L’intervento pubblico Le motivazioni economiche all’intervento pubblico si basano sul calcolo dei costi e dei benefici dell’intervento. L’intervento pubblico presuppone l’esistenza di un fallimento del mercato che, riducendo il benessere della società, impone l’attuazione di politiche appropriate che limitino tali conseguenze negative. I beni culturali, ad esempio, sono una delle categorie di beni definite dagli economisti come “pubblici”, i quali non possono essere prodotti e offerti sul mercato in modo efficiente a causa della difficoltà (o impossibilità) di attribuire loro un prezzo. Ci troviamo di fronte al cosiddetto fallimento del mercato, una situazione in cui il mercato e il sistema dei prezzi non riflettono l’impatto prodotto da un bene sul benessere individuale. Tale circostanza si verifica quando nessuno può essere escluso dal consumo del bene (impossibilità di esclusione), e quando il consumo di tale bene da parte di un individuo non ne impedisce il consumo da parte di altri (non rivalità nel consumo). Un palazzo barocco al centro di una città, una chiesa romanica perfettamente inserita nel paesaggio toscano, il panorama da una scogliera, sono beni pubblici in quanto ognuno può ammirarli e trarne un beneficio senza che questo pregiudichi la possibilità di altri di fare lo stesso, cosa che invece accade per i beni privati puri. Oltre alla non escludibilità e alla non rivalità nel consumo, un’altra caratteristica tipica dei beni pubblici è che possono produrre diversi effetti positivi (o negativi), per i quali i beneficiari non devono sostenere alcun costo. Questi effetti, denominati esternalità, possono essere: benefici (esternalità positive) o costi (esternalità negative). In presenza di esternalità: Non esiste un prezzo che consenta di stimare il “vero” valore del bene pubblico considerato. In conclusione La teoria economica include tra le conseguenze dei fallimenti del mercato: a) lo sfruttamento eccessivo; l’impossibilità di stabilire un prezzo; il fenomeno del free-riding. b) c) Giocare a freccette con un Rembrandt? “Un eccentrico collezionista americano, con l’intento di organizzare un sabato sera alternativo, invitò i suoi amici a giocare a freccette utilizzando uno dei dipinti di Rembrandt nel salone come bersaglio, poiché ciò non costituiva alcuna violazione di legge.” Perché stimare la domanda di beni ambientali? Il decisore pubblico deve scegliere quella allocazione di risorse che massimizzi il benessere sociale. Un intervento pubblico in favore della conservazione dei beni ambientali si giustifica solo se il benessere sociale aumenta. La conservazione dei beni ambientali concorre quindi con altre politiche pubbliche (salute, sicurezza, istruzione, ecc.). La stima del valore dei beni ambientali Se il bene ambientale è oggetto di scambio sul mercato, un eventuale incremento di domanda per questo tipo di beni verrà rilevato dal mercato e segnalato attraverso un incremento dei prezzi. Se il bene viceversa non è oggetto di scambio sul mercato la stima della domanda diventa più complessa. Esempio: Il valore economico di un edificio di interesse storico-artistico destinato ad uso privato (ad esempio, civile abitazione) può corrispondere al valore d’uso e le qualità storico-artistiche possono incidere sul valore economico sia in senso positivo, incrementandolo, sia in senso negativo, per i maggiori costi di manutenzione che un edificio artistico di solito richiede. Nell’ambito delle decisioni pubbliche, nella scelta tra progetti alternativi, ci si può avvalere della Analisi Costi Benefici, per valutare il progetto che produca i più alti benefici sociali netti. Ma come procedere materialmente alla determinazione dei benefici e dei costi sociali nel caso dei beni culturali? Una corretta valutazione dei danni e benefici derivanti da sviluppo e non sviluppo nelle due opposte situazioni è chiaramente un elemento imprescindibile di una politica pubblica che voglia operare in modo da allocare le risorse su basi razionali (efficienti) e massimizzare l’impatto socio-economico degli interventi, in un’ottica di vincolo di bilancio con risorse scarse. Riassumendo: Non è il patrimonio culturale in sé che viene valutato, ma le preferenze individuali dei cittadini riguardo al patrimonio stesso, alla sua esistenza, a suoi usi possibili. “La soluzione di mercato mette, dunque, al centro delle sue attenzioni le preferenze individuali”. Il problema diventa allora quello di conoscere e tradurre in termini monetari tali preferenze. Per i beni e i servizi che possono essere scambiati sul mercato, il prezzo offre una misura più o meno corretta di tali preferenze, ma dato che per i beni culturali pubblici non esiste un mercato, non esiste neppure un prezzo o una tariffa cui fare riferimento. Il ricercatore ha quindi la necessità di estrapolare informazioni indirette da comportamenti reali, o ricreare una situazione sperimentale in cui le preferenze siano espresse nel modo più simile possibile alla realtà stessa. Gli economisti utilizzano il concetto di disponibilità a pagare (in inglese Willingness to Pay, WTP), che può però fornire risultati molto diversi a seconda di come l’indagine viene condotta. Approccio metodologico Ognuno di noi è abituato a prendere decisioni sulla base di un confronto tra guadagni e perdite, fra vantaggi e svantaggi. L’idea che sta alla base di tale valutazione è che siamo interessati solo a quelle azioni che ci procurano un guadagno netto massimo. Invece di parlare di guadagno potremmo usare il termine benefici, così come invece di parlare di perdite potremmo usare il termine costi. Questa osservazione sta alla base dell’analisi costi-benefici. Costi e benefici sono considerati in rapporto al soddisfacimento dei desideri (delle preferenze). Per l’economista, l’aumento o la diminuzione del benessere devono essere rilevati studiando le preferenze degli individui. Non è rilevante perché A viene preferito a B, l’ACB funziona sulla base del principio che un’allocazione “migliore” delle risorse è quella che soddisfa maggiormente le preferenze (i desideri) degli individui. Per trasformare questo concetto in una regola di decisione sociale sulla base della quale intraprendere una data azione, è necessario conoscere le preferenze di ogni individuo. E per decidere se la società nel suo insieme stia meglio o peggio occorre confrontare i guadagni e le perdite dei singoli individui componenti la collettività, ciò che l’ACB si propone di fare. Domanda: “come misurare i guadagni e le perdite di benessere?” Rispondiamo con l’osservare ciò che la collettività è disposta a pagare per un certo bene . Il grado di preferenza individuale per un prodotto disponibile sul mercato è rilevato dalla disponibilità degli individui a pagare (DAP) in cambio di quel prodotto. Ovvero, quanto gli individui sono disposti a pagare per evitare qualcosa che non gradiscono, o quanto sono disposti ad accettare (DAA) come compensa per tollerare qualcosa che non avrebbero altrimenti accettato. Si cerca di misurare le preferenze individuali attraverso una stima della: 1. Disponibilità a pagare, DAP (o WTP, willingness to pay), per il beneficio derivante da un dato bene ambientale. 2. Disponibilità ad accettare, DAA (o WTA, willingness to accept), una compensazione per rinunciare a tale beneficio. prezzo B DAP A O C D quantità Possiamo interpretare la curva di domanda come una curva della disponibilità marginale a pagare. Costituisce dunque la DAP in cambio di unità supplementari di bene. La disponibilità a pagare netta è data dal surplus del consumatore (Area ABC); si tratta cioè del beneficio effettivamente ricevuto oltre all’ammontare pagato. Per esempio: Individuo 1: DAP per passare ad A = 10 euro Individuo 2: DAP per passare ad A = 8 euro Individuo 3: DAA per passare ad A = 6 euro Individuo 4: DAA per passare ad A = 5 euro Nel passare ad A, gli individui 1 e 2 guadagnano, mentre gli individui 3 e 4 perdono. Passando ad A la società nel suo insieme guadagna o perde? La regola da usare è (DAP1 + DAP2) - (DAA3 + DAA4) > 0 cioè (10 + 8) – (6 + 5) = 7 Il passaggio ad A è dunque positivo sul piano sociale. Infine: Per colmare la mancanza di informazioni fornite dallo scambio sul mercato, si ricorre ai metodi di stima sviluppati nell’ambito dell’economia pubblica. Nella stima dei beni culturali, i decisori politici devono tenere conto di tutti i valori economici che compongono il Valore Economico Totale (VET).