I beni pubblici come causa del fallimento del mercato. Definizioni e

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I beni pubblici come causa del fallimento del mercato. Definizioni e
caratteristiche
(versione provvisoria)
Marisa Faggini – Università di Salerno
[email protected]
I beni pubblici rappresentano un esempio di fallimento di mercato. Con il termine fallimento del
mercato si vuole individuare una situazione in cui i mercati non sono in grado di organizzare la
produzione in maniera efficiente, o non allocano efficientemente beni e servizi ai consumatori: non c’è
ottimo paretiano. Si ha, dunque fallimento di mercato tutte le volte che o non esiste un equilibrio di
mercato, oppure se esiste esso non è Pareto efficiente.
I "fallimenti di mercato” altro non sono che il venir meno delle ipotesi assunte nel primo
teorema dell’Economia del Benessere (branca della teoria economica che studia la desiderabilità
sociale di allocazioni economiche alternative), il quale stabilisce che per ogni allocazione iniziale delle
risorse, il sistema di mercato concorrenziale garantisce un’allocazione finale efficiente in senso
paretiano. Oltre ai beni pubblici altri esempi di fallimento del mercato, assai diffusi nella realtà sono
esternalità, monopolio ed asimmetrie informative ect.
Definizione di bene pubblico
Seguendo la definizione di Samuelson un bene pubblico è un bene di cui tutti possono godere in
comune, nel senso che il consumo di ciascun individuo non comporta alcuna sottrazione del consumo
dello stesso bene da parte di un altro individuo.
Nelle economie dei mercato attraverso il sistema dei prezzi è possibile conseguire
un’allocazione efficiente delle risorse in quanto i prezzi rappresentano il meccanismo di razionamento
dei beni privati: i consumatori disposti a pagare il prezzo richiesto per il bene e in grado di farlo lo
ottengono.
Per i beni pubblici il carattere di indivisibilità, l’impossibilità di individuare in quale misura il
beneficio del bene pubblico affluisce a un individuo, non permette di individuare un prezzo come
controprestazione dell’utilizzo del bene. Non a caso secondo alcuni esponenti delle Teorie
sociologiche (Pareto, Mosca, Marx ect), la logica dell’imposta è da rinvenire proprio nel carattere di
indivisibilità che richiede l’introduzione di una forma di pagamento non correlata al beneficio e,
dunque coercitiva.
Successivamente, però, nella teoria dell’Economia pubblica, grazie in particolare agli esponenti
delle Teorie dello Scambio volontario (Lindhal, Sax, Mazzola) sono stati individuati in maniera più
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precisa i caratteri essenziali dei beni e servizi pubblici rispetto a quelli privati. Da ciò quindi
l’identificazione delle caratteristiche dei beni pubblici essenzialmente nella:
•
Non rivalità: il consumo di un bene pubblico da parte di un individuo non implica
l'impossibilità per un altro individuo di consumarlo allo stesso tempo. Un esempio classico di bene
pubblico è la difesa nazionale. Se lo Stato crea un sistema di difesa tutti i cittadini ne potranno
beneficiare e, soprattutto il fatto che ne benefici un altro individuo non significa dover sostenere costi
aggiuntivi. Il costo marginale dell’offerta di un bene non rivale a soggetti successivi al primo è nullo.
•
Non escludibilità: una volta che il bene pubblico è prodotto, è difficile o impossibile
impedirne la fruizione da parte di consumatori (si pensi ad esempio all'illuminazione stradale). Una
volta prodotto, ne beneficiano tutti.
La non escludibilità può essere di due tipi: tecnica ed economica. Un esempio di escludibilità
tecnica è costituito dalle trasmissioni radiofoniche e televisive. La non eslcudibilità economica trova
origine non in motivazioni tecniche bensì nel costo troppo elevato da dover sostenere affinché qualche
individuo venga escluso dall’utilizzo o dal beneficio di un determinato servizio o bene pubblico.
Beni pubblici puri possiedono in senso assoluto tali proprietà e per questo motivo sono
importanti più sotto un profilo analitico, collegato alle loro caratteristiche distintive rispetto ai beni
privati, che sotto un profilo di rilevanza pratica; le caratteristiche definitorie di non rivalità e non
escludibilità assolute sono così rigide che nella realtà il numero di questi beni è piuttosto ridotto.
Fig. 1 Classificazione dei beni
Fra le due categorie polari -beni privati e beni pubblici puri- esiste una varietà infinita di beni e
servizi in cui si combinano in diversa proporzione e in diversa intensità le due caratteristiche di rivalità
e di escludibilità (Fig. 1). Esempio di bene tariffabile è ad esempio un’autostrada i cui servizi, nei
limiti della congestione, sono non rivali ma possono essere escludibili a prezzi non proibitivi. Un
esempio di bene comune è invece, una riserva di pesca i cui servizi possono essere resi rivali, nel
senso che ciò che è pescato da un individuo non può essere preteso da un altro, ma non escludibili.
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Quindi, poiché i beni pubblici puri sono rari -sebbene includano importanti casi quali il sistema
dei diritti di proprietà o la difesa nazionale-, nel gergo degli economisti il termine bene pubblico è in
genere riferito a beni pubblici impuri, o pubblici soltanto con riferimento a un particolare sottoinsieme
di consumatori. È importante al riguardo osservare che un bene pubblico può essere fruito da parte
dell'intera società, laddove un bene che è utilizzato soltanto da un suo sottoinsieme dovrebbe essere
considerato un bene collettivo. C’è da sottolineare, inoltre che il concetto di bene pubblico non ha
nulla a che fare con il fatto che esso venga prodotto e offerto dallo stato; i suoi connotati riguardano
esclusivamente le caratteristiche intrinseche del bene.
La caratteristiche di cui sopra, in modo particolare di non-escludibilità pongono
fondamentalmente dei problemi circa la determinazione della domanda, della fornitura efficiente e del
finanziamento di un bene pubblico.
Determinazione della domanda aggregata dei beni pubblici
La presenza di beni pubblici in un’economia di tipo concorrenziale ne modifica il
funzionamento e le condizioni di equilibrio attraverso cui individuare le quantità e i prezzi cambiano,
non potendo più considerare come soluzione di scelta ottima la condizione di uguaglianza tra il saggio
marginale di sostituzione e il rapporto fra i prezzi.
Fig. 2 Domanda aggregata beni privati
Nel caso di beni privati,dati i redditi di tutti i consumatori, e ipotizzando che i prezzi di mercato
cui ciascuno di essi fa riferimento siano gli stessi per tutti, è possibile definire una funzione di
domanda aggregata come somma orizzontale delle curve di domanda individuali. Ad ogni individuo,
cioè si chiede qual è la quantità che è disposto ad acquistare per ciascun livello di prezzo.
Quindi, dati due individui A e B (Fig. 2) e un prezzo di mercato paria p*, la quantità acquistata
dall’individuo A, a tale prezzo, sarà qa; l’individuo B, invece acquisterà la quantità qb. La quantità
globalmente domandata q* sarà data dalla somma tra le due quantità individuali (qa+ qb). L’equilibrio
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di mercato (q*)è individuato dal punto in cui la curva di domanda aggregata interseca la curva di costo
marginale (Fig. 3).
Fig. 3 Condizione di equilibrio di mercato con beni privati
La curva di domanda (Fig. 4) per i beni pubblici, invece, si costruisce sommando verticalmente
(anziché orizzontalmente) le curve di domanda dei singoli individui. Ad ogni individuo si chiede non
quale quantità è disposto ad acquistare per ciascun livello di prezzo, ma qual è il prezzo che è disposto
a pagare per ciascuna quantità prodotta. La costruzione della curva di domanda si ottiene, come è
evidenziato nella Fig. 4, partendo dalla determinazione della quantità domandata di bene pubblico che
è q*, uguale per i due individui.
Fig. 4 Domanda aggregata beni pubblici
Il prezzo invece, è dato dalla somma dei prezzi (pa+pb) che gli individui sono disposti a pagare e
che non necessariamente devono essere uguali. Anche qui l’equilibrio di mercato si avrà nel punto in
cui la curva di domanda aggregata interseca la curva di costo marginale (Fig. 5). La disponibilità a
pagare per un certo bene è pari alla somma di quanto ciascuno sarebbe disposto a pagare per quella
unità.
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Fig. 5 Equilibrio di mercato con beni pubblici
Inoltre, poiché ciascun individuo ha le sue preferenze, e in particolare ha preferenze diverse
circa la desiderabilità di produrre beni pubblici o beni privati (o certi beni pubblici piuttosto di altri), la
domanda aggregata di beni pubblici dipende anche dalla distribuzione del reddito e dalla struttura del
sistema fiscale.
In un contesto positivo quindi, sulla base di quanto detto è possibile definire la domanda di beni
pubblici come somma verticale delle disponibilità a pagare per il bene pubblico. In un contesto
normativo, utilizzando, cioè lo stesso impianto definito dall’Economia del Benessere Samuelson
dimostra che è possibile definire un ottimo sociale anche in presenza di beni pubblici. C’è però da dire
che in un mercato con beni pubblici mentre la condizione di efficienza nella produzione resta invariata
la condizione di efficienza nello scambio non esiste.
Se la condizione di sovranità del consumatore per i beni privati è stata identificata nella
relazione SMSAx,y= SMSBx,y=SMTx,y , questa in un’economia con beni pubblici diventa:
SMSAx,y+SMSBx,y=SMTx,y (regola di Samuelson), ossia la somma dei saggi marginali di sostituzione
tra ogni coppia formata da un bene privato e dal bene pubblico, per tutti gli individui deve essere
uguale al corrispondente saggio marginale di trasformazione
In termini più generali, quindi in un’economia con beni pubblici, secondo Samuelson esiste un
equilibrio ottimo dal punto di vista paretiano, in cui:
SMS = SMT per tutti i beni privati
∑
i
SMS i = SMT per i beni pubblici;
dove:
• SMT = beni privati cui occorre rinunciare in cambio di una unità di bene pubblico;
• SMS i = beni privati cui il consumatore i è disposto a rinunciare in cambio di un’unità di bene
pubblico.
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I risultati conseguiti da Samuelson presuppongo che vi siano imprese disposte ad offrire beni
pubblici e che gli individui siano disposti a rivelare le loro preferenze attraverso la manifestazione
delle le domande individuali. Nella costruzione della domanda aggregata di beni pubblici si suppone,
che gli individui esprimano la domanda individuale del bene in modo corretto, ossia che non ci sia free
riding.
Free riding
Tuttavia, i singoli agenti hanno un ridotto interesse a rivelare le loro vere preferenze (free
riding). Nel momento in cui si chiedesse ad un soggetto quale valutazione marginale attribuisce al
bene pubblico questo sarebbe tentato di fornire valutazioni inferiori alla verità in quanto
successivamente sarà chiamato a contribuire per finanziare la produzione per quanto ammesso essere
disposto a pagare.La caratteristica della non escludibilità tipica dei bene pubblici implica, infatti che
una volta disponibile il bene potrà essere goduto da tutti senza che chi ha provveduto a sostenere i
costi di produzione possa implementare un meccanismo di esclusione di coloro che non hanno
manifestato apertamente le loro preferenze, nonostante fossero interessati alla produzione del bene.
Il problema del free-riding era stato individuato molto chiaramente già nel 1986 da Wicksell
che ha messo in evidenza come la propensione ad avere comportamenti “opportunistici” aumenti
quando l’individuo sia solo uno fra i tanti che possono beneficiare dei beni pubblici. Quindi, nel caso
di 2 (“pochi”) individui è possibile che gli agenti, riconoscendo il vantaggio complessivo derivante
dalla ‘produzione congiunta’, raggiungano un accordo che potrebbe tradursi in un livello di
produzione efficiente e in un’adeguata ripartizione dei contributi individuali. Infatti, se i due individui
"cooperano", ossia se dichiarano sinceramente le proprie preferenze nei confronti del bene, e
contribuiscono al suo finanziamento, potranno, “unendo gli sforzi” disporre di una quantità
globalmente superiore, a parità di prezzo e corrispondere un prezzo inferiore per una data quantità.
Quando, invece gli agenti sono numerosi e ritengono sostanzialmente irrilevante il proprio
contributo individuale, ogni agente -sapendo che il prezzo che dovrà corrispondere dipenderà dal
valore che avrà attribuito al bene- tenderà a non rivelare sinceramente le proprie preferenze celando
l’entità del beneficio ricevuto. Questa strategia, che appare a ciascun individuo ottimale, si traduce in
un sottodimensionamento della produzione del bene pubblico o addirittura potrebbe comportare una
produzione nulla.
Fornitura efficiente dei Beni Pubblici
L’operatore sia pubblico che privato può, in astratto, fornire la quantità efficiente di un bene
pubblico solo se conoscono le preferenze individuali. Ma, in genere, come abbiamo visto gli individui
tendono ad adottare comportamenti opportunistici. A seconda dei casi, ossia a seconda delle
aspettative individuali circa le conseguenze derivanti dalle proprie “dichiarazioni”, si può manifestare
un “eccesso di domanda” o un “deficit di domanda” privata di beni pubblici. Gli individui sono portati
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a sovra-stimare l'importanza attribuita al bene se ritengono di potersi in tutto o in parte sottrarsi al
finanziamento; a sotto-stimare se temono che l'interesse manifestato nei confronti del bene implicherà
un coinvolgimento nel finanziamento.
In questo modo si realizza una frattura tra “razionalità individuale” e “razionalità collettiva”: ciò
che appare individualmente ottimo, celare l’entità del beneficio ricevuto non rivelando una
disponibilità a pagare, si traduce ex post in una decisione collettiva inefficiente: il bene pubblico non
verrà prodotto o verrà prodotto in quantità inferiore a quella socialmente efficiente.
In un’economia con beni pubblici, infatti il raggiungimento di un livello di produzione
efficiente del bene pubblico è tipicamente precluso dal fatto che gli agenti tendono ad adottare un
comportamento strategico. Ogni individuo spera di poter raggiungere il livello ottimale di consumo
individuale indipendentemente dal suo contributo ai costi di produzione. In tal caso il
sottodimensionamento sarà tanto maggiore quanto :
(i) più elevato è il costo di produzione del bene;
(ii) più elevato è il numero di individui interessati al bene.
Ciò ovviamente accade in quanto ciascun agente tiene conto dei soli benefici che la produzione
del bene pubblico comporta per se stesso. Non tiene conto del fatto che, in virtù della non rivalità ne
possono godere anche tutti gli altri membri della collettività.
Inoltre, poiché il prezzo che copre il costo in un’economia con beni pubblici deve essere pari
alla somma delle valutazioni marginali individuali, le sottovalutazioni da parte degli individui faranno
sì che le imprese non possano produrre i beni pubblici nella quantità ottimale, perché produrrebbero in
perdita. La produzione di questi beni, infatti dà luogo a vantaggi a favore di individui che il suo
produttore non è in grado di ripagarsi applicando il meccanismo del prezzo. Quindi, la fornitura
privata di beni pubblici è scoraggiata dall’impossibilità di appropriarsi dei benefici derivanti dalla
fornitura stessa (non-escludibilità). Tutt’al piu’, un’impresa si impegnerà nella “produzione” del bene
nella misura in cui esso fornisce benefici privati non inferiori ai costi privati oppure se avesse deciso
di fare della beneficenza pubblica. Quindi, quando un bene o un servizio è caratterizzato dalla
compresenza delle due caratteristiche di non rivalità e di non escludibilità in genere non è possibile
che vengano prodotti da un’impresa privata.
Quando non esiste convenienza privata alla produzione questa deve avvenire tramite il settore
pubblico, cioè attraverso un’organizzazione che ha la capacità, la forza di coazione, di far pagare con
un meccanismo diverso dal prezzo, cioè con dei prelievi di tipo obbligatorio, il costo della produzione
e della distribuzione dei beni pubblici puri. È evidente che rispetto ai soggetti privati, l’operatore
pubblico dispone di un vantaggio in più in quanto può imporre coattivamente la fornitura di un bene
pubblico e può imporre coattivamente il finanziamento del bene in quanto il beneficio sociale si ritiene
essere superiore al costo di produzione.
Se l'operatore pubblico intende pervenire ad una determinazione efficiente del livello di
fornitura dei beni pubblici deve avvalersi di meccanismi capaci di annullare (o attenuare) le
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“asimmetrie informative”. Deve utilizzare meccanismi capaci di indurre gli individui a rivelare le
proprie vere preferenze.:
- la tassa di Clarke
- il "voto con i piedi" (mobilità inter-giursidzionale) (Tiebout)
Questi meccanismi generalmente utilizzati (tassa di Clarke, il voto con i piedi –Tiebout, ect.)
sono teoricamente capaci di indurre una rivelazione sincera delle preferenze anche se sono affetti da
problemi cui, tuttavia, la teoria economica ha tentato di porre rimedi elaborando meccanismi teorici
via via più sofisticati. Essi mirano, tra l’altro, a distribuire tra gli individui, in modo appropriato il
costo di fornitura del bene pubblico considerato che una distribuzione appropriata dei costi di fornitura
è condizione necessaria per realizzare livelli di fornitura efficienti.
Finanziamento dei beni pubblici
La condizione di ottimalità paretiana nella produzione del bene pubblico attraverso cui
determinare la quantità di beni pubblici socialmente ottima, in assenza di un prezzo di mercato del
bene pubblico, non fornisce nessuna informazione sul modo in cui il suo costo di produzione deve
essere ripartito fra i componenti della collettività.
I criteri utilizzati in base ai quali definire la quota di finanziamento della produzione di beni
pubblici sono essenzialmente due: 1) il criterio del beneficio; 2) il criterio della capacità contributiva.
In base al primo ciascun individuo dovrebbe contribuire "in proporzione ai benefici che riceve”.
Ovviamente, se ciascuno “paga per i benefici che riceve”, alla fornitura/finanziamento pubblico di
beni pubblici non è associato alcun effetto redistributivo. L’intervento pubblico produce effetti redistributivi solo se il contributo individuale non è (strettamente) collegato ai benefici individuali.
Se gli individui sono diversi, ossia ricavano diversa utilità dalla disponibilità del bene pubblico
dovrebbero essere chiamati a contribuire in modo differenziato. Quindi, invece di aderire al “principio
del beneficio”, l’operatore pubblico potrebbe aderire al “principio della capacità contributiva”:
ciascuno concorre al finanziamento dei beni pubblici in base alla propria capacità di contribuzione.
L’adesione al “principio della capacità contributiva” configura una violazione dei criteri di
efficienza, ma può trovare giustificazione in altre finalità dell’intervento pubblico. Anche se i sistemi
fiscali moderni si caratterizzano per un mix di “principio del beneficio” e di “principio della capacità
contributiva”, tuttavia, si osserva in genere una prevalenza del principio della capacità contributiva. Le
“grandi imposte”, ossia quelle che forniscono le principali risorse finanziarie per il finanziamento di
“beni pubblici” (es. imposta sul reddito delle persone fisiche), sono prevalentemente ispirate dal
principio della capacità contributiva.
Il che trova spiegazione nella “difficoltà tecnica” di estrarre informazioni sulle preferenze
individuali e/o nella difficoltà tecnicopolitica di adottare opportuni meccanismi di rivelazione delle
preferenze. Di fatto, nella realtà, le decisioni di fornitura dei beni pubblici derivano da meccanismi
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politici (in genere) intrinsecamente incapaci di far emergere le vere preferenze individuali nella
volontà di integrare obiettivi di efficienza con obiettivi di “equità” (azione re-distributiva).
Gli strumenti attraverso cui ottenere il finanziamento della produzione dei beni pubblici sono
essenzialmente le imposte anche nella diversa accezione di tassa e contributo, dove quest’ultimi
finanziano la componente privata (rivale ed escludibile) dei beni forniti dall’operatore pubblico (cd
servizi a domanda individuale), mentre le imposte finanziano la componente pubblica (non rivale e
non escludibile e/o redistributiva) dei beni forniti dall’operatore pubblico, cioè, la parte non coperta da
tariffe, tasse e contributi.
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