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Brano : Ab urbe condita IX, 31
Autore : Livio
Originale
[31] Consules inter se prouincias partiti: Iunio Samnites, Aemilio nouum bellum Etruria sorte obuenit. In
Samnio Cluuiarum praesidium Romanum, quia nequiuerat ui capi, obsessum fame in deditionem acceperant
Samnites uerberibusque foedum in modum laceratos occiderant deditos. Huic infensus crudelitati Iunius,
nihil antiquius oppugnatione Cluuiana ratus, quo die adgressus est moenia, ui cepit atque omnes puberes
interfecit. Inde uictor exercitus Bouianum ductus; caput hoc erat Pentrorum Samnitium, longe ditissimum
atque opulentissimum armis uirisque. Ibi, quia haud tantum irarum erat, spe praedae milites accensi oppido
potiuntur. Minus itaque saeuitum in hostes est, praedae plus paene quam ex omni Samnio unquam egestum
benigneque omnis militi concessa. Et postquam praepotentem armis Romanum nec acies subsistere ullae
nec castra nec urbes poterant, omnium principum in Samnio eo curae sunt intentae ut insidiis quaereretur
locus, si qua licentia populando effusus exercitus excipi ac circumueniri posset. Transfugae agrestes et
captiui quidam, pars forte, pars consilio oblati, congruentia ad consulem adferentes?quae et uera
erant?pecoris uim ingentem in saltum auium compulsam esse, perpulerunt ut praedatum eo expeditae
ducerentur legiones. Ibi ingens hostium exercitus itinera occultus insederat et, postquam intrasse Romanos
uidit saltum, repente exortus cum clamore ac tumultu incautos inuadit. Et primo noua res trepidationem fecit,
dum arma capiunt, sarcinas congerunt in medium; dein postquam, ut quisque liberauerat se onere
aptaueratque armis, ad signa undique coibant et, notis ordinibus in uetere disciplina militiae iam sine
praecepto ullius sua sponte struebatur acies, consul ad ancipitem maxime pugnam aduectus desilit ex equo
et Iouem Martemque atque alios testatur deos se nullam suam gloriam inde sed praedam militi quaerentem
in eum locum deuenisse neque in se aliud quam nimiam ditandi ex hoste militis curam reprehendi posse; ab
eo se dedecore nullam rem aliam quam uirtutem militum uindicaturam. Coniterentur modo uno animo omnes
inuadere hostem uictum acie, castris exutum, nudatum urbibus, ultimam spem furto insidiarum temptantem
et loco non armis fretum. Sed quem esse iam uirtuti Romanae inexpugnabilem locum? Fregellana arx
Soranaque et ubicumque iniquo successum erat loco memorabantur. His accensus miles, omnium immemor
difficultatium, uadit aduersus imminentem hostium aciem. Ibi paulum laboris fuit, dum in aduersum cliuum
erigitur agmen; ceterum postquam prima signa planitiem summam ceperunt sensitque acies aequo se iam
institisse loco, uersus extemplo est terror in insidiatores easdemque latebras, quibus se paulo ante texerant,
palati atque inermes fuga repetebant. Sed loca difficilia hosti quaesita ipsos tum sua fraude impediebant.
Itaque ergo perpaucis effugium patuit; caesa ad uiginti milia hominum; uictorque Romanus ad oblatam ab
hoste praedam pecorum discurrit.
Traduzione
31 I consoli si divisero gli incarichi: a Giunio tocc? in sorte la spedizione contro i Sanniti, mentre a Emilio la
nuova guerra contro gli Etruschi. Nel Sannio la guarnigione romana di Cluvie, dopo aver respinto un attacco
nemico, poich? non era stato possibile prenderla con la forza, una volta sottoposta ad assedio aveva dovuto
arrendersi per fame ai Sanniti; questi massacrarono a bastonate e trucidarono i soldati gi? arresisi. Indignato
per questa crudelt?, e ormai convinto che l'attacco contro Cluvie fosse la pi? urgente delle cose da farsi,
quello stesso giorno Giunio assal? le mura della citt? e la cattur? uccidendo tutti gli adulti. Di l? l'esercito
vittorioso venne trasferito a Boviano, capitale dei Sanniti Pentri e citt? ricchissima, anche di armi e di uomini.
Non essendoci motivo di particolare risentimento, i soldati si impossessarono della citt? per la speranza di
razziare del bottino. Fu per questo che infierirono meno sui nemici, portando via per? un bottino quasi pi?
cospicuo di quanto non ne avessero rastrellato in tutto il Sannio; il console generosamente lo concesse tutto
agli uomini.Poich? allo strapotere militare dei Romani non riuscivano a resistere n? gli eserciti, n? gli
accampamenti fortificati, n? le citt?, i pensieri di tutti i comandanti sanniti si concentrarono a individuare un
punto propizio per un agguato, se per caso fossero riusciti a sorprendere l'esercito romano intento alle sue
razzie. Alcuni contadini che avevano disertato o erano stati fatti prigionieri, giunti tra i Romani in parte per
puro caso e in parte per una precisa scelta, si trovarono d'accordo nel riferire al console (e per altro la cosa
corrispondeva a verit?) che una grande quantit? di bestiame era stata concentrata in un impervio passo sulle
montagne, e cos? convinsero il console a portate in quel punto le legioni armate alla leggera, nell'intento di
fare del bottino. L?, in prossimit? dei sentieri, si era andato a nascondere un forte contingente nemico che,
sbucando fuori quando vide i Romani entrare nel passo, li assal? all'improvviso con urla e grande frastuono.
Sulle prime la sorpresa semin? il panico fra i Romani, che afferravano le armi e accatastavano i bagagli nel
mezzo della strada. Poi per?, mano a mano che ciascun uomo si liberava del carico e si armava, da ogni
parte i soldati accorrevano alle proprie insegne e l'esercito, senza bisogno di ordini, prese a schierarsi
secondo l'ordine ben noto per la lunga esperienza di guerra. E il console, precipitatosi nel punto in cui la
battaglia era pi? accesa, salt? gi? da cavallo e chiam? Giove, Marte e gli altri d?i a testimoni di essere
venuto su quel passo non tanto per cercare gloria individuale, quanto bottino per gli uomini, e di non poter
essere biasimato di nient'altro se non dell'eccessivo desiderio di fare arricchire i soldati romani ai danni del
nemico. Ma in quel momento la sola cosa che lo potesse salvare dal disonore era il valore delle truppe. Che
dunque si unissero tutti in uno sforzo comune per gettarsi su un nemico gi? superato sul campo di battaglia,
gi? privato del suo accampamento, delle citt?, e che tentava il tutto per tutto con quell'indegno espediente,
affidandosi al luogo e non certo alle armi. Ma quale luogo, ormai, era inespugnabile per il valore romano?
Bastava ricordare le rocche di Fregelle e di Sora, e tutti i successi ottenuti in zone sfavorevoli.Esaltati da
queste parole, gli uomini - dimentichi di tutte le difficolt? - si riversarono sulla schiera nemica che si trovava
in posizione sopraelevata. Sulle prime dovettero faticare molto per risalire la china. Ma poi, non appena i
primi manipoli ebbero raggiunto la sommit? del crinale e l'esercito si sent? saldamente piazzato su un'area
pianeggiante, la paura si rivolse s?bito contro i responsabili dell'agguato i quali, liberandosi delle armi e
fuggendo in tutte le direzioni, cercarono scampo in quegli stessi anfratti che prima erano loro serviti da
nascondigli. Ma la conformazione accidentata del terreno, scelta apposta per creare problemi al nemico,
andava adesso a loro discapito, impedendone i movimenti. Di conseguenza furono pochi quelli che
riuscirono a salvarsi: vennero uccisi circa 20.000 uomini, e i Romani reduci dal trionfo si sparsero nei dintorni
a fare razzia del bestiame offerto loro dal nemico in persona.