Omelie per un anno Volume 2 - Anno “B” Anno “B” 24ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Is 50,5-9a - Ho dato il mio corpo ai flagellatori. Salmo 114 - Rit.: Camminerò alla presenza del Signore. Gc 2,14-18 - La fede, se non ha le opere, è morta. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Di null’altro mi glorio se non della croce di Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso e io per il mondo. Alleluia. Mc 8,27-35 - Tu sei il Cristo... Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire. PER COMPRENDERE LA PAROLA Con il suo comportamento, il Servo di Isaia annunzia Gesù Cristo. Egli avanza risolutamente verso la passione e la croce nella certezza della risurrezione. PRIMA LETTURA Nel Secondo Isaia, gli esegeti hanno distinto quattro poemi singolari chiamati i canti del Servo di Iahvè (42,1-4; 49,1-6; 50,4-9; 52,13–53,12). L’ultimo, il più importante, ha nutrito largamente la riflessione dei primi cristiani sulle sofferenze di Cristo. Il 3° canto, di cui abbiamo qui un passo rilevante, presenta il Servo come un sapiente che, lungi dal rivoltarsi contro la missione che riceve da Dio, accoglie docilmente l’insegnamento del Signore (v. 5). Nonostante le persecuzioni che si abbattono su di lui, egli rimane coraggiosamente fedele senza sottrarsi alla violenza che lo colpisce (vv. 6-7). La fede in Dio che lo assiste (vv. 7a.8a.9a) gli dà la certezza di non essere vinto. SALMO Prima parte di un insieme considerato dalla Bibbia ebraica come un unico salmo (116 in ebraico – 114 + 115 nei Settanta e nella Volgata). È una sola e unica preghiera trasmessa in due forme. 24ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005 1 Omelie per un anno Volume 2 - Anno “B” Questo salmo è la supplica di un credente che si sa ascoltato: egli è certo di essere esaudito. Per mostrare la forza dell’intervento di Dio, egli descrive la situazione in cui era sprofondato e, nello stesso tempo, riconosce che il Signore l’ha già salvato; la sua speranza diventa certezza incrollabile. È la preghiera del Servo accusato e perseguitato. È la preghiera di Gesù che si incammina verso la croce e la risurrezione. SECONDA LETTURA Passo celebre sulla fede e sulle “opere”. La parola designa l’insieme dei comportamenti, il modo con cui ci si impegna attivamente nella vita. Tocchiamo qui la controversia che a lungo ha opposto cattolici e protestanti. Giacomo affronta a modo suo il problema della fede e delle opere; non entra nella polemica che opponeva Paolo ai giudaizzanti. La fede deve produrre frutto, che si manifesta nell’amore fraterno; per rafforzare quest’affermazione, Giacomo porta un esempio semplice con un tono molto discreto. Questo problema è reale: la fede in Gesù Cristo non può e non deve rinchiudere il cristiano in un universo immaginario, separandolo dagli altri uomini. Credere è anzitutto imitare Gesù Cristo, manifestando nella carità la verità e la vita di Dio: come si può amare Dio che non si vede se non si amano gli uomini che si vedono? (cf 1 Gv 4,20). Però, se non c’è fede senza opere, non c’è neppure fede senza preghiera. Questo pericolo è certo più attuale ai nostri giorni, in cui i cristiani rischiano di essere più attivi che contemplativi e quindi di tornare (in termini moderni) all’errore del giudaismo condannato da Paolo. VANGELO A Cesarea di Filippo, i discepoli riconoscono Gesù come Messia. Marco ha collocato questa scena a metà del suo Vangelo per riprendere con forza l’affermazione iniziale (1,1). La domanda sull’identità di Gesù è già stata posta in termini simili (6,14-16). Le folle vedono soltanto uno di coloro che hanno preparato la venuta del Messia: Giovanni Battista o Elia, o un altro profeta; non vedono oltre, non colgono la realizzazione della promessa. Gesù non si accontenta delle reazioni della folla, interroga i discepoli: “E voi chi dite che io sia?”. Egli provoca direttamente i suoi, 24ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005 2 Omelie per un anno Volume 2 - Anno “B” costringendoli a superare le apparenze immediate (cf 6,3: “Il carpentiere, il figlio di Maria...”) o anche l’attesa del popolo (cf sopra). Gesù, con la sua domanda, vuol fare loro intendere che egli supera ciò che essi sanno di lui. Pietro, con la sua risposta, non afferma ancora la divinità di Gesù, ma sottolinea il suo particolare rapporto con l’opera di Dio-Salvatore. Il Messia era, originariamente, il re consacrato dall’unzione in vista di una missione, ad un tempo profana e religiosa, affidatagli da Dio. Per Gesù questo titolo (utilizzato soltanto cinque volte da Marco, sempre in momenti essenziali: p. es. 14,61; 15,32) viene evitato; è il segreto messianico (v. 30). Questa denominazione porta con sé un’ambiguità politica che cadrà con la risurrezione. A partire dalla Pasqua, Gesù di Nazaret diventerà Gesù Cristo (= Messia). In questa scena Pietro occupa un posto particolare; Matteo, riferendo la stessa scena (Mt 16,18), sottolinea ancora più marcatamente il suo ruolo decisivo. Ma egli è ben lungi dall’essere convertito; non coglie tutta la portata di ciò che dice. Gesù lo tratta come Satana, cioè come avversario dei disegni divini e della missione che Dio ha affidato al suo Messia. Gesù, che Pietro ha appena designato come Messia e che si presenta come Figlio dell’uomo, annunzia per la prima volta la passione e la risurrezione. A partire da esse potranno essere riconosciute la sua regalità, la sua gloria e la sua potenza. La sua sofferenza e la sua morte compiono le profezie del Servo sofferente (cf 1ª lettura). In Gesù convergono così la linea del Messia, quella del Servo e quella del Figlio dell’uomo. Per conoscere la salvezza portata da Gesù, bisogna essere suo discepolo anche nelle sue sofferenze, camminando dietro a lui fino alla croce. PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia) “La fede senza le opere...” Il problema è spesso sollevato dai “marginali” della Chiesa: si critica severamente una fede che non è vissuta, si vede in essa una mancanza di sincerità; si denuncia la vita del credente “che non è migliore degli altri”. L’opposizione sottolineata da san Giacomo tra la fede e le sue opere è costante nella Chiesa e permane nella nostra epoca. Ad essa si aggiunge un’altra opposizione: credente, ma non praticante... ed è una fede che pretende di contestare la pratica. 24ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005 3 Omelie per un anno Volume 2 - Anno “B” Gesù Cristo ha denunciato tutte le deformazioni di questo genere che erano occasione di deviazioni per il popolo; egli attaccava particolarmente i farisei (Mt 23). Costruire in modo solido non significa soltanto ascoltare la Parola, ma soprattutto metterla in pratica (Mt 7,24-27; cf 5,19). Egli formula con chiarezza le esigenze della sua Buona Novella: agire è per il credente una legge di vita; non è possibile una vita, una sopravvivenza, se non si porta frutto abbondante: parabola del seminatore (Mc 4,1-20). Ma Gesù insiste sulla necessità della fede che fa vivere e agire: il fico seccato (Mc 11,12-14.20-25). Colui che pensa soltanto ad agire rischia di consumarsi nell’attivismo e colui che pensa soltanto a fare atti da credente sarà tentato di rinchiudersi nella sufficienza, che era la sclerosi dei farisei. L’accordo fra la fede e le opere deve realizzarsi nel cuore di ciascuno. Per questo, bisogna prima riconoscere che la fede e le opere sono due aspetti di una stessa realtà; è difficile non opporli, ma non si possono neppure separare. Noi siamo sempre tentati di privilegiare l’uno o l’altro: dipende dal temperamento di ciascuno. Qualunque sia la nostra tendenza naturale, dobbiamo sempre tener conto dell’altro aspetto. Qual è il luogo dove questi due orientamenti si incontrano e si manifestano insieme? Nella Messa ben compresa e vissuta: essa è l’espressione della fede e anche la riunione di uomini e donne che vivono e agiscono. È il raduno di persone molto diverse, alcune più attive, altre più contemplative, ma tutte credenti. La Messa è soprattutto azione di credenti che partecipano all’azione di grazie di Gesù Cristo; essi la accolgono nella fede e vi apportano il loro contributo mettendo insieme quanto costituisce la loro vita di credenti. Servo sofferente Questo titolo ritorna qualche volta nelle letture dell’Antico Testamento, ma è scarsamente considerato. Vi si fa allusione soprattutto nei giorni santi, domenica di Passione e Venerdì Santo; ma una settimana, anche quella santa, passa presto... Le due parole “Servo sofferente” non ci attirano molto: sono entrambe agli antipodi della realizzazione della persona, questa specie di culto che caratterizza le nostre generazioni. Gesù, tuttavia, ha voluto realizzare queste parole profetiche del Servo sofferente. È sorprendente constatare quanto questi poemi siano un 24ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005 4 Omelie per un anno Volume 2 - Anno “B” annunzio della passione. Rileggerli, pensando a Gesù Cristo prostrato dalle sofferenze durante la via alla croce o sul Calvario, ci permette di cogliere più a fondo che cosa sia stata la sua sofferenza, e di vedere, a partire dalla 1ª lettura, come egli si lasciava trattare dai suoi carnefici. Anche nei momenti più bui del Getsemani, egli riusciva ad esprimere, dal profondo del cuore, la sua incrollabile fiducia nel Padre. Gesù Cristo stesso ha annunziato le sue sofferenze e la sua morte; egli sapeva bene dove andava e questa coscienza non poteva che accrescere la sua sofferenza. Tuttavia non appare mai come la vittima rassegnata; egli ha assunto la sua passione e la sua morte nell’insieme della sua vita e si è così mostrato servo del Padre e dei fratelli: “Come colui che serve” (Lc 22,27). Come per gli apostoli, anche per noi è difficile entrare nelle sue vedute. E tuttavia non è possibile seguire Gesù Cristo senza prendere la sua croce. La Messa è il momento in cui rinnoviamo l’offerta del Servo sofferente: non c’è per il credente altra via che l’offrirsi con lui per vivere come lui. Professione di fede Non è questo il tempo per farla, si dirà. Se ne parla alla fine dell’anno scolastico, e ora siamo alla fine delle vacanze. La professione di fede non ci riguarda più... abbiamo ormai superato l’età... Essa, tuttavia, non è stata fatta una volta per tutte; la Chiesa lo sa bene e ci invita a riprenderla insieme, nella comunità cristiana, almeno una volta all’anno, in occasione della Pasqua. Gli apostoli hanno espresso la loro fede a più riprese: rispondendo alla chiamata loro rivolta e anche restando con Cristo, mentre molti l’hanno abbandonato. Soltanto dopo la Pasqua la loro fede si è rinsaldata; prima erano credenti, sì, ma esitanti. Il Vangelo lo dimostra bene per Pietro. Egli contesta, ha paura, ma ha fiducia (Lc 5,1-11; Mt 14,28-33). Risponde come un credente, ma il suo sguardo rimane umano (Vangelo), fa lo spaccone, ma poi rinnega (Mc 14,66-72). Dopo la risurrezione la sua fede si ridesta e si rinsalda. Egli fa una professione di fede che è una risposta d’amore (Gv 21,15-19). Ormai potrà confermare nella fede i suoi fratelli (Lc 22,32). Questo è stato il suo itinerario di credente. A che punto siamo noi nel nostro cammino di fede? Perché non riprendere in questi giorni il nostro impegno di credenti? Insieme ai preparativi per il rientro a scuola, non potremmo rinnovare il nostro 24ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005 5 Omelie per un anno Volume 2 - Anno “B” impegno per guardare di più le cose con lo sguardo di Dio? In questo senso, ogni domenica alla Messa ripetiamo il “Credo”. 24ª domenica del Tempo Ordinario “B” • © Elledici, Leumann 2005 6