Fascismo

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Fascismo
Le periodizzazioni
Il fascismo è una storia complessa
• Esistono
molte
interpretazioni
periodizzazioni del fascismo.
e
– Vediamo una periodizzazione classica: 19191922; 1922-1925; 1925-1936; 1937-1939;
1940-1943; 1943-1945
– Vediamo alcune interpretazioni classiche
Le periodizzazioni
Adotteremo questa partizione:
1922-1929: costruzione
1929-1936: stabilizzazione e consenso
1936-1945: crisi, crollo e fine del fascismo
Le interpretazioni
• Perché si parla per il fascismo di un “Totalitarismo
imperfetto”
–
–
–
–
Il ruolo della chiesa e dell’associazionismo cattolico
Il concordato
Il ruolo della monarchia
Lo statuto albertino e gli “inserti” dello stato fascista
• regime reazionario di massa, dittatura moderna?
• Fascismo parentesi; Fascismo regime di classe;
paradigma antifascista resistenziale
• Sono alcune chiavi di lettura dalle quali deriva il giudizio
storico sul regime italiano.
Le interpretazioni
LE INTERPRETAZIONI CLASSICHE: tra il 1922 e il 1928 videro la luce
alcuni lavori i cui autori si ripromettevano di uscire dall'ambito della
cronaca e della polemica politica per delineare i caratteri di fondo
della rivoluzione fascista e le ragioni storiche che avevano portato
l'Italia verso un regime autoritario:
• P. Gobetti (La rivoluzione liberale, 1924),
• L. Salvatorelli (Nazionalfascismo, 1923),
• il nazionalista A. Lanzillo (Le rivoluzioni del dopoguerra,
1922),
• G. Dorso (La rivoluzione meridionale, 1924), P. Nenni
(Diciannovismo, 1927),
• I. Bonomi (Dal socialismo al fascismo, 1924)
• L’esule cattolico democratico F.L. Ferrari (Le régime fasciste
italien, 1928)
• A. Gramsci (soprattutto le Tesi di Lione e gli scritti pubblicati
sull‘ “Ordine nuovo”, poi raccolti in Socialismo e fascismo,
1966).
(A. De Bernardi)
Le interpretazioni
Nei lavori di questi intellettuali militanti si ritrovano alcuni
dei temi fondamentali delle interpretazioni classiche delle
origini del fascismo che poi, dopo la caduta del regime,
caratterizzarono la ricerca degli storici di professione:
– il fascismo come prodotto della crisi morale dell'Italia liberale a
seguito degli sconvolgimenti prodotti dalla prima guerra
mondiale;
– il fascismo come esito delle anomalie e dei ritardi del processo di
unificazione nazionale;
– il fascismo come risultato dello scontro tra le classi sociali,
funzionale al rafforzamento del dominio capitalistico;
– il fascismo come fenomeno piccolo-borghese, espressione delle
convulsioni sociali dei ceti medi travolti dalla crisi postbellica.
Le interpretazioni
“Fascismo parentesi”
• B. Croce, negli articoli raccolti poi in Per una nuova Italia. Scritti e
discorsi (1943-1944), formulava la tesi del fascismo come “malattia
morale”, tesi che divenne punto di riferimento fondamentale per tutte
le interpretazioni non marxiste e radicali della dittatura.
• In questa chiave il fascismo viene visto come una “parentesi”,
l'irruzione improvvisa del male nella storia dell'Europa sconvolta
dalla guerra e da conflitti irriducibili.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• Esiste una continuità tra questi primi tentativi di analizzare le ragioni
del successo di un movimento reazionario che si era impossessato
con la forza del potere e sembrava in grado di mantenerlo, e i
successivi studi.
• Grande fortuna ebbe la tesi salvatorelliana del fascismo come
espressione della mobilitazione della piccola borghesia, immiserita
contro le due classi allora egemoni, la grande borghesia industriale
e finanziaria e il proletariato. Questo connotato sociale giustifica i
caratteri del movimento e del regime, reazionario e rivoluzionario a
un tempo: reazionario contro la classe lavoratrice e le ideologie
egualitarie di cui è portatrice, ma rivoluzionario rispetto all'ordine
sociale esistente imperniato sulla tutela degli interessi del grande
capitale.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• Questa interpretazione si ritrova in opere diversissime tra loro:
ricorre in classici della storiografia antifascista come Nascita e
avvento del fascismo di A. Tasca (pubblicato all'estero nel 1938) e I
ceti medi di Pischel, scritta nell'immediato dopoguerra; ricompare
nell'elaborazione di un maestro della sociologia come G. Germani
(Autoritarismo, fascismo e classi sociali, 1975) e nelle ricerche di
uno storico marxista come F. Catalano (Fascismo e piccola
borghesia, 1979);
• Costituisce la chiave interpretativa forte della monumentale biografia
di Mussolini (Mussolini, 1965-1990) con la quale R. De Felice si è
assunto il ruolo di massimo esponente del revisionismo storiografico
italiano.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• Centrare come fa De Felice (anche in Le interpretazioni del
fascismo, 1969), l'attenzione sul nesso fascismo-ceti medi comporta
il rifiuto della tesi marxista tutta incentrata sul rapporto fascismoborghesia capitalista.
• Infatti, fin da A. Gramsci il fascismo si configura nella riflessione
degli intellettuali marxisti come il regime attraverso il quale il grande
capitale agrario, industriale e finanziario riesce a sconfiggere la
mobilitazione delle classi lavoratrici e a imporre con la forza il
proprio controllo sul lavoro e la propria egemonia sull'intera società.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• Il fascismo è dunque solo un regime reazionario (privo di qualunque
componente “rivoluzionaria”) ed è espressione degli interessi del
grande capitale e delle classi dirigenti borghesi.
• Questa tesi attraversa la storiografia per oltre mezzo secolo, dalle
opere di P. Togliatti (Lezioni sul fascismo, 1935), di P. Grifone (Il
capitale finanziario in Italia, 1945), di G. Salvemini (Scritti sul
fascismo, 1961), a quelle di storici come E. Santarelli (Storia del
movimento e del regime fascista, 1967), G. Carocci (Storia d'Italia
dall'Unità a oggi, 1975), N. Tranfaglia (Dallo stato liberale al regime
fascista), G. Quazza (Resistenza e storia d'Italia, 1973), E.
Ragionieri (La storia politica e sociale, in Storia d'Italia, volume IV,
1976).
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• Questa storiografia (che molto deve alle intuizioni di Togliatti) ha
stentato a cogliere molte delle implicazioni contenute nella famosa
definizione del fascismo come regime reazionario di massa,
insistendo più sul concetto di regime reazionario che su quello di
regime di massa.
• Nel carattere di massa Togliatti intravede la natura moderna della
dittatura, del tutto diversa dai regimi autoritari ottocenteschi;
• il fascismo si configura dunque come un nuovo sistema politico
autoritario/totalitario chiamato a fare i conti con la società dominata
da questa nuova entità sociale composita rappresentata dalla
massa
omogeneizzata
dalla
tecnica,
dalla
produzione
standardizzata e dalla grande industria taylorista.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• RICERCA SOCIOLOGICA E NUOVE PROSPETTIVE:
– questi sono gli ambiti più che quelli storiografici, a confrontarsi con la
modernità dei regimi autoritari e totalitari europei tra le due guerre: da
H. Arendt (che nel saggio del 1951 Le origini del totalitarismo mette in
evidenza l'originalità dei nuovi totalitarismi fondati sulla pervasività del
controllo sociale delle masse atomizzate e sull'utilizzazione
spregiudicata dei nuovi mass media nella creazione del consenso), a R.
Bendix (Stato nazionale e integrazione di classe, 1967), a G.L. Mosse
(La nazionalizzazione delle masse, 1975), a Barrington Moore Jr. (con
l'ormai classico Le origini sociali della dittatura e della democrazia,
1971).
• Ciò che accomuna questi studiosi è l'elaborazione della categoria
della modernizzazione, intesa come sintesi della natura e della
direzione del mutamento sociale all'interno di società toccate dai
processi di industrializzazione.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• Il fascismo rappresenta, secondo questi studiosi, un esempio
emblematico di modernizzazione autoritaria, nella quale si realizza
una "mobilitazione dall'alto" delle masse e una crescita che non lede
la stabilità dei rapporti di potere, coerente con tutta la storia
dell'Italia postunitaria, nella quale l'industrializzazione, per i suoi
limiti intrinseci, non era stata in grado di promuovere un profondo
rinnovamento delle classi dirigenti e un'integrazione democratica dei
contadini e del proletariato urbano nella compagine dello stato.
• Assumere il fascismo come regime in grado di promuovere un
autonomo processo di modernizzazione comporta spezzare uno
degli assiomi paradigmatici delle interpretazioni storiografiche
correnti, vale a dire l'incompatibilità tra sviluppo e dittatura, tra la
modernità, intesa come sviluppo delle forze produttive e come
crescita sociale, e l'affermazione di un regime totalitario come quello
imposto da Mussolini.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• L'apporto delle scienze sociali non si è fermato a queste
considerazioni.
• Due grandi psicologi come E. Fromm e W. Reich, in due opere
fondamentali quali Fuga dalla libertà (1941) e Psicologia di massa e
fascismo (1934), riallacciandosi al tema della difficile ricollocazione
delle classi medie nella società di massa e delle nuove forme di
psicologia collettiva indotte dalla modernità, hanno messo in
evidenza come nelle società industrializzate si possano creare
ampie disponibilità da parte di interi gruppi sociali, privi di identità
ben strutturate, ad accettare sistemi politici autoritari e a sottostare
al potere assoluto di un capo carismatico.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• Il fascismo affonda quindi le sue radici in questi atteggiamenti
sostanzialmente distruttivi propri soprattutto della piccola borghesia:
nella paura della libertà, nelle insicurezze di masse di individui
sessualmente repressi, schiacciati da una morale pubblica e da
dinamiche familiari autoritarie, nella crescita costante dello “spirito
gregario” come alternativa alla distruzione del senso di
appartenenza che cementava le società tradizionali.
• È in questo intreccio drammatico di pulsioni collettive e di conflitti
irrisolti, alimentato dall'irrompere della modernità che, in una società
ancora arretrata come l'Italia, trova spiegazione il consenso che
indubbiamente il regime di Mussolini acquisì negli anni Trenta,
piuttosto che nelle realizzazioni sociali ed economiche.
(A.DE BERNARDI)
Le interpretazioni
• I tradizionali paradigmi interpretativi di scuola liberale o
marxista sono dunque stati messi in discussione da
questo incontro con le scienze sociali, che hanno aperto
nuove prospettive di ricerca per quel che riguarda:
– l'organizzazione dello stato fascista, tema sul quale primeggiano
il lavoro di A. Aquarone, (L'organizzazione dello stato totalitario,
1965), di S. Cassese (La formazione dello stato amministrativo,
1974), di A. Lyttelton (La conquista del potere. Il fascismo dal
1919 al 1929, 1974) e di P. Pombeni (Partito nazionale fascista.
Demagogia e tirannide, 1984);
A. De Bernardi
Le interpretazioni
– la politica economica, sulla quale vanno segnalati gli studi di E.
Fano Damascelli (La "restaurazione antifascista liberista".
Ristagno e sviluppo economici durante il fascismo, 1971), di V.
Castronovo (La storia economica, in Storia d'Italia), di G. Toniolo
(L'economia dell'Italia fascista, 1980), di G. Sapelli
(Organizzazione, lavoro e innovazione industriale, 1978), di G.
Barone (Mezzogiorno e modernizzazione, 1988);
– la politica culturale, con i lavori di L. Mangoni (L'interventismo
della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, 1974), di E. Papi
(Fascismo e cultura, 1974), di M. Isnenghi (Intellettuali militanti e
intellettuali funzionari: appunti sulla cultura fascista, 1979), di G.
Turi (Il fascismo e il consenso degli intellettuali, 1980), di P.
Zunino (L'ideologia del fascismo, 1985).
A. De Bernardi
1922-1929 La costruzione
• Due date di riferimento “interne”:
– il 1924 (crisi Matteotti)
– Il 1925 (avvio della dittatura)
• Tra il 1922 ed il 1929 abbiamo:
– A) soppressione libertà politiche; nasce il partito
unico, il duce, la ritualità del regime
– B) soppressione libertà sindacali ed avvio del
corporativismo
– C) soppressione libertà di stampa
– D) avvio della politica economica fascista e del
cosiddetto dirigismo economico
1929-1936
La stabilizzazione e il consenso
• Due date di riferimento “internazionali”:
– Crisi economica di wall street (1929)
– Proclamazione dell’Impero (1936)
• Tra il 1929 ed il 1936 abbiamo:
– Patti lateranensi (1929)
– Elezioni plebiscitarie (1929 dopo i patti)
– Sistema corporativo (abolizione della lotta di classe in funzione
dell’interesse nazionale)
– Nascita delle istituzioni fasciste che non sostituiscono lo stato
ma si intrecciano con esso: MVSN, Gran Consiglio, Tribunale
Speciale per la Difesa dello Stato, Corporazione
1929-1936
La stabilizzazione e il consenso
• Si sviluppa una politica economica caratterizzata da un
dirigismo ed intervento dello stato
forte
• E’ uno degli elementi che – abbinato al triangolo
repressione/consenso/propaganda – fa sentire meno gli effetti della
crisi del ‘29 pur con costi elevatissimi in termini di salari reali,
licenziamenti ed effettivo mantenimento di condizioni di vita
accettabili tra operai e contadini
• Le linee di intervento principali e caratterizzanti sono 5 (cui si
aggiungono quelli propri delle politiche del lavoro e sindacali: il
Sistema Corporativo, la Carta del Lavoro, il superamento della lotta
di classe in funzione dei superiori interessi nazionali, la Magistratura
del Lavoro, gli Uffici di Collocamento): nascita dell’IRI, gli interventi
in agricoltura, le politiche ruralistiche e la battaglia del grano, Quota
90, l’autarchia.
L’Istituto Ricostruzione Industriale
(I.R.I.)
•
Ente pubblico nato nel 1933 per salvare dal fallimento le principali
banche italiane (Commerciale, Credito Italiano, Banco di Roma) che
avevano pesantemente risentito della crisi economica mondiale del
1929 tanto da correre il rischio di entrare in fallimento.
•
Per evitarne quest'eventualità il governo le acquistò, e con esse
acquisì la proprietà delle numerose imprese industriali controllate da
queste tre banche.
•
In questo modo l’IRI, e quindi lo Stato, diventò proprietario di oltre il
20% dell' intero capitale azionario nazionale e di fatto il maggiore
imprenditore: dalla cantieristica al settore automobilistico - con l'
Alfa Romeo - e bancario.
•
Inizialmente era previsto che l'IRI fosse un ente provvisorio il cui
scopo era limitato alla liquidazione delle attività così acquisite; ma
nel 1937 il governo trasformò l'IRI in un ente pubblico permanente.
Gli interventi in agricoltura
• Nel 1928 iniziò un programma di bonifica a livello
nazionale: lo Stato avrebbe provveduto alle opere
fondamentali
(risanamento
terreni
paludosi,
rimboschimenti, drenaggio e controllo delle acque)
lasciando ai privati il compito di completare a proprie
spese la bonifica con piantagioni, dissodamenti,
costruzioni rurali.
• Per l'inadempienza dei proprietari, il progetto rimase in
buona parte inattuato.
Gli interventi in agricoltura
• Esito opposto ebbe la bonifica dell'Agro Pontino, che
trasformò migliaia di ettari di terre malariche e
scarsamente abitate, fra Roma e Terracina, facendovi
sorgere circa 3000 poderi, sistemati ed attrezzati.
• I lavori iniziati nel 1931, furono portati avanti secondo
progetti razionali, e contribuirono fra l'altro ad alleviare la
disoccupazione che, a causa della crisi, era
enormemente aumentata.
•
Le iniziative di bonifica riguardarono comunque una
superficie di oltre 4 milioni e mezzo di ettari.
Le politiche ruralistiche e la
battaglia del grano
• La battaglia del grano iniziata nel 1925, era rivolta a diminuire
l'importazione e a rendere, l'Italia completamente autosufficiente.
• Dopo la crisi economica del 1929, il regime fascista intensificò la
propaganda a favore di un aumento della produzione agricola,
facilitando attraverso alcune leggi, la vendita e il collocamento dei
prodotti
• Con legge, dal 1932 vennero istituiti i consorzi agrari, che
raccoglievano i prodotti agricoli, soprattutto cereali, offrendo agli
agricoltori anticipi sulle vendite e assicurando la collocazione delle
merci sul mercato.
• La produzione subì un reale incremento: da 59 milioni di quintali di
frumento, nel 1923, si passò alla produzione di 79 milioni di quintali
nel 1933
Quota 90
• Si trattò di una sopravalutazione della lira (quota 90 nel 1927): tasso
di cambio della lira con la sterlina fissato nel 1927 a seguito della
rivalutazione, annunciata da Mussolini nel discorso di Pesaro del 18
agosto 1926.
• A quella data il cambio era pari a 153 lire e quota 90 divenne
l'obiettivo del governo.
• Comportò misure monetarie ed economiche, come il
consolidamento dei Buoni del tesoro e la riduzione di salari e prezzi
interni.
• In conseguenza di questa azione fu possibile mirare ad riduzione e
compressione autoritaria dei salari (1930-1934), intervento reso
possibile per il sistema di repressione in atto e per l’esistenza di un
sistema di compensazione sociale apparente (apparato del
consenso)
L’autarchia
• Linea di politica economica finalizzata all'autosufficienza
di un sistema economico, mediante la massima
riduzione di importazioni ed esportazioni (ottenuta con
apposite misure fiscali, doganali e monetarie) e il
massimo sfruttamento dei fattori interni.
• Dominò il sistema economico internazionale tra la prima
e la seconda guerra mondiale in seguito all'isolazionismo
statunitense, alla “cintura sanitaria” imposta all'Urss e
alle difficoltà della ripresa della Germania umiliata dalle
riparazioni.
• Fu uno dei principali fattori di instabilità internazionale
L’autarchia
• Il mondo si divise lungo due direttrici
– Le grandi potenze puntarono sulle proprie immense risorse
interne (USA e URSS) oppure su quelle dei propri imperi
coloniali (Gran Bretagna/Commonwealth, Francia, ma anche
Belgio e Olanda)
Germania, Italia e Giappone si orientarono vero un progressivo
riarmo legandosi a tre slogan: “spazio vitale”, “posto al sole”,
“area di coprosperità della più grande Asia orientale”
• Un sistema autarchico sopravvisse di fatto, durante la
guerra fredda, nel blocco sovietico in seguito al rifiuto di
accedere agli accordi di Bretton Woods (1944) e al piano
Marshall (1947).
L’autarchia
• Solo l'Italia fascista lanciò dichiaratamente l'autarchia
dopo le sanzioni della Società delle nazioni per
l'aggressione all'Etiopia (1935).
• Volta in realtà a rafforzare l'economia di guerra, essa
comportò il drenaggio di risorse pubbliche a sostegno
dell'industria pesante e la rinuncia a varie importazioni
vitali, con gravi distorsioni nei consumi e negli
investimenti per un paese poverissimo di materie prime
e, soprattutto, una ridicola e molto propagandata pretesa
di far da sé in campi tecnologicamente avanzati, e si
tradusse in una terribile arretratezza anche della stessa
attrezzatura bellica.
Consenso: una definizione
• Accordo all'interno di una comunità relativo ai valori di
fondo in essa perseguiti, alle norme che la regolano, agli
obiettivi da raggiungere e ai mezzi prescelti per
realizzarli.
• Sulla scorta delle analisi del sistema politico proposte da
D. Easton, si suole fare una duplice distinzione
all'interno di questa definizione generale:
– si parla di sostegno diffuso quando si intende riferirsi al
consenso al sistema politico in quanto tale, indipendentemente
dalla valutazione delle sue specifiche prestazioni;
– si parla di sostegno specifico ogni qualvolta il consenso degli
individui al sistema politico dipende da una valutazione di
specifiche convenienze individuali o di piccolo gruppo.
Consenso: una definizione
• Nei regimi democratici il consenso è misurato:
– innanzitutto dalla convivenza pacifica dei suoi cittadini, senza
bisogno di ricorso alla coercizione;
– in secondo luogo, dalla partecipazione elettorale e dal responso
delle urne in libere consultazioni (sistemi elettorali);
– in terzo luogo, dal sostegno che l'opinione pubblica manifesta
nei confronti delle decisioni della classe politica.
• Il declino del consenso all'interno di un sistema politico
rappresenta uno degli indicatori di crisi politica
Il consenso
• Per cogliere il peso politico della ricerca e del mantenimento del
consenso per un regime totalitario o autoritario, in una società di
massa dell’Europa degli anni 20 e 30, occorre conoscere come si è
sviluppata ed è stata organizzata la politica del consenso:
• Il fascismo tentò di organizzare in modo profondo il consenso dei
cittadini, non solo con la propaganda e la costruzione
dell'immagine del regime, ma soprattutto con la creazione di
occasioni di partecipazione
• in questo senso il regime fascista percepì il bisogno di
partecipazione da parte della popolazione dopo la prima guerra
mondiale (che era stata una grande occasione di
nazionalizzazione ma anche di reciproca “conoscenza”) a cui le
classi dirigenti liberali non si erano dimostrate sensibili.
Il consenso
• Il fascismo creò grandi momenti di identità e appartenenza per
tutti (bambini e adulti, uomini e donne), adunate, marce, inni, feste
di regime, manifestazioni di massa, sfilate di reduci, vedove,
mutilati;
• Attorno al mito della patria, della “nuova Italia”, della guerra
realizzò forme di aggregazione ideale, grandi occasioni retoriche di
creazione di identità, di senso di appartenenza alla nazione e alla
memoria della nazione (questione delle radici del fascismo)
•Il fascismo creò vere e proprie organizzazioni collaterali del PNF
per la gestione di ogni spazio del tempo: nel lavoro, nel tempo
libero, nella vacanza, nello sport.
Il consenso
• Il consenso in un regime autoritario/totalitario non è
affatto circoscritto alla dimensione ideologica o politica;
queste dimensioni vengono “trasferite” in contesti
apparentemente distanti e mediate dal messaggio che
vuole essere trasmesso in quella diversa dimensione:
– Nel turismo, nello sport dilettantistico e nella attività fisica in
generale, le funzioni erano essenzialmente pedagogicoeducative, finalizzate alla costruzione mentale, fisica e culturale
dell’uomo nuovo da contrapporre alla vecchia popolazione
dell’Italia liberale
– Nello sport professionistico e nella partecipazione ad eventi
sportivi internazionali, la funzione era tutta politica (interna ed
internazionale), tesa ad esaltare la nazione, il suo popolo, il suo
Duce
L’uso politico del tempo libero
E’ evidente come tutto ciò – ancor prima del turismo e del tempo della
vacanza – era funzionale al progetto di uno stato forte ed autoritario,
con una popolazione ordinata, disciplinata obbediente e,
all’occasione – poi fallita per la crisi del consenso – pronta ed unita
per rispondere alle chiamate del regime.
I messaggi passavano facilmente, dissimulati con abilità anche
grossolana, ma senza creare quel clima di diffidenza o noia che
produce in genere la propaganda diretta ed ufficiale.
Altri elementi avrebbero messo in crisi questo sistema mentre
l’esclusivo turismo di elite manteneva il suo ritmo
La repressione
• L’altra faccia della medaglia delle politiche del consenso sono gli
strumenti di repressione
• Alcuni dati offrono il quadro del sistema repressivo in atto nell’Italia
fascista
– 1919-1924
2500 uccisioni – 2000 sedi (comuniste, socialiste, anarchiche) distrutte
– 1927-1943
4596 condannati dal Tribunale speciale a 28.643 anni di carcere e a 43
pene capitali
– 1925-1943
migliaia di confinati, arrestati perché ritenuti pericolosi, internati in
quanto ritenuti instabili psicologicamente
• Sono dati orientativi (probabilmente al ribasso) in quanto criteri di
calcolo e fonti sono, per alcune voci, incerti o comunque non
pienamente riscontrabili se non attraverso un’analisi sistematica
La repressione
• Il fascismo utilizzò diversi strumenti (legislativi e di fatto) per
reprimere e sopprimere il dissenso.
• A parte le organizzazioni proprie (PNF, MVSN/CC.NN. OVRA/Polizia
politica, Confidenti) e le strutture create nello Stato come il Tribunale
Speciale, si basò progressivamente sulle strutture ordinarie in
parallelo alla fascistizzazione della burocrazia (dai singoli ministeri,
a quello degli interni, alla magistratura) riuscendo a creare una fitta
rete di controllo reale della società
• Controllo che si espresse anche attraverso un sistematico utilizzo
dei mezzi di comunicazione
• Lo schema seguente rende idea della struttura di controllo/consenso
posta in essere dal regime fascista fra le due guerre
La società durante il fascismo
1925-1939
Fascistizzazione
della società: si sviluppa
con tre aspetti principali
Politiche
del consenso:
propaganda,
politiche sociali
PNF:
struttura militare,
repressiva e
organizzativa
Istituzioni:
Stato e Partito
Min.Cul.Pop.
Incidenza progressiva
sulla vita quotidiana
OND (tempo libero)
MVSN (paramilitare)
OVRA (pol.segreta)
Controllo della stampa,
1924: Radio
Cinema
La società durante il fascismo
Nella società italiana agiscono strutture dedicate al controllo della
società; a parte quelle repressive ed al PNF, il regime costruisce un
vero e proprio sistema di controllo, irregimentazione e formazione
culturale e pedagogico educativa.
Ogni aspetto della vita quotidiana da fanciulli ad anziani viene portato
all’interno di questo sistema
Alla progressiva fascistizzazione – fino al 1936-39 - resistono (per le
particolarità del totalitarismo imperfetto): parte delle organizzazioni
cattoliche (ACLI, AGESCI), gli oratorii, le strutture clandestine del
PCI.
Sarà la crisi ed il crollo del consenso seguita alle paure post-etiopia,
alla Germania, alle leggi razziali a modificare velocemente ma
radicalmente il quadro
O.N.D.
•
Nasce nel 1925 istituzionalizzando i circoli ricreativi dei sindacati
fascisti, dieci anni dopo – all’apice del consenso al regime – era
divenuta la struttura organizzativa maggiormente pervasiva della
società
•
All’inizio era rivolta agli ambienti urbani ed industriali
(maggiormente “pericolosi”); negli anni 30 si rivolse al mondo delle
campagne per evitare “distrazioni dal lavoro della terra”
•
Dal 1929 si estese anche alle donne con un programma specifico:
pronto soccorso, igiene ed economia domestica (ruolo della
“donna nuova nell’Italia fascista”
•
Tra il 1927 ed il 1929 diviene una struttura nazionale che vigilava
ed organizzava il tempo libero suddividendole in
–
–
–
Istruzione (cultura fascista e formazione professionale)
Educazione fisica (sport e turismo)
Educazione artistica (musica, cinema, radio e folklore)
O.N.D.
• Gli iscritti avevano la possibilità di:
–
–
–
–
Sconti ferroviari sui treni popolari
Possibilità di acquisti rateali
Riduzioni per i cinema ed i teatri
Possibilità di intraprendere attività sportive anche in
età adulta: queste competizioni erano indipendenti da
quelle del CONI ma con l’impegno di segnalare atleti
particolarmente dotati.
G.I.L.
Stante la centralità dell’educazione giovanile, il regime costituì la Gioventù
italiana del littorio (1937-1943).
Organizzazione giovanile creata
paramilitare dei giovani”.
per la “preparazione spirituale, sportiva e
La G.I.L. assorbì l'Opera nazionale Balilla con tutte le sue organizzazioni
interne (Balilla e Piccole Italiane – da 8 a 14 anni; Avanguardisti e Giovani
Italiane – da 14 a 18 anni; Giovani Fascisti e Giovani Fasciste – dai 18 ai 21
anni) e fece capo direttamente alla segreteria del Partito fascista.
Nel 1943 arrivò ad avere oltre 8.700.000 iscritti.
Annualmente organizzava i Ludi
dell'educazione fisica e dello sport.
juveniles
della
cultura,
dell'arte,
La G.I.L. doveva rappresentare la base comune di tutti gli italiani,
indipendentemente dal futuro ruolo che il singolo andava a ricoprire nella
società
G.U.F.
• Mentre la GIL accompagnava i ragazzi e le ragazze fino alla
maggiore età puntando sul mito della nuova Italia attraverso lo sport
(atletica, sport invernali, ciclismo, nuoto, pugilato, tiro a segno e
ovviamente calcio), i Gruppi Universitari Fascisti, istituiti nel 1927
come articolazione del PNF, raccoglievano universitari e iscritti alle
accademie militari e avevano il fine di educare i giovani secondo le
direttive del regime a livello culturale e teorico.
• Manifestazione principale erano i “Littorali della Cultura e dell’Arte”
la cui prima edizione si tenne nel 1934
• Fine ultimo dei GUF era l'educazione della futura classe dirigente.
Le feste
• Venne data particolare attenzione al recupero e mantenimento delle
feste tradizionali anche di tipo religioso (slogan Dio e Patria) ma con
elementi nuovi: cortei e processioni venivano arricchiti da carri, canti
popolari, gare sportive e fuochi d’artificio
• Divenivano centrali i luoghi e i miti della propaganda fascista: i
caduti, la Patria, Roma, il ruralismo
• L’interesse per le feste popolari era strumentale in quanto collegato
a scelte economiche e politiche importanti: con la politica
dell’autarchia, il mondo rurale con le sue tradizioni doveva essere
propagandato e divenire esempio per modelli culturali e
comportamentali propri dello “spirito italico”.
Il Treno popolare
• Primo impulso – derivato dalla politica sociale del regime
per il contenimento delle compressioni salariali calcolate
tra il 15 ed il 30% sul salario del 1919 – venne dato dai
“treni popolari”.
– Nati nel 1931 per abbinare il calcolo economico con quello
politico, permettevano di raggiungere uno sconto dell’80% sulle
tariffe incrementando il trasporto e sanando il deficit delle FS.
– Ben evidenziati dalla propaganda i treni popolari divennero una
vera e propria istituzione per le classi popolari anche se il prezzo
– al di fuori delle organizzazione del PNF – era comunque
elevato se rapportato ai redditi reali.
La politica estera
• L’equilibrio degli anni Venti
• Il Revisionismo di Versailles e la destabilizzazione
balcanica
• Avvicinamento ed alleanza con la Germania nazista:
–
–
–
–
–
–
La guerra d’Etiopia (1935-1936)
Asse Roma Berlino (24 ottobre 1936)
Anschluss austriaco (12 marzo 1938
Patto di Monaco (30 settembre 1938)
Patto d’acciaio (22 maggio 1939)
La guerra civile spagnola (giugno 1936-febbraio 1939)
L’equilibrio degli anni Venti:
una pericolosa illusione
• Il Patto di Locarno (definiti nell’ottobre 1925) entrò in vigore nel
1926, quando la Germania fu accolta in seno alla Società delle
Nazioni: fu l’inizio di un breve, ma intenso periodo di distensione e di
collaborazione.
• Gli accordi furono denunciati da Hitler il 7 marzo 1936 con
l’occupazione militare della Renania, in un clima internazionale
totalmente mutato e degradato.
• Si tratta in realtà di diversi accordi il più importante dei quali fu il
Patto Renano, tra Germania, Francia, Belgio, Gran Bretagna e Italia
L’equilibrio degli anni Venti:
una pericolosa illusione
• Nel patto renano era prevista una garanzia collettiva delle frontiere
francesi e belghe con la Germania, la smilitarizzazione di una zona
sulla sponda sinistra del Reno, il divieto di ogni aggressione e
l’obbligo di ricorrere all’arbitrato pacifico in caso di controversie.
• La Gran Bretagna e l’Italia, in qualità di potenze garanti, si
impegnavano ad intervenire in aiuto dello Stato che fosse stato
vittima di un’aggressione.
• La Germania accettò i confini occidentali scaturiti dalla guerra (in
particolare la cessione dell’’Alsazia-Lorena) e concluse trattati
d’arbitrato anche con la Polonia e con la Cecoslovacchia
L’equilibrio degli anni Venti:
una pericolosa illusione
• I giudizi storici sul Patto di Locarno non sono unanimi
– alcuni vi scorgono un collegamento diretto con gli eventi che portarono
alla seconda guerra mondiale, considerano questi trattati una pericolosa
illusione.
– per altri rappresentano lo smantellamento del sistema antitedesco di
Versailles.
– altri si soffermano sul fatto che sancirono due gradi di frontiere dove
solo le prime erano garantite dalle potenze europee. Con ciò si era
invitata la Germania ad attivare una politica espansionista ad est.
– Altri ancora li vedono come un’ammissione di debolezza da parte della
Società delle Nazioni, costretta a propugnare soluzioni regionali non
riuscendo a proporre una soluzione globale.
– la storiografia d’ispirazione sovietica e comunista lo ha poi ritenuto una
manovra del capitalismo imperialista, soprattutto inglese, per rafforzare
il blocco contro l’URSS.
L’equilibrio degli anni Venti:
una pericolosa illusione
– per altri invece ha rappresentato la svolta fra gli anni di guerra e
gli anni di pace. Ha messo un termine alle ostilità tra la Francia e
la Germania ed è stato il “vero” trattato di pace. L’accordo, a
differenza dei tradizionali sistemi d’alleanze, non era diretto
contro altri Stati e aveva una durata illimitata. Indicava che la
mediazione dei contrasti era da ricercare nel diritto
internazionale. Inoltre era stato all’origine di un nuovo clima di
fiducia tra gli Stati. La suddivisione in vinti e vincitori era stata
superata per sviluppare un progetto d’intesa comune.
• Comunque sia, negli anni successivi, gli accordi di
Locarno furono presi a modello quale possibile soluzione
elastica e pragmatica per i conflitti regionali: in
particolare si era proposta una “Locarno” per i Balcani.
Il Revisionismo di Versailles e la destabilizzazione
balcanica
• Il fascismo non poteva – quasi geneticamente – accettare le
soluzioni di Versailles
• Il mito della vittoria mutilata, gli avvicinamenti
(in funzione
antitedesca e contro le ipotesi di unione dell’Austria alla Germania)
ed i contrasti (Balcani spazio italiano; insurrezionalismi nazionali;
ruolo egemone e politica di potenza) con la Francia segnano –
parallelamente al complesso rapporto con l’Inghilterra specie sugli
spazi mediterranei - le tappe progressive sia delle oscillazioni di
Mussolini in politica estera, sia uno dei veri obbiettivi del regime
• Il doppio versante etiope e balcanico, e la politica tedesca dal 1933
in avanti segnano la sconfitta della politica estera del regime e
l’avvio della subordinazione di Roma a Berlino
Il Revisionismo di Versailles e la destabilizzazione
balcanica
• Molte sono le tappe della politica balcanica del fascismo
(e prima liberale) negli anni 20 e 30, tra queste:
– Triangolo (Austria, Irredentismi nazionali, Albania) di pressione
sulla presenza francese e della Piccola Intesa (sistema di
alleanze tra la Cecoslovacchia, Romania e Jugoslavia dal 1920
al 1938 che ebbe come scopo principale la difesa
dall'irredentismo ungherese; era sotto l’egida della potenza
francese)
– Utilizzazione in funzione destabilizzante dei nazionali balcanici:
Ustasa, Orim, Heimweren (Corpi paramilitari austriaci sorti per
difendere la neonata Repubblica austriaca dal pericolo
socialdemocratico e, in Carinzia, dalle rivendicazioni della
minoranza slovena. Dopo l’Anschluss – 1938 - aderirono al
nazionalsocialismo).
Il Revisionismo di Versailles e la
destabilizzazione balcanica
– Revanscismo ungherese verso il regno di Jugoslavia
– Albania: Con il trattato di Tirana del 1920, Giolitti aveva
rinunciato al protettorato sullo stato balcanico riconoscendone
l’indipendenza in cambio dell'isolotto di Saseno. Il fascismo
modificò la situazione: la proclamazione nel 1925 di Zog Capo
dello stato pose le basi per il rafforzamento italiano che portò
dapprima ad una serie di intese commerciali e (26 giugno 1926)
all'accordo a favore dell’Azienda Italiana Petroli Albania (AIPA)
che assunse, in concessione esclusiva, la gestione delle risorse
petrolifere della regione albanese. Nel marzo 1939 Mussolini
propose a Zog un nuovo trattato che avrebbe portato alla
cessione totale della sovranità nazionale albanese L'invasione
dell'Albania inizia il 7 aprile del 1939.
Guerra d’Etiopia 1935-1936
• L’aggressione all'impero etiopico si basò su:
– motivi di prestigio internazionale (colonie, impero)
– motivi interni (riscatto di Adua, propaganda).
• Fu condotta anche con l'uso di bombardamenti e gas asfissianti.
• La vittoria permise al duce di proclamare l'impero il 9 maggio 1936.
• La Società delle nazioni decretò sanzioni economiche contro l'Italia,
che furono poi ritirate.
• Di fatto è il momento di maggior consenso al regime, ma anche il
punto di svolta della sua politica estera con il progressivo
avvicinamento alla Germania
Asse Roma Berlino
24 ottobre 1936
• Patto d'amicizia formale di grande valore politico; sanciva il primo
concreto avvicinamento tra i due paesi, divisi dalla questione
austriaca e dalla collocazione internazionale dell’Italia.
• L’Asse era stato preparato dall’appoggio diplomatico che la
Germania aveva offerto all’Italia sulla questione etiopica e contro le
sanzioni.
• Le prime conseguenze furono
– la partecipazione di Italia e Germania alla guerra civile spagnola,
in appoggio alle forze franchiste
– l'adesione dell'Italia al patto anticomintern (autunno 1937)
• Mussolini era ancora perplesso all’idea di raggiungere una vera
alleanza militare (le “oscillazioni”). A seguito dell’Anschluss, dopo la
conferenza di Monaco e con l’occupazione italiana dell’Albania, si
decise a firmare il Patto d'acciaio.
Anschluss
• Dopo la guerra l'Italia aveva ottenuto (con il Trattato di St. Germainen-Laye, che segna la fine dell'Impero austro-ungarico), la sicurezza
della frontiera nord-orientale con il confine al Brennero garantendo
la sicurezza della Pianura Padana, fino ad allora messa in serio
pericolo dal cuneo austro-ungarico.
• La “chiusura delle porte di casa”, si completava con la Carniola
occidentale (Gorizia, Trieste, l'Istria fino alle Alpi Giulie).
• Il Trattato di St. Germain en Laye sanciva il divieto (imposto da
Francia e Italia) per la Repubblica d'Austria di procedere
all'Anschluss.
• Questo divieto era una delle contraddizioni del principio di
nazionalità sul quale si era basata la sistemazione dell’Europa
voluta dal Presidente americano Wilson;
Anschluss
• Anche dopo l'avvento del fascismo, la posizione italiana rispetto
all’indipendenza austriaca non si allontanò dall'impostazione liberale
postbellica. Il 20 maggio 1925 Mussolini espose queste linee al
Senato:
– “L'Italia non potrebbe mai tollerare quella patente violazione dei trattati
che consisterebbe nell'annessione dell'Austria alla Germania. La quale
annessione, a mio avviso, frustrerebbe la vittoria italiana, aumenterebbe
la potenza demografica e territoriale della Germania e darebbe questa
situazione di paradosso: che l'unica nazione che aumenterebbe i suoi
territori, che aumenterebbe la sua popolazione, facendo di sé il blocco
più potente nell'Europa centrale, sarebbe precisamente la Germania”
• L'obiettivo era quello di inserire l'Austria all'interno del rapporto
privilegiato che l'Italia possedeva con l'Ungheria già da parecchi
anni e che si sarebbero rinforzati con il progetto di unione doganale
italo-austro-magiara del 1932.
Anschluss
•
I segnali di pressione tedesca verso sud-est, quindi, iniziarono a minacciare
questa situazione: l'eventuale perdita del mercato austriaco avrebbe
causato la fine del progetto di unione doganale e la decadenza della
penetrazione politica anti-francese e anti-tedesca.
•
La contemporanea attività commerciale tedesca nei confronti dell'Ungheria,
culminata con la stipula, nel giugno 1933, di un Trattato di amicizia e di
commercio, inoltre, mise in pericolo il complesso della politica balcanica
liberale e fascista.
•
Da tempo l’Italia finanziava le Heimwehren e appoggiava il Governo Dolfuss
dopo la svolta autoritaria del 1933-34 derivata anche dalla criticità della
situazione economica e sociale del paese
•
Quando Hitler giunse al potere, il ruolo di garante dell'indipendenza
austriaca svolto dall'Italia e il sistema politico di Vienna non erano esenti da
problemi : l'opinione pubblica non vedeva di buon occhio un eventuale
intervento armato italiano, pur in difesa dell'indipendenza nazionale.
Anschluss
•
Hitler aveva fatto ripetutamente presente a Mussolini, tramite Göring, della
necessità che Dollfuss venisse rimosso; un’ipotesi ripetuta dallo stesso
Hitler durante l'incontro di Stresa del 14-15 giugno 1934, nel corso del quale
il Fuhrer espose l’idea di tenere libere elezioni, certo di una vittoria dei
nazisti.
•
Mussolini si limitò a prendere atto della richiesta, convinto che qualunque
modifica avrebbe permesso al nazismo di far breccia nell’opinione pubblica
austriaca, spianando la strada all'Anschluss e mettendo a rischio la frontiera
del Brennero.
•
Fu ucciso il 25 luglio 1934 da nazisti austriaci durante un tentativo
insurrezionale.
•
Nel luglio 1934 i nazisti austriaci tentarono un’insurrezione: le minacce di
Mussolini evitarono l’intervento tedesco ma non salvarono la vita di Dolfuss.
L'obiettivo di Hitler di togliere di scena Dolfuss era raggiunto
Anschluss
•
L'atteggiamento italiano nei confronti dell'Anschluss mutò agli inizi del 1936.
•
Gli incontri gennaio tra Mussolini e l'Ambasciatore tedesco a Roma posero
le basi di un riavvicinamento dopo la crisi seguita alla morte di Dolfuss.
•
Mussolini prospettò nuove soluzioni: considerando il Fronte di Stresa ormai
morto e sepolto, comunicò all'Ambasciatore tedesco che si sarebbe posto
fine alla protezione austriaca e che si sarebbe accettato la graduale
assimilazione dell'Austria e della Germania.
•
L’11 luglio 1936 viene concluso un primo accordo austro-tedesco.
•
In occasione della firma italiana al Patto anticomintern (6 novembre 1937),
Mussolini ebbe un colloquio con J.von Ribbentrop, durante il quale dichiarò
di non aver più intenzione di fare la sentinella dell'indipendenza austriaca.
•
Nel marzo 1938 Adolf Hitler poteva procedere all'Anschluss.
Patto di Monaco
30 settembre 1938
• Accordo raggiunto tra i rappresentanti di Germania (Hitler), Gran
Bretagna (N. Chamberlain), Francia (E. Daladier) e Italia (Mussolini),
che consentì ai tedeschi di occupare (10 ottobre) il territorio
cecoslovacco abitato dalla forte minoranza linguistica dei Sudeti
(regione che dal 1933 era oggetto delle rivendicazioni naziste tese a
riunire tutte le minoranze tedesche).
• L’esplicita minaccia (12 settembre 1938) di procedere ad una
annessione violenta e la crisi internazionale che ne derivò spinsero
Mussolini a farsi promotore dell'incontro di Monaco, dove non furono
invitati i dirigenti cecoslovacchi.
• Il cedimento di britannici e francesi alle pretese naziste in nome
dell'appeasement convinse Hitler che le potenze occidentali non
avrebbero scatenato un conflitto di fronte ad altre espansioni.
Patto di Monaco
30 settembre 1938
• Mussolini si presentò come salvatore della pace ma non colse le
conseguenze e contribuì di fatto al successivo accordo con l’URSS
(agosto 1939).
• Il compromesso di Monaco, come proposto da Mussolini, sanciva il
passaggio del territorio dei Sudeti alla Germania. Questa cessione
doveva costare alla Cecoslovacchia la perdita di una superficie di
oltre 25.000 km²; una regione ricca di risorse minerarie e di vitale
importanza militare, in quanto unico baluardo naturale nei confronti
di un’eventuale invasione tedesca.
• L’intesa si rivelò del tutto fragile: l’intera Cecoslovacchia fu occupata
nel marzo 1939.
Guerra civile spagnola
giugno 1936 - febbraio 1939
• Rivolta dei militari guidati da Francisco Franco contro la repubblica
democratica governata dal Fronte popolare, vincitore delle elezioni
del 1934.
• Di fatto è l’anticipo del conflitto sotto due aspetti:
– Taluni caratteri propri della guerra totale
– Prima vera contrapposizione tra democrazia e fascismo in tutta Europa.
• Fu combattuta sul territorio spagnolo, ma coinvolse tutto il mondo
sollevando un'ondata di solidarietà verso la repubblica, che in Italia
intaccò il consenso di cui godeva in quel momento il regime.
• Alla guerra parteciparono migliaia di volontari stranieri inquadrati
nelle Brigate internazionali (tra gli italiani: Camillo Berneri, Carlo
Rosselli, Pietro Nenni) .
Guerra civile spagnola
giugno 1936 - febbraio 1939
• La Germania e l’Italia inviarono massicci aiuti in truppe e
materiali, mentre i governi democratici, dietro
dichiarazioni
antifasciste
di
facciata,
rimasero
tentennanti, finendo per abbandonare la repubblica al
suo destino
• Solo la Francia (grazie anche all’emigrazione antifascista
di Parigi) e l’Urss – ma con atteggiamenti difficili e
complessi nei confronti delle brigate internazionali per il
loro disallineamento rispetto al comunismo sovietico che
condusse a veri omicidi politici - si impegnarono in aiuti
scarsi, nella speranza che una vittoria della repubblica
potesse condizionare le forze dell’Asse.
Guerra civile spagnola
giugno 1936 - febbraio 1939
• Il trionfo della dittatura franchista in Spagna fu un
ulteriore incoraggiamento per la politica aggressiva dell”
Asse Roma-Berlino.
• Per il fascismo la guerra di Spagna fu la “sua guerra” da
contrapporre
anche
alla
conquista
dell’Etiopia
considerata il necessario riscatto dell’esercito dopo
Adua.
• La MVSN (con 20.000 uomini) fu il perno dell’intervento
italiano con la denominazione di CTVI (Corpo Truppe
Volontarie Italiane)
Patto d’acciaio - 22 maggio 1939
• Accordo firmato a Berlino tra Italia e Germania, definito
d'acciaio da Mussolini per sottolineare la forza del
legame politico e militare decennale.
• Una clausola prevedeva l'aiuto reciproco in caso di
pericolo per la sicurezza di una delle due parti.
• Per Mussolini fu il vincolo definitivo con la Germania,
dopo l'Asse Roma-Berlino
• Per Hitler un altro passo verso il conflitto mondiale.
Le leggi razziali
• 7 Leggi emanate in Italia tra il 5 Settembre 1938 e il 29
Giugno 1939, che ricalcano essenzialmente quelle
promulgate in Germania.
• Il primo documento ufficiale da cui sono poi scaturite le
Leggi Razziali, è il Manifesto sulla purezza della razza
presentato il 14 Luglio 1938 e pubblicato il 5 agosto
1938 sulla rivista La difesa della razza, firmato da 10
scienziati italiani e sottoscritto da oltre 300 esponenti
della cultura, docenti universitari, membri del partito.
Le leggi razziali
I capoversi che fissano le basi del razzismo fascista:
– LE RAZZE UMANE ESISTONO …
– ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. …
– IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO...
– LA POPOLAZIONE DELL'ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA
DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ ARIANA …
– È UNA LEGGENDA L'APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN
TEMPI STORICI …
– ESISTE ORMAI UNA PURA "RAZZA ITALIANA"…
– È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE
RAZZISTI …
– È NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE FRA I
MEDITERRANEI D’EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE E GLI
ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL'ALTRA .
– GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA ...
– I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI
ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO …
Le leggi razziali
• L’applicazione delle leggi razziali in Italia cominciò con
un inaspettato censimento etnico, nel mezzo dell’estate
del 1938
• Alle prefetture fu diramata una circolare, in data 11
agosto 1938, disponendo una “esatta rilevazione degli
ebrei residenti nelle provincie del regno”, da compiersi
“con celerità, precisione e massimo riserbo”.
• La schedatura fu completata in una decina di giorni:
47.825 ebrei censiti sul territorio del regno,di cui 8.713
stranieri (nei confronti dei quali fu immediatamente
decretata l’espulsione).
• Si trattava di cifre già note al Viminale ma la valenza del
censimento era tutta politica; conoscere, più che
dimostrare o valutare.
Le leggi razziali
• Ad esso fecero seguito queste applicazioni:
– Gli ebrei italiani non possono: Prestare servizio
militare; Esercitare l’ufficio di tutore; Essere
proprietari di aziende interessanti la difesa nazionale;
Essere proprietari di terreni e fabbricati; Avere
domestici ariani
– Gli ebrei non possono lavorare: nelle amministrazioni
pubbliche e nel PNF; negli Enti provinciali e comunali;
nelle banche e nelle assicurazioni
– Gli ebrei non possono insegnare e studiare nella
scuola italiana
1936-1945:
crisi, crollo e fine del fascismo
Alcune date di riferimento “interne/internazionali” per seguire la
storia:
• 1933: presa del potere da parte del nazismo in Germania
• 1936: proclamazione dell’impero, apice del consenso, sanzioni della
SdN. Isolamento italiano ed avvicinamento alla Germania nazista
• 1936: asse Roma/Berlino. Intesa stipulata tra Germania e Italia il 24
ottobre 1936. Patto d'amicizia formale e vago, ma di grande valore
politico.
• 1937: intervento nella guerra civile spagnola
1936-1945:
crisi, crollo e fine del fascismo
1938-1939: difesa della razza e leggi razziali
1939 (maggio): patto d’acciaio. Il patto era di alleanza in caso di
minacce internazionali; di aiuto immediato e supporto militare in
caso di guerra, inoltre nessuna delle parti avrebbe potuto firmare la
pace senza l'accordo dell'altra; e di collaborazione nella produzione
bellica e in campo militare. Il Patto d'Acciaio era fondato
sull'assunzione che la guerra sarebbe scoppiata nel giro di tre anni.
1939 (settembre) inizia la seconda guerra mondiale
1940 (giugno) l’Italia entra in guerra
1936-1945:
crisi, crollo e fine del fascismo
1/9/1939- 10/6/1940: la non-beligeranza
1940-43: la guerra fascista
1940-41: francia, grecia e balcani
1940-42: africa settentrionale e etiopia
1941-42: campagna di russia
1942: la sconfitta in africa ed il crollo sul fronte
orientale segnano l’inversione nei destini di guerra
10 luglio 1943: sbarco alleato in Sicilia
25 luglio 1943: caduta di Mussolini e avvio della occupazione
tedesca (peraltro predisposta da maggio)
8 settembre 1943: armistizio italiano
1936-1945:
crisi, crollo e fine del fascismo
• 1943-1945: le tre guerre e le tre italie, gli scioperi e la
resistenza al nord, gli americani e i partiti al sud
• inverno 1943-44: RSI e linea gustav
• 6 giugno 1944: liberazione di Roma
• inverno 1944-1945: la linea gotica
• 25 aprile 1945: sfondamento alleato, insurrezione
partigiana, fine della guerra in Italia
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