Attività notarile e risvolti penali connessi alla violazione degli obblighi di assistenza familiare Pronunciandosi su una vicenda che vedeva imputato un uomo che, al fine di sottrarsi all'adempimento dell'obbligo civile di assegnazione della casa familiare, di sua proprietà esclusiva, alla ex-moglie, coniuge affidatario della figlia minore, aveva stipulato un contratto preliminare simulato, con cui si impegnava a cedere alla propria madre l'usufrutto della casa familiare, la Corte di Cassazione ha chiarito come nella redazione dell'atto simulato e nell'averlo azionato giudizialmente sia ravvisabile una condotta che integra la violazione dell'art. 388 c.p. Il commento Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, è opportuno ricordare che il reato di violazione obblighi di assistenza familiare è disciplinato dall’art. 570 del codice penale, norma che sanziona “chiunque, abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge”. L’art. 570 c.p. è collocato all’interno dell’undicesimo titolo del secondo libro del codice penale, titolo dedicato ai delitti contro la famiglia ed, in particolare, nel capo quarto, intitolato “dei delitti contro l’assistenza familiare” e prende in considerazione tre diverse condotte delittuose: l’abbandono del domicilio domestico o l’assunzione di altra condotta contraria all’ordine e alla morale delle famiglie, condotte che determinano la violazione dell’obbligo di assistenza inerente alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge; la malversazione o dilapidazione di beni del figlio minore o del coniuge da parte del genitore o dell’altro coniuge; la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza a discendenti minorenni, inabili al lavoro, agli ascendenti ovvero al coniuge. Tali condotte, pur essendo autonome tra loro, hanno quale comune denominatore l’esigenza di tutelare l’interesse di un soggetto ad essere assistito dai propri familiari, sia dal punto di vista fisico ed economico, sia dal punto di vista morale. Tanto premesso, nella pronuncia in esame il giudice di legittimità si occupa di un caso del tutto particolare in cui all’imputato era stata originariamente contestata la violazione del comma primo dell’art. 388 c.p., per avere, al fine di sottrarsi all'adempimento dell'obbligo civile di assegnazione della casa familiare, di sua proprietà esclusiva, all’ex coniuge, genitore affidatario della figlia minore, stipulato un contratto preliminare simulato, con il quale s’impegnava a cedere alla propria madre, l'usufrutto di detto immobile in cambio di altro usufrutto di altro appartamento di proprietà della madre, contratto che poi era stato fraudolentemente fatto valere in giudizio. In sede di merito, il giudice condannava l’imputato, riqualificando giuridicamente il fatto, nella forma del tentativo, ai sensi dell’art. 570 c.p. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, sostenendo che il reato de quo si configurerebbe soltanto quando la condotta del soggetto tenuto all'adempimento determini la sottrazione dello stesso ai propri obblighi di assistenza familiare. Nel caso in esame l'abitazione in questione era sempre rimasta in possesso e nella disponibilità delle parti lese, sicché mai era venuto meno il contributo al mantenimento della figlia da parte del padre. La Cassazione ha, però, disatteso le doglianze difensive, pur sconfessando l’esegesi operata dalla Corte d’appello, osservando infatti che la condotta posta in essere dall’imputato (segnatamente, la redazione del contratto simulato con la finalità di impedire la assegnazione dell'appartamento alla figlia minore, facendo vantare su di esso da soggetto diverso un diritto più ampio e apparentemente preesistente) avesse invece realizzato pienamente il reato di cui all'art. 388, c.p., avendo l'imputato compiuto sui propri beni atti simulati per sottrarsi agli obblighi civili di mantenimento della figlia minore, obblighi dei quali era in corso l'accertamento dinnanzi alla autorità giudiziaria, cercando di impedire con essi la assegnazione alla medesima della casa familiare. Il notaio che riceva un preliminare di cessione di un immobile da parte di un soggetto separato deve prestare, quindi, attenzione ai possibili risvolti penali della vicenda; ove detto negozio sia utilizzato per sottrarsi agli obblighi di assistenza e mantenimento derivanti dalla separazione (inclusa l’assegnazione della casa familiare per fronteggiare le esigenze delle prole) il coniuge rischia l’incriminazione per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Sotto il profilo della responsabilità del pubblico ufficiale, il medesimo dovrà anzitutto verificare lo stato civile del promittente; in caso di annotazione a margine dell’atto di matrimonio del provvedimento di separazione (o del semplice ricorso), sarà sua cura farsi produrre l’istanza di attivazione del procedimento o, laddove intervenuto, il provvedimento finale (il problema non si pone in caso di già intervenuta trascrizione del provvedimento di assegnazione che in quanto tale tutela l’assegnatario da eventuali atti dispositivi incompatibili posti in essere dal proprietario). Una volta appurato che l’immobile in questione forma oggetto di pretese di assegnazione da parte dell’altro coniuge il Notaio dovrà ammonire, con opportuna menzione in atto, il coniuge disponente dei possibili risvolti della propria condotta; in caso di omessa menzione potrebbero configurarsi gli estremi del concorso nel reato. Pare da escludersi che il Notaio, ove non abbia elementi sufficienti per temere che il coniuge intenda sottrarsi al provvedimento giudiziale, debba rifiutarsi di ricevere l’atto; ove, viceversa, emergano elementi sintomatici dei propositi criminosi del coniuge, dovrebbe prevalere il disposto di cui all’articolo 27 L.N., trattandosi di negozio chiaramente votato alla violazione di principi di ordine pubblico.