Il ruolo essenziale dell’Italia nel Mediterraneo di Salvatore Sfrecola da un Sogno Italiano A parole tutti ne sono convinti. Per la sua posizione geografica e per la sua storia lunga quasi tre millenni la posizione dell’Italia nel mediterraneo è strategica ed evoca relazioni culturali e rapporti commerciali intensi, che interessano non solo noi ma l’intera Europa. Infatti, il “fronte Sud” dell’Unione ha un rilievo politico evidente dovuto alla instabilità di molte aree del medio Oriente e dell’Africa settentrionale nelle quali l’Europa può svolgere quel ruolo di pacificazione nel progresso che hanno fatto meritare al vecchio Continente il premio Nobel per la pace. In questa prospettiva di relazioni politiche hanno un ruolo di speciale interesse i rapporti culturali antichi e sempre coltivati dalle università e gli enti culturali italiani. La cultura è ancorata a realtà che risalgono nel tempo, al diritto, alla filosofia, alle scienze e all’arte e non ricorda le imprese coloniali nelle quali, del resto, l’Italia non si è particolarmente distinta, a differenza della Francia e della Spagna, come oppressore delle popolazioni locali. La stessa enfatizzazione strumentale della colonizzazione della Libia da parte del defunto Colonnello Gheddafi era una prospettazione alla uale credeva o fingeva di credere solo lui. Ebbene, il Mediterraneo è una risorsa per l’Italia e per l’Europa. Lo è già dal punto di vista turistico, con l’impiego di grossi investimenti in vaste aree dalla Grecia all’Africa, con estensione al Mar Rosso. Le economie di questi paesi, come avvenne ai tempi dell’Impero Romano, che peraltro le dominava, possono assumere forme di integrazione di notevole interesse per le produzioni agricole, alla base di molte attività manifatturiere, per l’artigianato e, ripeto, per il turismo che ha un indotto notevolissimo in termini di impiego di risorse per le infrastrutture e di posti di lavoro. Tutti condividono, a parole, questa semplice ed evidente analisi. Ma nessuno si muove, nessuno assume l’iniziativa di scambi di esperienze e di sinergie capaci di realizzare un incremento delle singole economie in termini di sviluppo economico e sociale delle popolazioni coinvolte. Questo ruolo spetta all’Italia, ne ha da sempre la vocazione e non può essere accusata di neocolonialismo, una Nazione che affonda le sue origine nella storia di Roma che al Mediterraneo ha dato infrastrutture che ancora ne sottolineano l’elevata civiltà e le istituzioni della politica, la cultura della storia e della filosofia, le condizioni che hanno consentito al Cristianesimo di uscire dalla Palestina e di estendersi con il senso dell’universalità. Ci sarà qualcuno capace di assumere l’iniziativa? Qualche politico accorto che in questa stagione di comprensibili anche se immotivati risentimenti antitedeschi alzi la bandiera della civiltà e della storia di Roma per dialogare e concretamente avviare piani di sviluppo economico e sociale che, tra l’altro, abbiano la capacità di rafforzare le fragili democrazie dei paesi rivieraschi dell’altra sponda? È una grande sfida, la ragione del ruolo dell’Europa che deve mantenere la sua connotazione geografica (niente Turchia, per intenderci) ma pronta ad accordi di cooperazione economica con altri paesi nel segno dello sviluppo e della pace. Non ne parlano i nostri politici. Vogliamo cominciare a ragionarci su?