"2009 Anno Europeo della Creatività" Festival della creatività Firenze, 24 Ottobre 2009 Ordinarie Soluzioni Creative nella formazione ed oltre.... l'innovazione attraverso i programmi europei Il ruolo dell'arte in una "economia della conoscenza" Giuseppe Furlanis Presidente del Consiglio Nazionale dell'Alta Formazione Artistica e Musicale Ministero dell'Università e della Ricerca. Saluti Porto i saluti del Direttore Generale dell'Alta Formazione Artistica e Musicale, Giorgio Bruno Civello che per improrogabili impegni ministeriali non ha potuto essere presente ma che seguirà con attenzione le iniziative che verranno proposte in questo incontro, assicurando a queste la partecipazione delle Accademie di belle arti, di danza e di arte drammatica, dei Conservatori di musica e Istituti musicali pareggiati e degli ISIA. Le istituzioni dell'Alta Formazione Artistica e Musicale sono interessate da un'importante processo di riforma che, oltre ad aggiornare i percorsi tradizionali della formazione artistica, ha permesso loro di sperimentare nuove forme di produzione estetica sia negli ambiti più specifici dell'arte, della musica e delle arti dello spettacolo, sia in settori orientati al mondo industriale quali il design, la moda, l'arredamento, la comunicazione. Inoltre la riforma permette di sostenere in modo più efficace i percorsi formativi attinenti la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico che rappresenta un prezioso giacimento culturale oltre che un'importante risorsa economica, soprattutto attraverso l'industria turistica. Considerata l'importanza che l'arte, in questa sua più ampia accezione di produzione estetica, assume per lo sviluppo culturale ed economico del nostro paese, la formazione artistica - grazie anche all'attuale riforma- potrà assumere un ruolo sempre più rilevante nei confronti delle politiche orientate a sostenere la ricerca e l'innovazione; in tal senso l'Alta Formazione Artistica e Musicale è un ambito particolarmente sensibile allo sviluppo di programmi europei orientati a promuovere creatività e innovazione. Suppongo che si attenda un mio contributo sui talenti artistici, intesi come l'espressione più esplicita del pensiero creativo, viceversa intendo dare al mio intervento un carattere più generale che faccia emergere la necessità di orientare maggiormente il tema della creatività verso un fine di utilità sociale. Ho intitolato il mio intervento "Il ruolo dell'arte in una economia della conoscenza" in quanto ritengo indispensabile che le iniziative che saranno attuate nell'Anno Europeo della Creatività debbano essere orientate verso la realizzazione di quella "Economia della conoscenza" che è stata individuata nel Processo di Lisbona come l'obiettivo primario per lo sviluppo dell'economia in Europa nei prossimi anni. Preludio – La conoscenza Per uno sviluppo consapevole. Nel mondo occidentale di oggi, i nostri riflessi e schemi di percezione sono orientati verso il pomeriggio e il tramonto. George Steiner Sotto gli effetti di una crisi economica senza precedenti, per le sue dimensioni e tipicità, il mondo occidentale avverte la presenza di un declino ontologico. Timori e disillusioni prevalgono, anche nelle menti più fertili e vivaci, perché cresce la consapevolezza delle difficoltà che si profilano all'orizzonte che svelano l'entropia di un modello di sviluppo capace di orientarsi, come le piante eliotropiche, solo verso la propria ombra. In questo contesto, la cosa che rende l'attuale crisi economica più pericolosa rispetto alle precedenti, non è tanto la sua dimensione globale, quanto il venir meno di una prospettiva ideale che sia in grado di dare significato e scopo ai sacrifici sostenuti e da sostenere, e quindi che sia capace di motivare un impegno verso il cambiamento. Non possono essere sottaciuti gli squilibri economici e i disagi sociali che questa crisi produce, tuttavia proprio l'entità e la natura dei problemi che essa comporta, dovrebbero ravvivare un bisogno di cambiamento e una tensione verso il nuovo; dovrebbero quindi presentarsi come un'occasione per intervenire nei confronti di un modello di sviluppo che da tempo ha svelato la sua insostenibilità. In occasione della cosiddetta "Strategia di Lisbona", quindi ben prima degli effetti dell'attuale crisi finanziaria, i Capi di Stato dell'Unione avevano individuato, quale obiettivo strategico per il 2010, lo sviluppo in Europa di una "Economia della conoscenza" in grado di competere nelle sfide imposte dalla globalizzazione ma, al tempo stesso, capace di coniugare le esigenze di sviluppo e di competitività con i bisogni di tutela dell'ambiente e di equilibrio sociale. Un'economia in grado di proporsi come un nuovo e più attuale modello di sviluppo, capace di intervenire su un'incombente declino economico che si accompagna ad un ancor più pericoloso declino culturale. Un'economia che sappia anche rafforzare le tradizioni culturali e le democrazie del nostro "vecchio continente". Sotto il peso del debito pubblico e della crisi finanziaria, i singoli stati europei non hanno saputo perseguire con efficacia l'obiettivo concordato a Lisbona, il cui raggiungimento appare ancora lontano sebbene il 2010 sia ormai alle porte. Ma questo stesso obiettivo va mantenuto saldamente al centro delle prospettive di sviluppo dell'economia europea, siano esse riferite alle politiche comunitarie sia a quelle dei singoli stati. L'affermazione di una "economia della conoscenza", in una "società della conoscenza", si presenta infatti come una condizione indispensabile, non solo per avviare la ripresa economica ma anche per orientare la stessa verso un modello di sviluppo che sia sostenibile e garante di una effettiva qualità della vita per noi e per le prossime generazioni. Sebbene la crisi economica e il venir meno di risorse finanziarie orientino i governi verso una politica difensiva, basata principalmente sul risparmio, è indispensabile che essi mantengano al centro degli investimenti la formazione, la ricerca e l'innovazione, perché senza il potenziamento di queste non è possibile avviare una vera e efficace ripresa economica che guardi al futuro. Con questi problemi sullo sfondo, la scelta dell'Unione Europea di dedicare il 2009 alla creatività e all'innovazione assume una particolare rilevanza per ravvivare positive tensioni verso il cambiamento, e per utilizzare l'attuale patrimonio culturale e le ricche tradizioni storiche, che sono proprie degli stati europei, come supporto ad un processo di innovazione radicato in una solida "cultura della conoscenza". Scena prima - La creatività Per un'innovazione partecipata. J'aime la règle qui corrige l'émotion. George Braque J'aime l'émotion qui corrige la règle. Juan Griss Queste citazioni di Braque e Griss, che in forma speculare interpretano la relazione tra la regola e l'emozione, sono state scelte da Domenico De Masi per introdurre i lettori del suo libro "L'emozione e la regola" ad un percorso storico che, attraverso casi esemplificativi, evidenzia il fondamentale contributo che la creatività e l'innovazione hanno offerto allo sviluppo dei processi industriali, economici e culturali. La società contemporanea postmoderna o, per i cultori della filosofia, postmetafisica esalta sempre più lo "spirito creativo" considerandolo alla base dei processi di innovazione nei diversi ambiti del sapere e del saper fare. La scelta dell'Unione europea di dedicare il 2009 -anno che dovrebbe introdurre il costituirsi di una "economia della conoscenza"- proprio alla creatività e all'innovazione ne è una ulteriore conferma. Come lo stesso De Masi ha più volte messo in evidenza, è però opportuno sottolineare un cambio di prospettiva che porta a valorizzare la creatività non come espressione delle sublimi intuizioni del singolo talento, quanto come la capacità di innovazione espressa da équipe nelle quali interagiscono competenze e conoscenze diverse. Ci si trova quindi di fronte ad un rovesciamento paradigmatico del concetto stesso di creatività, intesa più come un prodotto culturale della collettività che come espressione del singolo genio. Per il Devoto-Oli la creatività è "produrre dal nulla", che il medesimo vocabolario esemplifica con "in principio Dio creò il cielo e la terra". Una definizione, questa, che mette chiaramente in evidenza come il termine di creatività, nell'accezione che oggi le attribuiamo di atteggiamento orientato all'innovazione e al produrre il nuovo in diversi campi, sia in realtà figlio del nostro tempo, mentre nell'antichità la creazione era intesa come prerogativa divina. In relazione a questa sua origine il termine creatività evidenzia un campo semantico articolato e problematico, così come ha efficacemente messo in evidenza George Stainer nel noto saggio "Grammatiche della creazione" in cui affronta i diversi significati che sono attribuiti a creazione e invenzione. Sebbene nella complessità dello spettro dei fenomeni estetici e semiotici si tenda a sovrapporre il significato dei due termini, questi ultimi vengono molto spesso utilizzati in modo differenziato: riteniamo che un artista crei e non inventi un'opera d'arte, casomai inventa una tecnica, viceversa siamo propensi ad utilizzare il termine invenzione per indicare un prodotto nuovo ideato da un ingegnere o da uno scienziato. Thomas Edison ha inventato la lampadina a filamento di carbone mentre Michelangelo ha creato "la Pietà", sebbene si possa supporre che egli non si sia mai definito un creativo! Si è comunque propensi a collegare la creatività ai talenti, e non v'è dubbio che le capacità cognitive, di intuizione, di analisi, di elaborazione e produzione della singola persona abbiano un peso rilevante in ogni azione creativa, sia essa il prodotto del singolo sia di un gruppo di lavoro. Ma è indispensabile evidenziare che nella società attuale, caratterizzata da una sempre maggior complessità e da contenuti scientifici di elevata specializzazione, le azioni che portano a reali processi di innovazione sono parte di un lungo lavoro di ricerca e di sperimentazione che quasi sempre richiede competenze e conoscenze differenziate. Già Thomas Khun nel testo di riferimento dell’epistemologia moderna “Struttura delle rivoluzioni scientifiche”, allorquando introduce la teoria dei paradigmi dimostra in modo incontrovertibile come i progressi scientifici siano frutto di un climax condiviso piuttosto che il prodotto del singolo talento. Questa condizione, sebbene in misura inferiore, si evidenzia anche nell'ambito delle arti dove è sicuramente determinante il ruolo del singolo artista, ma in cui le competenze si formano attraverso un lungo lavoro di ricerca interdisciplinare che trova nel laboratorio, inteso come "luogo" in cui si coniugano sapere e saper fare, il contesto in cui si genera il nuovo. Come ci ha sempre insegnato Bruno Munari, la fantasia, l'immaginazione, l'intuizione, favoriscono i processi creativi, ma questi si traducono in innovazioni solo mediante una concreta metodologia di lavoro che, attraverso una costante relazione tra processi deduttivi e induttivi - ma in questo caso Peirce preferirebbe il termine abduttivi- sa dare concreata attuazione, a volte modificandone i contenuti, all'idea che è all'origine del processo creativo. In tal senso la creatività è parte dell'attitudine al progetto che è l'azione principale attraverso cui si genera il nuovo. Il progetto infatti, come si evince dalla sua radice etimologica -dal latino proiectum, participio passato del verbo proicere, letteralmente traducibile con gettare avanti- è un processo di creazione che genera il nuovo rispetto ad un obiettivo che si intende raggiungere. In tal senso il progetto assegna uno scopo all'azione creativa rendendola socialmente efficace. È questo sguardo al futuro che permette di orientare l'innovazione verso una reale necessità, svelando spesso le contraddizioni che si determinano tra l'esigenza di fornire risposte a bisogni contingenti e la necessità di costruire scenari utili a prefigurare le domande del futuro. Tali contraddizioni sono chiaramente individuabili nei processi economici dove molto spesso l'attesa di un profitto immediato produce diseconomie in un arco di tempo più esteso. Le problematiche connesse all'inquinamento, alla gestione dei rifiuti e delle risorse energetiche ne sono state, e ne sono, un'evidente esemplificazione. Inoltre in molti casi i costi derivanti da scelte imprenditoriali orientate al profitto immediato sono scaricati sul sociale determinando, come la problematica ambientale dimostra, un forte impatto sulla spesa pubblica oltre che un crescente degrado dell'ambiente. Quando parliamo di creatività e innovazione riferendoci ai sistemi economicoproduttivi dobbiamo quindi considerare due esigenze che come si è detto evidenziano aspetti contraddittori, da un lato abbiamo la necessità di interventi immediati e attenti al contingente, il più delle volte orientati ad accrescere le capacità competitive delle imprese o di specifici sistemi economici nelle competizioni globali, dall'altro viceversa cresce la necessità di interventi più strutturali ed organici, tesi ad intervenire sul modello di sviluppo e quindi che guardano maggiormente al futuro. Queste diverse esigenze portano spesso ad interventi in cui non si riesce a coniugare i bisogni contingenti con le prospettive di sviluppo economico a medio e lungo termine. Possiamo considerare un esempio di tale condizione i provvedimenti governativi adottati per uscire dall’attuale crisi in cui si privilegiano contributi dello stato all'industria dell'auto, all'edilizia e alle infrastrutture. Questi interventi sono individuati come un bisogno urgente per la ripresa dell'economia e dell’ocupazione sebbene sia diffusa la consapevolezza che il nostro paese sia già eccessivamente edificato, con un numero di alloggi decisamente superiore al fabbisogno, con un numero elevato di seconde case, con un alto numero di vani vuoti nei centri storici, con un traffico congestionato che oltre ad elevare l'inquinamento dell'aria e acustico rende i centri invivibili, con un trasporto merci mantenuto assurdamente su gomma e così via. Anziché scegliere una mobilità alternativa all'auto, privilegiare il trasporto pubblico delle persone e delle merci, riqualificare le città, i centri storici e il verde pubblico, individuare nuove forme di produzione delle risorse energetiche ed intervenire sui modelli di consumo - quindi anziché perseguire un progetto politico che guardi al futuro- sotto la pressione della crisi e dei relativi bisogni occupazionali, si sostiene ancora una volta la crescita di un sistema produttivo e di mercato che, se analizzato in una più ampia prospettiva temporale, ha già messo in evidenza tutti i suoi limiti. Inoltre gli interventi sono orientati principalmente verso il settore industriale, con la convinzione che questo possa essere un volano per tutta l'economia, ponendo scarsa attenzione al fatto che nel nostro paese l'economia reale è basata principalmente su un diffuso sistema di piccole imprese e artigianato che richiede nuove e più efficaci forme di sostegno. Scena seconda - La responsabilità Per una creatività socialmente utile. La ville change plus vite que le cour d'un mortal. Charles Baudelaire Baumann utilizza l'efficace definizione di "modernità liquida" per descrivere un presente che, come tutto ciò che è allo stato fluido, non ha una forma propria ma assume forme diverse senza mai conservarle a lungo. Questa realtà, sempre più complessa e incerta, ha messo progressivamente in difficoltà le nostre capacità di previsione, di programmazione e di adattamento culturale, e ha prodotto una condizione generale di instabilità all'interno della quale si è sviluppato un modello economico altrettanto instabile, la cui pericolosità è ora chiaramente e drammaticamente svelata dall'attuale crisi finanziaria. Per anni si è scelto di sostenere un modello di sviluppo fondato su una e vera e propria sindrome consumistica, in cui la quantità è stata anteposta alla qualità, la novità alla tradizione, l'effimero al durevole. Un processo di crescita economica che ha individuato la creatività e l'innovazione come i supporti indispensabili per ogni azione tendente ad aumentare la competitività dei prodotti e delle imprese nel mercato globale. Si è così generato nel tempo un vero e proprio pathos per tutto ciò che è creativo e nuovo, un atteggiamento che ha spesso sottovalutato i rischi che derivano da una ricerca della novità per la novità che non consideri le conseguenze e i valori o disvalori sociali che ad essa sono riconducibili. Gino Strada, impegnato con "Emergency" in numerose azioni umanitarie in paesi segnati dal dramma della guerra, si chiede in "Pappagalli verdi" cosa abbia in testa l'ingegnere che utilizza le sue capacità creative per inventare mine antiuomo a forma di uccellino, con il fine di attirare i bambini e dilaniarli più efficacemente. Una domanda che, nella sua marcata drammaticità, mette chiaramente in evidenza come la creatività non assuma un valore positivo in sé. Pertanto, proprio perché nel nostro presente sono aumentati in modo esponenziale i problemi, e di conseguenza abbiamo la necessità ancor più che in passato di creatività e innovazione, è indispensabile che esse siano finalizzate ad uno scopo di utilità sociale. È infatti indispensabile che la capacità progettuale sia orientata verso un modello di sviluppo sostenibile e solidale che sappia tutelare l'ambiente e le risorse naturali, e che sia in grado di dare risposte adeguate ai nuovi bisogni sociali. Una progettualità che consideri anche le marcate diseguaglianze economiche tra nord e sud del mondo, e di conseguenza possa configurarsi come un supporto allo sviluppo dei paesi più poveri. Rispetto a tale obiettivo, una recente mostra “Design for the Other 90%", promossa dal Cooper-Hewitt National Design Museum di New York, ha raccolto un'insieme di progetti innovativi, orientati a quel 90% della popolazione del pianeta che è sempre trascurato dalle capacità innovative dei designer. Una mostra che ha messo in evidenza come semplici prodotti siano in grado di dare soluzioni efficaci a gravi problemi e produrre un reale miglioramento della vita di milioni di persone. Ancor più efficace e incisiva nel sostegno alla povertà è l'innovazione introdotta dall'economista e banchiere bengalese Muhammad Yunus, ideatore e realizzatore del "microcredito", ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati a coloro che per povertà erano e sono esclusi dal credito erogato dai sistemi bancari tradizionali. La sua Grameen Bank, ovvero "banca del villaggio", fondata nel 1983, ha ora filiali in tutto il mondo, ha più di 7 milioni di clienti, ha erogato oltre 6 miliardi di dollari sotto forma di piccoli prestiti, favorendo, nei paesi più poveri, interessanti esperienze economiche sia di miglioramento delle condizioni finanziarie di nuclei familiari, sia di sostegno a microimprese e a attività professionali, soprattutto femminili, ottenendo un elevato successo e una percentuale di rientro del prestito erogato superiore al 99%. A Yunus, che è stato illustre professore di economia alla Middle Tennessee State University e Direttore del Dipartimento di economia dell'Università di Chittangong, è stato attribuito nel 2006 il Premio Nobel per la Pace. Un'idea, la sua, sicuramente creativa nell'ambito dell'economia alla quale ora guardano anche i paesi industrializzati costretti dall'attuale crisi finanziaria a riconsiderare le forme del credito alle imprese e alle singole persone. Spostando l'attenzione dal tema della povertà a quello del disagio e dell'esclusione sociale, è indispensabile sostenere un'innovazione orientata al solidale che ponga attenzione alle necessità di coloro che per ragioni fisiche, psicologiche o economiche, vivono condizioni di emarginazione anche nei paesi economicamente avanzati. Rispetto ai temi della disabilità, e nello specifico dell'handicap, nei confronti dei quali è sicuramente aumentata l'attenzione in tutti i paesi europei, è opportuno che la creatività e di riflesso la progettazione, non si esercitino solo verso prodotti specialistici, appunto per l'handicap, ma utilizzino appieno le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica per favorire un uso più ampio e flessibile dei prodotti. Sinteticamente possiamo affermare che i creativi debbano orientarsi verso una nuova concezione di "progettazione allargata" che preveda una funzionalità ampia dei prodotti. Il telefono cellulare sebbene non sia stato certo pensato, con le sue innovative e varie funzioni, per persone sorde, rende possibile a queste la comunicazione telefonica grazie ai messaggi SMS e al segnale a vibrazione; un interessante esempio di funzionalità allargata! Una creatività, quindi, orientata al sociale che favorisca ciò che è veramente importate per elevare la qualità della vita delle persone in un ambiente che deve essere anch'esso di qualità, salutare, e rispettoso delle varietà culturali e naturali. Una qualità della vita, questa, difficilmente misurabile attraverso i parametri di crescita del PIL! Scena terza - La consapevolezza Per uno sviluppo sostenibile Quello che mi scandalizza non sono i ricchi e i poveri.'È lo spreco! Madre Teresa di Calcutta. Sostenere il valore positivo della "decrescita", in un momento in cui imperversa l'incubo della recessione, può apparire una provocazione. Ma così non è perché ormai da tempo si è pienamente consapevoli di quanto sia insostenibile una crescita infinita dell'economia in un pianeta in cui le risorse naturali sono sempre più scarse e degradate. Altrettanto insostenibile è una continua espansione demografica, soprattutto nei paesi più poveri, che rischia di travolgere ogni equilibrio sociale oltre ad accrescere i problemi connessi all'ambiente, alle risorse alimentari e idriche. Va sottolineato che il termine decrescita, sempre più usato da studiosi di economia e recentemente soprattutto dal sociologo francese Serge Latouche, non è simmetrico di crescita, non è visto come una forma di regressione dell'economia, quanto come un modello diverso di sviluppo che sappia modificare la concezione stessa di qualità della vita, dei suoi valori e significati. Non si può non condividere l'impegno di coloro che sono a favore di un modello economico capace di mettere in discussione quella diffusa tendenza allo spreco degli alimenti e delle risorse -tendenza questa che è cresciuta in modo esponenziale nelle società del cosiddetto capitalismo avanzato- a fronte di 40 milioni di persone che ogni anno muoiono di fame. L'orientamento verso la decrescita è indispensabile non solo per favorire una maggior equità sociale ma anche per intervenire sul progressivo degrado ambientale e quindi per dare risposte adeguate all'articolata problematica ecologica che richiede incisivi cambiamenti nella cultura e nei processi industriali, nonché nelle prassi quotidiane. Proprio in questa prospettiva Serge Latouche interpreta la decrescita come un'occasione per restituire spazio alla creatività e alla fecondità di un sistema economico dominato, usando le sue parole, dal "totalitarismo dell'economicismo". È evidente che il sistema produttivo e quello del consumo di una società che fa dell'ecologismo il suo valore centrale saranno profondamente diversi da quelli che abbiamo conosciuto sino ad ora. Quindi per la "creatività" si aprono importanti opportunità! La scommessa è che si può vivere meglio consumando meno e producendo con maggior qualità. In questo senso la creatività e l'innovazione non hanno solo il fine di proporre nuovi oggetti, quanto un compito pedagogico molto più ampio che si esplica nella loro capacità di proporre nuovi e sostenibili modelli di vita. Architetti, ingegneri, designer, creativi in genere, devono considerare come principale valore la sostenibilità, quindi il basso impatto ambientale delle loro proposte siano esse riferite ad un oggetto, ad una architettura o ad un sistema urbano; ma soprattutto dovranno essere in grado di determinare condizioni che favoriscano una generale sostenibilità. Ne consegue una creatività che sappia esercitarsi sui servizi e sui sistemi oltre che sulle merci e proporre nuovi scenari socio-culturali. Va sostenuta una progettazione orientata a promuovere forme di consumo tecnologicamente evolute, ecologicamente sostenibili, socialmente accettabili e culturalmente attraenti. Per raggiungere tali obiettivi è indispensabile privilegiare la qualità rispetto alla quantità, favorire l'utilizzo del bene anziché il suo consumo, sostenere lo sviluppo dei servizi invece che il consumo delle merci. Ma più di ogni altra cosa è indispensabile un impegno a favore dell'utilizzo di energie naturali rinnovabili, la cui produzione abbia un basso impatto ambientale. Nel sostenere questi processi di produzione devono però essere attentamente considerati i riflessi che gli stessi processi esercitano su una dimensione geografica ed economica spesso molto ampia con ricadute non sempre positive. Un chiaro esempio di riflessi negativi di un intervento che è apparso a molti positivo e auspicabile, è la scelta di George W. Bush di incentivare la produzione di biocarburanti utilizzando il mais e la soia. La decisione di utilizzare questi prodotti naturali rinnovabili, in sostituzione del petrolio, ha determinato un immediato incremento dei costi dei cereali in tutto il mondo con gravissime ripercussioni soprattutto nei paesi più poveri. Non va poi trascurato l’impatto ambientale che tale scelta comporta in quanto richiede monocolture, intensive ed estensive, con un basso bilancio energetico (1 x 1,3), e una elevata necessità di acqua che è un bene sempre più prezioso. È quindi evidente che per la complessità dei fenomeni relativi allo sviluppo sostenibile, la creatività deve configurarsi sempre più come un sistema integrato di più competenze che a sua volta necessità di una politica in grado di comprendere l'ampiezza delle problematiche, e di orientare lo sviluppo sociale ed economico, sapendo coniugare la soluzione di problemi contingenti con l'obiettivo più generale di realizzare uno sviluppo realmente sostenibile e solidale. Esercitare la creatività a favore di uno sviluppo sostenibile significa progettare e realizzare oggetti più durevoli e riciclabili, sostenere sistemi industriali a basso impatto ambientale, favorire il risparmio energetico e l'utilizzo di energie rinnovabili, privilegiare lo sviluppo di servizi "ecoefficienti", sostenere il trasporto pubblico anziché quello privato. Ma soprattutto è importante diffondere una cultura ecologica che sappia orientarsi verso nuovi e più sostenibili "stili di vita"; questo anche attraverso il sostegno a quelle iniziative spontanee di persone che si autoorganizzano per costituire gruppi di acquisto o di aiuto reciproco, adottare fattorie per sperimentare modalità di "filiera corta", attivare cooperazioni per l'assistenza agli anziani e costituire asili autogestiti, sino alle più diffuse esperienze di car sharing o di car pooling. Prototipi questi di un vivere sostenibile che rafforza le relazioni sociali, i principi di solidarietà e, non ultimo, un sentimento di appartenenza al "luogo" che è sicuramente funzionale alla tutela dell'ambiente. Scena quarta - La tradizione Per una identità molteplice. Siamo come nani sulle spalle dei giganti. Bernardo di Chartres Rafforzare i sentimenti di appartenenza ai luoghi, oltre a favorire lo sviluppo di processi di socializzazione ed accrescere la sensibilità e la tutela nei confronti dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico, permette di valorizzare quelle attività produttive tradizionali che si configurano come un'importante risorsa culturale del territorio. Ci sono infatti luoghi che nonostante le trasformazioni subite, hanno conservato un carattere identitario profondo, o meglio come lo ha definito Cristian Noberg-Schulz un “genius loci”, dove l’abitare esprime un forte senso di radicamento culturale. In questo processo d'identificazione con il luogo assumono particolare rilievo: la cultura materiale, le tradizioni alimentari, i saperi artigianali, le esperienze di utilizzo e valorizzazione del territorio. In questo senso la tradizione si configura come un prezioso giacimento su cui radicare l'innovazione "siamo nani sulle spalle di giganti". In Italia, più che in ogni altro paese al mondo, troviamo una elevata presenza di mestieri artistici che, radicati nelle ricche tradizioni artigianali di specifici luoghi, hanno prodotto una stretta relazione tra lo sviluppo economico e l'identità culturale. Non possiamo, infatti, disgiungere l'immagine e l'identità culturale di Murano dalla produzione del vetro, così come l'immagine di Faenza dalla ceramica, oppure Carrara dalla lavorazione del marmo, o Cantù da quella del mobile e così via. Questi sistemi locali, costituiti per lo più da piccole imprese orientate a specifiche tipologie di prodotti -definiti dagli economisti "Distretti industriali"- si sono configurati come il principale fattore di successo del "made in Italy". Ogni forma di creatività che si ponga l'obiettivo di favorire processi di innovazione nel nostro paese, deve necessariamente confrontarsi con questa particolarità socioeconomica, assumendo la piena consapevolezza che, in questi sistemi locali, la cultura è radicata nell'esperienza delle tradizioni produttive e, quindi si esprime sempre attraverso una stretta relazione tra sapere, saper fare, saper essere. Non solo vanno tutelati questi saperi artigianali ma è indispensabile evitare che si disperda quel ricco patrimonio didattico-formativo costituito dagli Istituti d'Arte Applicata e Istituti tecnici che, orientati verso le produzioni tipiche del territorio, rappresentano una importante risorsa culturale ed economica; risorsa che con gravi responsabilità è troppo spesso trascurata, anche per la scarsa consapevolezza della sua effettiva importanza. Dal punto di vista dei processi economici, va considerato che l’identità si pone come un requisito utile ad accrescere la visibilità dei prodotti nel mercato globale, in particolare in quei settori merceologici in cui la qualità e le componenti estetiche si presentano come i principali requisiti nel determinarne il successo commerciale. È utile pertanto, dal punto di vista delle strategie economiche, che siano rafforzati i caratteri di identità nelle produzioni dei diversi distretti, utilizzando l'identità come un importante fattore di valorizzazione delle qualità dei prodotti. Sebbene attualmente i distretti industriali siano investiti da una crisi dovuta principalmente alle difficoltà che le piccole imprese incontrano nei processi di internazionalizzazione, rimane strategico per queste stesse imprese, e più in generale per l'economia italiana, puntare ancor più che in passato su prodotti con una forte identità in cui la qualità estetica si coniughi a quella esecutiva, e che evidenzino una particolare sensibilità nei confronti dei temi dell'ambiente e dell'ecologia. Bisogna quindi puntare ad un mercato che sia attento ai contenuti di qualità e aperto ad un consumo maggiormente "consapevole". A tale riguardo è opportuno rilevare che l'identità non è un valore scontato, la sua percezione e l'interpretazione dei suoi significati passano inevitabilmente attraverso azioni di riconoscimento. Per essere efficace, anche da un punto di vista commerciale, l'identità deve essere percepita come tale, deve saper riflettere un'insieme di valori nei quali l'acquirente si riconosce. Essa diviene pertanto lo strumento di una personalizzazione dell'atto d'acquisto, non perché permette al consumatore di intervenire materialmente sul prodotto, ma perché rende possibile attraverso l'acquisto una sua proiezione simbolica. Ne consegue il compito per i creativi di promuovere, ponendo attenzione ai contenuti simbolici degli oggetti, una nuova e diversa estetica delle merci che sia in grado di orientare il mercato verso prodotti di qualità. Una progettazione che sappia individuare la sobrietà come valore delle cose e come espressione di una cultura del progetto in cui siano coniugati l'ethos, cioè la dimensione della qualità del "luogo" nella sua eccezione più ampia, all'ethikos che, nel suo significato di "teoria del vivere", è all'origine del concetto di etica, principio che da senso e valore alle scelte progettuali. Si è già messo in evidenza come l'identità non sia da intendere come un fattore immutabile perché essa è soggetta a continue forme di ibridazione soprattutto ora che, sia per effetto dei mezzi di comunicazione, sia dei processi di globalizzazione, le culture sono sottoposte ad un continuo processo di confronto. L'arte, la musica, il design, ci hanno insegnato che queste ibridazioni possono essere salutari per un aggiornamento delle stesse tradizioni, oltre a proporsi come fattori per lo sviluppo di nuovi linguaggi più attenti alla contemporaneità; così come è stato nel secolo scorso con il jazz che assemblava diverse culture musicali. Le stesse tradizioni alimentari sono spesso il risultato di continue forme di ibridazione e le cucine regionali nel nostro paese ne sono una chiara testimonianza. L'incontro con esperienze culturali diverse rappresenta per l'identità un fattore di ricchezza e di rinnovamento, evitando a questa - l'identità appunto- di rimanere ancorata ad una concezione nostalgica che ne decreterebbe l'estinzione. Se esaminiamo i processi culturali più significativi nella storia dei paesi europei è facile verificare quanto in essi siano stati importanti l'incontro e l'interazione tra culture diverse; di conseguenza dobbiamo rilevare come proprio queste interazioni siano state, negli stessi processi, alla base dello sviluppo sociale, economico e culturale. Una condizione questa, che ci pone di fronte alla necessaria dialettica tra valorizzazione delle tradizioni e accettazione delle molteplicità culturali ed etniche come valore in una società contemporanea caratterizzata da continui flussi di persone, merci e informazioni. Non va infatti trascurato che in questa nostra epoca, caratterizzata da forti flussi migratori, favorire una "cultura dell'incontro" assume un particolare carattere etico-sociale ed è una condizione indispensabile per garantire una convivenza civile, evitando ogni forma di esclusione sociale. Con questo obiettivo è indispensabile che si sviluppino azioni politiche che, nella consapevolezza dei problemi e squilibri sociali che tali flussi migratori generano, e che richiedono capacità di programmazione, siano in grado di utilizzare gli stessi flussi migratori e i processi interculturali come una ricchezza e un patrimonio per uno sviluppo sia della cultura che dell'economia piuttosto che come una minaccia da inquadrare sempre nella logica dell’emergenza. Ne consegue l'obiettivo di favorire una tensione creativa, o meglio progettuale, che rafforzi i caratteri di identità ma che sappia orientare questi all'interno di una cultura dell'incontro e della molteplicità. Scena quinta – L’arte Per una dimensione etica della sensibilità estetica Chi non vede la bellezza che va per sempre perduta non raggiunge il cuore dell'ingiustizia. Luigi Zoja Nel suo recente saggio "Giustizia e bellezza" Zoja mette in evidenza lo stretto legame che unisce l'estetica all'etica e le responsabilità morali che ognuno di noi deve assumersi di fronte al crescente degrado del patrimonio artistico e dell'ambiente naturale. Al tempo stesso egli ci indica un possibile percorso per superare questo stato delle cose; un percorso che trova proprio nella sensibilità estetica il suo principale valore: "Solo se abbiamo esperienza della bellezza possiamo comprendere a fondo le catastrofi dell'ingiustizia moderna". Per tutelare le bellezze del paesaggio, per salvaguardare la ricchezza e la varietà biologica, per evitare il degrado dell'ambiente culturale e dei beni artistici, è indispensabile assumere la piena consapevolezza di quanto questi aspetti rappresentino il vero patrimonio dell’umanità. In questo senso l'arte assume un ruolo rilevante perché essa è la più chiara testimonianza di come la dimensione etica, con il suo portato di valori simbolici, diviene questione centrale dell'esperienza umana. L'arte ha rinunciato ormai da tempo a rappresentare il naturale per essere -usando le parole di Heidegger - "messa in opera della verità". In questo senso l'opera d'arte non si pone l'obiettivo primario di rivelare la bellezza come espressione di “canoni” e di regole, ma persegue il fine di di-svelare gli accadimenti, di generare orizzonti di senso. L'opera d'arte contemporanea, con le sue acide provocazioni, definisce una rinnovata idea del "sacro"; essa ci obbliga a confronti che vorremmo eludere e, soprattutto, rende evidente l'indebolimento della nostra sensibilità. In tal senso la bellezza assume rilievo morale ancor prima che pregnanza formale. Joseph Beyus attraverso l'azione di piantare a Kassel 7000 querce, ci pone dinanzi ad un gesto antico ma essenziale per il futuro dell'umanità. Un'azione la sua che si configura come "inizio simbolico" di un processo di salvaguardia della natura che deve crescere e diffondersi perché l'uomo, che è stato costretto per secoli ad utilizzare la propria creatività per difendersi dalla aggressività degli eventi naturali, climatici, atmosferici, ora deve saper utilizzare efficacemente la sua creatività per difendere la natura, perché in essa risiedono le condizioni della propria esistenza. In questo senso l'azione di "arte povera" di Beyus esprime una dimensione spirituale profonda che da valore alla vita come prodotto delle scelte che l'uomo è in grado di fare e che, con assunzione di responsabilità morale, devono saper andare al di là del contingente. L'arte rappresenta pertanto un valore essenziale per lo sviluppo di una "economia della conoscenza" e la formazione artistica assume una rinnovata importanza perché, più di quanto avviene in altri ambiti e attraverso altre forme del sapere, è in grado di relazionare la dimensione materiale con quella simbolica ed accrescere la sensibilità nei confronti dell'ambiente naturale ed artificiale. Tornando alla dimensione più "materialistica" dell'economia, è importante rilevare la capacità che è attribuita all'industria italiana di realizzare prodotti con una elevata qualità estetica; infatti nel design, nella moda, nell'arredamento, sono i prodotti italiani che determinano le tendenze del gusto. L'arte, quindi, intesa nella sua più estesa accezione di attività di produzione estetica, rappresenta sicuramente il più importante fattore di successo del "made in Italy". Questo successo internazionale dei prodotti italiani, in cui il contenuto formale rappresenta il loro principale fattore di competitività, ha accresciuto ancor più l'immagine dell'Italia quale luogo dell'arte e della creatività. Non a caso la presenza di studenti stranieri nelle scuole italiane di indirizzo artistico - Accademie e Conservatori- è in percentuale di gran lunga superiore rispetto a quella che si registra nei diversi indirizzi universitari, e testimonia efficacemente la percezione dell'Italia quale importante centro per la formazione artistica. Proprio per questo chiaro evidenziarsi dell’arte come risorsa culturale e fattore di sviluppo per il nostro paese, sarebbe indispensabile una maggior attenzione al ruolo delle istituzioni artistiche che viceversa è quasi del tutto assente. Altrettanto importante è la salvaguardia dell'inestimabile patrimonio artistico e paesaggistico che possiede il nostro paese; patrimonio che è al tempo stesso una importante risorsa economica ma anche un bene culturale per l'umanità da tutelare e valorizzare. In un'intervista non recente ma tuttora attuale Ernest Gombric ha messo chiaramente in evidenza come "l'insegnamento dell'arte e quello della storia dell'arte, fondamentali in ogni paese, assumono una particolare rilevanza in Italia, per la presenza in questo paese di un patrimonio artistico di inestimabile valore che richiede una adeguata tutela e che, se opportunamente valorizzato, si configura come una significativa risorsa economica". Alcuni anni fa al termine di una mia conferenza sul design italiano una artista francese mi chiese come mai gli italiani che sono così attenti ai contenuti esteticoformali dei prodotti di moda e di design sono del tutto insensibili al degrado, che essi stessi determinano, delle loro città d'arte e del loro paesaggio? Una domanda imbarazzante, ma non priva di ragioni, che dimostra efficacemente quanto sia indispensabile accrescere la dimensione etica in ogni forma di sensibilità estetica. Per questo motivo è opportuno che la partecipazione delle Istituzioni dell'Alta Formazione Artistica e Musicale all'Anno Europeo della Creatività sia orientata verso la valorizzare di quelle iniziative che hanno quale loro principale obiettivo lo sviluppo di una sensibilità estetica e di una creatività socialmente utili. Sono diverse le iniziative che Accademie, Conservatori e ISIA hanno attivato in tal senso. Di particolare interesse sono le collaborazione tra istituti di diversi paesi che permettono agli stessi di operare congiuntamente, attraverso il contributo offerto dalle nuove tecnologie della comunicazione, su tematiche di particolare interesse e attualità, condividendo un comune impegno sociale. Tra le collaborazioni più recenti "NetMed", una "rete" tra le istituzioni artistiche del Mediterraneo, avviata all'interno di un progetto europeo volto a favorire le "pari opportunità" e di sostegno allo sviluppo di processi interculturali. Proprio al tema dell'intercultura è dedicato il prossimo numero della pubblicazione semestrale dell'Alta Formazione Artistica e Musicale "HiArt". Attraverso il contributo di artisti, storici, antropologi, sociologi, designer, HiArt intende mettere in evidenza come l'arte sia lo strumento più efficace che abbiamo a disposizione per favorire uno sviluppo della cultura in cui si coniughino sensibilità estetica e dimensione etica in un contesto interculturale. Epilogo - La speranza Per una creatività responsabile e fiduciosa Non c'è progresso senza felicità. Padre Frei Betto "Non c'è progresso senza felicità" è il titolo di un piccolo ma incisivo saggio, scritto da Domenico De Masi e da padre Frei Betto. I due autori interpretano la felicità non come evasione dai problemi del mondo ma, al contrario, come positiva tensione nei confronti di un mondo diverso, più solidale nelle relazioni sociali, più equilibrato nel rapporto tra paesi ricchi e paesi poveri, più rispettoso dell'ambiente e delle risorse naturali. La felicità è infatti indispensabile a tutti noi, ma soprattutto ai giovani, per guardare al futuro con fiducia e con passione e mantenere nel loro orizzonte una prospettiva ideale che dia un senso alle loro scelte. Convinto che questo spirito positivo sia una condizione indispensabile per dare vero vigore alla creatività -che è l'oggetto di questo nostro incontro- concludo il mio intervento dedicando ai giovani presenti una citazione; è tratta da "Lezioni americane" di Italo Calvino il quale, dovendo fare un augurio ai giovani in occasione dell'arrivo del nuovo millennio ha scelto "l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero di auto arrugginite". Auguro a tutti i giovani di sapersi alzare, come il poeta di Calvino, dalla pesantezza del mondo, per avere un orizzonte più ampio e quindi orientare la loro creatività verso l'edificazione di un futuro migliore. Utilizzo come diapositiva di sfondo a questo augurio, e conclusiva di questo mio intervento, l'accostamento di due immagini che ritengo siano di buon auspicio per un futuro migliore. A sinistra un'immagine del giorno 11 Novembre 1989, Mstislan Rostropovich suona con il suo violocello Bach dinanzi al muro di Berlino mentre viene abbattuto, sulla destra l'orchestra della pace di Daniel Baremboim, o meglio la "west-Eastern Divan Orchestra" composta da giovani musicisti israeliani e palestinesi, giovani di due popoli tra loro in guerra. Ho scelto queste due immagini per evidenziare come l'arte e la musica sanno unire ciò che spesso la politica e l'economia dividono, e soprattutto per mettere in evidenza il ruolo della cultura che, nella sua accezione più elevata e nobile del termine, è il principale strumento a nostra disposizione per costruire un futuro migliore. Vi ringrazio per l'attenzione.