Il MEDITERRANEO Il Mediterraneo è ciò che resta di un antico

Il MEDITERRANEO
Il Mediterraneo è ciò che resta di un antico oceano, la TETIDE, che circa 200 milioni di anni fa divideva due grandi zolle
continentali, una boreale (Laurasia) e l'altra australe (Gondwana). Nelle successive decine di milioni di anni le due zolle
continentali si avvicinarono e la Tetide si ridusse, fino a raggiungere le dimensioni del mare nostrum.
Forma e dimensioni. Il Mediterraneo, detto anche “romano”, per distinguerlo da altri mari “mediterranei” (aggettivo con cui si indicano
genericamente i bacini marittimi racchiusi tra terre emerse e comunicanti con l’oceano soltanto per mezzo di canali o di stretti relativamente
poco larghi e poco profondi), come sopra citato è un vasto bacino, residuo di un paleo-oceano, interposto tra l’Eurasia e l’Africa.
Il mare Mediterraneo è semichiuso: esso comunica con l’Atlantico mediante lo stretto di Gibilterra, consistente in un’apertura di circa 20
km di larghezza minima e della profondità di appena 320 m nella zona dello stretto stesso. Comunica inoltre con l’oceano Indiano
attraverso il mar Rosso tramite l’artificiale canale di Suez. Date le dimensioni questo canale non ha praticamente importanza idrologica,
ma garantisce l'ingresso e l'uscita di modeste imbarcazioni. Infine attraverso il sistema Dardanelli-mar di Marmara-Bosforo, il Mediterraneo
comunica con il mar Nero il quale fa bensì parte del Mediterraneo dal punto di vista puramente geografico, ma dal punto di vista idrologico
presenta differenze tali che quasi sempre viene considerato a parte. Se si considera anche il mar Nero, l’area complessiva del Mediterraneo
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è di 2 966 000 km . La sua profondità media è di 1 430 m (la massima, presso capo Matapan nello Ionio a sud del Peloponneso, supera di
poco i 5 000 m). La lunghezza del Mediterraneo è di 3 860 km tra 5º 37’ O e 40º 56’ E di longitudine. Secondo la latitudine, sempre
includendovi il mar Nero, il Mediterraneo si estende tra 30º 10’ N e 47º 16’ N.
I maggiori fiumi (Ebro, Rodano, Po e Nilo) sono tutti a delta essendo le maree nel Mediterraneo poco significative; negli oceani dove le
foci sono continuamente interessate (e “spazzate”) da imponenti maree spesso i fiumi sono ad estuario.
Ci sono varie isole, da notevolmente estese (Sicilia, Sardegna, Corsica, Creta, Cipro) a piccoli scogli: alcune isole sono di natura
sedimentaria o mista, altre sono di natura vulcanica o sono tuttora vulcani attivi (Vulcano, Stromboli, Santorini).
Fondo e sedimenti. Il fondo e i bordi del Mediterraneo sono collegati alle vicissitudini che questo mare ha avuto nella sua storia geologica
e ai movimenti tettonici cui sono tuttora sottoposti i blocchi continentali che vi si affacciano. Tali movimenti sono intensi e la riprova di ciò
è data dai numerosi epicentri sismici che si sviluppano al fondo del Mediterraneo o presso le sue coste. Gli stretti passaggi che mettono il
comunicazione il mar Nero col Mediterraneo e questo con l’oceano Atlantico erano stati anche temporaneamente chiusi tanto che il mar
Nero si trasformò in lago e il Mediterraneo, evaporò forse quasi completamente (crisi di salinità del Mediterraneo, Miocene superiore 6,5
milioni di anni fa).
Nel Mediterraneo non vi sono vere e proprie fosse oceaniche (profonde depressioni in corrispondenza di zone di collisione tra placche con
la subduzione della placca oceanica sotto quella continentale) anche se esistono, o sono esistiti, effettivamente incontri di placche con
subduzione, come rivela l’esistenza di terremoti molto profondi (arco vulcanico delle Eolie, con fossa a est della Calabria e arco vulcanico a
nord di Creta, Santorini e Milo); un probabile residuo di fossa è localizzabile proprio nella depressione ellenica, presso le coste del
Peloponneso, ove la profondità di 5 121 m è la massima nota del Mediterraneo. Anche il sistema della dorsale medio-oceanica non esiste
nel Mediterraneo. La cosiddetta dorsale mediterranea, che dal largo del golfo di Taranto seguendo il modellamento del Peloponneso e Creta,
si porta fino a Cipro, è una dorsale asismica o, piuttosto, una catena sommersa. Il fondo del canale di Sicilia è dato da una piattaforma che
congiunge la Sicilia alla Tunisia e blocca completamente la circolazione profonda tra i due bacini orientale e occidentale.
Nel bacino occidentale il mar Tirreno costituisce una singolare particolarità: contrariamente al Mediterraneo nel suo insieme, il Tirreno,
almeno nelle sue dimensioni attuali, è un mare recentissimo, forse il più giovane di tutti i mari, essendo cominciato a sprofondare soltanto
qualche milione di anni fa. Nel fondo tormentatissimo si ergono numerose montagne sottomarine, alcune delle quali, se non emergono
come Stromboli o altre isole vulcaniche ormai inattive, giungono fino a poche decine o centinaia di metri di profondità. Tra montagne e
montagne e tra le creste che si ergono dal fondo di questo mare, si incuneano profonde incisioni e qualche limitata piana sottomarina. Le
massime profondità del Tirreno raggiungono i 3600 m .
Causa i citati episodi di prosciugamento nel tardo miocene, vi sono anche formazioni evaporitiche (gessi, duomi di sale). Non mancano poi
sedimenti vulcanici. Quelli determinati dalle maggiori eruzioni come la pliniana del Vesuvio o quella che distrusse Santorini alla fine della
civiltà minoica cretese, formano estesissimi veli che, ritrovati con i carotaggi dei fondali sono particolarmente utili per la datazione.
Caratteristiche delle acque. Con una rapidissima sintesi potremo distinguere le acque del Mediterraneo (mar Nero escluso), nella loro
generalità, da quelle degli oceani: esse sono molto salate, calde e povere di nutrienti. Queste caratteristiche derivano dalla scarsa
comunicazione che il Mediterraneo ha con l’oceano, anche se questa comunicazione è tale da scongiurare un nuovo prosciugamento dovuto
alla forte evaporazione (al netto degli apporti fluviali il Mediterraneo si abbasserebbe di un metro all’anno senza il tributo dell’Atlantico), e
anche se, nonostante la scarsa comunicazione, è stato calcolato che il Mediterraneo viene totalmente ricambiato in un tempo di 80, forse
100 anni. La temperatura delle acque profonde, invariabile con l’alternarsi delle stagioni, è sui 13,5 ºC nel bacino orientale
(eccettuati l’Adriatico e l’Egeo settentrionali) e di 12,5 ºC nelle estreme parti occidentali. Sono queste alte temperature dell'acqua
profonda (rispetto ai 2 o 4 ° C dei fondali degli oceani) che mantengono temperature miti in gran parte delle coste soprattutto se
paragoniamo le zone mediterranee a quelle alle stesse latitudini delle coste oceaniche (Napoli e New York hanno quasi la stessa latitudine
ma climi profondamente diversi).
La salinità media è sul 38,5%o (rispetto alla media oceanica che è di circa 35%o) ma può superare il 39%o nel mar del Levante. Nel
bacino occidentale, in superficie la salinità si abbassa progressivamente muovendo in direzione di Gibilterra, ove è sul 36%o. Basse salinità
superficiali si hanno nell’Adriatico settentrionale (in media attorno al 35%o) e nell’Egeo settentrionale per l'apporto di acque dolci dai
fiumi. Le elevatissime salinità del mar del Levante sono causate dalla forte evaporazione, dovuta alla temperatura dell’aria, alla ventosità,
alla scarsità di precipitazioni ed ai più che modesti apporti fluviali. Lo stesso Nilo che portava una quantità di acqua assai piccola in
rapporto all’ampiezza del bacino, ha quasi smarrito ogni importanza per le estese perdite per evaporazione dal lago Nasser e per il consumo
d’acqua ad uso irriguo.
La scarsità dei nutrienti (nitrati e fosfati in primo luogo) attenuata solo davanti alle foci dei maggiori fiumi o agli scarichi urbani delle
maggiori città (dove per altro si sviluppano non indifferenti fenomeni di eutrofizzazione), è dovuta al modesto ricambio e mescolamento
con le più ricche acque oceaniche. Ad essa sono collegate la relativa scarsità di plancton e la relativamente modesta pescosità del mare nel
suo insieme.
Le correnti ed il clima. Una formidabile sorgente di moto delle acque del Mediterraneo è data dal divario di densità tra le acque del
Mediterraneo e quelle dell’Atlantico. Le acque del Mediterraneo, pur essendo più calde, sono talmente più salate da essere notevolmente
più dense di quelle dell’Atlantico. Per questo il livello medio nel Mediterraneo è più basso che nell’Atlantico, tanto che l’acqua atlantica
viene richiamata nel Mediterraneo: un enorme “fiume” entra dallo stretto di Gibilterra e rende più difficoltoso per le imbarcazioni uscire
verso l'Atlantico. (fatto già ben conosciuto dagli antichi navigatori del nostro mare).Questa acqua superficiale entrante da Gibilterra è
indotta a deviare verso sud. Si ha così una corrente che costeggia le coste africane (pur mandando dei rami che circolano in senso antiorario,
nel mare a ovest della Sardegna e nel Tirreno) e finisce per dissiparsi, per progressivo riscaldamento ed evaporazione, presso le coste
palestinesi dopo aver mitigato il clima delle coste marocchine e algerine. A questa corrente superficiale relativamente poco salata e fredda
fa riscontro una corrente calda e salata (corrente levantina) che da Cipro si porta verso est per risalire dal lato orientale sia l’Egeo che
l’Adriatico. Questa corrente calda è responsabile delle condizioni di clima mitissimo che si riscontra d’inverno lungo le coste dalmate.
Anche una corrente intermedia (100-500 m di profondità) procede nello stesso modo della corrente levantina; ma una parte di questa si
porta oltre il canale di Sicilia penetrando nel Tirreno e nel mar Balearico ed infine uscendo da Gibilterra in profondità e, per effetto
geostrofico (forza di Coriolis), sul lato nord. Una circolazione abissale, tenue e non molto nota, è data dalle “fredde”, salate e pesanti acque
che si spostano verso ovest. Le correnti dirette più o meno secondo i paralleli, cioè l’atlantica e la levantina, subiscono solo lievi
spostamenti e qualche vorticità secondaria, anche perché sono notevolmente intense (20-30 cm/s ed anche più).
Le correnti di marea sono in generale deboli ma si rafforzano negli stretti (Gibilterra, Messina, Euripo) e nei canali lagunari (nelle bocche
della laguna di Venezia si può superare la velocità di 1,5 m/s).
Maree, onde ed altre variazioni di livello. Le maree sono quasi ovunque poco sviluppate, con escursione media in genere sui 20-30 cm.
Solo nei golfi di Gabes (bassa Tunisia) e di Venezia si supera il metro di escursione.
Contro tratti di costa che chiudono un mare (ciò vale in special modo per l’Adriatico settentrionale riguardo ai venti sciroccali) possono
verificarsi, ad opera del vento, ingorghi d’acqua, con sollevamenti di livello anche di 1-2 m: se le coste sono basse possono aversi
inondazioni.
Economia. Il mare Mediterraneo, addentrandosi profondamente nel continente europeo, costituisce un’importante via d’acqua favorente in
traffici sia con le Americhe, attraverso Gibilterra, sia con l’Asia, l’Australia e l’Africa meridionale attraverso la via artificiale costituita dal
canale di Suez. Reti di canali interni consentono la più completa penetrazione fin nelle parti più settentrionali d’Europa, partendo da porti
mediterranei. Favoriti in questo senso sono però solo tre paesi: Francia e, sul mar Nero, Romania e Russia. Attraverso i canali fluviali russi
si può giungere dal Mediterraneo al Baltico e perfino al mar Bianco.
Nelle zone rivierasche sorgono importanti porti industriali con vari insediamenti, in special modo raffinerie e cantieri navali. Dal punto di
vista delle risorse naturali l’estrazione di idrocarburi è purtroppo assai modesta rispetto alle aspettative. Anche la pesca non è molto
sviluppata benché ci siano grossi centri specie in Italia e in Spagna: molto pesce però (per centinaia di migliaia di tonnellate, in particolare
di pesce azzurro) non viene pescato perché non ha mercato. Esistono anche vari impianti di coltivazione costiera di pesci e molluschi. Altre
attività quali la pesca del corallo e delle spugne sono ormai praticamente estinte. Date le condizioni climatiche vi sono molte grandi saline.
La vita marina. I diversi settori di questo mare presentano caratteri biologici diversi, in rapporto con le condizioni ambientali: presso le
coste dell’Algeria compaiono varie specie atlantiche, non diffuse verso est; nell’alto Adriatico sono evidenti le affinità con il mar Nero (lo
storione è infatti particolarmente comune); nel mar di Levante si osservano numerose specie che dal mar Rosso immigrarono attraversando
il canale di Suez: alcune di esse si sono notevolmente diffuse, potendo anche raggiungere le acque costiere dell’Italia meridionale. Nelle
zone meridionali e orientali del Mediterraneo sono molto più frequenti le specie che esigono acque calde; presso il Nordafrica, la Siria e le
isole Egee abbondano le Spugne. La flora mediterranea è formata da numerose Alghe e da alcune Fanerogame, fra cui la Posidonia, che è
endemica e spesso costituisce estese praterie. Queste sono sede di numerosi animali, cioè di un complesso faunistico diverso da quello che
popola gli altri tipi di fondali (rocciosi, detritici, sabbiosi, melmosi). Tra i rappresentanti della fauna pelagica possono citarsi diverse
meduse, ecc. Sono comuni i delfini e non molto rari alcuni altri Cetacei (capodoglio, balenottera); non mancano le tartarughe marine.
La relatività povertà faunistica del Mediterraneo è in relazione con la scarsità di sali nutritivi e di plancton. La limitata pescosità si deve
anche al fatto che la platea contentale è spesso molto ridotta. Mancano del tutto i grandi stuoli di merluzzi, aringhe e altre specie che
assumono un’alta importanza economica negli altri mari europei. Nel Mediterraneo vivono circa 540 specie di pesci, fra cui la sardina,
l’acciuga, il nasello, lo sgombro, il tonno, il pesce spada, la sogliola. Tra gli invertebrati commestibili sono da menzionare l’aragosta, lo
scampo, la grancevola, il polpo, la seppia, il calamaro, l’ostrica, il mitilo e svariati altri molluschi.
Per concludere il Mediterraneo, che per il clima che riesce a mantenere grazie ad acque “tiepide” anche in profondità, si è
dimostrato nel tempo assai favorevole allo sviluppo delle civiltà umane. Ma per il lento rinnovamento delle sue acque e per la
densità di popolazione delle sue coste risulta uno dei mari più vulnerabili dal punto di vista ecologico; è perciò particolarmente
soggetto al pericolo di inquinamenti. Ogni giorno è solcato da circa 2000 imbarcazioni commerciali di cui 300 navi cisterna che
rappresentano il 20% del traffico petrolifero marittimo mondiale. Circa 60 incidenti marittimi all'anno (di cui 15 portano a
versamenti di petrolio grezzo in mare), oltre agli scarichi di circa 400 milioni di persone in 584 città (di cui 25 superano il milione di
abitanti) rendono appunto questo mare ad alto rischio ambientale.
(sintetizzato e rielaborato con aggiunte da Mediterraneo, Mare - “Grande Dizionario Enciclopedico UTET”, Torino 1989)
MFL