"Ora l`anima mia è turbata: e che devo dire

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Omelia del Padre Provinciale, P. Adamo Calò
per la santa messa in suffragio del Padre Giovanni Carbotti
31 dicembre 2005
Roma, Parrocchia S. Antonio in Piazza Asti.
Verso le 3 del pomeriggio, di venerdì, il cuore di Padre Giovanni Carbotti, nostro
confratello e sacerdote, cessava di battere. Era anche un venerdì, verso le tre del
pomeriggio, quando il cuore umano di Cristo cessò di battere sulla Croce. Padre Giovanni
aveva portato a termine la sua Messa, la sua immolazione con Cristo per i fratelli. Ma,
insieme con il Cristo vincitore della morte, è passato dall’oscurità di questo mondo a
contemplare finalmente quella luce eterna che non conosce tramonto.
Padre Giovanni Carbotti ha chiuso i giorni della sua esistenza terrena in questo tempo
durante il quale la comunità cristiana celebra la vita , ricordando il natale di Gesù, la sua
venuta tra noi, tocca a noi credenti professare oggi con questa celebrazione di suffragio la
nostra fede che la morte è l’incontro con il Signore che viene. La tradizione cristiana ha
sempre considerato il giorno della morte di un cristiano come il giorno della sua nascita al
cielo, il suo dies natalis.
"Ora l’anima mia è turbata: e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora?". Il turbamento
che prese l’animo di Gesù nell’imminenza della sua passione e della sua morte prende
sempre ciascuno di noi al momento della morte di un nostro caro, di un amico e
soprattutto di un confratello e di un sacerdote.
Come Gesù tutti siamo portati a pregare durante i momenti di malattia e di sofferenza.
Quante preghiere e suppliche vengono elevate al Padre perché risparmi dalla morte noi e
i nostri cari. Ma nella riflessione e nella fede dovremmo ripetere con il Signore "Ma per
questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome".
Nel divino disegno di misericordia e di pace, Padre Giovanni si era stato preparato per
lungo tempo all’ora del sacrificio della sua vita, perché il Padre lo ha saggiato come oro
nel crogiolo e lo ha gradito come un olocausto. Egli è stato guidato pazientemente dallo
Spirito giorno dopo giorno, sofferenza dopo sofferenza, a penetrare nel misterioso disegno
che il Padre aveva pensato nei suoi confronti, attraverso una dolorosa e interiore
purificazione, per poter dire alla fine “desidero ormai solamente essere con Cristo”, sono
giunto sul Calvario della sofferenza, del buio e del silenzio e mi tocca ora obbedire alla
volontà di Dio.
"In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se
invece muore, produce molto frutto". Nell’imminenza della sua passione Gesù dona a noi
l’interpretazione vera della sua morte. Egli è il grano di frumento che piantato dentro la
nostra morte, la redime; Egli è colui che morendo ha distrutto la nostra morte, e ci ha resi
partecipi della sua vita immortale.
Dentro questa visione di fede, a questa esperienza di assimilazione a Cristo, attraverso la
sofferenza quotidiana si inscrive la vita di Padre Giovanni e il suo sacerdozio, soprattutto
durante gli ultimi anni.
Noi possiamo conoscere l’aspetto visibile di una esistenza umana, le sue vicende storiche,
le date importanti e meno note di una vita. Ma più importante ed essenziale, è la biografia
interiore, la coscienza, le scelte di libertà, il dialogo tra l’anima e Cristo, le motivazioni vere
del pensare e dell’agire, l’ideale scelto e vissuto.
Padre Giovanni Carbotti era nato a San Vito dei Normanni in provincia di Brindisi il 14
novembre del 1914.
Appena adolescente egli avvertì la voce del Signore che lo chiamava a consacrare
interamente la sua vita a Lui per vivere nell’intimità con Lui, essere suo ministro,
dispensatore di grazia e di salvezza. Rispose con generosità a questa vocazione e, nel
1926 entrò tra i Rogazionisti in Oria; nel 1931 al termine dell’anno di noviziato emise la
sua prima professione religiosa. Completò i suoi studi in preparazione al sacerdozio nella
città di Messina e in questa città, nella quale era nato S. Annibale Maria, fu ordinato
sacerdote. Trascorse i primi anni del suo ministero nell’insegnamento e nella formazione
dei ragazzi; poi per diversi anni, dal 1947 al 1962, fu Amministratore nel Consiglio
generalizio. Ricordiamo anche i suoi anni trascorsi in Palermo quale formatore degli
aspiranti rogazionisti. Con la metà degli anni ottanta, per problemi di salute dovuti a una
progressiva cecità, venne trasferito nella comunità del Centro Vocazionale Rogate di
Roma, trascorrendo la maggior parte del suo tempo nella preghiera e nella meditazione,
nel servizio delle confessioni, sentendosi intimamente unito a Cristo sacerdote e vittima
per il mondo. Le parole rituali che aveva sentito dal Vescovo nel giorno della sua
ordinazione sacerdotale, al momento di ricevere il pane e il vino: "Renditi conto di ciò che
farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della Croce di Cristo Signore"
diventarono per lui, giorno dopo giorno, le “parole di vita” del suo sacerdozio.
Ogni creatura che nasce è segno dell’amore di Dio, suo visibile dono alla storia: con
la morte essa raggiunge il vertice più alto del suo personale racconto.
Oggi siamo qui per riconsegnare a Dio questo particolare e prezioso capitolo della
vita della nostra comunità religiosa rogazionista che è stato Padre Giovanni
Carbotti.
Per noi che professiamo che ogni esistenza è dono, e riconosciamo che ogni vocazione
corrisposta è grazia particolare dello Spirito, non abbiamo oggi alcuna difficoltà a
sottoscrivere che tutto ciò è vero e si è pienamente realizzato nella vita e nella
testimonianza di questo nostro fratello.
Custodiscimi, o Signore, come la pupilla dell’occhio. Guidami nel cammino di questa vita
che rassomiglia tanto a una valle oscura, che io non tema alcun male.
La legge di fecondità del chicco di grano è valida quando soprattutto viene applicata al
nostro ministero sacerdotale: la fecondità apostolica è legata spesso alla sofferenza, alla
comunione con la passione di Cristo. Padre Giovanni con la sua esperienza terrena di vita
sacerdotale, così come noi confratelli lo ricordiamo negli ultimi anni, è stato per noi la
pupilla dell’occhio di Dio perché ci ha illuminati a comprendere che i sacerdoti sono nel
mondo testimoni che completano nella loro carme "ciò che manca ai patimenti di Cristo".
Grazie Padre Giovanni per averci indicato una strada sicura per incontrare il Signore, la
via del Calvario. Grazie, Padre Giovanni per averci insegnato l’unica e vera sapienza,
quella della Croce. Dal cielo ora prega ancora una volta il Padrone della messe perché
nessuno di noi cessi di essere il grano piantato nella terra e disposto a morire perché
generi la vita; chiedi una benedizione per i confratelli e le nostre comunità perché siano
vero cenacolo, la casa di Betlemme dove con Maria possiamo attendere, incontrare,
riconoscere ed essere illuminati dal Signore che viene. Il Signore Gesù, che ha promesso
la benedizione a coloro che qui in terra lo hanno visto e riconosciuto nei piccoli e nei
poveri, ti accolga ora nella patria del cielo. Riposa in pace: la tua memoria sarà sempre in
benedizione nella nostra Congregazione religiosa.
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