Omelie per un anno
Volume 1 - Anno “B”
Anno “B”
3ª DOMENICA DI PASQUA
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At 3,13-15.17-19 - Avete ucciso l'autore della vita; ma Dio l'ha
risuscitato dai morti.
Dal Salmo 4 - Rit.: Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo
volto.
1 Gv 2,1-5a - Gesù Cristo è vittima di espiazione per i nostri
peccati e per quelli di tutto il mondo.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Signore Gesù, facci
comprendere le Scritture; arde il nostro cuore mentre ci parli.
Alleluia.
Lc 24,35-48 - Il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il
terzo giorno.
PER COMPRENDERE LA PAROLA
PRIMA LETTURA
È il secondo annuncio di Gesù Cristo (almeno l'inizio: 3,13-26) negli
Atti. Pietro prende l'occasione dall'emozione popolare suscitata dalla
guarigione dello storpio della porta Bella. Dio ha glorificato il suo
servo. Pietro annuncia la risurrezione di Cristo. È questo il significato
della parola glorificato, che allude anche al potere dato a Cristo e
manifestato per mano degli apostoli.
Il suo servo Gesù. Il titolo di servo è importante per dare coesione al
messaggio. Pietro designa Gesù come il servo profetizzato in Isaia
53: «Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo... fu
eliminato, percosso a morte» (53,8), ignominiosamente. Come in
Isaia, egli da una parte è misteriosamente ricompensato: «Dopo il
suo intimo tormento vedrà la luce», dall'altra egli «giustificherà
molti» (53,11). Fra gli oracoli di «tutti i profeti», il canto del Servo è
quello che annuncia più chiaramente le sofferenze del Messia.
Il Santo e il Giusto: altri titoli attribuiti meno frequentemente a
Cristo, ma che qui sono in contrasto con la preferenza data a
Barabba.
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Voi l'avete rinnegato e ucciso. Senza citare, questa volta, il versetto
accusatore della pietra scartata dai costruttori, Pietro segue lo stesso
movimento dialettico degli altri discorsi degli Atti: voi avete crocifisso
Gesù - Dio l'ha risuscitato - convertitevi. Qui l'accusa è particolarmente
patetica: «Avete chiesto che vi fosse graziato un assassino».
Dio aveva annunziato. Pur sottolineando la colpevolezza dei Giudei,
Pietro si preoccupa di mostrare che tutto ciò realizzava il piano di Dio,
annunciato dai profeti: era necessario «che si adempisse ciò che nella
Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo» (così si esprimono gli Atti a
proposito di Giuda: 1,16).
SALMO
Durante tutto il tempo pasquale si può usare il salmo 117. Il salmo 4 è
un canto di fiducia che può applicarsi a Cristo risorto e a coloro che
Cristo ha salvato. Il servo fedele che Dio si è scelto può coricarsi e
addormentarsi nella pace del sepolcro, poiché Dio lo fa vivere.
SECONDA LETTURA
Le prime frasi del testo sono la fine di un'esortazione a romperla con il
peccato. Gesù interviene proprio per dichiararsi in nostro favore,
essendo morto per i nostri peccati.
Il seguito, che si rivolge esplicitamente agli «gnostici» (noi
tradurremmo «eruditi»), afferma il legame fra la vera conoscenza di
Dio e l'obbedienza alla sua parola. La verità si raggiunge per mezzo
della vita, «operando la verità» (cf Gv 3,21).
VANGELO
L'ultimo capitolo di Luca condensa in tre racconti gli avvenimenti di
Pasqua e la loro continuazione: apparizione alle donne presso la
tomba, apparizione a due discepoli sulla strada di Emmaus,
apparizione agli undici apostoli riuniti la sera di Pasqua, con una breve
finale dedicata all'Ascensione, come se fosse avvenuta nello stesso
giorno. Qualunque sia la ragione di questo procedimento redazionale,
l'apparizione agli apostoli riuniti costituisce una specie di invio in
missione, che conclude il Vangelo.
In un primo tempo, Gesù fa constatare la sua presenza, presenza viva,
fisica: non un essere di un altro mondo. Questa insistenza è motivata
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dal fatto che i destinatari del Vangelo di Luca sono i Greci. L'argomento
principale resterà quello di Pietro: «Noi che abbiamo mangiato con lui»
(At 10,41). Il discorso che segue riprende il tema della conversazione
lungo la strada di Emmaus sulla Scrittura, le sofferenze del Messia e la
sua risurrezione. Sarà la trama dei discorsi degli Atti. Come in quelli,
questa lettura degli avvenimenti, alla luce della fede, finisce in un
invito alla conversione.
Infine, la missione degli apostoli si concentra sul loro ruolo di testimoni
della risurrezione. Si veda At 1,8-2,32; 3,15; 10,39.
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
Voi avete rinnegato il Giusto
La psicologia moderna ci mette in guardia contro il pericolo di
colpevolizzazione. Al contrario, occorre «liberare». E noi rifiutiamo
allegramente tutta una tradizione costante che, con grande sincerità,
mette gli uditori in stato di accusa.
È proprio il metodo di Pietro nei discorsi degli Atti, come spesso fu
quello dei profeti. (Si può fare il confronto con Ger 5,11-12 o 7,2028). In tale requisitoria vi è una sola attenuante: voi avete agito per
ignoranza!
Anche noi siamo portati a dire: «Cosa c'entriamo in questo processo?
Laviamoci presto le mani, come Pilato. Noi siamo innocenti del
sangue di questo giusto! ». Innocenti, quindi non dobbiamo
convertirci! E non abbiamo nemmeno bisogno di «un avvocato presso
il Padre» (2ª lettura).
Innocenti: facciamo presto a dirlo. È proprio dell'uomo adulto
assumersi le sue vere responsabilità.
Il processo supera i contemporanei di Cristo. Così come siamo, quale
sarebbe stato il nostro posto fra gli attori del dramma: traditori,
torturatori, chiassoni, falsi, vigliacchi o indifferenti? Ci sono molti
modi di respingere e di crocifiggere Gesù. Anche oggi, il «Giusto» è
ancora rinnegato, schernito, torturato. Personalmente e nei più piccoli
dei suoi: «Ciò che fate loro, lo fate a me». Noi abbiamo il nostro
posto fra gli attori del dramma.
La pace è proclamata per i colpevoli
Se è duro guardare in faccia la nostra responsabilità in ogni ambito, è
perché noi non crediamo al perdono. Il pensiero di essere colpevoli ci
spaventa, come deve far paura a un condannato a morte. Ma in
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realtà, noi non siamo più condannati, ma graziati. Nel Vangelo come
nella predicazione di Pietro, tutti gli elementi sono collegati:
sofferenza del Messia, risurrezione, conversione proclamata nel suo
nome.
Gesù appare vivo proprio per dire: «Pace a voi!». Gli apostoli, primi
testimoni, hanno fatto essi stessi l'esperienza di peccatori perdonati.
Noi, come loro, non possiamo mai separare la coscienza del peccato
dalla proclamazione del perdono.
Di questo voi siete testimoni
Si può partire dalla parola testimone, alla quale i derivati astratti:
testimoniare, testimonianza, tanto sprecati nel gergo militante,
rischiano di dare un significato un po' evanescente. Si può partire
anche da esempi concreti, in cui il testimone chiamato in giudizio si
impegna personalmente, non soltanto per gli avvenimenti che
riferisce, ma per la persona che difende.
L'espressione: «Sarete miei testimoni» deriva dall'Antico Testamento:
Isaia 43,10 e 12. Essa si riferisce al tema, spesso utilizzato, del
processo di Dio (si veda per esempio Is 41). Il Signore è messo in
competizione con i falsi dèi e i fedeli del Signore con gli idolatri. In
questa disputa, ora Dio prende la difesa dei suoi, sta loro vicino
(41,14), ora Gesù si fa nostro difensore, quando noi abbiamo peccato
(2a lettura). Così si lascia egli stesso chiamare in giudizio e fa appello
a coloro che ha scelto. Egli «ha bisogno di uomini» per difendersi
davanti agli uomini.
Nel Vangelo di Giovanni il tema della testimonianza è molto
accentuato: i capitoli 5-8 ci presentano in modo particolare Gesù
«sotto processo». La testimonianza da lui invocata è quella del Padre,
che parla mediante le «opere» che egli compie (Gv 5,36-37;
8,18.50.54; ecc. ).
Scegliendo i Dodici, Gesù si è preparato altri «testimoni» per il futuro.
Come dimostra la scelta del successore di Giuda (At 1,21-22),
l'apostolo deve avere accompagnato il Signore dal suo battesimo fino
all'Ascensione.
Ma egli deve anche e soprattutto essere «testimone della sua
risurrezione». Il Vangelo di oggi spiega perché e come. Non si tratta
soltanto di rivelare certi avvenimenti (le sofferenze di Cristo e la sua
risurrezione), ma il loro significato nascosto. Infatti questi avvenimenti, conformi alle Scritture, fanno parte di un piano di Dio per
salvare il mondo. Il testimone diventa quindi il messaggero della
conversione e del perdono.
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Tutti i cristiani sono testimoni di Cristo e non soltanto i vescovi o i
sacerdoti. Tutti hanno fatto l'esperienza della salvezza. Tutti sono
animati dallo Spirito Santo per manifestare la salvezza con le parole e
con i fatti. Infatti «chi dice: "Lo conosco" e non osserva i suoi
comandamenti, è bugiardo» (2ª lettura). Ecco perché i fatti di vita
cristiana riferiti nelle nostre diverse riunioni hanno spesso il nome di
«testimonianze». Ora tocca a noi domandarci dove e quando siamo
chiamati a «dare testimonianza» e come lo facciamo con le parole e
con la vita.
Per voi e per molti
La Chiesa di Cristo si dice volentieri «cattolica»; vuole in tal modo
ricordare la propria vocazione universale: essa può e deve
raggiungere il mondo intero. Altri movimenti si preoccupano della
«massa» o delle «masse», non senza stimolare un potente
dinamismo d'azione collettiva, non senza risvegliare, inoltre, un
riflesso di difesa contro i pericoli di un collettivismo che soffocherebbe
le persone e i gruppi. È uno dei grandi dibattiti del nostro tempo.
La tradizione liturgica ha inserito nel racconto della Cena, al centro
della Messa, un'espressione che non compare in modo completo in
nessuno dei testi originali né dei Vangeli sinottici, né della 1ª lettera
ai Corinzi: «Per voi e per tutti in remissione dei peccati». I testi
d'origine dicono, gli uni: «Per voi» (1 Cor 11,24; Lc 22,19), gli altri:
«Per molti» (Mc 14,24), «per molti, in remissione dei peccati» (Mt
26,28). La liturgia, con la sua espressione che aggiunge alla parte il
tutto, può essersi ispirata al testo della lettera di Giovanni che
leggiamo oggi: «Non soltanto per i nostri (peccati), ma anche per
quelli di tutto il mondo».
È un richiamo opportuno dell'universalità.
Ogni comunità, soprattutto se è fervente, corre sempre il rischio di
fermarsi ai confini conosciuti. Il Vangelo è missione, l'apostolo è
testimone per il mondo intero, per «tutte le genti» (Vangelo), perché
il Giusto di Dio, annunciato da Isaia, ha portato su di sé i peccati di
tutti gli uomini: Is 53,12, cf 1 Pt 2,24. Ad ogni porzione del suo
gregge riunito il Buon Pastore dice: «E ho altre pecore» (Gv 10,16).
Ma si insiste anche sul fatto che la salvezza è particolare. Infatti, c'è
anche il rischio che, a forza di proclamare la salvezza per tutti, essa
non raggiunga più nessuno in concreto: una massa amorfa schiaccia
le persone. Il primo termine dell'espressione: «per voi» ricorda
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costantemente che noi siamo tra questi «molti». Il Buon Pastore
conosce le sue pecore una per una (Gv 10,3). I nostri peccati sono
personali, come del resto lo è ogni conversione. La conversione infatti
è proclamata a tutte le genti, ma «cominciando da Gerusalemme» e,
potremmo aggiungere, continuando con le serie di testimoni scelti e
inviati a ogni generazione; ciascuno di noi vi trova posto.
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