I DISTURBI DELL’EQUILIBRIO IN CLINICA DELLA RIABILITAZIONE Riccione 24 maggio 2005 Il parere dello Psicologo Clinico: “Oggi,dottore,non mi sento troppo bene”. La sensazione di scarso equilibrio. Mauro Ercolani Prof. Ass. di Psicologia Clinica Dipartimento di Psicologia Università di Bologna I disturbi dell’equilibrio sono frequentemente lamentati dalle persone che richiedono una consultazione per un disagio psicologico. Sono in genere disturbi aspecifici che vengono lamentati insieme ad altri, più o meno rilevanti per il paziente. Il disturbo dell’equilibrio viene descritto come sensazione di instabilità, malessere, barcollamento, annebbiamento visivo, senso di vuoto,debolezza, testa leggera, disorientamento, paura di svenire, confusione… oppure ricorrendo a metafore e ai “come se”. Il disturbo dell’equilibrio si presenta in forma acuta, a crisi oppure è parte dell’esperienza quotidiana del paziente. Il disturbo dell’equilibrio comporta un vissuto di impotenza e di paralisi in quanto si viene a creare una rottura dei normali rapporti spazio-temporali che mettono in comunicazione l’uomo con l’ambiente circostante. La destrutturazione dello spazio di riferimento, la disgregazione dei legami sensoriali e motori tra organismo e ambiente, la sconfitta della intenzionalità e della capacità direzionale rendono il disturbo dell’equilibrio una situazione destabilizzante a causa dell’improvvisa, incontrollata perdita dell’aspetto rassicurante e familiare delle cose. Il disturbo dell’equilibrio mette il soggetto in una situazione esistenziale dominata dalla sensazione di allontanamento drammatico dall’esperienza consueta e precipita in un mondo fatto di vuoto privo di punti di riferimento cui ancorarsi, di oggetti stabili cui rapportarsi, in definitiva, nei casi più gravi, senza più possibilità di identificarsi e riconoscersi. Al pari dell’angoscia, l’unico oggetto che si manifesta, accessibile alla coscienza, è il vuoto e la percezione della minaccia di sprofondare senza appigli, e l’impossibilità di reagire con i ben noti meccanismi di lotta o fuga. I rapporti tra disturbo dell’equilibrio e angoscia sono così stretti e interdipendenti da costituire una sorta di unità in cui i due termini possono essere indifferentemente usati a designare il medesimo vissuto. Un concetto accettato per decenni riconosceva nel disturbo dell’equilibrio un disorientamento fisico che ricalca quello morale e psicologico quando sia presente un conflitto inconscio e quindi un atteggiamento di ambivalenza. Il conflitto, emerso durante trattamenti psicoterapeutici dinamici, era tra bisogni orali recettivi ( dipendenza) e gli sforzi compensatori di indipendenza. Il sintomo rappresentava la paura di qualche pensiero o desiderio inaccettabile e la punizione per esso Un possibile percorso fisiopatologico è stato individuato nella risposta reattiva al bisogno di dipendenza attraverso una rigidità e severità comportamentale che comportava un rigido atteggiamento posturale sostenuto da un ipertono muscolare generalizzato o localizzato al distretto cervicale. Da un punto di vista psicodinamico la tensione muscolare posturale è in relazione con la repressione e l’inibizione di impulsi aggressivi e la difficoltà di adattamento all’ambiente per la perdita o il timore della perdita di una figura per la quale il paziente presenta una relazione patologica di dipendenza ( angoscia di separazione). L’esperienza di disturbo dell’equilibrio può essere associata dal punto di vista psicologico a: 1) rabbia repressa 2) conflitto irrisolto di indipendenza e conseguente angoscia di separazione 3) stati ansiosi, depressivi, ipocondriaci. Secondo il più recente e accettato approccio biopsicosociale di George Engel, il trattamento più indicato nei disturbi dell’equilibrio è la terapia integrata che consiste non solo in una integrazione dei trattamenti medici e psicologici, ma anche e sopratutto in una integrazione dei terapeuti.