Si diffuse in Italia , quando il meridione scatenò un movimento di rivolta contro le idee di quei tempi che prevedevano di modernizzare stati o regioni più importanti ( come il Regno di Sardegna e La Savoia ), mentre le regioni meridionali rimanevano arretrate e sfruttate. Il brigantaggio ha spesso assunto i connotati di una vera e propria rivolta popolare. - Francesco Saverio Sipari riteneva che il brigantaggio potesse esaurirsi con la "rottura" dell'isolamento delle regioni meridionali, che era dato dall'assenza di strade e di ferrovie. -Francesco Saverio Nitti considerava il brigantaggio un fenomeno complesso, che poteva assumere i connotati di banditismo comune, di reazione alla fame e alle ingiustizie o di rivolta di natura politica. Egli riteneva che il brigante in gran parte dei casi si rivelava un paladino del popolo, un simbolo di una rivoluzione proletaria. Francesco Saverio Nitti Brigantaggio postunitario Per Brigantaggio postunitario si intende una forma di banditismo armato, già presente nel sud peninsulare e nella Sicilia preunitaria dell'era borbonica, ma che si sviluppò ulteriormente ai tempi del risorgimento, subito dopo l'unità d'Italia assumendo spesso le connotazioni di una rivolta popolare. Con l'appoggio del governo borbonico in esilio e dello Stato Pontificio, la ribellione fu condotta principalmente da elementi del proletariato rurale che si opposero alla politica del nuovo governo italiano. Secondo alcuni storici, fu la prima guerra civile dell'Italia, che infiammò la nazione appena unificata sino al 1870. La guerra contro il brigantaggio ufficialmente fu condotta dal 1861 al 1865. Il brigantaggio in Italia In Italia, prima dell’unità, si sviluppò il brigantaggio nelle varie epoche storiche: Impero romano Medioevo Secoli XVI e XVII Regno lombardo veneto Impero romano Si inizia a parlare di brigantaggio già nell'antica Roma, quando a Taranto intorno al 185 a.C. avvenne un'insurrezione sociale composta perlopiù da pastori, che arrivarono a formare vere e proprie bande. Per risolvere la questione, il pretore Lucio Postumio Tempsano attuò una dura repressione in cui furono condannati circa 7.000 rivoltosi: (alcuni furono giustiziati e altri riuscirono a fuggire). Anche Lucio Cornelio Silla prese provvedimenti contro i briganti (a quel tempo chiamati sicari o latrones) con la promulgazione della Lex Cornelia de sicariis nel 81 a.C., che prevedeva pene capitali come la crocifissione e l'esposizione alle belve. Medioevo In età medievale il brigantaggio si sviluppò in particolar modo nell'Italia centro settentrionale. Si formarono bande composte non solo da comuni banditi ma anche da avversari politici o persone agiate che venivano cacciati dalla loro residenza per subire la confisca dei loro patrimoni. Per sopravvivere queste persone furono costrette a darsi alla macchia, aggredendo mercanti e viaggiatori. Nella seconda metà del XIV secolo, si registrarono numerose attività di banditismo nel cassinate, ad opera di briganti come Jacopo Papone da Pignataro e Simeone da San Germano, i quali, con azioni vessatorie e spoliazioni, perseguitarono le popolazioni locali. In Toscana operò Ghino di Tacco, che non esitava anche a depredare uomini clericali, sebbene personalità come Giovanni Boccaccio non lo considerarono crudele con le sue vittime, tanto da essere definito, da una parte della storiografia, un "brigante gentiluomo". In età moderna proliferarono gruppi di fuorilegge composti, particolarmente, da soldati mercenari sbandati, contadini ridotti alla fame e pastori che si diedero alla macchia rubando capi di bestiame ai latifondisti. Alle attività di brigantaggio parteciparono anche preti di campagna, simboli di un malcontento e di un malessere molto diffusi nel clero rurale, che andarono ad ingrossare le file dei banditi. Regno lombardo veneto Il veneto e l'area della bassa mantovana, in particolare le province di Padova, Venezia, Rovigo e Mantova si trovarono anch'esse, sottoposte alle scorrerie di briganti, riunitisi in piccole bande composte da disertori dell'esercito austriaco, del precedente esercito del regno Italico e persone in condizioni di indigenza. A seguito dell'accentuarsi di attività' criminale nei pressi di Este le autorità austriache, istituirono due sezioni venete e lombarde del tribunale statario, che dal Giugno 1850 al Giugno 1853 svolsero 1400 processi, emettendo «1.144 sentenze di morte di cui 409 eseguite». Brigantaggio a seguito dell’unità d’Italia Con la nascita del Regno d'Italia, nel 1861 iniziarono a sorgere insurrezioni popolari contro il nuovo governo, che interessarono le ex province del Regno delle Due Sicilie. Le condizioni economiche peggiorate, l'incomprensione della nuova classe dirigente, l'aumento delle tasse e dei prezzi dei beni di prima necessità, l'aggravarsi della questione demaniale dovuta all'opportunismo dei ricchi proprietari terrieri furono le cause principali del brigantaggio postunitario Briganti del secolo Ottocento-novecento Briganti del secolo I briganti del periodo erano principalmente persone di umile estrazione sociale, ex soldati dell'esercito delle Due Sicilie ed ex garibaldini, tra cui vi erano anche banditi comuni. La loro rivolta fu incoraggiata e sostenuta dal governo borbonico in esilio, dal clero e da movimenti esteri come i carlisti spagnoli. Numerosi furono i briganti del periodo che passarono alla storia. Carmine "Donatello" Crocco, originario di Rionero in Vulture (Basilicata), fu uno dei più famosi briganti di quel periodo. Egli riuscì a radunare sotto il suo comando circa duemila uomini, compiendo scorribande tra Basilicata, Campania, Molise e Puglia, affiancato da luogotenenti come Ninco Nanco e Giuseppe Caruso. Carmine "Donatello" Crocco Fenomeni di brigantaggio, seppur di diversa natura da quelli che coinvolsero l'Italia meridionale a seguito dell'annessione al regno sabaudo, si svilupparono o continuarono ad essere presenti in diverse regioni d'Italia tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi anni del Novecento. Sul finire dell'Ottocento il brigantaggio era ancora vivo in Basilicata e in Calabria. Lo Stato italiano iniziò una lotta serrata per arginare e debellare questo fenomeno, che si ridusse con l'inizio del Novecento. Un caso particolare è rappresentato dal ruolo della donna nelle organizzazioni dei briganti. Spesso le donne affiancano i briganti o diventano loro stesse “brigantesse”. Ciò è dovuto a vari motivi: • La condizione delle donne nella società contadina era spesso di profonda miseria e vessazione. • in un gruppo ben organizzato non si poteva fare a meno delle donne, in quanto procura le vivande, raggiunge i covi dei compagni per portare notizie. • Spesso le donne sono presenti nel gruppo perché hanno seguito il marito o il compagno, divenuto brigante. Queste donne diventano abili nell’uso delle armi, ribaltando lo stereotipo della donna sottomessa e vittima. Alcune brigantesse divennero famose, come Maria Oliviero calabrese, chiamata La brigantessa delle brigantesse, moglie dello spietato capobrigante Pietro Monaco, divenne la dominatrice della banda. Filomena Pennacchio, di Ariano Irpino, affascinò vari uomini, tra cui lo stesso brigante Crocco. (fonte: http://ribellidelpollino.wordpress.com/la-societa-nell800/la-figura-femminile-nel-brigantaggio-meridionale-2/ ) Brigantesse: la prima in piedi a sinistra è Filomena Pennacchio, che fece parte delle bande di Caruso, Ninco Nanco e Schiavone Nell’archivio di stato di Torino sono ancora custodite le foto dei briganti, su ciascuna delle quali è annotata anche la sorte del soggetto ritratto. In genere le annotazioni riportano la condanna a morte o al carcere, spesso a vita. (fonte: http://archiviodistatotorino.beniculturali.it/Site/index.php/it/il-patrimonio/percorsi/brigantaggio ) Banda Totaro Banda Franco Robert Katona Andrea Napoleoni