PLATONE (problema degli scritti) prof. Michele de Pasquale dialoghi giovanili (anteriori al ritorno ad Atene dopo il primo viaggio siracusano: fortemente dipendenti dal metodo socratico) dialoghi della maturità (posteriori al ritorno di Platone ad Atene e alla fondazione dell’Accademia; attraverso Socrate parla Platone che ha formulato una sua dottrina, delle idee) dialoghi della tarda maturità e vecchiaia (composti intorno al secondo viaggio in Sicilia e nel periodo del ritorno definitivo ad Atene; la figura di Socrate perde sempre più importanza) 1.Apologia: autodifesa di Socrate al processo 2.Critone: Socrate in carcere discute la legittimità delle leggi e rifiuta la salvezza mediante la fuga 3.Carmide: sulla virtù della temperanza 4.Lachete: sul coraggio 5.Liside: sull’amicizia 6.Ione: parodia di poeti 7.Eutifrone: Socrate in attesa del processo per empietà discute sulla pietà religiosa 8.Protagora: Socrate discute con Protagora dell’insegnabilità della virtù 9.Ippia minore: è meglio aver sbagliato volontariamente o involontariamente? 10.Repubblica (libro I): Socrate discute con Trasimaco sulla giustizia 11.Gorgia: Socrate discute con Gorgia delle doti dell’uomo politico 1.Menesseno: contro i maestri di retorica) 2.Menone: la virtù nel suo rapporto con la dottrina delle idee 3.Eutidemo: caricatura dei giochetti logici dei tardo sofisti 4.Ippia maggiore: definizione dell’idea del bello 5.Cratilo: naturalità o convenzionalità del linguaggio 6.Fedone: teoria delle idee e prove dell’immortalità dell’anima 7.Simposio: la teoria dell’eros 8.Repubblica (libri II-X): sulla giustizia o sullo stato 9.Fedro: sull’amore o sulla retorica 1.Teeteto: teoria della conoscenza 2.Parmenide: obiezioni intorno alla teoria delle idee 3.Sofsta: riesame complessivo della teoria delle idee alla luce del metodo della diairesi 4.Politico: chi è il vero politico e il suo rapporto con le leggi attraverso l’applicazione del metodo diairetico 5.Filebo: il piacere in rapporto al bene; sui generi logici e la gerarchia delle idee 6.Timeo: cosmologia 7.Crizia: lo stato agricolo ideale contrapposto al potere marinaro imperialistico (mito di Atlandide) 8.Leggi ed Epinomide: sullo stato con modifiche dell’utopismo della Repubblica 9. delle Lettere sono autentiche la sesta, la settima, l’ottava la filosofia non è comunicabile attraverso uno scritto, ma si accende nell’anima come un fuoco dopo discussioni ed una vita in comune "Appena giunto, pensai di dover per prima cosa sperimentare se davvero Dionisio era acceso dall’ardore filosofico come da un fuoco, o erano infondate le molte notizie giunte ad Atene. Ora, v’è un modo non affatto volgare per fare questa prova, ma veramente opportuno quando s’ha a che fare con tiranni, soprattutto quando sono imbevuti di formule imparate: ed era appunto questo il caso di Dionisio, come subito m’accorsi. A questa gente bisogna mostrare che cos’è davvero lo studio filosofico, e quante difficoltà presenta, e quanta fatica comporta. Allora, se colui che ascolta è dotato di natura divina ed è veramente filosofo, congenere a questo studio e degno di esso, giudica che quella che gli è indicata sia una via meravigliosa, e che si debba fare ogni sforzo per seguirla, e non si possa vivere altrimenti. Quindi unisce i suoi sforzi con quelli della guida, e non desiste se prima non ha raggiunto completamente il fine, o non ha acquistato tanta forza da poter progredire da solo senza l’aiuto del maestro. Così vive e con questi pensieri, chi ama la filosofia: e continua bensì a dedicarsi alle sue occupazioni, ma si mantiene in ogni cosa e sempre fedele alla filosofia e a quel modo di vita quotidiana che meglio d’ogni altro lo può rendere intelligente, di buona memoria, capace di ragionare in piena padronanza di se stesso: il modo di vita contrario a questo, egli lo odia.% Quelli invece che non sono veri filosofi, ma hanno soltanto una verniciatura di formule, come la gente abbronzata dal sole, vedendo quante cose si devono imparare, quante fatiche bisogna sopportare, come si convenga, a seguire tale studio, la vita regolata d’ogni giorno, giudicano che sia una cosa difficile e impossibile per loro; sono quindi incapaci di continuare a esercitarsi, ed alcuni si convincono di conoscere sufficientemente il tutto, e di non avere più bisogno di affaticarsi. Questa è la prova più limpida e sicura che si possa fare con chi vive nel lusso e non sa sopportare la fatica; sicché costoro non possono poi accusare il maestro, ma se stessi, se non riescono a fare tutto quello ch’é necessario per seguire lo studio filosofico. […..] Questo tuttavia io posso dire di tutti quelli che hanno scritto e scriveranno dicendo di conoscere ciò di cui io mi occupo per averlo sentito esporre o da me o da altri o per averlo scoperto essi stessi, che non capiscon nulla, a mio giudizio, di queste cose. Su di esse non c’è, né vi sarà, alcun mio scritto. Perché non è, questa mia, una scienza come le altre: essa non si può in alcun modo comunicare, ma come fiamma s’accende da fuoco che balza: nasce d’improvviso nell’anima dopo un lungo periodo di discussioni sull’argomento e una vita vissuta in comune, e poi si nutre di se medesima. Questo tuttavia io so, che, se ne scrivessi o ne parlassi io stesso, queste cose le direi cosí come nessun altro saprebbe, e so anche che se fossero scritte male, molto me ne affliggerei.” (Platone, VII lettera ) il luogo della verità è il colloquio vivo tra persone che la scrittura riesce a riprodurre solo approssimativamente la forma dialogica è superiore a tutte le forme di scrittura perchè è quella che si avvicina di più al colloquio vivente: la forma dialogica degli scritti platonici costituisce una mediazione tra la parola orale e il discorso scritto il discorso scritto è esterno, rigido, non promuove vera sapienza dato che le nozioni non si fissano solidamente nell’anima: dalla parola scritta non si può trarre qualcosa di preciso e permanente, la scrittura ha sempre bisogno di un padre che le venga in aiuto, le parole scritte sono mute come le immagini dipinte "SOCRATE: Ho udito, dunque, che nei pressi di Naucrati d'Egitto c'era uno degli antichi dèi locali, di nome Theuth, al quale apparteneva anche l'uccello sacro chiamato Ibis. Fu appunto questo dio a inventare il numero e il calcolo, la geometria e l'astronomia e, ancora, il gioco del tavoliere e quello dei dadi, e soprattutto la scrittura. Regnava a quel tempo su tutto l'Egitto Thamus, che risiedeva nella grande città dell'Alto Egitto che i Greci chiamano Tebe e il cui dio chiamano Ammone. Recatosi al cospetto del faraone, Theuth gli mostrò le sue arti e disse che occorreva diffonderle tra gli altri Egizi. Quello allora lo interrogò su quali fossero le utilità di ciascun'arte, e mentre Theuth gliela spiegava, il faraone criticava una cosa, ne lodava un'altra, a seconda che gli paresse detta bene o male. Si dice che Thamus abbia espresso a Theuth molte osservazioni sia pro sia contro ciascuna arte, ma riferirle sarebbe troppo lungo. % Quando Theuth venne alla scrittura disse: "Questa conoscenza, o faraone, renderà gli Egizi più sapienti e più capaci di ricordare: é stata infatti inventata come medicina per la memoria e per la sapienza". Ma quello rispose: "Ingegnosissimo Theuth, c'é chi é capace di dar vita alle arti, e chi invece di giudicare quale danno e quale vantaggio comportano per chi se ne avvarrà. E ora tu, padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di ciò che essa é in grado di fare. Questa infatti produrrà dimenticanza nelle anime di chi l'avrà appresa, perchè non fa esercitare la memoria. Infatti, facendo affidamento sulla scrittura, essi trarranno i ricordi dall'esterno, da segni estranei, e non dall'interno, da se stessi. Dunque non hai inventato una medicina per la memoria, ma per richiamare alla memoria. Ai discepoli tu procuri una parvenza di sapienza, non la vera sapienza: divenuti, infatti, grazie a te, ascoltatori di molte cose senza bisogno di insegnamento, crederanno di essere molto dotti, mentre saranno per lo più ignoranti e difficili da trattare, in quanto divenuti saccenti invece che sapienti" FEDRO: Socrate, con che facilità tu fai discorsi egizi e di tutti i Paesi che vuoi! SOCRATE: Gli antichi, mio caro, dissero che nel santuario di Zeus a Dodona, da una quercia, provennero i primi discorsi divinatori. Agli uomini di quel tempo dunque, dato che non erano sapienti come voi giovani, bastava nella loro semplicità ascoltare una quercia o un sasso, purchè dicessero il vero.% A te invece importa forse sapere chi é colui che parla e da dove viene; non ti accontenti infatti di esaminare se le cose che dice stanno o meno così. FEDRO: Hai fatto bene a rimproverarmi: anche a me pare che circa la scrittura le cose stiano come sostiene il Tebano. SOCRATE: Dunque, chi credesse di affidare alla scrittura la trasmissione di un'arte e chi a sua volta la ricevesse, convinto che dalla scrittura gli deriverà qualche insegnamento chiaro e solido, sarebbe molto ingenuo e ignorerebbe in realtà l'oracolo di Ammone, credendo che i discorsi scritti siano qualcosa di più del richiamare alla memoria di chi già conosce gli argomenti trattati nello scritto. FEDRO: Giustissimo. SOCRATE: C'é un aspetto strano che in realtà accomuna scrittura e pittura. Le immagini dipinte ti stanno davanti come se fossero vive, ma se chiedi loro qualcosa, tacciono solennemente. Lo stesso vale pure per i discorsi: potresti avere l'impressione che parlino, quasi abbiano la capacità di pensare, ma se chiedi loro qualcuno dei concetti che hanno espresso, con l'intenzione di capirlo, essi danno una sola risposta e sempre la stessa. Una volta che sia stato scritto poi, ogni discorso circola ovunque, allo stesso modo fra chi capisce, come pure fra chi non ha nulla a che fare e non sa a chi deve parlare e a chi no. E se é maltrattato e offeso ingiustamente ha sempre bisogno dell'aiuto dell'autore, perchè non é capace nè di difendersi nè di aiutarsi da solo. FEDRO: Anche in questo hai proprio ragione.” (Platone, Fedro 274-276) attraverso il dialogo (dialettica tekne dialektikè ) si supera il divario tra realtà e linguaggio il dialogo è una discussione (domandarisposta) che tende alla verità e alla scienza è diverso dal discorso retorico (lungo, ben composto, non ammette interruzioni; tende a persuadere avanzando solo opinioni) è diverso dalla eristica (la disputa è concepita come contesa volta a sopraffare l’interlocutore) il dialogo è il luogo di elaborazione della scienza: vengono introdotte particolari procedure logiche e linguistiche tendenti a superare la contrapposizione dei punti di vista particolari per giungere ad un sapere valido per tutti confutazione: in Socrate serviva a rendere l’interlocutore consapevole della propria ignoranza e a far nascere in lui la tensione verso la verità; in Platone segna il passaggio dal piano della doxa al piano dell’epistème (dalla molteplicità del discorso opinabile all’unicità del discorso scientifico); rappresenta lo strumento logico che permette di discriminare il vero dal falso ricerca della definizione: è la ricerca di un elemento comune - l’identico - ad una molteplicità di casi, che coincide con l’essenza della cosa (idea = vera natura dell’oggetto che la ragione coglie al di là dell’apparenza sensibile); con la ricerca della definizione oltre ad interrogarci sulle cose (conoscere l’essenza di un oggetto), compiamo un’operazione linguistica (si stabilisce il valore di un termine vincolandolo ad un contenuto preciso): si ricompone il nesso tra essere e linguaggio spezzato dai sofisti (parole specchio delle idee e quindi dell’essere) omologhìa: è il momento del riconoscimento intersoggettivo della verità che si verifica quando l’argomentazione dell’uno viene realmente compresa e fatta propria dall’altro; ciò avviene a condizione che le tesi non vengano semplicemente enunciate, ma siano motivate; che il dialogo avvenga tra singoli individui e non tra un individuo e le folle il dialogo è un’esperienza di comunicazione: affrontare la discussione in modo conflittuale (timore di essere confutato; volontà di far prevalere il proprio punto di vista) non favorisce la ricerca della verità perchè si vive il dialogo in modo agonistico e non con l’intento di raggiungere una verità assoluta. (Gorgia 457) questo atteggiamento di disponibilità consente di valorizzare l’interlocutore considerato un compagno nel cammino di ricerca della verità dialettica In generale è l’arte del dialogo e della discussione. In quanto ricerca consensuale della verità è contrapposta all’eristica (Menone 75c; Gorgia 488c). Il dialettico è l’esperto nell’interrogare e rispondere (Cratilo 390c). In un senso più specifico è il metodo scientifico della dimostrazione. Essa parte da un’ipotesi ed esamina le conseguenze logiche che derivano sia dalla sua ammissione che dalla sua negazione (Parmenide 135e-136a). Oppure risale dall’ipotesi al principio che la fonda e di qui ridiscende verso le conclusioni logiche (Repubblica VI 511b-c). Infine è sinonimo di metodo filosofico, la parte più importante e difficile della filosofia (Repubblica VI, 498a). Dialettico è colui che ha una visione d’insieme (sinossi) della realtà molteplice (Repubblica VII, 537c). Oltre alla riconduzione del molteplice all’unità, la dialettica comprende anche l’opposto procedimento di divisione dell’oggetto nelle sue parti componenti, seguendo le nervature naturali ed evitando di lacerarne le membra (Fedro 265c-266a). Come tale è anche sinonimo di diairesi. doxa A differenza della conoscenza, l’opinione non opina nè ciò che è, nè ciò che non è. E'quindi intermedia tra conoscenza e ignoranza (Repubblica V, 478 c-d). Esiste infatti anche la retta opinione o opinione vera (Menone 97b, Fedone 73a). Chi si ferma tuttavia alle mutevoli opinioni non è vero filosofo, ma filodosso (Repubblica V, 480a) episteme Appresa mediante l’anamnesi, ha per oggetto adeguato l’idea. Ogni scienza riguarda un oggetto che è distinto dalla scienza stessa (Carmide 166a) idea In senso logico, la nozione comune o generale sotto cui si può far rientrare il molteplice empirico (Repubblica VI, 507b). In senso ontologico, la forma o aspetto distintivo delle cose, colto dalla sola ragione, che ne costituisce l’essenza o il modello eterno ed immutabile (Fedro 247c; Parmenide 130d)