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Brano : Ab urbe condita V, 24
Autore : Livio
Originale
[24] Veiis captis, sex tribunos militum consulari potestate insequens annus habuit, duos P. Cornelios,
Cossum et Scipionem, M. Valerium Maximum iterum K. Fabium Ambustum tertium L. Furium Medullinum
quintum Q. Seruilium tertium. Corneliis Faliscum bellum, Valerio ac Seruilio Capenas sorte euenit. Ab iis non
urbes ui aut operibus temptatae, sed ager est depopulatus praedaeque rerum agrestium actae; nulla felix
arbor, nihil frugiferum in agro relictum. Ea clades Capenatem populum subegit; pax petentibus data; in
Faliscis bellum restabat. Romae interim multiplex seditio erat, cuius leniendae causa coloniam in Volscos,
quo tria milia ciuium Romanorum scriberentur, deducendam censuerant, triumuirique ad id creati terna
iugera et septunces uiritim diuiserant. Ea largitio sperni coepta, quia spei maioris auertendae solatium
obiectum censebant: cur enim relegari plebem in Volscos cum pulcherrima urbs Veii agerque Veientanus in
conspectu sit, uberior ampliorque Romano agro? Vrbem quoque urbi Romae uel situ uel magnificentia
publicorum priuatorumque tectorum ac locorum praeponebant. Quin illa quoque actio mouebatur, quae post
captam utique Romam a Gallis celebratior fuit, transmigrandi Veios. Ceterum partem plebis, partem senatus
habitando destinabant [Veios,] duasque urbes communi re publica incoli a populo Romano posse. Aduersus
quae cum optimates ita tenderent ut morituros se citius dicerent in conspectu populi Romani quam quicquam
earum rerum rogaretur; quippe nunc in una urbe tantum dissensionum esse: quid in duabus urbibus fore?
Victamne ut quisquam uictrici patriae praeferret sineretque maiorem fortunam captis esse Veiis quam
incolumibus fuerit? Postremo se relinqui a ciuibus in patria posse: ut relinquant patriam atque ciues nullam
uim unquam subacturam, et T. Sicinium?is enim ex tribunis plebis rogationis eius lator erat?conditorem
Veios sequantur, relicto deo Romulo, dei filio, parente et auctore urbis Romae.
Traduzione
24 Nell'anno successivo alla presa di Veio i tribuni militari eletti furono sei. Si trattava dei due Publii Cornelii,
cio? Cosso e Scipione, di Marco Valerio Massimo (per la seconda volta), di Cesone Fabio Ambusto (per la
terza), di Lucio Furio Medullino (per la quinta volta) e di Quinto Servilio (per la terza volta). Il sorteggio
assegn? ai due Cornelii la guerra contro i Falisci, mentre a Valerio e a Servilio riserv? la campagna contro i
Capenati. Essi non tentarono l'assedio o l'attacco diretto ad alcuna citt?, preferendo invece devastare la
campagna dei dintorni e razziare i prodotti agricoli: non rimasero in piedi nella zona alberi da frutta, non
rimase intatto alcun terreno coltivato: l'operazione pieg? la resistenza dei Capenati. La loro richiesta di pace
venne s?bito accolta. Nel territorio dei Falisci invece si combatteva ancora.A Roma erano nel frattempo
scoppiati disordini di vario genere: per sedarli si era deciso di dedurre una colonia in territorio volsco dove si
potevano inviare tremila cittadini romani, a ciascuno dei quali i triumviri preposti al c?mpito avevano deciso
di assegnare tre iugeri e sette dodicesimi di terra. Ma la gente cominci? a guardare con disprezzo a questa
donazione, considerandola come un semplice contentino concesso al popolo per evitare che nutrisse la
speranza di raggiungere qualche traguardo pi? ambizioso. Perch? mai infatti relegare la plebe nel territorio
dei Volsci, quando l? davanti agli occhi c'erano la bellissima citt? di Veio e tutta la campagna circostante
(ben pi? fertile e grande di quella romana)? Arrivavano addirittura - vuoi per la posizione in cui si trovava,
vuoi per la sontuosit? degli edifici pubblici e privati e per la bellezza dei luoghi - a preferire la citt? stessa a
Roma. Anzi si cominciava gi? ad avanzare la proposta, divenuta ben pi? popolare quando anni dopo Roma
fin? in mano ai Galli, di trasferire la popolazione a Veio. L'idea era che una parte della plebe e un certo
numero di senatori andassero a vivere a Veio, ritenendo realizzabile l'ipotesi che il popolo romano potesse
abitare in due diverse citt? pur rimanendo unito lo Stato. Ma i patrizi si opposero a questa proposta in
maniera risoluta, dichiarandosi pronti a morire al cospetto del popolo romano piuttosto che accettare la
votazione di una qualsiasi idea di quel genere. Se in una sola citt? c'erano infatti gi? cos? tanti dissensi, che
cosa sarebbe successo in due? Com'era possibile che la gente preferisse una citt? vinta alla patria vittoriosa
e accettasse che Veio, una volta presa, avesse maggiore fortuna che non quando era intatta? Insomma,
essi avrebbero anche potuto essere abbandonati in patria dai concittadini. Ma nessun atto di forza li avrebbe
mai costretti ad abbandonare la patria e i concittadini, seguendo a Veio Tito Sicinio, il 'fondatore' (era infatti
stato lui, tra i tribuni della plebe, l'autore di quella proposta), dopo aver abbandonato il dio Romolo, figlio di
un dio, padre e fondatore della citt? di Roma.