Comunione legale tra coniugi e depositi in conto corrente (Francesco Pugliese, Nota a Cassazione civile, I sez., n. 1197 20 gennaio 2006, in Giurispudenza Italiana, marzo 2007, pp. 601-604.) La Cassazione ha stabilito che in tema di comunione legale tra i coniugi, il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l'alienazione di un bene personale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante, anche quando esso venga dal medesimo accantonato sotto forma di deposito bancario sul proprio conto corrente. Nella specie, il giudice di legittimità ha precisato che il coniuge può utilizzare le somme accantonate sul proprio conto corrente e provenienti dall'alienazione di un bene personale ai fini della surrogazione reale di cui all'art. 179, 1 com. lett. f, c.c. Precedentemente la Corte d'appello, sostenendo la natura personale dei beni in questione, riteneva irrilevante che il coniuge titolare non avesse effettuato la dichiarazione prevista dalla citata disposizione, giacché l'attestazione della provenienza personale del corrispettivo è necessaria solo quando è obbiettivamente incerto se l'acquisto realizzi o meno il reinvestimento di denaro o beni personali, mentre il relativo onere non sussiste allorché, come nella specie, sia obbiettivamente certo il carattere personale del corrispettivo. Priva di pregio l'obiezione da parte dell'altro coniuge secondo cui il prezzo, ricavato dalla vendita immobiliare, sarebbe transitato, prima di essere investito nell'acquisto delle quote, in due conti correnti di pertinenza della comunione. Il giudizio della Cassazione civile conferma tale conclusione, discostandosi da quello della Cassazione penale del 13 novembre 1997, il quale statuiva che anche il denaro depositato in un istituto bancario, anche su conto corrente personale di uno solo dei coniugi, è oggetto della comunione in via assoluta, ai sensi dell'art. 177 c.c. 1 com. lett. c, senza che possa ammettersi prova contraria a norma dell'art. 195 c.c., sia che provenga dalla attività di un solo coniuge, sia che provenga dalle singole attività di entrambi. Secondo altra Cassazione civile , la comunione legale tra i coniugi riguarda gli acquisti, (1) vale a dire gli atti implicanti l'effettivo trasferimento della proprietà di un bene o la costituzione di diritti reali sullo stesso, non ,quindi, i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali per la loro natura relativa e personale, pur se strumentali e finalizzati all'acquisto di un bene, non sono suscettibili di rientrare in una comunione legale di beni. In tale sede, pertanto, la Corte ha ritenuto esclusi dalla comunione il contratto di conto corrente concluso con la banca dal coniuge intestatario, essendo detto contratto fonte, a seguito di saldo attivo, di un diritto di credito spettante esclusivamente a quest'ultimo. In merito a questi, è possibile soltanto configurare una comunione de residuo sui redditi depositati in conto corrente. Sul punto, la dottrina è ferma nel ritenere che la nozione di acquisti si identifica in quelle entità patrimoniali che costituiscono un nuovo, effettivo e definitivo incremento patrimoniale. In particolare, il criterio per distinguere l'acquisto che profitta immediatamente alla comunione dall'impiego dei proventi o del reddito personale sta nella creazione di un cespite nuovo che non costituisce un semplice accantonamento o tesaurizzazione della moneta. I rapporti meramente creditizi, anche se fatti oggetto di cointestazione nell'ambito di un conto corrente bancario, non esorbitano dalla logica di un tal tipo di rapporti e, di conseguenza, non conoscono alcuna preclusione legata al preventivo scioglimento della comunione legale coniugale . (2) Il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l'alienazione di un bene personale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga , come nella specie , depositato dal medesimo coniuge sul proprio conto corrente. Questa titolarità non muta in conseguenza della mera circostanza che il denaro sia stato accantonato sotto forma di deposito bancario, giacché il diritto di credito relativo al capitale non può considerarsi modificazione del capitale stesso, né d'altro canto configurabile come un acquisto ricompreso nella comunione legale e cioè come un'operazione finalizzata a determinare un mutamento effettivo nell'assetto patrimoniale del depositante. Francesco Scarfò Coordinamento del Notaio Vera Tagliaferri ______________ 1) Cass. n. 4959/2003. Cass. n. 8002/2004.