Omelia di Mons. Giuseppe Costanzo
Messa crismale
Giovedì Santo 2007
Venerati Confratelli,
Carissime Religiose,
Dilettissimi Fedeli,
il Giovedì Santo è giornata eminentemente sacerdotale. Il sacerdozio su cui la liturgia ci invita a
meditare non è solo quello ministeriale, ma anche quello regale: il sacerdozio di tutto il popolo di Dio, che è
popolo sacerdotale, profetico e regale; il sacerdozio di cui Gesù Cristo, Sommo ed eterno Sacerdote, ci rende
tutti partecipi, per proclamare al mondo le opere meravigliose di Lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua
ammirabile luce (cfr. 1Pt 2,9); il sacerdozio, di cui l’apostolo Paolo è fulgido esempio.
I brani biblici che la liturgia della Parola ci propone in questa Messa crismale ci invitano a sollevare e
“tenere fisso lo sguardo su Cristo, autore e perfezionatore della fede” (Eb. 12,2). Egli è il compimento
dell’attesa, la felice realizzazione delle promesse profetiche; è l’iniziatore dei tempi nuovi, i tempi della
grazia e della misericordia. È “il testimone fedele, il primogenito dei morti, il principe dei re della terra”(Ap.
1,5).
Egli è “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (ivi); è colui che “ha fatto
di noi un regno di sacerdoti” (ivi, v.6). egli è il principio del mondo nuovo, della creatura rinnovata,
dell’uomo riconciliato con Dio. È colui che il Padre, con l’unzione dello Spirito Santo, ha costituito
Pontefice della nuova ed eterna alleanza. Lo contempliamo con stupore, Lo adoriamo con amore, Lo
ascoltiamo con cuore docile. “Egli ha voluto che il suo unico sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa. Egli
comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti” (pref. Messa Crismale). “Voi – aveva detto il
profeta Isaia – sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti” (Is. 61). Questa è
la nostra dignità di credenti. Questa è la nostra responsabilità di battezzati. Abbiamo ricevuto anche noi
un’unzione santa, che ci costituisce profeti del Vangelo, testimoni dell’Alleanza di Dio con l’uomo. Ognuno
di noi, fratelli e sorelle, deve ripetersi con trepidazione: “Il Signore mi ha consacrato… mi ha mandato a
portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli
schiavi, la scarcerazione dei prigionieri…” (Is. 61,1).
Ecco la nostra vocazione. Ecco la nostra missione. C’è un mondo smarrito, che attende luce, che
invoca salvezza. Ci sono poveri che chiedono pane, istruzione e medicine; popoli che urlano la loro fame di
giustizia; giovani, assetati di verità, di senso e di amore; fanciulli e adolescenti da accompagnare con amore
nel loro processo di crescita, sempre memori che essi non sono contenitori da riempire, ma libertà da
educare. Ci sono anziani da sostenere con affetto, perché non si sentano fuori-gioco e non si abbandonino
alla rassegnazione passiva. Ci sono malati, a cui stare vicino perché non si scoraggino e non vedano la morte
come una fine liberatoria. Ci sono donne ingannate e sfruttate, impotenti da sole a liberarsi da ricatti e
soprusi. Ci sono bimbi abbandonati, fanciulli abusati, cuori esacerbati… Per tutti costoro Gesù dice: “Venite
a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt. 11,28). Per tutti costoro Gesù vuole che
noi siamo ministri del suo amore e della sua volontà di liberazione. Per fasciare le piaghe di tanti cuori
spezzati, per lenire le ferite di tante vite stroncate, per ridare speranza a chi da tempo l’ha persa, Gesù ci
chiede un cuore tenero e misericordioso, ci invita a fare agli altri quanto vorremmo fosse fatto a noi;
l’apostolo Paolo ci esorta: “Portate gli uni i pesi degli altri”. Per questa immensità di bisogni e di attese, di
problemi e di sofferenze lo Spirito ci ha dotato di doni appropriati, di carismi specifici. Liberiamoci
dall’egoismo che ci chiude in noi stessi, detestiamo l’indifferenza che ci rende ciechi davanti alle piaghe di
ogni povero Lazzaro, valorizziamo i talenti che il Signore ci ha dato per il bene comune. Impegniamoci ad
essere uomini e donne che si spendono, che hanno il gusto del lavoro serio e assiduo, che sentono il dovere
della testimonianza e del servizio. Prestiamo al Signore il nostro cuore, le nostre labbra, le nostre mani,
perché l’opera della redenzione si prolunghi nel tempo e nello spazio e raggiunga ogni creatura. Questo
significa vivere nell’amore, che ha sempre le caratteristiche della gratuità e dell’universalità.
Il Signore provochi in ciascuno di noi questo sussulto di coscienza, che ci strappi alla superficialità e ci
spinga alla condivisione. E quando il compito ci sembra immane e il senso di inadeguatezza ci assale,
ricordiamo: “Lo Spirito del Signore è su di me!” E con lui, se siamo umili e docili, noi faremo prodigi!
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E veniamo adesso al sacerdozio ministeriale.
Ancora il Prefazio di questa S. Messa dice: “Con affetto di predilezione (Gesù) sceglie alcuni tra i
fratelli che, mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza”. Il nostro
presbiterato, dunque, è partecipazione al suo ministero salvifico. Dono e compito. Mistero e ministero. Gesù
ci ha voluti ministri della salvezza, “servi premurosi del suo popolo”. E questo per un gesto di predilezione.
Nessun diritto da parte nostra. Nessun merito. Solo uno sguardo carico d’amore: “intuitus…dilexit”. Ci ha
amato e ci ha scelto. Con sovrana libertà. Con assoluta gratuità.
Di quello sguardo di predilezione noi viviamo, ad esso torniamo ad attingere fiducia e vigore, da esso
ci sentiamo continuamente rigenerati e rinnovati. “Mi ha amato” – ci ripetiamo con commozione- “mi ha
scelto”, “mi ha consacrato”, “mi ha mandato”. E il cuore si gonfia di gratitudine. E la libertà si fa
disponibilità. “Signore, che cosa vuoi che io faccia?” Ce lo spiega ancora il Prefazio. “Tu vuoi che nel tuo
nome rinnovino il sacrificio redentore, preparino ai tuoi figli la mensa pasquale, nutrano il tuo popolo con
la tua Parola e lo santifichino con i sacramenti”.
Ecco qual è il suo volere. Ecco a che serve l’imposizione delle mani. Essa ci abilita ad agire nel suo
Nome. Dignità incommensurabile! Tremenda responsabilità! siamo “ministri di Cristo e dispensatori dei
misteri di Dio” (1Cor 4,1) e la nostra costante preoccupazione è di “non dare motivo di scandalo a nessuno,
perché non venga biasimato il nostro ministero” (2Cor 6,3).
Il nostro ministero ha quattro connotazioni fondamentali.
- La prima: rinnovare il sacrificio redentore: quello che ha purificato “la nostra coscienza dalle opere
morte per servire al Dio vivente” (Eb 9,14).
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- La seconda: preparare ai figli di Dio la mensa pasquale: dare loro “il pane di Dio” (Gv 6,33); “il pane
della vita” (Gv 6,48); “il pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,51), il pane che “dà la vita al mondo” (Gv 6,33).
- La terza: nutrire il popolo di Dio con la Parola, che è Parola di vita eterna (cfr Gv 6,68), Parola che
non passa, cioè sempre viva, efficace, attuale, nutriente.
- La quarta: santificare il popolo di Dio coi Sacramenti, in modo particolare con l’Eucaristia, che, come
ci ha detto il Papa nell’Esortazione apostolica post-sinodale “Sacramentum caritatis”, è “mistero da
credere”, “mistero da celebrare” e “mistero da vivere”.
Come vedete sono quattro compiti formidabili. Quattro impegni che danno senso alla nostra fatica
quotidiana, motivandola e nobilitandola. Siamo “collaboratori di Dio” (2Cor 6,1) , siamo i “servitori” del
suo popolo “per amore di Gesù” (2Cor 4,5).
La Chiesa, infine, nella sua materna sollecitudine, ci dice a quali condizioni possiamo tenere la vita
all’altezza dell’ideale.
Ecco le parole del Prefazio: “Tu proponi loro come modello il Cristo, perché, donando la vita per te e
per i fratelli, si sforzino di conformarsi all’immagine del tuo Figlio e rendano testimonianza di fedeltà e di
amore generoso”.
“Tu proponi loro come modello il Cristo”. Da Lui noi presbiteri possiamo imparare l’obbedienza al
Padre e il servizio ai fratelli, l’amore filiale verso Dio e la solidarietà con l’uomo. Lui può insegnarci che
cosa vuol dire “donare la vita” per Dio e per i fratelli, Lui che non aveva “dove posare il capo”, che ,
mangiato dalla gente, spesso non trovava il tempo “per prendere cibo” e che, per ritagliarsi tempi di intimità
col Padre, passava le notti in preghiera. Lui ci mostra che cosa vuol dire amare sino al segno estremo, fare
della propria vita un pane spezzato per la vita del mondo. Lui può plasmare il nostro cuore a somiglianza del
suo: accogliente con tutti, compassionevole con le folle, misericordioso coi peccatori, tenero coi piccoli,
solidale coi sofferenti, sensibile ad ogni giusta causa. Lui può darci un cuore libero e forte, aperto all’amore e
alla speranza, affinché il popolo di Dio creda che il Vangelo è energia vitale e sorgente di speranza, che i
comandamenti aiutano a volare alto e che le beatitudini sono il cammino delle vette.
Se vogliamo essere immagine viva del Suo amore misericordioso, dobbiamo sforzarci di conformarci a
Lui, che è “ il perfetto adoratore del Padre” e “l’uomo per gli altri”.
Se vogliamo “rendere testimonianza di fedeltà e di amore generoso”, dobbiamo – come – Paolo –
essere “imitatori di Cristo”, “causa e modello di ogni martirio”.
Ogni giorno Egli ci ripete: “Venite a Me”, “Imparate da Me”, “Rimanete in Me”. È l’invito alla
sequela, al discepolato, alla fedeltà. E non manca la promessa della fecondità: “Io vi ho scelti e vi ho
costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16).
Fratelli e sorelle, amate questi vostri sacerdoti, collaborate con loro, pregate per loro. Mostrate
apprezzamento e gratitudine ai presbiteri che si spendono nel servizio pastorale. Facciamo gli auguri ai
Sacerdoti che quest’anno celebrano il giubileo sacerdotale: a P. Antonino Burgio e a P. Alfio Magno per il
50° anniversario, a P. Enzo Salemi per il 25°. Domenica scorsa, Mons. Maurizio Aliotta e P. Francesco Scatà
il 29° anniversario. Ieri, P. Salvatore Randazzo ha celebrato il 7° anniversario e, Domenica prossima, giorno
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di Pasqua, P. Alfio Inserra celebrerà il 56° anniversario. Quest’oggi – festa di S. Vincenzo Ferreri –
auguriamo “buon onomastico” a Mons. Annino, Mons. Calvo, P. Magnano, P. Candido, P. Salemi e a P.
Cafra.
Ricordiamo nella preghiera i nostri sacerdoti anziani o ammalati che partecipano al mistero della croce
di Cristo e offrono insieme alla loro preghiera anche la loro sofferenza per la nostra Chiesa.
Infine, affidiamo alla misericordia di Dio i presbiteri che hanno concluso il pellegrinaggio terreno: P.
Ugo Giuseppe Boccaccio, P. Antonino Campagna, Mons. Biagio Mezzasalma, e Mons. Salvatore Gozzo,
esemplari testimoni dell’amore di Dio.
Il mondo oggi ha bisogno di presenze luminose, di voci profetiche, di guide amorevoli. Chiediamole
insieme, con fiducia e perseveranza, a Gesù Buon Pastore e Sommo Sacerdote.
E ringraziamo il Signore per la guida paterna e autorevole del Sommo Pontefice, Benedetto XVI,
segno luminoso della paternità di Dio per la Chiesa Universale e per il mondo intero. Nell’incontro personale
di venerdì scorso, in occasione della “Visita ad Limina”, mi ha incaricato di trasmetterVi la Sua Paterna
Apostolica Benedizione, che impartirò a conclusione di questa solenne Concelebrazione.
Cattedrale di Siracusa, 5 Aprile 2007.
† Giuseppe Costanzo
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