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Brano : Ab urbe condita V, 13
Autore : Livio
Originale
[13] Anxur in Volscis breui receptum est, neglectis die festo custodiis urbis. Insignis annus hieme gelida ac
niuosa fuit, adeo ut uiae clausae, Tiberis innauigabilis fuerit. Annona ex ante conuecta copia nihil mutauit. Et
quia P. Licinius ut ceperat haud tumultuose magistratum maiore gaudio plebis quam indignatione patrum, ita
etiam gessit, dulcedo inuasit proximis comitiis tribunorum militum plebeios creandi. Vnus M. Veturius ex
patriciis candidatis locum tenuit: plebeios alios tribunos militum consulari potestate omnes fere centuriae
dixere, M. Pomponium Cn. Duillium Voleronem Publilium Cn. Genucium L. Atilium. Tristem hiemem siue ex
intemperie caeli, raptim mutatione in contrarium facta, siue alia qua de causa grauis pestilensque omnibus
animalibus aestas excepit; cuius insanabili perniciei quando nec causa nec finis inueniebatur, libri Sibyllini ex
senatus consulto aditi sunt. Duumuiri sacris faciundis, lectisternio tunc primum in urbe Romana facto, per
dies octo Apollinem Latonamque et Dianam, Herculem, Mercurium atque Neptunum tribus quam amplissime
tum apparari poterat stratis lectis placauere. priuatim quoque id sacrum celebratum est. Tota urbe patentibus
ianuis promiscuoque usu rerum omnium in propatulo posito, notos ignotosque passim aduenas in hospitium
ductos ferunt, et cum inimicis quoque benigne ac comiter sermones habitos; iurgiis ac litibus temperatum;
uinctis quoque dempta in eos dies uincula; religioni deinde fuisse quibus eam opem di tulissent uinciri.
Interim ad Veios terror multiplex fuit tribus in unum bellis conlatis. Namque eodem quo antea modo circa
munimenta cum repente Capenates Faliscique subsidio uenissent, aduersus tres exercitus ancipiti proelio
pugnatum est. Ante omnia adiuuit memoria damnationis Sergi ac Vergini. Itaque [e] maioribus castris, unde
antea cessatum fuerat, breui spatio circumductae copiae Capenates in uallum Romanum uersos ab tergo
adgrediuntur; inde pugna coepta et Faliscis intulit terrorem, trepidantesque eruptio ex castris opportune facta
auertit. Repulsos deinde insecuti uictores ingentem ediderunt caedem; nec ita multo post iam [palantes
ueluti] forte oblati populatores Capenatis agri reliquias pugnae absumpsere. Et Veientium refugientes in
urbem multi ante portas caesi, dum prae metu, ne simul Romanus inrumperet, obiectis foribus extremos
suorum exclusere.
Traduzione
13 La citt? di Anxur nel territorio dei Volsci venne riconquistata quando, durante un giorno di festa, le
sentinelle allentarono la sorveglianza. Quell'anno rimase memorabile per l'inverno che fu cos? gelido e
nevoso da bloccare le strade e impedire la navigazione sul Tevere. Ma il prezzo dei generi alimentari non
aument? grazie alla grande quantit? di provviste fatta prima della cattiva stagione. E dato che Publio Licinio
esercit? la sua carica come l'aveva ottenuta, senza che si scatenassero disordini e riuscendo a
entusiasmare la plebe pi? di quanto non avesse creato malcontento tra i patrizi, ecco che il popolo venne
preso dal desiderio di nominare altri plebei alle successive elezioni di tribuni militari. Marco Veturio fu l'unico
candidato patrizio a riuscire: le centurie, quasi all'unanimit?, scelsero gli altri tribuni militari con potere
consolare tra i plebei: Marco Pomponio, Gneo Duillio, Volerone Publilio, Gneo Genucio e Lucio Atilio.A
quell'inverno cos? rigido tenne dietro - vuoi per il repentino cambiamento di clima passato dal gelo al suo
estremo opposto, vuoi per qualche altro motivo - un'estate opprimente e pestilenziale per uomini e animali.
Siccome risult? impossibile risalire alle cause di questo insanabile flagello (o almeno a trovare una via
d'uscita), per decreto del senato vennero consultati i libri sibillini. Allora, per la prima volta nella storia di
Roma, i duumviri preposti ai riti sacri celebrarono il rito del lettisternio e per otto giorni cercarono di
riconciliarsi il favore di Apollo, Latona, Diana, Ercole, Mercurio e Nettuno imbandendo tre letti con il massimo
di sontuosit? possibile per l'epoca. Questo rito fu celebrato anche privatamente. In tutta la citt? le porte
rimasero aperte, nei cortili delle case vennero collocati tavoli con ogni genere di vivande destinate a
chiunque passasse, gli estranei, noti e ignoti, erano (stando a quanto si racconta) dovunque i benvenuti, la
gente scambiava parole cortesi anche con i nemici personali e ci si astenne dalle liti e dai diverbi. In quei
giorni vennero tolte le catene ai prigionieri e in s?guito ci si fece scrupolo di rimetterle a coloro a cui gli d?i
avevano concesso quell'aiuto.Ma nel frattempo a Veio si moltiplicarono gli allarmi dovuti a tre guerre
contemporanee confluite in un unico conflitto generale. Com'era infatti gi? successo in precedenza, Capenati
e Falisci arrivarono all'improvviso a dare manforte ai Veienti e cos? i Romani combatterono con esito incerto,
intorno alle fortificazioni, contro tre eserciti contemporaneamente. Pi? di ogni altra cosa giov? il ricordo della
condanna inflitta a Sergio e a Verginio. Cos?, dall'accampamento principale (proprio dove nella precedente
occasione si era verificato il fatale ritardo) vennero inviati dei rinforzi che, con una rapida manovra di
accerchiamento, aggredirono alle spalle i Capenati schierati di fronte alla trincea dei Romani. L'inizio della
battaglia da quel punto semin? il panico anche tra i Falisci e bast? una sortita tempestiva dall'accampamento
per metterli in fuga nel pieno dello spavento. E mentre si ritiravano, vennero raggiunti dai vincitori che li
massacrarono senza piet?. Poco tempo dopo, i Romani che stavano devastando il territorio di Capena si
imbatterono quasi per caso nei superstiti sbandati e li sterminarono. Quanto ai Veienti, molti tentarono di
rifugiarsi in citt?, ma vennero uccisi davanti alle porte quando, per paura che i Romani potessero riversarsi
all'interno insieme a loro, da dentro sbarrarono gli ingressi tagliando cos? fuori i compagni rimasti pi?
indietro.