Cerbero
Cèrbero nella mitologia greca era uno dei mostri che erano a guardia dell'ingresso dell'Ade, il
mondo degli inferi. È un cane a tre teste, le quali simboleggiano la distruzione del passato, del
presente e del futuro. Tutto il suo corpo era ricoperto, anziché di peli, di velenosissimi serpenti, che
ad ogni suo latrato si rizzavano, facendo sibilare le proprie orrende lingue. Il suo compito era
impedire ai vivi di entrare ed ai morti di tornare indietro. In realtà nell'antichità il "nudo suolo" era
definito Cerbero (o "lupo degli dei") poiché ogni cosa seppellita pareva essere divorata in breve
tempo.
Il nome di Cerbero è entrato nella lingua italiana per esprimere, per antonomasia e spesso
ironicamente, un guardiano arcigno e difficile da superare.
Mitologia
Cerbero è figlio di Tifone e di Echidna e quindi fratello dell'Idra, di Ortro e della Chimera. Cerbero
è un mastino sanguinario e gigantesco che emette dalle fauci dei latrati che scoppiano come tuoni. Il
suo compito era sorvegliare l'accesso dell'Ade o Averno affinché nessuno dei morti ne uscisse.
Nessuno è mai riuscito a domarlo, tranne Eracle, Orfeo e ovviamente il suo padrone Ade. Il cane
appare anche nel film d'animazione Disney "Hercules".
Le dodici fatiche di Ercole
Nell'ultima e più dura delle sue dodici fatiche, Eracle è costretto a combatterlo e sconfiggerlo per
portarlo a Micene da Euristeo. L'eroe non lo uccide, ma dimostra di averlo sconfitto in
combattimento. Dopo aver ottenuto da Ade il permesso di portarlo via (a condizione di combatterlo
da solo e senza armi) Eracle lo affronta e arriva quasi a strangolarlo, lottando con lui tutto il tragitto.
Dopo di che, lo riporta nell'Ade perché riprenda a farne la guardia.
Araldica
In araldica, il cerbero (nome comune) è una figura immaginaria del tutto corrispondente alla sua
raffigurazione mitologica: un cane tricefalo dalle gole spalancate, la coda di drago e con teste di
serpente sul dorso. Talune raffigurazioni utilizzano i serpenti come chioma.
In taluni stemmi il cerbero, guardia feroce della città infernale, allude al cognome Medico, che
vigila a che nessuno entri nella città dei malati. L’eventuale collare simboleggia la sottomissione del
medico alla sua missione.
Letteratura : Amore e Psiche
Nella fiaba di Amore e Psiche contenuta ne l'Asino d'oro di Apuleio, l'eroina (Psiche) è costretta a
compiere un viaggio agli inferi e deve affrontare, all'entrata e all'uscita, Cerbero, che nel testo non
viene chiamato per nome ma descritto come canis praegrandis, teriugo et satis amplo capite
praeditus, immanis et formidabilis, tonantibus oblatrans faucibus mortuos, quibus iam nil mali
potest facere, frustra territando ante ipsum limen et atra atria Proserpinae semper excubans servat
vacuam Ditis domum ("un cane enorme, con una triplice testa in proporzione, gigantesco e terribile,
che con fauci tonanti latra contro i morti, cui peraltro, non può fare alcun male; cercando
terrorizzarli senza motivo, e standosene sempre tra la soglia e le oscure stanze di Proserpina,
custodisce la vuota dimora di Dite").
Eneide
"L'enorme Cerbero col suo latrato da tre fauci rintrona questi regni giacendo immane davanti
all'antro. La veggente, vedendo ormai i suoi tre colli diventare irti di serpenti gli getta una focaccia
soporosa con miele ed erbe affatturate. Quello, spalancando con fame rabbiosa le tre gole l'afferra
e sdraiato per terra illanguidisce l'immane dorso e smisurato si stende in tutto l'antro. Enea
sorpassa l'entrata essendo il custode sommerso nel sonno profondo"......
Divina Commedia
La figura mitologica di Cérbero è presente anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, dove
esso vigila l'accesso al terzo cerchio dell'Inferno (Divina Commedia), quello di coloro che
peccarono di incontinenza riguardo alla gola. Nella rappresentazione dantesca la figura di questo
mostro mitologico si fonde con l'ideologia del fantastico di stampo medievale, in cui prevalgono
significati simbolici; ne viene fuori una figura nuova, i cui particolari realistici danno una
straordinaria vivacità. Viene presentato attraverso tre apposizioni "fiera", "vermo" e "demonio",
secondo una lettura classica, fantastica e religiosa. Gli vengono anche attribuite caratteristiche
umane, traslitterando parti del corpo bestiale tra cui la barba, le mani e le facce. Viene descritto con
gli occhi vermigli per l'avidità, con il ventre largo per la voracità e con le zampe artigliate per
afferrare il cibo. Le interpretazioni allegoriche di questo personaggio (delle sue teste) nella
Commedia sono due: le tre teste indicherebbero i tre modi del vizio di gola: secondo qualità,
secondo quantità, secondo continuo (cioè mangiare in continuazione senza preoccuparsi né della
qualità né della quantità); le teste sarebbero il simbolo delle lotte intestine fra fazioni appartenenti a
una stessa città,oppure perché vigila nel 3 cerchio.