CATONE
Martorana Fabio
CATONE NELLA VITA
Marco Porcio Catone il
giovane nacque nel 95 a.C..
Era il pronipote dell’omonimo
famoso Catone il Censore per
distinguerlo dal quale è spesso
chiamato il Giovane o
Uticense, dalla città in cui morì
suicida quando vide svanire i
suoi sogni di libertà
repubblicana. Di lui si diceva
che non rideva né sorrideva
mai e che non cercava
l’amicizia di nessuno. Sempre
pronto a biasimare chi faceva il
male, ebbe sicuramente tanti
ammiratori, ma nessun amico.
DERIVAZIONE DEL NOME
• Deriva dal cognome latino
Cato, forse da catus, acuto,
perspicace.
Potrebbe anche derivare da un
ignoto nome etrusco. Divenne
noto con
Marco Porcio Catone detto il
censore e con il suo bisnipote,
Marco
Porcio Catone Uticense.
VITA MILITARE
•
A diciassette anni iniziò la carriera
militare. Nel 209 partecipò alla presa
della città di Taranto sotto il comando
di Fabio Massimo. Nel 207 partecipò
alla battaglia di Senigallia, altrimenti
nota come battaglia del Metauro,
durante la quale perì Asdrubale,
fratello di Annibale. In politica Catone
difese sempre l'ideale repubblicano ed
il potere del senato.
Fu, così, avverso a Silla e poi a
Catilina. Nella maturità si oppose al
primo triumvirato (Cesare, Crasso,
Pompeo (Pd.)) schierandosi, ai primi
accenni di guerra civile, dalla parte di
Pompeo contro Cesare. Lucano (Inf.)
racconta che dall'inizio della guerra
Catone non tagliò più nè barba nè
capelli, in segno di lutto per la sua
patria. Dopo le sconfitte dei pompeiani
a Farsalo (48 a.C.) ed a Tapso (46
a.C.) fu esiliato ad Utica, dove si
uccise.
PURGATORIO
• La struttura morale del
Purgatorio segue la
classificazione tomistica dei
vizi dell'amore mal diretto, e
non fa più riferimento a singole
colpe. Esso è suddiviso in
sette cornici, nelle quali si
espiano i sette peccati capitali:
superbia, invidia, ira, accidia,
avarizia e prodigalità, gola,
lussuria. A questa struttura
fanno da cornice, in apertura,
l'Antipurgatorio, e in chiusura il
Paradiso terrestre. Costruito
specularmene all'Inferno,
inteso quindi non più come
voragine ma come montagna,
anche l'ordine dei peccati
risulta capovolto: il cammino di
Dante è infatti dal peccato più
grave a quello più lieve
(ancora una volta la lussuria,
ovvero l'amore mal diretto).