Il mantenimento della forma fisica

IL MANTENIMENTO DELLA FORMA FISICA
Le macchine costruite dall’uomo si deteriorano quanto maggiormente vengono
usate; al contrario, le macchine biologiche ( l’uomo, gli animali, le piante )
funzionano meglio col crescere del loro utilizzo. E’ il principio dell’allenamento
sportivo che, difatti, impegna l’apparato che si vuole migliorare attraverso esercizi
specifici che lo fanno funzionare maggiormente.
Per lo stesso principio, se una persona fa poco movimento tutto l’organismo
funziona peggio e, quindi, essa è più esposta a dolori muscolari e malattie.
Se non è essenziale
che tutti siano sportivi, è comunque importante mantenere
efficiente il proprio organismo; ciò è possibile frequentando una buona palestra
oppure eseguendo autonomamente una serie di esercizi.
Il mantenimento della forma fisica è uno degli aspetti fondamentali, insieme
all’alimentazione ed all’equilibrio emotivo, per conseguire il benessere generale
dell’individuo. Già ai tempi dei greci si affermava mens sana in corpore sano.
Per il mantenimento della forma fisica occorre raggiungere un livello sufficiente di
resistenza aerobica (cardiovascolare): la capacità di assorbire ossigeno e fornirlo al
corpo, di forza muscolare: resistenza e forza dei muscoli e di mobilità articolare o
flessibilità: capacità di muovere le articolazioni e allungare i muscoli. Ciascuna di
queste capacità condizionali prevede 3 fasi o livelli con esercizi e difficoltà
diverse che procedono di pari passo.
Dopo un controllo medico, si può impostare un programma di mantenimento della
propria forma fisica con l’effettuazione di una serie di esercizi in 3-4 sedute
settimanali; in ognuna di queste si svolgerà un lavoro rivolto all’efficienza aerobica
ed al mantenimento della mobilità articolare, e solo in 2-3 si lavorerà per l’efficienza
muscolare.
E’ molto importante individuare obiettivi personalizzati
per la buona riuscita
dell’impresa. Se il percorso non è ben definito, è più facile perdersi lungo il cammino.
Per definire obiettivi appropriati, occorre innanzitutto verificare i motivi per i quali si
desidera svolgere attività fisica. Si desidera migliorare la vostra forma fisica o perdere
peso? O migliorare le condizioni psicofisiche? L’obiettivo potrebbe essere quello di
migliorare la resistenza o semplicemente salvaguardare la salute. Le ragioni che
spingono a fare attività fisica possono essere diverse e sono tutte valide. Tuttavia, per
aumentare le probabilità di raggiungere i propri obiettivi è importante sceglierli e
definirli correttamente.
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Resistenza aerobica
1° fase ( rieducazione al movimento ): l’obiettivo di questo periodo è il
ricondizionamento degli apparati cardiocircolatorio e locomotore; la
durata di questa fase deve tener conto dell’età, del periodo di inattività e
dell’eventuale soprappeso.
Si impostano sedute prolungate ( fra 20’ e 40’ ) di esercizi di bassa intensità, basate
su attività in scarico o, comunque, di scarso impatto sull’apparato locomotore: marcia,
ciclismo ( anche con cyclette ), nuoto ( stili meno dispendiosi ), corsa in acqua. Gli
appartenenti alla terza età possono anche fermarsi a questa prima fase.
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2° fase ( sviluppo della resistenza aerobica ): l’obiettivo di questo periodo è il
graduale adattamento degli apparati cardiocircolatorio e locomotore ad
una attività più elevata.
Occorre quindi aumentare l’intensità delle sedute con attività più impegnative: corsa
lenta (jogging), nuoto ( tutti gli stili ), ciclismo ( anche su percorsi ondulati ), marcia
sulle scale ( o simulatore ), sci nordico, canottaggio, pattinaggio. Gli appartenenti alla
terza età possono accedere a questa fase solo dopo un considerevole numero di anni
dedicati alla fase precedente.
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3° fase ( sviluppo mirato della resistenza aerobica ): quest’ultimo periodo è
consigliato a chi pratica uno sport amatoriale, a chi si sia applicato
scrupolosamente alle 2 fasi precedenti o a chi, comunque, non abbia
trascorso lunghi periodi di inattività fisica. Questa fase è finalizzata all’ulteriore
innalzamento e mantenimento delle capacità aerobiche; ciò si ottiene con
sedute della durata variabile fra i 15’ e i 30’, portando l’impegno cardiaco ( da
rilevare manualmente o, è meglio, con il cardiofrequenzimetro ) ad un valore
compreso fra il 70% e l’85% della frequenza teorica massima. Ci sono varie
formule per calcolare quest’ultimo valore e una della più note ( metodo Cooper
) è la seguente:
205-50% dell’età
per gli uomini
220-età
per le donne
Forza muscolare
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1° fase (recupero del tono muscolare): si fa tramite degli esercizi di
preatletismo generale, sempre a carico naturale (senza pesi), e di bassa
intensità; di questi ne devono essere eseguite poche serie(1-2) ognuno, ma
con un congruo numero di ripetizioni ( oltre 20), purchè in proporzione alle
capacità del soggetto.
 2°fase (sviluppo della forza generale): si aumenta l’intensità aggiungendo
piccoli sovraccarichi (cavigliere, polsiere, bastoni zavorrati, palle mediche,
manubri) agli esercizi precedenti e/o eseguendo esercizi preatletici più
impegnativi. In queste due fasi l’allenamento deve sviluppare bene prima la
muscolatura del tronco e poi quella delle grandi articolazioni.
 3°fase (l’altro incremento e consolidamento della forza generale): il
potenziamento muscolare può ora essere ottenuto attraverso esercizi di tipo
analitico (che allenano i singoli gruppi muscolari ) utilizzando pesi e/o
macchine da muscolazione; queste ultime, tuttavia, devono essere usate con
l’assistenza di personale qualificato.
In questo periodo, l’incremento dell’intensità degli esercizi va attuato attraverso
l’aumento delle serie (3-4) e con una parallela riduzione del numero di ripetizioni (1015).
Mobilità articolare
Nelle prime due fasi si eseguono allungamenti muscolari in forma statica
(stretching) mantenendo le varie posizioni per circa 30”; nel terzo periodo si
possono effettuare gli esercizi di mobilità dinamica che consistono in movimenti di
grande ampiezza di tutte le articolazioni eseguiti con fluidità e decontrazione
muscolare (slanci e circonduzioni).
Riassumendo, un corretto programma di mantenimento della forma fisica prevede:
1° PERIODO
Resistenza aerobica
→ esercizi di lunga durata (20-40’) a bassa intensità (marcia, ciclismo, cyclette, nuoto
in stili poco impegnativi, corsa in acqua).
Forza muscolare
→ esercizi di preatletismo generale con carico naturale a bassa intensità (1-2 serie di
oltre 20 ripetizioni).
Mobilità articolare
→ stretching (30”).
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2° PERIODO
Resistenza aerobica
→ esercizi di media intensità (jogging, nuoto in tutti gli stili, ciclismo su percorsi
ondulati, marcia sulle scale, sci nordico, pattinaggio, canottaggio).
Forza muscolare
→ esercizi di preatletismo generale con piccoli sovraccarichi ( cavigliere, polsiere,
bastoni zavorranti, palle mediche, manubri).
Mobilità articolare
→ stretching (30”).
3° PERIODO
Resistenza aerobica
→ esercizi di media durata (15-30’) di intensità 70-85% della frequenza cardiaca
teorica massima.
Forza muscolare
→ esercizi analitici con pesi e macchine di muscolazione (4-5 serie di 0-15 ripetizioni).
Mobilità articolare
→ esercizi di grande ampiezza con fluidità e decontrazione muscolare (slanci e
circonduzioni).
Stretching
Lo stretching è una metodica di allungamento muscolare ideata negli USA e
diffusasi poi in tutto il mondo.
Questa tecnica consiste nel raggiungere e mantenere determinate posizioni allo
scopo di migliorare la mobilità articolare e l’elasticità muscolare.
I tradizionali metodi per aumentare la mobilità articolare consistevano
essenzialmente nel esecuzione di una o più serie di slanci che portano l’articolazione
ad aumentare la sua ampiezza; questa metodica, tuttavia, può facilmente attivare il
cosiddetto “riflesso di stiramento”.
Il riflesso di stiramento è un meccanismo riflesso che fa contrarre le fibre
muscolari allo scopo di proteggere l’articolazione da allungamenti dannosi; si attiva
quando il muscolo viene eccessivamente stirato raggiungendo la soglia del dolore.
In questo caso però, non soltanto i muscoli diventano più rigidi (anziché più
flessibili), ma si rischia di sottoporli a dei microtraumi: questi ultimi sono
microscopiche lesioni muscolari che formano poi cicatrici nel tessuto muscolare
causando una perdita di elasticità.
Il rischio di attivare il riflesso di stiramento aumenta se la temperatura è molto bassa
e/o se l’abbigliamento è inadeguato, ma è inesistente applicando la tecnica dello
stretching.
Ciascuno esercizio di stretching si compone di 3 fasi:

1 raggiungimento
Si raggiunge lentamente una determinata posizione dove si percepisce una
sensazione di allungamento (mai dolorosa) dei muscoli che si vogliano allenare;
 2 mantenimento
Si mantiene questa posizione per pochi decine di secondi (circa 30);
 3 ritorno
Si ritorna, sempre lentamente, nella posizione iniziale.
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Ogni esercizio a seconda della rigidità del muscolo, deve essere ripetuto da 1 a 5
volte.
La pratica regolare (bastano 10 minuti al giorno) dello stretching porta a vari benefici:
 riduzione delle rigidità muscolari che determina una piacevole sensazione di
rilassamento fisico e mentale;
 maggiori libertà di movimento che facilità l’esecuzione dei gesti (anche
sportivi) incrementando la coordinazione generale;
 riduzione delle probabilità di incorrere in infortuni muscolari, dato che
quanto più un muscolo è elastico tanto meno è lesionabile;
 aumento della consapevolezza del proprio corpo che semplifica la pratica di
qualunque attività fisica impegnativa;
 miglioramento della circolazione sanguigna: infatti, una fibra muscolare
allungata viene irrorata meglio dal sangue che può quindi allontanare più
facilmente le scorie prodotte dal lavoro muscolare per far giungere le sostanze
riparatrici rigeneratrici e nutritive.
Solitamente, i muscoli che maggiormente richiedono una regolare ginnastica di
allungamento sono:
 i flessori della mano;
 i muscoli della parte anteriore del cingolo scapolo omerale ( gran pettorale,
fasci anteriori del deltoide);
 i muscoli del tratto lombare della colonna vertebrale;
 I muscoli adduttori dell’anca;
 I muscoli flessori del ginocchio (ischio-tibiali, gastrocnemio);
 I muscoli della caviglia (soleo, tibiale anteriore).
Jogging
Il jogging è una metodica per lo sviluppo e il mantenimento dell’efficienza
cardiovascolare che è nato negli USA all’inizio degli anni ’70 e si è diffuso
successivamente nell’Europa Occidentale, Brasile e Giappone.
Il jogging si differenzia dalla corsa unicamente per la velocità inferiore (sotto i 12
km/h) e deve la sua ampia diffusione principalmente a tre fattori → comodità →
semplicità e → gratificazione:
 Comodità: richiede la modesta attrezzatura e percorsi piacevoli e di facile
reperibilità (parco, sentiero, spiaggia, strada non trafficata);
 Semplicità: necessità di competenze tecniche nettamente inferiori rispetto ad
altre attività aerobiche come il nuoto o lo sci nordico;
 Gratificazione: si ottengono miglioramenti e benefici nell’organismo in tempi
brevi, riuscendo facilmente a prolungare prima l’autonomia (fino a varie decine
di minuti) e poi ad incrementare la velocità.
Occorre comunque ricordare che il jogging sottopone gli arti inferiori al rischio
potenziale di infortuni, a causa dell’urto ripetuto dell’estremità sul terreno; questo
rischio aumenta in presenza dei seguenti fattori:
 riscaldamento inadeguato;
 chilometraggio eccessivo;
 soprappeso corporeo e
 calzature inadeguate usate su superfici dure.
Occorre, pertanto, effettuare un’adeguata preparazione come indicato nella fase 1.
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