Alle origini del cinema La nascita della fotografia Laboratorio di Tecnologia Insegnante: Silvia Mari La camera oscura Cosa è: La camera oscura è una scatola completamente buia all’ interno. Se si pratica un forellino su una parete si formerà sulla parete opposta un’immagine rimpicciolita e capovolta del soggetto inquadrato. La camera oscura si basa sul principio della propagazione rettilinea della luce Il principio della camera oscura è conosciuto fin dai tempi antichi. Interessante, ma a cosa poteva servire? Praticamente a niente, fin quando se ne interessarono i pittori, dal Rinascimento in poi, quando cioè essi vollero riprodurre nei loro quadri immagini molto simili alla realtà. Fu proprio la camera oscura ad aiutarli a riprodurre il mondo reale esattamente come lo vede l’occhio umano e cioè con la prospettiva. Essi cominciarono così a costruire camere oscure con le quali ricalcavano su un foglio l’immagine del paesaggio da loro inquadrato Ne furono costruite di diversi tipi: portatili, dentro un baldacchino, dentro una carrozza o una tenda da campo, dove l'artista poteva lavorare e ricalcare su di un foglio l’immagine che arrivava da fuori. Era un procedimento piuttosto semplice che, col passare del tempo, venne utilizzato da tutti i grandi pittori paesaggisti, italiani e stranieri, come ad esempio Canaletto con le sue famose vedute di Venezia Immagini di luce Le immagini che apparivano sui fogli dei nostri pittori erano fatte di sola luce. Bastava chiudere con una mano il foro di entrata per vederle sparire. Conoscendo la curiosità e la voglia di sperimentare sempre cose nuove propria degli esseri umani, possiamo immaginare che tutti restassero affascinati dalla riproduzione in miniatura dei paesaggi fatti di sola luce sui fogli da disegno La voglia di fissare, fermare queste immagini, con il tempo, ha fatto nascere la fotografia Infatti, la parola fotografia deriva dalla lingua greca e significa scrivere con la luce La macchina fotografica non è altro che una camera oscura, più sofisticata naturalmente, e funziona in modo molto simile all’occhio umano Nell’occhio umano succede la stessa cosa: l’occhio umano, cioè, può essere paragonato a una camera oscura Dalla pupilla entra la luce Immagine esterna L’immagine si proietta capovolta sul fondo L’occhio umano e la macchina fotografica Molta luce La pupilla, da dove entra la luce, si può dilatare o restringere, a seconda della quantità di luce esterna. Questa funzione nella macchina fotografica è svolta dal diaframma L’immagine si proietta capovolta sulla retina che nella macchina fotografica corrisponde alla pellicola Poca luce Immagine esterna Il cristallino corrisponde all’obiettivo e serve a mettere a fuoco Quando abbiamo le palpebre chiuse non permettiamo alla luce esterna di entrare. Questa funzione nella macchina fotografica è svolta dall’otturatore Messa a fuoco: il cristallino Il cristallino è una lente biconvessa dell’occhio, una struttura che, insieme alla cornea, consente di mettere a fuoco i raggi luminosi sulla retina, cambiando la propria forma, per adattarla alla distanza dell’oggetto che stiamo guardando. iride cornea pupilla cristallino Messa a fuoco: l’ Obiettivo Gli obiettivi fotografici possiedono più di una lente. La messa a fuoco si ottiene ruotando una vite che varia la distanza tra le lenti e la pellicola. diaframma lenti 28 mm: grandangolare 50 mm 200 mm: teleobiettivo Esistono diversi obiettivi che si distinguono per l’angolo di campo, cioè la porzione di spazio che riescono a inquadrare obiettivo Il diaframma è la pupilla della nostra macchina. Quando c’è poca luce deve essere aperto, quando c’è molta luce si chiude diaframma occhio Macchina fotografica I pionieri della fotografia I tentativi di fissare le immagini della camera oscura su un supporto sono andati avanti tutta la prima metà dell’Ottocento. La chimica ha dato un contributo fondamentale. - La prima ripresa fotografica vera e propria venne realizzata nel 1827 dal francese Nièpce. Egli utilizzò una lastra di peltro, resa sensibile alla luce da un’emulsione a base di bitume. La fotografia richiese un’esposizione di ben otto ore. - Nel 1835 Daguerre impressionò lamine d’argento (dagherròtipi), ottenendo immagini molto nitide dalle quali non si potevano ricavare copie - Nello stesso anno Talbot scopre il sistema per realizzare tramite un negativo molte copie della stessa immagine (calotipìa) Alla metà dell’Ottocento sono già in commercio macchine fotografiche concettualmente identiche alle fotocamere moderne La pellicola fotografica Nel 1870 nasce una materia plastica a base di cellulosa, la celluloide, che acquistò grande fama e risonanza dopo il 1889, quando la Kodak la adottò per la sua pellicola fotografica flessibile. La celluloide permise la nascita e lo sviluppo del cinema. Pur trattandosi di un materiale flessibile e resistente all’umidità la celluloide è estremamente infiammabile e ciò ne ha limitato fortemente l’impiego. Nel 1954 la celluloide non venne più usata per la fabbricazione di pellicole. Proprio a causa della citata infiammabilità, venne sostituita dal poliestere tuttora usato per la fabbricazione di pellicole cinematografiche. La pellicola è contenuta dentro un rollino. Alla vista ha una superficie opaca: è l’emulsione sensibile formata da una gelatina di sali d’argento sensibili alla luce. Questo tipo a doppia perforazione si chiama “formato 35 mm” (altezza della pellicola) o “24x36 mm” (fotogramma) Laboratorio per lo sviluppo e la stampa Una volta scattate tutte le fotografie bisogna procedere allo sviluppo e alla stampa, che venivano realizzate in un laboratorio di questo tipo ingranditore Bacinelle per lo sviluppo e il fissaggio su carta Contenitore per lo sviluppo della pellicola Oggetti necessari Liquidi per lo sviluppo della pellicola e il fissaggio bacinella per sviluppo e fissaggio su carta Contenitore per lo sviluppo della pellicola Cosa avviene nel laboratorio di sviluppo e stampa Alla base del processo fotografico c’è la proprietà dei sali d’argento di annerire in maniera proporzionale alla quantità di luce che ricevono. Il materiale fotografico è infatti costituito da uno strato di sali d’argento dispersi in una particolare gelatina, steso su un supporto che può essere trasparente (pellicola) o opaco (carta). L’immagine che si forma nel materiale sensibile dopo l’esposizione alla luce non è tuttavia visibile e viene perciò chiamata immagine latente. Per vederla dobbiamo procedere all’operazione di sviluppo della pellicola Immagine latente Con lo sviluppo otteniamo l’immagine negativa del soggetto. Negativa in quanto presenta invertite le tonalità di luce, in particolare: le zone chiare che riflettono molta luce, impressioneranno maggiormente l’emulsione sensibile e diventeranno scure. Viceversa le zone scure, che riflettono poca luce, impressionano poco l’emulsione e diventeranno chiare. negativo scuro Immagine reale: positivo chiaro Negativo (su pellicola) scuro Positivo (su carta) Per riavere l’immagine positiva dobbiamo procedere all’operazione di stampa su carta sensibile. I toni scuri del negativo impressioneranno di meno l’emulsione sensibile sulla carta e torneranno ad essere chiari e viceversa i toni chiari che impressioneranno di più l’emulsione diventeranno scuri. Invertendosi di nuovo i toni otterremo l’immagine positiva.