consiglio nazionale dei chimici - Ordine dei Chimici della Toscana

CONSIGLIO NAZIONALE DEI CHIMICI
P R E S S O I L M I N I S TE R O D E LLA GI U S TI Z I A
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Prot. n.
243/06/cnc/fta
Segreteria: 00187 Roma – Piazza S. Bernardo, 106
Sede: 00186 Roma - Via Arenula, 71
Tel. 06.47883819 - fax 06.47885904
Cod. Fisc. 80409880582
Roma, 22 marzo 2006
A tutti gli Ordini dei Chimici
Loro sedi
Pervengono a questo Consiglio ripetute richieste e segnalazioni circa la legittimità per altre figure
professionali di svolgere specifiche attività proprie della professione di chimico.
Il Consiglio Nazionale dei Chimici si è ripetutamente pronunciato sulla materia richiamando le riserve
che l’ordinamento riconosce alla professione di chimico.
Visto, tuttavia, che perdurano comportamenti non conformi all’ordinamento da parte di Pubbliche
Amministrazioni che devono ricevere certificazioni analitiche o pareri e perizie in materia di chimica pura
e applicata si ritiene opportuno che gli Ordini territoriali, ove lo ritengano, provvedano a rammentare alle
Pubbliche Amministrazioni territoriali competenti la vigenza delle riserve di legge a favore della
professione di chimico.
Come è noto la problematica in questione è stata oggetto di recenti pronunce giurisprudenziali. in
particolare con riferimento a prestazioni svolte da biologi, ingegneri e periti industriali.
Ferme restando le competenze proprie di ciascuna professione sulle quali il Consiglio Nazionale non
intende esprimersi, si ritiene opportuno ricordare che la giurisprudenza ha fornito alcuni criteri basilari sui quali
fondare una ripartizione di competenze fra chimici e biologi (e altre professioni) pienamente conforme allo
spirito della normativa (anche costituzionale) vigente, tesa a salvaguardare il proprium di ciascuna
professionalità pur nell'attuale ottica della interdisciplinarità dei percorsi formativi e della prestazione dei servizi
professionali.
Al riguardo, occorre certamente prendere le mosse dalle argomentazioni contenute nella sentenza n.
7023/1999 della Suprema Corte di Cassazione, che ha delineato con chiarezza il campo di applicazione del
disposto di cui all'art. 16 del RD n. 842/1928 (disciplinante l'esercizio della professione dei chimici) secondo cui
"Le perizie e gli incarichi in materia chimica pura ed applicata possono essere affidati dall'autorità giudiziaria
e dalle pubbliche amministrazioni soltanto agli iscritti nell'albo dei chimici ..." in conformità con quanto
previsto dall’art. 36, 1° comma lett a) del DRR 328/2001 che stabilisce che formano oggetto dell’attività
professionale degli iscritti le“analisi chimiche con qualunque metodo e a qualunque scopo destinate, su sostanze
o materiali di qualsiasi provenienza con metodi innovativi e loro validazione. Relativi pareri, giudizi o
classificazioni”.
La Suprema Corte, in particolare, ha affermato che la su richiamata norma ha inteso individuare "come
attività non solo tipica ma riservata ai chimici, e quindi con esclusione di qualsiasi altro professionista, l'attività
professionale che abbia come oggetto finale la redazione di una perizia chimica o l'effettuazione di una analisi
chimica da presentare alla pubblica amministrazione".
Si prega inviare la risposta a: SEGRETERIA – Piazza San Bernardo, 106 - 00187 ROMA
CONSIGLIO NAZIONALE DEI CHIMICI
Le suddette argomentazioni trovano puntuale conferma nella sentenza della Corte di cassazione 9493/1999
nella quale si ribadisce che "le analisi chimiche delle emissioni quando costituiscono il momento finale
dell'attività professionale del redattore non possono che essere effettuate che da un chimico”.
In sostanza, quindi, viene rilevato come appartengano ad una sfera esclusiva di competenza tutte quelle
attività afferenti allo specifico profilo professionale del chimico, quali appunto le analisi dirette alla
identificazione delle sostanze presenti in un determinato campo di indagine o materiale (ad esempio l'atmosfera o
l'acqua).
L'assunto della Suprema Corte è stato, poi, ripreso anche da alcune pronunce del Tribunale Amministrativo
per la Campania di Napoli (sentenze nn. 3417/2001, 5315/2001 e 3508/2003) con le quali sono state respinte le
domande di annullamento di alcuni provvedimenti adottati da pubbliche amministrazioni locali, tra le quali
anche la Regione Campania, che avevano consentito soltanto ai chimici la presentazione di certificazioni relative
alle emissioni.
In particolare, il Tribunale campano ha avuto occasione di chiarire che la normativa concernente l'oggetto
della professione di biologo delinea una figura professionale competente nella “valutazione dell’interazione e
degli effetti delle emissioni sull’ambiente, in tutte le sue componenti biologiche, nonché la valutazione degli
effetti di inquinamento determinate dalle emissioni, ma non anche l’attività di caratterizzazione in quanto tale,
che consiste invece in indagini propriamente chimiche e fisiche”.
La tesi, peraltro, non appare contraddetta neppure dalla successiva sentenza del Consiglio di Stato, n.
1868/2002.
In riforma della sentenza del TAR Campania, Napoli, n. 3417/2001, tale decisione giurisprudenziale, infatti,
ha sì affermato la sussistenza della competenza concorrente dei biologi nell'effettuazione delle analisi con il
metodo chimico, ma limitatamente alle attività di analisi che costituiscano momento strumentale per il
conseguimento dei risultati propri delle competenze scientifiche e professionali dell'analista (ossia, a titolo
esemplificativo, il biologo può procedere all’analisi chimica allorché essa sia finalizzata ad una valutazione di
ordine biologico).
Ebbene, per quanto attiene all'attività di certificazione delle emissioni, occorre rilevare che le analisi
richieste afferiscono a profili squisitamente chimici in quanto nessun altro tipo di valutazione è richiesta..
In effetti, l’attività di certificazione in esame non implica affatto indagini circa le conseguenze e le ricadute
che agenti patogeni od inquinanti determinano sugli organismi viventi - attività questa nella quale chiaramente
sono impiegate competenze proprie del biologo - bensì soltanto la caratterizzazione qualitativa e quantitativa
delle stesse emissioni.
Pertanto, alla luce di quanto su esposto, appare con evidenza che le analisi chimiche in questione,
ponendosi come scopo finale delle attività richieste, non possono che essere di esclusiva competenza degli iscritti
nell’Albo professionale dei chimici.
Né contro tale lettura può fornire argomento decisivo la pronuncia del Consiglio di Stato n. 1868/2002
secondo cui l’oggetto della professione di biologo “risulta … arricchito dalle puntuali previsioni
contenute nel tariffario minimo … allegato al regolamento sulla disciplina degli onorari – d.m. 22 luglio
1993, n. 362 – nonché dalle norme sancite nel regolamento – D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328”. Si è, così,
sostenuto che “il sistema delle competenze dei biologi, quale risulta dall’insieme delle norme elencate,
supera, secondo i consueti criteri (gerarchico e cronologico) risolutivi del conflitto fra norme, la
disposizione antecedente di rango regolamentare divisata dall’art. 16, r.d. n. 842 del 1928”.
CONSIGLIO NAZIONALE DEI CHIMICI
Vero è infatti che, per costante giurisprudenza, le prestazioni enumerate nel regime tariffario non sono
idonee a fornire l’indice di diritto positivo sul quale giustificare l’attribuzione di una determinata
competenza alle categorie professionali. Una interpretazione che trova conferma nella decisione n.
1783/2003 della medesima sezione del Consiglio di Stato – successiva, si noti, alla invocata decisione n.
1868/2002 che proprio relativamente ai biologi ha precisato che “va innanzi tutto rilevata la scarsa
significatività del diffuso richiamo, da parte degli appellanti, alle voci previste dal tariffario professionale
dei biologi approvato con d.m. 22 luglio 1993, n. 362, poiché compito della ‘tariffa’ non è certo quello di
definire le competenze dei singoli professionisti – al che provvedono le leggi sui singoli ordinamenti
professionali – ma solo quello di stabilire il compenso destinato a variare, in ragione dell’impegno
richiesto e del costo delle tecniche adoperate”.
Nella sentenza del Consiglio di Stato 3039/2003 si ribadisce che: “Le tariffe professionali , secondo
la costante giurisprudenza, sono inidonee a determinare la sfera della competenza delle singole
professioni, esaurendo piuttosto la loro funzione tipica nel determinare l'onorario del professionista in
relazione alle sue prestazioni. In altri termini, le tariffe professionali non rendono lecita una prestazione
inclusa, se questa esuli dalla competenza di quel professioni ".
Con ciò appare evidente come la tesi invocata a supporto della pretesa competenza di atre professioni
in materia di talune analisi chimiche sia priva di qualsiasi riscontro normativo, per cui non può essere
richiamata a supporto di determinazioni idonee a pregiudicare le attribuzioni della professione di chimico.
Distinti saluti
Il Presidente
Prof. chim. Armando Zingales