


Situazione di ceto: destino di un gruppo di
uomini, condizionato da una comune
valutazione sociale del proprio onore,
comune a tutti i membri del gruppo.
ONORE DI CETO: implica una particolare
condotta di vita; limita i rapporti sociali
(connubium e commensalità).
Le classi sociali in Bourdieu
(pron. /burdyö/)


Individuare un principio di classificazione che
si fondi su proprietà determinanti costanti e
non differenze apparenti.
Occorre studiare casi di un universo di
configurazioni possibili come realtà empiriche
situate in un tempo e in uno spazio concreti.
Le classi sociali in
Bourdieu/2



Le classi sociali non sono un dato, ma una
predisposizione ad esistere in base alla
posizione dei loro membri nello spazio
sociale.
Fra chi è vicino è possibile prevedere incontri,
affinità, simpatie e desideri.
Le classi non sono un gruppo che si mobilita
in vista di obiettivi comuni.
Le classi sociali sono fenomeno
relazionale, non di sostanza


Le pratiche e le preferenze degli attori sociali
(agenti) che ne fanno parte sono visti come
una essenza naturale degli agenti o della
classe sociali d’appartenenza.
Ma ogni pratica o consumo può essere capito
solo in relazione ad altre pratiche, tipiche di
altre posizioni sociali, non in sé.
Come si individuano le
classi?



Bourdieu individua tre strutture fondamentali:
l’habitus, il campo e le forme di capitale.
L’habitus  struttura (condotta, gusti,
preferenze…) fatta propria dagli agenti come
una propria essenza.
Il campo  struttura obiettiva delle relazioni
fra gli agenti.
La teoria dell’azione
disposizionale



Per Bourdieu l’agire sociale prende atto dell’habitus
e delle forme di capitale iscritte nei corpi degli
agenti.
L’agire non è solo motivato razionalmente, ma è
mosso anche da habitus e capitale.
Gli agenti non sono automi, ma compiono SCELTE
fra campi diversi di pratiche di consumo, possesso,
espressione, ecc.
La distinzione sociale



È una proprietà relazionale che sottolinea le
distinzioni di habitus fra chi occupa posizioni
sociali diverse.
È alla base della vita relazionale e conduce a
fissare i confini di uno SPAZIO SOCIALE.
Contiene spesso la violenza simbolica
(disprezzo degli stili di vita “inferiori”).
L’HABITUS



STILE DI VITA unitario che traduce i criteri
intrinsechi e relazionali di una posizione
sociale.
Gli habitus sono differenziati (fra di essi) e
differenzianti (distinguono i gruppi fra di loro)
Per chi li ha introiettati, corrispondono a
princìpi di classificazione del mondo.
L’HABITUS/2



Le differenze di stile di vita diventano
differenze simboliche che costituiscono un
linguaggio.
Essere distintivi = essere significativi.
In coloro che hanno introiettato un habitus,
la differenza struttura la percezione degli
altri, del mondo, naturalizza le disposizioni di
ciascuno.
HABITUS E SPAZIO SOCIALE



Le classi di habitus e di gusti delimitano lo
spazio delle posizioni sociali.
Esse rappresentano un insieme sistematico di
beni e proprietà uniti da affinità di stile.
Tali classi sono prodotti da condizionamenti
sociali tipici delle posizioni sociali occupate
dagli agenti.
HABITUS E CLASSI SOCIALI


Si stabilisce una corrispondenza fra le
posizioni nello spazio sociale, gli habitus e le
prese di posizione (le scelte) degli attori.
Le classi sociali raggruppano attori simili per
ricchezza, pratiche culturali, consumi e
opinioni politiche.
LO SPAZIO SOCIALE
“Insieme di posizioni distinte e coesistenti,
esterne le une alle altre, definite le une in
rapporto alle altre, in base alla loro reciproca
esteriorità e a relazioni di prossimità, di
vicinato e di distanza e inoltre da relazioni
gerarchiche (sopra, sotto, fra)”, p. 19 ed.
orig.
Attori e spazio sociale



Lo spazio sociale è prossimità e distanza degli
agenti fra di loro.
Tali proprietà corrispondono a un campo di
SCELTE fatte all’interno degli stili di vita
esistenti.
Gli agenti si distribuiscono al suo interno in
base a due criteri: il capitale economico e
quello culturale.
Spazio e campo sociale,
concetti fondamentali



Gli individui ed i gruppi esistono non per se
stessi, ma nella e grazie alla differenza e alla
relazione con l’altro.
Lo spazio s.  luogo al cui interno ci si
affronta con mezzi e fini differenziati.
Il campo s.  posizioni sociali fra di loro
prossime, all’interno dello spazio s.
L’oggetto della sociologia: le
relazioni sociali




La sociologia non deve individuare qualità essenziali,
ma campi di forze al cui interno si formano singoli
tipi.
Individuare il principio che genera le differenze,
spesso invisibile e oscuro.
Per Bourdieu, si tratta della distribuzione del potere
e dei tipi di capitale.
La struttura della sua distribuzione varia nel tempo e
nello spazio.
Campo sociale, strutture
formali, capitale



All’interno di un campo sociale si formano
strutture formali.
Sono il campo economico, politico, artistico,
ecc., in un processo che culmina con lo Stato,
che concentra le risorse economiche e
politiche.
L’appartenenza a un campo è in ultima analisi
determinata dal capitale che si detiene.
Le forme di capitale e lo
spazio sociale


Bourdieu individua il capitale culturale e
quello economico, cui aggiunge una forma
di capitale sociale o relazionale.
In alcune situazioni (Paesi socialisti p. es.) il
capitale politico, in quanto conduce alla
patrimonializzazione del patrimonio
pubblico, ha un ruolo centrale.
Le forme di capitale e lo
spazio sociale
Gli attori si distribuiscono nello spazio sociale per:
1.
Volume globale di capitale (di ogni tipo) che
detengono;
2.
Proporzioni delle specie di capitale (culturale,
economico ecc.) che ogni attore detiene;
Evoluzione nel tempo di 1. e 2.
Prestigio e riproduzione dei
tipi di capitale


Le forze sociali che possiedono (in
proporzione) un certo tipo di capitale
lottano per rafforzarne il tasso di cambio
ovvero il suo valore rispetto agli altri tipi.
Il capitale culturale si riproduce soprattutto
attraverso la famiglia e la scuola.
Istruzione e disuguaglianza: cosa
dice la sociologia dell’educazione



I sistemi educativi sono un fattore di disuguaglianza:
FORME DI DISUGUAGLIANZA SCOLASTICA: 1):
Rendimento scolastico; 2): Intelligenza degli
studenti; 3): Origine sociale; 4): Ambiente
scolastico.
Essi producono e riproducono i sistemi di
stratificazione sociale.
Istruzione e disuguaglianza
CORRELAZIONI FONDAMENTALI

SUCCESSO SCOLASTICO E CLASSE SOCIALE

SUCCESSO SCOLASTICO E TITOLO DI
D’APPARTENENZA.
STUDIO DEI GENITORI (DELLA MADRE
IN PARTICOLARE).
La scuola perpetua la
disuguaglianza



Esiste una nobiltà ereditaria di grandi
manager, grandi medici, burocrati e politici.
Le grandi università, che conducono alle
posizioni sociali più elevate, sono
monopolizzate dai figli dei ceti elevati.
Legame nascosto fra le capacità scolastiche e
l’eredità in termini di capitale culturale.
La selezione scolastica


Attraverso le bocciature e i percorsi riservati
(licei in Italia) la scuola separa i detentori del
capitale culturale da quelli che ne sono
sprovvisti.
La scuola maschera la selezione (funzione
sociale) con una funzione di valutazione
(funzione educativa).
Come si legittima la
selezione



IL CAPITALE CULTURALE: Conoscenze e valori 
rendimento scolastico.
L’ETHOS DI CLASSE: Atteggiamenti positivi
rispetto alla cultura scolastica  durata.
OSMOSI: modo di trasmissione “naturalizzante” di
capitale culturale e ethos di classe  auto- ed
eteropercezione.
Effetto di destino e violenza
simbolica



Le disposizioni generate dall’habitus sono
interpretate come vocazioni naturalizzate.
La scuola impone una gerarchia fondata su
un suo criterio oggettivo dell’intelligenza.
Reazioni: rotture brutali (bullismo, suicidio,
crisi psichiche, immagini del Sé negative).
La scuola classifica gli
individui



La scuola assegna in via definitiva differenze
di rango fra le persone.
Il titolo di studio attesta la differenza, ma ha
anche funzione rituale.
Così si maschera la relazione fra competenze
e status sociali riferendosi a diverse
competenze ‘tecniche’ o culturali anodine.
Le strategie educative dei
ceti elevati
I ceti elevati investono nelle strategie educative
perché:
 possiedono più capitale culturale che economico
oppure
 perché queste strategie riproduttive sono più
redditizie di quelle successorie
Le strategie cambiano in base all’evoluzione del
sistema della riproduzione sociale (scuole, leggi,
ecc.)
Howard S. Becker /hàuard beker/ e
l’interazionismo simbolico




Interazione, significato, interpretazione.
Si risponde alle azioni degli altri sulla base del
significato che si attribuisce loro
(interpretazione).
L’interazione umana è mediata dall’uso di
simboli (linguaggi di ogni natura) e oggetti.
Interpretare le azioni reciproche come mezzo
per agire l’uno verso l’altro.
Howard Becker e
l’interazionismo simbolico (2)


Il comportamento degli individui non è
“agito” da fattori sistemici (cultura, posizione
sociale, struttura delle personalità, ecc.), ma
è piuttosto legato alle interazioni correnti.
L’interpretazione delle situazioni da parte
degli attori è parte della formazione
dell’azione sociale.
Howard Becker e
l’interazionismo simbolico (3)




Le condizioni e i fattori sociali non sono
più importanti dei processi e degli eventi.
Il senso comune condiviso porta a una
certa uniformità nei comportamenti.
Adattamento reciproco dei partecipanti.
Società moderna  continua presenza di
situazioni nuove, da interpretare ex novo.
Howard Becker: Outsiders
(1963, it. 1987)




Creare norme, farle rispettare.
Le norme indicano ciò che è giusto e ciò che
è sbagliato fare.
Chi viene presunto come una persona che
infrange le norme è interpretato come un
outsider.
Interpretare i devianti come persone
particolari (attribuire loro qualità).
Definizioni tradizionali di
devianza





Gli atti contrari alle norme sociali sono devianti di
per sé.
I devianti hanno qualità (biologiche, psicologiche
ecc.) che li spingono a deviare, per la loro natura.
Gruppi diversi giudicano devianti cose diverse.
Giudicano gli stessi atti devianti con più o meno
tolleranza.
Sono influenzati nel giudizio da CHI commette l’atto
e da CHI se ne sente leso.
L’interpretazione statistica
della devianza




È deviante chi si comporta in modo diverso
dalla media di una popolazione.
Comprende in una stessa categoria tutto ciò
che si differenzia dalla media.
Confonde eccentrico con deviante.
Non tutto ciò che è eccentrico trasgredisce
norme.
L’interpretazione psicologica


•
•
Devianza come patologia, malattia mentale.
È difficile trovare una definizione di salute ed
equilibrio mentale simile a quella valida per
l’organismo.
Dà per scontato che un atto sia deviante in
sé, ma ne riporta la causa alla struttura della
personalità del deviante.
Non tutte le personalità disagiate compiono
atti devianti.
L’interpretazione
funzionalista
Devianza come sintomo di
disgregazione sociale e di riduzione
della stabilità sociale.
 In pratica, è difficile individuare ciò che
è funzionale o disfunzionale
 Decidere ciò che è funzionale o
disfunzionale è il prodotto di
negoziazioni sociali.

L’interpretazione relativistica

Definite le norme, è deviante chi le infrange.
Una persona può essere conforme per il
proprio gruppo e deviante per gli altri.
 Nella società moderna, i vari gruppi hanno
norme diverse, e i più forti impongono le
proprie agli altri.

Istituire norme, creare devianza



Definizione tradizionale: devianza come
infrazione di una norma data per scontata
nell’analisi
La società crea la norma, alcuni individui (con
qualità negative particolari) le infrangono,
spinti da situazioni particolari.
Critica interazionista: i gruppi sociali creano la
devianza istituendo norme la cui infrazione
costituisce la devianza stessa. La società (in
questo senso) crea la devianza.
Il carattere sociale della devianza




Né fattori sociali né disagio sociale, ma un
processo sociale di etichettamento.
Etichettamento: applicare le norme del
gruppo a determinate persone e
interpretarli come outsiders.
Il deviante non è altro che un individuo
che si è riusciti ad etichettare come tale.
Egli è partecipe del processo.
Applicare l’etichetta di deviante




È difficile applicare un’etichetta di deviante
Il legame fra l’interpretazione di una persona
come deviante e il fatto che abbia compiuto atti
devianti è incerto e non meccanico.
Devianti sono gli etichettati, non (solo) i
colpevoli.
È difficile trovare fattori psicologici e sociali
comuni a chi ha infranto una norma, tranne
l’etichetta condivisa.
TIPI DI COMPORTAMENTO
DEVIANTE
Comportamento Comportamento
obbediente
trasgressivo
Percepito
come
deviante
Falsamente
accusato
Pienamente
deviante
Percepito
come
conforme
Conforme
Segretamente
deviante
Devianza come processo e non
come qualità essenziale



Insieme di negoziazioni e accordi fra i gruppi sociali
e chi viene visto come deviante.
Il processo della devianza si fonda sulla reazione
degli altri e del deviante a un comportamento non
conforme.
Un atto è deviante (a) perché è contrario a una
norma (b) per la reazione degli altri che lo
considerano tale  ruolo fondamentale del
giudizio sociale.
Applicare l’etichetta


Infrangere una norma non comporta
meccanicamente l’applicazione dell’etichetta
di deviante (outsider).
Le norme si applicano con maggiore facilità a
membri di gruppi da cui ci si attende un
comportamento deviante (meno ai colletti
bianchi, più ai giovani e ad altri gruppi
stigmatizzati).
Devianza come prodotto
dell’etichettamento


La qualità della devianza si situa non nel
comportamento, ma nell’interazione fra
l’autore di un atto e chi vi reagisce.
“Lo stesso comportamento può essere
un’infrazione delle norme in un certo
momento, e non in un altro; può essere
infrazione se commesso da una certa
persona, ma non da un’altra…”
Norme, etichettamento e
gerarchia sociale




Sono i gruppi dominanti che adottano le
norme e che etichettano.
Gli adulti dettano le norme ai bambini.
Le classi medie dettano le norme
educative.
Gli in-groups dettano le norme per gli outgroups.
Modelli sincronici di devianza
Si accetta che la devianza sia una
patologia sociale e se ne ricercano le
cause di tipo oggettivo.
 Ma le cause non sempre si ‘attivano’ se il
deviante non ha raggiunto una fase in cui
la causa può provocare devianza.
 La devianza è “normale” e legata alla
natura interpretativa della società.

Il concetto di carriera



Tratto dalla sociologia delle professioni (influenza
di Everett Hughes).
“Successione di passaggi da una posizione
all’altra compiuta da un lavoratore all’interno di
un’occupazione” /posizioni non necessariamente
formali/
Career contingency  fattori casuali e
contingenti (e oggettivi/soggettivi) che
condizionano le mobilità di carriera.
Le carriere devianti
1.
2.
3.
4.
5.
Perpetrazione di un atto non conforme
Partecipazione a una sottocultura organizzata
intorno a un’attività deviante.
Essere etichettato pubblicamente come
deviante.
Devianza maggiore o secondaria: assunzione
di un’immagine di sé deviante.
Ingresso in un gruppo deviante organizzato.
1. Il primo passo


Cause non intenzionali: ignoranza delle
norme.
Cause intenzionali: crisi del commitment;
scarsa integrazione nella società
convenzionale; convenienza.
 Commitment: coinvolgimento nel
comportamento e nelle istituzioni
convenzionali.
2. Le subculture devianti




Sviluppo di interessi, motivazioni e tecniche
devianti.
Le motivazioni e gli interessi devianti si
esprimono con linguaggi acquisiti
nell’interazione fra devianti.
Le tecniche si apprendono come parte della
socializzazione nei gruppi devianti.
Esse hanno sempre natura sociale.
La subcultura dei
musicisti da ballo
Un gruppo stabile sviluppa un modo
proprio di vivere e interpretare le
cose: una cultura.
 Nel caso dei gruppi devianti la cultura
è diversa da quella dei conformi.
 È probabile che al centro della loro
cultura vi siano le pratiche devianti,
poiché li differenziano dai ‘normali’.

Una definizione
sociologica di cultura
Insieme di significati attribuiti agli atti
e agli oggetti dai membri di un
raggruppamento sociale.
 I significati sono convenzionali e
condivisi, e fungono da modello per
ogni membro.
 Gli studiosi li possono dedurre
studiando le azioni dei membri, anche
dai loro esiti.

Il neofita, l’esperto, il
pubblico
Similitudine con ogni mondo sociale e
con le professioni.
 Non tutti i membri hanno lo stesso
grado di coinvolgimento in una
cultura (neofita vs esperto).
 Tutti considerano gli esterni profani e
incapaci di giudicare del contenuto
della propria cultura.

Il processo di
autosegregazione: Noi




Il musicista si vede dotato di un talento
unico che lo rende diverso dagli altri.
Egli solo può giudicare del proprio lavoro e
stabilire che cosa sia interessante suonare e
come comportarsi.
Il musicista vede negli altri membri persone
con il suo stesso tipo di talento e diverso
dal pubblico.
Non considera dignitoso frequentare
persone prive del suo talento.
L’autosegregazione: il
pubblico





Il pubblico (gli square) è disprezzato in quanto
privo di talento artistico.
I suoi gusti “commerciali” sono ridicolizzati e presi
ad esempio negativo, così come i suoi stili di vita
“conformisti”.
È temuto perché costringe a suonare musica
considerata di cattivo gusto.
Però occorre diventare commerciali per avere
successo.
Due esiti: esoterismo e adattamento al disprezzato
pubblico. Distinzione sociale attraverso il gergo, la
moda, il palco.
3. L’etichetta




Essere etichettati dipende dagli altri
Cambia l’identità pubblica dell’individuo.
Una persona che ha rubato diventa “un
ladro” e si sospetta che sia la sua natura.
Ci si aspetta che sia predisposto a
commettere reati di ogni genere, a causa
di una sua “natura” (psicologica, sociale,
spirituale, magica, ecc.).
3. Etichetta e status



La devianza diventa la caratteristicachiave dello status sociale dei devianti
Gli altri status divengono accessori
rispetto a questa caratteristica principale.
Si considera la persona deviante come se
il suo status principale sussumesse tutti
gli altri (profezia che si autoadempie).
4. Devianza maggiore o
“secondaria”



Il deviante è escluso dagli ambienti
conformi (e talvolta recluso): cambiamento
di routine e di mondo sociale.
Si ricostruisce e reinterpreta la storia
personale e psicologica del deviante alla
luce di una qualità deviante prevalente.
Il deviante adatta la propria immagine di sé
alle aspettative sociali e sviluppa la sua
identità deviante almeno in parte.
5. Membro di un gruppo
deviante




L’identità deviante si rafforza.
Adozione di visioni del mondo, tecniche e
comportamenti, routine istituzionalizzate
devianti.
Razionalizzazione della posizione deviante e
produzione di forme di
legittimazione/giustificazione.
“Semplifica” la vita, è difficile recedere.
Fare carriera in un gruppo
deviante
 Nelle
carriere devianti esistono
problemi peculiari.
 Nel caso studiato, esiste
antagonismo con il pubblico, una
carriera per lavori diversi e non per
posizioni nello stesso luogo di lavoro,
e la formazione di gruppi influenti
che ne determinano la distribuzione.
Fare carriera in un gruppo
deviante / 2
 Per
fare carriera occorre gestire i
rapporti con le cricche influenti e
accettare di suonare per il
pubblico (sacrificando il talento).
 Occorre scegliere fra la carriera e
l’integrità artistica (prestigio).
Una carriera deviante:
il consumo di marijuana



Ipotesi  all’origine dell’uso della marijuana
vi è lo scopo di trarne piacere
Non sono le motivazioni devianti che
conducono al comportamento deviante.
È il comportamento deviante che produce,
nel corso di un processo, la motivazione
deviante. Entrambi sono frutto dello stesso
processo sociale.
I limiti delle spiegazioni non
sociologiche

1.
2.
Le giustificazioni psicologiche non sono né
sufficienti né necessarie per spiegare il
consumo della marijuana.
Non riescono a spiegare il numero alto di
consumatori di marijuana che non presentano
le caratteristiche psicologiche attribuite ai
tossici.
Non riescono a spiegare la variabilità nel
comportamento di uno stesso individuo rispetto
alla droga.
Il metodo della ricerca

Il metodo dell’induzione analitica. Ogni caso raccolto
nella ricerca deve convalidare l’ipotesi (all’origine
dell’uso della marijuana vi è lo scopo di trarne
piacere).

50 interviste discorsive: ricostruzione delle
esperienze personali nell’uso della droga; mutamenti
di atteggiamento nei confronti della droga; ragioni di
tali mutamenti. Si intende registrare la
testimonianza secondo l’ordine di priorità dei temi
dell’attore stesso. Solo traccia iniziale, niente
questionario.
Il problema dello “sballo”
non automatico
Sono necessari molti tentativi per imparare a “sballare”, e
tre condizioni del processo.



Condizione 1: imparare la tecnica perché produca effetti
reali  imparare a fumare la droga.
Condizione 2: imparare a sballare  riconoscere gli
effetti e attribuirli alla droga.
Condizione 3: definizione degli effetti come piacevoli. Il
principiante impara dall’interazione intensa con i
conoscitori a trarre piacere dall’esperienza della droga.
1. Apprendere la tecnica


1° passo: apprendere la tecnica per poter
fumare, apprendere lo sballo.
Il principiante viene socializzato (comunicazione
verbale, osservazione, imitazione). Se non si
impara ad attribuire piacere alla droga, l’uso
della droga viene abbandonato.
Nell’apprendimento si impara a riconoscere e
percepire effetti dalla droga. Solo attribuendo
alla droga effetti su se stessi si impara a
“sballare”, a provare piacere dalla droga.
2. Da consumatore a
conoscitore
2° passo: trasformazione dei consumatori in
conoscitori.
 Si apprezzano maggiormente le qualità
della droga.
 Si sviluppano alcune categorie analitiche
per individuare con precisione gli effetti
della droga.
 Lo sballo diventa “meno vago”, e
corrisponde a un insieme definito di
sensazioni.
Il piacere si impara
Nel corso del processo ha imparato a
rispondere sì alla domanda È piacevole?
 Tale giudizio costituirà la base di una
motivazione che potrà resistere a giudizi
esterni di tipo morale o medico.
 In qualsiasi momento del processo, se alla
domanda “è piacevole?” si risponderà no
si abbandonerà l’uso della marijuana.
Sfidare il controllo sociale



Per diventare consumatori di marijuana bisogna
sfidare il controllo sociale che preme perché i
comportamenti siano conformi alle norme e ai
valori.
Nelle società in cui c’è molteplicità di norme e di
valori, si aderisce spesso a gruppi che
possiedono norme e valori alternativi a quelli
dominanti.
In questi gruppi il controllo sociale è spesso
durissimo, ma di segno opposto.
Sfidare il controllo sociale (2)



Funzionamento del controllo sociale a.
erogazione di sanzioni (positive e negative) b.
discredito delle attività “devianti”.
Modi di opporsi alle sanzioni  a. sfuggire alle
sanzioni, rendendole inefficaci e b. influenzare le
opinioni in modo da legittimare (fra i devianti) le
pratiche devianti.
Esse sono sviluppate all’interno del processo che
porta il principiante a diventare un consumatore
di marijuana (un deviante) e ne influenza le
pratiche.
Controllo sociale e carriera
deviante


Carriera deviante del consumatore di marijuana1.
principiante; 2. consumatore occasionale e 3.
consumatore regolare.
Problemi di questa carriera : 1. il controllo sociale
impedisce il libero accesso alla droga; 2. la tendenza a
individuare e denunciare i consumatori di marijuana; 3.
l’interpretazione del consumo di marijuana come nocivo
e illegale.
Il consumo regolare di marijuana si instaura man mano che
questi tre tipi di controllo vengono neutralizzati.
Problemi di rifornimento e
segretezza



Rifornimento: per avere accesso alla droga e fare
carriera ci si dovrà aggregare a un gruppo deviante
(relazioni stabili o ingresso), che garantisca un
rifornimento costante.
Segretezza: controllare la paura di essere riconosciuti
come consumatori di marijuana. Sviluppo di tipiche
convinzioni di poter passare inosservati.
Il novizio apprenderà metodi e tecniche per controllare il
proprio comportamento quando si è sotto l’effetto della
droga. Man mano che diminuirà la paura, aumenterà il
consumo stesso di droga.
Problemi di moralità



La droga è vista come un attentato alla salute, e come
una perdita di autocontrollo da parte di chi ne fa uso. È
un discorso che blocca la maggior parte delle persone
rispetto al consumo di droga.
È probabile che il novizio provenga da ambienti critici
rispetto ai comportamenti e ai valori convenzionali.
La necessità di rispondere alla morale convenzionale si
può porre nuovamente nella fase più avanzata del
consumo (regolare), quando si deve far fronte
all’immagine negativa del tossicodipendente.
I conformi sono outsider
per i devianti


Dalla subcultura del gruppo deviante il consumatore
trarrà razionalizzazioni e giustificazioni che lo
porteranno a respingere le obiezioni della cultura
convenzionale.
La carriera deviante sarà influenzata dal fatto di
considerare le opinioni espresse dalla moralità
convenzionale come opinioni disinformate di persone
strane, “arretrate”, e che ai suoi occhi saranno i veri
devianti.
LE NORME E LA LORO
APPLICAZIONE
Per applicare una norma  qualcuno deve prendere
l’iniziativa di farlo.
 Occorre rendere pubblica l’infrazione: in questo
modo non potrà essere ignorata.
 Gli interessi personali dei denuncianti sono il motore
più importante del processo.
La riserva nelle situazioni meno organizzate della vita

metropolitana e
Il conflitto fra gruppi diversi proprio sull’applicazione
della norma la rendono più difficile.
Norme e valori: un
rapporto non meccanico

I VALORI: Un elemento di un sistema simbolico che
serva come criterio per la selezione fra le alternative
di orientamento che una situazione offre
intrinsecamente (T. Parsons) es. l’etica del lavoro.


Le singole norme si riferiscono a qualche valore e
offrono un modello di comportamento preciso.
Non è automatico né che una norma sia collegata a
un valore né che, una volta promulgata, la norma
venga applicata in una determinata situazione a
persone specifiche: lo fanno persone concrete.
Norme e valori: un
rapporto non meccanico

I VALORI: Un elemento di un sistema simbolico che
serva come criterio per la selezione fra le alternative
di orientamento che una situazione offre
intrinsecamente (T. Parsons) es. l’etica del lavoro.


Le singole norme si riferiscono a qualche valore e
offrono un modello di comportamento preciso.
Non è automatico né che una norma sia collegata a
un valore né che, una volta promulgata, la norma
venga applicata in una determinata situazione a
persone specifiche: lo fanno persone concrete.
GLI IMPRENDITORI
MORALI: i gruppi attivi



Gruppi o individui attivi si impegnano per
legittimare norme sulla base di valori, farle
approvare e applicarle in situazioni
concrete ad individui concreti.
Creano reti di alleati e influenzano
l’opinione pubblica usando il riferimento ai
valori.
Sono gli operai della costituzione morale di
una società.
GLI IMPRENDITORI
MORALI: i gruppi attivi



Gruppi o individui attivi si impegnano per
legittimare norme sulla base di valori, farle
approvare e applicarle in situazioni
concrete ad individui concreti.
Creano reti di alleati e influenzano
l’opinione pubblica usando il riferimento ai
valori.
Sono gli operai della costituzione morale di
una società.
TIPI DI IMPRENDITORE:
Il crociato delle riforme




Il crociato delle riforme è interessato più
alla definizione delle norme che alla loro
applicazione.
Millenarista e moralista, considera il
mondo perduto e malvagio.
Si rifà ad un’etica assoluta, appartiene ai
ceti superiori.
Corrisponde alla fase carismatica.
L’ISTITUZIONALIZZAZIONE
DELLA CROCIATA



Se l’imprenditore morale ha successo, si
forma un insieme di norme, anche legali.
Occorre creare un’organizzazione che si
occupi di applicare la norma (nuova
polizia, rimodulazione di vecchie polizie,
altro).
Si crea una nuova categoria di devianti
(es.: i fumatori).
I problemi di chi applica le
norme: la Polizia



La Polizia è interessata più all’applicabilità delle
norme che al loro aspetto valoriale.
Due esigenze tipiche di ogni professione:
legittimare la propria azione repressiva; essere
rispettato e rispettabile perché necessario.
Ideologia professionale: il reato viene visto come
pericoloso e inestinguibile (a causa della natura
umana); l’azione repressiva come necessaria.
Problemi di etichettamento
legati alla polizia



È facile che si etichetti più facilmente chi manca
di rispetto alla Polizia o che sia necessario ad
ogni costo “trovare un colpevole” per giustificare
l’esistenza stessa della Polizia.
In ogni caso, a monte di ogni etichettamento,
occorre che una norma sia definita, legittimata
in base ai valori condivisi, e che si sia individuata
una categoria di devianti.
Le regole non nascono spontaneamente
Problemi di etichettamento
legati alla polizia



È facile che si etichetti più facilmente chi manca di
rispetto alla Polizia o che sia necessario ad ogni costo
“trovare un colpevole” per giustificare l’esistenza stessa
della Polizia.
In ogni caso, a monte di ogni etichettamento, occorre
che una norma sia definita, legittimata in base ai valori
condivisi, e che si sia individuata una categoria di
devianti.
Le regole non nascono spontaneamente ma
costituiscono punti di passaggio obbligati (e mobili) di
ogni interazione sociale.
LA DEVIANZA E’ NORMALE
Dobbiamo vedere la devianza, e gli outsider che
personificano questo concetto astratto, come una
conseguenza di un processo di interazione tra persone:
alcune, nel servizio dei propri interessi, elaborano e
fanno applicare delle norme che colpiscono altre persone
che, nel servizio dei propri interessi, hanno commesso
degli atti etichettati come devianti.
H.S. Becker, Outs., pp. 164-165.
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